L'ispirazione per questa storia mi è venuta tutta all'improvviso, guardando il film “Le ragazze del Coyote Ugly” da cui ho tratto la vicenda.

Adoro quel film, se vi capita guardatelo *.*

 

 

 


 

 

Coyote Ugly

 

parte I - L'asta

 

di Bads

 

 

 

Mitsui guardava sbigottito l’insegna del bar di fronte a lui, chiedendosi una volta di più se non avesse sbagliato posto.

Era davvero quello il nuovo posto di lavoro di Kiminobu?

Guardò ancora una volta l’insegna e si decise a muovere qualche passo.

C’era un enorme bodyguard davanti alla porta d’ingresso del locale, che gli ricordava molto il capitano, o Uozumi, solo molto più grasso e del tutto pelato: aveva degli occhiali da sole calati sugli occhi, e Mitsui si chiese come facesse a vedere oltre il suo naso, ma la sua sola presenza intimoriva una fila piuttosto lunga di ragazze e ragazzi di tutte le età, che aspettavano solo di entrare.

Mitsui avanzò ancora di qualche passo e superò tutta la fila, mirando direttamente al gorillone, guadagnandosi tra l’altro qualche epiteto poco gentile e qualche occhiata truce.

“Ehm…” cominciò a dire, cercando di attirare l’attenzione del bestione.

Quando questo abbassò gli occhi fece subito una smorfia, cercando di sibilargli qualcosa, ma Mitsui lo precedette, e disse: “Sono qui con Kiminobu… Kogure… dovrebbe lavorare qui…”

Per un solo istante, colto da una qualche malsana follia, Mitsui sperò che il bestione lo allontanasse, assicurandogli che nessun Kogure lavorava, e avrebbe mai lavorato in un posto del genere.

Sfortuna volle che il bestione si mettesse a ridere, lasciandolo entrare nel locale.

Quando ebbe mosso un passo all’interno del posto, il tiratore da tre punti dello Shohoku fu investito da un forte puzzo di alcool e fumo, oltre che da una fiumana di gente che mirava a raggiungere il bancone per ordinare.

Il locale era piuttosto ampio, sorretto da colonne e privo di un qualunque angolo morto per appartarsi, evidentemente non voluto dallo stesso proprietario, che preferiva che i propri clienti facessero casino con la musica a palla piuttosto che proliferare in un angolo del bar.

Quando Mitsui si guardò intorno, subito la sua attenzione fu catturata dal bancone del bar che, invece di ospitare bicchieri e bottiglie, era sovrastato da due ragazzi seminudi che ballavano coordinati alla musica.

Non sembravano avere molti più anni di lui, eppure stuzzicavano con maestria le ragazze (e i ragazzi) vicini al bancone, che li lodavano con strani aggettivi dal dubbio significato.

Vincendo il timore e l’eccitazione Mitsui riuscì a muovere un passo, e si diresse verso il bancone, dov’era sicuro avrebbe trovato il suo Kimi-kun, che di suo non aveva ancora molto, purtroppo.

Si mosse spintonando molti ragazzi sbavanti all’indirizzo dei ballerini, e a fatica raggiunse il ripiano, sempre più intimorito da quella clientela, soprattutto perché durante quella traversata aveva sentito più di una mano, e più di un commento, sul suo sedere.

Si guardò intorno cercando tra i tanti baristi il suo Kiminobu, senza tuttavia avere successo. Quando stava per tornare indietro, e uscire per prendere un po’ di ossigeno, sentì una voce che lo chiamava.

“Hisashi!”

Mitsui si voltò, e vide Kiminobu raggiungerlo dall’altra parte del bancone, sorridendogli sereno.

“Sono così contento che tu sia riuscito a venire!”

Mitsui inscenò il suo sorriso più ebete e prese a guardare il desiderio della sua vita.

Era sicuro di non averlo mai visto in vestiti che non fossero la divisa scolastica o la tuta da gioco, ma doveva ammettere che se riusciva a stento a reprimere la sua voglia di violentarlo quando aveva solo quei calzoncini corti, così rasentava la denuncia.

Aveva un paio di jeans stracciati in più punti, calati su quel sedere perfetto a far intravedere la biancheria, una maglietta bianca senza maniche nelle stesse condizioni, da cui si intravedevano alcuni punti del suo petto glabro e modellato dal basket, quasi gli sembrava di intravedere un suo…

“Hisashi?”

Probabilmente gli aveva parlato ma non se n’era accorto. Ma d'altronde se avesse voluto attenzione si sarebbe dovuto vestire diversamente.

Così il prode Mitsui, a malincuore, dovette spostare lo sguardo dal suo petto, ma fu con un sorriso ancora più ampio che lo spostò al suo viso, per l’occasione non nascosto dagli occhiali.

“Si?”

“Mi hai ascoltato?”

“Non sento niente…”

Almeno aveva l’occasione di avvicinarsi.

“Ti chiedevo se volevi qualcosa… devo approfittarne, da domani non lavorerò più qui”

“Cosa?!”

Mitsui inorridì, stava cominciando a rivalutare quel bar, se gli offriva l’occasione di vedere il suo Kimi-kun in quello stato.

“Si… ho tirato uno schiaffo ad un tale… che poi si è scoperto essere l’ispettore sanitario”

“Perché gli hai tirato uno schiaffo?”

Purtroppo per Hisashi, ma per fortuna per l’ispettore sanitario, la risposta non arrivò, ma il tiepido rossore di Kogure fu più di una risposta.

“Beh… ha fatto una multa di 40000 yen al locale, e se non recupero quei soldi entro stasera sarò licenziato… è impossibile che riesca a prendere così tanti soldi in meno di due ore!”

Mitsui non la ritenne un’impresa così impossibile; a ben pensarci Kogure aveva ottime possibilità di guadagnare quei soldi da ragazzi sessualmente attivi ed eccitati come lui, però ritenne che non fosse una buona idea, né per i suoi nervi, né per l’innocenza di Kogure, e archiviò i suoi pensieri come fantasie personali. Vedeva già il suo Kimi-kun spogliarsi sotto la musica a palla per un’asta…

“So come aiutarti Kim… Kogure!” disse subito, senza neanche pensarci un attimo: “Devo solo trovare la persona giusta…”

Così pensò di aver veramente avuto una buona idea, e ne era talmente convinto che la spiegò a quello che, era sicuro, sarebbe diventato il suo ragazzo. Forse il suo Kiminobu non ebbe la reazione che Mitsui si aspettava, dato che si limitò a pensarci su, indeciso se ridere in faccia al ragazzo o prenderlo sul serio.

Ma quei soldi gli servivano davvero. Che fare quindi?

Fortuna (o sfortuna, dipende dai punti di vista) volle che proprio in quel momento arrivasse Hanamichi Sakuragi, lo pseudo-tensai della loro squadra di basket, e che si avvicinasse a Mitsui e Kogure, proprio mentre il primo stava spiegando il suo piano malvagio al secondo.

“Ehi ragazzi!” urlò sopra la mischia, avvicinandosi con il suo amico Mito ai due sul bancone.

“Non riuscivo a raggiungervi… ci siete anche voi? Ho visto un sacco di ragazzi anche delle altre squadre in giro!”

Kogure fu il primo, ovviamente, ad avere l’illuminazione su Hanamichi, e non si risparmiò un sorriso maligno, quando riuscì a pensare anche a come incastrarlo.

“Sakuragi!” lo salutò gioviale, forse troppo: “Giusto te stavo cercando!”

“Lo immaginavo, ti servono i servigi del grande tensai?”

Kogure sorrise all’indirizzo di Mitsui, che per uno strano caso riuscì ad evitare pensieri impuri e a concentrarsi sullo sguardo di Kogure, capendo di volata cosa intendesse fare.

“Ti ricordi quando la settimana scorsa ti ho fatto passare il test d’inglese, suggerendoti tutte le risposte, salvandoti così da una punizione e dall’espulsione dal club di Basket?”

“…si…” borbottò Hanamichi, che cominciava ad avere il sentore che quel discorso, quel sorriso e lo stesso megane avevano qualcosa di losco e poco raccomandabile.

“Ricordi cosa mi hai detto?”

Questa volta Hanamichi optò per il dignitoso silenzio del guerriero, che comunque presagiva la risposta affermativa a quella domanda retorica.

“Me lo ricordo io” intervenne Mitsui, sostenuto dallo stesso Mito: “Hai detto che avresti fatto qualunque cosa per Kogure, e hai dato la tua parola di tensai…”

“Ovvio!” rispose allora Hanamichi, schiacciato dalle prove e dalla superiorità numerica: “Me lo ricordo eccome, e io non mi rimangio la parola! Ah ah ah!”

“Credo dovresti ripagare il tuo debito allora”

Hanamichi deglutì sonoramente, tanto forte che anche Kogure, con la musica a palla e le urla dei presenti, riuscì a sentirlo.

“Va bene, va bene…” si arrese il rosso, senza distogliere, preoccupato, gli occhi da quelli del megane: “Cosa devo fare?”

Forse il sorriso maligno dei due avrebbe già dovuto farlo scappare a gambe levate, almeno per istinto di sopravvivenza, ma gli provocò solo dei brividi agghiaccianti.

Si degnò di preoccuparsi solo quando Kogure pescò da sotto il bancone un grosso megafono, con il quale attirò l’attenzione di tutto il bar.

“Attenzione per favore, fate un po’ di silenzio” urlò la voce convincente di Kogure.

Tutti quindi si voltarono verso di lui, smettendo di schiamazzare e di bere enormi boccali di alcool.

Il locale sembrò quasi pervaso da un silenzio innaturale, qualcuno ebbe anche la buona decenza di abbassare il volume della musica.

A quel punto Kogure quasi sentì un dolorino fastidioso colpirlo sotto le costole, una specie di rimorso per il giovane Sakuragi, o una specie di vergogna ad avere tutti quegli occhi puntati su di sè.

Cercò di non farci caso, e ricordando tutti i soldi che doveva dare al locale trovò la forza di continuare il suo discorso.

“Bene ragazzi, l’asta parte da 3000 yen”

Mormorii confusi accompagnarono la pausa dopo le sue parole, ma solo le parole di Sakuragi si stagliarono nell’aria.

“ASTA?!”

Strano, pensò Kogure, aveva capito al volo!

“Kogure! In che senso asta?! Non hai… non vuoi mica…”

Quasi gli faceva pena Sakuragi, un ragazzo nerboruto come lui che aveva timore di una cosa così innocente.

Anche se Kogure non era convintissimo che fosse proprio una cosa innocente.

“E per una notte soltanto potrete avere a vostra completa disposizione questo splendido esemplare di maschio rosso fuoco, un vero stallone di razza!”

“Asta?! Disposizione?! Splendido?!” strillò Hanamichi, sperando con tutto il suo cuore che fosse solo un brutto scherzo.

Era fatta, molti brusii eccitati accompagnarono le parole di Kogure, e tutti i presenti nel locale guardavano verso il ragazzo col megafono per vedere lo “splendido rosso”, mentre Hanamichi boccheggiava guardandosi intorno spaventato, spalancando la bocca più volte in cerca di qualcosa di indefinito, aria o parole.

“Ma cosa…?!” riuscì a dire ad un certo punto, mentre molti nel locale mettevano mano al portafogli, e guardò sbigottito verso Kogure, che non fece per nulla caso a lui, gli occhi ormai trasfigurati in yen.

Ormai si vedeva circondato d’oro, mentre i suoi colleghi guardavano Hanamichi soddisfatti e tutto il bar si consultava e si animava per il fantastico fisico del basket man e sul prezzo base decisamente appetibile.

“Che diamine significa Kogure?!” strepitò Hanamichi colto dal panico: “Non hai davvero intenzione di… di…”

Il barista quattr’occhi sorrise, notando come l’umore di Sakuragi stesse cambiando in modo frenetico, da confuso a spaventato, da spaventato ad arrabbiato, infine dall’arrabbiato al terrorizzato.

“Significa, Hanamichi, che mi farai guadagnare 40 mila yen entro stasera, per ripagare il favore che mi devi!” poi riprese mano al megafono: “Su Hanamichi, voltati! Fai vedere la merce agli acquirenti!”

Hanamichi si voltò un attimo, mentre la folla che aveva intorno cominciava a spingere verso di lui, toccandogli le spalle e accarezzando tutto ciò che era possibile toccare.

Quando rientrò nel pieno possesso delle sue facoltà mentali riuscì a boccheggiare: “40 mila yen?!”

Fu il turno di Kogure di arrabbiarsi, e preso il ragazzo vicino gli sibilò: “Non hai neanche idea di quanti ragazzi ti desiderino Hanamichi!”

“Secondo me ce la puoi fare, Sakuragi” intervenne per la seconda volta Mitsui, sorridendo cattivo: “Stasera c’è chi pagherebbe molto di più per molto meno…”

“Fottiti baciapiselli!” rispose il rosso mentre Kogure rimetteva mano al megafono.

“Su Hanamichi, sali sul bancone!” urlò per tutto il locale.

“Tu vaneggi, io me ne vado…”

Ma non riuscì a dirlo che Mitsui, cogliendo l’occasione per vendicarsi di quel gentile epiteto, e Mito, conscio del fatto che il mattino dopo avrebbe dovuto comprarsi una tuta mimetica e un casco anti-testate, lo placcarono e lo spinsero sul bancone, dove i due aitanti baristi compagni di Kogure lo aspettavano per issarlo su con loro.

Sconfitto dalla superiorità numerica, Hanamichi si ritrovò le mani dei due sulle sue spalle mentre gli toglievano la giacca e cominciavano a toccarlo in modo equivoco e molto eccitante.

Il rosso si ritrovò davanti quella marmaglia di donne over30 e di ragazzi di tutte le età allupati e sbavanti al suo indirizzo, che sbirciavano nel portafogli cercando di pianificare quanto potevano spendere.

L’addetto intanto aveva alzato di nuovo la musica.

Poi la voce di Kogure: “Non sento offerte!”

E le prime offerte arrivarono, e molto velocemente, e quando giunsero Hanamichi si rincuorò, ricordandosi le parole di Kogure, quindi sorrise imbarazzato, ma non provò più a scappare.

“Io qui ho 4000 yen!”

“Ne offro 4500!”

“Siamo a quattromilacinquecento yen ragazzi, potete fare di meglio!”

Quando Hanamichi sentì le prime offerte non volle proprio crederci.

Sul subito pensò che si trattasse di uno scherzo, o di una presa in giro, e riuscì quasi a convincersi, ma le urla e le frasi di quei ‘clienti’ erano poco fraintendibili.

Hanamichi avrebbe giurato e scommesso tutta la sua casa di aver visto con chiarezza parecchi giocatori che conosceva fare delle offerte per lui, tra i quali Sendo e Maki, con sua grande sorpresa.

Anche Ayako aveva fatto un’offerta di 7000 yen, mentre Miyagi sveniva sul colpo al suo fianco.

Ormai seguiva solo le loro incitazioni, la musica e le mani di quei due adoni che vagavano indisturbate ovunque.

Quando le offerte cominciarono a salire, gli tolsero la maglietta e la cintura, sbottonandogli anche il primo bottone dei jeans.

Se fosse sopravvissuto alla vergogna avrebbe ucciso Megane, oppure l’avrebbe ringraziato. Doveva ancora decidere.

Preso più da sicurezza decise di rischiare il tutto per tutto e mettersi a ballare sul bancone, anche se la sua paura di fare la figura del fesso era grandissima.

Così, vincendo l’imbarazzo, cominciò a seguire i gesti degli altri due, che dopo poco gli sollevarono la maglietta, lanciandola al pubblico.

Di certo sapevano come agitare le folle, e come far salire le offerte.

“Diecimila yen!” urlò Kogure.

Hanamichi però era preoccupato per la sua sopravvivenza, vedendo la sua maglietta finire a brandelli mentre quell’orda barbarica cercava di catturare, probabilmente, qualche rimasuglio della sua pelle.

Così era rimasto con i jeans e la canottiera bianca, mentre per la prima volta in quella serata sperava con tutto il cuore di non dover togliere i pantaloni.

Si ritrovò a sperare, quindi, che le offerte raggiungessero i 40 mila yen in un tempo relativamente breve, anche se ancora nutriva qualche dubbio se ci sarebbero mai arrivate.

Così cominciò a guardare giù dal bancone, per vedere chi stava facendo offerte.

Vide due amiche allupate con dei vestiti molto, o troppo, leggeri, che urlavano frasi sconnesse nella sua direzione e poi ridevano assieme.

Vide un gruppo di uomini tutti molto grandi, che sbavavano letteralmente, guardando… le sue parti basse.

Vide molti ragazzi della sua età, alcuni anche delle squadre di basket.

Vedeva Sendo beccarsi degli schiaffi poco giocosi da Koshino.

Così si mise a ridere, godendosi per una volta quell’opportunità.

Le offerte continuavano e lui si sentiva sempre più intraprendente, accettando di ballare su un palo di lato al bancone, e chinandosi per baciare una delle due donne allupate.

Quando tornò al centro del bancone cominciò a ballare con uno dei due baristi, mentre questo si strusciava su di lui come un gatto.

Infine arrivò anche l’altro, brandendo un paio di bottiglie d’acqua, mentre tutti lo acclamavano arrapati.

Hanamichi si rese conto di cosa stava succedendo solo quando sentì il liquido scivolargli dai capelli ai piedi, infradiciandolo.

“Guardate che fisico, ragazzi… non vale meno di ventimila yen!”

Sembrava davvero che tutti pendessero dal suo corpo, avvolto da quegli stracci umidi che lasciavano molto poco all’immaginazione.

La musica cambiò, essendo finita la canzone, e ne partì una moderna, che Hanamichi era sicuro di aver già sentito alla radio più di una volta.

Doveva essere molto conosciuta dato che tutti la accolsero con un grande boato, urlando sempre di più all’indirizzo dei tre sul bancone.

Dal canto suo Hanamichi pensava che i suoi due compagni di avventure stessero diventando sempre più intraprendenti.

Uno dei due si era accucciato tra le sue gambe, muovendo il bacino a ritmo della musica in modo da strusciare il suo fondoschiena contro le parti basse del rosso.

L’altro invece si occupava di buon grado della sua canottiera, sollevandogliela quel tanto che bastava per far vedere alle persone sottostanti il suo petto scolpito e i suoi capezzoli.

Servì evidentemente allo scopo, perché le offerte raggiunsero, con facilità, i trentamila yen.

“Vediamo di stare calmi, ragazzi…” giunse poi la voce di Kogure, spezzando l’idillio.

Di certo voleva raggiungere il suo obiettivo e incassare tutti quei soldi, ma non con un’orgia collettiva!

Ma quei tre sul bancone facevano finta di non ascoltarlo, oppure erano troppo eccitati persino per pensare.

Alla fine anche la canottiera di Hanamichi finì a brandelli tra i clienti, che ormai non ragionavano più, lanciando improperi, proposte indecenti e sparando numeri come offerte.

Sembrava non ci fosse limite alle loro proposte, e forse già molti avevano abbandonato la gara, dato il costo, ma non sembrava affatto.

Le offerte non si susseguivano più come prima, certamente; tuttavia Kogure ritenne che non fosse perché la gente avesse perso interesse, o perché pensavano che Hanamichi non valesse tutto quel denaro.

Forse erano fin troppo assorti e impegnati a fantasticare sul corpo del rosso che si dimenticavano di fare offerte.

Hanamichi d'altro canto non badava più a chi facesse le offerte, anche se in effetti, avrebbe dovuto preoccuparsene. Riconosceva solo poche voci rimaste in gara, ed in effetti il suo prezzo era arrivato a trentamila yen, non molti potevano permetterselo, ma a lui non interessava.

Sentiva la musica, le incitazioni, Kogure che parlava dal suo autoparlante, il sudore che cominciava a imperlarsi sul suo petto.

E poi una voce.

“Offro quarantamila yen!”

“Aggiudicato per quarantamila yen!” urlò Kogure.

 

Kaede Rukawa guardò il posto, guardò il biglietto che teneva tra le mani, guardò il numero e la via, poi guardò di nuovo il locale.

Non poteva essere quello.

Da come ne aveva parlato quella mattina Kogure sembrava dovesse andare in un piccolo pub di periferia dove bere una birra in compagnia di qualche vecchietto. Quello che aveva davanti non corrispondeva per niente alla descrizione.

Si avvicinò al buttafuori e fece il nome di Kogure, proprio come gli aveva detto quella mattina.

“Stasera, se volete, venite in questo bar... si chiama Coyote Ugly” aveva detto negli spogliatoi, mentre Mitsui si voltava a guardarlo con occhi adoranti: “Fate il mio nome e entrate, è un posto carino”

Rukawa entrò nell'angusto luogo, pieno di gente fino allo sfinimento, e subito gli venne voglia di scappare lontano da quella puzza di alcool e muffa.

Ma girandosi vide con un colpo d'occhio qualcosa di rosso, qualcosa di grosso, che assomigliava tanto ad una persona.

Si voltò lentamente, e notò quel qualcosa ballare agitando i fianchi, coi jeans aderenti e il corpo fradicio, mentre due altri qualcosa, decisamente non da meno, gli ballavano di fianco, accarezzando tutto ciò che lui si era ritrovato a voler avere.

Un uomo di fianco urlo: “Ho ventisettemila yen e me lo porto a casa!”

“Siamo a ventisettemila! Chi ne offre di più?”

Rukawa si girò verso la voce col megafono, stranamente familiare, e vide poco distante, dietro il bancone su cui quel qualcosa stava ballando il volto noto di Kogure, che rideva con Mitsui seduto di fronte, che guardava il qualcosa con tanto d'occhi.

“L'asta non è ancora conclusa ragazzi! Guardate questo rosso, non vale almeno trentamila yen?”

'SI!' pensò subito Rukawa senza togliere gli occhi da Sakuragi, che muoveva il bacino a tempo con la musica, con il primo bottone dei jeans slacciato a far vedere le mutande...

In un momento si trovò in mente un solo pensiero, che faticò a riconoscere come suo: pensò solo “il rossino è mio” e chiunque avesse provato a portarlo via era destinato a capitolare.

Con solo questo pensiero in mente, cercò di avvicinarsi in un punto più favorevole e più visibile da Kogure. Non avrebbe dovuto spendere così tanto, l’asta era già andata alle stelle, ma per comprare Sakuragi avrebbe svuotato il suo conto.

Non ci aveva mai pensato fino a quel momento, ed evitò di pensarci ancora, non gli interessava particolarmente conoscere il motivo di quella sua infatuazione istintiva, anche se si giustificò pensando che non ci fosse motivo più consistente del fatto che il rossino era mezzo nudo, nel pieno del suo splendore e fradicio sopra il bancone di un bar fuori dal centro di Kanagawa.

Cercò di seguire le offerte e allo stesso tempo registrare nella mente le movenze del rossino, e il suo corpo che tante volte aveva visto così superficialmente.

Si avvicinò di nuovo, spostando poco delicatamente la gente intorno a lui, che se osava provare a controbattere si zittiva subito spaventata dalla sua mole.

Cominciò a pensare velocemente al modo migliore per portarsi via il rossino in modo rapido, soprattutto senza dover rimanere lì più del dovuto cercando di giocarselo con altri ragazzi e ragazze.

Decise che il modo migliore fosse fare un’offerta inaccessibile.

Così tornò a concentrarsi sulle offerte, togliendo malvolentieri le iridi dal corpo del rosso, e notò come queste stessero diventando man mano meno prepotenti, e come somigliassero più a labili suggerimenti, quasi bisbigliati in un rumore così assordante.

Poco prima aveva sentito il suggerimento di Kogure: “Non vale meno di trentamila yen”, e non poteva che essere d’accordo con lui, pensando subito a quale offerta potesse far togliere immediatamente il dohao dal mercato.

Poi, pensò tranquillizzandosi, Kogure certamente avrebbe preferito venderlo a lui piuttosto che a una persona sconosciuta e inaffidabile.

Quella mamma chioccia del sempai Kogure non l’avrebbe mai fatto.

Così si nascose alla vista del dohao, che comunque aveva ben altro a cui pensare, piazzandosi dietro una colonna, praticamente di fronte a Kogure, che ancora però non l’aveva notato.

Aveva cercato di seguire la competizione più attentamente possibile, ma le offerte erano timide e poco sostanziose, così sapeva che avrebbe vinto, così come sapeva che era un grande cestista.

Prima che potesse fermarsi a riflettere su ciò che stava facendo, o su come avrebbe giustificato quella spesa agli occhi di suo padre, o su come potesse convincere il dohao a venire via con lui, si mosse rapidamente, attirando lo sguardo di Kogure su di sé, e fece la sua offerta.

“Offro quarantamila yen!”

La musica era alta e lo sentirono solo le persone limitrofe alla colonna dov’era appoggiato, e Kogure, che dapprima sembrò non averlo neanche riconosciuto.

I due minuti successivi furono lunghissimi per entrambi, poiché Kogure cercava di trovare un senso a quella situazione, che non aveva nulla di verosimile.

Riuscì a concentrarsi solo focalizzando l’attenzione sul prezzo offerto dal suo compagno di squadra.

Quarantamila yen.

E Sakuragi sarebbe andato nelle mani di Rukawa.

Quasi si mise a piangere dall’arrivo di tutta quella inaspettata fortuna.

E le sue successive parole furono accolte dal bar con un boato potente.

“Aggiudicato per quarantamila yen!” urlò Kogure, mentre un Hanamichi sorridente scendeva salutando tutti dal bancone, per recuperare i suoi vestiti.

“Ti odio Kogure!”

“Lo sai che non è vero!”

“Chi mi ha comprato?” chiese alla fine, mentre Mito, che gli aveva fatto un’offerta da seimila yen, gli lanciava la sua giaccia impressionato.

“Lo scopriremo molto presto credo…” disse con fare disinvolto, che tradiva la sua voglia di ridere, mentre un estraneo posava le sue mani sui fianchi di Hanamichi, e mentre quest’ultimo diventava color porpora.

“Non credevo fossi così sexy…” disse una voce familiare direttamente nel suo orecchio: “Dohao…”

E fu così che Hanamichi Sakuragi svenne.

In realtà però così non accadde, anche se sarebbe stato più facile, e sarebbe stato anche il volere dello stesso Sakuragi.

Si voltò infatti, e trovò proprio chi si aspettava di trovare, con un sorriso maniaco sul volto.

Non aveva pensato, in tutto l’arco della serata, alle conseguenze della sua esibizione, non aveva neanche fatto un pensierino su chi potesse comprarlo.

Ma se l’avesse fatto, era sicurissimo che l’ultima delle sue ipotesi sarebbe stata la Kitsune.

“Rukawa?!” esclamarono in coro Mitsui e Mito, guardando il glaciale ragazzo chiedendosi se fosse davvero lui con quella faccia da maniaco stampata a fuoco sul volto.

“Tu… tu mi hai…”

E Rukawa annuì sorridendo.

Porse i soldi a Kogure, felice come una Pasqua, e prese per mano Hanamichi, portandoselo fuori dal locale.

L’aria fresca della sera li investì velocemente, e Rukawa si mise la giacca che aveva tenuto in mano fino a quel momento, dirigendosi verso il posteggio delle motociclette.

“Ehi, mollami!”

“Dohao, ti ho comprato, erano i patti”

“Non mi aspettavo mi comprassi tu, pensavo più ad una ragazza!”

“Vuoi tirarti indietro?”

“Certo che no!” disse frettoloso: “Ma non sono… quello che credi tu…”

A quel punto Rukawa si fermò, proprio davanti una moto e guardò Hanamichi sorridendo.

“Mi sembravi piuttosto a tuo agio con quei ballerini che ti palpavano ovunque…”

“Ti sei eccitato per bene, eh kitsune?”

“Direi di si…”

Alla risposta dell’altro Hanamichi si stupì di non arrossire, o di non picchiarlo, o di non urlare a squarciagola frasi insensate, come ogni volta che era in imbarazzo.

Dovette ammettere che questa non era l’occasione, perché la risposta dell’altro era del tutto sincera, e senza prese in giro.

“Allora mi hai comprato per questo?”

“In realtà dohao non ti avevo mai visto sotto questa luce…” disse, mentre il suo sorriso maniaco tornava repentinamente sulle sue labbra.

Hanamichi arrossì, stringendosi nelle braccia.

“Avanti sali, andiamo a casa mia” disse senza possibilità di diniego, mentre gli passava un casco.

Hanamichi lo soppesò e guardò il ragazzo montare sulla sua bella moto, poi finalmente si decise.

Era forse l’azione più sconsiderata della sua vita, e non se la sarebbe fatta sfuggire!