Conversations with my 13 year old self di Marty
"Ci hanno trovato, Draco. Dobbiamo fuggire subito.
Preparati, io vado a controllare che la via sia libera." Fu in quel momento, dopo mesi
passati a fuggire, mentre il cuore gli si gonfiava generando quell'ormai
familiare sensazione d'angoscia, che Draco ricordò il suo ultimo incontro col
Preside di Hogwarts. "È...è troppo tardi,
Preside. Io...ho scelto la mia strada,
e...ormai..." Il biondo deglutì, stringendo i
pugni fino a far sbiancare le nocche. "Non è mai troppo tardi,
Draco. C'è sempre un'altra possibilità,
se si ha il coraggio di rischiare." Dumbledore annuì, come a voler
sottolineare le proprie parole, poi gli lanciò qualcosa. Il ragazzo, coi riflessi pronti
di un Cercatore, lo afferrò al volo. Era un disco dorato saldato al
centro di un doppio anello concentrico, anch'esso dorato, da una coppia di
pomelli laterali. Pendeva da una catenina sottile.
Incastonata al centro del disco
c'era una pietra trasparente, la cui forma ricordava vagamente un otto. Guardò l'anziano professore con
aria interrogativa, e l'uomo gli sorrise incoraggiante. "Tutti possiamo cambiare le
cose. Basta crederci. E saper fare un bilancio di
quello che potresti perdere scegliendo la strada sbagliata" concluse
fissandolo da dietro i suoi occhiali a mezzaluna. Draco trasalì. Possibile che il Preside
sapesse...? "Draco!" Un grido. Lo svolazzare della tunica nera
del suo Padrino. Poi, il nulla. Il biondo, immobile al centro
della stanza, chiuse gli occhi. Ricordava ancora ogni dettaglio
di quel giorno in modo così vivido che sembrava fosse accaduto tutto solo un
giorno prima. Infilò la mano in una tasca dei
pantaloni che erano originariamente piuttosto eleganti ma che, ora, erano
lisi e ombrati, e ne trasse il gioiello. Lo studiò da vicino, con gli
occhi socchiusi, cercando di capire cosa fosse. Concentrandosi poi sul cristallo
al centro del disco finalmente ne riconobbe la forma: era una clessidra. L'oggetto era una Giratempo. Ricordava di aver visto le foto
su un libro, anche se non ne aveva mai avuta una. Ricordava anche che ne
esistevano diversi tipi, a seconda del periodo di tempo di cui si aveva
bisogno. Si chiese perciò cosa il Preside
stesse cercando di dirgli. Sull'anello più esterno c'erano
delle incisioni, che ad un esame più approfondito si rivelarono essere rune. Studiarle si sarebbe finalmente
dimostrato utile, pensò Draco. Si trattava di un'iscrizione
piuttosto elementare: spiegava che la Giratempo in questione permetteva di
retrocedere un anno nel tempo ad ogni rotazione, che il periodo di permanenza
nel passato sarebbe stato di un paio d'ore e che poteva essere usata una sola
volta, dopo di che sarebbe diventata un semplice ninnolo senza magia. Il ragazzo riflettè per un
istante. Dumbledore aveva voluto dargli
la possibilità di tornare indietro, cambiare le cose. Avrebbe avuto una sola
possibilità. Valutò svariati momenti del suo
passato in cui un cambiamento avrebbe potuto fare qualche differenza, però
per qualche ragione nessuno di essi avrebbe fatto LA differenza. Si concentrò dunque sulle parole
del Preside, sperando di trovarvi un qualche indizio che lo aiutasse. Quand'era stato che aveva deciso
che strada prendere? Quand'era stato che non era
stato in grado di fare un bilancio razionale del suo futuro? Alzò la testa di scatto. Sapeva esattamente quando era
successo. Velocemente fece girare su
stesso il disco dorato, tredici volte, pregando silenziosamente qualunque
divinità lo stesse ascoltando che tutto sarebbe andato per il meglio. Chiuse gli occhi e respirò
profondamente. Un istante dopo, era scomparso. Tutto era silenzio quando Draco
avvertì il mondo fermarglisi intorno. Aprì lentamente gli occhi, ma
non servì a molto, visto che il luogo in cui si trovava era immerso
nell'oscurità. Nonostante il buio, però, il suo
cuore aumentò i battiti: era a casa sua. Avrebbe potuto disegnare a
memoria i dipinti che decoravano i muri, i vasi e i busti appoggiati con cura
sui loro treppiedi, i tappeti e gli arazzi istoriati. Mosse un passo, e le torce sulle
pareti si accesero, una dopo l'altra, seguendolo. Non si era sbagliato, quello era
il corridoio che portava alle sue stanze. E se l'aver riconosciuto il
corridoio non fosse stato sufficiente, ecco i singhiozzi soffocati che
cercava. Rimase un momento in ascolto,
poi un penetrante ticchettio attirò la sua attenzione: la Giratempo aveva
iniziato a contare i minuti. Si affrettò verso la porta e
abbassò la maniglia, cercando di fare meno rumore possibile. La sua camera non gli era mai
sembrata così grande. Draco aveva sbattuto la porta
con quanta forza aveva, lanciandosi poi sul letto e nascondendosi sotto le
coperte, con le ginocchia al petto. Nonostante fossero passate ormai
delle ore, e nonostante non facesse affatto freddo, ancora non aveva smesso
di tremare. Se ne stava lì, ad occhi
spalancati nel buio, senza avere il coraggio di chiuderli per la paura di
rivedere i volti sfigurati dal terrore di quei babbani. Le loro urla di terrore
continuavano a rimbombargli nelle orecchie, e il ragazzino urlò a sua volta,
cercando di sovrastarle. Il futuro che suo padre gli
aveva prospettato lo aveva scosso molto più di quanto si aspettasse. Credeva di aver accettato il suo
destino, ormai. Improvvisamente, sentì il
'click' della porta che si chiudeva e si immobilizzò. I suoi genitori non avrebbero
dovuto tornare, quella notte; suo padre si sarebbe fermato a dormire a casa
del padre di Blaise, invito che lui aveva declinato perchè sentiva un bisogno
fisico di piangere e gridare, e la madre era a giocare a carte dai Parkinson
come ogni giovedì. Ma allora chi poteva essere? Un silenzio irreale avvolse la
stanza, lui e il misterioso visitatore, che si avvicinò lentamente e sedette
sul bordo del letto, a pochi centimetri dai suoi piedi. Poi, lo sconosciuto parlò. Draco non sapeva cosa dire a
quel bambino confuso e terrorizzato. Alla fine decise di essere
franco e di parlargli con tutta la sincerità di cui era capace, sperando di
riuscire nell'intento di guidarlo verso la strada giusta. "Draco, ascoltami"
cominciò, allungando una mano a sfiorare il fagotto sotto le coperte. "So che hai paura, e sei
arrabbiato..." Il bambino si sedette di scatto,
scoprendosi. "Cosa ne sai tu?! Chi sei,
eh?! Come ti permetti di entrare in camera mia a quest'ora?! Cosa vuoi da
me?!" urlò con gli occhi sbarrati, arrossati e gonfi. Poi, una volta passato lo sfogo
nervoso, chinò il capo. "Anche fosse, non importa a
nessuno" disse in un sussurro a malapena udibile. Draco ritirò la mano,
sospirando. "A me importa"
rispose. Il bambino lo guardò con sospetto. "Continuo a non sapere chi
sei" borbottò. C'era qualcosa in
quell'estraneo, però, che glielo faceva sentire stranamente familiare e lo
spingeva a fidarsi. "Non è importante, Draco. Stammi a sentire, non ho molto
tempo. So che ti senti solo, non
chiedermi come o perchè, ma lo sento. Anche quando sei circondato da
quelli che si definiscono tuoi amici, ti senti solo. Ti manca qualcosa. E sai benissimo cos'è." Esattamente come si aspettava,
il bambino inarcò un sopracciglio e sporse il labbro inferiore in fuori, per
poi ignorare completamente il commento. Se non si fosse trovato in una
situazione estremamente delicata, il tutto gli sarebbe sembrato piuttosto
divertente. Comunque, il biondo incrociò le
braccia sul petto e guardò la sua controparte tredicenne per un lungo minuto,
fino a che questi sbuffò e si decise a rispondere. "A me non manca niente.
Sono un Malfoy, io. Sono il migliore, e ho tutto. Non ho bisogno di nessuno,
capito? Nessuno. Nessun professore, assistente,
tutore o che so io." "Per questo ogni volta che
cammini da solo incurvi le spalle, vero? È il peso di essere un
Malfoy..." Draco disse queste parole senza
pensarci, e si sentì colpito a sua volta dalla loro dolorosa veridicità. Il bambino sembrava confuso. "Io...io...io non..." "Ed è sempre perchè sei
così perfetto e felice che piangi di notte quando sei solo a casa,
immagino" insistette Draco, senza dargli tregua. "Io non piango mai!"
strillò il bimbo, platealmente smentito dalle lacrime che gli rigavano le guance. "Sono...forte..."
balbettò, mentre un singhiozzo troppo forte per essere represso gli spezzava
la voce. Draco si sentì stringere il
cuore a quella vista, ricordando tutte le volte che aveva pianto e si era
sentito completamente solo. Fu allora che, seguendo
l'istinto, afferrò il bimbo per un braccio e lo tirò a sè, stringendolo al
petto. Dapprima il biondino si dibattè,
tempestandogli il torace di pugni, poi si calmò lentamente e nascose il volto
nel maglione leggero di Draco. "Non starai così male per
sempre, Draco" sussurrò accarezzandogli i capelli "te lo assicuro.
Un giorno penserai a tutto questo e non sarà altro che un brutto
ricordo." Il bimbo tirò su col naso e
annuì, ma non si mosse. C'erano così tante cose che
avrebbe voluto dirgli, così tante cose che avrebbe voluto fare, ma non
riusciva a muoversi, o a parlare, sopraffatto dalla consapevolezza che,
invece, quel passato continuava a fargli male. Il bambino alzò la testa e lo
guardò, gli occhi grigi ancora lucidi. "Dimmi chi sei, per favore. E perchè mi sento così
tranquillo con te" gli domandò. Draco gli sorrise. "Sono l'uomo che
diventerai, Draco. Sono te fra cinque anni." Il biondino si staccò da lui,
quasi scandalizzato. Probabilmente lo considerava
pazzo. "E tu speri che ci
creda?!" sbottò, ridendo. Ma Draco riconobbe quella risata
stridente e nervosa, era quella dietro cui tante volte si era nascosto, negli
anni. "Senti, non m'incanti. Non dimenticare che sono stato
te, conosco benissimo i tuoi trucchetti. Vorresti credermi, non è
vero?" Il bimbo gli voltò le spalle. Draco alzò gli occhi al cielo. Certo che Potter non aveva tutti
i torti a definirlo insopportabile! Il pensiero di Harry gli scaldò
il cuore, e ricordò che stava facendo tutto questo anche per lui. Per avere un'altra opportunità. Il famoso ghigno, ormai un po'
il suo marchio di fabbrica, gli spuntò sul viso. "D'accordo, Draco, l'hai
voluto tu!" esclamò. "Primo: sei gay. L'hai
scoperto quando hai beccato una rivista di Pansy e ti è venuto duro guardando
la pubblicità di un profumo con un uomo in mutande. Secondo: odi i ragni. Quando ne
vedi uno strilli come una donnetta. Terzo: hai un tanga di pelle
rossa nell'armadio, nascosto in un cassetto interno della scacchiera insieme
alle foto che ti sei scattato pavoneggiandotici davanti allo specchio. E infine, quarto..." Il piccolo Draco si era già
voltato verso di lui, con le guance di una simpatica tonalità rosso ciliegia. Sembrava morire dalla voglia di
zittirlo, ma era troppo in imbarazzo per aprir bocca. Draco gli sorrise. "Quarto, non hai mai smesso
di volere che Potter diventasse tuo amico." Il bimbo abbassò lo sguardo
giocherellando col bordo della maglietta del pigiama. Il silenzio che scese di nuovo
sulla stanza, stavolta, non fu niente più di un lenzuolo bianco. D'un tratto un leggero fischio
avvertì Draco che mancava poco allo scadere del suo tempo. Il biondo si avvicinò al letto e
sedette di nuovo al piccolo Draco. "Senti, Draco, io devo
andare" disse. Il bimbo scosse la testa con
forza e gli afferrò una manica. "No, non andare! Io...ci
sono tante cose che voglio sapere..." rispose, mordicchiandosi
nervosamente un labbro, ormai convinto dell'identità dello sconosciuto. "Non posso restare. Però tu devi sapere una cosa:
quando avevo la tua età ho deciso di essere come mio padre, per renderlo
felice, dimenticando che quello che avrebbe dovuto essere felice delle mie
scelte ero io. L'unica cosa che m'importava era
renderlo orgoglioso di me." Lo sguardo negli occhi del
piccolo Draco comunicava totale comprensione. "Purtroppo però per
renderlo orgoglioso di me ho dovuto rinnegare quello che credevo, e lasciare
quello che volevo in un angolo. Tu non farlo, Draco, non
commettere lo stesso errore. Quando arriverà il momento,
segui il tuo cuore e vedrai che tutto andrà bene." Il biondo accarezzò i capelli
del bimbo, che gli sorrise fiducioso. "E non cercare di crescere
troppo in fretta, prenditi il tuo tempo!" lo rimproverò scherzosamente
"Altrimenti rischi di pentirtene..." Il trillo di una sveglia gli
causò un brivido involontario, e Draco si alzò. "Il dolore che hai provato
fino ad oggi ti ha fatto credere di vivere in un incubo, ma ricordati che
puoi svegliarti quando vuoi. Non perdere quella passione e
quella voglia di dimostrare quello che vali, Draco, e quando sei arrabbiato,
dillo. Quando sei felice, dillo. Fai capire a chi ti circonda che
non sei semplicemente un ragazzino viziato, ma c'è di più. Ci sono persone che stanno
aspettando solo che tu faccia il primo passo..." Gli strizzò l'occhio, e il bimbo
arrossì di nuovo. "Vuoi dire che..." Draco annuì. "Lui è la persona che ti
vorrà più bene, se solo gliene darai la possibilità. Non è mai troppo tardi." Non appena ebbe pronunciato
queste parole, iniziò a svanire. Il piccolo Draco gli si
avvinghiò alle ginocchia. "Resta!" gridò. Draco guardò in basso, verso il
suo visino risoluto, e sorrise. "Buona fortuna, piccolo,
buona fortuna" sussurrò prima di chiudere gli occhi e respirare
profondamente. Un istante dopo, era scomparso. Quando tutto si stabilizzò di
nuovo intorno a lui, prima ancora di aprire gli occhi, Draco avvertì una
sensazione di calore avvolgerlo. Si accorse di essere sdraiato,
tra lenzuola morbide e profumate, il che significava che qualcosa era
senz'altro cambiato nella sua realtà presente. Cercando di riordinare le idee,
il biondo fu all'improvviso colpito da un ricordo che non gli apparteneva. Gli studenti erano da poco
tornati ad Hogwarts, dopo le vacanze natalizie. Draco Malfoy stava correndo,
mentre cercava contemporaneamente di aggiustarsi la cravatta. Maledizione, aveva fatto tardi! Com'era possibile una cosa del
genere?! E tutto per colpa del suo io del
futuro che continuava a tormentarlo con le sue frasi sibilline! Non è mai troppo tardi?! Ma che diavolo cercava di
dirgli?! Era così distratto da non
accorgersi che un altro studente stava percorrendo il corridoio in senso
contrario fino a quando non si scontrarono violentemente, finendo entrambi a
terra. "Ehi, guarda dove vai,
cretino!" sibilò tra i denti. Poi alzò lo sguardo e incontrò
un paio di occhi verdi stranamente luminosi. Ah, già, mancavano gli occhiali. Dovevano essere volati via
nell'impatto. Si alzò di scatto e prese a
lisciarsi nervosamente la tunica. Stava per andarsene, quando notò
che il moro era ancora a terra. Cercava gli occhiali,
probabilmente. Le parole della sua controparte
adulta gli tornarono prepotentemente alla memoria. Lui è la persona che ti vorrà
più bene, se solo gliene darai la possibilità. Senza fermarsi a pensarci, gli
tese la mano per aiutarlo ad alzarsi. Harry lo guardò sospettoso. "Potter, non ti mangia
mica" borbottò il biondo, imbarazzato. Il Gryffindor allora gli rivolse
un piccolo sorriso e strinse la mano abbronzata con la sua, rimettendosi in
piedi. Il contatto inviò brividi
sconosciuti lungo la schiena di entrambi, che senza rendersene conto rimasero
con le dita intrecciate per qualche istante di troppo, prima di separarsi
arrossendo. "Ci...ci si vede in giro,
Potter" tagliò corto il biondo, dando un paio di passi verso la sua
aula, anche se ormai era irrimediabilmente in ritardo. "Aspetta, Malfoy" lo
richiamò Harry. Il biondo si voltò e lo squadrò
con aria di sufficienza, che non gli era mai costato tanto mantenere. "Ho accettato la tua
mano" argomentò Harry. Draco inarcò un sopracciglio,
senza capire. "Quando me l'hai offerta la
prima volta, volevi essere mio amico. L'offerta è ancora in
piedi?" domandò il moro, con un sorriso caldo e sincero che Draco non
gli aveva mai visto sul viso. Distolse lo sguardo,
tossicchiando nervosamente. "Se ci tieni, Potter, ti
farò quest'onore" rispose. Harry rise, poi gli fece un
cenno di saluto con la mano e corse via. Solo quando fu lontano Draco si
concesse un sorriso, e il pensiero gli corse di nuovo al suo visitatore. Aveva cambiato le cose. Draco sorrise a sua volta,
contento. Poi si voltò nel letto e aprì
lentamente un occhio. Non conosceva la stanza,
illuminata appena dalla luce che filtrava dalla persiana socchiusa. Un peso sul fianco attirò la sua
attenzione: un braccio abbronzato riposava sulla sua anca. Non poteva essere vero... "Draco, che succede?"
lo chiamò una voce impastata dal sonno, ma velata comunque di una certa
apprensione. Al riconoscerla il biondo sentì
una gioia mai provata esplodergli nel petto, e portò un braccio a coprire
quello del compagno. "Niente, Harry. Va tutto benissimo,
adesso." Arretrò un po', fino a far
combaciare la schiena col petto del Gryffindor, poi chiuse gli occhi di
nuovo. Ci sarebbero state tante domande
e risposte, di lì a poco, ma per il momento voleva solo godersi il frutto
delle sue scelte. Se lo era più che meritato, in
fondo. FINE |