Contraddizione
di Kuso Baba
Contraddizione
-Perché ti sei fatto fare tutto questo?-
-Perché lo volevo almeno quanto te.-
Ho provato a cercare in quello sguardo malizia, provocazione, lussuria…
niente. Ho trovato solo una sincerità disarmante, peggio di una coltellata al
cuore.
-Perché non riesci mai a mentirmi?-
-Perché non posso più permettermi di farti altri favori.-
-Vaffanculo.-
Mi sono rimesso in tutta fretta pantaloni e scarpe e sono uscito dal suo
appartamento sbattendo con violenza la porta d’ingresso. Degna conclusione di
degna serata. Il sabato sera più assurdo della mia vita, quello che mai e poi
mai mi sarei aspettato di ritrovarmi a vivere.
Claudio era dichiaratamente, sfacciatamente, ostentatamente omosessuale. Uomo
che degli altri uomini ama tutto, vuole tutto e tutto assorbe con voracità
insaziabile. “Succhiare il midollo della vita” è un’espressione che gli si
addice a meraviglia, la sua naturale definizione. Io invece, Matteo
“l’Ombroso” (“O Skotheinòs” come mi chiama lui, accostandomi impietosamente al
filosofo greco Eraclito) ero, al contrario, dichiaratamente, ostinatamente,
irrinunciabilmente eterosessuale. Per di più, lievemente omofobo. Per la
verità, visibilmente in crisi. Primo anno di università in una città nuova,
Roma, capace di disorientare seriamente chiunque non riesca a fare proprio il
suo esuberante spirito. Amici lontani, rimasti fedeli al confortevole calore
del paese, da cui il capoluogo di provincia (dotato di un discreto ateneo)
distava appena una quarantina di chilometri. L’ideale per chi sogna di
impiegarsi nello studio legale del proprio zio o di qualche altro parente.
Elena, la mia ragazza, quell’appendice che mi si era tenacemente appiccicata
addosso ai tempi della seconda media, stava riconsiderando i suoi piani: per
dirla in maniera poetica, aveva appena scoperto che il ruolo di Penelope non
le si addiceva affatto; per dirla in parole povere, mi aveva appena scaricato.
Ovviamente per un altro. Tale Massimo, sedicente assicuratore di belle
speranze. Mercedes scintillante e niente grilli per la testa. Roma? Città
buona per farci una vacanza, e giusto se ti piacciono i musei. Al massimo, ci
si può andare col pullman della parrocchia a vedere il Papa che recita
l’Angelus. Insomma, per dirla in parole povere, ad uno come quel Massimo
l’idea di lasciare il paese non sarebbe mai passata neanche per l’anticamera
del cervello. E così Elena avrebbe evitato la spiacevole sensazione di
sentirsi messa da parte, tornando ad essere il centro attorno a cui doveva
ruotare il microcosmo di cui si sentiva sovrana indiscussa. Nonostante tutto
il dolore (per l’abbandono) e la confusione (per ciò che ne è seguito) sento
di avere scampato un grande pericolo.
Appena chiusa la porta, mi sono appoggiato ad essa con la schiena nuda e mi
sono acceso una sigaretta, tanto per fare un dispetto al cartello “Vietato
Fumare” che avevo di fronte. Piegate (si fa per dire) sul braccio sinistro
avevo una camicia nera ed una giacca bianca, in evidente contrasto tra loro,
perfetto simbolo dello stato di confusione mentale in cui versavo. In bocca
avevo ancora il sapore della pelle di Claudio, intenso e deciso come lui non
era affatto, in testa l’immagine del suo volto sfigurato dal piacere e dal
dolore. Nello stomaco, infine, un forte senso di disgusto e troppi Breezer
all’arancia. Gettai a terra la sigaretta appena aspirata, schiacciandola con
la punta del piede su quello zerbino idiota con Bart Simpson che mostra con un
sorriso beato le sue chiappette gialle a chiunque sia tanto cretino da
fissarlo per più di due secondi. Mi facevo rabbia. Mi facevo schifo. Il mio
sentirmi dopo tanti anni un cane sciolto, libero da ogni sorta di freno
inibitorio dettato dalla convivenza forzata con due genitori asfissianti mi
aveva portato, in quei primi, folli mesi d’Università ad avvicinare persone
stravaganti quali erano, appunto, gli amici di Claudio. Nonché Claudio stesso,
che però si era rivelato, alla lunga, l’unico essere in grado di lenire
realmente il mio dolore e di placare l’inquietudine che mi stava lentamente
divorando. Con mia grande sorpresa l’ultima persona a cui mi sarei sognato di
rivolgere la parola si era rivelata, al contrario, l’unica in grado di domare
i miei demoni. Tutto ciò esigeva un prezzo, almeno così mi aveva suggerito il
mio orgoglio ubriaco. Fu così che quella sera mi ritrovai a “domare” lui con
una foga ed un desiderio che mai avrei immaginato di possedere. Come sarebbe
andata a finire tra di noi era ancora tutto da decidere. Come fosse realmente
cominciata ancora tutto da capire. Per il momento, avevo deciso di andarmene
rivestendomi alla bell’e meglio per le scale. Non riuscivo a smettere di
pensare al sapore della sua bocca, un sapore forte, vero, di sigarette (come
la mia), che richiamava alla realtà ogni singolo istante. Mentre facevamo
l’amore, il sapore di quella bocca sembrava gridare disperatamente che sì, ciò
che stava accadendo era tutto vero. La bocca di Elena, invece, con quel suo
profumo di fragole, sapeva solo di bambina che si rifiuta di crescere. Mi ero
chiesto spesso, durante la durata interminabile dei nostri baci, se quel
profumo fosse frutto dell’uso di qualche diavoleria cosmetica oppure della mia
immaginazione. Ma con lei, tanto, si viveva così, sempre in bilico fra sogno e
favola (di realtà neanche a parlarne). Lasciandomi dopo tutti quegli anni si
era limitata solamente a svegliarmi, sia pure in maniera brusca. E grazie a
quella notte di follia con Claudio, avevo definitivamente accettato quel fatto
come una cosa positiva. Mi era piaciuto farci l’amore. Sono eterosessuale
eppure mi era piaciuto fare l’amore con il mio migliore amico. Forse era lui
che mi era piaciuto davvero, fin dal primo istante. Col suo piccolo orecchino
d’argento a forma di farfalla, la sua aria da eterno cazzeggiatore, il suo
branco di amici (per alcuni avevo il sospetto che si trattasse di amanti,
tutt’al più ex. Quasi sicuramente ex. Come si fa a rimanere amici di un
proprio ex? E a radunarne più di qualcuno fino a formare una comitiva? E io?
Come c’ero finito lì in mezzo io? Mistero…), il suo ballare sui tavoli dei pub
il sabato sera completamente ubriaco. Completamente pazzo. Io sentivo, giorno
dopo giorno, di avere sempre più bisogno di quella pazzia. La aspiravo
avidamente, come il fumo di una sigaretta a lungo agognata. Come uno spinello
di cui non si vuole far sapere nulla ai propri genitori. Non mi piacevano gli
omosessuali, ma di Claudio amavo ogni particolare. Persino quella sua
orripilante (e spelacchiata) sciarpa viola che diceva essere un regalo della
nonna ultraottantenne. Persino il fatto che avevo dovuto penetrarlo là dove
non avrei mai permesso neanche alla più lasciva e convincente Elena di
avvicinarsi, fosse stato anche per gioco. E lui, invece, mi si era abbandonato
tra le braccia con una fiducia degna del più ingenuo dei bambini…
-Senti, Cla, per quanto riguarda quello che è successo tra di noi ieri notte…-
-Lascia perdere, eri ubriaco e disperato come solo un “casalingo disperato”
può esserlo.-
-“Casalingo disperato”?-
-Assolutamente! La ragazza t’ha lasciato, il tuo coinquilino pure, ti sei
scolato troppi Breezer all’arancia e, dulcis in fundo, ti sei fatto una sana
scopata… con un uomo. Dimmi tu se per un esemplare di maschio bianco, etero e
single questa non è disperazione!-
Touchèe.
-Matteo, ci sei ancora?-
Clic!
-Sei proprio un perfetto imbecille! Dovrebbero darti il marchio D.O.C., lo
sai?-
Claudio aveva perfettamente ragione su tutto. Ero un debole, un egoista, un
autentico, perfetto imbecille da manuale. Ed ero, per giunta, innamorato di
lui. Non poteva essere diversamente, visto che avevo ancora una voglia matta
di fare l’amore con lui.
-Mi dici che vuoi, adesso?-
-Scopami.-
-Ma sei scemo?!-
-Fammi quello che ti ho fatto io ieri sera.-
-Ok, procediamo con calma. Di nuovo Breezer all’arancia?-
-Cazzo, devi sempre reagire così? Non ci arrivi? Io voglio capire se ieri
notte mi è piaciuto davvero, se è davvero TE che voglio! Vorrei scoprire se
riuscirei sul serio ad accettare tutto di te, come ho fatto per anni con
Elena…-
-Ho capito, adesso! Tu sei completamente andato fuori di testa! Matteo,
ascoltami bene: TU NON SEI GAY. Non potresti MAI esserlo, perché gli uomini ti
fanno troppo schifo. Tu vuoi me solo perchè sono il miglior surrogato in
circolazione della tua ex, e questo non è bello. La verità è che tu detesti
gli uomini e non ti fidi più delle donne, e visto che io sono a metà strada
tra queste due categorie allora hai deciso che per te sarei il compagno
ideale. E’ così?-
-Colpito e affondato.-
Adesso sono io quello che non ha più voglia di mentire.
-Però… credi davvero che tutto ciò sia un male? Il fatto che io ti trovi il
compagno ideale… insomma, io non la vedo come una cosa tanto negativa… o
almeno non più come all’inizio…-
-In linea teorica neanch’io la vedo come una cosa tanto sbagliata, ma la
pratica è tutta un’altra cosa…-
Già, la pratica. Ancora siamo qui a discuterne. Intanto, sono passati tre mesi
da quella fatidica notte, che non si è affatto rivelata un episodio isolato.
Fare l’amore, per noi, è diventata una piacevole abitudine, quasi un rito. Il
sacro sigillo di un rapporto sempre più unico. Chi è “l’uomo” e chi “la
donna”, chi è gay e chi no, che cosa amiamo o odiamo, da chi siamo attratti o
meno (perché, c’è qualcuno oltre Claudio che mi attragga?) si rivelano, giorno
dopo giorno, domande sempre più effimere e prive di importanza. A volte mi
chiedo se questa relazione avrà mai un senso. Ma, forse, questo è un dettaglio
senza importanza.
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