CONSERVATORIO

di Spike

 

Quel giorno le prove stavano durando più del previsto, dall’aula di violino provenivano le note del concerto n° 1 in mi maggiore di Vivaldi, come sempre eseguito con perizia magistrale; in lontananza, da un’aula che non veniva quasi mai usata giungeva il suono dolce e un po’ malinconico di un’arpa.

Il violinista alle prese con Vivaldi si chiamava Dmitrj, aveva circa 25 anni, era alto, snello ma ugualmente ben formato, con grandi occhi viola, una particolarità che conferiva al suo aspetto già molto interessante un pizzico di mistero in più; il suo sguardo era freddo e quasi cattivo, si vedeva che non era abituato a farsi mettere i piedi in testa dalla gente; i capelli erano talmente neri che se si muoveva troppo in fretta emanavano riflessi blu, aveva una cicatrice sul collo, che sicuramente si estendeva anche sul petto o sulla spalla.

L’arpista invece si chiamava Antoine, sua madre era di origini francesi, e questo si era ripercosso sul suo carattere e sul suo modo di essere, forse anche per il fatto di essere stato figlio unico e unica cosa che legava la donna al marito; il padre invece era un musicista russo di grande successo che si era sempre curato poco del figlio, per il quale era rimasto quasi un perfetto sconosciuto, tanto che le poche volte che si incontravano lui lo chiamava semplicemente Maestro.

La mancanza di una figura paterna aveva pesato molto non solo nell’infanzia, ma anche e soprattutto nel periodo dell’adolescenza. Non aveva più di 20 anni.

Il suo carattere introverso non gli era stato molto utile nel campo delle amicizie, ma la cosa non lo preoccupava, era sempre stato abituato a stare solo, anzi si trovava in difficoltà quando era in mezzo ad altre persone. L’unico amico che aveva era un gattino nero che aveva trovato una sera quasi completamente assiderato e che miracolosamente era riuscito a salvare.

"Stai ancora provando quel pezzo? Lo vuoi capire che anche un ragazzino alle prime armi sarebbe in grado di suonarlo senza problemi!"

Era la voce del padre, le uniche volte che parlava con Antoine era per offenderlo e ferirlo.

"Comunque lascia perdere, da domani comincerai uno studio su Donizetti, un duo per arpa e violino, suonerai con Dmitrj."

Dmitrj era lo studente preferito dal padre di Antoine, forse perché era l’esatto contrario del figlio, e per il ragazzo dover suonare con lui era tragico. Non poteva dire di conoscere bene il violinista, ma da quel poco che aveva potuto capire nel breve periodo che si trovava lì, sapeva che era un po’ il leader degli studenti più grandi, e che non disdegnava le angherie sui più piccoli che in qualche modo infastidivano lui o gli altri. Una volta se l’era trovato davanti, e i suoi occhi viola lo avevano squadrato da cima a fondo, il suono della sua voce era stato tagliente.

"Tu devi essere il nuovo arrivato, il figlio di Vassilj, stai attento a non trovarti mai sulla mia strada, potrei rovinare il bel musetto che ti ritrovi!"

Nonostante fosse passato circa un mese da quel loro primo ed ultimo incontro, Antoine non poteva fare a meno di pensare con paura a quegli occhi così strani, non sapeva che cosa sarebbe successo visto che dovevano suonare insieme.

Si alzò dallo sgabello e dopo aver gettato uno sguardo a quella stanza dove era solito nascondersi, prese la giacca e si diresse verso la sua stanza, gli avevano assegnato una camera singola; anche se più che una camera era un piccolo appartamento con bagno e piccola sala con tavolino e divano, lontana dal dormitorio comune, ma pericolosamente vicina a quella di Dmitrj. Aprì la porta e senza accendere la luce chiamò il suo gattino per tre volte senza avere risposta, allarmato accese la luce, neanche quel gesto fece venir fuori il micio. Si diresse verso la camera da letto dove il cucciolo era solito dormire accoccolato al centro del letto. Non era neanche lì.

"Se cerchi il tuo gatto è sulle mie ginocchia, sta dormendo!"

Antoine si girò di scatto, aveva riconosciuto quella voce, quasi tremando si diresse verso il salottino.

"Posso sapere che ci fai in camera mia?" Disse con voce bassa a Dmitrj, non era abituato a quelle improvvisate, e cosa peggiore non era abituato al fatto che qualcuno, senza il suo permesso, si introducesse in quello che era il suo mondo oltre che il suo rifugio.

"Visto che domani cominceremo uno studio su Donizetti sappi che io non ammetto sbagli, volevo dirti solo questo."

Il silenzio cadde tra i due, anche perché Antoine, ormai abituato a subire sempre rimproveri aveva abbassato lo sguardo e non accennava a rialzarlo. Dmitrj stava per alzarsi quando fu raggiunto dalla voce flebile del suo ospite.

"Non sono stato io a decidere che volevo suonare con te, non so se ce l’hai con me o con il mondo intero, ma se credi di spaventarmi come spaventi gli altri ti sbagli, sono abituato a stare solo, e l’isolamento non mi fa paura, e poi sono anche abituato al disprezzo di chi mi circonda, quindi non sprecare le tue forze!"

"Sei coraggioso!" La voce del ragazzo fu attraversata da un tremito di rabbia. "Mio caro sappi che io e i miei amici non ci limitiamo solo a isolare o a disprezzare, se tu ti metti contro di me ti farò cose che non riusciresti neppure a immaginare, e sei fortunato che io sia di buon umore, altrimenti non ti farei passare liscia questa tua alzata di cresta. Comunque ci vediamo domani, e guai a te se sbagli!"

Non appena Dmitrj fu uscito dalla stanza Antoine si distese sul suo letto e senza capirne il motivo, lacrime silenziose cominciarono a bagnare i suoi occhi e a scendere dolcemente sul cuscino. Si addormentò così.

Si svegliò che erano le due e si rese conto che due occhietti gialli lo fissavano intensamente, il suo micetto aveva fame; si alzò con un grande sforzo e si diresse verso il mobile della sala che usava come credenza, dopo aver preso una ciotolina e averla riempita con degli omogeneizzati la mise davanti al musetto del micio, si rese conto che non gli aveva ancora dato un nome; dopo averci pensato un po’ su decise che Petit Noir era il nome adatto per quella pallottola di pelo.

Nel silenzio della sera sentì la musica di un violino, era Dmitrj che si stava esercitando sul pezzo che avrebbero dovuto eseguire.

"Qualcosa non va? Da quando hai cominciato a suonare sei strano!"

"Non preoccupatevi, sto bene, solo non mi è andata giù che quel bamboccio oggi abbia osato mettersi contro di me!"

"Cosa, cosa? Il nuovo arrivato ha osato questo? Non lo facevo dotato di tanto fegato. Dobbiamo fargli capire chi comanda?"

"Domani forse, dopo le prove!"

Negli occhi di quel gruppo di ragazzi si accese una luce cattiva che fu subito colta da Dmitrj.

"Comunque ricordatevi che è mio, e che non permetterò a nessuno di voi di toccarlo!"

I ragazzi si guardarono perplessi, le rare volte che aveva parlato con lo stesso tono Dmitrj aveva letteralmente firmato la condanna del ragazzo di turno a diventare un oggetto per il suo piacere personale, e questo non era mai molto piacevole vista la sua abituale freddezza.

Quando voleva una cosa lui se la prendeva, e quando si annoiava della sua nuova conquista la gettava come un oggetto che non serve più.

Il gruppetto uscì dalla stanza che erano quasi le tre e passando davanti alla porta della camera di Antoine sentirono che anche lui si stava esercitando con l’arpa.

"Almeno hanno una cosa in comune, soffrono entrambi di insonnia!" A parlare era stato Maxsim, il migliore amico di Dmitrj, l’unica persona al mondo che conosceva tutto o quasi di lui, infatti ignorava completamente che cosa gli fosse successo nei dieci anni precedenti la sua entrata in Conservatorio.

Sapeva solo che era sempre stato molto duro e scontroso, aveva eretto delle barricate quasi insormontabili intorno a sé, e questo dispiaceva molto all’amico anche se come lui non disprezzava vessare i più giovani non era solito usare con loro tutta la violenza e la crudeltà dell’amico; qualcosa però gli diceva che quel ragazzino così chiuso in se stesso forse avrebbe rappresentato l’ancora di salvezza per Dmitrj.

La mattina dopo sia Dmitrj che Antoine erano nell’aula magna dove si trovava anche il padre di Antoine che li avrebbe diretti.

Per prima cosa l’uomo disse ai due ragazzi di studiare insieme non solo la melodia, ma anche gli strumenti che avevano in mano, all’inizio non capirono che cosa volesse dire, e per non perdere tempo Vassilj tolse di mano il violino a Dmitrj e lo dette ad Antoine, mentre fece sedere il violinista davanti all’arpa.

"Dovete capire che cosa deve fare l’altro per starvi dietro, e ciò è possibile solo osservando gli strumenti, ricordate che ogni strumento ha un’anima, e sta a voi farla venire fuori!"

Li lasciò soli. I due non si fermarono neanche per mangiare, e finalmente nel pomeriggio cominciarono le prove vere e proprie che si protrassero fin quasi all’ora di cena, quando stavano per passare dalle loro camera a fare una doccia e prepararsi Antoine fu chiamato al telefono. Lui e Dmitrj non avevano scambiato una parola che non fosse strettamente legata allo studio che stavano facendo.

"Allô?"

"Tante, qu’est-ce que tu as?"

"Mon petit, ta mère est morte!"

Per un lungo istante Antoine rimase senza fiato, non sapeva cosa dire, cosa fare, le parole di sua zia erano state più violente di una fucilata.

Corse in camera sua senza neppure aver riattaccato la cornetta, i suoi occhi erano colmi di lacrime, tanto che non vide Dmitrj che usciva da camera sua e gli andò addosso, senza fermarsi spalancò la porta di camera sua e si tuffò con la faccia fra i cuscini, come faceva da piccolo quando sua madre gli diceva che Vassilj non poteva andare a trovarlo, e come allora pianse in silenzio.

Dmitrj intanto era stato raggiunto dai suoi amici.

"Mamma mia che faccia incazzata, non vorrei essere quello che ti ha fatto uno sgarro!"

"Questa volta quel ragazzino non la passa liscia!"

Detto questo si diresse verso la camera di Antoine e ne spalancò la porta senza troppe difficoltà; dopo essersi guardato un po’ in giro e aver individuato la camera da letto la raggiunse.

"Forse non ti è chiaro chi comanda qua dentro!"

"Lasciami in pace!"

"Non ho intenzione di andarmene di qui senza prima averti dato una lezione che non dimenticherai facilmente!"

I suoi occhi divennero ancora più cattivi di come non lo fossero in realtà, e con quello sguardo si diresse verso l’arpa di Antoine. Il ragazzo si riebbe improvvisamente dallo stato confusionale che lo aveva colto e per la prima volta in vita sua ebbe il coraggio di sfidare qualcuno. Purtroppo per lui la persona sbagliata.

"Non toccarla, è l’unica cosa che mi resta di mia madre!"

"Le dirai che la sua arpa si è rotta perché non hai voluto capire la lezione!"

Il colpo che avrebbe almeno fatto cadere lo strumento raggiunse in pieno il volto di Antoine.

"Bene, la cosa si fa molto più interessante, in fin dei conti prendersela con un oggetto inanimato non è divertente."

Il punto dove era stato colpito aveva assunto una colorazione rossa che stonava molto con il livore del volto del giovane, ma che si sposava bene con gli occhi arrossati dal pianto.

Dmitrj era freddo come al solito.

"Non preoccuparti se per adesso me ne vado, la prossima volta che entrerò in questa stanza farò a pezzi questo bel ricordo, e mi prenderò anche la tua anima."

Appena uscito si accorse che la sua banda lo stava aspettando; Maxsim aveva la faccia sconvolta, tanto che Dmitrj all’inizio pensò che Vassilj si fosse infuriato per quella sua visita al figlio, ma si ricordò che l’uomo era uscito a cena con una donna estranea al conservatorio che era esclusivamente riservato agli uomini.

"Te lo ha detto?"

"Che cosa doveva dirmi?"

"Allora non lo sai ancora, quando avete finito di provare ha ricevuto la telefonata di sua zia che…"

"Che gli voleva augurare la buonanotte mettendo in guardia quel bamboccio cresciuto nell’ovatta dai tipi come me?"

"Non proprio! Gli ha detto che sua madre è appena morta!"

Per la prima volta videro Dmitrj senza parole. Ma poco dopo tornò quello di sempre e nessuno fece più parola di ciò che era successo. Intanto Vassilj era tornato.

"Non mi fai entrare?" Disse una bionda molto bella con voce seduttrice.

"Mi dispiace ma questo posto è vietato alle donne! Comunque possiamo vederci domani, sempre che riesca a liberarmi dei mie impegni, tra poco comincia la stagione e io sono molto impegnato!"

era una formula gentile che usava quando si stancava dell’ochetta di turno, la lusingava con belle parole e fingeva di essere rammaricato del fatto che non era sicuro di poterla vedere il giorno dopo a causa del lavoro, ma in realtà le dava il ben servito. Neppure questa aveva capito!

La bionda sorrise e messasi al volante della propria macchina si allontanò.

La stanza di Vassilj era al piano che sovrastava quello di Antoine, mentre saliva le scale per raggiungerla si sentì osservato.

"Cosa ci fai ancora sveglio?"

"Ti stavo aspettando!"

Un sorriso cattivo e spietato si dipinse sul volto del padre. "E per cosa, per farti dare il bacio della buonanotte, mi hai preso per tua madre?"

"In questo momento non sai quanto vorrei che tu fossi mia madre!"

Un rumore attrasse l’attenzione di entrambi, era Petit Noir che saltava in braccio a Dmitrj.

"Per stasera credo che abbiamo parlato abbastanza, per questo ti auguro di dormire bene." Dmitrj stava aspettando il momento in cui Antoine sarebbe esploso.

"Non so chi me l’abbia fatto fare a portarti qui, sarebbe stato molto meglio che tu fossi rimasto con tua madre, è quasi impossibile che tu sia mio figlio, mi vergogno di te!"

Questo era troppo.

"Non puoi essere mio padre, non puoi aver convinto una donna dolce e gentile come la mamma a sposare un verme come te!"

"Come osi rivolgerti così a me?!"

"Lei voleva solo una cosa, averti accanto, ma tu sei sempre stato troppo impegnato con i tuoi concerti, con le altre donne che hai sempre avuto."

"Ragazzino smettila subito o ti faccio passare la voglia di rispondermi!"

"Voleva solo averti accanto, e tu l’hai lasciata morire sola come un cane! Ti odio, ti odio sei tu che l’hai uccisa e io non te lo perdonerò mai!"

Vassilj era rimasto inebetito all’udire quelle parole, ma non ebbe il tempo per fare delle domande al figlio che si era nuovamente rinchiuso in camera sua. Petit Noir guardava la porta chiusa sconsolato, si era dimenticato di lui e lo aveva chiuso fuori.

Vassilj andò in camera sua tremando e compose a fatica il numero di casa sua, gli rispose la sorella della moglie e gli disse quello che già suo figlio gli aveva annunciato, la notizia fu per lui un colpo, come accade spesso capì troppo tardi di essere sempre stato innamorato solo di lei, ma ormai non poteva più dirle niente del genere, e non poteva certo dirlo al figlio che a ragione lo odiava.

Dmitrj con in braccio il gattino entrò nella camera di Antoine e si sedette sul letto accanto al corpo raggomitolato del giovane.

"Avevi chiuso fuori il tuo gatto!"

Antoine aprì gli occhi e si ritrovò a fissare gli occhi viola di quello che non era un suo amico, ma che in quel momento vedeva come la persona più vicina che aveva; non aveva mai voluto ammetterlo, ma da quando si erano incontrati la prima volta lui non pensava a Dmitrj come avrebbe pensato a chiunque altro in quella situazione.

Il cucciolo intanto era salito sulla spalla di Antoine e da lì era passato alla sua mano per farsi accarezzare.

"Se sei qui per la mia arpa ti avverto che mi dovrai massacrare prima di poterla toccare!"

Dmitrj non rispose e cominciò anche lui ad accarezzare la pallottola che il suo ospite aveva in mano, così facendo sfiorò più volte la pelle di quella che aveva già deciso essere la sua prossima preda.

"Vattene voglio restare solo!"

"Nelle condizione in cui sei non ti lascio, sono certo che commetteresti una cazzata!"

"Non sei il mio tutore e non sei neppure un mio amico, per te sono solo uno da terrorizzare e a cui far subire delle angherie, non sono altro!"

Le lacrime erano tornate nei suoi occhi blu.

Dmitrj lo guardò ancora una volta, a lungo, e decise che lo avrebbe avuto, ma non ora, doveva saper aspettare, era certo che prima o poi avrebbe avuto l’occasione per prendersi da lui tutto quello che voleva.

I giorni passarono, e se già di partenza Antoine non era molto propenso a parlare, anche se la cosa potrebbe sembrare impossibile, era diventato ancora più taciturno. Si avvicinavano le vacanze di Natale, e tutti stavano facendo progetti per tornare a casa o per fare viaggi con la famiglia, tutti eccetto Dmitrj ed Antoine, questo aveva deciso che non sarebbe tornato a casa, non gli sarebbe sembrata la stessa senza sua madre, e poi non voleva stare con suo padre che aveva invece deciso di andare. Dmitrj una volta saputo che la sua preda non sarebbe partita aveva deciso di restare con la scusa di essere in arretrato con lo studio dei brani per il concerto di apertura del Bolshoj ma i suoi amici capirono che era una balla, dire che sapeva a memoria quei pezzi era usare un eufemismo.

Fu così che rimasero soli. Il suono dell’arpa di Antoine si era fatto ancora più triste, ma aveva assunto un qualcosa che prima non aveva, un qualcosa che avrebbe elevato il ragazzo da semplice suonatore a musicista. Quella sera, la sera della vigilia Antoine aveva appena finito di esercitarsi che improvvisamente gli venne voglia di una doccia, anche perché si sentiva i muscoli completamente intirizziti. Il camino della sua stanza era acceso, e il ragazzo decise di fare come quando era piccolo; nonostante il freddo si infilò sotto il getto dell’acqua gelida, quando sua madre se ne accorgeva veniva colta dal panico, aveva sempre paura che comportandosi così prima o poi si sarebbe preso una polmonite, e forse non aveva tutti i torti. Ripensando alla madre si mise a piangere.

Anche Dmitrj stava facendo una doccia, ma a differenza dell’altro, quella che stava facendo lui era bollente, il suo corpo perfetto era arrossato da quel getto di acqua calda, in quel momento era ancora più visibile la cicatrice che lo marchiava; partiva da sopra la clavicola e arrivava fino a metà dello sterno, la sua immagine trasudante forza e dignità era resa vulnerabile da quella che sembrava essere il frutto di una coltellata.

Uscirono dalla doccia quasi contemporaneamente, anche se non lo sapevano.

Dmitrj rimase nudo per qualche momento, aspettando che la sua pelle tornasse del colore naturale, alla fine si infilò una maglia nera molto lunga e nient’altro; aprì una bottiglia di spumante che aveva in fresco e se ne servì un bicchiere, voleva che Antoine si godesse gli ultimi istanti di libertà che gli restavano e soprattutto voleva evitare che quegli occhi gli impedissero di portare a termine il compito che si era prefissato.

Non era stato l’unico a fare quella scelta, anche Antoine una volta uscito dalla doccia si era messo la maglia del pigiama e dopo aver dato da mangiare al suo gattino si era servito da bere, quando già cominciava a sentire gli effetti dell’alcool a stomaco vuoto sentì bussare alla porta, e quasi senza rendersi conto di essere mezzo nudo andò ad aprire.

"Non è carino passare da soli la vigilia di Natale, per questo sono venuto a farti compagnia!"

Antoine si rese a malapena conto che neppure Dmitrj era troppo vestito.

"Hai bevuto?"

"Solo un po’, ma ero a stomaco vuoto!"

"Anche a questo c’è un rimedio, posso preparare delle tartine in poco tempo!"

Come promesso le tartine arrivarono quasi subito.

Erano entrambi seduti per terra, davanti al camino quando la mano di Dmitrj si posò su quella di Antoine, il ragazzo arrossì, ma non fece niente per farlo smettere.

La stretta si faceva sempre più ferrea tanto che Antoine fu costretto a girarsi verso Dmitrj per dirgli di smetterla, fu allora che lui gli afferrò i capelli con la mano libera e con l’altra, prontamente tolta dalla posizione di partenza, gli afferrò il mento, dopo averlo guardato negli occhi per un secondo lo baciò come non aveva mai fatto con nessuno, Antoine dal canto suo tentò di ribellarsi, ma si rese conto che contro Dmitrj non aveva possibilità. Dmitrj allentò la presa, voleva vedere se aveva già vinto o se invece doveva combattere ancora.

"Cosa credi di fare? Esci immediatamente da camera mia!" Antoine cercò di tirarsi su, ma le sue gambe sembravano fatte di gelatina. Dmitrj reggeva l’alcool molto meglio di lui, e gli tirò uno schiaffo talmente forte, che il ragazzo dovette indietreggiare. Dmitrj intanto si era guardato in torno e aveva visto sul divano la pochette di seta di colore rosso cupo che Antoine era solito portare sulla sua giacca nera, la prese si avvicinò minaccioso al giovane che si era allontanato da lui nel vano tentativo di andarsene.

"Ti prego smettila non voglio!"

"Voglio io, e questo basta!"

La sua voce suonava molto peggio di una minaccia, non c’era gelo o cose del genere, solo una punta di ironia crudele. Non appena gli fu abbastanza vicino gli afferrò un polso e lo tirò verso di sé in modo da poterlo baciare, ma Antoine cercò di evitare il contatto delle loro labbra, questo fece infuriare Dmitrj che infilò le sue dita nella carne viva del ragazzo; il sangue comparve fra le dita di Dmitrj.

"NO! NO! LASCIAMI, MI FAI MALE!"

"Non devi urlare mio caro, anche se non c’è nessuno non mi piace il rumore. E poi potrebbe essere piacevole anche per te, ma visto che non vuoi fare silenzio, ho io un modo per convincerti!"

Con passo deciso si avvicinò ad Antoine che ormai era completamente appiattito contro il muro, e dopo averlo girato con poca grazia annodò sulla sua nuca il fazzoletto, adesso anche se avesse voluto non avrebbe potuto fiatare.

Non era ancora finita.

Dopo averlo rigirato cominciò a togliergli la maglia del pigiama, da dietro il bavaglio Antoine gemeva disperatamente.

"Sei fatto molto bene, se farai il bravo prometto di non farti troppo male!"

Lo prese in braccio e lo portò in camera da letto, Antoine tentò disperatamente di impedire che lui gli montasse sopra, ma un po’ perché era sopraffatto dallo spumante, un po’ perché in realtà sapeva che ribellarsi a quello che stava succedendo era puro suicidio, la sua tattica di difesa non dette i risultati che tutti si sarebbero aspettati.

Aveva le lacrime agli occhi, e tentava in tutti i modi di respirare, ma sia il bavaglio, sia la pressione del corpo di Dmitrj talmente elevata rischiavano di impedirgli anche quel gesto naturale.

I suoi occhi blu erano puntati verso Dmitrj e sembravano volergli rinfacciare che aveva promesso di non fargli del male.

"Guarda che io non ho ancora cominciato, si vede che sei cresciuto amato e coccolato!" Disse Dmitrj come per rispondere a quello sguardo.

Lo sguardo di Antoine si posò per la prima volta sul corpo nudo di Dmitrj, cominciò a rendersi sempre meno conto del fatto che le mani e le labbra del ragazzo più grande stavano scorrendo ed esplorando tutto il suo corpo, il suo sguardo era posato sulla cicatrice; Dmitrj lo notò subito e per tutta risposta schiaffeggiò nuovamente Antoine, adesso oltre che dal polso il sangue gli scorreva anche dal labbro, ma questo sembrava non bastare a Dmitrj.

"In questo momento sei molto carino, dovresti ringraziarmi, in fin dei conti per uno come te essere di uno come me è una grande esperienza di vita!" Si abbassò sul suo ventre e Antoine gemette di nuovo, stavolta ancora più disperato, era la prima volta che qualcuno lo toccava in quel modo.

Antoine gli venne in bocca, e solo dopo che fu completamente vuoto fu lasciato "libero".

Dmitrj si sollevò leggermente dal corpo di Antoine per guardarlo meglio, stando attento ad impedire che la sua preda non chiudesse le gambe, lasciando il suo ginocchio fra le cosce del ragazzo.

"Ti è piaciuto vero? Comunque ci ho ripensato, credo proprio che ti farò male, non volermene per questo!"

Sul suo volto si era disegnato un ghigno più che un sorriso.

Antoine si sentì afferrare una mano e guardò terrorizzato il suo aguzzino.

"Bene ragazzino, per i miei gusti tu ti sei agitato un po’ troppo, non mi piace che un perdente come te mi si ribelli, adesso hai due scelte" strinse le dita della mano di Antoine con forza mostruosa.

"O decidi di soddisfare tutti i miei desideri, per tutto il tempo che vorrò io senza correre a cercare qualcuno che ti difenda, oppure dì pure addio alla tua carriera di musicista!"

Il corpo di Antoine si ricoprì di sudore freddo mentre guardava gli occhi viola di quello che aveva appena parlato e si rendeva conto che era prontissimo a rompergli le dita. Cominciò a piangere, alla fine chiuse gli occhi e tacitamente accettò di diventare un oggetto per il piacere di Dmitrj; non poteva rinunciare a suonare l’arpa.

"Hai fatto la scelta giusta, in fin dei conti con il tempo piacerà anche a te!"

Dmitrj gli divaricò le cosce con violenza senza perdersi nessuna delle espressioni di disperazione che passarono in rapida successione negli occhi del suo compagno, Antoine sentì un dolore che non aveva mai provato, e si rese conto che Dmitrj si stava muovendo dentro di lui e con lui; al dolore e alla paura per quella sensazione mai provata subentrò presto il piacere. Il loro coito fu lungo, Dmitrj era un vero maestro nel far scoprire nuove emozioni. Dmitrj lasciò dei segni ben visibili sul corpo di Antoine, come se volesse fargli capire che ormai era suo, per tutta la durata del loro primo rapporto Dmitrj non gli tolse il bavaglio, solo alla fine, quando il ragazzo non avrebbe più potuto urlare neppure se lo avesse voluto, lo fece, ma solo perché aveva voglia di baciarlo, anche se non lo avrebbe mai ammesso quel ragazzino era riuscito a fargli provare sensazioni nuove e profonde; era stato bello vederlo venire. Antoine fu il primo a svegliarsi, e si rese conto che non poteva ancora muoversi, Dmitrj gli aveva passato un braccio intorno alla vita e lo aveva stretto a sé; l’ultima cosa che voleva era svegliarlo. Si rese anche conto del fatto che aveva continuato a piangere, si sentiva gli occhi rossi e per di più non capiva perché Dmitrj ce l’avesse tanto con lui da arrivare a violentarlo. Fece un gesto avventato, ed ebbe paura.

"Stai tranquillo, non sto dormendo! Credo che non mi stancherò troppo presto di te!"

"Che cosa vuoi dire?"

"Solo che sei mio!"

Petit Noir intanto era salito sul letto e visto che nessuno dei due lo stava degnando cominciò a miagolare flebilmente, aveva fame!

"Ma il tuo gatto mangia sempre a questi orari assurdi?"

Antoine abbozzò un tenue sorriso e fece per alzarsi, ma dovette risedersi e tentare l’operazione più lentamente.

"Stai attento, potrebbe farti molto molto male fare movimenti avventati. Quando hai finito con il tuo gatto torna qui, e vedi di fare in fretta, non mi piace aspettare."

Antoine dette da mangiare al gattino e si diresse nuovamente verso la camera dove lo aspettava Dmitrj. Lo sguardo del ragazzo non lasciava presagire niente di buono.

Antoine intanto era alla ricerca di qualcosa per coprirsi.

"Ti ho forse detto che puoi farlo?"

Aveva decifrato bene quello sguardo. Fu afferrato con poca grazia, e costretto a sedersi praticamente in braccio a Dmitrj che lo guardò in maniera indecifrabile.

"Inginocchiati!"

Antoine non capiva quello che voleva lui facesse, ma non appena ebbe eseguito l’ordine gli si gelò il sangue nelle vene, non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

"Scordatelo io non…"

"Tu lo farai, a meno che non voglia smettere di suonare per un infortunio!"

Ancora quel maledetto ricatto, ma quella volta Antoine decise di rifiutare, infatti fece per rialzarsi, ma Dmitrj lo afferrò prontamente per i capelli e dopo averlo allontanato con una spinta si alzò.

"Molto bene, se hai deciso di metterti contro di me ti accontento, si avvicinò all’arpa della madre e cominciò a toccarne le corde.

"La tieni sempre accordata, complimenti, sarà un vero peccato romperla, ma non preoccuparti, poi passerò alle tue dita!"

Afferrò lo strumento, e stava per sollevarlo quando Antoine urlò.

"Non farlo, non farlo ti prego! Farò tutto quello che vuoi!"

"Dimmi che mi appartieni!"

"Ti appartengo!"

"Sei disposto a fare quello che ti ho detto prima, e tutto quello che io vorrò in futuro?"

"Si, farò tutto, tutto ciò che desideri, ma lascia stare l’arpa di mia madre!"

Dmitrj lasciò lo strumento e si sedette nuovamente sul letto.

Antoine si inginocchiò davanti a lui e prese il suo membro fra le labbra, all’inizio fu difficile, non riusciva a credere che fosse veramente lui, era sempre stato così riservato, ma messo davanti ad una scelta, aveva deciso di umiliarsi fino alla fine, piuttosto che vedere distruggere l’unico ricordo che lo legava alla madre, e il sogno di diventare un giorno come lei.

Quando sentì il calore del seme del suo padrone inondargli la bocca fu preso quasi dal disgusto, ma si violentò ulteriormente costringendosi ad ingoiarlo.

"Per oggi va bene così, è la mattina di Natale, e i bravi bambini vanno a Messa se non sono andati alla Veglia!"

Si vestirono in silenzio, Antoine stava ancora tremando al ricordo della notte precedente e delle parole di Dmitrj quando il ragazzo gli mise una mano sulla spalla e senza che Antoine potesse rendersi conto di quello che succedeva lo baciò. Fu il bacio più dolce che avesse ricevuto fino a quel momento, ma le parole che lo accompagnarono non lo erano altrettanto.

"Non credere di poter scappare da me tanto facilmente, anche se tu raccontassi quello che è successo nessuno ti crederebbe, e poi io potrei sempre dire che tu eri d’accordo, in fin dei conti sarebbe una mezza verità!"

"Già, eccezion fatta per la storia del ricatto e per il fatto che mi hai tappato la bocca con un fazzoletto; comunque stai tranquillo, a chi potrei dirlo, a mio padre? Tu sei il suo preferito, non mi crederebbe mai e penserebbe che mi sono inventato tutto pur di screditarti, e poi praticamente parlo solo con te. Non lo trovi buffo, tu sei la persona che più dovrei odiare, e in realtà sei l’unico con cui riesco a parlare." Lacrime amare solcarono il suo volto.

"Non metterti mai contro di me, da adesso in poi tu sarai il mio oggetto di piacere, nient’altro, niente di più!"

Tornarono dalla celebrazione e ognuno si diresse verso la propria camera, non avevano ancora toccato i loro strumenti, ma capirono che per quel giorno la loro mente era altrove, Dmitrj aveva provato ad intonare la Patetica, ma prese una stecca come non gli capitava più da anni ormai, tanto che si mise quasi a ridere, era la prima volta che un ragazzino aveva sui suoi sensi un effetto così strano; a Antoine non andò meglio, nel pizzicare la corda che doveva riprodurre un vibrato, produsse un suono di un’ottava superiore che mandò in malora tutta la melodia che stava suonando.

Era ora di pranzo, anche se non voleva ammetterlo, sperava che Dmitrj sarebbe andato da lui, e fu così infatti.

"Hai voglia di pranzare con me?"

"Suppongo che anche se non mi andasse sarei costretto a farlo, dico bene?"

"Esatto!"

Mangiarono in silenzio, con Petit Noir, ormai affezionato a Dmitrj, che gli era salito sulle ginocchia.

"Sembra che tu gli piaccia, forse non sei così cattivo come vuoi far credere!"

"Non fidarti di un gatto, sono sfuggevoli, in fin dei conti sono felini."

"Perché?"

"Perché i gatti sono felini?"

"Perché ieri mi hai, si insomma perché sei venuto a letto con me?"

"Non credo che sia la frese giusta, potevi chiedermi direttamente perché ti ho violentato, l’ho fatto perché volevo darti una lezione, perché nessun ragazzino può permettersi di entrare nelle mie fantasie più intime, dalla prima volta che ti ho visto non ho fatto altro che pensare a te, credevo fosse solo un fatto estetico, eri un bel ragazzo, diverso dai tipi che io vedo di solito, ma ho continuato a pensare a te fino a quando tuo padre mi ha detto che avremmo suonato insieme, quando ti ho visto seduto davanti alla tua arpa mi sono sentito morire, ho cominciato a desiderare il tuo corpo come non aveva mai voluto niente, ma quando ieri eri in mia balìa, mi sono reso conto che con te volevo essere particolarmente crudele, eri il figlio dell’uomo che praticamente mi ha cresciuto, che io stimo, e forse ero geloso di te, e soprattutto ero geloso del fatto che tu ricordassi tua madre, mentre io non la ricordo affatto la mia. Eri un bimbo cresciuto nell’amore, e ho deciso di farti vedere che cosa sia in realtà la vita; un luogo deve il forte batte il debole, e dove il più forte può fare di tutto a colui che ha appena battuto!"

"Cosa vuoi da me Dmitrj?"

"Voglio che tu pianga, ma contemporaneamente che provi piacere, questo creerà in te un conflitto interno, e solo io potrò alleviare le tue sofferenze!"

"Mi odi fino a questo punto, solo perché io ho avuto una madre?"

Cominciò a piangere.

"Non ho praticamente mai visto mio padre, tu stesso lo hai sentito dire che si vergogna di me, ma non per questa mancanza io vado in giro a violentare ragazzi!"

"Sei troppo debole anche solo per poterlo pensare, tua madre ti amava, la mia mi ha abbandonato davanti ad un istituto perché non mi voleva!"

I suoi occhi erano diventati terribili.

"Sono cresciuto lì dentro, quando ho avuto 8 anni sono scappato, e ho cominciato a vivere per strada, dormivo sempre con un occhio aperto, e sono diventato bravo a farmi rispettare, sia a mani nude che con il coltello! Se fossi stato tu al mio posto avresti finito con il vendere il tuo bel corpicino!"

"Non è quello che faccio anche adesso con te? Non vendo il mio corpo solo per poter continuare a suonare? Come vedi non serve essere abbandonati dalla propria madre, basta trovare qualcuno che ti opprima!"

"Sei ancora un bambino, ma vedrai che tra un po’ sarai diverso, ti priverò della libertà, della possibilità di trovare un rifugio, solo io potrò rappresentare per te la pace, ma contemporaneamente sarò il tuo aguzzino!"

Le sue mani afferrarono quelle di Antoine che sobbalzò.

"Non preoccuparti, non voglio romperle, voglio solo che tu impari dove devi toccare e come per darmi piacere!" La lezione fu lunga e abbastanza piacevole per Dmitrj, un po’ meno per Antoine che vedeva crollare a poco a poco la sua dignità.

"Non sei male, devi solo fare un po’ di allenamento, ma sono sicuro che diventerai bravissimo!"

"Grazie della fiducia!"

Dmitrj lo baciò a lungo, esplorando la sua bocca e costringendolo a rispondere, le loro lingue giocavano e lottavano, alla fine fu Dmitrj a interrompere il tutto.

"Ci vediamo stasera, lascia la porta aperta, se la chiudessi una volta apertala ti farei tanto di quel male che non puoi neppure immaginarlo!"

Antoine prese in braccio Petit Noir e cominciò a coccolarlo, il calore di quel corpicino era l’unica cosa che gli impedisse di cadere nel baratro della disperazione, sembrava assurdo, ma Antoine sapeva che se si fosse lasciato andare, nessuno si sarebbe preso cura del gattino, e questo non poteva permetterlo, non poteva permettere che qualcun altro soffrisse per una cosa che dipendeva da lui, questo lo avrebbe reso troppo simile a Dmitrj.

Erano quasi le dieci quando smise di suonare, mentre stava seduto davanti al suo strumento, quello che Dmitrj aveva minacciato più volte di rompere, riusciva a non pensare a niente che non fosse la melodia. Tutto si perdeva in quella sorta di sogno che era per lui la musica, un mondo parallelo dove non potevano entrare i problemi di tutti i giorni. Decise di fare una doccia, la fece fredda come suo solito, passò più volte la saponetta sui punti che ricordava Dmitrj avesse toccato, e lo stesso fece strusciando con la spugna, tanto forte che rischiò quasi di portarsi via la pelle, ma questo non bastò a cancellare la sensazione che lui lo stesse ancora toccando. Si diresse in camera sua con solo l’accappatoio addosso, ma sulla soglia incontrò lo sguardo di Petit Noir che lo accusava di essersi nuovamente dimenticato di lui.

"Tranquillo piccolo, non mi sono dimenticato di te, adesso ti do da mangiare!" Lo prese in braccio e lo condusse davanti alla sua ciotolina vuota, Petit Noir la annusò un po’ ed alla fine emise un miagolio risentito.

Antoine scoppiò a ridere: "aspetta un attimo, ora ti metto la pappa, certo che sei proprio goloso tu!"

Lasciò il gattino alle prese con la sua cena e andò in camera, come gli aveva praticamente ordinato Dmitrj aveva lasciato la porta aperta.

Si sdraiò sul letto, dopo un po’ si rannicchiò e fu vinto dal sonno. Quando Dmitrj entrò nella stanza lo vide così, sul letto coperto solo dall’accappatoio, e con i capelli ancora bagnati.

"Ti prenderai una polmonite!" Disse piano in modo da non svegliarlo. Si sedette sul letto accanto a lui e lo guardò, sembrava un cucciolo ferito, ed era consapevole che una buona parte del male che aveva subito nella sua vita era stato lui ad infliggerglielo, ma non si pentì di questo, né di tutto quello che aveva in mente di fargli e che ancora non aveva fatto.

Antoine si mosse di pochissimo, ma una ciocca di capelli gli cadde sugli occhi, Dmitrj la rimise a posto con una carezza, poi si accorse che stava tremando, spinto da qualcosa si tolse le scarpe e si sdraiò sul letto accanto a lui stringendolo a sé, così facendo lo avvolse in un abbraccio caldo; Antoine smise di tremare.

Dopo molte ore fu lui il primo a svegliarsi, e si rese conto delle braccia che lo stringevano. Anche Dmitrj aprì gli occhi, e senza dire niente gli montò sopra e gli slacciò la cintura dell’accappatoio, senza dire una parola lo fece sollevare di quel tanto che bastava per sfilarglielo, lo lasciò cadere a terra, poi ci ripensò e prese la cintura.

Antoine aveva già capito che cosa ci volesse fare e cominciò a tremare, la seta del fazzoletto gli aveva irritato gli angoli della bocca in maniera tragica, e si domandò che effetti avrebbe avuto la spugna di quella cintura, ma presto lo avrebbe scoperto da solo. Si guardarono per alcuni istanti, poi Dmitrj accennò uno dei suoi soliti sorrisi freddi. Legò la cintura come aveva fatto con il fazzoletto, ma questa volta guardò negli occhi la sua tenera preda.

"Impara a non avere paura di me, in fin dei conti non ti ho mai dato motivi per farlo!" Rise freddamente.

Cominciò a possederlo saltando completamente i preliminari, con una violenza che non aveva dell’umano, tanto violentemente da farlo sanguinare, e piangere naturalmente.

Gli tolse il bavaglio, voleva sentire la sua voce, le sue reazioni.

Antoine non disse niente, si limitò a guardarlo con i suoi grandi occhi blu pieni di disperazione, alla fine vinto da quello che era successo si accoccolò su se stesso e si addormentò, Dmitrj invece restò a guardarlo senza chiudere occhio, non gli piaceva quella reazione.

La mattina dopo Antoine si svegliò e si rese conto che Dmitrj non c’era, si sentì sollevato, si alzò e si coprì con l’accappatoio, non aveva né la voglia né la forza di vestirsi.

Prese in braccio il suo gattino e con lui si sedette sul divano, tutto gli sembrava irreale, impossibile, ma sapeva bene che era successo e che sarebbe continuato a succedere, a meno che…

Prese la foto della madre e la guardò.

"Mamma, non so cosa fare, non mi riconosco più, permetto a un uomo di violare tutto ciò che ho, di ricattarmi, di farmi di tutto, non ce la faccio ad andare avanti così! Voglio stare con te come quando era piccolo, quando mi proteggevi e mi assicuravi che non ci saremo mai separati, che non mi sarebbe mai successo niente, e invece mentivi, mentivi, mentivi! Sei andata via e mi hai lasciato solo!"

Dmitrj era entrato senza che Antoine lo sentisse, e aveva ascoltato tutto il discorso, quelle parole non gli piacevano, e ripensò alla reazione che aveva avuto alla notte precedente.

"Uccidersi non ti servirà a niente!"

"Vattene, non è notte, esci di qui immediatamente!"

"Smettila di fare l’isterico!"

Fece un passo verso di lui, e Antoine si mise ad urlare.

Con voce rotta rispose alla prima affermazione di Dmitrj "Forse no, ma almeno mi permetterà di liberarmi!"

"Non credo!"

Antoine pianse senza accorgersene, e Dmitrj gli si avvicinò, anche se il ragazzo tentava di allontanarlo, alla fine lo accarezzò dolcemente, portandolo ad appoggiare la sua testa sulla sua spalla, e avvolgendo il suo corpo con le braccia.

Restarono così per molto tempo, alla fine Dmitrj parlò senza lasciare andare il ragazzo, con un tono di voce dolce e calmo.

"Ti avevo detto che solo io avrei potuto darti la pace che cerchi, ma che contemporaneamente sono quello che ti tortura, anche se in maniera piacevole, puoi rimproverarmi tutto, ma non puoi dire che quando sei fra le mie braccia non godi!"

Era vero, non poteva dirlo. Si addormentò in quella posizione dolce, come un cucciolo.

"Forse ragazzino tu potresti essere la mia salvezza, sempre che io non ti distrugga prima!"

Non si era mai reso veramente conto di come fosse bello Antoine, e di come fosse dolce mentre dormiva, qualcosa di strano stava succedendo al più freddo e chiuso dei musicisti che mai quella scuola avesse ospitato.

"Ti sei svegliato finalmente, spero tu ti sia calmato!"

"Che ore sono?"

"Le tre passate! Dovremmo studiare qualcosa, ma non ne ho voglia in questo momento!"

"Credo che non porteremo mai a termine quello studio su Donizetti!"

"Non è un problema, comunque sei più calmo si o no?"

Antoine lo fissò, non sapeva cosa rispondere, era ovvio che stava meglio.

"Si!"

"Questa volta per quale motivo lo hai fatto, o è sempre il solito?"

"Quando sono entrato, stavi tremando, e io ti ho riscaldato, ti ho praticamente coccolato, e per un istante mi sono sentito bene, con te accanto, e questo non deve succedere, non posso permetterlo, non voglio fidarmi di nessuno, e tanto meno voglio che un ragazzino come te si fidi di me!"

"Per quale motivo non vuoi fidarti di nessuno, il tuo è un comportamento assurdo, non potrai sempre vivere contando solo su te stesso, e anche se tu potessi farlo, prima o poi incontrerai qualcuno che abbia bisogno di te!"

"Io non mi fiderò mai più di nessuno, hai capito? Se la prossima volta che ti dico di aspettarmi, ti fai trovare addormentato come un cucciolo, ti giuro che quello che ti ho fatto ieri non sarebbe niente!"

"Credi che lo abbia fatto apposta?"

"SI, come credo che se cominciassi a fidarmi di te, tu…"

Antoine cominciò a capire qualcosa dello strano atteggiamento del ragazzo più grande, da quello che aveva appena finito di dire si capiva che a sua tempo era stato tradito, ma lui non sapeva niente della sua vita, e se ne rendeva conto solo ora, qualcosa però gli disse che tutto era legato alla cicatrice che gli marchiava la pelle indelebilmente.

Decise che era meglio non fare domande sull’argomento, aveva già sperimentato come fosse quando si arrabbiava, e non voleva ripetere l’esperienza.

"Ho fame, ti va di mangiare qualcosa? Sono abbastanza bravo in cucina, o almeno Petit Noir apprezza la mia cucina quando non mangia omogeneizzati!"

"Non tentare di conquistare la mia fiducia!"

"Non ci provo neppure, mi hai detto chiaramente che non sono altro che il tuo oggetto di piacere, il mio era solo un invito per pranzo, anche se forse è meglio fare merenda!"

Si separarono, e ognuno suonò il proprio strumento per il restante del tempo, cioè fino a mezzanotte.

Antoine andò in camera sua e accese la luce per leggere un libro, l’esperienza della notte precedente gli era bastata.

"Smettila di leggere!"

Antoine alzò gli occhi e lo vide, in piedi davanti a lui, illuminato dalla fioca luce il suo aspetto era ancora più imponente.

"Faresti una cosa per me?"

"Perché me lo chiedi, credevo che ci fossimo già chiariti su questi punto, tu ordini io eseguo!"

"Non è una cosa normale, vorrei che… Vorrei che questa notte dormissimo abbracciati, come ieri, ma non mi comporterò come mi sono comportato, vorrei solo dormire con te fra le braccia!"

Antoine assunse la sua solita posizione ribattezzata dalla madre "POSIZIONE RICCIO", e Dmitrj si distese praticamente circondandolo, dormirono così, coperti solo dalle maglie che avevano addosso e dalle calde coperte di seta.

Dmitrj quella sera era strano, come se gli fosse successo qualcosa che non gli succedeva da tempo, ma Antoine non volle indagare, era inutile, lo sapeva bene, sapeva meglio di chiunque altro che cercare di far parlare una persona chiusa del proprio passato, voleva dire farla diventare ancora più silenziosa.

Ad un certo punto della notte Dmitrj cominciò ad agitarsi nel sonno, diceva qualcosa, ma Antoine non riusciva a capire cosa. Alla fine il ragazzo si svegliò con la fronte madida di sudore.

"Cosa ti è successo?"

"Niente!" Disse Dmitrj con uno dei suoi toni più duri, e fece per alzarsi, questa volta fu ad Antoine che non piacque la reazione; Dmitrj era accanto a lui, in piedi, mentre lui era ancora sdraiato.

Chiudendo gli occhi e battendo la paura e l’ansia che si stavano creando dentro di lui allungò una mano fino a toccare la coscia destra di Dmitrj, poi andò oltre, risalì la coscia fino ad incontrare l’elastico dei suoi slip.

"Cosa?…"

Antoine continuò nella sua operazione.

Dmitrj ormai battuto, fu costretto a tornare a sdraiarsi, nessuno dei due voleva smettere quello che uno solo aveva cominciato.

"Antoine, perché hai tentato di sedurmi?"

"Non volevo che tu te ne andassi, eravamo stati bene, e sarebbe stato un peccato, e poi per una volta ho volto fare sesso in modo dolce!"

"Non credere di incantarmi solo perché non mi hai ancora chiesto niente, io non sono uno che parla con il primo musetto carino che incontra!"

"Io non voglio sapere niente, volevo solo farlo in maniera dolce, credo che tutti lo vogliano no?"

"Anche se hai la faccia da angioletto, in fin dei conti sei più perverso di me, almeno io lo dico chiaramente che voglio il tuo corpo, tu invece ti nascondi dietro un dito dicendo che ti violento, in modo da essere a posto con la tua coscienza, ma in realtà lo vuoi quanto me se non di più!"

Gli afferrò il volto e lo baciò, succhiandogli le labbra dolcemente, come non aveva ancora mai fato.

"Sei una preda molto tenera, e per questa tua particolarità voglio giocare a lungo con te, forse ti sto facendo crescere troppo in fretta, ma la cosa non mi preoccupa!"

Uscì dalla camera di Antoine e si diresse verso la propria con la ferrea intenzione di suonare qualcosa, sentiva le sue dita come intorpidite, e sapeva che quello gli succedeva solo quando era nervoso o quando non suonava da molto, e in effetti negli ultimi tempi era sia molto nervoso che assorbito in qualcosa di diverso dal suo solito lavoro. Il tempo passava, e anche Antoine aveva ripreso a suonare, con Petit Noir come pubblico. Alla fine come gli succedeva spesso, aveva voglia di una doccia, e decise di farla, in fin dei conti era ancora presto per gli standard di Dmitrj, si spogliò lentamente, assaporando il calore che c’era nel bagno, alla fine si infilò sotto la doccia, e come al solito sembrava avere intenzione di starci per molto molto tempo.

Dmitrj intanto era entrato in camera e non trovandolo né in camera da letto né da nessuna altra parte si diresse verso il bagno, e non gli ci volle molto tempo per capire che era veramente lì. Dopo averci pensato un po’ si sfilò la maglia e i pantaloni, ed entrò anche lui. Antoine sobbalzò, tutto si aspettava tranne che ritrovarselo addirittura nella doccia.

"Te lo ha mai detto nessuno che fare la doccia ghiaccia in questa stagione può fare male, oppure è un modo per liberarti di me?" Aggiustò la doccia e la regolò sul tiepido, sapeva bene che se uno adora la doccia ghiaccia doverla fare bollente poteva essere una tortura. Antoine stava assaporando la sensazione dell’acqua tiepida sulla pelle, che gli colpiva il volto come una pioggia impazzita, tanto che in un primo momento non si era accorto che Dmitrj lo stava accarezzando.

"Che cosa stai facendo?" Chiese con voce rotta visto che le labbra del ragazzo erano sul suo collo, e stavano scendendo velocemente verso le scapole.

Per la seconda volta fecero l’amore senza che Antoine fosse legato o preso con forza e violenza, solo con dolcezza. Si rese conto finalmente che forse stava per raggiungere quella parte di Dmitrj che lui voleva a tutti i costi cercare di nascondere, e ce la faceva benissimo. Quando uscirono dalla doccia erano entrambi stranamente soddisfatti. Si rivestirono in silenzio, non volendo rovinare quel momento che per entrambi era stato importante, ma la sacralità di quel momento fu rotta da qualcosa di inatteso.

In quel momento si sentì come un rumore di moto, Dmitrj si avvicinò alla finestra curioso di sapere che diavolo stesse succedendo. Ebbe un fremito strano, non riusciva a crederci, quel gruppo di ragazzi vestiti di nero, era la sua vecchia banda, quella che aveva lasciato per suonare il violino, per scappare al suo passato.

"Chi sono?"

"Sono il mio passato, ma speravo che non avrei più dovuto affrontarlo!"

"Ma come, sei così bravo a prendertela con chi è più debole che credevo non temessi niente e nessuno!"

Aveva pronunciato quelle parole con freddo cinismo.

Dmitrj si girò con uno scatto d’ira, ma non appena vide gli occhi di Antoine quella strana forza che lo costringeva ad essere con lui umano, in dei momenti, lo fermò.

Fu distratto da rumore di passi che salivano le scale.

"Trovatelo, deve essere qui, non è andato in vacanza con i suoi amici!"

"Va bene capo, e se lo troviamo per primi lo portiamo da te senza toccarlo come ci hai ordinato!"

"Antoine, resta qui e chiuditi a chiave non appena io sarò uscito dalla stanza, è arrivato il momento che io chiuda definitivamente i conti con il mio passato!"

Antoine era terrorizzato, anche se non capiva che cosa sarebbe successo non aveva mai visto Dmitrj così agitato.

"Chiuditi dentro, se ti trovano e scoprono che sei il mio… Il mio amante se la prenderanno con te, tu non conosci Ivan!"

"Mezze cartucce, mi stavate cercando? Eccomi qua!"

il gruppo di ragazzi che stava girando tutte le stanze nella speranza di trovarlo si girò e lo vide, era solo, ma aveva negli occhi la stessa espressione che i più vecchi di loro, quelli che facevano parte della banda da più tempo conoscevano bene. Fu uno di loro a parlare.

"Dmitrj, ci dispiace, noi eseguiamo solo gli ordini, lo sai; devi venire con noi da Ivan!"

"Come, non mi costringete ad ubbidire con catene e pugnali? Siete scaduti dall’ultima volta che ci siamo visti!"

"E’ un suo ordine, vuole che ti portiamo da lui senza toccarti!"

"Benissimo, allora sarò io a toccare voi!"

Si scagliò contro il gruppo controllando i movimenti del suo corpo, schivando i pugni e i colpi di catena che gli altri tentavano di sferrargli. In poco tempo li mise tutti KO.

Antoine aveva sentito tutto, ma non chi aveva vinto, e in cuor suo sperava che fosse stato Dmitrj, si stava rendendo conto che contro ogni logica, contro il buon senso che avrebbe dovuto dirgli di odiare Dmitrj con tutte le sue forze, si stava innamorando di lui.

"Molto bravo, vedo che non hai perso niente della tua forma, nonostante adesso ti diletti a suonare!"

Dmitrj si girò di scatto, tremava, aveva riconosciuto la voce di Ivan.

"Non sei cambiato molto bastardo, come stai?"

"Molto bene grazie, ma parleremo dopo, adesso seguimi!"

Lo condusse in un luogo molto isolato, e Dmitrj lo seguì senza sapere bene il perché, ormai era sicuro che Ivan non avesse più alcun potere su di lui.

Intanto uno di quelli stesi da Dmitrj si era ripreso, e dato che aveva visto da che stanza era uscito, decise di scoprire chi o che cosa c’era dentro.

"Che cazzo vuoi da me?"

"Riprendermi ciò che era mio!"

"Illuso, io non sono mai stato tuo, mi fidavo di te, ma non sono mai stato tuo!"

"Capo, credo di aver trovato una cosa che appartiene al nostro amico!"

Ivan si girò, e vide che uno della sua banda aveva con sé Antoine, tenuto per un braccio in un modo tale che sicuramente soffriva molto.

Interruppe il dialogo con il suo conoscente per dedicare completamente la sua attenzione al nuovo arrivato.

"E’ molto carino, anzi no è proprio bello! Complimenti per il gusto Dmitrj, perché suppongo che sia il tuo uomo, o dovrei dire il tuo bimbo!"

"Non toccarlo!"

Ivan intanto si era avvicinato ad Antoine e gli aveva sollevato il volto, in modo tale da poterlo guardare negli occhi. Antoine si rese conto che quelli che lo guardavano erano gli occhi più strani che avesse mai visto dopo quelli di Dmitrj, erano grigi come l’acciaio, e proprio come quel materiale freddi e taglienti. Continuò a fissarlo fino a quando Ivan non accentuò la pressione delle dita e avvicinò il suo volto fino a baciarlo, lo fece quasi meccanicamente, tentando di forzare le labbra di Antoine, che tentava in tutti i modi di resistere, ma la pressione delle dita di Ivan lo costrinse ad aprire la bocca e a farlo entrare.

"Non azzardarti, lui non è un oggetto!"

"Mio dio Dmitrj, ma allora ti sei proprio innamorato, non so se essere geloso o divertito, in fin dei conti come ti ho già detto ti considero una cosa mia!"

Antoine non capiva, ma sapeva una cosa, che fra l’essere nuovamente baciato da Ivan, e il tentare di costruire un rapporto con il padre, preferiva la seconda.

"Visto che lo ami, ti propongo una sfida, una gara in moto, il premio sarà il tuo amico! Se vinci tu, io non mi faccio più vedere da te, ma se vinco io, tu lo vedrai mentre lo possiedo davanti ai tuoi occhi! Se non accetti lo farò adesso."

Antoine sgranò gli occhi.

"D’accordo stronzo, accetto, ma ti avverto, tu non vincerai questa gara!"

Uno della banda prestò la moto a Dmitrj, mentre Ivan si stava aggiustando il casco ed era già in sella alla sua.

La gara cominciò, e si vide subito che sarebbe stata combattuta, in fin dei conti erano due assi del volante. Quello della banda che teneva Antoine gli sussurrò che non si facesse troppe illusioni, sarebbe stato Ivan a vincere.

"Non credo proprio, so bene dove può arrivare Dmitrj se è stimolato!"

Il tempo trascorreva, e ancora nessuno dei due appariva all’orizzonte, quando si vide una nuvola di neve alzarsi improvvisamente e farsi sempre più vicina, non si vedeva però chi vi fosse nascosto.

"Se non lo lasci andare immediatamente ti taglio quel braccio!"

I ragazzi della banda erano rimasti ammutoliti, mentre Antoine sorrise.

"Andatevene e non fatevi più vedere, dimenticate anche di avermi conosciuto, è l’ultimo consiglio che vi do da amico!"

Dmitrj e Antoine salirono in camera, mentre l’oscurità scendeva sulla città, adesso entrambi erano liberi dal loro passato.

"Te la senti di dirmi che cosa ti è successo quando eri in quella banda?"

"Perché dovrei?"

"Perché voglio che ti fidi di me, io mi sono reso conto che forse… forse mi sono innamorato di te, e questo ti dimostra che non puoi impedire agli altri di fidarsi di te!"

"Come fai a dire una cosa del genere, che cosa ti porta a dire che ti puoi fidare di me?"

"Quello che hai fatto oggi, potevi rifiutare di correre contro di lui, ma non lo hai fatto!"

"Cosa c’è di vero nel fatto che ti sei innamorato di me?"
"Tutto!"

"Smettila di prendermi in giro! Non ti è bastato vedermi infuriato una volta?"

"Maledizione, ti vuoi fidare per una volta?"

Cadde il silenzio.

"Una volta ero un membro di quella banda, ero il più giovane, e non mi fidavo di nessuno, alla fine ho deciso di fidarmi proprio di Ivan, e a poco a poco mi sono avvicinato a lui, non ho mai fatto errore più grande! Diventammo quasi inseparabili, anche perché lui era di poco più grande di me, credevo che niente avrebbe potuto separarci, ma mi sbagliavo di grosso. Una notte venne da me, si comportava in modo strano, e da quel poco che ne sapevo allora, pensai subito che fosse ubriaco; senza che io potessi fare niente per evitarlo mi saltò addosso, io non volevo, ma ero troppo debole per liberarmi, mi ritrovai con la schiena su pavimento, e con le sua labbra che tentavano di baciarmi, lottai come un leone, ma come unico risultato ottenni la ferita che mi ha lasciato la cicatrice che tanto ti ha colpito qualche notte fa. Riuscì a scappare e mi imbattei in tuo padre che mi curò e che mi insegnò a suonare il violino! Ecco come sono diventato un musicista, ed ecco la storia della mia vita, hai capito adesso perché non voglio fidarmi di nessuno?"

"Capisco che tu abbia sofferto, ma non tutti sono come Ivan. Io non sono come Ivan!" Appoggiò la sua testa bionda sul petto di Dmitrj. Non voleva chiedergli se Ivan era riuscito o meno nel suo intento, e neppure gli interessava, voleva solo restare così per sempre.

"Adesso tocca a te, come sei diventato un arpista?"

"Mia madre lo era. Un giorno che lei era uscita, e che come al solito si era raccomandata che io non toccassi la sua arpa, io entrai nel suo studio e mi sedetti davanti allo strumento e cominciai a pizzicare quelle corde come se fosse la cosa più naturale del mondo, cercando di riprodurre a memoria i suoni che sentivo quando suonava mia madre; quando tornò a casa con mio padre, cosa che non mi aspettavo, mi trovarono che suonavo, fu così che mio padre decise che da grande sarei entrato in conservatorio!"

"E’ una bella storia!" Disse Dmitrj accarezzandogli distrattamente i capelli.

"Credo che potrei innamorarmi di te…… Come ti ha baciato?"

"Cosa… chi…be, come vuoi che mi abbia baciato, lo ha fatto punto e basta!" Si vedeva bene che era completamente nel pallone.

"Come ti ha baciato?"

"Come uno che vuole tutto e subito, non so dare altra spiegazione a quel bacio!"

Dmitrj sollevò la testa di Antoine prendendogli dolcemente il volto fra le mani.

"Voglio che dimentichi quel bacio, che tu non ci pensi mai più, io sono molto geloso!"

Detto ciò cominciò a baciarlo, lentamente, ma anche con decisione, Antoine sentiva che voleva cancellare ogni traccia del bacio di Ivan, ma la cosa non gli dispiaceva, sentiva che si era veramente e completamente innamorato della nemesi di tutte le sue paure e delle sue angosce.


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