«Grande rilievo nella teoria psicoanalitica ha il complesso di Edipo (dalla tragedia di Edipo Re di Sofocle), con il quale viene designata la modalità con cui si organizza, dal punto di vista del bambino, la relazione tra bambino, madre, padre. La forma classica, nel bambino maschio, consiste nell’amore sessuale per la madre e nella rivalità con il padre. I diversi modi con cui si organizza la relazione bambino-madre-padre sono alla base degli sviluppi rispettivamente normali(…), nevrotici(…) e perversi (omosessualità, in cui prevale “l’essere come” il genitore dell’altro sesso)».

Tratto da l’Enciclopedia della Filosofia e delle scienze umane, ed. DeAgostini

Questa storia che ben poco ha che vedere con Freud e la psicoanalisi e ancor meno con la tragedia sofoclea, ma è da qui che sono partita per approdare nel Giappone degli anni Novanta e mettere bocca in un manga che non è il mio. Perciò, tutti i diritti sui luoghi e sui personaggi citati sono dei rispettivi proprietari.

Buona lettura!


Complesso di Edipo

di Haruka

Terzo capitolo - Sono solo

- Kamui dove stai andando?- urlò Tohru riaprendo la porta che il figlio le aveva sbattuto quasi in faccia- Kamui, per l’amor del cielo, torna a casa!- lo seguì fin sulla strada, ma il ragazzo non si voltò indietro neanche una volta.

La donna sospirò appoggiandosi al cancelletto dell’ingresso. 

- Kamui, tuo padre è una di quelle persone che è meglio perdere che trovare! Se non fosse stato per il fatto che era mio destino mettere al mondo colui che deciderà le sorti del pianeta, mi sarei risparmiata volentieri di andarci insieme! Il mio unico amore è sempre stata Saya!- 

Ma come si poteva confessare tutto ciò ad un ragazzo appena quindicenne?

 

Kamui correva lungo la strada che portava al mare. Andava sempre lì quando sentiva un terribile nodo in gola salirgli fino a fargli dolere gli occhi. Su quella spiaggia una volta sua madre gli aveva spiegato il perché della loro partenza, il perché della morte della zia Saya. Da allora aveva preso l’abitudine di correre lì a guardare le onde infrangersi sulla riva nella speranza, non di dare un senso a tutta quella tristezza, ma di calmare un po’ il tumulto del suo cuore.

Stremato per la corsa, il ragazzo si accovacciò sull’arena sospirando profondamente. Da tempo, aveva deciso di evitare ogni riferimento a suo padre, aveva smesso di chiedere, tanto sua madre non rispondeva mai. Aveva perfino smesso di sognarlo. Quando era piccolo, guardava le persone per strada chiedendosi se quello o quell’altro uomo potessero essere il suo vero padre. Quando incrociava lo sguardo di un signore, giovane o anziano che fosse, si chiedeva sempre: mi assomiglia?

Poi era cresciuto, e questo gioco si era trasformato in una tortura e aveva deciso di non volerne sapere più niente. 

Che uomo era uno che abbandona la propria donna incinta di suo figlio?

- Di certo uno che non valeva la pena di conoscere!-

Allora perché quel pomeriggio aveva chiesto a sua madre di lui?

Sfogliando insieme l’album delle fotografie, cosa per altro rara, aveva visto una foto di sua madre incinta e gli era venuto spontaneo chiederle:

- Non ti domandi mai dove sia mio padre?-

- No, mai!- la gelida risposta.

- Perché? Non vorresti rivederlo?-

- No, non mi interessa-

- A me si, invece! E il fatto che tu lo odi non può evitare a me di sapere chi era, di vederlo. Non dico di parlarci, ma almeno conoscere il suo nome, sapere qualcosa di lui…-

- A che pro?-

- Lui è una parte di me! Tu non mi parli mai della tua famiglia e mai di lui. Io chi sono? Da dove vengo? Possibile che io non abbia passato?-

- Kamui, vuoi del tè?-

- Non cambiare discorso! Non ti sopporto quando fai così!-

Ed era scappato via, impulsivo come sempre!

 

Sua madre era una donna molto seria e riflessiva. Questo suo carattere impetuoso doveva averlo ereditato dal padre, forse. Una congettura, una delle tante!

Ma chi mai gli avrebbe detto se era vero o non. Non che cambiasse nulla…

Non sapeva neanche se era vivo o morto. 

Se fosse morto, come spesso aveva immaginato, avrebbe potuto perdonarlo.
- Un capitano affondato con la sua nave!- 

Si, come per il Titanic!

- Un poliziotto morto in un conflitto a fuoco contro la yakuza- 

Impossibile, sua madre non era tipo da legarsi ad un poliziotto!

- E se fosse vivo?Ci sono mille buoni motivi per sparire…-

- Agente segreto-

- Mafioso pentito protetto dalla polizia-

- Scienziato geniale rapito dagli alieni-

Guardava troppo tivù!

Sorrise della sua stupidità e si gettò indietro sulla sabbia.

Qualunque cosa ne fosse stato di suo padre, non aveva senso l’ostinato silenzio della madre.

- Solo Saya è importante per me!- aveva sentito Tohru pronunciare quelle parole una sera, quando erano ancora a Togagure. 

Non ricordava o non sapeva proprio cosa era accaduto. Sua madre e Kyuogo litigavano in salotto di qualcosa che non avrebbe saputo ridire. Fuma, Kotori e lui si erano alzati di nascosto incuriositi e spaventati dalle urla. La zia sedeva su una sedia in lacrime. Quella scena gli era rimasta impressa nella mente, come fuoco nella carne. Kotori fece dei rumori e gli adulti si accorsero di loro. Fuma si prese una cinquina in pieno volto da suo padre. La zia li riportò a letto, senza dire nulla, tanto non ce ne era bisogno, tremavano come foglie. Poco dopo sentì Kyuogo entrare in camera del figlio per chiedergli scusa.

Kyuogo era un uomo severo, ma non un violento. Era un buon padre, incuteva timore e rispetto, ma era saggio e giusto. Fuma e Kotori lo adoravano e lui adorava i suoi figli. 

Forse non voleva veramente suo padre, forse voleva il padre di Fuma. 

Non era certo la prima cosa che invidiava al suo amico speciale.

Incoscientemente si passò le dita sulle labbra.

Non aveva dimenticato la promessa, sarebbe tornato un giorno, tanto forte da proteggere entrambi i fratelli Monou. 

 

- Fuma!- pronunciando quel nome, non trattenne più le lacrime.

C’erano periodi in cui si autoimponeva di non pensare né a lui né a Kotori, altri in cui solo pensando a loro si sentiva un po’ meglio, altri ancora in cui pensare alle promesse fatte (quella a Kotori e quella a Fuma) lo faceva sentire strano, felice ed infelice al contempo.

 

Aveva un bel visino e con le ragazze sapeva farci, così occasioni e belle coetanee non erano mai mancate.

Che male c’è?

Certo aveva promesso di sposare Kotori, ma uno: aveva otto anni; due: ora lei non c’era! Queste argomentazioni non gli facevano onore, se Fuma avesse saputo con quanto poco rispetto stava onorando i suoi impegni e il ricordo della sua unica sorella! 

Ma anche Fuma era un ragazzo, avrebbe capito. Come diceva quel suo sempai? 

- La carne è debole e un uomo deve assecondarla!-

Si, forse! 

Comunque qualche bacio al cinema o sotto la pensilina dell’autobus non facevano di lui un traditore. Erano solo baci, un modo più intimo per dire “Ti voglio bene!”

- A questo mondo non si può amare una sola persona, come pretende la mamma! Se ne amano tante, ognuna per un motivo diverso e con un’intensità diversa!-

Sorrise. Gli tornarono alla mente il volto di alcune ragazzine, le più carine tra le sue conquiste, e poi il sorriso luminoso di Kotori, così simile a quello della zia Saya, che aveva legato a sé per sempre il cuore di sua madre Torhu, e poi lo sguardo profondo e caldo di Fuma.

Spesso si sentiva solo: non aveva un padre, non aveva fratelli, sua madre era una specie di orso. Ma i ricordi potevano scaldargli il cuore. Almeno per un altro po’. Stava diventando forte, forte per tornare da coloro che amava e che ardentemente sperava non lo avessero dimenticato.

 

Era ora di tornare a casa.

- La mamma starà in pensiero!- detto ciò si alzò, scrollò la sabbia dai vestiti e senza troppa fretta si incamminò verso casa.

Non si sentiva né meglio né peggio, era ormai così abituato a quel endemico senso di solitudine, che qualche volta sfociava in vera alienazione dal mondo, che non sentiva più nulla. 

Il vuoto. 

Si può convivere con il dolore, con la sofferenza, si può lottare contro un destino avverso, si può scegliere se piangere o ridere delle proprie sventure, ma, solo al vuoto non ci si può rassegnare.

Il passato, la famiglia, gli amici, l’amore servono a dare un senso alla nostra vita, a riempire il vuoto,a colorare un mondo altrimenti in bianco e nero, ci rendono uomini migliori perché ci riempiono. Ci rendono vivi.

In quel momento della sua esistenza, Kamui non possedeva nessuna di quelle cose, o almeno nessuna era tanto importante da scaldargli il cuore.

Ma a Togagure, a casa da Fuma e Kotori, anche per lui la vita avrebbe conosciuto i brillanti colori dell’iride. Stava diventando forte anche per questo, per dare un senso ai suoi quindici anni, per possedere un passato da non rinnegare, per tornare a conoscere il calore dell’amicizia e magari dell’amore.

Tornare a casa significava, per Kamui, tornare a vivere.

*     *     *

Kamui salutò i suoi amici e si incamminò verso casa. Era un pomeriggio caldo e soleggiato, per strada incontrò un paio di vicine e si fermò a chiacchierare un po’, del più e del meno. Non c’era bisogno di tornare subito a casa, perciò passeggiò perdendo tempo, osservando gli alberi, fermandosi ad accarezzare un cagnolino. Tutto sommato si sentiva di buon umore. Erano passate settimane dall’ultima brutta lite con sua madre e non aveva avuto più bisogno di correre alla spiaggia. Aveva acquistato piena coscienza dei suoi incredibili poteri esp e non gli facevano più paura. Anzi, lo facevano sentire forte, potente, invincibile. Era una bella sensazione. Sorrise soddisfatto di sé passando una mano tra i ribelli ciuffi corvini sopra gli occhi color dell’ametista.

Chissà Fuma cosa avrebbe pensato, lui che era un tipo tutto precisino, a vederlo così disordinato e poco curato nell’abbigliamento ?!? (N.A.- Guarda che quello lì non veste mica D&G!)

- Uno di questi giorni magari mi presento senza preavviso a casa e gli faccio una sorpresa! Gli verrà un colpo a lui e a Kotori-chan!- ma la risata che seguì gli morì in gola. 

C’era qualcosa che non andava!

Girò l’angolo di corsa e vide del fumo giungere da casa sua. Corse come un disperato.

- Mamma!-

*     *     *

Tra le macerie e le ceneri di quella che fino a poche ore prima era stata la sua casa, un adolescente dai capelli corvini piangeva convulsamente trattenendo, purtroppo invano, i resti di colei che gli aveva dato la vita; e come un martello gli risuonavano nella mente le sue ultime parole

- Ka…mu…i… Torna a Tokyo…Là ti aspetta…il tuo  destino!-

Dovrai diventare forte, ragazzo mio, solo se diventerai abbastanza forte non soccomberai. Dovrai difenderti da tutto e riuscire a sopravvivere ad ogni costo. Fino al giorno prefissato. Fino al 1999!

 

Note:

Autrice:E’ un po’ triste questo capitolo e decisamente corto.

Kamui: Già! Per Fuma 5 pagine e una bella cotta. Per me 4 paginucce miserelle e una mega sega mentale sull’amore, la solitudine…Oh, ma stiamo scherzando! Voglio lo spazio che mi merito, sono il protagonista, io!

Autrice: Mi sono sbrigata in vista del prossimo …

Kamui: Allora sei perdonata, ho dato una scorsa alle bozze e prometteva bene. Brava, Autrice! Andiamo da Fuma?

Autrice: Ok, rotta per Tokyo, destinazione quarto capitolo. La storia si fa caliente!

 


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