Note: la canzone (tra <>) non appartiene a me ma agli aventi diritto io la uso momentaneamente ma poi la ripongo così come l'ho trovata... giuro! ^.^
 

Cleptomania

di Naika

 

Pow Rukawa

 

Eccolo lì.

Il do’aho.

Abbiamo appena finito gli allenamenti e ci stiamo facendo la doccia.

 

O meglio... gli altri stanno facendo la doccia.

 

Io sono impegnato in una intensa meditazione zen, sotto lo scroscio dell’acqua ghiacciata, nell’inumano tentativo di trattenermi dal compiere i quattro o cinque passi che mi separano dal box del rossino, per sbatterlo contro le piastrelle umide.

 

<Sono affetto da un morbo incurabile>

 

Hentai?

Io?

No.

 

La mia è una malattia.

 

Una malattia molto pericolosa.

Te la trasmette un portatore sano, ignaro e inconsapevole.

Basta un contato, uno solo, anche brevissimo.

Può essere visivo, uditivo, sensitivo.

 

La malattia non lascia scampo.

 

Colpisce da prima il cervello.

Non c’è modo di liberare la mente da un’unica, fissa, immagine.

 

Lui.

 

Puoi provare con tutto.

Tv, allenamenti, persino lo studio.... niente di niente.

Non c’è verso.

E’ come un virus informatico che formatta sistematicamente il cervello.

Non c’è protezione o distrazione che tenga.

Le tue facoltà mentali vengono completamente azzerate.

Non resta niente.

Niente di niente.

Se non quell’unica immagine.

 

Lui.

 

Sempre...  comunque... lui.

 

Al secondo stadio la malattia si dirama nel corpo.

Camminando si finisce per sbattere da tutte le parti, e quando non c’è niente con cui entrare in collisione si inciampa stramazzando a terra.

 

E’ una malattia dolorosa.

 

Il terzo stadio prevede l’applicarsi di una specie di satellite spia, orbitante intorno al portatore sano del morbo.

Non c’è modo di non vederlo, non notarlo, non incontrarlo.

Puoi fare qualsiasi cosa, saltare la scuola, gli allenamenti.

Non serve.

In qualche modo incappi sempre in lui.

 

E più incappi in lui... più ti ammali.

 

E’ allora che cominciano i problemi veri.

Basta uno sguardo e il corpo si scalda come se avessi la febbre, il battito cardiaco impazzisce, la respirazione si spezza.

 

L’inizio della fine.

 

<Il mio difetto è un istinto incontrollabile>

 

Cominciano a pruderti le mani, la malattia si impossessa totalmente del tuo corpo, azzera la tua volontà, devasta il tuo sistema nervoso.

All’inizio ti illudi di riuscire a controllare la situazione... poi con il suo progredire lo fai senza nemmeno rendere conto.

 

Ti ritrovi con la TUA mano sulla SUA pelle senza nemmeno sapere come.

 

Il portatore sano ha una calamita interna che richiama a se l’individuo infetto.

E non si può più negare.

Non si può più rifiutare l’evidenza.

 

Sei malato.

 

Irrimediabilmente, definitivamente, malato.

 

<Se ti vedo devo averti tra le mie mani>

 

E non puoi che soccombere, inerme.

Hai bisogno di toccarlo come il diabetico ha bisogno dell’insulina.

 

Lui è la tua dose di zucchero.

 

Devi vederlo.

Devi sfiorarlo.
Devi trovare un modo, uno qualsiasi per avere un contatto.

 

Va bene anche farci a pugni.

 

Acceteresti qualsiasi cosa purchè le tue mani possano saggiare la sua pelle.

La malattia lo esige, ti consuma, ti brucia inesorabilmente.

 

Solo lui ti può dare un piccolo istante di refrigerio.

Solo lui.

 

La medicina moderna non può fare niente.

 

<Liquidato da ogni dottore “Non rimedio” queste le parole>

 

Già... gli illustri medici, i grandi scienziati, gli esimi professori.

Nessun rimedio.

La malattia resta incurabile.

Qualcuno ha tentato di studiarla.

Di trovare un vaccino.

Hanno cercato delle creature immuni.

 

Non ne esistono.

 

Nessuno scampa a questo morbo.

Nessuno di quelli che si è ammalato e mai guarito.

 

<Ma la mia cura potresti essere tu>

 

Ma io ho sviluppato una mia teoria.

Se il portatore sano può far nascere la malattia forse può anche curarla.

Deve essere così.

 

<Prima o dopo i pasti non importa>

 

Non è necessario avere lo stomaco pieno o digiunare prima di ‘prendere’ la medicina.

Anche se sarebbe saggio controllare le dosi.

E’ una cura che da assefuazione.

 

<Due o tre volte al giorno sì mi bastano per sperare>

 

Due, tre volte al giorno potrebbero bastare.

Me le farò bastare.

Che ne dici do’aho.

Puoi farlo?

 

<Aiutami a guarire da questa mia malattia>

 

Aiutami.

Quella è stata la prima e l’ultima volta che hai visto Kaede Rukawa supplicare.

Ma ho dovuto farlo.

Per poter sperare di guarire.

Perchè, sai, questa è una malattia  che, se non viene curata, porta alla morte.

Il malato finisce per dimenticarsi di mangiare, di dormire, di vivere.

Senza la sua medicina si spegne piano, piano.

 

<Affetto da una strana forma di cleptomania>

 

Sono diventato cleptomane.

Lo sai cosa vuol dire?

 

Sento la necessità morbosa di rubare.

 

Rubare frammenti del tuo sorridere.

Rubare carezze alle tue mani.

 

Devo farlo, la malattia mi controlla.

 

Non posso trattenermi.

E’ un istinto incontrollabile.

Di te ruberei tutto.

 

Tutto... se potessi.

 

Il tuo respiro.

Il tuo primo bacio.

La tua verginità.

 

Il tuo cuore.

 

<Voglio averti mia, solamente mia>

 

Voglio rubarti.

Rubarti e nasconderti.

Unico, magnifico, pezzo della mia collezione.

 

E finalmente saresti mio.

Solamente mio.

 

<Ora che non ho più via d’uscita>

 

Lo capisci come mi sono ridotto?

Lo capisci che ormai... sono un malato terminale?

 

<Ora che ogni porta è stata chiusa>

 

Non ho alternative.

 

All’inizio forse.. forse avrei potuto cercare di contrastare la malattia cercando qualcos’altro.

Concentrandomi su qualcun’altro.

Ma ormai.. ormai il mio cervello ha chiuso tutte le porte.

E io sono rimasto qui.

 

Rinchiuso nell’unica stanza rimasta.

 

In questa grande sala, candida, come la tua anima.

Luminosa, come il tuo sorriso.

Calda, come te.

 

Unico visitatore di questa ala del museo in cui è esposto un solo capolavoro.

 

Tu.

 

<Apri almeno le tue gambe verso me>

 

E allora do’aho concedimi il tuo calore.

Concedi a quest’anima rinchiusa una via d’uscita.

 

Ti volti sotto la doccia e incontro il tuo sguardo, sorpreso lievemente incerto.

Te ne sei accorto.. ti sei sentito mangiare con gli occhi vero?

Non sei poi così do’aho.

 

Incateno quei due pozzi di cioccolato a me, obbligandoti a prestarmi attenzione e poi lo sussurro piano:

 

“Concediti a me.”

 

Lo mormoro appena.

Ma tu lo leggi sulle mie labbra.

Ne segui il movimento come la mia lingua seguirebbe le linee del tuo ventre se solo potesse assaggiarti.

 

Arrossisci.

 

Deliziosa visione.

Arrossati per me, do’aho.

Scalderò il tuo corpo, marchiandolo, perchè assuma tutto questa imbarazzata, violata, colorazione.

 

Il rosso ti dona così tanto...

 

<Prima o dopo i pasti non importa>

 

Chiudi con mani tremanti il getto dell’acqua ti avvolgi nell’accappatoio e scappi.

 

Vuoi arrivare a casa prima di me?

Dobbiamo ancora cenare.

Lo so.. me lo sussurrerai con il respiro corto nel momento in cui sbatterò dietro di me la porta di casa tua.

 

Tua madre è all’ospedale questa sera.

 

Ha il turno di notte.

Possiamo fare con calma.

Mangeremo poi.

 

<Due o tre volte al giorno sì mi bastano per volare>

 

Hai accettato di curarmi solo da pochi giorni.

Eppure la tua medicina ha già dato i suoi frutti, lo sai?

Non mi sento più incatenato a questa terra.

 

Tu mi hai concesso ali per librarmi, libero.

 

Mi basta vederti.

Parlarti.

Sfiorarti per un momento.

 

<Aiutami a guarire da questa mia malattia>

 

Sto già meglio.

Da quel momento... in quel momento in  cui.. tu... tu che di timido non hai nulla...

...ne il carattere, ne l’aspetto....

 

... tu hai proferito quel fragile, lieve, imbarazzato... “sì”

 

<Affetto da una strana forma di cleptomania>

 

E’ stato solo sabato scorso.

Quel mattino che non dimenticherò mai, in cui, incontratoti per caso, rubai per la prima volta.

Rubai il pallone dalle tue mani, lì in quel campetto sulla spiaggia.

Ti rubai la promessa di concedere al vincitore un desiderio.

 

<Voglio averti mia, solamente mia>

 

“Vuoi essere mio...?”

Lo ricordi.

Furono esattamente quelle le mie parole.

E poi un bacio.

 

Il bacio.

 

<Già sto meglio se ti tengo tra le mie mani>

 

Sono stato meglio.

Immediatamente.

Nel momento stesso in cui ti ho stretto a me.

Le mie mani sulla tua schiena, ad accarezzarti piano.

 

<Sto guarendo se ti tengo tra queste mani>

 

Sto guarendo, lo sai?

Non vado più a sbattere da nessuna parte.

Gli altri sintomi però sono rimasti ancora tutti.

Non importa... ci impegneremo a fondo con le cure.

 

<Aiutami a guarire da questa mia malattia>

 

Mi aiuterai non è vero?

Le carezze hanno un effetto benefico anche su di te.

E i baci ti lasciano le guance arrossate.

Anche se... a volte mi chiedo...

 

<Affetto da una strana forma di cleptomania>

 

L’ho notato sai.

Mi insegui con lo sguardo.

Quando senti le mie fans urlare slogan osceni mi passi accanto, sfiorandomi.

 

Rubandomi a loro.

 

Prendendo il mio sguardo per te.

Do’aho... forse.. forse io non sto guarendo... sei tu... che ti stai ammalando...

 

<Voglio averti mia, solamente mia>

 

“Tu sei mio..”

Me l’hai detto prima quando quelle hanno decisamente esagerato con le proclamazioni d’amore per me.

Do’aho... non dovresti nemmeno preoccuparti di essere geloso... tu sei l’unico che può curarmi lo sai?

E adesso che abbiamo fatto la doccia.. andiamo a casa.

Sarà meglio che rientriamo in fretta.

 

Già perchè... te lo leggo negli occhi... do’aho... la malattia ti ha infettato il sangue.

 

Il tuo corpo brucia, non è vero?

Respiri in fretta eppure.. non abbiamo corso.

Devo afferrarti per una mano quando usciamo perchè tu, distratto, stavi per inciampare sul gradino.

 

Povero, piccolo, do’aho.

Ma non ti preoccupare... ti curerò io.

E insieme.. io e te... affronteremo questo male strano.

 

Questo virus... che chiamano Amore.

 

 

Fine...

 


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