Disclaimers. Non mi è
dato di volta il cervello tutto insieme, ma per l’hanaruday speciale in
ritardo, giusto in tempo per il loro compleanno tutta dedicata a Calipso e
Nausicaa, sperando di non aver combinato un macello.
Ovviamente Hanamichi e
Rukawa sono miei e li presto solo alle mie più care amiche, ormai Inoue non
ha più diritti! ^^
Ci sono
anch'io di
ria
“Forse sarebbe meglio
smettere…”
“Hn… cosa?”
“Forse sarebbe meglio
smettere.” Questa volta le parole non furono soffocate dal rumore del
pallone che rimbalzava sul parquet e risuonarono nitide nella palestra
deserta. Deserta a parte loro due, i forzati dell’allenamento.
“Ok, se vuoi andare a
casa, ci vediamo lì, io resto ancora un po’.”
Di nuovo il rumore della
palla.
“Io…” Hanamichi tese una
mano, ma l’attenzione di Rukawa era di nuovo concentrata sul gioco, sul
carico alle gambe per saltare più in altro, su tutto il resto, tranne che su
di lui.
“Io non mi riferivo al
basket.” Mormorò, ma la sua voce rimase soffocata da altri rumori.
Così come lui si sentiva
soffocare dagli impegni, dalla scuola e adesso anche dalla persona che
amava.
Chinò il capo sconfitto,
tanto valeva andare veramente a casa.
Si diresse a passo stanco
verso gli spogliatoi per raccogliere la sua roba. Poteva fare una doccia lì,
o poteva farsela a casa, il risultato non sarebbe comunque cambiato, a
quella fredda volpe non sarebbe importato né di vederlo nudo, né vestito,
infatti si stava cominciando a chiedere se gli era mai importato…
Si sentiva così inutile,
così triste…
E pensare che solo tre
mesi prima credeva di aver raggiunto la felicità perfetta e assoluta.
Di toccare il cielo con un
dito dopo tanta disperazione.
Già, perché è già brutto
scoprirsi omosessuali, anche se nessuno dei suoi amici ci aveva creduto
quando gliel’aveva detto, pensando ad un ennesimo scherzo cretino. Ma
scoprirsi innamorato del proprio rivale, era ancora più brutto. Qualcuno che
poi fino a quel momento aveva sempre trattato malissimo, con insulti, botte,
risse alla minima occasione e sgarbi sul campo e fuori.
La depressione era stata
inevitabile.
Certo, dopo la fine del
campionato e la loro clamorosa vittoria con il Sannoh, litigavano un po’
meno, erano arrivati ad avere anche un discreto affiatamento sul campo.
Ma da qui a fargli una
dichiarazione… Era stato merito di Yohei.
Lui che lo aveva
accettato, senza prenderlo in giro e senza falsi moralismi, ma semplicemente
con un “Sei sempre Hanamichi, il mio migliore amico, cosa cambia?”
Lui che gli aveva fatto
notare che Rukawa, anche se era sempre attorniato da ragazzine urlanti e
adoranti, non le degnava neanche di un’occhiata, ma gli unici che
consideravano ed entravano nella sfera del suo interesse erano gli
avversari.
Lui che lo aveva
incoraggiato a dichiararsi, perché non sopportava più di vederlo soffrire in
silenzio con un “Mal che vada, è il primo rifiuto che ricevi da un ragazzo,
prima di arrivare ad altri 50, troverai qualcuno che ti si piglia!”
E così raccogliendo tutto
il suo coraggio si era fatto timidamente avanti una sera, rosso come un
pomodoro e un po’ balbettante, mentre Rukawa lo fissava impassibile e freddo
come al solito senza neanche stupirsi della sua dichiarazione di volergli
bene.
Gli aveva solo detto “Ok.”
lasciando Hanamichi confuso e stordito, senza sapere che fare.
Ok cosa?
Ok, una constatazione.
Ok, un rifiuto.
Ok, adesso poteva
considerarlo il suo ragazzo?
C’era da dare la testa nei
muri per interpretare le parole della volpe.
Poi Rukawa si era chinato
leggermente verso di lui e gli aveva sfiorato le labbra con le sue, un
contatto fuggevole e lieve, ma ad Hanamichi era quasi venuto un colpo.
Quello era un si! Un
inequivocabile e netto si!
La volpe era sua!
Lo aveva abbracciato
d’impulso e aveva cominciato a soffocarlo di baci, irruenti e un po’
inesperti anche, ma si sentiva quasi soffocare dalla passione che stava
traboccando in lui e adesso che aveva proprio il fulcro di quella passione
tra le sue braccia non poteva fermarsi.
Forse avrebbe già dovuto
capirlo allora.
Da come Rukawa si era
ritratto infastidito e un po’ irritato dal suo comportamento, tanto che lui
si era vergognato e scusato anche, ricevendo in cambio il solito “Hn.”
Da come nei tre mesi da
che stavano insieme, mai una volta aveva preso l’iniziativa di dargli un
bacio, prendergli la mano, fargli una carezza.
All’inizio si era detto
che era perché la volpe era un tipo chiuso e freddo che dava poca confidenza
e aveva bisogno di abituarsi, lui invece era sempre stato molto affettuoso e
aveva bisogno del contatto fisico.
Ma adesso… adesso non ce
la faceva più ad andare avanti!
Lui lo desiderava!! Era un
ragazzo di 16 anni, sano e con normali istinti e appetiti, ed era
innamorato. Innamorato di un ragazzo bellissimo, tanto che gli faceva male
al cuore a volte fissarlo, la pelle diafana e quasi trasparente, le labbra
soffici sempre imbronciate, il fisico snello ma muscoloso, gli occhi sempre
cupi e concentrati…. sul basket.
Sospirò. Come si faceva a
competere con una tale passione da rasentare l’ossessione?
Era Rukawa la sua
passione.
Lui amava giocare a
basket, sentiva di aver finalmente trovato la sua strada, ma passava notti
insonni a struggersi per Rukawa ed era ridicolo!!
Era nella stessa
situazione di Sendoh, visto che aveva scoperto che il giocatore del Ryonan
aveva una cotta per la volpe, eppure lui era il suo ragazzo! Avrebbe dovuto
essere in grado di accarezzare, toccare, baciare, leccare, mordere e tutto
il resto che gli veniva in mente nelle notti in bianco, tutte le volte che
vedeva quella pelle bianca svelarsi negli spogliatoi oppure balenare dalla
maglietta che si alzava durante un’azione di gioco. E invece no.
Rukawa sopportava qualche
bacio, che lui gli prendesse la mano qualche volta e basta.
E anche nella sue
inesperienza si rendeva conto di non averlo mai sentito premere eccitato
contro di lui per le loro effusioni. Cosa che invece gli era capitata più di
una volta, facendolo vergognare tantissimo e sentirsi come un animale. Ma
lui lo amava!
E lo desiderava anche.
Erano due sentimenti totalmente inscindibili, voleva dimostrargli tutto il
suo amore, adorandolo con il suo corpo, e non poteva. Non ce la faceva più
ad andare avanti così!
Si rendeva conto di aver
perso tutta la sua vivacità, restava in silenzio a lungo perché lui amava il
silenzio, e così soffocava tutto quello che aveva dentro, sui suoi sogni, le
sue speranze. Non lo abbracciava di slancio perché a lui dava fastidio. Non
lo baciava quasi più… perché era un supplizio.
Quando lo baciava perdeva
completamente il controllo e si sentiva in paradiso, ma sapeva che per
Rukawa non era così e allora non era masochista al punto da continuare a
farsi del male.
Sbattè un pugno sul muro
fuori dalla palestra fino a farsi sanguinare la mano.
Che importava tanto?
Era una situazione
insostenibile, non voleva arrivare al punto di odiarlo perché non lo
ricambiava. Non sarebbe stato giusto nei confronti di Rukawa.
Ma questa decisione gli
stava spezzando il cuore, era come pretendere di vivere tagliato in due.
Quello che lo aveva spronato ad iniziare a giocare a basket era Rukawa,
quello per cui si sottoponeva ad allenamenti massacranti per essere
all’altezza era sempre Rukawa.
“O merda!” esclamò mentre
sentiva le lacrime scorrergli sul volto. Doveva restare calmo. Non gli aveva
neanche ancora parlato. Certo aveva fatto un tentativo in palestra, ma se
non fosse stato così depresso, c’era da morire dal ridere.
Ovviamente il suo ragazzo
non aveva capito nulla.
Non doveva piangere, non
serviva a niente.
Si passò una mano sugli
occhi e si incamminò verso casa sua. Non aveva proprio voglio di andare a
casa di Rukawa. Si sentiva sempre come un ospite, non aveva il coraggio di
toccare nulla per paura che gli desse fastidio o che venisse sgridato.
E poi aspettarlo per fare
cosa ? Mangiare qualcosa parlando di basket, vedere una partita registrata
dell’NBA, qualche coccola sul divano se lo vedeva particolarmente rilassato
e poi a casa propria a farsi una doccia fredda e a girarsi tutta la notte
sul futon, cercando di dormire ma bruciando dal desiderio di stringerlo tra
le braccia. Tanto valeva passare direttamente alla seconda parte della
serata.
Forse fin dall’inizio
erano destinati a fallire.
Come coppia in campo erano
spettacolari, ma tutto qui.
Forse non era destino
essere coppia anche nella vita.
Una volta a casa, andò a
farsi direttamente una doccia, non c’era nessuno, sua madre lavorava di
nuovo di notte, non la vedeva mai praticamente. Steso sul futon, guardava il
soffitto con gli occhi sbarrati, aveva lo stomaco chiuso in una morsa,
peggio che prima di una partita, peggio di quando aveva fatto la sua
dichiarazione a Rukawa.
Ma perché era nervoso?
Probabilmente l’altro lo avrebbe solo guardato, senza battere ciglio, e
avrebbe detto il solito “Hn.” per poi riprendere a giocare. Si rigirò nel
futon.
E magari Sendoh sapendolo
libero si sarebbe fatto avanti e Rukawa non avrebbe battuto ciglio,
accettando anche lui con un “Hn.”
Si rigirò di nuovo
stringendo i pugni.
No!
E come avrebbe fatto lui a
vederlo insieme ad un altro? O ad un’altra…
Oh kami… poteva smettere
di giocare a basket…
Ma accantonò subito il
pensiero.
Giocare a basket era ormai
uno dei suoi bisogni fondamentali come mangiare, bere, respirare… amare
Rukawa.
O kami dammi la forza per
andare avanti.
“Che cosa?” chiese Rukawa
con voce fredda e pericolosamente bassa.
Erano sulla terrazza della
scuola, nell’intervallo del pranzo. Sapeva che lo avrebbe trovato lì a
sonnecchiare e aveva pensato che prima glielo diceva, meglio era. Poteva
raccogliere i cocci del suo cuore e… e poi non sapeva cosa avrebbe fatto.
“Io… forse è meglio
finirla qui.” Ripetè piano, non riuscendo a guardarlo negli occhi. Se lo
guardava si sarebbe messo a piangere come un bambino, implorandolo di amarlo
almeno un po’ e quello non era un comportamento adatto a Sakuragi, il tensai.
“Hn.”
Ecco, ci aveva scommesso
che avrebbe commentato così.
E qui si chiudeva la sua
prima ed unica relazione.
Non poteva esserci nessun
altro come Rukawa, nessuno nella sua vita.
Era diverso da uno dei
suoi 50 innamoramenti di ragazze che duravano lo spazio di qualche giorno.
“Io… ci vediamo agli
allenamenti.” Lo salutò, fingendo un’allegria che non provava, forzando i
muscoli delle guance a scoprire i denti nella parodia di un sorriso. Si
infilò le mani in tasca e fischiettando si avviò verso la porta delle scale.
Almeno il suo orgoglio era
salvo, no?
Ma non aveva neanche fatto
un passo che venne preso e sbattuto senza tante cerimonie contro il muro.
Tutto il fiato gli uscì
dai polmoni dopo il pugno nello stomaco che ricevette.
Si piegò in avanti, mentre
una ginocchiata in fronte gli fece rialzare la testa di scatto.
Per riflesso condizionato
lasciò partire un destro diretto alla mascella di Rukawa che incassò il
colpo senza scostarsi di un centimetro, anche se un filo di sangue cominciò
a scendergli dall’angolo della bocca, non poteva pretendere che la volpe non
reagisse così si prese un altro pugno in pancia prima di rispondere a sua
volta con una botta sul fianco. Vedere il sangue lo aveva allarmato
improvvisamente. Da quando si erano messi insieme, non erano più arrivati a
farsi così male durante le risse che non erano mia finite, litigavano sempre
come cane e gatto, ma a lui piaceva e anche a Kaede.
“Che cosa vuoi fare?” gli
sibilò questi serrandogli le braccia in una morsa ferrea e sottolineando
ogni parola con uno scossone brusco.
“Lasciami andare, stupida
volpe!” se lo scrollò di dosso con una certa difficoltà. Tra i due era
senz’altro lui il più forte e massiccio, ma anche Rukawa non scherzava in
fatto di forza, anche se aveva un fisico più snello e nervoso.
Ma la libertà durò ben
poco, Rukawa lo riafferrò spingendolo di nuovo contro il muro e tenendovelo
inchiodato con tutto il suo corpo.
Hanamichi rimase di nuovo
senza fiato, questa volta per il contatto con il corpo del suo ragazzo. Mai
in tre mesi lo aveva sentito così vicino e così partecipe… solo che non lo
stava abbracciando con passione… lo stava guardando come se lo odiasse.
“Hai finito di divertirti?
Ti ho già stancato in questi tre mesi?” gli sibilò sulla faccia ad un
millimetro dalla bocca.
E Hanamichi cominciò a
sudare, perché si doveva comportare così proprio adesso che aveva deciso di
lasciarlo e finirla con quella tortura per entrambi.
“Sei tu quello che è
annoiato.” Mormorò, abbassando gli occhi sulle sue labbra, non riusciva a
sostenere il peso di quello sguardo intenso fisso su di lui.
E fu uno sbaglio.
Vedeva solo le labbra muoversi, la lingua fare capolino fra i denti candidi.
E lui si sentiva andare a fuoco e sempre più affamato di quella bocca, del
sapore dolce che sapeva trovarsi tra quelle labbra, come una perla in
un’ostrica. Ma era tempo di dire basta, era come un drogato che non riusciva
a stare senza la sua dose anche se sapeva che lo avrebbe ucciso e Rukawa era
la sua droga…
“Che cosa, do’aho?”
“Non chiamarmi in quel modo!” gridò, tornando a guardarlo negli occhi.
“Ti
chiamo come mi pare, razza di deficiente! E adesso cosa succede? Vengono
fuori i tuoi amici a prendermi in giro per esserci cascato come un pollo.”
Gli sputò contro con livore, mentre continuava a scrollarlo con rabbia.
Sakuragi spalancò gli occhi stupito, che cosa stava dicendo? Non si rendeva
conto che era meglio così, che lui stava cercando di essere nobile e
lasciarlo libero perché sapeva che non sarebbe stato felice con lui e poi…
Quali amici?
“Quali amici?” ripetè a voce alta imbambolato
“Quei decerebrati che ti vengono sempre dietro!”
“Tu
non ne hai nemmeno uno di amico!” ribattè arrabbiato, dimenticandosi di
quello che c’era in ballo tra loro in quel momento.
“Io
pensavo di averlo trovato in te, do’aho.” Gli sussurrò guardandolo negli
occhi, per un attimo placato.
E
Hanamichi si sentì morire. Come faceva a lasciarlo? Dove avrebbe trovato il
coraggio di lasciar perdere tutto quello… ma che cosa aveva in realtà?
Qualche volta la sua presenza al fianco, qualche volta una carezza, qualche
volta un bacio e poi? Poi una bella doccia gelata, perché le esigenze del
suo corpo a quanto pare erano diverse da quelle della volpe. Irrigidì la
mascella.
“Io
pensavo di aver trovato un ragazzo.” Ribattè cercando di tenere ferma la
voce.
Rukawa strinse gli occhi impercettibilmente.
“Che c’è?! Il tipo freddo e scostante non ti va più e ora vuoi tornare dalla
tua sciacquetta, adesso che hai provato il brivido del “diverso”?”
“Che? Ma cosa…” Hanamichi cadeva sempre di più dalle nuvole.
“Dalla Akagi, quell’ochetta che adesso ti sta sempre dietro!”
“Non capisci niente! E non hai mai capito niente, non ti sei neanche
sforzato, il tuo unico pensiero riguarda sempre e solo il basket!”
“Tu
non ti sei mai spiegato!” ribattè brusco spingendolo di nuovo contro il muro
e schiacciandogli addosso in modo che non si muovesse.
“Lasciami.” Disse deciso Hanamichi. Non c’era altro modo per farlo capire a
quella testa dura, doveva convincerlo che era veramente quello che voleva o
l’altro l’avrebbe perseguitato fino all’inferno. Aveva cominciato a
conoscere un po’ il suo carattere. L’apparente indifferenza e apatia di
Rukawa non erano dovute al fatto che non lo interessava niente, a parte il
basket, ma si trattava di concentrazione. Era selettivo e sceglieva di
sprecare le sue energie solo con cose che lo coinvolgevano veramente, e a
parte il basket, erano veramente poche… certo per un po’ si era illuso di
fare parte della categoria, ma non era così.
“No.”
“Kitsune…” gli sfuggì suo malgrado. Quello però era una cosa che Rukawa
aveva capito eccome. La sua mania di chiamarlo con soprannomi non era che un
altro modo per dimostrargli il suo affetto, solo che lo mascherava con degli
insulti. Si morse le labbra, arrabbiato con se stesso per essere ricaduto a
chiamarlo nel suo modo tipico. E gli occhi brucianti di Rukawa si puntarono
sulle sue labbra.
No, no, no!! Non è vero, è solo uno scherzo della mia immaginazione
torturata. Ha sempre accolto con fastidio i miei baci, perché adesso le cose
dovrebbero essere diverse. Solo perché ho deciso di lasciarlo e il suo
orgoglio non lo permette e vuole farmela pagare?
“Dimmi…” gli sussurrò piano. Hanamichi si irrigidì ancora di più e si
arrabbiò.
“Lasciami!” sibilò “Le lezioni stanno per iniziare.”
“Credi di cavartela con così poco?”
“Cosa vuoi ancora da me!” gli urlò contro liberandosi con uno scatto.
Rukawa si infilò le mani in tasca e lo fissò gelido “Ancora? E che cosa mi
hai dato finora?”
La
rabbia di Sakuragi aumentò ancora, ma chi credeva di essere!! “Che… che cosa
hai detto? Ti ho dato tutto!”
“Davvero? E allora perché non mi parli più? Perché non mi racconti più dei
tuoi sogni? Perché non mi abbracci più? Perché non mi baci più con quella
passione che avevi all’inizio! Credi che sia così freddo da non averlo
notato? Non ti interesso più? Hai trovato qualcun altro?!” le mani di Rukawa
si erano di nuovo appese alla sua giacca e lo strattonavano furiosamente.
Hanamichi era come paralizzato, dal dolore e dallo stupore, che avesse
capito male, che la volpe ci tenesse almeno un pochino a lui e avesse solo
bisogno di più tempo per sciogliersi? Non riusciva a pensare con calma con
Rukawa così vicino che continuava a stargli addosso e aveva bisogno di
riflettere, in fretta e seriamente.
“Io… io…” lo baciò all’improvviso sulle labbra e poi corse via.
Non
era venuto agli allenamenti!!
Quel cretino di una scimmia rossa, quell’idiota patentato, quel… do’aho,
aveva saltato gli allenamenti. E lui era furioso!! Pazzamente furioso, aveva
giocato come un matto, sfiancando i compagni di squadra e andando giù
pesante con i falli, ma doveva sfogarsi in qualche modo e non potendo
prendere a pugni l’oggetto della sua collera si doveva arrangiare con altro.
“Rukawa cerca di stare calmo.” Lo ammonì per l’ennesima volta Miyagi,
nessuno aveva osato dirgli niente, ma tutti si tenevano ben alla larga da
lui. Non sapeva se la squadra era al corrente del cambiamento dei rapporti
tra lui e Hanamichi, Ayako, ma per una questione di intuito, e Yohei, il
migliore amico del suo ragazzo cretino, sicuramente sì, degli altri non gli
importava niente.
Maledizione! Ma che cosa gli era saltato in testa!!
Lasciarlo?! Doveva solo provarci e gli avrebbe fatto sputare l’anima, lui
era suo!
Suo!
Ed
era abituato a tenersi quello che era suo, solo che quella tenera scimmia
non l’aveva ancora capito.
Non
aveva capito come quella dichiarazione di tre mesi prima aveva cambiato la
sua vita.
Non
gli era mai pesato stare solo, aveva il basket e il suo sogno da inseguire,
ma trovare improvvisamente qualcuno con cui percorrere insieme la strada
verso il suo sogno aveva quasi del miracoloso e adesso che aveva assaporato
quella felicità nessuno gliel’avrebbe portata via, nessuno.
Neanche il suo do’aho.
“Rukawa.” la voce calma di Ayako lo riscosse dalle sue riflessioni. La fissò
truce, non aveva voglia di parlare, di dare spiegazioni su se stesso, su
Hanamichi o su di loro.
“Rukawa…” provò di nuovo Ayako, sorridendogli dolcemente “Perché non vai a
cercarlo?” gli chiese semplicemente “Sembri non giocare al meglio quando non
c’è lui.”
Rukawa sbuffò irritato. Che cosa ne sapeva Ayako di quello che c’era tra
loro. Però aveva colto nel segno, ma non aveva voglia di parlarne con Ayako
davanti alla nuova manager, la sorella di Akagi… Haruko-chan, per quella
specie di idiota. Quanto gli dava fastidio quella ragazzina petulante che
arrossiva ogni volta che lui la guardava e che si affaccendava sempre
intorno ad Hanamichi facendolo arrossire, quello scemo!
“Hn.”
“Se
servisse a calmarti un po’ l’umore, almeno una volta che l’hai trovato puoi
prendere a pugni lui e finire di terrorizzare la squadra, no?” gli strizzò
l’occhio maliziosa “Oppure puoi fare qualcos’altro per sfogarti…” e questa
volta lo vide arrossire leggermente, una cosa più unica che rara per lui.
“Non ti da fastidio?” chiese leggermente incuriosito, non leggeva né
condanna, né disprezzo negli occhi di Ayako, solo una tacita complicità e
anche comprensione.
“Perché dovrebbe? Sono affari vostri e poi siete felici e lasciatelo dire,
siete anche una bella coppia!!” gli diede un colpetto sul braccio e poi
tornò ad osservare gli allenamenti, mentre Miyagi fumava di gelosia, ma non
osava avvicinarsi a Rukawa, dato la sua aria truce.
“Hn.” Dove lo poteva cercare? Chiedere a Yohei? Non ne aveva voglia e poi
anche se sapeva che era solo il suo migliore amico e anzi che l’aveva
incoraggiato a dichiararsi, era geloso…
Irrazionalmente geloso.
Perché lo conosceva da quando erano piccoli, perché poteva passare del tempo
insieme a lui sotto gli occhi di tutti e non nascondersi come avevano fatto
loro due, perché era convinto che Hanamichi gli raccontasse i suoi sogni e
le sue speranze.
Ed
era una cosa stupida, Yohei era solo il miglior amico di Sakuragi, non
conosceva i suoi baci affannosi e umidi, i suoi abbracci appassionati.
Non
sapeva che quegli occhi nocciola si scurivano fino a diventare quasi neri
quando si eccitava, che il suo corpo era bollente e lo riscaldava fin
nell’anima.
E
nessun altro doveva conoscerlo in questo modo.
Ora… se solo fosse riuscito a spiegarlo a quell’idiota! Gli sembrava che le
cose andassero più che bene fino a quel mattino, aveva fatto presto ad
abituarsi alla routine di averlo sempre intorno, di sentire spesso il
contatto fisico, certo che Hanamichi ultimamente era più silenzioso e lo
abbracciava e baciava meno che nei primi tempi.
Era
questo il problema? Si era sentito respinto e aveva cominciato a comportarsi
nel modo in cui pensava fosse quello che voleva lui?
Se
era così…
“Idiota al quadrato, anzi no, idiota al cubo!”
Non
tutti riuscivano ad essere espansivi e dimostrare subito i loro sentimenti
come faceva la sua scimmia rossa, ma avrebbe dovuto fare uno sforzo non
appena lo trovava… naturalmente dopo averlo pestato un po’ per averlo fatto
preoccupare così tanto.
Prima però doveva cominciare a cercarlo e sperava tanto che si fosse
rifugiato in terrazza, pensando che lo sarebbero andati a cercare a casa…
sapeva anche che ragionamenti faceva, non gli diceva niente la testa a
quell’idiota che questo era un indice che ci teneva a lui?
Dopo le lezioni non c’era nessuno in terrazza e un paio di volte erano
andati là a farsi un po’ di coccole… su insistenza del do’aho, ricordò con
una fitta di rimorso. Era sempre Hanamichi che prendeva l’iniziativa. Ma lui
non lo faceva certo apposta. Non era abituato a manifestare i propri
sentimenti. Avrebbe dovuto imparare o meglio quel do’aho doveva insegnarli e
metterci anche molta pazienza. Si permise un piccolo sorriso, c’era ancora
speranza, non era mai stato così convinto di una cosa in vita sua. Corse
nello spogliatoio a cambiarsi seguito da occhiate allibite e anche un paio
sollevate, non aveva tempo da perdere in spiegazioni alla squadra.
La
terrazza era deserta… si era sbagliato?
Quella testa di rapa era andata direttamente a casa? Ma lui quella sera era
in caccia e niente lo avrebbe fermato. ^^
Meglio controllare bene, non aveva voglia di fare avanti e indietro in
bicicletta, con il risultato che il suo umore sarebbe andato ulteriormente
peggiorando.
In
silenzio girò intorno alla torre dell’orologio e vide un ciuffo di capelli
rossi spuntare da dietro un muretto.
Bingo! Eccolo lì, nell’angolo più riparato. Il loro angolo delle coccole,
come lo chiamava Hanamichi.
Solo che nell’ultimo periodo non ce l’aveva più portato, il cretino!
Si
avvicinò piano senza far rumore, ma sarebbe stato uguale.
Il
suo ragazzo dormiva saporitamente, russando piano, quasi il ronfo di un
gatto che fa le fusa, la testa appoggiata al muro, rannicchiato in un
angolo.
L’aveva trovato! E adesso non l’avrebbe lasciato più. Si sedette al suo
fianco, ma Hanamichi non si svegliò. Il suo sonno era sempre a prova di
bomba. Un paio di volte si era addormentato sul divano di casa sua mentre
guardavano una partita di basket in tv, cosa che lo aveva fatto arrabbiare
molto. Però era anche molto tenero… da quando aveva questi pensieri così
sdolcinati? No, non sdolcinati, non sarebbe stato giusto nei confronti di
Hanamichi, quello che provava per lui non era niente di zuccheroso, ma un
sentimento reale e potente, non riusciva ad esprimerlo a parole, un po’
perché non era abituato, un po’ perché gli sembrava che se ne avesse parlato
avrebbe sminuito quello che sentiva dentro di lui.
Lo
osservò ancora un attimo, i ciuffi ribelli gli cadevano sulla fronte liberi
di accarezzare la sua pelle senza che il proprietario li scostasse sempre
seccato perché gli davano fastidio, le labbra generose erano socchiuse in un
leggero russare, e poi… aveva delle ombre scure sotto gli occhi che non
aveva mai notato.
Colpa sua?
Si
fece passare un suo braccio sulle spalle e appoggiò la testa contro il suo
torace. Il calore del suo corpo lo stava già riscaldando piacevolmente,
aveva ritrovato la sua stufetta personale. Chiuse gli occhi e ascoltò il
battito del suo cuore. Era forte, regolare, una ninna nanna perfetta per
addormentarsi nelle braccia del ragazzo a cui teneva così tanto, avvolto dal
suo calore e dal suo profumo. Ma non aveva voglia di dormire, aveva sprecato
troppi momenti nelle braccia di Hanamichi, non voleva buttarne altri e poi
quella scimmia rossa doveva capire di appartenergli totalmente e
irrevocabilmente!
Che
sogno stupendo! Aveva Kaede tra le braccia, addormentato e sereno che si
faceva baciare senza scostarsi irritato, anzi lo ricambiava anche! Cominciò
a riempirgli di piccoli baci i capelli profumati di mare, poi scese
sull’orecchio soffiando piano e mordicchiando il lobo e sentì quel corpo
tanto adorato attraversato da un brivido. Continuò a baciare la guancia
liscia, il naso dritto fino a scendere sulla bocca, quasi sempre
imbronciata, ma ora sensuale e aperta, umida e profumata di menta, in attesa
di altri baci. Strinse le braccia attorno alla sua volpe e poi unì le labbra
con le sue in un timido contatto.
La
bocca di Rukawa cercò ancora la sua fino a catturarla in un bacio
appassionato mentre le sue mani scivolavano sotto la giacca della divisa
togliendogli il fiato.
Aprì gli occhi di colpo e si ritrovò specchiato in quelli neri e
scintillanti del suo compagno. Poi li richiuse di nuovo, perché se era un
sogno non voleva più svegliarsi. Ma la lingua di Rukawa non dava tregua alla
sua, rubandogli tutto il fiato e accelerandogli i battiti del cuore. Lo
strinse più forte e le sue mani scivolarono sulla schiena e poi più giù,
stringendo possessive i glutei muscolosi.
Rukawa si ritrovò in cerca d’aria, ansimando con affanno “Do’aho…” mormorò.
Hanamichi lo fissò ancora stranito, ansimando anche lui e continuando a
stringerlo a sé.
“Non è un sogno, allora?”
“Certo che no, razza di idiota!” tornò a baciarlo con passione. Ma Hanamichi
lo tenne a distanza con un braccio.
“Aspetta!”
“Che cosa?”
“Perché tutto questo ardore?” chiese sospettoso e amaro, continuando però a
fissare ipnotizzato quella bocca così invitante e ora arrossata dai baci che
si erano scambiati.
Non
era stato un sogno! Non era stato un sogno!
“Perché fai domande do’aho?” chiese freddo. Voleva vedere che cosa gli
avrebbe detto. Se la reazione di Hanamichi era dovuta solo all’attrazione
fisica che c’era sempre stata innegabile tra di loro, non avrebbe retto,
poteva spezzargli il cuore in un solo momento, quando gli aveva dato un
potere simile? Non doveva accadere, assolutamente no!
Lui
voleva tutto!
“Perché io non posso andare avanti come abbiamo fatto in questi tre mesi.
“Ti
manca il sesso?” ironizzò sempre gelido.
“No!” esclamò di slancio arrossendo “Si…” si corresse “… ma non è solo
quello.” Mormorò distogliendo lo sguardo da lui.
Si
districò dall’abbraccio, ma Rukawa non lo lasciò andare “Non è solo quello,
non capisci?”
“Sembra di no, è già la seconda volta che me lo ripeti.” Ribattè secco.
Dentro di lui però fremeva in trepidante attesa della risposta del suo
ragazzo, se non avesse tenuto a lui Hanamichi non sarebbe stato così
nervoso, no? E non l’avrebbe neanche baciato con tanta passione, no? E anche
adesso non riusciva a tenere le mani lontane da lui, questo doveva pur voler
dire qualcosa, no?
“Io
non sono un animale.” Esordì Sakuragi con voce bassa.
“Davvero?”
“Non prendermi in giro… non credo che avrò il coraggio di ripeterti questo
discorso.” Proclamò serio, c’era anche una punta di amarezza nella sua voce
o si era sbagliato?
Lo
vide respirare profondamente, come per darsi coraggio e poi fissarlo negli
occhi, “Eppure certe volte mi fai sentire così.”
Queste erano le ultime parole che si aspettava… e facevano male.
Perché?
“Ogni volta che ti abbracciavo per baciarti pieno di passione e tu rimanevi
rigido.” Rispose alla sua muta domanda.
“Ogni volta che mi avvicinavo per una carezza, un gesto tenero e tu mi
scacciavi pieno di fastidio.”
“Ogni volta che la tua sola presenza mi faceva perdere la testa, solo che
per te non era mai vero il contrario.”
Sospirò di nuovo “Io non ce la faccio ad andare avanti così Rukawa, per
questo ti ho detto che sarebbe meglio lasciarci ora. Non perché io non sia
pazzo di te… mi basta guardarti per non capire più niente, o sentire la tua
voce per essere ridotto ad una gelatina tremante e credimi ho passato notti
insonni a cercare di capire il perché!”
Gli
scostò una ciocca di capelli dalla fronte, era vero che non riusciva a stare
lontano da lui…
“Non è per il tuo aspetto fisico, anche se quello non guasta di certo! Ci
sono altri bei giocatori. E non è neanche per il tuo carattere,
effettivamente ci saltiamo sempre alla gola, non credo andremo mai d’accordo
su qualcosa. Eppure non riesco a pensare ad altri che a te, a non sognare
che te, a desiderare solo te. Per cui alla fine ho capito, è perché sei tu,
tu e basta. Con il tuo carattere impossibile e glaciale, con la tua mania
per il basket e con tutti i difetti che ancora non conosco.” Sorrise ironico
“Non ci posso fare niente… qualcosa dentro di me ti ha riconosciuto la prima
volta che ti ha visto, ti sembra assurdo? Lo è anche per me, ma più ci penso
e più non riesco a trovare un solo motivo razionale per cui tu mi piaccia
così tanto, per farmi reagire in questo modo, eppure io voglio stare con te,
in ogni senso, diventare parte di te… il punto fondamentale del mio discorso
è che voglio fare l’amore con te, non riesco a trattenermi, tutte le volte
che mi sei vicino vorrei baciarti e non smettere più, baciare tutto il tuo
corpo, leccarlo, morderlo, farti urlare di piacere, trovarlo insieme… ma per
te non è così e allora meglio finirla qui. Non voglio diventare cattivo,
perseguitato dalla mia frustrazione. Non voglio farti del male.”
Rukawa lo aveva ascoltato in silenzio, quasi trattenendo il fiato. Quello
era il vero volto del suo do’aho, non la facciata da spaccone e bulletto.
Era
suo! Non poteva fare a meno di lui!
E
lui si teneva sempre quello che gli apparteneva.
“Posso dire qualcosa anch’io?” mormorò piano.
“Sarebbe la prima volta, a parte i tuoi ‘hn’.”
Gli
diede un pizzicotto per vendicarsi, così abbracciato a lui gli sarebbe stato
difficile dargli un bel pugno e malgrado tutti i contorcimenti di Hanamichi
non aveva nessuna intenzione di mollare la presa.
“Non mi hai dato tempo.”
“Cosa… “ gli chiuse le labbra con un bacio leggero e Sakuragi rimase a
fissarlo ad occhi sbarrati.
“Non mi hai dato abbastanza tempo. Non sono come te. Non prendo decisioni
impulsive. Non reagisco in cinque secondi. Non prendo fuoco immediatamente.
Questo è uno dei difetti che non conoscevi ancora.” Ma era serio mentre lo
diceva, tremendamente serio.
Qualcosa non tornava.
La
volpe era ancora abbarbicato a lui. Lo aveva baciato di sua spontanea
volontà. Gli stava dicendo di aver bisogno di più tempo… questo decisamente
non era il comportamento di qualcuno a cui non importava niente.
Era
vero allora?
Aveva preso tutto dal verso sbagliato?
Doveva continuare ad insistere, ad assediare la volpe di ghiaccio finchè non
gli si sarebbe sciolto fra le braccia?
Ma
era ancora restio a crederci, cinquanta rifiuti volevano pur dire qualcosa.
“Mi
hai detto tutto quello che sentivi, però hai dimenticato una cosa. Ci sono
anch’io con te. Non sei solo. Una coppia è formata da due persone.”
“Io…” non pensava sarebbe mai arrivato il giorno in cui Rukawa lo avrebbe
lasciato senza parole.
“Io
non posso diventare come te. Non sono così. E non credo che lo diventerò
mai, per quanto…” si interruppe, era più forte di lui non riusciva ancora a
dirgli quanto teneva ad averlo accanto.
Hanamichi lo fissava serio e assorto, la volpe stava cercando di dirgli
qualcosa, qualcosa di importante.
Poi
improvvisamente tutte le tessere del mosaico andarono al loro posto.
Lo
abbracciò forte e seppellì il volto nell’incavo della sua spalla,
mordicchiandogli la pelle tenera del collo, sentendo i brividi che lo
attraversavano.
“Ho
capito.” Sussurrò “Non hai bisogno di dire altro.”
Era
stata colpa della sua insicurezza? Forse
Ma
Rukawa aveva detto di sì a lui.
Era
lui quello che lo accompagnava a casa e stava con lui anche fuori dagli
allenamenti e dalla scuola.
Era
lui quello che poteva toccarlo, baciarlo e chissà forse un giorno avrebbe
ottenuto quello che desiderava di più.
Non
era mai stato un tipo paziente, ma per l’obiettivo giusto, per la persona
giusta, poteva imparare ad esserlo.
“Hai capito?” mormorò stringendolo forte a sua volta. Gli sembrava che
Hanamichi fosse più rilassato nel suo abbraccio e poi quella frase… forse la
paura che si era preso aveva fatto capire un paio di cose anche a lui oltre
che al do’aho.
“Si, ho capito, stupida volpe! Al contrario di te io sono un genio! Per cui
non hai bisogno di dire altro al tensai!”
Sollevò la testa per guardarlo negli occhi, un sorriso felice che gli
trasformava il volto e gli occhi brillanti di malizia.
“Sei pronto?”
“Per cosa?”
“Per l’assedio.” Si mise a sghignazzare di gusto, palpandolo un po’
grossolanamente, per scherzo.
Rukawa allontanò quelle mani impertinenti con uno sbuffo “Do’aho!” solo la
lunga abitudine a mantenersi serio gli impedì di scoppiare a ridere a sua
volta. Bisognava aver fede nelle capacità di recupero di Hanamichi, sembrava
non fosse successo niente, se non era per quelle ombre scure sotto gli occhi
e per i segni di morsi sulle labbra, si era tormentato un bel po’…
“Dovrò accontentarmi di stare con un cubetto di ghiaccio che pensa solo al
basket…” stava dicendo con tono falsamente lamentoso “… che non mi degna
neanche di un’occhiata, che non mi da mai un bacio di suo iniziativa…”
quello scemo stava cominciando a contare sulle punte delle dita e la cosa
cominciava a dargli sui nervi.
“Poteva andarti peggio, no?” lo interruppe seccato.
“Peggio?”
“Haruko poteva dirti di si.”
“Arrrgghhh!!! Rukawa!!!”
“Cosa vuoi?”
“Come puoi dire una cosa simile?! E tu mi avresti lasciato andare così? Tu
mi spezzi il cuore!” cominciò ad uggiolare.
“Ricordati una cosa, do’aho.”
“Che cosa?” chiese tornando serio, visto l’espressione intensa dell’altro,
quella che stava per arrivare non era una battuta, e lui era affamato dal
sapere qualche pensiero del ragazzo che ne occupava già tanti dei suoi.
“Non puoi costringere nessuno a restare se questo non vuole.”
Hanamichi lo fissò corrucciato, poi gli sorrise, ma non una delle sue
smorfie da pagliaccio e neanche uno dei sorrisi larghi e aperti di quando
era con Yohei, realizzò con stupore. Sembrava che quel sorriso fosse solo
per lui, speciale, misterioso, per dirgli che aveva capito, davvero capito
quello che lui non riusciva a dirgli a parole e che gli andava bene così.
“Quanti difetti dovrò ancora scoprire, kitsune?”
“Hn.”
“Vabbè, tanto abbiamo tempo, no?”
“Do’aho.”
Owari
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