Ci sei solo tu

parte V

di Sei-chan


Il viaggio di ritorno fu uno strazio. Per Ken. Kojiro non lo guardava e non gli parlava, e chissà se era arrabbiato o soltanto abbattuto. Anche lui lo era, un po’ di entrambi. Ce l’aveva con lui perché continuava ad evitare il suo sguardo e ogni suo tentativo di conversazione, ed era giù perché non era capace di consolarlo, come invece si era illuso. Si chiese se non avrebbe fatto meglio a restarsene a Kyoto, per dare tempo ad entrambi di sbollire un po’. Una delle poche cose che Kojiro gli aveva detto quella mattina era “Posso tornare anche da solo”, e Ken era rimasto in dubbio se interpretarlo come una gentilezza o come un modo per dirgli di stare lontano. Ma alla fine era partito con lui, e se gli era dispiaciuto, Kojiro non gliel’aveva fatto notare. Non gli aveva fatto notare niente. Sembrava deciso ad ignorarlo come se fosse trasparente.

- Hai intenzione di tenermi il muso per tutto il viaggio?- gli chiese dopo un po’, esasperato dalla noia di quel treno che sferragliava tranquillo senza un problema al mondo.

- Non ti sto tenendo il muso- rispose asciutto Kojiro, poi continuò a tacere.

- No, però è come se fossi invisibile-.

- Non ti ho detto io che dovevi venire per forza!-

- Preferivi che non venissi?-

- No, ma adesso sono stanco e non ho voglia di chiacchierare-.

- Questo l’avevo notato-.

- Senti, se penso per conto mio mi dovrò subire di continuo questo tuo sarcasmo?-

- Oh, no, se ti dà così tanto fastidio!- rispose Ken, alzandosi e andandosi a sedere in un altro posto. Kojiro ci rimase un po’ male, ma tacque. Entrambi rimasero al loro posto a fissare senza nessun interesse il panorama dal loro finestrino.

Ken si era già stancato di sedere da solo, ma aveva deciso di tenere il muso finché Kojiro non fosse andato a riprenderselo. Bel modo per ricucire il litigio della sera prima! Ma Ken era davvero stanco di dover sempre fare il primo passo per scusarsi, anche se non era vero che lo faceva sempre lui, anzi, di solito era Kojiro che si scusava. Ma era abbastanza arrabbiato dalla sera prima che la sua coscienza taceva.

Kojiro non si sentiva in torto. Lui aveva detto a Ken fin dal principio come la pensava su certe cose, e non gli sembrava affatto di aver colpa nel loro litigio. Certo, c’erano cose che Ken non avrebbe mai capito se lui non si fosse preso la briga di spiegargliele, ma anche la sua coscienza, per il momento, lo lasciava tranquillo. E poi non capiva perché, se Ken era tanto arrabbiato con lui, era venuto lo stesso a casa con lui. Se fosse restato a Kyoto con suo padre e suo nonno, forse a quell’ora si sarebbe divertito di più.

Per andare in bagno, Ken doveva necessariamente passare davanti a Kojiro. Anche se stava quasi per scoppiare, non si decideva. Se gli fosse passato davanti ignorandolo, magari Kojiro se la sarebbe presa e non si sarebbe più scusato, però se lo salutava come se niente fosse lui non avrebbe più dovuto fare il primo passo. Lo stomaco di Kojiro gorgogliò. Ken non lo sentì, naturalmente, ma Kojiro arrossì pieno d’imbarazzo. Il cibo era nella sacca di Ken. Sarebbe potuto andare a cercare il carrellino del bar, ma non voleva lasciar lì le cose incustodite. Certo, Ken era poco lontano, ma non era bello ignorarlo e andarsene senza dirgli niente.

Così entrambi rimasero fermi ai loro posti, ignorando con la forza di volontà le proprie necessità fisiologiche, fino a che la determinazione, e il pensiero degli onigiri nella sacca di Ken, non ebbero ragione di loro: entrambi si alzarono contemporaneamente. Ken rimase fermo, mentre Kojiro afferrava entrambe le borse e le portava dove era seduto lui; arrossì, faccia a faccia con Ken e poi sorrise.

- Hai fame?- disse gentilmente indicando le sacche.

- Sì… ora però vado in bagno, scusa!- Ken scomparve, e dopo un po’ ritornò, più rilassato. Intanto Kojiro si era seduto.

- Allora?- gli chiese Ken con sussiego. Kojiro abbassò gli occhi.

- Ehm, scusa se… scusa se ti ho ignorato, ok? È che… sono ancora un po’… ecco, da ieri sera-.

Ken gli gettò un’occhiata gelida. - E così mi chiedi scusa solo perché hai fame, vero?-

- L’importante è che l’abbia fatto- mormorò ferito Kojiro.

- Se mi metto a sedere vicino a te ti fai venire un altro attacco isterico?-

- No, no… scusa per ieri, è che… non me l’aspettavo-.

- Non me l’aspettavo neanche io, se è per quello, pensavo che ti sarebbe piaciuto, be’, insomma, mi è anche sembrato…-

- Non è che non mi è piaciuto, anzi, è solo che… non volevo venirti in bocca, santo cielo!- La voce di Kojiro si era alzata gradualmente per tutta la frase, e anche se nella carrozza non c’era nessuno, fu investito dallo - Sssh!- di Ken.

- Be’, scusami, ma a me non disp…-

- È… è proprio l’idea che non mi piace, ok? Tu non c’entri-.

- Sì, ma quello che non capisco è perché abbai fatto quella scenata…-

- Senti, perché non mangiamo? Tanto non riuscirei a spiegarti-.

- Perché sono un idiota o perché sei un pessimo maestro? Comunque questa scusa la sta usando un po’ troppo-.

- Hai ragione… ti prometto che… ti prometto che ti spiegherò, che cercherò di farlo… appena sarò in grado di farlo, ok? Te lo prometto-.

- Spero che te ne ricorderai e non farai finta di non avermi detto niente… tieni- Ken aprì la borsa e porse un incarto a Ken. Mangiarono per un po’ in silenzio. La voce registrata annunciò il nome della fermata più vicina. Tacquero ancora.

- Mm, questo qui è buonissimo. L’hai fatto tu?-

- Come no. Sono sicuro che se solo pensasi che l’ho fatto io non lo toccheresti neanche!-

- Ma ti sei offeso? Guarda che dicevo sul serio, comunque. È davvero ottimo-.

- Anche il mio è molto buono. Senti… siamo ancora arrabbiati?-

- Be’, se dipende da me, no, non direi… a cosa stai pensando?-

- Ecco… prima ho notato che non c’è nessuno, perciò… se non ti spiace… prometto di non allungare le mani…-

Kojiro sorrise e gli posò la mano su un fianco. Lo massaggiò per un po’, mentre Ken si mordeva un labbro.

-... no, non lo prometto più…-

- Ok, ti do il permesso di pomiciare con me…-

Ken non se lo fece ripetere e si precipitò sulle sue labbra, sul collo e sui capelli. Sembrava che la sua bocca fosse irrefrenabile, probabilmente la sera prima non era stata così smosciante come voleva fargli credere.

- Ehi, mi fai cadere tutto addosso…-

- Poi ti lecco io, non ti preoccupare…-

- Scemo…- mormorò Kojiro reclinando la testa. Ken si alzò un attimo da lui e lo guardò negli occhi.

- È meglio che guardi tu quando dobbiamo scendere, io non credo di riuscirci…- gli sussurrò prima di tornare sul suo corpo.

- Allora mi sa che restiamo su…-

Invece riuscirono a scendere alla fermata giusta. Erano arrossati, scarmigliati e molto felici. Dopo che furono scesi, anche molto infreddoliti, ma si scaldarono facendo una salutare passeggiata obbligata fino a casa con le borse pesantissime sulla schiena.

- Oggi tocca a me accompagnarti a casa, se non mi sbaglio- disse Kojiro.

- E quand’è che abbiamo fatto i turni? Non mi ricordo-.

- Dai! Non fare il difficile come al solito-.

- Ok… ehi, ti ricordo che casa mia è vuota, fino al nuovo anno…-

- Capito, ma è meglio che me ne torni a casa, se no mia madre si preoccupa…-

- Sì, raccontala giusta… comunque non è che dobbiamo per forza fare certe cose se mio papà non c’è… ne possiamo fare anche altre!-

- Rave di PlayStation?-

- Anche di cartoni animati, se vuoi!-

- Sai che apprezzo la tua videoteca, se domani ho tempo passo a trovarti!-

- Quando vuoi, tesoro… vieni qua!- Si scambiarono il bacio conclusivo della loro vacanza ed entrambi pensarono con sollievo che per fortuna avevano superato anche l’ultimo litigio.

Mentre andava a casa, Kojiro pensò con stizza che dal giorno successivo avrebbe dovuto ricominciare a lavorare, e che l’unico giorno che aveva ancora libero era solo Capodanno, poi fino al rientro a scuola non aveva più un giorno completo. Doveva rassegnarsi a passare da Ken soltanto gli intervalli fra un lavoro e l’altro, ma si sarebbero divertiti lo stesso… o almeno lo sperava: anche l’ultima sera a Kyoto entrambi pensavano di divertirsi ed era finita così… ma di sicuro entrambi avrebbero fatto il possibile per evitarlo.

 

- Guarda, non so come faccio a resistere dentro a questa gabbia di matti, il ristorante è sempre pieno così e tutti non fanno altro che sbraitare… il padrone si è anche messo in testa di aggiungere dei tavoli… e chi è che deve servire? Io, naturalmente, sempre io!- urlò Kojiro come saluto a Ken, che era passato a prenderlo.

- Wow, seratina di fuoco, eh? E io che credevo ti annoiassi, lì dentro!-

- Magari! Ne salta sempre fuori una diversa, guarda…-

- Mmm, non preoccuparti… appena arriviamo a casa, ho io un modo per farti passare la tensione…- sorrise malizioso Ken. Kojiro arrossì e non disse niente. Sussultò quando Ken gli passò un braccio attorno alle spalle e gli sorrise, col volto vicinissimo. Non aveva davvero voglia di pensare che fosse solo un nuovo tentativo di Ken, era certo che almeno per un po’ non ci avrebbe provato più… forse…

- Prego, entra pure. Siediti, intanto se vuoi ti offro qualcosa da bere-.

- No, grazie, va bene così. Piuttosto sono curioso di vedere la tua tecnica di rilassamento-.

- D’accordo, allora aspettami qui!- Ken scomparve per un po’, e poi ritornò, prendendolo per mano. - Vieni. Ti ho preparato il bagno-.

- Oh, che carino che sei! Oh, ma… lo vuoi fare anche tu?- Kojiro era diventato rosso fino alla radice dei capelli.

- Solo se non ti dispiace… anche se , ti confesso, non vedo l’ora!-

- O… ok, basta che non mi guardi e che…-

- Che sto al mio posto. D’accordo, non sono un maleducato, anche se potrei chiudermi qui dentro con te, e, quando avrai fame, sarà facile farti cedere…-

- Di sicuro più facile per me che per te, perché sei tu quello senza fondo!-

- D’accordo, d’accordo, mi hai scoperto. Ok, io non ti guardo e tu non guardo me, d’accordo? Anche se… tecnicamente… be’, senza dubbio ti ho già visto nudo… senza contare le docce della palestra!-

- Ma smettila! Sei un guardone, e comunque… io non ti ho mai visto, e non voglio…-

- Va bene, va bene, non voglio approfittare della mia superiorità schiacciante. Allora se vuoi entra tu, poi quando sei dentro chiamami-.

Kojiro entrò nel bagno già pieno di vapore e si spogliò con calma. Be’, non era poi tanto male, ed era anche vero che Ken l’aveva spogliato tutto a Kyoto, ma si sentiva sempre molto imbarazzato. Probabilmente anche se avessero fatto l’amore per un po’ sarebbe stato imbarazzato nel farsi guardare, anzi, lo sarebbe stato di sicuro di più. Entrò nella vasca e chiamò Ken. Lo sentì fare un po’ di rumore mentre si spogliava e riponeva con ordine i vestiti sopra i suoi, attraverso la mezza parete che separava l’antibagno dalla vasca.

- Sto entrando…- disse poi, e Kojiro voltò il viso fino a che Ken non si fu seduto. Lo guardò sorridendo.

- Ti senti meglio?-

- Non c’è paragone con prima, grazie!-

- Forse ti farebbe bene un viaggetto alle terme, prima di ricominciare la scuola!-

- Magari, ma con la tua gita a Kyoto mi sono giocato le ferie fino a quest’estate!-

- Oh, non credo che siano così schiavisti, i tuoi datori di lavoro-.

- No, non lo sono, ma non per questo ho il permesso di bighellonare di continuo… hanno dalla loro il potere di licenziarmi!-

- Sembra un incantesimo, da come lo dici… ehi, ti andrebbe un bel massaggio?-

Kojiro arrossì.

- Dai, non ti fa male, anzi, guarda che…- continuò Ken.

- Ok- sussurrò Kojiro con un filo di voce, imbarazzatissimo. Ken strisciò nell’acqua fino a dietro di lui, e gli mise le mani sulle spalle. Cominciò a strofinarle su e giù, lungo il collo e le spalle, e per stare più comodo fece appoggiare la schiena di Kojiro al suo petto.

- Rilassati, non stare così teso… lo sai, quando facevo karatè mi concentravo talmente tanto che alla fine non riuscivo più a muovere la bocca!-

- Stringevi i denti?-

Ken rise. - Sì, e alla fine mi facevano male tutti quanti i muscoli… e allora mio padre ha assunto un massaggiatore, e io… ho imparato un bel po’ di cose-.

- Hai imparato bene…- mormorò Kojiro trasognato.

- Ho imparato anche qualche altro genere di massaggi, non so se mi spiego… magari più tardi te li faccio provare, se vuoi- aggiunse Ken malizioso, per vedere come reagiva Kojiro.

- Dove li hai imparati?- rispose Kojiro con un sussurro: si stava rilassando forse un po’ troppo, anche se Ken non se ne accorse, dapprima.

- In realtà… diciamo… sono autodidatta… ma due o tre cose me le sono fatte spiegare, sai, quando…- Ken continuò a parlargli per un po’, prima di accorgersi che non lo seguiva più da un pezzo.

- Ehi, Kojiro, ma mi segui? Kojiro! Ma guarda tu!-

La tensione di Kojiro si era sciolta così bene che il ragazzo si era addormentato sotto il massaggio di Ken, appoggiato al suo petto. Ken gli sollevò leggermente la schiena per spostarsi e poi lo fece riappoggiare alla vasca. Gli sistemò i capelli sulla fronte e poi uscì, rivestendosi con calma, giusto il tempo perché l’acqua diventasse troppo fredda per lasciarci Kojiro a mollo.

- Kojiro, ehi, Kojiro! Svegliati!- con una certa difficoltà Kojiro aprì gli occhi, rabbrividendo.

- Che cosa c’è?- mormorò controvoglia.

- C’è che ti sei addormentato nella vasca, e se stai dentro ancora un po’ finisce che prendi un malanno-.

Kojiro starnutì.

- Ecco, hai visto?- continuò Ken.

- Pe… perché stavo dormendo qui?-

- Ti ho fatto un bel massaggio distensivo e sei piombato giù come una pera cotta-.

- È vero… scusa, ho tanto sonno…-

- Per prima cosa asciugati e vestiti. Intanto preparo un tè, ok? Vieni in cucina, dopo-.

Kojiro si vestì, mezzo intontito. Eppure avrebbe dormito volentieri ancora un po’. Raggiunse Ken in cucina e lo trovò che versava il tè nelle tazze.

- Ce ne hai messo di tempo, eh!-

- Scusa, sono ancora tutto stordito…-

- Mi spiace, ho interrotto qualche bel sogno?-

- No, no, non stavo sognando niente, ma stavo così bene…-

- Ti vuoi fermare per dormire, eh?- gli chiese Ken mentre finivano di bere il tè.

- No, è meglio di no… se non torno mia madre mi scuoia, dice che non mi vede mai!-

- La scusa della madre invadente è sempre buona, vero? Lo sai che per me non c’è problema!-

- Lo so, e non è una scusa, davvero! Quando non lavoro vengo da te, e se mi fermassi anche a dormire se la prenderebbe molto…-

Ken s’intristì. - Ok, se proprio non vuoi restare… comunque se sei così stanco non vedo perché…-

- Ken, non cominciare, da bravo. Vengo qui ogni volta che posso, almeno la notte lasciami tornare a casa-.

- Va bene, fa’ quello che vuoi. Però ti accompagno-.

- Non ce n’è bisogno…-

- Non fa niente, ci voglio venire. Lo faccio volentieri-.

Ken lo accompagnò per strada, taciturno. Non gli aveva neanche preso la mano, era evidente che pensava che Kojiro cercasse delle scuse per stargli lontano. Quando furono arrivati sotto casa sua, non si erano scambiati ancora una parola.

- Ehm… io devo andare- disse Kojiro imbarazzato.

- Bene, ciao. Buonanotte-.

- Ken, ma te la sei presa?-

- No, non ti preoccupare… capisco che anche tu voglia stare un po’ con la tua famiglia… anche se così sono io che resto solo a casa mia-.

- Hai paura del buio?-

- Non era quello che intendevo. Almeno mi faresti un po’ di compagnia-.

- Senti, posso dire a mia madre che sei solo e che vengo da te…-

- No, non mi va che tu lo faccia controvoglia-.

- Ma chi l’ha detto che lo faccio controvoglia!- si arrabbiò Kojiro. - Non devi farmi dire cose che non ho mai detto! Non ho mai detto che non voglio stare a casa tua, solo che non mi sembra giusto non esserci mai a casa... ti secca tanto che voglia stare un po’ anche con la mia famiglia?-

- No, certamente- Ken gli sorrise. - Hai ragione tu, sono un po’ troppo sospettoso… non c’è niente di male a restare con la propria famiglia… a domani- Ken lo baciò dolcemente e poi ritornò indietro verso casa tua. Ecco, come al solito aveva dovuto mostrarsi condiscendente per non litigare con Kojiro… se lui avesse voluto stare da lui veramente, avrebbe trovato una scusa con sua madre, anziché con lui. Ma perché Kojiro non riusciva a capire che quelli erano gli ultimi momenti che rimanevano loro per stare insieme prima del ritorno a scuola?

Kojiro entrò in casa e si buttò subito sul letto. Era davvero sfinito. L’indomani avrebbe voluto dormire fino a mezzogiorno, e invece… e poi solo fra pochi giorni sarebbe ricominciata la scuola… che stress, che stress tremendo!!

L’indomani si dovette alzare di buon’ora per recapitare i giornali. Vide che nella sua cassetta della posta c’era qualcosa. Probabilmente era lì dal giorno prima; era una lettera per lui. Non aveva tempo di leggerla, la mise in tasca e se la dimenticò. Passò tutto il pomeriggio, prima e dopo il lavoro, da Ken, entrambi alle prese con una pila enorme di piatti da lavare.

- Ma dì, hai festeggiato o cosa?- disse Kojiro - come mai ci sono tutti questi piatti sporchi? La tua domestica non viene?-

- No, in questi giorni ha chiesto di non venire… e così mi sono arrangiato, ecco-.

- Scommetto che questo casino l’hai fatto per aprire una scatola di tonno!-

- Che scemo che sei! No, vedi… finora ho sempre usato dei piatti puliti, ma… a quanto pare non ce ne sono più in casa…-

- Giusto, ti tocca riutilizzare quelli sporchi… solo che non verranno mai puliti, sono tutti incrostati…-

- Non dire sciocchezze, tu lavori in un ristorante e sei esperto, quindi lavora e aiutami!-

- Scusa, ma non facevi prima ad usare i piatti di carta?-

- Hai ragione!- esclamò Ken colpito.

Kojiro scosse la testa e lo spruzzò con l’acqua. Risero e si schizzarono fino a che non fu ora di lasciarsi. Kojiro si era dimenticato la sua lettera in tasca.

Quando andò a letto, Ken fece una croce rossa sul calendario e sbuffò. Ancora due giorni di vacanza. Ancora due giorni e suo padre sarebbe tornato… e addio intimità e libertà con Kojiro!!!

 

- Ti va di fare una partita?- propose Ken mentre si stavano annoiando davanti ala TV.

- A che cosa? Oh, non importa, tanto ti straccerò a qualunque videogioco tu scelga!-

- Sì, illuso! Ti faccio vedere io!-

Era già tardi quando si misero davanti allo schermo a giocare, e naturalmente furono talmente presi dal gioco che non si accorsero del tempo che passava. Chiunque dei due vincesse, l’altro immediatamente chiedeva la rivincita, e passarono in rassegna quasi tutti i giochi di Ken.

- Ah, sai che sono riuscito ad arrivare al livello 30?- disse Ken ad un certo punto, sventolandogli sotto il naso un disco.

- Sì, e io ci credo! Ma mi hai preso per fesso?-

- Ah, sì, non ci credi? E allora ti faccio vedere!- lo rimbeccò Ken caricando il gioco.

- Voglio proprio vedere!-

Kojiro si mise comodo sul divano guardando lo schermo, mentre Ken si dava da fare sparando a mostri e mostricoli, saltando da una parte all’altra del video emettendo ogni tanto dei secchio gemiti… e perdendo regolarmente ogni volta che riusciva ad arrivare ad un livello considerevole.

- Sì, se giocavi così, te lo sei sognato di arrivare al trentesimo livello!-

- Stai zitto, sei tu che mi deconcentri! Mi fai agitare, sta’ buono-.

- Ah, se è colpa mia non emetterò più un fiato!-

Kojiro si smentì subito continuando ad importunarlo nei momenti meno opportuni, finché all’ennesimo - Uffaaaa!- di Ken iniziò davvero a stare zitto. Per mezz’ora Ken si accanì sui pulsanti, poi, quando fu ad un passo dal traguardo, perse improvvisamente.

- Oh, no!!!- gridò sconfitto gettando a terra il joypad. - Hai visto dove sono arrivato? Ma Kojiro!-

Ken non sapeva se essere più deluso del fatto di aver rovinato il suo trionfo oppure del fatto che, nonostante fosse arrivato ad un ragguardevole traguardo, Kojiro non l’aveva visto: era lì bello sprofondato sul divano che dormiva beatamente. Ecco perché nell’ultima mezz’ora non gli aveva più rotto le scatole!

Ken si avvicinò per svegliarlo, poi considerò com’era dolce e innocuo così addormentato; prese qualche coperta, si infilò sul divano accanto a lui, con la testa sul suo petto, si tirò le coperte addosso e si addormentò. Kojiro non aveva fato una piega durante le sue manovre: doveva essere davvero stanco se era crollato in quel modo.

Comunque, Ken avrebbe dormito volentieri qualche ora di più, quando fu svegliato, o meglio scaraventato giù dal divano da Kojiro che non si era accorto di lui, ed era finito lungo disteso anch’egli, aggrovigliato a Ken.

Il telefono squillava come un ossesso, ma prima che riuscissero a liberarsi aveva già smesso.

- Ma cosa è successo?- si lamentò Ken, dolorante.

- Scu… scusami, ti ho travolto… abbiamo dormito così?-

- Sì, mi spiace, ma eri così carino che non volevo svegliarti…-

- Ecco perché sono a pezzi! Non sei stato gentile a dormire sopra di me, te ne sei approfittato e non dire di no!-

- Be’… hai ragione. Comunque io sono stato davvero bene! Non essere arrabbiato, su!!!-

- Non lo sono solo perché mi sono svegliato in tempo per andare a consegnare i giornali. Se era per te ci alzavamo a mezzogiorno!-

- Uffa, scusami, non ci avevo pensato! Stiamo insieme dopo?-

- Non lo so, devo vedere come ti comporti. Perché non vieni con me?-

- È un test? Perché dovrei venire quando mi posso riaddormentare con calma? Ok, d’accordo, scherzavo, vengo con te… ma solo perché è l’ultimo giorno di vacanza… uffa però…-

- Già, da domani si torna a studiare…-

- Peccato… stavo così bene…-

- Dai, solo un paio di mesi e poi la scuola è finita…-

- Un paio di mesi mi sembrano lunghissimi da passare, ora come ora…- gemette Ken.

Kojiro rise, ed uscirono insieme per le consegne. Nonostante quel che dicevano, entrambi erano molto felici per come avevano passato le vacanze… mentre infilava il giornale in una cassetta delle lettere, improvvisamente gli tornò alla mente quella lettera che gli era arrivata giorni prima. L’aveva dimenticata, sulla sua scrivania, dato che non aveva aperto libro in quei giorni. Si fece un appunto mentale di ricordarsi di aprirla, a casa, ma quando ci fu arrivato c’era anche Ken con lui, che gliela fece dimenticare. Visto che aveva sempre dovuto cenare da solo, la madre di Kojiro lo invitò a cena, e solo molto tardi, per essere il giorno prima del rientro a scuola, si salutarono per andare a dormire. La lettera fu sommersa da una pila di libri e Kojiro non se ne ricordò per una settimana.

 

- Fratellone, guarda!- gridò il suo fratellino più piccolo, accogliendolo in casa di ritorno dagli allenamenti. Gli stava porgendo un plico di carta. Era una lettera indirizzata a lui con stampato il nome della Federazione giapponese.

- Oh, caspita, la lettera!- si ricordò immediatamente. L’aveva trovata dieci giorni prima e non l’aveva neanche aperta! Salì in camera e le aprì con calma entrambe.

- Oh, oh- gemette quando le ebbe lette entrambe. - Decisione difficile- sospirò gettandosi sul letto.

Una delle due lettere era la convocazione per la nazionale Under 21, e quella bene o male se l’aspettava; l’altra invece non se la sarebbe mai aspettata, era la richiesta di una squadra di professionisti per scritturarlo dalla prossima stagione. Era una grande occasione; il club era uno dei più forti della nazione, e aveva vinto anche l’ultimo campionato, ma d’altra parte lui faceva già parte della Toho, che aveva anch’essa una squadra di professionisti di tutto rispetto… e avrebbe dovuto decidersi in fretta, perché se avesse accettato quella richiesta, la Federazione avrebbe dovuto comunicare le sue convocazioni al club invece che alla Toho… e fra l’altro se avesse firmato si sarebbe dovuto trasferire in un’altra città… non era il caso di disperarsi, si disse. È meglio dormirci sopra e lasciar passare qualche giorno… probabilmente le idee mi si schiariranno.

“Qualche giorno” divennero settimane, e all’inizio di febbraio non sapeva ancora che cosa avrebbe deciso. E non aveva ancora trovato il modo, o forse non voleva, di dirlo a Ken.

- Allora, Kojiro, che cosa mi racconti?- Materializzato dai suoi pensieri, Ken era comparso davanti a lui.

- Niente… non c’è niente di speciale!-

- È arrivata anche a te la lettera della nazionale, vero?- disse Ken.

- Già- rispose Kojiro, reticente.

- Scommetto che ti è arrivata settimane fa! Su di te di sicuro non avevano dubbi! Vero?-

- Sì, un po’ di tempo fa… non che non fossi preparato, comunque. Senti, Ken, io ho…-

- Ciao, ragazzi, di che si parla?-

- Takeshi Sawada! Erano cinque minuti che non ti vedevo, sentivo già la tua mancanza!-

- Ah ah, che ridere, Ken, davvero, scusa se io mi alleno seriamente senza fare una pausa ogni trenta secondi!-

- E da questo si capisce la differenza di classe fra noi due-.

- Stavamo parlando della convocazione per la nazionale- tagliò corto Kojiro, irritato da quello scambio di battute.

- Ah- disse Takeshi e perse il sorriso. - A voi è arrivata?-

- Sì, e da un pezzo, ormai-.

- Ah. Buon per voi, allora-.

- A te non è arrivata?-

Takeshi scosse la testa.

- Ma dai, non disperare, si sarà persa per strada, fra poco ti arriva…-

- No, non arriva! Ho letto su un giornale i convocati, e io non ci sono… ma me l’aspettavo, d’altra parte… ci sono tanti giocatori più bravi di me…-

- Per noi sei sempre il migliore, e lo sai. Se poi qualcuno non comprende le tue qualità…-

- No, dai, non c’è bisogno di inventare delle bugie… tanto io sapevo di non essere fatto per il professionismo…-

Takeshi si allontanò rientrando in campo, e Ken e Kojiro rimasero da soli, in silenzio, un po’ abbattuti.

- Non pensavo ci sarebbe rimasto così male… a dire la verità non pensavo che avessero potuto scartarlo…-

- Comunque, è vero che ci sono tanti campioni, attualmente… e non si possono convocare tutti. Certo che… non è bello quando accadono queste cose. Avrei giurato che io, te e Takeshi saremmo stati sempre insieme…-

- Be’, ma pensaci bene- disse Ken - Fra un anno solo avremo finito le superiori, e allora chi può dire cosa sarà di noi? Probabilmente non giocheremo più nemmeno nella Toho insieme…-

- C’è anche la squadra universitaria…-

- Forse non tutti faranno la stessa università…-

- A proposito, Ken, forse io…-

- Ragazzi, avanti, in campo, facciamo una partita fra la squadra A e la squadra B!-

- Eccoci mister!- gridò Ken e corse in porta.

- … forse io ho un problema di cui voglio parlarti…- concluse Kojiro, da solo, avviandosi verso il centrocampo con un lungo sospiro.

 

Forse era stato meglio non averlo detto a Ken. Era così entusiasta della nazionale! E poi probabilmente era lui che si faceva così grande un problema che in realtà era piccolo… almeno credeva. Aspettava una sorta di segno dal cielo che gli avrebbe detto che cosa fare senza che dovesse scervellarsi tanto, di solito quando succedeva, e così non doveva far altro che non rovinarsi troppo il fegato ed il cervello.

- Allora?- gli chiese Ken. Erano insieme in giardino; non era molto caldo, ma stavano aspettando i compagni di squadra per avviarsi al campo di calcio. Takeshi, quando li vedeva, era ancora giù di corda, nonostante fosse passata ormai una settimana da quando aveva saputo che loro erano in nazionale e lui no. Sembrava evitarli, e loro, per dimostrargli che fra loro non era cambiato niente, stavano sempre con lui non appena potevano.

- Allora cosa?-

- Hai già risposto alla convocazione?-

- Quale convocazione?- chiese Kojiro, poco attento.

- Ma a quella per la nazionale! Ma sei su questo pianeta?-

- Ah, già, scusa, quella. Be’, vedi, io non ho ancora deciso se accettare…-

- Come non hai deciso se accettare? Ma dico, sei scemo? È la nazionale!-

- Lo si anche io, lasciami finire! Stavo dicendo che non ho deciso se accettare come giocatore della Toho oppure… per un’altra squadra che mi ha chiesto di entrare la prossima stagione-.

- Che cosa? C’è una squadra che ti vuole per la prossima stagione?-

- Già , ma non riesco a decidere se lasciare la Toho oppure…-

- Ma… ma perché…-

- Be’, la Toho mi ha ammesso fino all’università, e anche la squadra è piuttosto forte, voglio decidere se continuare a studiare, e se farlo qui, oppure… da qualche altra parte-.

- … ma perché non me l’hai detto? Da quanto lo sai?-

- Da… da circa un mese. Più o meno. Sì, circa un mese-.

Il viso di Ken divenne di pietra. - Da un mese? Ci stai pensando… da un mese e non me l’hai detto?-

- Be’, te l’avrei detto non appena presa una decisone…-

- Non hai pensato che… avremmo potuto cercare una soluzione insieme?-

- Non mi sembrava il caso, vedi…-

- Non ti sembrava il caso? Vuoi dire che… non pensavi che avrei potuto aiutarti a scegliere? Vuoi dire che… non pensi che potessi darti un consiglio?-

- Ma no, non è questo che penso, è solo che…-

- Solo che hai preferito tenertelo per te! Non sono abbastanza alla tua altezza per parlarmi di un problema così grande, vero? Sono troppo stupido, o forse… o forse troppo poco interessato a te per poterti dare un consiglio, vero? È meglio che pensi a tutto tu, da solo!-

Ora anche Kojiro aveva capito che Ken si era arrabbiato, e di brutto. Aveva le lacrime agli occhi dalla rabbia.

- Ma Ken, che cosa ti prendi? Perché ti arrabbi, adesso? Ti ho detto che è solo perché…-

- Sta’ zitto, non voglio più sentire niente da te. Forse non posso capire quello che mi dici, forse non sono in grado di…-

- Smettila! Ma perché fai così? Che cosa ti ho fatto?-

- Che cosa mi hai fatto? Ora ti chiedi che cosa mi hai fatto? O meglio che cosa non  mi hai fatto! Non hai voluto.. fidarti di me, non hai voluto… confidarti, come al solito… sono sparito, per te, ora che hai un problema, ora che puoi passare al professionismo! Ma vaffanculo!- gridò Ken, scappando via. Kojiro non riuscì a fermarlo.

- Ken, aspetta, lasciami spiegare, Ken!!- cercò di corrergli dietro, ma non riuscì a raggiungerlo prima che si nascondesse negli spogliatoi, chiudendosi in bagno.

- Ken, non fare lo scemo, vieni fuori! Non fare tutte queste scene, per favore!-

- Vai via!- gridò Ken da dentro, singhiozzando forte. - Vai via, non ti voglio più parlare, vai via!!!-

- Ken, non fare l’isterico, per favore, ragioniamo…- Kojiro cercava di stare calmo, ma era spaventato e anche vagamente agitato dalla reazione di Ken, più che altro perché non capiva bene che cosa era successo: un minuto stavano parlando tranquillamente, e quello dopo Ken era scappato urlando ed insultandolo.

- Ragioniamo un cavolo! Vattene via, voglio che te ne vada, vattene!!!-

Kojiro aspettò un po’ che uscisse, poi, visto che non voleva saperne e non smetteva di piangere e di urlare di andarsene, si decise ad andare in campo con gli altri.

- Kojiro, sei arrivato!- lo salutò l’allenatore. - E Ken che fine ha fatto?-

- Ken… non si sente molto bene, ora è in bagno-.

- Come, sta male?-

- S… sì, ma gli sta passando, ha detto che tra poco viene. Ha detto che… non c’è bisogno che vada qualcuno-.

- D’accordo, allora lo aspetteremo-.

Dopo un po’, Ken arrivò per davvero sul campo. Era pallido e aveva gli occhi rossi, e a prima vista sembrava stesse male sul serio. Kojiro lo guardava in continuazione per cercare il suo sguardo, ma Ken sembrava evitarlo e aveva un’espressione bellicosa. Era distratto e giocò malissimo, e non appena gli allenamenti furono finiti schizzò via senza dare il tempo a Kojiro di raggiungerlo.

Questi lo vide andare via come una furia e gli corse dietro. Lo prese per un braccio per farlo fermare.

- Ken, ascoltami…-

- Lasciami-.

- Senti, fammi parlare…-

- E lasciami! Non ci voglio parlare con te, ok? E adesso lasciami andare a casa, sono stanco-.

Kojiro rimase lì, in mezzo alla strada, inebetito. Quel litigio era stato più grave del solito, l’aveva capito. Ken era molto, molto più arrabbiato del normale, e questa volta Kojiro sentiva che era interamente colpa sua. Non c’erano malintesi e fraintendimenti, non gli aveva parlato del suo problema e Ken se l’era presa. Ecco, era quello il punto: se l’era presa, ma molto più del solito. Molto più di quanto Kojiro era disposto ad accettare, e non capiva proprio il perché.

L’indomani Ken era assente. Molti dissero che anche il giorno prima si era sentito male, ma solo Kojiro sapeva realmente di che cosa era malato, e stava male a sua volta.

- Ciao Kojiro! Ho saputo che Ken non è venuto oggi, che cosa aveva ieri? Niente di grave, spero- gli chiese Takeshi.

- Spero anche io… ieri sembrava che gli fosse passato, o almeno così pensavo… stasera gli telefono, ma vedrai che domani ritorna!-

Kojiro chiamò Ken come prima cosa appena fu tornato a casa. Rispose il padre.

- Oh, ciao, Kojiro-kun! Sì, Ken è in casa, ma in questo momento non si sente bene, No, ha detto che non vuole scendere, oggi è rimasto a letto tutto il giorno. Non so, mi ha detto di avere mal di testa, aspetta, provo a chiamarlo… no, ha detto che non si sente di parlare. Può darsi che domani ritorni, non so… d’accordo, ciao, Kojiro-.

E così Ken non gli voleva neanche parlare. Dio, come si sentiva impotente! Anche se fosse andato a casa sua, di sicuro si sarebbe fatto negare. L’aveva fatta grossa questa volta! Però non credeva che quella stupida lettera fosse così importante, o meglio, sì, era importante, ma non valeva la pena di discuterne con Ken… non riuscì a dormire, pensando che Ken non voleva neanche rispondere al telefono. E avrebbe potuto chiarirsi solo se fosse riuscito a parlagli, ma così…

Nemmeno il giorno dopo Ken era tornato. A Kojiro sembrava di essere seduto sulle spine, in classe, tanta era la voglia di andare da Ken e chiedergli di parlargli. Takeshi, che di solito gli leggeva dentro, non aveva capito che soffriva a causa di Ken, e questo contribuì a farlo sentire molto triste e solo.

- Domenica è san Valentino, Take-chan- gli stava dicendo Michi con occhi sognanti. - Sarebbe bello fare un giro insieme, non ti pare?-

- Ma certo, andiamo dove vuoi tu, cara!- rispose Takeshi felicissimo al pensiero del cioccolato che la sua ragazza gli avrebbe regalato.

Kojiro sospirò. Nella settimana di san Valentino lui aveva avuto un litigio pazzesco con il suo ragazzo. Sai che palle se Ken gli avesse tenuto il muso anche quel giorno, gliel’avrebbe rinfacciato di sicuro per tutta la vita!

Dovette suonare per un po’ prima che qualcuno si decidesse ad aprire la porta, a casa di Ken. Era la governante.

- Aspetta un attimo, te lo vado a chiamare!- disse la signora, sparendo sulle scale. Ritornò qualche minuto con un’espressione costernata sul viso.

- Mi dispiace, ma Ken dice che non si sente bene per scendere. Sai, è stato male tutto il giorno, e anche ieri…-

- D’accordo, capisco… senta, gli può dare questi compiti e dirgli che mi dispiace moltissimo che stia male? Glielo dica, mi raccomando-.

Kojiro tornò a casa sconsolato, preparato a non rivedere Ken nemmeno il giorno successivo. E invece Ken venne a scuola. Kojiro si sentì sollevato, ma il suo entusiasmo si ridimensionò leggermente quando Ken lo salutò con un’espressione piuttosto fredda.

- Devo prepararmi ad essere trattato male?- gli chiese allora cercando di strappargli un sorriso.

- Ci sto pensando. Sei stato gentile a preoccuparti ieri e l’altro ieri, ma non ho deciso ancora come comportarmi. Ti dispiace non tornare sul discorso almeno oggi?-

- D’accordo…-

Sì, Ken era decisamente troppo freddo con lui. Doveva assolutamente inventarsi qualcosa entro sabato. Comunque non fu necessario: già dal giorno dopo Ken sembrava più disteso e più disposto a trattarlo pacificamente. Kojiro lo invitò ad uscire per la domenica successiva, e, anche se Ken non fece i salti per l’entusiasmo, accettò di buon grado, e Kojiro ne fu a dir poco sollevato. Non si accorse che Ken  lo osservava sempre molto intensamente, ma non con quell’espressione d’amore che aveva prima: era come se lo stesse studiando per prendere una decisione.

- Allora, dove vuoi andare?- gli chiese Kojiro, entusiasta, il pomeriggio di san Valentino. Si erano dati appuntamento sul belvedere davanti al tempio. Ken era seduto su una panchina e aveva lo sguardo perso nel vuoto.

- Per adesso… non voglio andare da nessuna parte, Kojiro. Devo dirti una cosa importante, siediti qui-.

- Dimmi pure, preferisco stare in piedi-.

- D’accordo. Ecco, senti, io ci ho pensato… ci sto pensando da tanto, ma ora… in questi ultimi giorni...- Ken tacque per un po’. - Io penso che… perso che dovremmo… lasciarci, Kojiro. Io voglio che ci lasciamo-.

A Kojiro si fermò il respiro in gola. Temette di aver capito male. Ma cosa stava succedendo?

- Ken, ma… ma che cosa stai dicendo, io… non capisco-.

- È che… è che… io, io non ce la faccio più, noi due non… non…-

- Senti, se è per quella lettera, ti ho già chiesto scusa, ti ho già detto che non aveva importanza, non è il caso di…-

- No, non è per quella storia. Cioè, è anche per quello, ma io… ci stavo pensando già da prima, io… sono stanco di… di correre a vuoto, senza che tu… che tu…-

- Ken, no, ti prego, se è… se è per il sesso, guarda… sono pronto, sono pronto a fare l’amore, anche oggi, anche adesso, andiamo… vieni…-

- No, Kojiro, che cosa credi? Non sto cercando di ricattarti, non faccio di questi giochi. Ormai… ormai è tardi. Non voglio metterti davanti ad un ultimatum, se non volevi stare con me avrai le tue ragioni, ma…-

- Ti prego, Ken, ti prego, ripensaci… dammi un’altra possibilità… ti giuro… ti giuro che cambierà tutto, ti giuro che non succederà mai più, io… io… dammi una seconda occasione!-

Ken strinse le labbra. - Kojiro, ti ho già dato tantissime seconde occasioni, Kojiro, e tante terze, e quarte… anche se tu non te ne sei mai accorto, quando succedeva qualcosa io mi dicevo: “No, la prossima volta non succederà più, io so che lui si sforzerà…” ma invece, invece accadeva sempre, di nuovo, tu… tu non hai mai provato a chiederti… cosa avrei voluto io, che cosa mi sarebbe piaciuto, che cosa volevo…-

- Ma Ken, io mi sono sempre sforzato di cambiare, di fare quello che volevi, di essere come volevi, lo sai...-

- Sì, ma non basta farlo quando ero arrabbiato… senti, io so che tu sei in buona fede, tu non sei cattivo, ma… io non posso più continuare così-.

- Ma… ma perché?- mormorò Kojiro, spaventato, trattenendo a stento le lacrime.

- Ma non lo capisci? Ti ho sempre chiesto di essere sincero con me, di fidarti di me, e tu sai quanto è importante per me… ma ogni volta, ogni volta… ogni volta importante, tu… tu trovi il modo per ferirmi-.

- No, non è vero…-

- Non lo fai apposta, ma mi fai star male! Non posso continuare a guardarmi le spalle ogni volta che stiamo insieme, non posso pensare sempre: “Mi starà nascondendo qualcosa, oggi? Oppure per questa volta andrà bene?” Lo capisci che… che così non può andare avanti? Che quando meno me l’aspetto… accade di nuovo?-

- Ma ti ho detto che… quella lettera, quelle due lettere non erano un problema così grande, non era importante, davvero, non era il caso di parlartene…-

- Ecco, vedi come fai? Tu decidi quando è il caso di mettermi al corrente e quando… è il caso di mettermi da parte perché non ti dia fastidio! Perché non lasci decidere a me se una cosa a cui tengo è importante o meno?-

- Per piacere, per piacere, non lasciarmi… non stiamo insieme neanche da un anno…-

- Lo so, e mi dispiace… mi dispiace perché ti amo, forse ti amo anche troppo… forse è perché ti amo troppo che dobbiamo lasciarci…-

- Non è vero! Non è vero! Se mi amassi ora non vorresti lasciarmi. Non è vero che mi ami!-

- Invece sì, Kojiro. Sei tu quello che non mi ama-.

- Io ti amo tantissimo! Io sono pazzo di te!-

- Sì, ti credo, ma… non è il modo di amarmi che voglio… tu mi ami quando… quando non ti infastidisco o non ti sto tra i piedi, quando non devi occuparti di me, quando non devi darmi fiducia ed essere sincero…-

- No! No!-

- Non te ne faccio una colpa… forse sei fatto così, ma a me… a me non va bene, non mi basta. Forse… forse era destino, tu non puoi cambiare radicalmente, così come non posso cambiare io. Non so se questo è il tuo modo di amare o se potresti fare diversamente, ma io… io non me la sento più di accontentarmi… di accontentarmi del tuo affetto, in cambio del mio amore. Vorrei che… questo lo capissi…-

- Ma non lo accetto, Ken, non lo voglio accettare. Non… non sono d’accordo, io non voglio lasciarti, non puoi... non puoi impormi la tua decisione. Io non sono d’accordo, non mi puoi lasciare!-

- Fai un po’ come vuoi…- disse piano Ken, alzandosi per andarsene.

Kojiro scoppiò in lacrime. - No! No, aspetta, non andartene, d’accordo, senti, sarò sincero, ti dirò tutto, ti dirò qualunque cosa, ti dirò perché non…-

- Orami è tardi, Kojiro. Non voglio essere cattivo, credimi, ma avresti dovuto pensarci prima. Sono stanco… e se accettassi, dovrei continuare a chiedermi fino a quando durerà e se mi nasconderai ancora qualcosa…-

- Ken, non mi lasciare, ti prego…ti prego… io ti amo!-

- Anche io ti amo, Kojiro, ma…-

- E allora perché mi vuoi lasciare? Perché vuoi farmi star male? Se mi amassi davvero…-

- Non posso continuare a sacrificare me stesso, i miei sentimenti, lo capisci? Vorrei stare con te, credimi quando ti dico che ti amo, ma… se andassimo ancora avanti la nostra storia ci logorerebbe… per sempre. Non trasciniamo una situazione senza uscita…-

Kojiro chinò la testa e continuò a piangere. Ken tornò a sedersi sulla panchina.

- Non piangere, ti prego, non devi stare così male… è meglio per entrambi, credimi…-

- Non posso stare senza di te- mormorò Kojiro.

- Vieni qui…- Ken lo abbracciò. - Io… non voglio che tu pianga… così ci risparmieremo tante occasioni di soffrire, vedrai… è la cosa più giusta…-

- No, tu hai deciso che è la cosa più giusta, io… io non sono d’accordo. Io... io posso farcela, posso essere la persona che vuoi tu, posso diventare quello che vuoi tu, ti giuro che posso riuscirci…-

- No, non sarebbe giusto, e poi… non saresti più il Kojiro di cui mi sono innamorato, non voglio che ti annulli per me…-

- E tu non vuoi annullarti per me, non è vero?-

- Credimi, ho provato, ho cercato di non pensare a cosa mi sarebbe piaciuto e di accettare quello che volevi tu, ma… non ci sono riuscito. E non lo voglio neanche fare… nemmeno per te, nemmeno per la persona che amo di più al mondo. Mi dispiace, ci sto troppo male, credimi... pensavo… che sarebbe stato diverso-.

- Io… io con te mi sono esposto, mi sono dichiarato, ti ho amato, e ti amo ancora, non posso credere che la nostra storia sia irrecuperabile…-

- Forse non lo è, ma… io sono stanco di provarci. Io mi sento come se… come se il mio correre finisse sempre contro un muro, come se le cose che costruisco con te crollino l’attimo dopo, non sopporto più questa situazione, davvero, mi porta ad odiare… ogni pensiero che ho di te, e non voglio che succeda-.

- Ma se mi lasci… che cosa faremo? Cosa devo fare io?-

- Forse… possiamo recuperare la nostra amicizia. Forse possiamo… continuare a volerci bene e a stare insieme, forse…-

Kojiro chinò la testa e lasciò che le lacrime gli scendessero sul viso. Ken si staccò da lui e si alzò.

- Adesso- disse - devo andare… mi dispiace. Ci vediamo- concluse, e scese quasi di corsa la scalinata del tempio, con il fiato corto per lo sforzo di non piangere. Andò a casa camminando piano, stringendosi nel cappotto; aveva freddo, ma non era solo per il tempo: sentiva dentro il freddo, nel luogo del suo cuore dove fino ad allora c’era stato Kojiro che l’aveva riscaldato. Ora si sentiva solo, e non come quando salutava Kojiro dopo un appuntamento; adesso quel freddo non sarebbe passato più, se non dopo molto tempo, lo sapeva bene.

Kojiro rimase sulla panchina del tempio fino a molto dopo che divenne buio. Aveva freddo, ma allo stesso tempo gli era indifferente qualsiasi cosa. Stava aspettando che Ken tornasse indietro, tornasse da lui, perché doveva tornare, doveva tornare… altrimenti che ne sarebbe stato di lui?

Quando rientrò a casa, sua madre lo accolse sgridandolo, a metà fra l’arrabbiato e l’angosciato, ma lui non la sentì neanche. Andò a buttarsi sul letto e si stordì a furia di pensare che, anche se voleva, voleva davvero, non riusciva a piangere.

 

L’indomani mattina era ridotto uno straccio, il suo viso sembrava quello di uno che era stato malato per un mese, e a scuola si accorse che anche Ken non aveva un bell’aspetto. Ken lo evitò per quanto gli fu possibile, ma Kojiro sentiva la sua presenza dovunque andasse, sentiva il suo sguardo, e quando si sedettero in classe, gli parve di sentire anche il suo respiro, proprio dietro di lui. A metà della terza ora gli scrisse un bigliettino: “Anche se mi ignori io non mi arrendo” e glielo mise rapidamente sul banco. Ken rispose altrettanto rapidamente: “Smettila”. Quella parola pesò addosso a Kojiro molto più di tutti gli insulti che Ken avrebbe potuto buttargli addosso. Smettila. Non voleva più avere niente a che fare con lui… dovette uscire dalla classe per non mettersi ad urlare davanti a tutti. Il pensiero di ritornare in classe non gli sorrideva… e se pensava che in quel bagno lui e Ken si erano scambiati molto più che semplici effusioni… e adesso Ken l’aveva mollato in quel modo… quando riuscì a rientrare in classe, Ken gli diede un altro bigliettino. “Alla pausa vieni sul tetto, devo parlarti”. Ne fu felice. Se gli voleva parlare forse c’era qualche speranza…

Si trattenne in classe un momento, per non far vedere che gli andava dietro, dopo la campanella, poi schizzò il più velocemente possibile sul tetto. C’era vento, e Ken era già lì. I suoi capelli si muovevano scomposti.

- Che cosa c’è?- chiese Kojiro sforzandosi di sorridere.

- Senti…- cominciò Ken, evitando di guardarlo. - Senti, so che stai male, e sto male anche io, ma… è meglio non continuare a rigirare il dito nella piaga, che ne dici?-

- Cosa vuoi dire?-

- Penso che… tu non debba tormentarti così per me. E penso che… continuare su questa strada non sia salutare, per nessuno dei due-.

- E allora? Che cosa dovrei fare? Sai che la tua decisione non mi va bene, non mi va bene affatto!-

- Non ricominciare, ora. Mi chiedevo… mi chiedevo solo se possiamo ritornare ad essere amici come eravamo prima-.

- Prima di quando? Prima che mi accorgessi di quanto mi piacevi o prima di metterci insieme? Ti faccio notare che non eravamo in quei grandi rapporti in nessuna delle due situazioni-.

- Hai… hai ragione. Ma… possiamo provarci… possiamo provare ad essere soltanto amici, no? Senza che… soffriamo troppo, magari…-

- È tardi per pensare a non soffrire… ci sto così male che non so se mi passerà mai, e comunque… io non so come si fa ad essere tuo amico… non so come si sta a non averti più accanto a me!-

- Io sono sempre accanto a te… non ho intenzione di lasciarti solo! Non ho intenzione di…-

- Ken, se tu mi stai vicino, io cercherò sempre di convincerti a tornare indietro, sappilo… non ti lascio andare via così solo perché tu lo hai deciso…-

- E invece dovresti! Rispetta la mia scelta come io ho sempre rispettato le tue!-

- Allora ti chiedo solo una cosa… dammi tempo. Ora non ce la faccio. Se ti guardo in viso… ho solo voglia di baciarti… lasciami del tempo, per dimenticarmi… per dimenticarmi di noi…-

- D’accordo… però promettimi che… che quando sarai pronto me lo dirai, e che allora… saremo amici-.

Kojiro annuì; Ken lo salutò in fretta e scese di corsa dalle scale. Kojiro rimase lì finché non suonò la campana. Ma averlo seduto al banco dietro di lui era uno strazio assurdo.

Quel giorno non c’erano gli allenamenti. Kojiro scappò a casa più in fretta che poté. Aveva lo stomaco chiuso, anche se non aveva nemmeno pranzato, e la testa vuota. Vedeva solo Ken, Ken, Ken, e pensava che non sarebbero mai più stati insieme… finalmente riuscì a scoppiare in un pianto dirotto. I singhiozzi lo attraversavano minacciando di soffocarlo, e voleva urlare, urlare e spaccare tutto…

Prese il telefono, e con gli occhi annebbiati dalle lacrime formò il numero che sapeva a memoria. Mentre squillava, non riuscì a calmarsi, così quando dall’altro capo risposero, parlò singhiozzando:

- Takeshi… ti prego, ho bisogno di parlarti…-

- Capitano, ma… che cosa è successo? Hai litigato con Ken?-

Quelle parole di Takeshi provocarono un altro scoppio di singhiozzi, poi pian piano Kojiro riuscì a spiegargli come stavano le cose.

- Ah- fece Takeshi, e tacque per un po’. - Ora capisco che cosa avevate oggi! Mi dispiace, Kojiro… vuoi che ci parli io? Forse riesco…-

- No… ho solo bisogno che non mi abbandoni anche tu… non sono più capace di stare da solo…-

- Non ti preoccupare, quando mai ti ho lasciato solo? Nemmeno quando volevi, figurati adesso! Vedrai… sistemerete tutto. Io ti aiuterò il più possibile… d’altra parte… sono o no il tuo migliore amico?-

- Sì… sei il migliore, Takeshi!-

Quando Kojiro attaccò il telefono, dopo una lunga conversazione, si sentiva un po’ sollevato. Takeshi era anche riuscito a farlo quasi ridere. Per fortuna non era così solo come credeva di essere. E averne parlato a Takeshi l’aveva fatto stare meglio, gli serviva qualcuno di lucido e ragionevole. Non desiderava che lui lo aiutasse a riconquistare Ken a tutti i costi; aveva bisogno che lo sostenesse e che magari riuscisse a fargli vedere più lontano del suo cuore ferito… di qualcuno che lo convincesse delle ragioni di Ken, se fosse stato necessario.

Adesso lo scoglio più importante da superare era l’ultimo mese di scuola: fino ad allora avrebbe dovuto fare i conti con la presenza di lui dietro di sé, che non gli permetteva di dimenticarlo o di distrarsi per un attimo.

Poi, tutto era ancora da vedere.



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