Ci sei solo
tu parte
IV di
Sei-chan
Sanae Nakazawa(1)
fu la prima a scendere dal pullman della Nankatsu(2);
aveva sulla spalla la bandiera e urlava ordini a tutti i suoi sottoposti,
incamminandosi verso il campo sportivo per accaparrarsi i posti migliori,
perché nessun’altra ragazzina si frapponesse fra lei e lo spettacolo di
Oozora.
I giocatori erano
gioviali e sembravano piuttosto rilassati, sul pullman non avevano fatto
che scherzare, ma fra poco la tensione avrebbe fatto morire i sorrisi
anche a loro.
La Toho al completo era
riunita nello spogliatoio dove l’allenatore faceva grandi segni enfatici
alla lavagna col risultato di infarinarsi tutto di gesso, mentre gli
schemi venivano riempiti di frecce, puntini, facce sorridenti e nessuno ci
capiva più niente. Anche lì il nervosismo pian piano saliva alle stelle.
Le facce orgogliose di madri, padri, fratelli, conoscenti e negozianti del
quartiere, tutte piene di speranze e luccichii avevano il potere di
mettere addosso una tremarella da prestazione che era quasi insostenibile.
Poi, contro la Nankatsu in cui Oozora era tornato fin dall’inizio della
scuola…
Alle nove e mezza
uscirono sul campo per il riscaldamento. Kojiro era pensieroso, e si
limitava a palleggiarsi il pallone sulle ginocchia, come assente.
Quella mattina, come se
non fosse già carico d’ansia, Ken era tornato alla carica; gli aveva
chiesto per l’ennesima volta se aveva deciso qualcosa per quella vacanza
a Kyoto, come ormai faceva un paio di volte al giorno. Aveva lasciato
passare una settimana prima di chiederglielo, e Kojiro si era quasi
convinto che se ne fosse dimenticato, anche se stava bene attento a non
pronunciare le parole “vacanza”, “gita” e nessun nome di città
che iniziasse per K per non rischiare che gli tornasse in mente. Quando si
stava cominciando a rilassare, invece, Ken l’aveva preso alla sprovvista
domandandoglielo a bruciapelo; aveva fama di essere smemorato, Ken, ma
quello che gli faceva comodo se lo ricordava eccome.
Aveva cominciato a
rispondergli evasivamente, adducendo scuse vaghe su sua madre, il lavoro
eccetera, poi era passato al campo del disturbo che avrebbe recato a lui e
a suo padre, che magari aveva l’idea di fare una vacanza da solo con
lui, ma Ken negava, negava disperatamente e si arrabbiava anche perché
lui tergiversava così tanto.
- Allora, hai deciso
qualcosa per Kyoto?- gli aveva chiesto con quell’aria da cagnolino
abbandonato, e Kojiro non se l’era sentito di dargli un altro schiaffo
morale. Aveva fatto finta di ridere con malizia.
- Facciamo una cosa, se
vinciamo questa partita ti do una risposta che ti farà piacere, va bene?-
Ken aveva annuito,
convinto. Tanto, anche lui era sicuro che avrebbero vinto.
E così adesso Kojiro
palleggiava pensando un po’ troppo anche per il suo cervello. Se
avessero vinto, aveva promesso in sostanza a Ken di andare con lui. Se
avessero perso, si sarebbe sentito una merda. Però avrebbe potuto evitare
con eleganza una situazione che lo spaventava. E comunque, anche se
avessero perso, Ken non avrebbe mai smesso di assillarlo; e se avessero
vinto rimangiarsi la parola non era bello. Adesso Kojiro non sapeva più
che cosa voleva davvero, non riusciva più a capire se avrebbe giocato con
tutto se stesso per la gloria della vittoria o se per caso avrebbe potuto
fare degli errori per la paura troppo grande che aveva di quella maledetta
vacanza. E se avesse tirato male in porta per quell’impulso inconscio?
Non poteva star dietro anche a ciò che non controllava nella sua mente, e
si era incasinato con le sue stesse mani. Doveva solo sperare che una
qualche malattia lo bloccasse a letto o che Ken o suo padre rinunciassero
spontaneamente a quel viaggio… rifletteva e immaginava, immaginava e
rifletteva scandito soltanto dal ritmico palleggiare della palla sulle
ginocchia.
Ebbe un brivido lungo
la schiena, la palla gli sfuggì ed emerse dai meandri viscidi dei suoi
pensieri. Ken in quel momento stava arrivando proprio nella sua direzione
e lo sentì imprecare.
- Cosa c’è, Kojiro?
Nervoso?- gli chiese allegramente.
- Non ti mentirei se
dicessi di sì!- rispose Kojiro altrettanto allegramente.
- Vieni, gli altri
stanno già andando verso il campo, ormai anche la Nankatsu dovrebbe
essere arrivata-.
Si avviarono
l’uno a fianco dell’altro e furono raggiunti a metà strada da Takeshi.
- Ah, meno male, stavo
venendo a cercarvi nel caso vi foste…ehm, distratti insieme!-
- Ma cosa vuoi
insinuare…- lo minacciò Ken con un pugno, ma in quel momento Takeshi si
girò e vide qualcuno.
- Ehi, guardate, è
Misaki! Misaki, Misaki, ehilà, siamo qui!-
Taro Misaki(3)
si girò e li vide, e sorridendo li raggiunse.
- Ciao, Sawada!- esclamò
stringendo la mano che Takeshi gli porgeva.
- Da quanto tempo che
non ci si vede! Da quando sei tornato?-
- Oh, be’, qualche
mese, ormai! Ciao Hyuga, ciao Wakashimazu… vi trovo bene, siete
diventati tutti più alti!-
- Anche tu sei
cresciuto parecchio, Misaki! Dicci, com’è la Francia?-
- Bella, molto bella, i
francesi cucinano benissimo…- “e fanno benissimo l’amore” pensò,
ma si guardò bene dal dirlo.
- Allora, oggi
giocherai anche tu?- intervenne Ken.
Taro rise. - No, non
sono ancora nella forma giusta… in Francia se li sognano degli
allenamenti duri come qui da noi!-
- Scommetto che ti
darei della distanza, se facessimo una corsa!- rise Takeshi.
- Senza dubbio, e per
evitare questa vergognosa figura mi guardo bene dallo scendere in campo!-
Taro parlava con
Takeshi, ma per qualche motivo non riusciva a staccare gli occhi da Kojiro,
che non aveva detto una parola e sembrava a disagio, pensieroso. Poi si
accorse che gli stava guardando le mani, serrate in un pugno tanto stretto
che le nocche erano quasi bianche.
- Allora, in bocca al
lupo, io vado a sedermi in tribuna!- salutò Taro, e quando Kojiro gli
diede la mano per salutarlo, vide che aveva tutte le dita martoriate, le
pellicine tutte morsicate.
- Sei nervoso?- gli
domandò come se fosse una domanda stupida.
- Non particolarmente,
perché?- rispose Kojiro con freddezza.
- Ci vediamo dopo,
Misaki, quando verrai a congratularti per la vittoria!- gli urlò Takeshi,
mentre si allontanavano vero il campo.
Taro rimase un po’
fermo, pensieroso. Chissà se dietro quell’ostentazione di sicurezza,
quella partita li rendeva davvero nervosi, sopratutto Kojiro. O forse
c’era qualcos’altro? Non sapeva perché, ma gli sembrava di
riconoscere quell’espressione che il capitano della Toho aveva sul
viso…
Ken andò a sistemarsi
in porta, dopo il saluto, e rivolse un sorriso aperto a Kojiro,
strizzandogli l’occhio. Kojiro distolse lo sguardo mordendosi un labbro.
Toccava iniziare alla Nankatsu perché Oozora aveva scelto la palla dopo
aver vinto il sorteggio. Se se la fossero giocata bene, sarebbe stata di
sicuro una partita facile. Bastava fare un paio di gol il prima possibile
e poi chiudersi in difesa per non correre rischi… quella era la
strategia che aveva proposto l’allenatore, con molto poca convinzione,
comunque, perché era certo che Kojiro avrebbe fatto di testa sua per
mettersi in mostra, e in ogni caso, bastava che segnassero più gol di
quelli che avrebbe potuto fare Oozora… solo che Kojiro proprio non era
in vena di fare il protagonista come al solito.
La Nankatsu,
ovviamente, partì subito all’attacco. Oozora non aveva perso il suo
smalto, aveva il solito controllo della palla e la solita intesa con il
resto della squadra. Kojiro invece regalò agli avversari come minimo un
paio di palloni buoni, perché non si trovava sincronizzato con Takeshi al
momento giusto, o era troppo lontano o non riusciva a smarcarsi, sembrava
distratto e pensieroso ed era vero. Gli capitò una o due volte, nel primo
tempo, di aver occasione di rubare il pallone a qualcuno e di non
riuscirci perché… per indecisione? Perché temeva di portare in
vantaggio la squadra se si fosse trovato la palla sui piedi? Perché aveva
paura, invece, di non riuscirci al momento buono, di mettere davanti alla
squadra i suoi desideri personali?
Alla fine del primo
tempo erano ancora sullo zero a zero, ma, mentre la Nankatsu era
soddisfatta del suo impegno e delle occasioni che aveva trovato, però
senza riuscire a concludere, l’allenatore della Toho era del tutto
deluso dal gioco dei suoi ragazzi, in particolare da uno.
- Hyuga, ma che stai
combinando? Guarda che ci sono altri dieci giocatori in campo! Stai
cercando l’occasione per una prodezza personale, come al solito?
Ricordati gli schemi! Il pallone non è tuo, non sei da solo!-
- Mi dispiace- mormorò
Kojiro talmente piano che i più pensarono che fosse una parolaccia. Si
allontanò di qualche passo dal resto della squadra, fissando gli
avversari al di là del campo. Takeshi gli si avvicinò.
- Capitano, va tutto
bene?-
Kojiro lo allontanò
con un gesto di stizza. Se c’era qualcosa che gli dava fastidio, era chi
cercava di soccorrerlo.
- Kojiro… che ti
prende?- chiese piano Ken, quando Takeshi si fu allontanato.
- Niente, va tutto
bene. Non c’è niente di cui preoccuparsi, solo non… non riusciamo a
contrastare il loro gioco, ecco tutto. Vado in bagno- concluse e si avviò
per le scale verso gli spogliatoi. Ken lo seguì e si fermò ad aspettarlo
sulla porta.
Kojiro lo trovò lì
quando uscì. Lo guardò a lungo; era strano: la causa delle sue
apprensioni era lui, ma guardarlo in quel momento, e sapere che c’era
gli davano tanta sicurezza. Se questo è amore, penso che non ti posso
amare di più, Ken, pensò Kojiro mentre lo guardava.
-
Cosa c’è?- gli chiese di nuovo Ken.
- Non… non c’è
niente. Sono un po’ nervoso e… tutta quest’ansia mi ha un po’
stancato, eco tutto-.
- Sei sicuro, vero?-
Kojiro non rispose. Si
avvicinò e gli prese la mano; Ken la strinse, guardandolo; poi gli
sorrise e gli accarezzò i capelli.
- Dai, ce la facciamo.
Abbiamo ancora tutto il secondo tempo… fa’ un bel respiro e…
mettiamocela tutta, ok?-
Kojiro si sentì
sollevato, in quel momento non gli importava più ponderare se era meglio
vincere o perdere per andare con Ken o no a Kyoto, in quel momento voleva
solo averlo vicino, e che fosse contento dì lui e che lo consolasse.
Quando tornarono alla
panchina, la partita stava per ricominciare, e la palla era della Toho.
Kojiro partì all’attacco con Takeshi e quello che travolse la Nankatsu
fu un capitano del tutto diverso da quello che aveva giocato nel primo
tempo, davvero terribile e spaventoso. Appena gli fu possibile, scattò
verso la porta; Takeshi gli passò un bellissimo pallone ma i difensori
entrarono su di lui per marcarlo; Kojiro per evitarne uno inciampò e finì
per cadere rovinosamente a terra, mentre il portiere usciva e lanciava la
palla lontano, verso la metà campo.
Takeshi corse verso il
capitano, che tardava a rialzarsi.
- Ti sei fatto male?-
Kojiro si mise a
sedere; si era sbucciato un ginocchio. C’era un alone scuro ed il livido
che si stava già formando. Kojiro tossicchiò e si rialzò a fatica,
rifiutando con stizza l’aiuto di Ishizaki. Il gioco riprese e Kojiro
insistette a dire che stava bene, anche se barcollava. Non aveva voglia di
uscire al decimo del secondo tempo, e si gettò subito all’inseguimento
di Oozora che aveva preso il pallone ed era partito all’attacco. La
difesa della Toho gli stava dando filo da torcere, e Kojiro ormai lo aveva
quasi raggiunto, quando sentì qualcosa scivolargli lungo il viso. Dovette
fermarsi davanti agli occhi sbarrati di uno dei difensori, e si accorse
che gli scendeva sangue dal naso.
- Oh, no!- gridò,
fermandosi un secondo, che fu troppo: Oozora si trovò la strada libera e
tirò una bordata tale che Ken non riuscì a pararla. Il portiere rimase a
terra, sconfitto, mentre la Nankatsu esultava. E nessuno aveva ancora
trovato un fazzoletto per Kojiro.
A bordocampo riuscirono
a fermare l’emorragia, dovuta alla botta a terra di poco prima, ma il
capitano aveva le lacrime agli occhi. Come aveva fatto a farsi sfuggire il
suo nemico numero uno proprio sottoporta e a lasciarlo segnare?
- Non ti preoccupare-
gli disse Takeshi quando tornò in campo, sforzandosi di sembrare
fiducioso.- Ce la faremo, vedrai!-
Kojiro guardò dubbioso
Ken. Questi si era già rimesso in piedi e gli sorrise, alzando il
pollice. Tutti quanti strinsero i denti, ma i fatti furono chiari, alla
fine: la Nankatsu aveva messo in pratica il loro stesso schema e in
pratica aveva schierato undici uomini in difesa impedendo il passaggio di
qualsivoglia campione infuriato verso la propria porta.
La Toho perse la
finale. Kojiro si sentiva fuori di sé, ma fu sollevato da questo suo
sentimento perché era perfettamente normale che si sentisse così dopo
aver perso una partita. Ken invece era davvero giù, non si perdonava di
non essere riuscito a parare quello che, in definitiva, era stato
l’unico tiro buono di Oozora in porta. La Nankatsu invitò anche i
componenti dell’altra squadra a centrocampo, per festeggiare, e
l’allenatore cercò di consolarli dicendo che per tre anni non avevano
avuto difficoltà a vincere il campionato, e adesso toccava un po’ anche
agli altri… ma non erano parole che consolavano davvero. Come al solito
Kojiro restò immusonito in un angolo, appoggiato al muro, ma più per
atteggiarsi che per altro. Solo adesso, guardando Ken seduto triste sulla
panchina, con i suoi guanti stretti in mano, gli sovvenne che si era
tirato fuori dal pasticcio della vacanza insieme con poca fatica; aveva
giocato al suo meglio, almeno nel secondo tempo, e anche con la sua
coscienza si sentiva a posto, ma a dire la verità avrebbe dovuto essere
felice, però non lo era. Non era nemmeno un pochino contento.
Probabilmente Ken se ne stava facendo una colpa.
- Ehi- disse
sedendoglisi vicino, sorridendo.
- Scusa, capitano-
mormorò Ken. - Mi dispiace…-
- Dai, non fa niente…
non è colpa di nessuno, tantomeno tua… semmai, è merito di Oozora che
è diventato troppo bravo… uhm…- Forse era meglio se stavo zitto, pensò
Kojiro.
- Be’, forse… e tu?
Come stai, ti sei fatto male?-
Ecco, quello era il Ken
che conosceva lui, quello che si preoccupava sempre per tutto quello che
riguardava Kojiro e faceva finta che di lui non ci si dovesse occupare.
- Ma niente, va tutto
bene… sono già caduto un sacco di volte!-
Ken sospirò. - E così…
ho perso l’occasione di portarti a Kyoto con me…-
Ecco la nota dolente,
cantilenò nella sua mente Kojiro.
- Se ti va... ancora,
posso darti, uhm, un’altra possibilità…-
- Su cosa possiamo
scommettere… ugh! Kojiro, no, non su quello, ti prego, ti prego,
no…-
- Prendere o lasciare.
Se arrivi entro i primi dieci agli esami…-
- Trattiamo! I primi
quaranta!-
- Quindici-
- Trenta!-
- Venticinque-
- Affare fatto!- Ken
tirò un sospiro di sollievo. In genere si assestava sulla
quarantesima-quarantacinquesima posizione, un po’ prima o un po’ dopo
Takeshi, a seconda di chi era in classe con Kojiro. Si sarebbe dovuto
impegnare, perché non c’era solo la matematica, ma almeno aveva uno
scopo, e ci si sarebbe buttato con tutto se stesso!
Così si sarebbe anche
tolto dalla testa quella sconfitta bruciante, e si sarebbe goduti
l’aiuto e le premure di Kojiro… così avrebbe dovuto sgobbare come uno
schiavo, anzi peggio, pensando che magari, alla fine, non ne sarebbe valsa
nemmeno la pena… se, come era propenso a pensare, non ce l’avesse
fatta, addio gita e addio anche salute mentale, si sarebbe giocato quel
poco di cervello che gli restava e l’avrebbe irrimediabilmente perso…
- Kojiro, che cosa
chiederanno a quest’esame?-
- Credi che se lo
sapessi mi toccherebbe lavorare il doppio per farti restare qualcosa in
quella testa di legno che ti ritrovi?-
- Oggi sei
particolarmente in forma. Credi che gli insulti e i sensi di colpa servano
per incoraggiarmi?-
- No, assolutamente, ma
mi fanno sentire meglio. Ken, non ne posso più!!!-
- E io, allora, che
cosa dovrei dire? Tu le cose che mi stai insegnando le sai già!-
- Appunto, potrei stare
a casa mia a far niente, invece mi tocca ripassare cento volte ‘ste cose
perché tu…-
- Ok, basta, ho perso
la scommessa e niente Kyoto, almeno la smettiamo con questa tortura!-
Ken chiuse di scatto il
suo libro e rimase seduto imbronciato a fissare il pavimento. Kojiro
strisciò a gattoni verso di lui.
- Getti la spugna in
questo modo, Ken?-
- Dai, lo sappiamo che
ho perso in partenza. Quante possibilità credi che abbia di portarti con
me?-
- Tutte quelle che tu
credi di avere, e se ti deconcentri adesso finisce che non ce la farai
davvero!-
- Sì ma arrivare fra i
primi venticinque sarebbe difficile anche se avessi studiato per tutto
l’anno, e così…-
- Io penso che tu ce la
possa fare. Non te l’avrei mai proposto se avessi pensato che era
impossibile, per piacere, non smettere proprio adesso… manca solo una
settimana… una settimana sola, e poi…-
- Promettimi che ci
vieni lo stesso a Kyoto, anche se non ce la faccio!-
- No, questo sarebbe
troppo facile per te, visto che dobbiamo soffrire, per questa volta tocca
a te!-
- Perché, tu quand’è
che soffri? Magari venendo in vacanza con me?-
Kojiro si rabbuiò
all’improvviso. Se Ken si fosse reso conto di quanto era andato vicino
ai suoi pensieri… aveva detto quella frase con leggerezza, ma il
significato era proprio quello. “Se vuoi che io mi sacrifichi venendo
con te, sacrificati per costringermi…”. Oddio, quello era proprio
quello che aveva pensato! Non riusciva a pensare di divertirsi a Kyoto con
Ken, a respingere le sue profferte e dall’altra parte a placare al sua
rabbia perché lo rifiutava, cercando di fargli capire che non era perché
lui non gli piaceva o cosa, e contemporaneamente senza rivelargli che cosa
in realtà gli faceva temere il sesso con chiunque, e non solo con lui...
- Ehilà, mi stai
ascoltando? Hai un’espressione molto assente-.
- No, no, ti stavo
ascoltando, ehm… hai detto qualcosa d’importante?-
- Ho detto che oggi
tornerò a casa prima- disse Ken con un’espressione indifferente sul
volto. - Mi sono stufato di stare qui a scuola a studiare come uno scemo-.
- Be’, abbiamo
impiegato utilmente il tempo dell’allenamento, dato che è stato
annullato-.
- Dì un po’, non è
che sei un po’ fissato con lo studio?-
- Mi impegno quello che
è necessario. Non mi piace buttar via tutta la fatica che gli altri fanno
per me!-
- Allora credi che
io…- cominciò Ken, ma si interruppe subito, non aveva voglia di
litigare, e sperava che Kojiro non l’avesse detto per offendere.
- No che non lo credo,
scemo! Non penso che tu butti via i sacrifici che i tuoi fanno per te,
solo che… potresti impegnarti di più! Tutti quanti hanno delle
potenzialità, anche se non le sfruttano, altrimenti perché credi che
stia con te? Di sicuro non perché ti apprezzo fisicamente!-
- Ma va’! Un capitolo
fa ti piacevo perché sono bello, adesso perché vedi del potenziale in
me… vuoi essere il mio pigmalione?-
- Esattamente. Voglio
allevarti per fare di te il nuovo Hyuga, anche se non riuscirai mai a
raggiungere l’originale-.
- E perché? Tu non
puoi più fare Hyuga originale?-
- Voglio ritirarmi a
vita privata e dedicarmi completamente al mio delizioso giardino. La vita
pubblica è estremamente stressante, e non voglio invecchiare prima del
tempo-.
- Be’, allora, se hai
finito di chiacchierare, ce ne andiamo a casa? Mi riaccompagni, mio
principe?-
- Certo, ma tu chi
saresti, il ranocchio?-
- Ma no, l’altro
principe, quello addormentato che tu risvegli con un bacio… solo che in
questo caso non sono addormentato sul serio ma sono solo un po’
stupidotto, però se mi baci… diventerò intelligentissimo-.
- Guarda che se poi non
succede, non me ne prendo la responsabilità!-
Kojiro si avvicinò e
gli prese il viso fra le mani, baciandolo dolcemente. Ken lo spinse contro
il suo banco, avvicinandogli con la mano il viso al suo, aumentando il
contatto fra le loro labbra. Immediatamente sentì che Kojiro irrigidiva
il collo per impedirglielo, e cercava di spostare il viso per interrompere
il bacio, era evidente che ne aveva già abbastanza. Ken si staccò, e
scuro in volto raccolse le sue cose e le gettò nella borsa. Senza una
parola uscì dalla classe e scese le scale, ignorando i richiami di Kojiro
che gli correva dietro.
- Ken, si può
sapere… Ken, ti fermi?- disse Kojiro quando riuscì ad afferrarlo per un
braccio.
- E lasciami- si staccò
violentemente Ken.
- Ma che cos’hai, si
può sapere che cosa ti prende?-
- Non ho niente, voglio
solo andare a casa-.
- Ma perché…-
- Senti, abbiamo già
affrontato questo discorso, ma a quanto pare le belle parole non ti
mancano, in quanto a fatti, invece…-
- Ma che cosa cavolo
stai dicendo?-
- Non te ne sei neanche
accorto, vero? Ti avevo chiesto di essere sincero con me, ma evidentemente
non ti interessa, perché…-
Kojiro lo afferrò per
un braccio costringendolo a girarsi verso di lui.
- Spiegami che cosa
vuol dire altrimenti non ti lascio andare-.
- E va bene, ti avevo
detto di parlarmi sinceramente, ma è evidente che tu preferisci
allontanarmi da te piuttosto che dirmi se c’è qualcosa che non ti va-.
- Ma ho fatto qualcosa?
Guarda che io…-
- Mi stavi spingendo
via, ecco, prima mi hai baciato e poi ti sei tirato indietro, non puoi
trattarmi…-
Inaspettatamente,
Kojiro rise, e Ken si bloccò, stupito.
- Cosa ti prende?-
mormorò rabbuiato.
- Sei tu che mi dici di
fare una cosa e poi non la fai tu per primo! Avresti dovuto aspettare
invece di scappare via, mi spingevi verso il banco e stavo per cadere,
scemo! Ti ho scostato solo per rimettermi in equilibrio, non per mandarti
via-.
Ken tacque, basito, poi
si azzardò ad un piccolo sorriso d’imbarazzo.
- Sono uno scemo,
vero?-
- Già. Se davvero
facessi quello che ti meriti, non ti bacerei adesso, lo sai?-
- Tu sì che sei
buono…- disse Ken, e si lasciò baciare, ben attento a non mettere in
pericolo l’equilibrio di Kojiro o il suo. Fu Kojiro però a farlo
appoggiare al muro della scuola e a spingere il viso contro il suo con
irruenza. Ken lo abbracciò forte e spinse a contatto i loro petti,
attraverso cui entrambi sentivano il cuore impazzito dell’altro.
- Anche tu sei buono…
molto buono- disse Kojiro con gli occhi brillanti quando si staccarono.
- Posso prenderti la
mano?- chiese Ken mentre si avviavano verso casa. Kojiro annuì ed
intrecciò le sue dita a quelle dell’altro.
- Se passa qualche
macchina devo lasciarti?-
- Be’, solo se è
qualcuno che conosco…- rise Kojiro.
- Ma tu conosci mezza
città!!!-
- Non avranno tutti
l’idea di uscire adesso, dai!-
Percorsero mano nella
mano tutto il tragitto fino a casa di Kojiro, per fortuna non incrociarono
nessuno che conoscevano. Le luci a casa Hyuga erano tutte spente.
- Fra poco torneranno
tutti quanti- disse Kojiro per schermirsi.
- Allora c’è tempo
solo per un ultimo bacio- disse Ken, e lo baciò in punta di labbra. -
Buona notte- gli sussurrò sulla bocca, subito dopo.
- Anche a te… sogni
d’oro. Ci vediamo domani!-
Kojiro rientrò in
casa. Vedeva che Ken si impegnava molto nello studio, e, anche se lui
negava, sapeva che aveva cominciato ad impegnarsi molto prima che Kojiro
si mettesse ad aiutarlo o che facessero quella scommessa. Era certo che
aveva iniziato quando la loro relazione aveva preso piede, per far piacere
a lui. Avere uno stimolo per Ken era fondamentale, e quello di renderlo
orgoglioso era uno stimolo abbastanza grane perché cominciasse a
considerare lo studio qualcosa di più che una inutile rottura. O magari
era perché Kojiro si impegnava tanto per continuare ad avere la borsa di
studio, mentre lui di quei problemi non en aveva, anzi…
Non vedeva l’ora di
sapere l’esito degli esami. Ed era il caso che anche lui studiasse
qualcosa. Però era abbastanza stanco, continuava a consegnare giornali e
ad andare al ristorante le sere in cui era libero; aveva lasciato le
consegne del negozio quando era stato male dietro le minacce di sua madre.
Comunque, avrebbe davvero voluto vedere che risultati avrebbe avuto
l’impegno smisurato di Ken. Era solo perché voleva passare le vacanze
di natale con lui a Kyoto? Doveva trovare più occasioni di questo genere
per divertirsi a vederlo diventare matto sui libri. A proposito, sia che
fosse andato in gita che no doveva decidersi a scegliere un regalo di
Natale per Ken. Di sicuro lui l’aveva già preso e lo teneva in camera
per guardarlo teneramente quando pensava a lui.
Ken tornò a
casa camminando pensosamente. Se avesse saputo che in quel momento Kojiro
stava avendo il suo stesso genere di pensieri, avrebbe pensato che la loro
relazione era davvero voluta dal destino. Anche lui non vedeva l’ora di
sapere se sarebbe arrivato fra i primi venticinque o no. Gli sembrava di
stare per esplodere a furia di studiare così tanto. Aveva già provato
prima ad impegnarsi, ma quel tour de force era peggiore di qualsiasi
allenamento, peggiore di qualsiasi sforzo avesse mai fatto, forse era pari
solo al dolore che aveva provato quando era andato sotto a quella
macchina, alle elementari… nemmeno quando aveva dovuto superare gli
esami alla Toho(4) era stata così
dura… forse adesso ce la metteva tutta veramente per non dover deludere
Kojiro. A proposito di Kojiro, mancavano un paio di settimane a Natale e
doveva assolutamente trovare qualcosa che gi piacesse. Era una croce
cercare di indovinare che cosa desiderava Kojiro perché lui non diceva
mai niente in proposito. Una volta a casa sua avevano parlato di musica,
c’era un gruppo che piaceva a Kojiro e di sicuro non aveva l’ultimo
CD, gliel’avrebbe preso, magari… passò davanti al tempio che c’era
a qualche isolato da casa sua. Considerò l’idea di salire quelle scale
e pregare per passare gli esami… gli sembrava una cosa sciocca e
superstiziosa. Kojiro non credeva alla sfortuna quando si trattava di
studio. “Se vai male è perché non studi” era il motto che era inciso
sul suo cancello. Però… be’, magari il giorno prima sarebbe potuto
fare una scappata, tanto per pararsi le spalle per ogni evenienza.
Sorrise.
Intanto era
arrivato a casa; fu accolto dal calore dell’interno che contrastava col
fresco dell’esterno. Era strano, erano quasi in inverno e non era freddo
come ci si aspettava. Magari il tempo fosse stato così clemente anche se
fossero andati a Kyoto. Magari fossero andati a Kyoto! Uffa, desiderava il
responso della sua fortuna: se fosse andata bene, Kojiro per quattro
giorni! Quattro giorni in cui l’avrebbe avuto tutto per sè, per…
be’, lo sapeva benissimo che cosa voleva fare. E lo desiderava… dio,
quanto lo voleva…
Dopo cena, si buttò
sul letto sorridendo fiducioso. Sì, ce l’avrebbe fatta, il fuoco sacro
adesso lo divorava e si sentiva capace di tutto!
- Capitano, hai visto
come si sta impegnando Ken?- disse Takeshi a pranzo.
Kojiro annuì
riempiendosi la bocca a più non posso. Ken era accanto a loro con la
testa immersa nel libro di geografia. Michiko lo guardò con molta
curiosità.
- Abbiamo fatto una
scommessa, Takeshi, se lui riesce a superarti nei risultati gli farò un
bel regalo-.
Takeshi fece una faccia
scura. - Eh? Come, una scommessa se mi batte? E non mi dite niente? Che
razza di gioco è se…-
- Ragiona, se te
l’avessimo detto, per lui non ci sarebbe stata nessuna possibilità!-
- Oh!- esclamò Ken
alzando il viso dal suo libro e tuffandolo nel suo pranzo. - Va bene
provocare ma a tutto c’è un limite!- concluse poi con il viso pieno di
riso.
- In realtà deve
arrivare fra i primi venticinque, la scommessa è questa-.
- Wow, la posta in
gioco dev’essere veramente alta!- esclamò Takeshi.
- Sempre che non sia un
fiasco come la finalissima- buttò lì Michiko. I tre ragazzi
ammutolirono. Ken arrossì ma mantenne il suo aplomb.
- Non so perché, ma
questa ragazza ha la virtù di indispormi- le disse con un sorriso
esagerato.
- Felice di esserti
utile- rispose altrettanto acidamente la ragazza, alzandosi per andarsene
insieme a Takeshi.
- Ci si vede, ragazzi!-
- Ciao, Takeshi!
Guarda, Ken, se non sapessi che è una ragazza con tutte le rotelle, direi
che Michiko è cotta di te-.
- Come no, sta con
Takeshi solo per starmi vicino!-
Kojiro annuì e rise,
poi tornarono in classe anche loro.
- Si può sapere che
cosa hai contro Ken, Michi? Sembra che non ti vada proprio giù, eh?-
- Anzi, mi sta molto
simpatico- rispose lei con sufficienza. - Piuttosto, non riesco a capire
come quei due devono starci sempre appiccicati in mensa, sembra che
facciano coppia fra di loro…-
Takeshi diventò rosso
fino alle orecchie. - Ma no, no, che cosa dici? Ma come ti viene in
mente?-
- Niente, penso che
siano solo un po’ troppo pieni di sé, ci sono un sacco di ragazze che
gli muoiono dietro… voi calciatori siete tutti un po’ mammolette…-
- Michi! Finiscila!-
gridò Takeshi e lei rientrò in classe ridendo di lui, contenta.
- Ma perché finisce
sempre così…- piagnucolò Takeshi e si rifugiò nel suo amato banco.
Arrivò finalmente la
settimana degli esami. Ken mordicchiava tutti i cappucci delle penne e
recitava “Kyoto, Kyoto, Kyoto” come un mantra, per non cedere ai nervi
proprio durante le prove. Kojiro doveva aver trovato una penna magica che
scriveva da sola perché filava come un treno, mentre lui non riusciva a
smettere di guardare fuori il cielo terso di dicembre. Si era talmente
perso che quasi si appisolava senza accorgersene.
-Bene-, si disse,
-adesso leggo il compito e lo risolvo, poi me ne vado a casa e metto
insieme una borsa, compro i biglietti del treno, recupero Kojiro e andiamo
dritti filato a Kyoto e buon Natale a tutti… ehi, ma questo cos’è?
Aspetta, vediamo, oddio, com’è che si risolve? Ok, calmo, ho anche
detto una preghiera ieri, cavolo, lo potevo prendere un amuleto, allora,
prima le tonde e poi…-
- Laggiù, Wakashimazu,
hai finito di parlare?- lo riprese il professore. Aveva parlato ad alta
voce! Anche Kojiro si era girato a guardarlo, che figura! Ma Kojiro, prima
di tornare al suo compito, gli strizzò l’occhio e gli fece un sorriso.
Ok, adesso era tranquillo. Si sentiva un po’ meglio, e riuscì a
risolvere una parte dignitosa del compito. Le altre prove furono simili,
in media aveva dato più risposte del solito, tutto stava a vedere se le
risposte erano esatte. La sua mente poteva contenere poche nozioni esatte
o abbastanza nozioni in maniera un po’ confusa o tante nozioni della cui
certezza non poteva essere sicuro al cento per cento, e il caso di quegli
esami era quello. Doveva credere in quello che sapeva, non pensarci
troppo, altrimenti si sarebbe confuso ancora di più, e addio…
- Allora, gente, come
siete andati?-
Takeshi aveva l’aria
sconvolta, Michiko aveva perso parte della sua parlantina e Ken aveva la
lingua sotto le scarpe. Kojiro sorseggiava il suo succo di frutta.
- Allora? Che facce
avete!-
- Io volere dormire un
mese!- disse Takeshi.
- Idem!- intervennero
Michiko e Ken.
- Fra poco ci sono le
vacanze!-
- Sì ma prima ci sono
i risultati, addio vacanze se sono andato male!-
- Ma dai, Take-chan,
sei andato benissimo!-
- Oh, lo spero!-
- Sinceramente, Ken,
cosa ti è sembrato?-
- Be’, sapevo
rispondere a più domande del solito, ma… non so se ho risposto giusto-.
- Domani facciamo un
giro insieme? Andiamo a guardare i negozi in centro?-
- Se domani riesco ad
alzarmi, ci vengo volentieri, non vorrei passare un sabato pomeriggio a
chiedermi “Ma questo sarà giusto?”-
- Ok, allora ci vediamo
domani! Bacino!- Kojiro lo baciò rapidamente, in modo che non se ne
accorgesse nessuno, poi scappò via di corsa.
- Ehi!- strillò
Michiko, interrompendo Takeshi. Stava guardando laggiù, vicino al
cancello, dove si erano allontanati Kojiro e Ken.
- Che ti piglia?-
- Guarda che quei due
si sono baciati!-
- Ma che dici, in
pubblico? Cioè, ehm… ma dai, come baciati?-
- Ho visto bene, Kojiro
gli ha dato un bacio-.
- Ma smettila, noi
stiamo insieme da molto di più e… oh, guarda quella nuvola là!-
Takeshi si rese conto che il suo cervello non connetteva bene, e si fece
un appunto mentale di non discutere mai di faccende riservate con Michiko
dopo un esame.
L’indomani le lezioni
finirono presto. Ken aveva un po’ di mal di testa ma non voleva
rinunciare ad andare con Kojiro. Se fosse stato ben attento avrebbe potuto
cogliere qualche sua allusione su che cosa avrebbe voluto ricevere, anche
se ormai si era abbastanza convinto sul CD. O magari avrebbe avuto qualche
anticipazione su quel che Kojiro avrebbe regalato a lui… ammesso che gli
avrebbe regalato qualcosa, non ne era poi così tanto sicuro, ma… se
fosse riuscito a portarselo a Kyoto, quello sarebbe stato un regalo mille
volte migliore di ogni cosa che poteva immaginare…
- Guarda, quello mi
piacerebbe regalarlo a mia madre, il suo è tutto rovinato…- disse
Kojiro davanti ad una vetrina. Ken annuì giusto per cortesia; giravano da
due ore e Kojiro non aveva fatto che parlargli di quello che avrebbe
voluto regalare ai suoi familiari, e non aveva fatto nessun accenno
personale. In più sembrava non accorgersi neanche della sua presenza, e
il suo mal di testa aumentava.
- Ken, che cos’hai?-
gli chiese Kojiro ad un certo punto, vedendolo assente.
- Niente, non ho
proprio niente, davvero-.
- Non è che… sei
arrabbiato? Che cosa ti ho fatto stavolta?-
- Ma dai, cosa dici,
non mi hai fatto niente, non sono arrabbiato, come ti viene in mente?-
- Be’, non parli, non
dici niente, di solito mi tieni il muso quando ti ho fatto qualcosa…-
- No, non mi hai fatto
niente, stavolta! È solo che…’sti esami mi hanno stressato un
po’…-
- Ah, allora vedi che
è colpa mia… è per me che ti sei sbattuto tanto a studiare…-
- Ma no, e poi mi ha
fatto bene, è solo che non sono abituato ad usare tutto il mio
cervello… credo che si sia gonfiato per il troppo pensare...-
- Ok… ma se vuoi
possiamo tornare a casa, non c’è problema…-
- Perché non andiamo a
mangiare un pezzo di torta, invece? Penso che mi tirerebbe un po’ su…-
Entrarono in una
caffetteria. Era piena di gente in libera uscita per negozi ma trovarono
un tavolo libero proprio accanto alla vetrina. Kojiro sorrideva mentre
mangiava la sua torta al cioccolato, e anche Ken si sentiva un po’
meglio. Forse era il freddo che non lo faceva stare molto bene.
- Senti, che cosa pensi
che sia meglio, quando andiamo a Kyoto, per…- cominciò Ken.
- “Se” andiamo a
Kyoto- lo corresse Kojiro con un sorriso. A Ken morì il sorriso sulle
labbra. - Ehi, dai, non prendertela, era tanto per dire. Allora, cosa
stavi dicendo?-
- Niente, tanto
probabilmente non ci andremo…-
Kojiro mise una mano
sul tavolo, accanto a quella di Ken. Avrebbe voluto metterla sulla sua…
- Adesso non fare il
depresso, credo che hai buone possibilità di portarmi con te. Adesso ti
posso dire che avevo deciso di venirci lo stesso anche se non ce la
fai…-
- E me lo dici adesso?
Sono qui che mi scoppia la testa, e tu ti permetti di fare il carino?
Giuro che non accetterò mai più una scommessa con te!-
- Ma non ho mica
barato… senti, quando studiamo tu vuoi sempre fare altro, così ti ho
dimostrato che se ti impegni puoi farcela-.
- Un bel predicozzo
tradizionale non me lo potevi fare? È vero, mi sarei scocciato ma non così
tanto! Tiranno! Comunque adesso sei costretto a venire!-
- Dopo tutti questi
insulti? Stai fresco, mio caro!-
Ken rise. Si sentiva
meglio, e forse Kojiro si sarebbe lasciato convincere anche se fosse
arrivato ad una posizione più bassa. Però, adesso, se non ce l’avesse
fatta, si sarebbe sentito davvero un fallito…al diavolo! Anche se Kojiro
veniva per spirito di carità, comunque averlo nella propria stanza di
Kyoto valeva qualsiasi umiliazione!!!
Il giorno in cui
esposero i risultati, Ken sembrava stretto nella sua uniforme. Era molto
agitato, anche se Kojiro continuava a dargli vigorose manate sulle spalle
per farlo sentire meglio.
Il corridoio era
affollato, più che nel primo giorno di scuola, e tutti non facevano altro
che spingere e alzarsi sulla punta dei piedi per arrivare a vedere il
proprio nome.
- Kojiro, io non ce la
faccio, guarda tu per me!-
- Oh, solo settimo!-
gemette Kojiro.
- Che cosa, sono
arrivato settimo? Cosa? Kojiro?-
- Ma no, io sono
settimo, come ti viene in mente anche solo di esserci arrivato vicino?-
Ken stava per mandarlo
a quel paese, ma Kojiro si era messo a cercare il suo nome.
- Allora, venti no,
ventuno nemmeno, ehi, al ventidue c’è Michiko, l’avresti mai detto?
Ventitré… ventitré…-
- Ventitré? Ci sono o
no? Non mi far stare sulle spine, dai!-
- No, mi dispiace, non
sei il ventitré, e nemmeno il ventiquattro… oh, mi dispiace, nemmeno il
venticinque…-
- Cosa? Non sono fra i
primi venticinque? Che posizione sono, lasciami vedere… scemo! Sono
arrivato al diciannove, mi hai preso in giro!-
Kojiro rise, e Ken
voleva gettarsi fra le sue braccia e divorarlo di baci, ma lì in mezzo a
tutti…
- Vieni, sbrigati- lo
afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dalla calca, fino a che
trovarono un’aula vuota. Ken lo spinse dentro, chiuse la porta e gli si
gettò addosso come una ventosa.
- Ehi, Ken, Ken,
calmati, ok? Ehi, piano…-
- Ti amo, Kojiro, ti
amo! Ti divorerei!-
- Be’, sembra che tu
mi voglia ingoiare…-
- Eddai, chiudi quella
bocca…anzi no, aprila, ma non parlare…-
Si baciarono a lungo,
molto a lungo, fino a che la campanella non venne a disturbare il loro
dolce passatempo.
-Andiamo via, Ken,
arriverà gente…-
- Uffa! Io…-
- Cerchiamo un bagno
libero, dai, sbrigati…-
Kojiro lo trascinò nel
bagno e si lasciò “assaggiare” da Ken. Si sentiva eccitato come non
lo era mai stato nella sua vita, nemmeno nei baci più audaci con Ken. Era
appoggiato alla parete e si sentiva preda di movimenti che non riusciva a
dominare, e sentiva anche le spinte di Ken, e la sua eccitazione… che
strano, in quel momento non aveva affatto voglia di scappare, anzi,
accidenti… forse era il momento che Ken aspettava da tanto, forse le
paranoie di Kojiro finalmente se ne erano andare, e finalmente il grande
giorno…
- Ken… Ken…- stava
gemendo Kojiro. Per una frazione di secondo Ken rimase in attesa, per
sentire se gli diceva di smettere, ma l’altro inarcò il collo e lo
spinse contro di sé per invitarlo a continuare. Le dita di Ken gli
aprirono rapidamente il collo dell’uniforme, e si infilarono dentro,
accarezzandogli la gola. Kojiro gli alzò la giacca e tirò fuori la
camicia dai pantaloni, accarezzandogli la schiena e cercando di farsi
strada sul sedere.
- Sei sicuro, Kojiro?-
si fermò Ken, guardandolo in viso. L’espressione di Kojiro era
l’incitamento a continuare puro e semplice. Forse lo eccitavano i posti
strani… - Vuoi farlo qui… in un cesso?-
- Che problema hai?-
gemette Kojiro, roco, ma in quel momento la voce gli morì in gola.
Qualcuno aveva aperto la porta ed era entrato nel bagno. Ken si sentì
gelare dalle risate dei compagni che gli arrivavano oltre la misera
porticina che li divideva dallo scandalo. Trattennero il respiro per un
tempo interminabile, e, quando il bagno tornò vuoto, si accorsero che il
momento magico era passato. Il cuore di Kojiro batteva normalmente e anche
l’eccitazione di Ken se ne era andata irrimediabilmente.
- È meglio se
torniamo, Ken- disse Kojiro, e Ken annuì. Se mai avesse scoperto chi è
che era entrato in bagno, giurò, gli avrebbe fatto la pelle.
- Comincia a preparare
il tuo spazzolino, Kojiro, partiremo fra poco!- gli disse Ken quel giorno,
mentre uscivano da scuola.
- Per quando è
prevista la nostra vacanza?-
- Ma te l’ho detto,
per la vigilia di Natale. Sarà divertentissimo, credo che per stavolta
prenderemo il treno…-
- Oh, non andiamo con
la strepitosa macchina di tuo padre?-
- Dai, come faremmo a
pomiciare con lui davanti che guida?-
- Sì, ma… rinunciare
ad un sedile posteriore tutto per noi…- sussurrò Kojiro con uno sguardo
obliquo, sexy. Ken si morse un labbro.
- Be’, non… non…-
- Oh, scusa, ti ho
messo in imbarazzo…-
- Non fa niente, non ti
preoccupare… possiamo trovare anche altri posti… ti chiamo più tardi
per dirti tutti i dettagli, ok?-
Kojiro si sentiva
leggero come una piuma. Quella mattina in bagno non aveva avuto paura… e
se non fosse entrato nessuno forse avrebbe anche continuato… ma avrebbe
avuto il coraggio dio arrivare fino in fondo? Be’, forse neanche Ken
voleva farlo lì, in quel bagno, sarebbe stata la sua prima volta… a
Kyoto sicuramente ci avrebbe provato in ogni modo, a metterlo su un bel
letto e a darsi da fare… uffa, e lui fino ad un certo punto poteva
starci, anzi voleva, ma… se ad un certo punto non gli fosse andato più?
Oh, Ken avrebbe capito, lui gli aveva porto un limite ed era sicuro che
l’avrebbe rispettato.
Ken si fece una bella
doccia, prima di chiamare Kojiro. L’eccitazione di quella mattina era
stato qualcosa di meraviglioso, per la prima volta aveva sentito che
Kojiro non stava solo subendo i suoi approcci ma li ricambiava… certo,
forse si sarebbe fermato prima di arrivare fino in fondo, quella mattina,
ma solo per non sprecare la sua prima volta nel cesso della scuola…anche
se poteva essere un’esperienza. Arrossì. Forse a Kyoto a dispetto anche
delle sue speranze più sfrenate, lui e Kojiro avrebbero… arrossì
violentemente. Avrebbe dovuto cominciare a pensarci come a qualcosa di più
che ad un’eventualità… come si doveva preparare? Oddio, si sentiva un
ignorante e un principiante, che cosa avrebbe dovuto mettere nella borsa?
Di sicuro non poteva chiedere a suo padre… dio, come era imbarazzante…
- Ciao! Ken, scusa il
ritardo!
- Sei scusato, per
fortuna hai fatto in tempo. Il treno parte fra quindici minuti-.
- Lo so, lo so,
perdonami… ho avuto un piccolo contrattempo… mia madre ha insistito
per infilarmi nella borsa anche il pigiama imbottito di peluche, non ce la
facevamo a farcelo entrare…-
- Ma dici sul serio?-
- Dai, pensi che sia
serio? Non riuscivo a decidere che cosa mettere…-
- È un’altra balla,
vero? Lo so che tu ti metti sempre la prima cosa che ti capita-.
- Ah, certo, grazie.
Vai a farti bello per chi ti piace, questo è quello che riceverai!-
- Dai, scusami, ci
credo! Adesso però non vedo l’ora di vedere che cosa ti sei messo-.
- Resterai deluso,
perché non ho trovato niente di meglio del solito maglione con sopra i
cagnolini…-
- Fa niente, mi piace
lo stesso… come ti sta-.
Kojiro sorrise, e suo
malgrado si trovò a pensare che invece Ken stava benissimo davvero con
quello che aveva addosso, giubbotto scamosciato e jeans… e i capelli
legati che erano la fine del mondo.
- Ehi, guarda! Hai
legato i capelli…-
- Lo sapevo, non ti
piace…-
- Ma no, anzi… sono
la fine del mondo…- Kojiro si avvicinò e gli regalò un bacio leggero.
Il padre di Ken ritornò con i biglietti, e naturalmente non volle dirgli
quanto costavano. Sul treno l’uomo andò a sedersi nello scompartimento
per fumatori lasciando i ragazzi da soli, liberi di stare insieme. Nella
carrozza c’era poca gente, cosa che consentiva loro di accarezzarsi e
baciarsi furtivamente.
Quando arrivarono a
Kyoto era già tardi. Il nonno di Ken aveva mandato qualcuno a prenderli
alla stazione, e quando scesero dal treno si accorsero che nel frattempo
il clima si era fatto più rigido: faceva più freddo di quando erano
partiti.
Kojiro si sentì molto
in imbarazzo quando il nonno di Ken, un vecchio e saggio maestro di arti
marziali come il figlio, con lo yukata e quello sguardo severo di antico
giapponese, gli sorrise e gli tese la mano. A quanto pareva, Ken doveva
averlo indottrinato a dovere su di lui, e invece Kojiro non sapeva niente
di Wakashimazu senior.
- Tu devi essere
l’amico di Ken, vero, quel calciatore così bravo! Qual è il tuo nome?-
- Hyuga, te l’avevo
già detto nonno…- protestò Ken.
- Non fa niente…- si
schermì Kojiro.
- Bene, Hyuga-kun! Ora
però venite dentro, altrimenti vi prenderete un malanno, qui fuori!-
Entrarono. Il giardino
era bello e tradizionale, Kojiro non vedeva l’ora di esplorarlo, e
dentro la casa era quanto di più tipico ci potesse essere. Il nonno di
Ken ci viveva da solo con qualche domestico che stava con lui
probabilmente da decenni; Ken sembrava beato dal modo in cui si guardava
intorno; non aveva fatto altro che decantagli le meraviglie di quella
casa, quando voleva convincerlo ad andarci in vacanza, e Kojiro riconobbe
che non aveva affatto esagerato.
- Nonno, l’hai fatto
l’albero di Natale quest’anno, non è vero?-
Il vecchio rise e
scosse la testa. Ken sbuffò.
- Non sono mai riuscito
a convincerlo- sussurrò a Kojiro.
Per prima cosa si
misero a tavola. Kojiro rispose cortesemente alle domande del nonno sul
calcio, anche se era evidente che il suo interlocutore ne capiva bel poco.
- … sì, ma purtroppo
la finale…-
- Te l’ho già detto,
nonno, la finale l’abbiamo persa, e ti avevo anche detto che… è una
ferita ancora aperta!-
- Ma no, che cosa
dici!- lo rimbeccò Kojiro. - In realtà, signore, abbiamo perso solo
perché il nostro portiere era distratto!-
- Eh, l’ho sempre
detto che non avresti mai dovuto lasciare il karatè…-
- Nonno!-
- Ah ah, ragazzi, fa
sempre piacere avere qualche giovane intorno, sapete, noi anziani non ci
ricordiamo più come eravamo una volta… e poi era tutto diverso,
sapete… bene, credo che per me sia ora di andare a letto… ci vediamo
domani…-
Il vecchio si alzò
appoggiandosi al suo bastone.
- Ti accompagno io, papà-.
Il padre di Ken si alzò e sostenne il padre.
- Non fate troppo
rumore, ragazzi, e non tardate troppo ad andare a letto! Buonanotte!- li
salutarono i due uomini.
- Wow, credevo che non
sarebbe finita più! Ti prego ti perdonare mio nonno…-
- E perché? Io mi sono
divertito!-
- Che ne dici di andare
a letto anche noi? Ti faccio vedere la camera-
Ken lo portò nella sua
camera; era una bella stanza grande e con una gran bella vista sul
giardino.
- Guarda qua- gli disse
Ken facendo scorrere una porta sulla parete. - Comunica con la mia! Era la
stanza di mio padre e di suo fratello, poi quando stavamo qui, ci
dormivamo io e la mamma-.
- Che bello! Adesso non
vorrai mica dormire sul serio, vero? Vediamo com’era la tua stanza
quando eri bambino!-
- Non è che ci sia
molto, la mia indipendenza si è sviluppata dopo che sono andato via…-
- Guarda! Poster di
campioni di karatè! Chissà come me l’aspettavo!-
- Sbagli, quelli li
hanno messi mio nonno e mio padre quando ho cominciato a giocare a calcio,
speravano che mi facessero il lavaggio del cervello!-
- Però, un po’ mi
dispiace… tuo nonno è una persona così simpatica, sarebbe bello se suo
nipote seguisse le sue orme…-
- Ma finiscila! A me
piace di più giocare a calcio!-
-Sì sì…- tagliò
corto Kojiro.
- Ah, a proposito!-
esclamò Ken picchiandosi la fronte. - Oggi è la vigilia di Natale e
ancora non ti ho dato il mio regalo!-
- Oh, mi hai fatto un
regalo!- finse di cadere dalle nuvole Kojiro. - Grazie, ma non dovevi!-
continuò prendendo avidamente dalle mani il suo pacchetto. - Posso
aprirlo, davvero?-
- Dai!-
Kojiro strappò la
carta luccicante e scoprì il CD del gruppo che gli piaceva tanto.
- Oh, grazie! Come hai
fatto a sapere che lo volevo?-
- Intuito- si schermì
Ken. - Perché non ce lo sentiamo?-
- Ma certo! Grazie
ancora, e… mi dispiace, io non ti ho preso nessun regalo-.
- Non fa niente- disse
Ken nascondendo abilmente la delusione. - Che tu sia qui è già un bel
regalo-.
- Wow, bellissima
risposta, quasi quasi faccio finta davvero di non averlo, il tuo regalo!-
Kojiro si alzò e andò a prendere un pacchetto dalla sua borsa,
porgendolo a Ken.
- Bello! È… una cosa
rigida…-
- Sì, è un libro su
come rendere al meglio nello studio-. Sorrise Kojiro.
- Che cosa? Che cosa
cavolo ti è venuto in mente di… ma non è vero!- Ken scartandola aveva
scoperto una scatola nera, e ne tirò fuori una maglietta rossa con una
stella bianca e la scritta “Star Boy” sul petto. - Wow, che carina!!
Grazie mille, è proprio bella!-
- Quando l’ho vista
mi è sembrato che ci fosse il tuo nome sopra! Perché non la provi?-
Ken tolse subito il
maglione e la provò. Gli stava a pennello.
- Mi piace. Mi sa che
non la toglierò, per adesso-.
Kojiro sorrise, ma nel
farlo gli toccò soffocare uno sbadiglio.
- Sei stanco?-
- Un pochino. Però
forse è meglio andare a letto, che ne dici?-
- Se vuoi. Buonanotte-.
- Vuoi venire di là a
darmi il bacio della buonanotte?-
- D’accordo, ci vengo
più tardi. Mi preparo e poi arrivo, ok?-
Kojiro si fece una
doccia e si mise in pigiama. Stese il futon a terra e si sedete ad
aspettate Ken. Quella sera di certo non sarebbe successo, ma le
prossime… l’episodio a scuola sembrava così lontano, aveva cercato di
non pensarci. Forse non ci avrebbe pensato più neanche Ken.
Anche Ken si preparò
nella sua stanza. Ci mise un po’ per decidersi di andare a salutare
Kojiro, non sapeva come interpretare il suo invito. Frugò nella borsa a
cercare la scatola che aveva comperato prima della partenza… per essere
preparato… poi la rimise giù. No, forse non era quello il momento
adatto, avrebbero avuto altre occasioni in cui non erano stanchi per un
lungo viaggio.
- Ehilà, non stai già
dormendo, vero?-
- No, ti stavo
aspettando, hai tardato…- disse Kojiro tendendogli le braccia. Si
baciarono dolcemente.
- Pensa se il nonno
sapesse che cosa stiamo facendo…-
- Ah, credo che mi
ucciderebbe… e forse mio padre infierirebbe con la sua katana!
L’ultima speranza dei miei dopo che ho lasciato il karatè è che io gli
dia un erede per continuare la stirpe… pensa un po’ che buffo…-
- Magari la troverai,
una ragazza che ti piace…-
- Ma che ti salta in
mente?-
- Niente, così…-
- Senti, è meglio che
ti lascio dormire prima che mi dici altre stronzate… buonanotte. Sogni
d’oro. Sognami, mi raccomando!-
- Anche tu. Ti voglio
bene-.
Kojiro si mise giù.
Quella frase gli era scappata di bocca… credeva davvero che Ken avrebbe
potuto mettersi con una donna? E lui…? Non ebbe tempo di pensarci
seriamente, perché si addormentò di botto.
Ken annotò mentalmente
di vietare d’ora in poi di servire alcolici a Kojiro, perché lo
facevano sicuramente strapalare. Che battute da fare su di lui e sul fatto
che si sarebbe potuta trovare una donna…
- Buon Natale! Ehi,
sveglia, bell’addormentato, è ora di alzarsi e andare a fare colazione,
che ne dici?-
Kojiro si stiracchiò
con poca voglia di alzarsi.
- Che cosa c’è, a
quest’ora?-
- Guarda che sono quasi
le dieci, se stai a letto ancora un po’ ti servo direttamente il
pranzo!-
- Facciamo un brunch-
propose Kojiro, ancora mezzo intontito.
- Facciamo quello che
vuoi, ma svegliati, dai! Mio padre e mio nonno stanno aspettando solo te
per fare colazione!-
- Che… che cosa?-
Kojiro balzò in piedi e si vestì in tutta fretta. - Ma davvero stanno
aspettando me?-
- No, ma se non trovavo
una scusa tu non ti saresti alzato più!-
- Bastardo!- gli gridò
Kojiro facendosi trascinare di sotto. Fecero colazione insieme discutendo
il programma della giornata. Kyoto era piena di posti da vedere e di
sicuro ne avrebbero avanzati anche per il giorno dopo.
Ken gli fece da
cicerone, e non smise un attimo di chiacchierare. Si sedettero su una
panchina per prendere fiato. Il tempo era freddo ma limpido, e lì attorno
era tutto pieno di turisti che passeggiavano guardando i templi.
- Però, non si direbbe
che siamo a dicembre… non mi ricordavo che fosse pieno di gente così
anche in questo periodo- disse Ken.
- Da quand’è che non
ci torni più qui?-
- Be’, papà c’è
tornato poche volte, e dopo che la mamma, be’… non ci siamo tornati più
insieme, saranno cinque o sei anni che non vedo il nonno, lo sai?-
Kojiro si stiracchiò
sulla panchina cercando di allungarsi il più possibile. Poi guardò Ken e
gli sorrise maliziosamente. Il desiderio di entrambi era quello di
mangiarsi di baci.
- Mmm, Kojiro, non sai
che voglia che ho di baciarti!-
- Ti coniglio di
metterla in tasca, perché qui…-
- Non credo che ci
starebbe in tasca, i miei pantaloni sono già troppo…-
- Ken, finiscila!- gridò
Kojiro, arrossendo e scappando via.
- Dai, aspettami! Stavo
scherzando! Aspetta! Ehi, se mi aspetti ti porto in un angolino dove non
c’è nessuno, ti va?-
- Ma no, non ti
preoccupare… aspetterò di essere arrivato a casa, ok?-
Ken sbuffò e lo
raggiunse. Per tutto il pomeriggio continuarono a girare, in realtà non
facevano tutto quel turismo: Ken portava Kojiro alla panchina più vicina
e da lì ammirarono con molta calma poche delle meraviglie di Kyoto.
- Non cercare quello
che ti ho detto nelle guide turistiche, perché sono piene di stupidate-.
- E tu invece sei pieno
di verità infusa, non è vero?-
- Be’, mi crederai se
ti dico che mi fido di più di quello che mi ha raccontato mio nonno…-
- Ah, be’, allora non
si discute-.
Tornarono a casa per
l’ora di cena. Sia Ken che Kojiro pensarono che era strano che non
avessero ancora toccato quell’argomento scottante che stava loro tanto a
cuore, ma… non erano le occasioni che erano mancate, più che altro non
erano stati in grado di coglierle, e questo se lo rimproverava soprattutto
Ken. In tre o quattro occasioni avrebbe potuto dire a Kojiro che cosa gli
sarebbe piaciuto fare insieme, ma non c’era mai riuscito. Sperò almeno
di essere riuscito a farlo rilassare, e di trovarlo disponibile nei suoi
confronti… se ci pensava, rischiava di non riuscire nemmeno a
controllarsi.
Erano di nuovo in
camera, di nuovo pronti per andare a dormire, e Ken stava lì ad
arrovellarsi se fosse il caso di andare da Kojiro e soprattutto di
portarsi i preservativi…
- Ehilà, allora, che
fine hai fatto?- si affacciò Kojiro alla porta. Ken sussultò e la
scatola gli cadde di mano. - Che cos’hai lì?- si avvicinò Kojiro
mentre Ken si precipitava a raccoglierla, desiderando teletrasportarla in
qualsiasi altro luogo del mondo. Non riuscì a nascondergliela; e
l’espressione che si dipinse sul viso di Kojiro era di
un’indecifrabilità spaventosa.
- Oh- disse, poi
tacque. Ken attese, ma sembrava che l’altro non avesse intenzione di
continuare.
- Ehm…- disse. -
Ti… ti dispiace…-
- Ken, che cosa
significa, questa?-
- Be’, io…-
- E non dirmi che te ne
porti sempre dietro una scatola per ogni eventualità! L’hai comperata
per uno scopo preciso, vero? Per questa vacanza?-
- Senti, io… non è
come pensi tu!-
- Pensavo di essere
stato chiaro! Pensavo di non dover più ripetere come la penso!-
- Guarda che tu hai
solo detto “non parliamone più”! Non mi hai detto nient’altro, e
io… non mi hai mai detto come la pensi!-
- Io… io ti avevo
detto che non sono pronto, e che non voglio farlo, ancora… mi fai
incazzare quando fai così! Era questo lo scopo della vacanza? Era per
questo che insistevi tanto?-
- Kojiro, non ti
arrabbiare, è vero… io pensavo che qui saremmo stati tranquilli, ma non
avevo alcuna intenzione di… forzarti, o…-
- E allora… allora
questi?-
- Non è che… avessi
previsto di usarli, ma… ecco… se ci fosse venuta voglia e… insomma,
meglio essere preparati…-
- E se non ci fosse
stata occasione? Non ci credo che li hai portati solo “nel caso”! Tu
avevi intenzione di sforzarlo il caso, vero? Il luogo tranquillo… le
camere comunicanti… eh?-
- No… non saltare
alle conclusioni… l’ho pensato, ma… be’, qui non ci avrebbe
disturbato nessuno anche se… anche se ne avessimo solo parlato…-
- Vuoi che pensi che ti
saresti accontentato di “parlarne”?- disse Kojiro, ma già sulle sue
labbra era tornato il sorriso. - Comunque… anche se avessi voluto
farlo… mi sarebbe piaciuto che tu mi consultassi, invece di sceglierli
da solo!-
- Non ti piacciono?-
esclamò Ken con un viso così buffo che Kojiro scoppiò a ridere.
- Non so se mi
piacciono, ma mi sarebbe piaciuto vedere che altri tipi c’erano! Qui tu
stai prendendo un po’ troppe iniziative!-
- Non sei arrabbiato,
allora?-
- Lo sarei stato se ti
fossi presentato in camera mia con qualche preservativo nascosto addosso,
e giuro che non ti avrei perdonato, ma così… certo, se me l’avessi
chiesto ti avrei detto di non contarci, ma… ci sono cose che mi piace
fare con te, e forse…- Kojiro si era avvicinato, e si era insinuato fra
le sue braccia, morbido come un gatto. - … forse possiamo approfittare
di questo bel posto, della pace… della notte…- Kojiro lo baciò con
passione, facendolo finire sul futon, e sdraiandoglisi sopra.
- Oddio…- gemette Ken.
- Non credevo che facendoti incazzare saremmo finiti così…-
Kojiro continuò a
baciarlo senza lasciargli quasi il tempo di respirare; in breve restarono
entrambi seminudi, e i loro baci si facevano sempre più profondi ed
allusivi. Ken era sotto Kojiro e aveva cominciato a muoversi sempre più
convulsamente, a spingere sempre di più con il bacino contro quello di
Kojiro.
- È… è meglio se ci
fermiamo qui, perché altrimenti… io non resisto…- sussurrò Ken,
accarezzando le natiche di Kojiro, protette solo da un sottilissimo strato
di stoffa.
- Mmm… sì… forse
è meglio…- rispose Kojiro, e, con difficoltà, si staccò da lui.
- Wow, non mi aspettavo
una cosa del genere, da te- sorrise Ken, con i capelli appiccicati alla
fronte madida. Ansimava ed era caldo, molto caldo ed eccitato; stava
cercando di calmarsi, e lo stava facendo anche Kojiro, sconcertato e
spaventato dalla sua iniziativa e… dalla sua eccitazione. Non credeva
che sarebbe potuto arrivare a tanto.. non dopo tutte le paranoie che si
era tirato nel corso della sua vita.
- Ehi, Kojiro… adesso
non vorrai scappare nella tua stanza, vero?- gli disse Ken, sornione.
- Corro rischi, se
resto?-
- Be’, posso dirti
che… se mai dovessi attentare alla tua verginità, stasera, sappi che
anche tu puoi attentare alla mia!-
Kojiro si rabbuiò alla
sua battuta, ma Ken non se ne accorse. Per mascherare il suo momentaneo
malumore, si allungò a prendere la scatola dei preservativi che era
caduta prima nel precipitare degli eventi.
- Dai, vieni qui,
prometto di essere virtuoso!- lo richiamò Ken. Kojiro si sdraiò accanto
a lui. Si accoccolò con la testa sopra la sua spalla, sfiorandogli il
collo con i capelli.
- Extra-resistenti, eh?
Non è che hai un’opinione un po’ alta di te stesso?-
Ken si girò e lo
abbracciò, circondandogli la vita,senza dire niente. Dentro di sé
strinse i denti pieno di determinazione. Aveva ancora una sola sera,
accidenti! Il tempo era volato. Ma quella sera era già un passo avanti,
ne avevano parlato “quasi” con naturalezza.
- Kojiro… io…
fisicamente, ti piaccio?-
- So dove vuoi andare a
parare, Ken… sì, tu mi piaci, e se mi vuoi chiedere allora perché non
lo faccio con te, è che sono io… che non mi piaccio, capito?-
- Non… non tanto,
ma… in effetti è proprio dove volevo arrivare…-
- Ok, ma smettila di
cercare di mettermi alle strette, per favore. Potrei anche prendermela-.
Ken mugolò, e chiuse
gli occhi definitivamente. Kojiro si accomodò un po’ meglio fra le sue
braccia. Non c’era niente di male a dormire con Ken, si disse… e gli
piaceva molto più di quando non immaginava. Sì, fisicamente Ken gli
piaceva molto, non era una bugia… e in altre circostanze, probabilmente,
Ken non avrebbe dovuto organizzare una vacanza da soli, o quasi, per
trovare uno spunto utile alla cosa. Il fatto era che… proprio non ce la
faceva ad essere sincero come gli aveva promesso.
Oh, Ken… forse aveva
fatto male a mettersi con lui, quel giorno, alla gita… forse avrebbe
dovuto affrontare se stesso, prima, e vedere se era in grado di gestire
una storia… ma con Ken stava bene, accidenti, stava dannatamente bene
fra quelle braccia che il suo corpo si chiedeva come sarebbe stato
provarci e ignorare la paura… o forse condividerla con lui, chissà…
ma se Ken non avesse capito… se l’avesse lasciato da solo quando era
più vulnerabile… dentro di lui non abitava solo il ragazzo tutto d’un
pezzo, il duro di cui Ken si era innamorato.
Passò tutta la notte
con gli occhi spalancati ed il cuore che gli batteva forte, a convincersi
che non c’era niente di cui preoccuparsi e a mangiarsi le unghie. Gli
ricordava la notte che Ken ci aveva provato la prima volta. Era rimasto
sveglio e si era divorato le unghie allo stesso modo. Di sicuro non aveva
la febbre, ma aveva paura a guardarlo negli occhi. Ken invece era felice:
gli fece uno splendido sorriso quando si svegliò e se lo trovò nel
letto, bellissimo, e seminudo.
- Buongiorno!- gli
disse dolcemente.
- Ciao- rispose Kojiro.
- Ho dormito benissimo-
sorrise di nuovo l’altro. - Stasera lo rifacciamo?-
- Mmm… lo accetti un
no come risposta?-
- Niente affatto-.
- Lo immaginavo. Allora
d’accordo, ma… solo se…-
- Se tengo le mani a
posto e non ti infastidisco, va bene. E io che speravo…-
- Speravi che cedessi?
Se sei stato così bene stanotte non vedo perché dovremmo spingerci più
in là…-
- Sei terribile… ma
non sperare che ti lasci tranquillo. Oggi finiamo il giro di Kyoto? Se ci
sono ancora, ti porto in qualche sala giochi bellissima… o almeno lo era
ai tempi!-
Passeggiarono per tutta
la giornata, di nuovo, per gli angoli di Kyoto che la maggior parte dei
turisti ignorava. La mattina andarono con loro anche il padre ed il nonno
di Ken, visitarono i luoghi che conoscevano meglio e tutti quanto
cercavano di raccontare storielle buffe a Kojiro; poi andarono a pranzo da
un maestro di karatè amico del nonno, e dovettero sorbirsi anche da parte
sua l’elogio delle arti marziali, che proruppe spontaneo dalle sue
labbra appena gli dissero che Ken aveva abbandonato quello sport per il
calcio. Nonostante quello passarono un bel pomeriggio con i nipotini del
loro ospite, giocando a pallone di nascosto, e se ne andarono con la
consapevolezza di aver traviato altre due giovani menti.
- Però potevamo
rimanere… c’era anche la PlayStation!- si lamentò Kojiro.
- Oh, più tardi ci
possiamo anche tornare, se vuoi!- gli rifece il verso Ken. - Non muori
anche tu dalla voglia di startene un po’ con me?-
In effetti avevano
rischiato grosso, un paio di volte, mentre stavano per essere scoperti dai
bambini a baciarsi nascosti in un angolino. La sala giochi dove andarono
era esattamente come se la ricordava Ken…
- Anche i giochi sono
gli stessi…- mormorò lui leggermente deluso.
- Non fa niente…- lo
consolò Kojiro, mentre le occhiatacce dei clienti abituali li avvolgevano
ad ogni passo che facevano. Dopo poco si stancarono di tutta quella
tensione e se ne andarono a prendere un gelato, nonostante il freddo. Ken
aveva ragione a dire che lì facevano il gelato migliore del mondo, pensò
Kojiro.
Mentre gironzolavano
cominciò a piovigginare.
- Oh, caspita, ci
mancava la pioggia! Almeno fosse neve!- si lamentò Kojiro. - Corriamo?-
Corsero fino a casa e
la trovarono ancora vuota.
- Vieni, prendiamoci
qualcosa in cucina!-
- Hai ancora fame? Ma
sei senza fondo!-
- Ehi, senti, Kojiro,
ehm… non è che ti fermeresti ancora qualche giorno, eh? Al nonno non
dispiacerebbe…-
- Guarda che se vuoi
rimanere, per me non c’è problema, posso anche tornare da solo…-
- No, non intendevo
questo, intendevo se non puoi prolungare la tua vacanza per stare ancora
un po’ insieme!-
- Lo sai quanto ho
faticato per farmi dare questi quattro giorni liberi! E poi il ristorante
in questo periodo è sempre pieno…-
- Be’, se rimani e
non torni al lavoro non dovrai chiedere...-
- Ken! Guarda che non
è così che funziona!-
- Allora proprio non ti
va?-
- Se non avessi niente
da fare resterei, e non è che mi piaccia di più lavorare che stare qui
con te, è che se no mi licenziano! Lo sai che mi sono indebitato fin dopo
la laurea per comperarti quella maglietta?-
- Esagerato!- gridò
Ken e gli diede un pugno. - Allora, vuol dire che stasera è l’ultima
sera che ci resta…-
- E non dobbiamo
lasciarci sfuggire l’occasione? Sai come la penso su questo argomento-.
Ken strinse i denti. -
Non dico che dobbiamo andare per forza fino in fondo, ma… un po’ in
profondità sì… almeno, per festeggiare questa vacanza…-
- Tu… tu sei un
vero… come posso dire? Ma… trovo che in questo caso, forse, hai un
po’ di ragione… e poi, ieri, sei tu che ti sei fermato…-
- Kojiro… vuoi dire
che…-
- Ssh. Quel che è
stato è stato… pensa a prepararti per stasera, ma ti do un
avvertimento: non illuderti troppo. Ora vado in camera a cambiarmi, col
tuo permesso…- e Kojiro sparì, strizzandogli l’occhio, lasciandolo lì
sui due piedi basito. Sì, si era fermato lui, la sera prima, ma l’aveva
fatto perché non ci pensasse Kojiro… che scemo che era stato! Uffa! Si
riscosse e gli corse dietro. Si precipitò nella sua camera spalancando la
porta.
- Fuori!- gridò Kojiro
lanciandogli una scarpa. Ken si ritrasse di scatto leccandosi le labbra.
L’aveva visto dentro mezzo nudo e il panorama non l’aveva lasciato
indifferente.
- Dai, Kojiro, fammi
entrare!-
- D’accordo, ma ti
devo avvertire: hai diritto ad un ingresso al giorno, se entri adesso
stasera te lo puoi scordare!-
- Non c’è problema,
andremo nella mia camera!- ribatté Ken entrando con sicurezza. Ma lo trovò
già vestito di tutto punto o quasi, visto che si stava allacciando la
camicia.
- L’avevo immaginato,
che cosa credi?-
- Che splendida
occasione mancata, comunque se ti vergognavi potevo spogliarmi anche io ed
eravamo pari!-
- Guarda, non usi la
testa per studiare, ma questa era un’ottima soluzione… perché non
vieni qui vicino a me? Un assaggino… te lo concedo…-
Ken non si fece pregare, si
precipitò fra le braccia di Kojiro più veloce della luce; rimasero
allacciati finché non sentirono il padre di Ken che era salito a
cercarli. Quando l’uomo bussò alla porta ed entrò, li trovò a più di
mezzo metro l’uno dall’altro, intenti in una conversazione che lui
probabilmente aveva interrotto.
- Avete visto, ragazzi? Si è
messo a piovere!- disse tanto per dire. - Perché non scendete?è quasi
ora di cena-.
Kojiro guardò l’orologio.
Avevano speco una parte considerevole del pomeriggio appiccicati come due
meduse con le mani. Sorrise maliziosamente a Ken e scese per primo.
- Eh, sì, il maestro Tokigawa
c’è rimasto parecchio male quando ha saputo che non sei più
interessato al karatè, Ken…-
- Non gli avrai detto che
abbiamo perso la finale per colpa mia, vero?-
- Mi ha rimproverato perché
ti ho lasciato andare via anche se avevi un grande talento!-
- Non mi ha neanche sentito-
osservò sottovoce Ken, senza battere ciglio.
- Allora, Hyuga-kun, Ken mi ha
detto che forse ti fermerai anche i prossimi giorni…-
Kojiro inghiottì il boccone
tossicchiando e incenerì Ken con una sola occhiata. - Mi piacerebbe,
signore, ma… non posso proprio rimanere più di quanto avevo
programmato… sa, devo tornare al lavoro…-
- Ah, lavori, oltre allo
studio e al calcio? E mi hanno detto che hai una media brillante… devi
essere davvero bravo, non come Ken, che…-
- Non lo deve rimproverare,
sa, agli ultimi esami è arrivato diciannovesimo, ha fatto un bel
progresso!- disse Kojiro, lanciando un bel sorriso a Ken.
- Davvero? Ken, perché non mi
dici niente? Bravo, bravo, un bel risultato, complimenti!- esclamò il
nonno tutto felice, e continuò a mangiare col sorriso sulle labbra.
- Ehi, grazie per aver detto
quelle cose a mio nonno, sai!- disse Ken mentre tornavano in camera.
- Ma perché? È la verità, e
poi pensavo che gliel’avessi già detto tu!-
Ken alzò le spalle. Erano
arrivati davanti alla porta di camera sua, e lui restò lì, impalato.
- Be’, allora? Non
entriamo?- sorrise Kojiro.
- Ah, certo, se vuoi… se sei
sicuro…-
- Avanti, fa’ strada,
scemo!-
Appena Kojiro ebbe chiuso la
porta, afferrò Ken per le spalle, lo costrinse a girarsi e lo baciò con
irruenza, cominciando a spingerlo.
- Ehi, vuoi cominciare così…
senza concedermi nemmeno qualche preliminare?-
- Smettila di sbattere quelle
ciglia e stendi il futon… tuo padre, prima, ci ha interrotti sul più
bello…-
Ken stese il futon mentre
Kojiro si toglieva il maglione e la camicia.
- Ehi! Se adesso mi volessi
tirare indietro io?- sussurrò Ken.
- Liberissimo- disse Kojiro
sulle sue labbra, lavorando attorno alla sua maglietta.
- Era una battuta… wow…-
Ken si sentiva un po’ stranito da quell’irruenza e quell’espansività
di Kojiro, sperò che non fosse una frenesia momentanea e che sul più
bello non avesse un ripensamento…
- A… aspetta, Kojiro, fin
dove… fin dove posso arrivare?-
- Come hai detto tu… non
fino in fondo, ma… un bel po’ avanti, suppongo-.
- Che… che cosa vuol dire
“un po’ avanti”?-
- Che quando sarà troppo ci
fermeremo. Se mi da’ fastidio, te lo dico io-.
- Ok, ma… non ti garantisco
uno stop immediato…- sorrise Ken leccandosi le labbra.
- Non lo pretendo…-
Kojiro si sistemò su un fianco e cominciò a strusciare le gambe con
quelle di Ken. Questi era passato all’attacco e gli stava leccando il
collo e l’addome.
- Ehi, non mi spingerai
via, vero?-
- Mmm… non lo so,
perché non dovrei… ehi, no, no… non ancora, non mi toccare ancora…-
Ken gli aveva infilato
una mano nei pantaloni, ma Kojiro gliel’aveva allontanata spingendolo
ancora una volta sotto di lui. Sentiva un desiderio di liberarsi di tutti
gli indumenti di troppo, che gli davano fastidio ed erano pressoché
inutili…
Ad un tratto abbandonò
Ken e si alzò in piedi, investito dalle sue proteste. Gli si mise
davanti, si sfilò la cintura e si abbassò sensualmente i pantaloni, poi
si riavvicinò a Ken sedendoglisi sull’addome.
- Wow…- boccheggiò
Ken. Kojiro riuscì a togliere anche a lui i pantaloni rimanendogli
avvinghiato, e Ken cominciò a sbattere la testa da una parte all’altra,
percorrendogli febbrilmente la schiena. Si mise a sedere divincolandosi da
Kojiro, e continuando a toccarlo riuscì a distenderlo sotto di sé.
Kojiro si irrigidì, spaventato dalla piega che avevano preso le cose, ma
Ken non si stese sopra di lui come aveva temuto. Sentì la sua lingua
sull’ombelico e le sue mani sotto l’elastico delle mutande, mentre lo
spingevano giù…
- No, no, Ken, non
devi... oh…-
- Mi devo fermare,
Kojiro?-
- No, no… ok,
continua…ah, Ken…-
Ken aveva scoperto il
suo sesso e Kojiro sentiva il suo respiro fra le gambe tormentarlo. Non ci
sarebbe voluto ancora molto, e poi… Ken aveva cominciato ad usare la
lingua. Oddio, no, no… Kojiro non riusciva a trattenersi, non voleva
spingere nella sua bocca, ma non ci riusciva. Sentiva i gemiti soffocati
di Ken. Stava per venire.
- No, no, Ken, no! Non
voglio!- Non voleva venirgli in bocca, non voleva che il suo seme… gli
tirò i capelli, Ken si rialzò per un attimo e gli sorrise. Kojiro cercò
di divincolarsi, il solo pensiero di fargli una cosa simile lo faceva star
male… ma non ce la fece a ritrarsi in tempo. Si riversò nella bocca di
Ken con un grido roco, mentre le lacrime cominciarono a scorrergli sul
viso, suo malgrado.
Sentì Ken che si
rialzava da lui, con un sorriso. - Kojiro…- disse teneramente, e poi si
accorse che stava piangendo. - Kojiro, che c’è?- gli chiese,
sconcertato.
- Scusami…- sussurrò
Kojiro. Ken gli si stese accanto, cercando di abbracciarlo, ma Kojiro si
divincolò e si alzò dal futon, rimanendo lì, in piedi, immobile. -
Scusa… scusami, io… non volevo- continuava a mormorare, mentre le
lacrime si facevano più copiose.
- Scusa… ma scusa di
che cosa, Kojiro… io non…-
- Per quella… per
quella… cosa, scusami, ti prego… non sono riuscito a spostarmi in
tempo…-
- Ma cosa dici! Non mi
ci hai costretto, guarda che… volevo farlo! Volevo che tu…- Ken si alzò
e si avvicinò. Di nuovo cercò di abbracciarlo, ma Kojiro lo allontanò
ancora scosso dai singhiozzi.
- Lasciami stare… ti
prego!- gridò, fuggendo in camera sua. Si gettò a terra singhiozzando,
incapace di smettere. Ma perché, perché si era permesso di fargli una
cosa così disgustosa? Se ci pensava…
Ken entrò nella stanza
e cercò di raggiungerlo. - Kojiro, stai bene?-
- Vattene, vattene
fuori, lasciami stare!- lo scacciò Kojiro. Ken batté rapidamente in
ritirata, senza saper bene come interpretare quell’attacco d’ira. Lo
sentiva singhiozzare come un disperato, là dietro, e proprio non sapeva
che cosa pensare.
Kojiro non riusciva a
fermare i singhiozzo che lo squassavano. Ken diceva che l’aveva fatto
volentieri, che lui non l’aveva costretto… no, non poteva… non
poteva pensare che era stato lui, lui che…
- Kojiro, ti prego,
dimmi che cos’hai…- sentiva la sua voce dietro la porta chiusa. Si
sentiva impotente, incapace di reagire. Dentro di lui c’era quel bambino
spaventato che tutte le notti piangeva da solo, come adesso, nella sua
camera, senza sapere che cosa fare, e Ken non lo conosceva neanche, non
amava quel bambino, eppure… Kojiro era solo quel bambino, anche se aveva
cercato di cancellarlo, di allontanarlo, e aveva paura di quello che
avrebbe fatto Ken adesso…
Ken rimase davanti alla
porta chiusa, facendo avanti e indietro, per qualche minuto. Vide tutti
gli indumenti che Ken aveva lasciato nella sua stanza, prese la coperta
dal suo futon ed entrò. Kojiro era rannicchiato in un angolo e piangeva
ancora. Ken ebbe uno scatto d’ira e fu tentato di dargli uno schiaffo
talmente forte che almeno avrebbe avuto da piangere per qualcosa, ma gli
passò, e si avvicinò chiamandolo piano. Kojiro di voltò appena per
guardarlo, e Ken si inginocchiò accanto a lui mettendogli sulle spalle la
coperta. Kojiro rimase in silenzio e anche Ken, per molto tempo.
- Vuoi che me ne vada?-
disse poi Ken.
Kojiro scosse la testa.
- Perché… non vieni
qui a dormire?- continuò poi, indicando il futon. Kojiro annuì e si
mosse sena guardarlo, stringendosi addosso la coperta, e stendendosi
accanto a lui, dandogli le spalle.
- Scusa- sussurrò dopo
un po’, smettendo di piangere.
- Non fa niente- disse
asciutto Ken. - Perché non mi guardi?-
Kojiro si voltò con
sofferenza. Evitava di guardarlo negli occhi.
- Immagino.. che non mi
spiegherai che cosa è successo, vero? Che cosa ti è preso?-
Kojiro scosse la testa.
Sarebbe stato difficile cavargli di bocca qualche parole, si disse Ken.
- Non mi parli?-
insistette.
- Non… non ho voglia
di fare conversazione, scusami- sussurrò Kojiro.
- Non vuoi neanche
dirmi perché… ti sei fatto venire una crisi isterica?-
- Non… trattarmi così,
Ken-.
- Dammi almeno una
spiegazione. Non pensi che ne abbia diritto? Mi hai spaventato…-
- Ti ho chiesto scusa.
Non me la sento di… dai, voglio solo dormire un po’-.
- E invece… no, per
favore, dimmi che cosa ti ho fatto questa volta… voglio saperlo. Credevo
che ti fosse piaciuto…-
- Senti, io… non sono
in grado di…-
- Forse ho capito io…
è per lo stesso motivo per cui non vuoi venire a letto con me?- il tono
di Ken era duro, tagliente, apposta per fare male.
- Ma Ken… io… ti ho
già detto… che…-
- Me l’hai già
cantata questa canzone, me l’hai già detto che non sei pronto! Quello
che non mi hai mai spiegato è… che cosa diavolo voglia dire, che non
sei pronto!-
In altre occasioni,
forse, Kojiro gli avrebbe dato un pugno per il tono che aveva usato. In
quel momento, oltre che incredibilmente stanco e triste, si sentiva anche
in torto con Ken, e sapeva che lui aveva ragione ad arrabbiarsi.
- Non me lo vuoi dire?
Scommetto che non… che non lo sai neanche tu che cosa vuoi dire!… è
una maledetta, una maledetta scusa!-
- E allora… e allora
tu…-
- Che cosa? Non ho
sentito!-
- E allora, tu come fai
a dire che…a sapere che sei pronto?-
Ken boccheggiò,
sorpreso. Cioè, non è che non avesse una risposta, soltanto non ne aveva
una bella e pronta… - Io… io quando ci penso, ecco… sì, quando
penso di stare con te ho solo voglia di arrivare fino in fondo! Mi sento
pronto… non voglio altro che stare bene e far star bene te, e penso che
questo voglia dire essere pronto!-
Kojiro tacque,
mordicchiandosi un labbro. Semplice e chiara, ecco com’era la risposta
di Ken, e lui che pensava di averlo messo in difficoltà! - Allora…
allora io quando ci penso… quando ci penso non riesco a immaginarmi di
stare bene…-
- Allora il problema
sono io, lo sospettavo!- tagliò corto Ken, acido.
- Non farmi dire cose
che non ho detto! Non sarebbe per colpa tua, ma mia…-
- … perché non
riesci a farti piacere il pensiero di farlo con me, ovvio. E allora, con
chi lo vorresti fare?-
- Con nessuno! Non
voglio farlo con nessuno, non sei tu il problema! Sono io, io ho deciso
che voglio aspettare, va bene? Per ora non mi sento pronto!-
- Be’, la vuoi sapere
una cosa? Io invece ho deciso che non voglio aspettare, allora? Perché
dovremmo fare quello che vuoi tu e non quello che voglio io?-
- Di… dici sul
serio?-
- Certo, perché devo
essere io a perderci? Perché non devi essere tu? Perché devo aspettare
io anche se non voglio?-
- Tu… tu mi
costringeresti?- mormorò Kojiro con voce rotta. Ken tacque per un po’
prima di rispondere.
- Ma no. Certo che no-
disse infine. - Ora è meglio che me ne torni nella mia stanza…-
- Ken. Ti prego…
resta qui-. Kojiro lo guardava col viso ancora contratto dalle lacrime. In
fin dei conti, era lui che aveva cominciato a litigare… anche se non era
stata una delle loro solite litigare, e Ken cominciò a rifletterci. Però
quello che si erano detti era peggio di qualsiasi urlaccio che si erano
mai rivolti…
Ken respirò a fondo e
si rimise giù. Kojiro gli si premette contro, ancora avvolto nella sua
coperta. Ken lo circondò con le braccia.
- Ken…-
- Sì, sono sveglio, ti
ascolto-.
- Non… non lo faccio
apposta per farti arrabbiare… io… è solo che… non me la sento…-
- Certo, ho capito-.
“L’hai già ripetuto un sacco di volte, è un ritornello che so a
memoria” pensò Ken, ma se lo ricacciò in gola. Lui, dopotutto, a
Kojiro ci teneva. Chissà se valeva il contrario…
Con quei pensieri, non
avrebbe risolto niente. Kojiro si era già addormentato. Quella serata era
finita in modo diverso da come si era aspettato. Kojiro era davvero
imprevedibile quando si trattava di quello.
Quella sera si era reso
conto che qualcosa aveva cominciato ad andare storto. Che qualcosa si era
spezzato, e, anche se entrambi avessero dato l’anima per rimediare, quel
piccolo strappo avrebbe continuato a tormentare la loro relazione.
Sì, probabilmente
avrebbero fatto in modo di salvare la loro storia, ma… era possibile
continuare qualcosa che era rotto così in profondità?
Non si diede una
riposta. Forse, quando ci sveglieremo, potremo farci sopra una bella
risata, Kojiro, e forse mi renderò conto che sono solo io che sono
soffocante… sì, di sicuro succederà così, perché io ti amo, Kojiro.
Scusate se questo capitolo è venuto un
pochino più lungo… ^___^
Qui metto le cose
che non ho già segnato al capitolo scorso, se avete scordato qualcosa
andate a rivederlo! Come al solito quello che non metto me lo sono
inventato io.
(1)
Sanae Nakazawa = Patty
(2)
Nankatsu = sarebbe la NewTeam, la squadra di Holly&Benji
(3)
Taro Misaki = Tom Becker
(4)
Toho = la scuola che frequentano Ken, Kojiro e Takeshi
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