Ci sei solo tu

parte IV

di Sei-chan


Sanae Nakazawa(1) fu la prima a scendere dal pullman della Nankatsu(2); aveva sulla spalla la bandiera e urlava ordini a tutti i suoi sottoposti, incamminandosi verso il campo sportivo per accaparrarsi i posti migliori, perché nessun’altra ragazzina si frapponesse fra lei e lo spettacolo di Oozora.

I giocatori erano gioviali e sembravano piuttosto rilassati, sul pullman non avevano fatto che scherzare, ma fra poco la tensione avrebbe fatto morire i sorrisi anche a loro.

La Toho al completo era riunita nello spogliatoio dove l’allenatore faceva grandi segni enfatici alla lavagna col risultato di infarinarsi tutto di gesso, mentre gli schemi venivano riempiti di frecce, puntini, facce sorridenti e nessuno ci capiva più niente. Anche lì il nervosismo pian piano saliva alle stelle. Le facce orgogliose di madri, padri, fratelli, conoscenti e negozianti del quartiere, tutte piene di speranze e luccichii avevano il potere di mettere addosso una tremarella da prestazione che era quasi insostenibile. Poi, contro la Nankatsu in cui Oozora era tornato fin dall’inizio della scuola…

Alle nove e mezza uscirono sul campo per il riscaldamento. Kojiro era pensieroso, e si limitava a palleggiarsi il pallone sulle ginocchia, come assente.

Quella mattina, come se non fosse già carico d’ansia, Ken era tornato alla carica; gli aveva chiesto per l’ennesima volta se aveva deciso qualcosa per quella vacanza a Kyoto, come ormai faceva un paio di volte al giorno. Aveva lasciato passare una settimana prima di chiederglielo, e Kojiro si era quasi convinto che se ne fosse dimenticato, anche se stava bene attento a non pronunciare le parole “vacanza”, “gita” e nessun nome di città che iniziasse per K per non rischiare che gli tornasse in mente. Quando si stava cominciando a rilassare, invece, Ken l’aveva preso alla sprovvista domandandoglielo a bruciapelo; aveva fama di essere smemorato, Ken, ma quello che gli faceva comodo se lo ricordava eccome.

Aveva cominciato a rispondergli evasivamente, adducendo scuse vaghe su sua madre, il lavoro eccetera, poi era passato al campo del disturbo che avrebbe recato a lui e a suo padre, che magari aveva l’idea di fare una vacanza da solo con lui, ma Ken negava, negava disperatamente e si arrabbiava anche perché lui tergiversava così tanto.

- Allora, hai deciso qualcosa per Kyoto?- gli aveva chiesto con quell’aria da cagnolino abbandonato, e Kojiro non se l’era sentito di dargli un altro schiaffo morale. Aveva fatto finta di ridere con malizia.

- Facciamo una cosa, se vinciamo questa partita ti do una risposta che ti farà piacere, va bene?-

Ken aveva annuito, convinto. Tanto, anche lui era sicuro che avrebbero vinto.

E così adesso Kojiro palleggiava pensando un po’ troppo anche per il suo cervello. Se avessero vinto, aveva promesso in sostanza a Ken di andare con lui. Se avessero perso, si sarebbe sentito una merda. Però avrebbe potuto evitare con eleganza una situazione che lo spaventava. E comunque, anche se avessero perso, Ken non avrebbe mai smesso di assillarlo; e se avessero vinto rimangiarsi la parola non era bello. Adesso Kojiro non sapeva più che cosa voleva davvero, non riusciva più a capire se avrebbe giocato con tutto se stesso per la gloria della vittoria o se per caso avrebbe potuto fare degli errori per la paura troppo grande che aveva di quella maledetta vacanza. E se avesse tirato male in porta per quell’impulso inconscio? Non poteva star dietro anche a ciò che non controllava nella sua mente, e si era incasinato con le sue stesse mani. Doveva solo sperare che una qualche malattia lo bloccasse a letto o che Ken o suo padre rinunciassero spontaneamente a quel viaggio… rifletteva e immaginava, immaginava e rifletteva scandito soltanto dal ritmico palleggiare della palla sulle ginocchia.

Ebbe un brivido lungo la schiena, la palla gli sfuggì ed emerse dai meandri viscidi dei suoi pensieri. Ken in quel momento stava arrivando proprio nella sua direzione e lo sentì imprecare.

- Cosa c’è, Kojiro? Nervoso?- gli chiese allegramente.

- Non ti mentirei se dicessi di sì!- rispose Kojiro altrettanto allegramente.

- Vieni, gli altri stanno già andando verso il campo, ormai anche la Nankatsu dovrebbe essere arrivata-.

 Si avviarono l’uno a fianco dell’altro e furono raggiunti a metà strada da Takeshi.

- Ah, meno male, stavo venendo a cercarvi nel caso vi foste…ehm, distratti insieme!-

- Ma cosa vuoi insinuare…- lo minacciò Ken con un pugno, ma in quel momento Takeshi si girò e vide qualcuno.

- Ehi, guardate, è Misaki! Misaki, Misaki, ehilà, siamo qui!-

Taro Misaki(3) si girò e li vide, e sorridendo li raggiunse.

- Ciao, Sawada!- esclamò stringendo la mano che Takeshi gli porgeva.

- Da quanto tempo che non ci si vede! Da quando sei tornato?-

- Oh, be’, qualche mese, ormai! Ciao Hyuga, ciao Wakashimazu… vi trovo bene, siete diventati tutti più alti!-

- Anche tu sei cresciuto parecchio, Misaki! Dicci, com’è la Francia?-

- Bella, molto bella, i francesi cucinano benissimo…- “e fanno benissimo l’amore” pensò, ma si guardò bene dal dirlo.

- Allora, oggi giocherai anche tu?- intervenne Ken.

Taro rise. - No, non sono ancora nella forma giusta… in Francia se li sognano degli allenamenti duri come qui da noi!-

- Scommetto che ti darei della distanza, se facessimo una corsa!- rise Takeshi.

- Senza dubbio, e per evitare questa vergognosa figura mi guardo bene dallo scendere in campo!-

Taro parlava con Takeshi, ma per qualche motivo non riusciva a staccare gli occhi da Kojiro, che non aveva detto una parola e sembrava a disagio, pensieroso. Poi si accorse che gli stava guardando le mani, serrate in un pugno tanto stretto che le nocche erano quasi bianche.

- Allora, in bocca al lupo, io vado a sedermi in tribuna!- salutò Taro, e quando Kojiro gli diede la mano per salutarlo, vide che aveva tutte le dita martoriate, le pellicine tutte morsicate.

- Sei nervoso?- gli domandò come se fosse una domanda stupida.

- Non particolarmente, perché?- rispose Kojiro con freddezza.

- Ci vediamo dopo, Misaki, quando verrai a congratularti per la vittoria!- gli urlò Takeshi, mentre si allontanavano vero il campo.

Taro rimase un po’ fermo, pensieroso. Chissà se dietro quell’ostentazione di sicurezza, quella partita li rendeva davvero nervosi, sopratutto Kojiro. O forse c’era qualcos’altro? Non sapeva perché, ma gli sembrava di riconoscere quell’espressione che il capitano della Toho aveva sul viso…

Ken andò a sistemarsi in porta, dopo il saluto, e rivolse un sorriso aperto a Kojiro, strizzandogli l’occhio. Kojiro distolse lo sguardo mordendosi un labbro. Toccava iniziare alla Nankatsu perché Oozora aveva scelto la palla dopo aver vinto il sorteggio. Se se la fossero giocata bene, sarebbe stata di sicuro una partita facile. Bastava fare un paio di gol il prima possibile e poi chiudersi in difesa per non correre rischi… quella era la strategia che aveva proposto l’allenatore, con molto poca convinzione, comunque, perché era certo che Kojiro avrebbe fatto di testa sua per mettersi in mostra, e in ogni caso, bastava che segnassero più gol di quelli che avrebbe potuto fare Oozora… solo che Kojiro proprio non era in vena di fare il protagonista come al solito.

La Nankatsu, ovviamente, partì subito all’attacco. Oozora non aveva perso il suo smalto, aveva il solito controllo della palla e la solita intesa con il resto della squadra. Kojiro invece regalò agli avversari come minimo un paio di palloni buoni, perché non si trovava sincronizzato con Takeshi al momento giusto, o era troppo lontano o non riusciva a smarcarsi, sembrava distratto e pensieroso ed era vero. Gli capitò una o due volte, nel primo tempo, di aver occasione di rubare il pallone a qualcuno e di non riuscirci perché… per indecisione? Perché temeva di portare in vantaggio la squadra se si fosse trovato la palla sui piedi? Perché aveva paura, invece, di non riuscirci al momento buono, di mettere davanti alla squadra i suoi desideri personali?

Alla fine del primo tempo erano ancora sullo zero a zero, ma, mentre la Nankatsu era soddisfatta del suo impegno e delle occasioni che aveva trovato, però senza riuscire a concludere, l’allenatore della Toho era del tutto deluso dal gioco dei suoi ragazzi, in particolare da uno.

- Hyuga, ma che stai combinando? Guarda che ci sono altri dieci giocatori in campo! Stai cercando l’occasione per una prodezza personale, come al solito? Ricordati gli schemi! Il pallone non è tuo, non sei da solo!-

- Mi dispiace- mormorò Kojiro talmente piano che i più pensarono che fosse una parolaccia. Si allontanò di qualche passo dal resto della squadra, fissando gli avversari al di là del campo. Takeshi gli si avvicinò.

- Capitano, va tutto bene?-

Kojiro lo allontanò con un gesto di stizza. Se c’era qualcosa che gli dava fastidio, era chi cercava di soccorrerlo.

- Kojiro… che ti prende?- chiese piano Ken, quando Takeshi si fu allontanato.

- Niente, va tutto bene. Non c’è niente di cui preoccuparsi, solo non… non riusciamo a contrastare il loro gioco, ecco tutto. Vado in bagno- concluse e si avviò per le scale verso gli spogliatoi. Ken lo seguì e si fermò ad aspettarlo sulla porta.

Kojiro lo trovò lì quando uscì. Lo guardò a lungo; era strano: la causa delle sue apprensioni era lui, ma guardarlo in quel momento, e sapere che c’era gli davano tanta sicurezza. Se questo è amore, penso che non ti posso amare di più, Ken, pensò Kojiro mentre lo guardava.

- Cosa c’è?- gli chiese di nuovo Ken.

- Non… non c’è niente. Sono un po’ nervoso e… tutta quest’ansia mi ha un po’ stancato, eco tutto-.

- Sei sicuro, vero?-

Kojiro non rispose. Si avvicinò e gli prese la mano; Ken la strinse, guardandolo; poi gli sorrise e gli accarezzò i capelli.

- Dai, ce la facciamo. Abbiamo ancora tutto il secondo tempo… fa’ un bel respiro e… mettiamocela tutta, ok?-

Kojiro si sentì sollevato, in quel momento non gli importava più ponderare se era meglio vincere o perdere per andare con Ken o no a Kyoto, in quel momento voleva solo averlo vicino, e che fosse contento dì lui e che lo consolasse.

Quando tornarono alla panchina, la partita stava per ricominciare, e la palla era della Toho. Kojiro partì all’attacco con Takeshi e quello che travolse la Nankatsu fu un capitano del tutto diverso da quello che aveva giocato nel primo tempo, davvero terribile e spaventoso. Appena gli fu possibile, scattò verso la porta; Takeshi gli passò un bellissimo pallone ma i difensori entrarono su di lui per marcarlo; Kojiro per evitarne uno inciampò e finì per cadere rovinosamente a terra, mentre il portiere usciva e lanciava la palla lontano, verso la metà campo.

Takeshi corse verso il capitano, che tardava a rialzarsi.

- Ti sei fatto male?-

Kojiro si mise a sedere; si era sbucciato un ginocchio. C’era un alone scuro ed il livido che si stava già formando. Kojiro tossicchiò e si rialzò a fatica, rifiutando con stizza l’aiuto di Ishizaki. Il gioco riprese e Kojiro insistette a dire che stava bene, anche se barcollava. Non aveva voglia di uscire al decimo del secondo tempo, e si gettò subito all’inseguimento di Oozora che aveva preso il pallone ed era partito all’attacco. La difesa della Toho gli stava dando filo da torcere, e Kojiro ormai lo aveva quasi raggiunto, quando sentì qualcosa scivolargli lungo il viso. Dovette fermarsi davanti agli occhi sbarrati di uno dei difensori, e si accorse che gli scendeva sangue dal naso.

- Oh, no!- gridò, fermandosi un secondo, che fu troppo: Oozora si trovò la strada libera e tirò una bordata tale che Ken non riuscì a pararla. Il portiere rimase a terra, sconfitto, mentre la Nankatsu esultava. E nessuno aveva ancora trovato un fazzoletto per Kojiro.

A bordocampo riuscirono a fermare l’emorragia, dovuta alla botta a terra di poco prima, ma il capitano aveva le lacrime agli occhi. Come aveva fatto a farsi sfuggire il suo nemico numero uno proprio sottoporta e a lasciarlo segnare?

- Non ti preoccupare- gli disse Takeshi quando tornò in campo, sforzandosi di sembrare fiducioso.- Ce la faremo, vedrai!-

Kojiro guardò dubbioso Ken. Questi si era già rimesso in piedi e gli sorrise, alzando il pollice. Tutti quanti strinsero i denti, ma i fatti furono chiari, alla fine: la Nankatsu aveva messo in pratica il loro stesso schema e in pratica aveva schierato undici uomini in difesa impedendo il passaggio di qualsivoglia campione infuriato verso la propria porta.

La Toho perse la finale. Kojiro si sentiva fuori di sé, ma fu sollevato da questo suo sentimento perché era perfettamente normale che si sentisse così dopo aver perso una partita. Ken invece era davvero giù, non si perdonava di non essere riuscito a parare quello che, in definitiva, era stato l’unico tiro buono di Oozora in porta. La Nankatsu invitò anche i componenti dell’altra squadra a centrocampo, per festeggiare, e l’allenatore cercò di consolarli dicendo che per tre anni non avevano avuto difficoltà a vincere il campionato, e adesso toccava un po’ anche agli altri… ma non erano parole che consolavano davvero. Come al solito Kojiro restò immusonito in un angolo, appoggiato al muro, ma più per atteggiarsi che per altro. Solo adesso, guardando Ken seduto triste sulla panchina, con i suoi guanti stretti in mano, gli sovvenne che si era tirato fuori dal pasticcio della vacanza insieme con poca fatica; aveva giocato al suo meglio, almeno nel secondo tempo, e anche con la sua coscienza si sentiva a posto, ma a dire la verità avrebbe dovuto essere felice, però non lo era. Non era nemmeno un pochino contento. Probabilmente Ken se ne stava facendo una colpa.

- Ehi- disse sedendoglisi vicino, sorridendo.

- Scusa, capitano- mormorò Ken. - Mi dispiace…-

- Dai, non fa niente… non è colpa di nessuno, tantomeno tua… semmai, è merito di Oozora che è diventato troppo bravo… uhm…- Forse era meglio se stavo zitto, pensò Kojiro.

- Be’, forse… e tu? Come stai, ti sei fatto male?-

Ecco, quello era il Ken che conosceva lui, quello che si preoccupava sempre per tutto quello che riguardava Kojiro e faceva finta che di lui non ci si dovesse occupare.

- Ma niente, va tutto bene… sono già caduto un sacco di volte!-

Ken sospirò. - E così… ho perso l’occasione di portarti a Kyoto con me…-

Ecco la nota dolente, cantilenò nella sua mente Kojiro.

- Se ti va... ancora, posso darti, uhm, un’altra possibilità…-

- Su cosa possiamo scommettere… ugh! Kojiro, no, non su quello, ti prego, ti prego, no…-

- Prendere o lasciare. Se arrivi entro i primi dieci agli esami…-

- Trattiamo! I primi quaranta!-

- Quindici-

- Trenta!-

- Venticinque-

- Affare fatto!- Ken tirò un sospiro di sollievo. In genere si assestava sulla quarantesima-quarantacinquesima posizione, un po’ prima o un po’ dopo Takeshi, a seconda di chi era in classe con Kojiro. Si sarebbe dovuto impegnare, perché non c’era solo la matematica, ma almeno aveva uno scopo, e ci si sarebbe buttato con tutto se stesso!

Così si sarebbe anche tolto dalla testa quella sconfitta bruciante, e si sarebbe goduti l’aiuto e le premure di Kojiro… così avrebbe dovuto sgobbare come uno schiavo, anzi peggio, pensando che magari, alla fine, non ne sarebbe valsa nemmeno la pena… se, come era propenso a pensare, non ce l’avesse fatta, addio gita e addio anche salute mentale, si sarebbe giocato quel poco di cervello che gli restava e l’avrebbe irrimediabilmente perso…

- Kojiro, che cosa chiederanno a quest’esame?-

- Credi che se lo sapessi mi toccherebbe lavorare il doppio per farti restare qualcosa in quella testa di legno che ti ritrovi?-

- Oggi sei particolarmente in forma. Credi che gli insulti e i sensi di colpa servano per incoraggiarmi?-

- No, assolutamente, ma mi fanno sentire meglio. Ken, non ne posso più!!!-

- E io, allora, che cosa dovrei dire? Tu le cose che mi stai insegnando le sai già!-

- Appunto, potrei stare a casa mia a far niente, invece mi tocca ripassare cento volte ‘ste cose perché tu…-

- Ok, basta, ho perso la scommessa e niente Kyoto, almeno la smettiamo con questa tortura!-

Ken chiuse di scatto il suo libro e rimase seduto imbronciato a fissare il pavimento. Kojiro strisciò a gattoni verso di lui.

- Getti la spugna in questo modo, Ken?-

- Dai, lo sappiamo che ho perso in partenza. Quante possibilità credi che abbia di portarti con me?-

- Tutte quelle che tu credi di avere, e se ti deconcentri adesso finisce che non ce la farai davvero!-

- Sì ma arrivare fra i primi venticinque sarebbe difficile anche se avessi studiato per tutto l’anno, e così…-

- Io penso che tu ce la possa fare. Non te l’avrei mai proposto se avessi pensato che era impossibile, per piacere, non smettere proprio adesso… manca solo una settimana… una settimana sola, e poi…-

- Promettimi che ci vieni lo stesso a Kyoto, anche se non ce la faccio!-

- No, questo sarebbe troppo facile per te, visto che dobbiamo soffrire, per questa volta tocca a te!-

- Perché, tu quand’è che soffri? Magari venendo in vacanza con me?-

Kojiro si rabbuiò all’improvviso. Se Ken si fosse reso conto di quanto era andato vicino ai suoi pensieri… aveva detto quella frase con leggerezza, ma il significato era proprio quello. “Se vuoi che io mi sacrifichi venendo con te, sacrificati per costringermi…”. Oddio, quello era proprio quello che aveva pensato! Non riusciva a pensare di divertirsi a Kyoto con Ken, a respingere le sue profferte e dall’altra parte a placare al sua rabbia perché lo rifiutava, cercando di fargli capire che non era perché lui non gli piaceva o cosa, e contemporaneamente senza rivelargli che cosa in realtà gli faceva temere il sesso con chiunque, e non solo con lui...

- Ehilà, mi stai ascoltando? Hai un’espressione molto assente-.

- No, no, ti stavo ascoltando, ehm… hai detto qualcosa d’importante?-

- Ho detto che oggi tornerò a casa prima- disse Ken con un’espressione indifferente sul volto. - Mi sono stufato di stare qui a scuola a studiare come uno scemo-.

- Be’, abbiamo impiegato utilmente il tempo dell’allenamento, dato che è stato annullato-.

- Dì un po’, non è che sei un po’ fissato con lo studio?-

- Mi impegno quello che è necessario. Non mi piace buttar via tutta la fatica che gli altri fanno per me!-

- Allora credi che io…- cominciò Ken, ma si interruppe subito, non aveva voglia di litigare, e sperava che Kojiro non l’avesse detto per offendere.

- No che non lo credo, scemo! Non penso che tu butti via i sacrifici che i tuoi fanno per te, solo che… potresti impegnarti di più! Tutti quanti hanno delle potenzialità, anche se non le sfruttano, altrimenti perché credi che stia con te? Di sicuro non perché ti apprezzo fisicamente!-

- Ma va’! Un capitolo fa ti piacevo perché sono bello, adesso perché vedi del potenziale in me… vuoi essere il mio pigmalione?-

- Esattamente. Voglio allevarti per fare di te il nuovo Hyuga, anche se non riuscirai mai a raggiungere l’originale-.

- E perché? Tu non puoi più fare Hyuga originale?-

- Voglio ritirarmi a vita privata e dedicarmi completamente al mio delizioso giardino. La vita pubblica è estremamente stressante, e non voglio invecchiare prima del tempo-.

- Be’, allora, se hai finito di chiacchierare, ce ne andiamo a casa? Mi riaccompagni, mio principe?-

- Certo, ma tu chi saresti, il ranocchio?-

- Ma no, l’altro principe, quello addormentato che tu risvegli con un bacio… solo che in questo caso non sono addormentato sul serio ma sono solo un po’ stupidotto, però se mi baci… diventerò intelligentissimo-.

- Guarda che se poi non succede, non me ne prendo la responsabilità!-

Kojiro si avvicinò e gli prese il viso fra le mani, baciandolo dolcemente. Ken lo spinse contro il suo banco, avvicinandogli con la mano il viso al suo, aumentando il contatto fra le loro labbra. Immediatamente sentì che Kojiro irrigidiva il collo per impedirglielo, e cercava di spostare il viso per interrompere il bacio, era evidente che ne aveva già abbastanza. Ken si staccò, e scuro in volto raccolse le sue cose e le gettò nella borsa. Senza una parola uscì dalla classe e scese le scale, ignorando i richiami di Kojiro che gli correva dietro.

- Ken, si può sapere… Ken, ti fermi?- disse Kojiro quando riuscì ad afferrarlo per un braccio.

- E lasciami- si staccò violentemente Ken.

- Ma che cos’hai, si può sapere che cosa ti prende?-

- Non ho niente, voglio solo andare a casa-.

- Ma perché…-

- Senti, abbiamo già affrontato questo discorso, ma a quanto pare le belle parole non ti mancano, in quanto a fatti, invece…-

- Ma che cosa cavolo stai dicendo?-

- Non te ne sei neanche accorto, vero? Ti avevo chiesto di essere sincero con me, ma evidentemente non ti interessa, perché…-

Kojiro lo afferrò per un braccio costringendolo a girarsi verso di lui.

- Spiegami che cosa vuol dire altrimenti non ti lascio andare-.

- E va bene, ti avevo detto di parlarmi sinceramente, ma è evidente che tu preferisci allontanarmi da te piuttosto che dirmi se c’è qualcosa che non ti va-.

- Ma ho fatto qualcosa? Guarda che io…-

- Mi stavi spingendo via, ecco, prima mi hai baciato e poi ti sei tirato indietro, non puoi trattarmi…-

Inaspettatamente, Kojiro rise, e Ken si bloccò, stupito.

- Cosa ti prende?- mormorò rabbuiato.

- Sei tu che mi dici di fare una cosa e poi non la fai tu per primo! Avresti dovuto aspettare invece di scappare via, mi spingevi verso il banco e stavo per cadere, scemo! Ti ho scostato solo per rimettermi in equilibrio, non per mandarti via-.

Ken tacque, basito, poi si azzardò ad un piccolo sorriso d’imbarazzo.

- Sono uno scemo, vero?-

- Già. Se davvero facessi quello che ti meriti, non ti bacerei adesso, lo sai?-

- Tu sì che sei buono…- disse Ken, e si lasciò baciare, ben attento a non mettere in pericolo l’equilibrio di Kojiro o il suo. Fu Kojiro però a farlo appoggiare al muro della scuola e a spingere il viso contro il suo con irruenza. Ken lo abbracciò forte e spinse a contatto i loro petti, attraverso cui entrambi sentivano il cuore impazzito dell’altro.

- Anche tu sei buono… molto buono- disse Kojiro con gli occhi brillanti quando si staccarono.

- Posso prenderti la mano?- chiese Ken mentre si avviavano verso casa. Kojiro annuì ed intrecciò le sue dita a quelle dell’altro.

- Se passa qualche macchina devo lasciarti?-

- Be’, solo se è qualcuno che conosco…- rise Kojiro.

- Ma tu conosci mezza città!!!-

- Non avranno tutti l’idea di uscire adesso, dai!-

Percorsero mano nella mano tutto il tragitto fino a casa di Kojiro, per fortuna non incrociarono nessuno che conoscevano. Le luci a casa Hyuga erano tutte spente.

- Fra poco torneranno tutti quanti- disse Kojiro per schermirsi.

- Allora c’è tempo solo per un ultimo bacio- disse Ken, e lo baciò in punta di labbra. - Buona notte- gli sussurrò sulla bocca, subito dopo.

- Anche a te… sogni d’oro. Ci vediamo domani!-

Kojiro rientrò in casa. Vedeva che Ken si impegnava molto nello studio, e, anche se lui negava, sapeva che aveva cominciato ad impegnarsi molto prima che Kojiro si mettesse ad aiutarlo o che facessero quella scommessa. Era certo che aveva iniziato quando la loro relazione aveva preso piede, per far piacere a lui. Avere uno stimolo per Ken era fondamentale, e quello di renderlo orgoglioso era uno stimolo abbastanza grane perché cominciasse a considerare lo studio qualcosa di più che una inutile rottura. O magari era perché Kojiro si impegnava tanto per continuare ad avere la borsa di studio, mentre lui di quei problemi non en aveva, anzi…

Non vedeva l’ora di sapere l’esito degli esami. Ed era il caso che anche lui studiasse qualcosa. Però era abbastanza stanco, continuava a consegnare giornali e ad andare al ristorante le sere in cui era libero; aveva lasciato le consegne del negozio quando era stato male dietro le minacce di sua madre. Comunque, avrebbe davvero voluto vedere che risultati avrebbe avuto l’impegno smisurato di Ken. Era solo perché voleva passare le vacanze di natale con lui a Kyoto? Doveva trovare più occasioni di questo genere per divertirsi a vederlo diventare matto sui libri. A proposito, sia che fosse andato in gita che no doveva decidersi a scegliere un regalo di Natale per Ken. Di sicuro lui l’aveva già preso e lo teneva in camera per guardarlo teneramente quando pensava a lui.

Ken tornò a casa camminando pensosamente. Se avesse saputo che in quel momento Kojiro stava avendo il suo stesso genere di pensieri, avrebbe pensato che la loro relazione era davvero voluta dal destino. Anche lui non vedeva l’ora di sapere se sarebbe arrivato fra i primi venticinque o no. Gli sembrava di stare per esplodere a furia di studiare così tanto. Aveva già provato prima ad impegnarsi, ma quel tour de force era peggiore di qualsiasi allenamento, peggiore di qualsiasi sforzo avesse mai fatto, forse era pari solo al dolore che aveva provato quando era andato sotto a quella macchina, alle elementari… nemmeno quando aveva dovuto superare gli esami alla Toho(4) era stata così dura… forse adesso ce la metteva tutta veramente per non dover deludere Kojiro. A proposito di Kojiro, mancavano un paio di settimane a Natale e doveva assolutamente trovare qualcosa che gi piacesse. Era una croce cercare di indovinare che cosa desiderava Kojiro perché lui non diceva mai niente in proposito. Una volta a casa sua avevano parlato di musica, c’era un gruppo che piaceva a Kojiro e di sicuro non aveva l’ultimo CD, gliel’avrebbe preso, magari… passò davanti al tempio che c’era a qualche isolato da casa sua. Considerò l’idea di salire quelle scale e pregare per passare gli esami… gli sembrava una cosa sciocca e superstiziosa. Kojiro non credeva alla sfortuna quando si trattava di studio. “Se vai male è perché non studi” era il motto che era inciso sul suo cancello. Però… be’, magari il giorno prima sarebbe potuto fare una scappata, tanto per pararsi le spalle per ogni evenienza. Sorrise.

Intanto era arrivato a casa; fu accolto dal calore dell’interno che contrastava col fresco dell’esterno. Era strano, erano quasi in inverno e non era freddo come ci si aspettava. Magari il tempo fosse stato così clemente anche se fossero andati a Kyoto. Magari fossero andati a Kyoto! Uffa, desiderava il responso della sua fortuna: se fosse andata bene, Kojiro per quattro giorni! Quattro giorni in cui l’avrebbe avuto tutto per sè, per… be’, lo sapeva benissimo che cosa voleva fare. E lo desiderava… dio, quanto lo voleva…

Dopo cena, si buttò sul letto sorridendo fiducioso. Sì, ce l’avrebbe fatta, il fuoco sacro adesso lo divorava e si sentiva capace di tutto!

 

- Capitano, hai visto come si sta impegnando Ken?- disse Takeshi a pranzo.

Kojiro annuì riempiendosi la bocca a più non posso. Ken era accanto a loro con la testa immersa nel libro di geografia. Michiko lo guardò con molta curiosità.

- Abbiamo fatto una scommessa, Takeshi, se lui riesce a superarti nei risultati gli farò un bel regalo-.

Takeshi fece una faccia scura. - Eh? Come, una scommessa se mi batte? E non mi dite niente? Che razza di gioco è se…-

- Ragiona, se te l’avessimo detto, per lui non ci sarebbe stata nessuna possibilità!-

- Oh!- esclamò Ken alzando il viso dal suo libro e tuffandolo nel suo pranzo. - Va bene provocare ma a tutto c’è un limite!- concluse poi con il viso pieno di riso.

- In realtà deve arrivare fra i primi venticinque, la scommessa è questa-.

- Wow, la posta in gioco dev’essere veramente alta!- esclamò Takeshi.

- Sempre che non sia un fiasco come la finalissima- buttò lì Michiko. I tre ragazzi ammutolirono. Ken arrossì ma mantenne il suo aplomb.

- Non so perché, ma questa ragazza ha la virtù di indispormi- le disse con un sorriso esagerato.

- Felice di esserti utile- rispose altrettanto acidamente la ragazza, alzandosi per andarsene insieme a Takeshi.

- Ci si vede, ragazzi!-

- Ciao, Takeshi! Guarda, Ken, se non sapessi che è una ragazza con tutte le rotelle, direi che Michiko è cotta di te-.

- Come no, sta con Takeshi solo per starmi vicino!-

Kojiro annuì e rise, poi tornarono in classe anche loro.

 

- Si può sapere che cosa hai contro Ken, Michi? Sembra che non ti vada proprio giù, eh?-

- Anzi, mi sta molto simpatico- rispose lei con sufficienza. - Piuttosto, non riesco a capire come quei due devono starci sempre appiccicati in mensa, sembra che facciano coppia fra di loro…-

Takeshi diventò rosso fino alle orecchie. - Ma no, no, che cosa dici? Ma come ti viene in mente?-

- Niente, penso che siano solo un po’ troppo pieni di sé, ci sono un sacco di ragazze che gli muoiono dietro… voi calciatori siete tutti un po’ mammolette…-

- Michi! Finiscila!- gridò Takeshi e lei rientrò in classe ridendo di lui, contenta.

- Ma perché finisce sempre così…- piagnucolò Takeshi e si rifugiò nel suo amato banco.

 

Arrivò finalmente la settimana degli esami. Ken mordicchiava tutti i cappucci delle penne e recitava “Kyoto, Kyoto, Kyoto” come un mantra, per non cedere ai nervi proprio durante le prove. Kojiro doveva aver trovato una penna magica che scriveva da sola perché filava come un treno, mentre lui non riusciva a smettere di guardare fuori il cielo terso di dicembre. Si era talmente perso che quasi si appisolava senza accorgersene.

-Bene-, si disse, -adesso leggo il compito e lo risolvo, poi me ne vado a casa e metto insieme una borsa, compro i biglietti del treno, recupero Kojiro e andiamo dritti filato a Kyoto e buon Natale a tutti… ehi, ma questo cos’è? Aspetta, vediamo, oddio, com’è che si risolve? Ok, calmo, ho anche detto una preghiera ieri, cavolo, lo potevo prendere un amuleto, allora, prima le tonde e poi…-

- Laggiù, Wakashimazu, hai finito di parlare?- lo riprese il professore. Aveva parlato ad alta voce! Anche Kojiro si era girato a guardarlo, che figura! Ma Kojiro, prima di tornare al suo compito, gli strizzò l’occhio e gli fece un sorriso. Ok, adesso era tranquillo. Si sentiva un po’ meglio, e riuscì a risolvere una parte dignitosa del compito. Le altre prove furono simili, in media aveva dato più risposte del solito, tutto stava a vedere se le risposte erano esatte. La sua mente poteva contenere poche nozioni esatte o abbastanza nozioni in maniera un po’ confusa o tante nozioni della cui certezza non poteva essere sicuro al cento per cento, e il caso di quegli esami era quello. Doveva credere in quello che sapeva, non pensarci troppo, altrimenti si sarebbe confuso ancora di più, e addio…

- Allora, gente, come siete andati?-

Takeshi aveva l’aria sconvolta, Michiko aveva perso parte della sua parlantina e Ken aveva la lingua sotto le scarpe. Kojiro sorseggiava il suo succo di frutta.

- Allora? Che facce avete!-

- Io volere dormire un mese!- disse Takeshi.

- Idem!- intervennero Michiko e Ken.

- Fra poco ci sono le vacanze!-

- Sì ma prima ci sono i risultati, addio vacanze se sono andato male!-

- Ma dai, Take-chan, sei andato benissimo!-

- Oh, lo spero!-

- Sinceramente, Ken, cosa ti è sembrato?-

- Be’, sapevo rispondere a più domande del solito, ma… non so se ho risposto giusto-.

- Domani facciamo un giro insieme? Andiamo a guardare i negozi in centro?-

- Se domani riesco ad alzarmi, ci vengo volentieri, non vorrei passare un sabato pomeriggio a chiedermi “Ma questo sarà giusto?”-

- Ok, allora ci vediamo domani! Bacino!- Kojiro lo baciò rapidamente, in modo che non se ne accorgesse nessuno, poi scappò via di corsa.

- Ehi!- strillò Michiko, interrompendo Takeshi. Stava guardando laggiù, vicino al cancello, dove si erano allontanati Kojiro e Ken.

- Che ti piglia?-

- Guarda che quei due si sono baciati!-

- Ma che dici, in pubblico? Cioè, ehm… ma dai, come baciati?-

- Ho visto bene, Kojiro gli ha dato un bacio-.

- Ma smettila, noi stiamo insieme da molto di più e… oh, guarda quella nuvola là!- Takeshi si rese conto che il suo cervello non connetteva bene, e si fece un appunto mentale di non discutere mai di faccende riservate con Michiko dopo un esame.

L’indomani le lezioni finirono presto. Ken aveva un po’ di mal di testa ma non voleva rinunciare ad andare con Kojiro. Se fosse stato ben attento avrebbe potuto cogliere qualche sua allusione su che cosa avrebbe voluto ricevere, anche se ormai si era abbastanza convinto sul CD. O magari avrebbe avuto qualche anticipazione su quel che Kojiro avrebbe regalato a lui… ammesso che gli avrebbe regalato qualcosa, non ne era poi così tanto sicuro, ma… se fosse riuscito a portarselo a Kyoto, quello sarebbe stato un regalo mille volte migliore di ogni cosa che poteva immaginare…

- Guarda, quello mi piacerebbe regalarlo a mia madre, il suo è tutto rovinato…- disse Kojiro davanti ad una vetrina. Ken annuì giusto per cortesia; giravano da due ore e Kojiro non aveva fatto che parlargli di quello che avrebbe voluto regalare ai suoi familiari, e non aveva fatto nessun accenno personale. In più sembrava non accorgersi neanche della sua presenza, e il suo mal di testa aumentava.

- Ken, che cos’hai?- gli chiese Kojiro ad un certo punto, vedendolo assente.

- Niente, non ho proprio niente, davvero-.

- Non è che… sei arrabbiato? Che cosa ti ho fatto stavolta?-

- Ma dai, cosa dici, non mi hai fatto niente, non sono arrabbiato, come ti viene in mente?-

- Be’, non parli, non dici niente, di solito mi tieni il muso quando ti ho fatto qualcosa…-

- No, non mi hai fatto niente, stavolta! È solo che…’sti esami mi hanno stressato un po’…-

- Ah, allora vedi che è colpa mia… è per me che ti sei sbattuto tanto a studiare…-

- Ma no, e poi mi ha fatto bene, è solo che non sono abituato ad usare tutto il mio cervello… credo che si sia gonfiato per il troppo pensare...-

- Ok… ma se vuoi possiamo tornare a casa, non c’è problema…-

- Perché non andiamo a mangiare un pezzo di torta, invece? Penso che mi tirerebbe un po’ su…-

Entrarono in una caffetteria. Era piena di gente in libera uscita per negozi ma trovarono un tavolo libero proprio accanto alla vetrina. Kojiro sorrideva mentre mangiava la sua torta al cioccolato, e anche Ken si sentiva un po’ meglio. Forse era il freddo che non lo faceva stare molto bene.

- Senti, che cosa pensi che sia meglio, quando andiamo a Kyoto, per…- cominciò Ken.

- “Se” andiamo a Kyoto- lo corresse Kojiro con un sorriso. A Ken morì il sorriso sulle labbra. - Ehi, dai, non prendertela, era tanto per dire. Allora, cosa stavi dicendo?-

- Niente, tanto probabilmente non ci andremo…-

Kojiro mise una mano sul tavolo, accanto a quella di Ken. Avrebbe voluto metterla sulla sua…

- Adesso non fare il depresso, credo che hai buone possibilità di portarmi con te. Adesso ti posso dire che avevo deciso di venirci lo stesso anche se non ce la fai…-

- E me lo dici adesso? Sono qui che mi scoppia la testa, e tu ti permetti di fare il carino? Giuro che non accetterò mai più una scommessa con te!-

- Ma non ho mica barato… senti, quando studiamo tu vuoi sempre fare altro, così ti ho dimostrato che se ti impegni puoi farcela-.

- Un bel predicozzo tradizionale non me lo potevi fare? È vero, mi sarei scocciato ma non così tanto! Tiranno! Comunque adesso sei costretto a venire!-

- Dopo tutti questi insulti? Stai fresco, mio caro!-

Ken rise. Si sentiva meglio, e forse Kojiro si sarebbe lasciato convincere anche se fosse arrivato ad una posizione più bassa. Però, adesso, se non ce l’avesse fatta, si sarebbe sentito davvero un fallito…al diavolo! Anche se Kojiro veniva per spirito di carità, comunque averlo nella propria stanza di Kyoto valeva qualsiasi umiliazione!!!

 

Il giorno in cui esposero i risultati, Ken sembrava stretto nella sua uniforme. Era molto agitato, anche se Kojiro continuava a dargli vigorose manate sulle spalle per farlo sentire meglio.

Il corridoio era affollato, più che nel primo giorno di scuola, e tutti non facevano altro che spingere e alzarsi sulla punta dei piedi per arrivare a vedere il proprio nome.

- Kojiro, io non ce la faccio, guarda tu per me!-

- Oh, solo settimo!- gemette Kojiro.

- Che cosa, sono arrivato settimo? Cosa? Kojiro?-

- Ma no, io sono settimo, come ti viene in mente anche solo di esserci arrivato vicino?-

Ken stava per mandarlo a quel paese, ma Kojiro si era messo a cercare il suo nome.

- Allora, venti no, ventuno nemmeno, ehi, al ventidue c’è Michiko, l’avresti mai detto? Ventitré… ventitré…-

- Ventitré? Ci sono o no? Non mi far stare sulle spine, dai!-

- No, mi dispiace, non sei il ventitré, e nemmeno il ventiquattro… oh, mi dispiace, nemmeno il venticinque…-

- Cosa? Non sono fra i primi venticinque? Che posizione sono, lasciami vedere… scemo! Sono arrivato al diciannove, mi hai preso in giro!-

Kojiro rise, e Ken voleva gettarsi fra le sue braccia e divorarlo di baci, ma lì in mezzo a tutti…

- Vieni, sbrigati- lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dalla calca, fino a che trovarono un’aula vuota. Ken lo spinse dentro, chiuse la porta e gli si gettò addosso come una ventosa.

- Ehi, Ken, Ken, calmati, ok? Ehi, piano…-

- Ti amo, Kojiro, ti amo! Ti divorerei!-

- Be’, sembra che tu mi voglia ingoiare…-

- Eddai, chiudi quella bocca…anzi no, aprila, ma non parlare…-

Si baciarono a lungo, molto a lungo, fino a che la campanella non venne a disturbare il loro dolce passatempo.

-Andiamo via, Ken, arriverà gente…-

- Uffa! Io…-

- Cerchiamo un bagno libero, dai, sbrigati…-

Kojiro lo trascinò nel bagno e si lasciò “assaggiare” da Ken. Si sentiva eccitato come non lo era mai stato nella sua vita, nemmeno nei baci più audaci con Ken. Era appoggiato alla parete e si sentiva preda di movimenti che non riusciva a dominare, e sentiva anche le spinte di Ken, e la sua eccitazione… che strano, in quel momento non aveva affatto voglia di scappare, anzi, accidenti… forse era il momento che Ken aspettava da tanto, forse le paranoie di Kojiro finalmente se ne erano andare, e finalmente il grande giorno…

- Ken… Ken…- stava gemendo Kojiro. Per una frazione di secondo Ken rimase in attesa, per sentire se gli diceva di smettere, ma l’altro inarcò il collo e lo spinse contro di sé per invitarlo a continuare. Le dita di Ken gli aprirono rapidamente il collo dell’uniforme, e si infilarono dentro, accarezzandogli la gola. Kojiro gli alzò la giacca e tirò fuori la camicia dai pantaloni, accarezzandogli la schiena e cercando di farsi strada sul sedere.

- Sei sicuro, Kojiro?- si fermò Ken, guardandolo in viso. L’espressione di Kojiro era l’incitamento a continuare puro e semplice. Forse lo eccitavano i posti strani… - Vuoi farlo qui… in un cesso?-

- Che problema hai?- gemette Kojiro, roco, ma in quel momento la voce gli morì in gola. Qualcuno aveva aperto la porta ed era entrato nel bagno. Ken si sentì gelare dalle risate dei compagni che gli arrivavano oltre la misera porticina che li divideva dallo scandalo. Trattennero il respiro per un tempo interminabile, e, quando il bagno tornò vuoto, si accorsero che il momento magico era passato. Il cuore di Kojiro batteva normalmente e anche l’eccitazione di Ken se ne era andata irrimediabilmente.

- È meglio se torniamo, Ken- disse Kojiro, e Ken annuì. Se mai avesse scoperto chi è che era entrato in bagno, giurò, gli avrebbe fatto la pelle.

- Comincia a preparare il tuo spazzolino, Kojiro, partiremo fra poco!- gli disse Ken quel giorno, mentre uscivano da scuola.

- Per quando è prevista la nostra vacanza?-

- Ma te l’ho detto, per la vigilia di Natale. Sarà divertentissimo, credo che per stavolta prenderemo il treno…-

- Oh, non andiamo con la strepitosa macchina di tuo padre?-

- Dai, come faremmo a pomiciare con lui davanti che guida?-

- Sì, ma… rinunciare ad un sedile posteriore tutto per noi…- sussurrò Kojiro con uno sguardo obliquo, sexy. Ken si morse un labbro.

- Be’, non… non…-

- Oh, scusa, ti ho messo in imbarazzo…-

- Non fa niente, non ti preoccupare… possiamo trovare anche altri posti… ti chiamo più tardi per dirti tutti i dettagli, ok?-

Kojiro si sentiva leggero come una piuma. Quella mattina in bagno non aveva avuto paura… e se non fosse entrato nessuno forse avrebbe anche continuato… ma avrebbe avuto il coraggio dio arrivare fino in fondo? Be’, forse neanche Ken voleva farlo lì, in quel bagno, sarebbe stata la sua prima volta… a Kyoto sicuramente ci avrebbe provato in ogni modo, a metterlo su un bel letto e a darsi da fare… uffa, e lui fino ad un certo punto poteva starci, anzi voleva, ma… se ad un certo punto non gli fosse andato più? Oh, Ken avrebbe capito, lui gli aveva porto un limite ed era sicuro che l’avrebbe rispettato.

Ken si fece una bella doccia, prima di chiamare Kojiro. L’eccitazione di quella mattina era stato qualcosa di meraviglioso, per la prima volta aveva sentito che Kojiro non stava solo subendo i suoi approcci ma li ricambiava… certo, forse si sarebbe fermato prima di arrivare fino in fondo, quella mattina, ma solo per non sprecare la sua prima volta nel cesso della scuola…anche se poteva essere un’esperienza. Arrossì. Forse a Kyoto a dispetto anche delle sue speranze più sfrenate, lui e Kojiro avrebbero… arrossì violentemente. Avrebbe dovuto cominciare a pensarci come a qualcosa di più che ad un’eventualità… come si doveva preparare? Oddio, si sentiva un ignorante e un principiante, che cosa avrebbe dovuto mettere nella borsa? Di sicuro non poteva chiedere a suo padre… dio, come era imbarazzante…

 

- Ciao! Ken, scusa il ritardo!

- Sei scusato, per fortuna hai fatto in tempo. Il treno parte fra quindici minuti-.

- Lo so, lo so, perdonami… ho avuto un piccolo contrattempo… mia madre ha insistito per infilarmi nella borsa anche il pigiama imbottito di peluche, non ce la facevamo a farcelo entrare…-

- Ma dici sul serio?-

- Dai, pensi che sia serio? Non riuscivo a decidere che cosa mettere…-

- È un’altra balla, vero? Lo so che tu ti metti sempre la prima cosa che ti capita-.

- Ah, certo, grazie. Vai a farti bello per chi ti piace, questo è quello che riceverai!-

- Dai, scusami, ci credo! Adesso però non vedo l’ora di vedere che cosa ti sei messo-.

- Resterai deluso, perché non ho trovato niente di meglio del solito maglione con sopra i cagnolini…-

- Fa niente, mi piace lo stesso… come ti sta-.

Kojiro sorrise, e suo malgrado si trovò a pensare che invece Ken stava benissimo davvero con quello che aveva addosso, giubbotto scamosciato e jeans… e i capelli legati che erano la fine del mondo.

- Ehi, guarda! Hai legato i capelli…-

- Lo sapevo, non ti piace…-

- Ma no, anzi… sono la fine del mondo…- Kojiro si avvicinò e gli regalò un bacio leggero. Il padre di Ken ritornò con i biglietti, e naturalmente non volle dirgli quanto costavano. Sul treno l’uomo andò a sedersi nello scompartimento per fumatori lasciando i ragazzi da soli, liberi di stare insieme. Nella carrozza c’era poca gente, cosa che consentiva loro di accarezzarsi e baciarsi furtivamente.

Quando arrivarono a Kyoto era già tardi. Il nonno di Ken aveva mandato qualcuno a prenderli alla stazione, e quando scesero dal treno si accorsero che nel frattempo il clima si era fatto più rigido: faceva più freddo di quando erano partiti.

Kojiro si sentì molto in imbarazzo quando il nonno di Ken, un vecchio e saggio maestro di arti marziali come il figlio, con lo yukata e quello sguardo severo di antico giapponese, gli sorrise e gli tese la mano. A quanto pareva, Ken doveva averlo indottrinato a dovere su di lui, e invece Kojiro non sapeva niente di Wakashimazu senior.

- Tu devi essere l’amico di Ken, vero, quel calciatore così bravo! Qual è il tuo nome?-

- Hyuga, te l’avevo già detto nonno…- protestò Ken.

- Non fa niente…- si schermì Kojiro.

- Bene, Hyuga-kun! Ora però venite dentro, altrimenti vi prenderete un malanno, qui fuori!-

Entrarono. Il giardino era bello e tradizionale, Kojiro non vedeva l’ora di esplorarlo, e dentro la casa era quanto di più tipico ci potesse essere. Il nonno di Ken ci viveva da solo con qualche domestico che stava con lui probabilmente da decenni; Ken sembrava beato dal modo in cui si guardava intorno; non aveva fatto altro che decantagli le meraviglie di quella casa, quando voleva convincerlo ad andarci in vacanza, e Kojiro riconobbe che non aveva affatto esagerato.

- Nonno, l’hai fatto l’albero di Natale quest’anno, non è vero?-

Il vecchio rise e scosse la testa. Ken sbuffò.

- Non sono mai riuscito a convincerlo- sussurrò a Kojiro.

Per prima cosa si misero a tavola. Kojiro rispose cortesemente alle domande del nonno sul calcio, anche se era evidente che il suo interlocutore ne capiva bel poco.

- … sì, ma purtroppo la finale…-

- Te l’ho già detto, nonno, la finale l’abbiamo persa, e ti avevo anche detto che… è una ferita ancora aperta!-

- Ma no, che cosa dici!- lo rimbeccò Kojiro. - In realtà, signore, abbiamo perso solo perché il nostro portiere era distratto!-

- Eh, l’ho sempre detto che non avresti mai dovuto lasciare il karatè…-

- Nonno!-

- Ah ah, ragazzi, fa sempre piacere avere qualche giovane intorno, sapete, noi anziani non ci ricordiamo più come eravamo una volta… e poi era tutto diverso, sapete… bene, credo che per me sia ora di andare a letto… ci vediamo domani…-

Il vecchio si alzò appoggiandosi al suo bastone.

- Ti accompagno io, papà-. Il padre di Ken si alzò e sostenne il padre.

- Non fate troppo rumore, ragazzi, e non tardate troppo ad andare a letto! Buonanotte!- li salutarono i due uomini.

- Wow, credevo che non sarebbe finita più! Ti prego ti perdonare mio nonno…-

- E perché? Io mi sono divertito!-

- Che ne dici di andare a letto anche noi? Ti faccio vedere la camera-

Ken lo portò nella sua camera; era una bella stanza grande e con una gran bella vista sul giardino.

- Guarda qua- gli disse Ken facendo scorrere una porta sulla parete. - Comunica con la mia! Era la stanza di mio padre e di suo fratello, poi quando stavamo qui, ci dormivamo io e la mamma-.

- Che bello! Adesso non vorrai mica dormire sul serio, vero? Vediamo com’era la tua stanza quando eri bambino!-

- Non è che ci sia molto, la mia indipendenza si è sviluppata dopo che sono andato via…-

- Guarda! Poster di campioni di karatè! Chissà come me l’aspettavo!-

- Sbagli, quelli li hanno messi mio nonno e mio padre quando ho cominciato a giocare a calcio, speravano che mi facessero il lavaggio del cervello!-

- Però, un po’ mi dispiace… tuo nonno è una persona così simpatica, sarebbe bello se suo nipote seguisse le sue orme…-

- Ma finiscila! A me piace di più giocare a calcio!-

-Sì sì…- tagliò corto Kojiro.

- Ah, a proposito!- esclamò Ken picchiandosi la fronte. - Oggi è la vigilia di Natale e ancora non ti ho dato il mio regalo!-

- Oh, mi hai fatto un regalo!- finse di cadere dalle nuvole Kojiro. - Grazie, ma non dovevi!- continuò prendendo avidamente dalle mani il suo pacchetto. - Posso aprirlo, davvero?-

- Dai!-

Kojiro strappò la carta luccicante e scoprì il CD del gruppo che gli piaceva tanto.

- Oh, grazie! Come hai fatto a sapere che lo volevo?-

- Intuito- si schermì Ken. - Perché non ce lo sentiamo?-

- Ma certo! Grazie ancora, e… mi dispiace, io non ti ho preso nessun regalo-.

- Non fa niente- disse Ken nascondendo abilmente la delusione. - Che tu sia qui è già un bel regalo-.

- Wow, bellissima risposta, quasi quasi faccio finta davvero di non averlo, il tuo regalo!- Kojiro si alzò e andò a prendere un pacchetto dalla sua borsa, porgendolo a Ken.

- Bello! È… una cosa rigida…-

- Sì, è un libro su come rendere al meglio nello studio-. Sorrise Kojiro.

- Che cosa? Che cosa cavolo ti è venuto in mente di… ma non è vero!- Ken scartandola aveva scoperto una scatola nera, e ne tirò fuori una maglietta rossa con una stella bianca e la scritta “Star Boy” sul petto. - Wow, che carina!! Grazie mille, è proprio bella!-

- Quando l’ho vista mi è sembrato che ci fosse il tuo nome sopra! Perché non la provi?-

Ken tolse subito il maglione e la provò. Gli stava a pennello.

- Mi piace. Mi sa che non la toglierò, per adesso-.

Kojiro sorrise, ma nel farlo gli toccò soffocare uno sbadiglio.

- Sei stanco?-

- Un pochino. Però forse è meglio andare a letto, che ne dici?-

- Se vuoi. Buonanotte-.

- Vuoi venire di là a darmi il bacio della buonanotte?-

- D’accordo, ci vengo più tardi. Mi preparo e poi arrivo, ok?-

Kojiro si fece una doccia e si mise in pigiama. Stese il futon a terra e si sedete ad aspettate Ken. Quella sera di certo non sarebbe successo, ma le prossime… l’episodio a scuola sembrava così lontano, aveva cercato di non pensarci. Forse non ci avrebbe pensato più neanche Ken.

Anche Ken si preparò nella sua stanza. Ci mise un po’ per decidersi di andare a salutare Kojiro, non sapeva come interpretare il suo invito. Frugò nella borsa a cercare la scatola che aveva comperato prima della partenza… per essere preparato… poi la rimise giù. No, forse non era quello il momento adatto, avrebbero avuto altre occasioni in cui non erano stanchi per un lungo viaggio.

- Ehilà, non stai già dormendo, vero?-

- No, ti stavo aspettando, hai tardato…- disse Kojiro tendendogli le braccia. Si baciarono dolcemente.

- Pensa se il nonno sapesse che cosa stiamo facendo…-

- Ah, credo che mi ucciderebbe… e forse mio padre infierirebbe con la sua katana! L’ultima speranza dei miei dopo che ho lasciato il karatè è che io gli dia un erede per continuare la stirpe… pensa un po’ che buffo…-

- Magari la troverai, una ragazza che ti piace…-

- Ma che ti salta in mente?-

- Niente, così…-

- Senti, è meglio che ti lascio dormire prima che mi dici altre stronzate… buonanotte. Sogni d’oro. Sognami, mi raccomando!-

- Anche tu. Ti voglio bene-.

Kojiro si mise giù. Quella frase gli era scappata di bocca… credeva davvero che Ken avrebbe potuto mettersi con una donna? E lui…? Non ebbe tempo di pensarci seriamente, perché si addormentò di botto.

Ken annotò mentalmente di vietare d’ora in poi di servire alcolici a Kojiro, perché lo facevano sicuramente strapalare. Che battute da fare su di lui e sul fatto che si sarebbe potuta trovare una donna…

 

- Buon Natale! Ehi, sveglia, bell’addormentato, è ora di alzarsi e andare a fare colazione, che ne dici?-

Kojiro si stiracchiò con poca voglia di alzarsi.

- Che cosa c’è, a quest’ora?-

- Guarda che sono quasi le dieci, se stai a letto ancora un po’ ti servo direttamente il pranzo!-

- Facciamo un brunch- propose Kojiro, ancora mezzo intontito.

- Facciamo quello che vuoi, ma svegliati, dai! Mio padre e mio nonno stanno aspettando solo te per fare colazione!-

- Che… che cosa?- Kojiro balzò in piedi e si vestì in tutta fretta. - Ma davvero stanno aspettando me?-

- No, ma se non trovavo una scusa tu non ti saresti alzato più!-

- Bastardo!- gli gridò Kojiro facendosi trascinare di sotto. Fecero colazione insieme discutendo il programma della giornata. Kyoto era piena di posti da vedere e di sicuro ne avrebbero avanzati anche per il giorno dopo.

Ken gli fece da cicerone, e non smise un attimo di chiacchierare. Si sedettero su una panchina per prendere fiato. Il tempo era freddo ma limpido, e lì attorno era tutto pieno di turisti che passeggiavano guardando i templi.

- Però, non si direbbe che siamo a dicembre… non mi ricordavo che fosse pieno di gente così anche in questo periodo- disse Ken.

- Da quand’è che non ci torni più qui?-

- Be’, papà c’è tornato poche volte, e dopo che la mamma, be’… non ci siamo tornati più insieme, saranno cinque o sei anni che non vedo il nonno, lo sai?-

Kojiro si stiracchiò sulla panchina cercando di allungarsi il più possibile. Poi guardò Ken e gli sorrise maliziosamente. Il desiderio di entrambi era quello di mangiarsi di baci.

- Mmm, Kojiro, non sai che voglia che ho di baciarti!-

- Ti coniglio di metterla in tasca, perché qui…-

- Non credo che ci starebbe in tasca, i miei pantaloni sono già troppo…-

- Ken, finiscila!- gridò Kojiro, arrossendo e scappando via.

- Dai, aspettami! Stavo scherzando! Aspetta! Ehi, se mi aspetti ti porto in un angolino dove non c’è nessuno, ti va?-

- Ma no, non ti preoccupare… aspetterò di essere arrivato a casa, ok?-

Ken sbuffò e lo raggiunse. Per tutto il pomeriggio continuarono a girare, in realtà non facevano tutto quel turismo: Ken portava Kojiro alla panchina più vicina e da lì ammirarono con molta calma poche delle meraviglie di Kyoto.

- Non cercare quello che ti ho detto nelle guide turistiche, perché sono piene di stupidate-.

- E tu invece sei pieno di verità infusa, non è vero?-

- Be’, mi crederai se ti dico che mi fido di più di quello che mi ha raccontato mio nonno…-

- Ah, be’, allora non si discute-.

Tornarono a casa per l’ora di cena. Sia Ken che Kojiro pensarono che era strano che non avessero ancora toccato quell’argomento scottante che stava loro tanto a cuore, ma… non erano le occasioni che erano mancate, più che altro non erano stati in grado di coglierle, e questo se lo rimproverava soprattutto Ken. In tre o quattro occasioni avrebbe potuto dire a Kojiro che cosa gli sarebbe piaciuto fare insieme, ma non c’era mai riuscito. Sperò almeno di essere riuscito a farlo rilassare, e di trovarlo disponibile nei suoi confronti… se ci pensava, rischiava di non riuscire nemmeno a controllarsi.

Erano di nuovo in camera, di nuovo pronti per andare a dormire, e Ken stava lì ad arrovellarsi se fosse il caso di andare da Kojiro e soprattutto di portarsi i preservativi…

- Ehilà, allora, che fine hai fatto?- si affacciò Kojiro alla porta. Ken sussultò e la scatola gli cadde di mano. - Che cos’hai lì?- si avvicinò Kojiro mentre Ken si precipitava a raccoglierla, desiderando teletrasportarla in qualsiasi altro luogo del mondo. Non riuscì a nascondergliela; e l’espressione che si dipinse sul viso di Kojiro era di un’indecifrabilità spaventosa.

- Oh- disse, poi tacque. Ken attese, ma sembrava che l’altro non avesse intenzione di continuare.

- Ehm…- disse. - Ti… ti dispiace…-

- Ken, che cosa significa, questa?-

- Be’, io…-

- E non dirmi che te ne porti sempre dietro una scatola per ogni eventualità! L’hai comperata per uno scopo preciso, vero? Per questa vacanza?-

- Senti, io… non è come pensi tu!-

- Pensavo di essere stato chiaro! Pensavo di non dover più ripetere come la penso!-

- Guarda che tu hai solo detto “non parliamone più”! Non mi hai detto nient’altro, e io… non mi hai mai detto come la pensi!-

- Io… io ti avevo detto che non sono pronto, e che non voglio farlo, ancora… mi fai incazzare quando fai così! Era questo lo scopo della vacanza? Era per questo che insistevi tanto?-

- Kojiro, non ti arrabbiare, è vero… io pensavo che qui saremmo stati tranquilli, ma non avevo alcuna intenzione di… forzarti, o…-

- E allora… allora questi?-

- Non è che… avessi previsto di usarli, ma… ecco… se ci fosse venuta voglia e… insomma, meglio essere preparati…-

- E se non ci fosse stata occasione? Non ci credo che li hai portati solo “nel caso”! Tu avevi intenzione di sforzarlo il caso, vero? Il luogo tranquillo… le camere comunicanti… eh?-

- No… non saltare alle conclusioni… l’ho pensato, ma… be’, qui non ci avrebbe disturbato nessuno anche se… anche se ne avessimo solo parlato…-

- Vuoi che pensi che ti saresti accontentato di “parlarne”?- disse Kojiro, ma già sulle sue labbra era tornato il sorriso. - Comunque… anche se avessi voluto farlo… mi sarebbe piaciuto che tu mi consultassi, invece di sceglierli da solo!-

- Non ti piacciono?- esclamò Ken con un viso così buffo che Kojiro scoppiò a ridere.

- Non so se mi piacciono, ma mi sarebbe piaciuto vedere che altri tipi c’erano! Qui tu stai prendendo un po’ troppe iniziative!-

- Non sei arrabbiato, allora?-

- Lo sarei stato se ti fossi presentato in camera mia con qualche preservativo nascosto addosso, e giuro che non ti avrei perdonato, ma così… certo, se me l’avessi chiesto ti avrei detto di non contarci, ma… ci sono cose che mi piace fare con te, e forse…- Kojiro si era avvicinato, e si era insinuato fra le sue braccia, morbido come un gatto. - … forse possiamo approfittare di questo bel posto, della pace… della notte…- Kojiro lo baciò con passione, facendolo finire sul futon, e sdraiandoglisi sopra.

- Oddio…- gemette Ken. - Non credevo che facendoti incazzare saremmo finiti così…-

Kojiro continuò a baciarlo senza lasciargli quasi il tempo di respirare; in breve restarono entrambi seminudi, e i loro baci si facevano sempre più profondi ed allusivi. Ken era sotto Kojiro e aveva cominciato a muoversi sempre più convulsamente, a spingere sempre di più con il bacino contro quello di Kojiro.

- È… è meglio se ci fermiamo qui, perché altrimenti… io non resisto…- sussurrò Ken, accarezzando le natiche di Kojiro, protette solo da un sottilissimo strato di stoffa.

- Mmm… sì… forse è meglio…- rispose Kojiro, e, con difficoltà, si staccò da lui.

- Wow, non mi aspettavo una cosa del genere, da te- sorrise Ken, con i capelli appiccicati alla fronte madida. Ansimava ed era caldo, molto caldo ed eccitato; stava cercando di calmarsi, e lo stava facendo anche Kojiro, sconcertato e spaventato dalla sua iniziativa e… dalla sua eccitazione. Non credeva che sarebbe potuto arrivare a tanto.. non dopo tutte le paranoie che si era tirato nel corso della sua vita.

- Ehi, Kojiro… adesso non vorrai scappare nella tua stanza, vero?- gli disse Ken, sornione.

- Corro rischi, se resto?-

- Be’, posso dirti che… se mai dovessi attentare alla tua verginità, stasera, sappi che anche tu puoi attentare alla mia!-

Kojiro si rabbuiò alla sua battuta, ma Ken non se ne accorse. Per mascherare il suo momentaneo malumore, si allungò a prendere la scatola dei preservativi che era caduta prima nel precipitare degli eventi.

- Dai, vieni qui, prometto di essere virtuoso!- lo richiamò Ken. Kojiro si sdraiò accanto a lui. Si accoccolò con la testa sopra la sua spalla, sfiorandogli il collo con i capelli.

- Extra-resistenti, eh? Non è che hai un’opinione un po’ alta di te stesso?-

Ken si girò e lo abbracciò, circondandogli la vita,senza dire niente. Dentro di sé strinse i denti pieno di determinazione. Aveva ancora una sola sera, accidenti! Il tempo era volato. Ma quella sera era già un passo avanti, ne avevano parlato “quasi” con naturalezza.

- Kojiro… io… fisicamente, ti piaccio?-

- So dove vuoi andare a parare, Ken… sì, tu mi piaci, e se mi vuoi chiedere allora perché non lo faccio con te, è che sono io… che non mi piaccio, capito?-

- Non… non tanto, ma… in effetti è proprio dove volevo arrivare…-

- Ok, ma smettila di cercare di mettermi alle strette, per favore. Potrei anche prendermela-.

Ken mugolò, e chiuse gli occhi definitivamente. Kojiro si accomodò un po’ meglio fra le sue braccia. Non c’era niente di male a dormire con Ken, si disse… e gli piaceva molto più di quando non immaginava. Sì, fisicamente Ken gli piaceva molto, non era una bugia… e in altre circostanze, probabilmente, Ken non avrebbe dovuto organizzare una vacanza da soli, o quasi, per trovare uno spunto utile alla cosa. Il fatto era che… proprio non ce la faceva ad essere sincero come gli aveva promesso.

Oh, Ken… forse aveva fatto male a mettersi con lui, quel giorno, alla gita… forse avrebbe dovuto affrontare se stesso, prima, e vedere se era in grado di gestire una storia… ma con Ken stava bene, accidenti, stava dannatamente bene fra quelle braccia che il suo corpo si chiedeva come sarebbe stato provarci e ignorare la paura… o forse condividerla con lui, chissà… ma se Ken non avesse capito… se l’avesse lasciato da solo quando era più vulnerabile… dentro di lui non abitava solo il ragazzo tutto d’un pezzo, il duro di cui Ken si era innamorato.

Passò tutta la notte con gli occhi spalancati ed il cuore che gli batteva forte, a convincersi che non c’era niente di cui preoccuparsi e a mangiarsi le unghie. Gli ricordava la notte che Ken ci aveva provato la prima volta. Era rimasto sveglio e si era divorato le unghie allo stesso modo. Di sicuro non aveva la febbre, ma aveva paura a guardarlo negli occhi. Ken invece era felice: gli fece uno splendido sorriso quando si svegliò e se lo trovò nel letto, bellissimo, e seminudo.

- Buongiorno!- gli disse dolcemente.

- Ciao- rispose Kojiro.

- Ho dormito benissimo- sorrise di nuovo l’altro. - Stasera lo rifacciamo?-

- Mmm… lo accetti un no come risposta?-

- Niente affatto-.

- Lo immaginavo. Allora d’accordo, ma… solo se…-

- Se tengo le mani a posto e non ti infastidisco, va bene. E io che speravo…-

- Speravi che cedessi? Se sei stato così bene stanotte non vedo perché dovremmo spingerci più in là…-

- Sei terribile… ma non sperare che ti lasci tranquillo. Oggi finiamo il giro di Kyoto? Se ci sono ancora, ti porto in qualche sala giochi bellissima… o almeno lo era ai tempi!-

Passeggiarono per tutta la giornata, di nuovo, per gli angoli di Kyoto che la maggior parte dei turisti ignorava. La mattina andarono con loro anche il padre ed il nonno di Ken, visitarono i luoghi che conoscevano meglio e tutti quanto cercavano di raccontare storielle buffe a Kojiro; poi andarono a pranzo da un maestro di karatè amico del nonno, e dovettero sorbirsi anche da parte sua l’elogio delle arti marziali, che proruppe spontaneo dalle sue labbra appena gli dissero che Ken aveva abbandonato quello sport per il calcio. Nonostante quello passarono un bel pomeriggio con i nipotini del loro ospite, giocando a pallone di nascosto, e se ne andarono con la consapevolezza di aver traviato altre due giovani menti.

- Però potevamo rimanere… c’era anche la PlayStation!- si lamentò Kojiro.

- Oh, più tardi ci possiamo anche tornare, se vuoi!- gli rifece il verso Ken. - Non muori anche tu dalla voglia di startene un po’ con me?-

In effetti avevano rischiato grosso, un paio di volte, mentre stavano per essere scoperti dai bambini a baciarsi nascosti in un angolino. La sala giochi dove andarono era esattamente come se la ricordava Ken…

- Anche i giochi sono gli stessi…- mormorò lui leggermente deluso.

- Non fa niente…- lo consolò Kojiro, mentre le occhiatacce dei clienti abituali li avvolgevano ad ogni passo che facevano. Dopo poco si stancarono di tutta quella tensione e se ne andarono a prendere un gelato, nonostante il freddo. Ken aveva ragione a dire che lì facevano il gelato migliore del mondo, pensò Kojiro.

Mentre gironzolavano cominciò a piovigginare.

- Oh, caspita, ci mancava la pioggia! Almeno fosse neve!- si lamentò Kojiro. - Corriamo?-

Corsero fino a casa e la trovarono ancora vuota.

- Vieni, prendiamoci qualcosa in cucina!-

- Hai ancora fame? Ma sei senza fondo!-

- Ehi, senti, Kojiro, ehm… non è che ti fermeresti ancora qualche giorno, eh? Al nonno non dispiacerebbe…-

- Guarda che se vuoi rimanere, per me non c’è problema, posso anche tornare da solo…-

- No, non intendevo questo, intendevo se non puoi prolungare la tua vacanza per stare ancora un po’ insieme!-

- Lo sai quanto ho faticato per farmi dare questi quattro giorni liberi! E poi il ristorante in questo periodo è sempre pieno…-

- Be’, se rimani e non torni al lavoro non dovrai chiedere...-

- Ken! Guarda che non è così che funziona!-

- Allora proprio non ti va?-

- Se non avessi niente da fare resterei, e non è che mi piaccia di più lavorare che stare qui con te, è che se no mi licenziano! Lo sai che mi sono indebitato fin dopo la laurea per comperarti quella maglietta?-

- Esagerato!- gridò Ken e gli diede un pugno. - Allora, vuol dire che stasera è l’ultima sera che ci resta…-

- E non dobbiamo lasciarci sfuggire l’occasione? Sai come la penso su questo argomento-.

Ken strinse i denti. - Non dico che dobbiamo andare per forza fino in fondo, ma… un po’ in profondità sì… almeno, per festeggiare questa vacanza…-

- Tu… tu sei un vero… come posso dire? Ma… trovo che in questo caso, forse, hai un po’ di ragione… e poi, ieri, sei tu che ti sei fermato…-

- Kojiro… vuoi dire che…-

- Ssh. Quel che è stato è stato… pensa a prepararti per stasera, ma ti do un avvertimento: non illuderti troppo. Ora vado in camera a cambiarmi, col tuo permesso…- e Kojiro sparì, strizzandogli l’occhio, lasciandolo lì sui due piedi basito. Sì, si era fermato lui, la sera prima, ma l’aveva fatto perché non ci pensasse Kojiro… che scemo che era stato! Uffa! Si riscosse e gli corse dietro. Si precipitò nella sua camera spalancando la porta.

- Fuori!- gridò Kojiro lanciandogli una scarpa. Ken si ritrasse di scatto leccandosi le labbra. L’aveva visto dentro mezzo nudo e il panorama non l’aveva lasciato indifferente.

- Dai, Kojiro, fammi entrare!-

- D’accordo, ma ti devo avvertire: hai diritto ad un ingresso al giorno, se entri adesso stasera te lo puoi scordare!-

- Non c’è problema, andremo nella mia camera!- ribatté Ken entrando con sicurezza. Ma lo trovò già vestito di tutto punto o quasi, visto che si stava allacciando la camicia.

- L’avevo immaginato, che cosa credi?-

- Che splendida occasione mancata, comunque se ti vergognavi potevo spogliarmi anche io ed eravamo pari!-

- Guarda, non usi la testa per studiare, ma questa era un’ottima soluzione… perché non vieni qui vicino a me? Un assaggino… te lo concedo…-

Ken non si fece pregare, si precipitò fra le braccia di Kojiro più veloce della luce; rimasero allacciati finché non sentirono il padre di Ken che era salito a cercarli. Quando l’uomo bussò alla porta ed entrò, li trovò a più di mezzo metro l’uno dall’altro, intenti in una conversazione che lui probabilmente aveva interrotto.

- Avete visto, ragazzi? Si è messo a piovere!- disse tanto per dire. - Perché non scendete?è quasi ora di cena-.

Kojiro guardò l’orologio. Avevano speco una parte considerevole del pomeriggio appiccicati come due meduse con le mani. Sorrise maliziosamente a Ken e scese per primo.

- Eh, sì, il maestro Tokigawa c’è rimasto parecchio male quando ha saputo che non sei più interessato al karatè, Ken…-

- Non gli avrai detto che abbiamo perso la finale per colpa mia, vero?-

- Mi ha rimproverato perché ti ho lasciato andare via anche se avevi un grande talento!-

- Non mi ha neanche sentito- osservò sottovoce Ken, senza battere ciglio.

- Allora, Hyuga-kun, Ken mi ha detto che forse ti fermerai anche i prossimi giorni…-

Kojiro inghiottì il boccone tossicchiando e incenerì Ken con una sola occhiata. - Mi piacerebbe, signore, ma… non posso proprio rimanere più di quanto avevo programmato… sa, devo tornare al lavoro…-

- Ah, lavori, oltre allo studio e al calcio? E mi hanno detto che hai una media brillante… devi essere davvero bravo, non come Ken, che…-

- Non lo deve rimproverare, sa, agli ultimi esami è arrivato diciannovesimo, ha fatto un bel progresso!- disse Kojiro, lanciando un bel sorriso a Ken.

- Davvero? Ken, perché non mi dici niente? Bravo, bravo, un bel risultato, complimenti!- esclamò il nonno tutto felice, e continuò a mangiare col sorriso sulle labbra.

- Ehi, grazie per aver detto quelle cose a mio nonno, sai!- disse Ken mentre tornavano in camera.

- Ma perché? È la verità, e poi pensavo che gliel’avessi già detto tu!-

Ken alzò le spalle. Erano arrivati davanti alla porta di camera sua, e lui restò lì, impalato.

- Be’, allora? Non entriamo?- sorrise Kojiro.

- Ah, certo, se vuoi… se sei sicuro…-

- Avanti, fa’ strada, scemo!-

Appena Kojiro ebbe chiuso la porta, afferrò Ken per le spalle, lo costrinse a girarsi e lo baciò con irruenza, cominciando a spingerlo.

- Ehi, vuoi cominciare così… senza concedermi nemmeno qualche preliminare?-

- Smettila di sbattere quelle ciglia e stendi il futon… tuo padre, prima, ci ha interrotti sul più bello…-

Ken stese il futon mentre Kojiro si toglieva il maglione e la camicia.

- Ehi! Se adesso mi volessi tirare indietro io?- sussurrò Ken.

- Liberissimo- disse Kojiro sulle sue labbra, lavorando attorno alla sua maglietta.

- Era una battuta… wow…- Ken si sentiva un po’ stranito da quell’irruenza e quell’espansività di Kojiro, sperò che non fosse una frenesia momentanea e che sul più bello non avesse un ripensamento…

- A… aspetta, Kojiro, fin dove… fin dove posso arrivare?-

- Come hai detto tu… non fino in fondo, ma… un bel po’ avanti, suppongo-.

- Che… che cosa vuol dire “un po’ avanti”?-

- Che quando sarà troppo ci fermeremo. Se mi da’ fastidio, te lo dico io-.

- Ok, ma… non ti garantisco uno stop immediato…- sorrise Ken leccandosi le labbra.

- Non lo pretendo…- Kojiro si sistemò su un fianco e cominciò a strusciare le gambe con quelle di Ken. Questi era passato all’attacco e gli stava leccando il collo e l’addome.

- Ehi, non mi spingerai via, vero?-

- Mmm… non lo so, perché non dovrei… ehi, no, no… non ancora, non mi toccare ancora…-

Ken gli aveva infilato una mano nei pantaloni, ma Kojiro gliel’aveva allontanata spingendolo ancora una volta sotto di lui. Sentiva un desiderio di liberarsi di tutti gli indumenti di troppo, che gli davano fastidio ed erano pressoché inutili…

Ad un tratto abbandonò Ken e si alzò in piedi, investito dalle sue proteste. Gli si mise davanti, si sfilò la cintura e si abbassò sensualmente i pantaloni, poi si riavvicinò a Ken sedendoglisi sull’addome.

- Wow…- boccheggiò Ken. Kojiro riuscì a togliere anche a lui i pantaloni rimanendogli avvinghiato, e Ken cominciò a sbattere la testa da una parte all’altra, percorrendogli febbrilmente la schiena. Si mise a sedere divincolandosi da Kojiro, e continuando a toccarlo riuscì a distenderlo sotto di sé. Kojiro si irrigidì, spaventato dalla piega che avevano preso le cose, ma Ken non si stese sopra di lui come aveva temuto. Sentì la sua lingua sull’ombelico e le sue mani sotto l’elastico delle mutande, mentre lo spingevano giù…

- No, no, Ken, non devi... oh…-

- Mi devo fermare, Kojiro?-

- No, no… ok, continua…ah, Ken…-

Ken aveva scoperto il suo sesso e Kojiro sentiva il suo respiro fra le gambe tormentarlo. Non ci sarebbe voluto ancora molto, e poi… Ken aveva cominciato ad usare la lingua. Oddio, no, no… Kojiro non riusciva a trattenersi, non voleva spingere nella sua bocca, ma non ci riusciva. Sentiva i gemiti soffocati di Ken. Stava per venire.

- No, no, Ken, no! Non voglio!- Non voleva venirgli in bocca, non voleva che il suo seme… gli tirò i capelli, Ken si rialzò per un attimo e gli sorrise. Kojiro cercò di divincolarsi, il solo pensiero di fargli una cosa simile lo faceva star male… ma non ce la fece a ritrarsi in tempo. Si riversò nella bocca di Ken con un grido roco, mentre le lacrime cominciarono a scorrergli sul viso, suo malgrado.

Sentì Ken che si rialzava da lui, con un sorriso. - Kojiro…- disse teneramente, e poi si accorse che stava piangendo. - Kojiro, che c’è?- gli chiese, sconcertato.

- Scusami…- sussurrò Kojiro. Ken gli si stese accanto, cercando di abbracciarlo, ma Kojiro si divincolò e si alzò dal futon, rimanendo lì, in piedi, immobile. - Scusa… scusami, io… non volevo- continuava a mormorare, mentre le lacrime si facevano più copiose.

- Scusa… ma scusa di che cosa, Kojiro… io non…-

- Per quella… per quella… cosa, scusami, ti prego… non sono riuscito a spostarmi in tempo…-

- Ma cosa dici! Non mi ci hai costretto, guarda che… volevo farlo! Volevo che tu…- Ken si alzò e si avvicinò. Di nuovo cercò di abbracciarlo, ma Kojiro lo allontanò ancora scosso dai singhiozzi.

- Lasciami stare… ti prego!- gridò, fuggendo in camera sua. Si gettò a terra singhiozzando, incapace di smettere. Ma perché, perché si era permesso di fargli una cosa così disgustosa? Se ci pensava…

Ken entrò nella stanza e cercò di raggiungerlo. - Kojiro, stai bene?-

- Vattene, vattene fuori, lasciami stare!- lo scacciò Kojiro. Ken batté rapidamente in ritirata, senza saper bene come interpretare quell’attacco d’ira. Lo sentiva singhiozzare come un disperato, là dietro, e proprio non sapeva che cosa pensare.

Kojiro non riusciva a fermare i singhiozzo che lo squassavano. Ken diceva che l’aveva fatto volentieri, che lui non l’aveva costretto… no, non poteva… non poteva pensare che era stato lui, lui che…

- Kojiro, ti prego, dimmi che cos’hai…- sentiva la sua voce dietro la porta chiusa. Si sentiva impotente, incapace di reagire. Dentro di lui c’era quel bambino spaventato che tutte le notti piangeva da solo, come adesso, nella sua camera, senza sapere che cosa fare, e Ken non lo conosceva neanche, non amava quel bambino, eppure… Kojiro era solo quel bambino, anche se aveva cercato di cancellarlo, di allontanarlo, e aveva paura di quello che avrebbe fatto Ken adesso…

Ken rimase davanti alla porta chiusa, facendo avanti e indietro, per qualche minuto. Vide tutti gli indumenti che Ken aveva lasciato nella sua stanza, prese la coperta dal suo futon ed entrò. Kojiro era rannicchiato in un angolo e piangeva ancora. Ken ebbe uno scatto d’ira e fu tentato di dargli uno schiaffo talmente forte che almeno avrebbe avuto da piangere per qualcosa, ma gli passò, e si avvicinò chiamandolo piano. Kojiro di voltò appena per guardarlo, e Ken si inginocchiò accanto a lui mettendogli sulle spalle la coperta. Kojiro rimase in silenzio e anche Ken, per molto tempo.

- Vuoi che me ne vada?- disse poi Ken.

Kojiro scosse la testa.

- Perché… non vieni qui a dormire?- continuò poi, indicando il futon. Kojiro annuì e si mosse sena guardarlo, stringendosi addosso la coperta, e stendendosi accanto a lui, dandogli le spalle.

- Scusa- sussurrò dopo un po’, smettendo di piangere.

- Non fa niente- disse asciutto Ken. - Perché non mi guardi?-

Kojiro si voltò con sofferenza. Evitava di guardarlo negli occhi.

- Immagino.. che non mi spiegherai che cosa è successo, vero? Che cosa ti è preso?-

Kojiro scosse la testa. Sarebbe stato difficile cavargli di bocca qualche parole, si disse Ken.

- Non mi parli?- insistette.

- Non… non ho voglia di fare conversazione, scusami- sussurrò Kojiro.

- Non vuoi neanche dirmi perché… ti sei fatto venire una crisi isterica?-

- Non… trattarmi così, Ken-.

- Dammi almeno una spiegazione. Non pensi che ne abbia diritto? Mi hai spaventato…-

- Ti ho chiesto scusa. Non me la sento di… dai, voglio solo dormire un po’-.

- E invece… no, per favore, dimmi che cosa ti ho fatto questa volta… voglio saperlo. Credevo che ti fosse piaciuto…-

- Senti, io… non sono in grado di…-

- Forse ho capito io… è per lo stesso motivo per cui non vuoi venire a letto con me?- il tono di Ken era duro, tagliente, apposta per fare male.

- Ma Ken… io… ti ho già detto… che…-

- Me l’hai già cantata questa canzone, me l’hai già detto che non sei pronto! Quello che non mi hai mai spiegato è… che cosa diavolo voglia dire, che non sei pronto!-

In altre occasioni, forse, Kojiro gli avrebbe dato un pugno per il tono che aveva usato. In quel momento, oltre che incredibilmente stanco e triste, si sentiva anche in torto con Ken, e sapeva che lui aveva ragione ad arrabbiarsi.

- Non me lo vuoi dire? Scommetto che non… che non lo sai neanche tu che cosa vuoi dire!… è una maledetta, una maledetta scusa!-

- E allora… e allora tu…-

- Che cosa? Non ho sentito!-

- E allora, tu come fai a dire che…a sapere che sei pronto?-

Ken boccheggiò, sorpreso. Cioè, non è che non avesse una risposta, soltanto non ne aveva una bella e pronta… - Io… io quando ci penso, ecco… sì, quando penso di stare con te ho solo voglia di arrivare fino in fondo! Mi sento pronto… non voglio altro che stare bene e far star bene te, e penso che questo voglia dire essere pronto!-

Kojiro tacque, mordicchiandosi un labbro. Semplice e chiara, ecco com’era la risposta di Ken, e lui che pensava di averlo messo in difficoltà! - Allora… allora io quando ci penso… quando ci penso non riesco a immaginarmi di stare bene…-

- Allora il problema sono io, lo sospettavo!- tagliò corto Ken, acido.

- Non farmi dire cose che non ho detto! Non sarebbe per colpa tua, ma mia…-

- … perché non riesci a farti piacere il pensiero di farlo con me, ovvio. E allora, con chi lo vorresti fare?-

- Con nessuno! Non voglio farlo con nessuno, non sei tu il problema! Sono io, io ho deciso che voglio aspettare, va bene? Per ora non mi sento pronto!-

- Be’, la vuoi sapere una cosa? Io invece ho deciso che non voglio aspettare, allora? Perché dovremmo fare quello che vuoi tu e non quello che voglio io?-

- Di… dici sul serio?-

- Certo, perché devo essere io a perderci? Perché non devi essere tu? Perché devo aspettare io anche se non voglio?-

- Tu… tu mi costringeresti?- mormorò Kojiro con voce rotta. Ken tacque per un po’ prima di rispondere.

- Ma no. Certo che no- disse infine. - Ora è meglio che me ne torni nella mia stanza…-

- Ken. Ti prego… resta qui-. Kojiro lo guardava col viso ancora contratto dalle lacrime. In fin dei conti, era lui che aveva cominciato a litigare… anche se non era stata una delle loro solite litigare, e Ken cominciò a rifletterci. Però quello che si erano detti era peggio di qualsiasi urlaccio che si erano mai rivolti…

Ken respirò a fondo e si rimise giù. Kojiro gli si premette contro, ancora avvolto nella sua coperta. Ken lo circondò con le braccia.

- Ken…-

- Sì, sono sveglio, ti ascolto-.

- Non… non lo faccio apposta per farti arrabbiare… io… è solo che… non me la sento…-

- Certo, ho capito-. “L’hai già ripetuto un sacco di volte, è un ritornello che so a memoria” pensò Ken, ma se lo ricacciò in gola. Lui, dopotutto, a Kojiro ci teneva. Chissà se valeva il contrario…

Con quei pensieri, non avrebbe risolto niente. Kojiro si era già addormentato. Quella serata era finita in modo diverso da come si era aspettato. Kojiro era davvero imprevedibile quando si trattava di quello.

Quella sera si era reso conto che qualcosa aveva cominciato ad andare storto. Che qualcosa si era spezzato, e, anche se entrambi avessero dato l’anima per rimediare, quel piccolo strappo avrebbe continuato a tormentare la loro relazione.

Sì, probabilmente avrebbero fatto in modo di salvare la loro storia, ma… era possibile continuare qualcosa che era rotto così in profondità?

Non si diede una riposta. Forse, quando ci sveglieremo, potremo farci sopra una bella risata, Kojiro, e forse mi renderò conto che sono solo io che sono soffocante… sì, di sicuro succederà così, perché io ti amo, Kojiro.

 

Scusate se questo capitolo è venuto un pochino più lungo… ^___^

Qui metto le cose che non ho già segnato al capitolo scorso, se avete scordato qualcosa andate a rivederlo! Come al solito quello che non metto me lo sono inventato io.

(1) Sanae Nakazawa = Patty

(2) Nankatsu = sarebbe la NewTeam, la squadra di Holly&Benji

(3) Taro Misaki = Tom Becker

(4) Toho = la scuola che frequentano Ken, Kojiro e Takeshi





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