Ci sei solo
tu
parte II di
Sei-chan
- Che ore
saranno adesso in Giappone?- si chiese Taro nervosamente, senza nascondere
un brivido. Notte fredda e tensione. Abbastanza per morire congelato.
Sapeva che i salmoni risalivano la corrente dei fiumi. Il suo sangue non
riusciva neanche ad arrivare alle estremità del suo corpo.
La verità era che ere
teso come una corda di violino. “Una chiacchierata informale” aveva
detto quel tizio. Subito dopo aver detto “Sono un fotografo e scrivo per
un giornale on-line, vorrei farti qualche domanda”. E lui come faceva a
rimanere rilassato?
- Ciao, tu sei Taro
Misaki, non è vero? Lo studente giapponese-.
Taro gli aveva lanciato
un’occhiata di fuoco.
- No, sono Alain Delon-
avrebbe voluto avere la presenza di spirito per rispondergli così.
Paesotto del sud della Francia, diecimila abitanti, unica persona con
tratti orientali, cosa gli domanda? “Sei tu il giapponese?” Ma tutto
questo gli era venuto in mente dopo.
- Sì, sono io-. Aveva
detto con un filo di voce, spiazzato, come un uccellino impaurito. Persona
umana, non orco, luccicava una lucina nel suo cervello. Ma la domanda
“Sei tu il giapponese?” sembrava aprire la strada per un bel cazzotto
sul naso. Troppi film americani? Può darsi.
L’altro aveva già
detto qualcosa. Che tempismo!
- Che cosa?- chiese
Taro, temendo di sembrare il solito straniero inebetito.
- Scusa, ti ho detto
che mi chiamo Jeoffrey Mertens, sono un fotografo free-lance e lavoro per
“Next things”-.
Un locale notturno? Una
produzione televisiva? Un giornale?
- Un giornale on-line
che si occupa dei nuovo talenti sportivi disseminati nel nostro paese-.
Sorriso perfetto sulle
labbra. Niente può scalfire la sua tranquillità.
- Non lo conosco-.
Neanche questo.
L’altro rise.
- Non sei l’unico,
temo! Preferirei non conoscerlo neanche io per quello che mi danno.
Comunque, ti va?-
- Che cosa?-
- Qualche domanda,
senza nessuna pressione. Una chiacchierata informale-.
- Oh, io…-
Il giornalista tirò
fuori dalla borsa un pezzetto di carta e scrisse qualcosa.
- Ecco, il posto è
questo, alle 20.30 ti va bene oppure facciamo un’altra ora?-
- No, credo che vada
bene…-
- Meglio, dato che le
spese le paga la redazione ti invito in un posto decente. Sai, lavoriamo
in una specie di bunker per terremotati, non è tanto carino… che cosa
preferisci? Conosco un ristorante che fa delle specialità giapponesi… o
preferisci la cucina francese?-
Taro si stava chiedendo
da quali fori prendesse l’ossigeno dato che pareva non respirare, e
continuava a sorridere mentre parlava, ma proprio a sorridere, sembra
impossibile ma era così.
- Be’… dato che
sono in Francia, direi francese-.
- Perfetto! Ti ho
scritto qui posto e indirizzo, e il mio cellulare se ci fossero problemi.
Allora a dopo, ciao!-
Gli aveva teso la mano.
Taro l’aveva stretta con qualche titubanza e poi l’altro se ne era
andato.
Che strana
sensazione… si sentiva sconvolto dal modo iperveloce in cui tutto era
successo, era leggermente stordito. Perché, poi? Non era che
un’intervista, dopotutto… sì, ma non aveva mai fatto un’intervi-sta
in vita sua, poteva essere quello che lo metteva in agitazione?
Jeoffrey Mertens salì
sulla sua macchina sorridendo. La giornata era risolta. Forse qualcosa di
più. Si guardò nello specchietto retrovisore con compiacimento.
Bellissimo…
Come doveva prepararsi?
Non ne aveva la minima idea… doveva vestirsi elegante o casual? In che
genere di posto l’avrebbe portato? Si sarebbe sentito a disagio in
cravatta in una bettola tanto quanto in scarpe da tennis in un posto di
classe.
Suo padre era a casa.
Idea, domandare a lui. Con vari gruppi di finanziatori ed estimatori aveva
girato metà dei ristoranti della zona.
- Papà, conosci questo
posto?- chiese mostrandogli il biglietto.
- Sì, certo, è poco
fuori, devi prendere la…-
- Sì, scusa, che
genere di posto è? Voglio dire, come ci si deve vestire?-
- Perché? Ci devi
andare?-
Taro sospirò e gli
raccontò la storia del giornalista.
- A dire il vero non lo
so, non ci sono mai stato- disse suo padre con rassegnazione. In quel
momento squillò il telefono.
-Taro, è per te.
Jeoffrey Mertens!- suo padre sembrava compiaciuto.
- Sì, pronto?-
- Scusami, mi ero
scordato di dirti che non c’è bisogno che ti metti in ghingheri… è
un posto alla buona, a dopo!- e riattaccò il telefono.
- A dopo…- mormorò
Taro a nessuno, poi riappese. Meno male, non si sarebbe sentito al suo
posto fra damerini di classe…
Si fece una doccia, poi
cercò qualcosa “alla mano” ma abbastanza decente da farlo sentire a
suo agio. Non era facile… in Giappone, fra i suoi amici, era una cosa…
ma anche andare in classe per lui in quel periodo era un problema…
rimpiangeva le uniformi giapponesi, così pratiche e poco impegnative!…
Scelse una felpa
azzurra abbastanza elegante. L’azzurro gli stava bene, e i risvolti
della camicia che uscivano dal collo e dai polsini davano un bel tocco.
Pantaloni di velluto nero… giudicò che andava bene.
Voleva fare buona
impressione, soprattutto se doveva essere fotografato. Non gli piaceva
essere trasandato in fotografia. Alle 20 chiamò un taxi. Non aveva idea
che bastassero cinque minuti per arrivarci…
Rimase venti minuti
fuori, al freddo. Era già primavera ma la sera era ancora freschetto.
Aveva chiesto dentro ma non c’era un tavolo prenotato a nome “Mertens”,
il nome del giornale non se lo ricordava, e gli toccò rimanere fuori.
L’atrio era pienissimo di gente senza prenotazione che aspettava un
tavolo libero, e lui si sentiva già abbastanza intimidito. Finalmente dal
parcheggio vide uscire Jeoffrey Mertens che lo beccò immediatamente.
- Ciao, sono in orario?
È molto che aspetti?-
- No…- rispose Taro
con un filo di voce.
- Entriamo, dai-
Jeoffrey fece strada e Taro scoprì che aveva effettivamente prenotato col
nome del giornale. Il cameriere che li accompagnò al tavolo era lo stesso
che si era mostrato molto infastidito dal fatto che il nome che aveva
chiesta Taro non c’era nella lista. Taro aveva voglia di fargli una
bella linguaccia, ma non gli sembrava il caso. Il locale era immerso in
una penombra non troppo profonda; ma non c’era quell’illuminazione
diretta e fastidiosa che c’era in altri locali.
Taro diede una scorsa
al menu.
- Hai deciso?- gli
chiese Jeoffrey quando il cameriere si avvicinò. Era arrivato subito
perché non c’era molta gente ancora; nonostante la folla
all’ingresso, i tavoli erano tutti prenotati.
- Ehm, non lo so…-
Jeoffrey gli consigliò
qualcosa, e Taro lo lasciò ordinare. Sembrava compiaciuto mentre
sceglieva dal menu.
Taro riuscì a
distendersi un attimo quando il cameriere si fu allontanato.
- Ehm, scusa…- lo
richiamò Jeoffrey.
- Sì?-
- Ehm… come ti devo
chiamare? Ho letto che voi giapponesi…-
- Be’… chiamami
come vuoi… Taro è OK-
- Ah, allora tu mi puoi
chiamare Jeff…-
- Allora, Jeff… dimmi
un po’, non dovremmo fare quell’intervista?-
- Oh, non c’è
fretta… prima godiamoci la cena… ho davvero molta fame-.
La cena però tardava
ad arrivare, e la conversazione languiva.
- Sai, finora avevo
intervistato un cestista rumeno e uno sciatore italiano, sai, nessun
orientale…-
- Ehm…-
- Però parli bene
francese, sai?-
- Qualche anno fa
c’ero già venuto, in Francia, sai, per via degli affari di mio padreDa
piccolo ho girato il mondo con mio padre, e poi ho girato tanto anche in
Giappone… il francese l’avevo già imparato in Belgio-.
- Ah, e tuo padre che
cosa fa?- Jeff si sistemò meglio sulla sedia, rilassato. Finalmente aveva
trovato uno spunto di conversazione. Gli riempì il bicchiere del vino
rosso della casa con discrezione.
- E’ un artista… un
pittore cioè-.
- E viaggia molto?-
Taro bevve un lungo
sorso d’acqua dal bicchiere più grande. Non notò l’espressione
contrariata di Jeff.
- Be’, lui crede che
siano già abbastanza quelli che hanno dipinto il monte Fuji…-
- Ah, ho letto che è
il monte più dipinto…-
- Sì, è vero…-
- A me sarebbe piaciuto
fare il pittore…ehm… ma non so affatto disegnare!-
Taro rise e si distese
un po’. Allungò ancora la mano verso l’acqua.
- Ehi, non berrai acqua
per tutta la sera! Prova il vino, lo fanno qui, è davvero fresco… e
ottimo-.
Taro bevve il vino.
- Hai ragione, è
buonissimo…- non che se ne intendesse. - Allora, mi stavi dicendo?-
- Già, avrei voluto
fare l’artista, ma non c’era talento… sai, come quelli che vogliono
fare i cantanti e sono stonati come una campana…-
- Be’, con un po’
d’impegno ci si corregge… si può imparare benissimo, se uno ha
davvero voglia…-
Jeff era arrossito
leggermente. Taro l’aveva detto con noncuranza, tanto per dire, ma
poteva anche sembrare una frecciatina personale. Lo guardò meglio. No,
era troppo timido per dirlo, soprattutto ad uno sconosciuto.
- Ah, grazie!-
Intanto era arrivata la
prima portata.
- Mi scusi, ci potrebbe
portare un’altra bottiglia di vino? No, niente acqua, non importa-.
Taro avrebbe voluto
dire al cameriere di portare dell’altra acqua, ma Jeff l’aveva
preceduto, non sarebbe stato carino rimbeccarlo a quel modo.
Per un po’,
mangiarono in silenzio.
- Allora, che ne dici?-
gli chiese Jeff ad un certo punto.
Taro sorrise, con la
bocca piena. Bevve un sorso di vino, - e Jeff gli riempì di nuovo il
bicchiere- poi deglutì.
- Oh, è ottimo, non
l’avevo mai provato… è una specialità di qui?-
- Di tutto il Sud della
Francia. Scusa, da quanto sei qui? È un po’ strano che non l’abbia
mai mangiato…-
- Be’, in genere sono
a casa da solo e faccio qualcosa di semplice… oppure ordino in
rosticceria!!-
- E’ un vero peccato
che tu stia sempre a casa da solo! A questo potremmo rimediare…-
- Come?- Taro arrossì
rapidamente, imbarazzato. Bevve un lungo sorso di vino e svuotò il
bicchiere. Sembrava che Jeff non lo perdesse mai di vista, e infatti
immediatamente glielo riempì di nuovo. Mentre era di nuovo impegnato con
il suo piatto, Taro ebbe modo di osservarlo: era un fighetto, non aveva un
filo fuori posto ma doveva essere anche molto sicuro di sé; una cosa era
certa: era molto carino e anche sexy… ma che cosa sto pensando? Taro
sentì un brivido scendergli lungo la schiena e sperò che l’altro non
se ne accorgesse… sperava anche che non si accorgesse che stava facendo
apprezzamenti su di lui… si agitò sulla sedia: se ne era reso conto da
un pezzo, che i ragazzi non lo lasciavano indifferente, ma non gli sarebbe
piaciuto scoprirsi troppo. Jeff alzò gli occhi e lo sorprese a guardarlo.
Taro per poco non cadde a terra. Bevve.
- Ehi, vedo che fai
onore alla cantina… mi fa piacere, io per questo vino vado pazzo!-
sollevò il bicchiere sorridendo, ma si bagnò soltanto le labbra, tanto
per salvare la forma. Taro si sentì girare un po’ la testa. Non se ne
rendeva conto, ma non avevano ancora finito il primo e lui già era un
po’ brillo.
- E’ perfetto con
l’arrosto, vedrai… quando arriva il secondo te ne accorgerai-.
La sala attorno a loro
si era riempita. Coppiette.
Taro prese un bel
respiro, sentiva caldo.
- Comincia a far caldo,
o mi sbaglio?- disse Jeff, come leggendogli nel pensiero. Si alzò e si
tolse la giacca del completo, di taglio molto alla moda; sotto aveva una
magliettina nera aderente che gli stava molto bene. - Ah, così respiro,
va molto meglio-.
Frugò nella tasca e ne
tirò fuori un registratore minuscolo. Controllò la cassetta e poi lo posò
in mezzo a loro.
- Preferisci che
facciamo senza?- chiese poi a Taro, che fissava l’oggetto come se non
l’avesse mai visto.
- No, no, non
importa…- rispose questi, imbarazzatissimo. Fino all’arrivo del
secondo Jeff gli fece domande molto serie sul suo sport e sulla sua vita
di giocatore.
- Quando hai
cominciato? Mi è sembrato di capire che hai viaggiato molto… come hai
fatto ad appassionarti?-
- Be’, credo che sia
stato proprio perché ho viaggiato fin da piccolo che mi piace il
calcio… giocando sono sempre riuscito a farmi degli amici in tutti i
posti dove sono andato…-
- Allora diresti che
giocare ti ha aiutato a socializzare…-
- Be’, sì… e anche
a non sentirmi isolato ogni volta che andavo in un posto nuovo…-
- Ho sentito che alcuni
talent scout di squadre francesi ti hanno contattato… che cosa mi dici?-
- Sì, cioè… ecco,
per ora mi hanno solo contattato, ma non so se… ehm, non è che c’è
qualcosa di deciso, io non sono…-
- Vuoi dire che stai
valutando le offerte?-
- No, ehm… io
preferirei… preferirei tornare in Giappone, non vorrei legarmi ad una
squadra…-
- Ah, hai nostalgia?-
rise Jeff
Taro arrossì.
- Ehm, insomma,
ecco…-
- Dai, non ti volevo
mettere in imbarazzo! Quindi preferisci non dare nessuna risposta
definitiva?-
- Mi piacerebbe giocare
da professionista, ma be’, i miei amici…-
- Giocano in Giappone,
naturale… hai in programma di ripartire presto?-
- A sentire mio padre,
ci fermeremo almeno qualche altro mese, ma non si sa mai…-
- Bene… vuoi che
scriva qualcosa di particolare nell’articolo? C’è qualcosa di
speciale che vuoi dire?-
- No, non credo…-
- Bene. Quando l’avrò
scritto, se vuoi te ne manderò una copia prima, così lo puoi leggere, ok?-
- Ok, ehm… hai già
finito? Io… non pensavo…-
- Be’, mi spiace, ma
l’articolo non dev’essere molto lungo… mi sarebbe piaciuto
intervistarti più a fondo…- Jeff lo guardò con uno sguardo strano. Uno
con più esperienza di Taro l’avrebbe capito al volo; ci stava provando.
Di nuovo, per darsi un
contegno, Taro svuotò il bicchiere. Non rimase vuoto a lungo.
- Lo so, ti chiedo
scusa, ma in effetti è un giornale con pochi mezzi… anche per questo
pubblichiamo on-line, e per necessità non possiamo permetterci molti
articoli di una certa lunghezza…-
- Capisco… comunque
deve essere un lavoro interessante… conosci molta…-
- Ne farei volentieri a
meno, se trovassi qualcosa di meglio…-
Portarono il secondo.
Taro tacque, fingendo di essere impegnato con la carne e l’insalata. In
realtà era imbarazzatissimo, e cominciava a temere gli effetti del vino.
Il silenzio durò poco.
- Sai, io sono un
fotografo, o almeno mi piacerebbe, vorrei fare altri lavori, ma
purtroppo… questo lavoro mi permette di fare comunque fotografie e di
restare nell’ambiente-.
- Che… che genere di
fotografie fai?-
- Be’…- Jeff fece
una pausa, e lo guardò con uno strano sorriso, di sottecchi. - Ho
lavorato per alcune riviste… diciamo, di un certo genere… te le farò
vedere, magari, più tardi-.
Taro non capiva. Aveva
la mente annebbiata dal vino, ma sembrava che ci fosse qualcosa che doveva
sapere e invece non sapeva… ma che cosa? Lo guardò con uno sguardo
interrogativo.
- Delle foto
particolari… per riviste gay!- Jeff si era sporto verso di lui per
sussurrarglielo, divertito. Taro cercò di darsi un contegno giocando col
bicchiere, e sperò di non essere arrossito.
- E… pagano bene?-
disse con voce insolitamente stridula, la prima cosa che gli venne in
mente.
- Be’, dipende-. Jeff
attese che Taro gli facesse la domanda successiva guardandolo
disinvoltamente negli occhi. Era evidente che l’imbarazzo con cui Taro
invece cercava di evitare il suo sguardo lo compiaceva molto.
- Da… da che cosa?-
Che razza di situazione! Taro non vedeva l’ora di scappare, ma…
- Dipende… dalla
bravura del fotografo… e dalla sua serietà. Io, modestamente, sono
molto bravo-. Sembrava pavoneggiarsi, ansioso di ottenere su Taro un
effetto che questi non si aspettava… forse di stimolare la sua curiosità…
- E… non serio?- Jeff
sorrise. Dalla voce di Taro aveva capito che ormai era più che brillo. I
suoi occhi erano vaghi e sembrava che si sforzasse per seguirlo.
- Sono considerato
molto serio. Non sono uno di quelli che infastidisce… che salta addosso
ai modelli. In genere- aggiunse a bassa voce, e comunque fuori dalla
portata di Taro.
Questi diventò rosso
come un pomodoro. Svuotò d’un fiato il bicchiere, anche se non avrebbe
dovuto. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ci riuscì. Per fortuna,
pensò Jeff, se no forse mi avrebbe impedito di riempigli di nuovo il
bicchiere.
- Che cosa c’è? Ti
stupisce? Io di te l’ho capito immediatamente-.
Un altro, unico sorso
di vino impedì a Taro di spaventarsi troppo per le parole di Jeff. No,
lui non aveva nemmeno immaginato che Jeff potesse avere strane tendenze…
strane, ma comunque uguali a quelle che aveva lui. E credeva di non essere
così trasparente nemmeno lui. Cercò di alzarsi in piedi, ma aveva le
gambe molli. Che intenzioni aveva Jeff?
- Cre…do sia ora di
andare… andare a casa- articolò con difficoltà.
- E perché? Non
abbiamo ancora preso il dolce… ehi, non essere così diffidente, ti ho
detto che sono un tipo serio… e poi non è il caso di mettersi così in
imbarazzo!-
A Taro non andava di
essere preso in giro, ma sembrava che quel tizio per tutta la sera avesse
provato a farlo.
- Non sono…
imbarazzato-.
- E allora finiamo la
cena come si deve, non mi sembra il caso di entrare in crisi per un po’
di sincerità! Siamo entrambi gay, ma è… un caso-.
Un caso a cui ho dato
una forte mano, e che spero di forzare un altro po’, questa sera.
Altrimenti non mi divertirei!
Il dolce fece rilassare
un po’ Taro, perché dopo se ne sarebbero andati e finalmente sarebbe
ritornato a casa. Jeff non gli permise di guardare il conto e lo sorresse
mentre uscivano.
- Hai la nausea?- gli
chiese mentre andavano al parcheggio.
- Mi… mi gira la
testa-.
- Non ti preoccupare…
ora sali-.
Taro non riconobbe il
posto dove Jeff fermò la macchina. Non era casa sua.
- Do… dove siamo?-
- A casa mia. Non
volevi vedere le mie foto?-
Tecnicamente Taro non
l’aveva mai detto, ma Jeff sperava nel fatto che non se lo ricordasse. A
dire il vero, Taro cercò debolmente di ribellarsi, ma l’altro non ebbe
difficoltà a farlo entrare fin dentro il suo appartamento.
- Dai, siediti, ti do
qualcosa per la sbronza-.
Il divano era nero, ma
forse era per la penombra in cui era immersa la stanza. Era meglio così,
perché già le luci in strada gli avevano dato fastidio.
Jeff gli porse un
bicchiere.
- Dai, bevi, fidati.
Non è una droga e nemmeno un veleno… è acqua e limone!-
Taro bevve. - De…
devo andare in bagno-.
- Vieni, da questa
parte-. Jeff ce lo accompagnò, e, mentre lui era dentro, riempì il
bicchiere con altra limonata e poi prese qualcosa di nero dal suo studio,
e lo nascose fra i cuscini del divano.
- Ti senti meglio?-
Taro annuì. - Ti va di fare qualche foto per me?-
Taro lo guardò
stranito. E anche un po’ spaventato, visto il genere di foto che gli
aveva detto di fare…
- No, forse hai
ragione… non è proprio il caso, giusto? Tieni, bevi un altro po’-.
Mentre Taro prendeva il
bicchiere, Jeff gli urtò “casualmente” la mano. Taro si versò quasi
tutto sulla felpa.
- Oh, no, guarda che
disastro… dai, toglila, prima che ti bagni anche tu…-
Jeff gli sfilò la
felpa nonostante le sue opposizioni, e lui rimase a in camicia,
leggermente inquieto.
- Allora, non hai
proprio voglia di fare delle foto?- sussurrò Jeff avvicinandosi ben oltre
la distanza di sicurezza. Taro arrossì.
- Ehm, io… ma non
troppo…-
- Bravissimo! Levati
questa…- Jeff gli tirò via la camicia, con una certa impazienza. Mentre
gli sfilava le maniche, Taro non se ne accorse in tempo, gli riunì le
mani dietro la schiena e gliele legò, con la sciarpa di seta nera che
aveva nascosto prima. Il ragazzo gridò scoprendo che aveva le mani
intrappolate. Cercò di divincolarsi, ma il corpo di Jeff glielo impediva
abilmente.
- Sta’ calmo… non
agitarti!-
- No, per piacere, per
piacere, lasciami!-
- Ehi, ma che cosa hai
capito?- Jeff si alzò dal divano passandosi una mano fra i capelli. Poi
sorrise. - Ti ho detto che sono un tipo serio…-
Andò in un’altra
stanza, lasciando Taro sul divano, confuso ed impaurito.
- E poi sei anche un
po’ brillo… non mi procuro avventure in questo modo…-
Aveva in mano la
macchina fotografica, e sedette accanto a Taro sul divano per regolarla.
- Ti piace? È una
macchina a cui sono affezionato… con lei ho fatto le mie foto migliori,
sul serio…-
Jeff aveva
un’espressione dolce sul viso, come se carezzasse un’amante, con amore
infinito.
- E tu sei carino,
davvero… dal primo momento che ti ho visto volevo farti qualche foto…-
- Dal primo…?-
- No, non fare strane
ipotesi… non ti ho avvicinato con una scusa, ma dopo il nostro primo
incontro non ho fatto che pensarci… Allora, andiamo di là-.
Jeff aiutò Taro ad
alzarsi, recuperando i suoi vestiti. Lo portò in camera da letto. Taro si
irrigidì.
- Dai! Ti ho detto che
non ti salto addosso… anche se sei carino, lo sai. Non è un vero set,
ma…-
Lo fece sedere sul
letto. Accese le appliques sopra i comodini e controllò la luce.
- … ma può andare.
Possiamo fare… qualche prova…- fece due o tre scatti. La luce del
flash accecò Taro, e senza notarlo si ritrovò Jeff seduto accanto. Gli
tolse le scarpe.
- Mettiti giù, così…-
- Ehi!- Taro cercò di
allontanarlo agitando le gambe: gli stava sfilando i pantaloni, e lui non
poteva neanche difendesi.
- Calmo…- mormorò
Jeff piegandogli i pantaloni e mettendoli su una sedia col maglione e la
camicia, poi le calze; ora Taro era rimasto solo con i boxer aderenti e si
sentiva davvero terrorizzato.
- Mi sto stufando di
ripetere che non ti faccio niente… se non vuoi- concluse piano
girandogli le spalle.
- Che… che cosa devo
fare?- disse Taro con un filo di voce. Avrebbe voluto piangere, aveva
tanta paura di essere finito nelle mani di un maniaco, e stava cominciando
a sentire freddo, anche se la stanza era ben riscaldata.
- Mettiti al centro del
letto e stenditi di fianco… bravo, sei bellissimo…-
Taro chiuse gli occhi.
- Bravo, tieni gli
occhi chiusi!-
Lo sentiva muoversi
attorno al letto, e si spaventò spalancando gli occhi quando lo sentì
saltare sopra il materasso.
- Ora girati sulla
schiena… ora a destra… ora guardami-.
Jeff era sceso dal
letto e gli stava inquadrando il viso da vicino.
- Jeff… smettila
adesso, per…-
- Dai, ancora
qualcuna… dai, ora guardami… no, guardami come se avessi appena fatto
l’amore…-
Taro arrossì e
distolse lo sguardo.
- Dai, non essere
timido… pensa all’ultima volta che l’hai fatto!-
- Jeff, basta, ti
prego-.
Jeff rise piano e posò
la macchina. Si sedette sul letto e si sporse verso di lui.
- Non dirmi che non
l’hai mai fatto! Oh… ho indovinato, vero?-
- Basta…- Taro stava
per piangere, e Jeff non voleva. Non aveva mai voluto farlo star male!
- Ehi, tranquillo…-
Jeff gli baciò la
fronte, tenendogli il viso fra le mani. Poi scese sulla guancia, e poi lo
baciò sulle labbra. Taro cercò di tirarsi indietro. Jeff si staccò di
lui e si tolse la maglia.
- Dai, calmati…
rilassati-.
Il ragazzo ritornò
sulle labbra di Taro, che cercò di lasciarsi andare davvero. Tanto, se
Jeff voleva fargli del male non era opponendosi che l’avrebbe evitato…
però si sentiva ancora in suo possesso perché non l’aveva slegato.
Il bacio fu dolce e
molto lungo. Jeff non cercò di forzarlo ad aprire la bocca, ma alla fine
Taro cedette e il fotografo gli accarezzò la lingua con la sua. Si
avvicinò al suo corpo, Taro sentiva il suo calore contro il suo petto,
contro il suo cuore che batteva all’impazzata. Poi si staccò dalle sue
labbra e gli sorrise sinceramente. Gli accarezzò la gola tesa, il petto,
scese fino i fianchi accarezzandoli piano e percorse la schiena fino a
trovare i suoi polsi legati. Intrecciò le sue dita con quelle di Taro e
lo baciò di nuovo, molto lentamente.
Taro si agitò, per
trovare una posizione più comoda, e si ritrovò le mani libere. Si voltò
sulla schiena e Jeff gli fu sopra, baciandolo possessivamente, stavolta.
Taro gli afferrò le spalle, poi, smanioso di fare qualcosa, gli accarezzò
il collo e la nuca, e mosse una gamba, piegandola fra quelle di Jeff. Se
la ritrovò stretta da quelle dell’altro, che senza lasciarlo lo
costrinse a sdraiarsi su un fianco, faccia a faccia con lui. Scese fino al
fianco con la mano e l’infilò sotto i boxer.
- No, no, Jeff,
basta…- gemette Taro.
- Stai tranquillo…
non voglio arrivare fino in fondo, te lo prometto… e mi fermerò quando
lo vorrai tu. Ok?-
- Che… che cosa mi
vuoi fare?- mormorò Taro. Era riluttante ad andarsene, nonostante
cercasse di dire il contrario.
- Niente che tu non
voglia, davvero… niente che ti dispiacerebbe- avvicinò il suo bacino a
quello di Taro, mentre la mano si spostava lentamente sul suo sedere. -
Credimi-.
Taro sorrise e gli si
avvicinò. Jeff lo baciò e continuò ad accarezzarlo sui glutei, mentre
l’altro muoveva le gambe contro le sue. Aveva deciso di fidarsi, sebbene
avesse ancora paura… ma non aveva voglia di dire basta.
-Dimmi, se vuoi che
smetta…- mormorò con voce rauca Jeff, mentre spingeva giù i suoi boxer
con entrambe le mani. Taro si sentì improvvisamente nudo e soprattutto fu
consapevole della sua erezione, che sfiorava i pantaloni di Jeff. E si
accorse che l’altro non era completamente nudo; teneva ancora i
pantaloni, forse per ricordarsi che non voleva andare fino in fondo… però
Taro vide il suo membro premere sulla stoffa, e anche Jeff ne era
dolorosamente consapevole.
Gli sorrise. Ormai Taro
stava fremendo, e sentiva che sarebbe venuto presto. Allungò una mano per
accarezzarsi, ma Jeff gentilmente gliela scostò. Gli fece una carezza
lui, molto più abile e piacevole, e Taro spalancò la bocca per gridare,
ma non ci riuscì. Jeff affondò fra le sue labbra, un bacio molto più
appassionato dei precedenti, poi abbandonò il suo viso e si spostò…
molto più in basso. Taro sussultò al suo tocco sul suo sesso, muovendo
il bacino così improvvisamente che Jeff fu preso alla sprovvista. Ma si
riprese subito. Taro stringeva convulsamente le lenzuola mugolando per il
piacere, e cominciando a spingere nella bocca di Jeff. Non avrebbe voluto,
ma era impossibile trattenersi. Muoveva la testa a destra e a sinistra, e
gli in-filò la mano fra i capelli, tirandoglieli con impazienza. Jeff si
era inginocchiato e gli aveva fatto mettere le gambe sulle sue spalle, per
poterlo guardare ed accarezzare completamente, e alla fine Taro non ce la
fece più. Gli venne in bocca senza riuscire ad allontanarlo, e si sentì
improvvisamente svuotato, come attraversato da una scarica elettrica che
l’aveva distrutto. Jeff si tirò su e gli sorrise. Adesso anche per lui
la faccenda era diventata urgente…
Guardò per un attimo
Taro, con il suo sguardo stranito e quasi inebetito, e pensò che se fosse
rimasto lì non sarebbe riuscito a mantenere la sua promessa; Taro stava
per dire qualcosa, ma Jeff non si fermò ad ascoltarlo. Respirando il più
a fondo possibile riuscì ad arrivare in bagno, lasciando l’altro
addormentarsi da solo.
Quando uscì dal bagno,
con addosso i pantaloni del pigiama, soddisfatto, ma forse non abbastanza,
Taro già dormiva profondamente, steso su un fianco, ancora completamente
nudo. Non era il momento per eccitarsi di nuovo; Jeff prese di nuovo la
sua macchina e finì il rullino che aveva cominciato prima. Com’era
carino… si stese nel letto accanto a lui, e tirò su il lenzuolo; restò
per un po’ ad osservare la curva del suo corpo sotto la stoffa bianca,
alzarsi regolarmente con il respiro, poi si girò dall’altra parte, per
non essere tentato, e si mise a dormire anche lui. Chissà l’indomani
come avrebbe reagito Taro…
Taro sentì la luce sul
suo viso. Era caldo, il sole. Aprì gli occhi e dapprima non capì dove si
trovava. Poi guardò nel letto accanto a lui e vide che non c’era
nessuno: ma vide che Jeff stava aprendo le veneziane: era da lì che
entrava la luce. Jeff era un po’ spettinato, con un asciugamano attorno
alla vita, e sorrideva. Aveva di nuovo in mano la macchina.
- Ciao. Ben svegliato-
gli disse.
Taro tacque. Lo guardò
intensamente.
- Se ti va puoi fare
una doccia. Vai pure, io l’ho già fatta-.
Forse era quello che ci
voleva. Taro si accorse che per fortuna non sembrava che la sera prima
avesse bevuto così tanto, però si sentiva strano lo stesso. Dentro gli
si rimescolava tutto se pensava a quel che aveva fatto con Jeff e
soprattutto a come era stato facile lasciarsi completamente andare.
Rimase a lungo sotto
l’acqua perché non riusciva a cancellare le tracce delle sue carezze, e
perché voleva schiarirsi le idee; se solo pensava a come l’aveva
baciato, gli veniva un solo desiderio: baciarlo ancora.
Jeff estrasse il
rullino finito dalla macchina fotografica, e lo allineò insieme agli
altri che aveva scattato a Taro in quelle ore. Quando si era svegliato,
non aveva resistito: gli aveva scattato tre pellicole di foto, non
riusciva a fermarsi, aveva la sensazione che se avesse perso quel momento
avrebbe perso un’occasione d’oro. Ora non vedeva l’ora di
svilupparli; chissà se Taro lo avrebbe voluto rivedere, da lì in
avanti…
Il ragazzo uscì dalla
doccia indossando anche lui un asciugamano. Vide Jeff in camera da letto e
arrossì, anche Jeff lo guardò: i capelli bagnati, le goccioline sul
corpo… se gli avesse fatto altre foto non si sarebbe fermato più.
Taro cercò i suoi
indumenti nella stanza.
- Vuoi che esca?- gli
chiese Jeff.
- No… che senso
avrebbe?- mormorò Taro, con voce incolore.
- Ehi, non fare così!-
Jeff gli si sedette vicino. - Stai bene? Sinceramente-.
- Sì… sì, sto
bene… va tutto bene-.
- Invece mi sembri
abbattuto. Mi spiace se…-
- No, non c’entri-.
- Guarda che non mi
offendo. Mi dispiace se menti per farmi contento… ieri sera non mi sono
comportato da gentiluomo…-
- Senti… avevi già
in programma tutto… questo quando mi hai invitato?-
- No, non è stata una
manovra per portarti a letto… non tutta, a dire la verità. Cioè, di
solito non… invito fuori a cena i miei… soggetti, ma quando ti ho
visto… te l’ho detto, mi sei piaciuto subito. E a cena, be’, non
sapevo come sarebbe andata a finire… quando ho visto che ci davi dentro
col vino, lo confesso, ho pensato che avrei potuto, come dire,
approfittarne un po’, ma in realtà… volevo farti delle foto… solo
quando ti ho visto nel letto ho pensato di… insomma, che si potesse
fare. Mi dispiace di averti ferito-.
- Non mi hai ferito…
mi… mi è piaciuto, davvero, e poi… potevi farmi quello che volevi…-
Jeff annuì, sollevato.
- Ora sarà meglio che
mi vesta anche io…-
Jeff si sfilò
l’asciugamano, e Taro, prima di girarsi, indugiò ad osservargli il
fondoschiena. Poi si girò di scatto, col viso di fuoco.
- Senti, ieri sera…-
disse dopo un po’.
- Sì?-
- Sei andato in
bagno… subito dopo…-
- Ah, ah... avevo un
certo bisogno…-
- Perché non sei
rimasto qui? Dopo quello che mi hai fatto…-
- No, ti avevo promesso
che non sarei arrivato fino in fondo, e se mi fossi ritrovato nudo anche
solo per un minuto, non so se ce l’avrei fatta-.
- Avevo pensato che…
mi avresti…-
- Non ho mai costretto
nessuno a fare l’amore con me. Non ne ho bisogno-.
Taro rise.
- Però mi avevi detto
che non saltavi addosso ai modelli!-
- Tecnicamente tu non
sei un modello. E poi in genere è vero… è colpa tua! Tu mi hai
tentato, e io non ce l’ho fatta a resisterti-.
- Balle- disse Taro,
infilandosi le scarpe. Si alzò e guardò il letto completamente sfatto.
Però gli era piaciuto, per essere la prima notte con un’altra persona.
- Vieni, ti preparo la
colazione. Che cosa preferisci?-
Taro alzò le spalle.
- Ti vanno dei
croissant freschi? Se dai un’occhiata al caffelatte faccio un salto qui
sotto-.
- Guarda che non è
necessario…-
- Invece ti dico che ne
vale la pena. Torno subito!-
Jeff aveva ragione.
Erano i più buoni che avesse mai mangiato. A tavola si sentì molto più
sollevato di quando si era alzato, l’atmosfera fra loro si era distesa,
e Jeff non lo metteva più in imbarazzo… non come la sera prima, almeno.
- Ehi, scusa, non ti ho
ancora fatto vedere qualcuna delle mie foto!-
- Non… non credo sia
il momento- Taro non se la sentiva di vedere alti giovani corpi in pose
sexy; non era pronto, non ancora.
- Oh… ok, scusa… ti
riporto a casa?-
- Sì, credo che sia
meglio-.
- Senti, se pensi sia
il caso posso inventare una scusa per tuo padre. Potrei venire su con te
e…-
- No, non fa niente…
magari non è tornato, capita spesso, o magari non si è neanche accorto
che non ci sono. Davvero, non preoccuparti-.
- Ok, ehm… senti,
chiamami, ok? Se ti va di… di rivedermi-.
- D’accordo, io…
fra un po’, magari, va bene?- Taro scese dalla macchina e si avvicinò
al portone.
- Va bene, ciao.
Aspetto la tua telefonata!-
- Certo- disse piano
Taro entrando. In realtà non era sicuro né se voleva rivedere Jeff, e,
in quel caso, se l’avrebbe richiamato oppure no. Da quando era sceso
dalla macchina, anzi, da quando era uscito dall’appartamento di Jeff si
sentiva confuso… era come se l’atmosfera sospesa della sera prima si
fosse definitivamente dissolta, e lui fosse tornato alla realtà.
Aprì con le sue
chiavi; il padre era in salotto a leggere.
- Ciao, papà-.
- Ciao! Non rientrerai
adesso, spero!- Come aveva previsto: quando era ritornato non si era
neanche accorto che non c’era.
- No. Sono uscito a
fare due passi. Avevo voglia di un croissant- mentì.
- Naturalmente non ne
hai portato uno anche per me, eh?-
- La prossima volta, ok?-
Taro si chiuse in
camera. Chissà se ci sarebbe stata un’altra volta in cui avrebbe
“mangiato croissant”.
Per tutta la settimana,
quando cercava di chiamare Jeff, la paura lo assaliva. E se lui avesse
solo voluto divertisti una notte? Non era uno sprovveduto come lui,
l’aveva capito; e di certo non avrebbe aspettato i suoi capricci…
magari in quel momento si era già dimenticato di lui. Che figura ci
avrebbe fatto a chiamarlo? Soltanto quella di un ragazzino che non sa
capire come vanno le cose… e poi, lui non si era mostrato divertito
quando aveva scoperto che non l’aveva mai fatto? Anche quello era stato
una dimostrazione della sua inesperienza, della sua inettitudine…
davvero era tanto strano che a sedici anni fosse vergine? Però non si
risolveva a formare quel maledetto numero. Non sapeva che Jeff sussultava
ad ogni squillo del suo cellulare, pensando che fosse lui, e che rimaneva
tremendamente deluso quando scopriva che non lo era. D’altra parte,
aveva detto a Taro di chiamarlo quando se la sentiva, e non voleva
assolutamente asfissiarlo, o metterlo in imbarazzo imponendoglisi mentre
lui non voleva più saperne.
Dopo la prima
settimana, ne passò un’altra. L’articolo ormai era pronto, e prima o
poi Jeff doveva portarglielo. Aveva esaurito le scuse, ma non voleva farlo
uscire prima di averlo fatto leggere a Taro. Si decise.
- Ehi, guarda quel
tizio là- era la voce che girava fra i pochi spettatori sugli spalti e
anche in campo, fra i giocatori che si allenavano. Indicava un
ragazzo con una macchina fotografica che sembrava scattare all’impazzata
riprendendo tutti i giocatori. In realtà ne seguiva uno solo, che si
spostava lungo il campo col pallone al piede. Era Taro; quando si accorse
di quel che dicevano gli altri, ebbe un tuffo al cuore, e il pallone gli
sfuggì, perdendosi lontano. Finse di darsi un contegno fino a quando
l’allenatore non spedì tutti negli spogliatoi, allora respirò a fondo
e si avvicinò al bordocampo, dicendosi che doveva farlo almeno per
educazione.
- Ciao- gli disse,
saltellando da un piede all’altro.
- Ti ho portato
l’articolo da leggere-.
- Scusami se non ti ho
chiamato-.
- Non preoccuparti,
rispetto la tua decisione. Volevo solo darti l’articolo, dovrei
pubblicarlo, e…-
Taro lo prese dalle sue
mani.
- Chiamami appena puoi
per dirmi se va bene, e… se non mi vuoi rivedere, non fa niente…- Jeff
si girò per andarsene, senza che Taro riuscisse a pensare a qualcosa per
trattenerlo, ma si voltò dopo pochi passi. - No, senti, non ce la
faccio… perché… non vieni a bere qualcosa con me, quando finisci?-
- Non credo che
accetterò ancora di bere con te!- disse Taro sorridendo, e anche Jeff
rise. - Comunque d’accordo. Aspettami… faccio il prima possibile-.
- Credi che sia
possibile entrare e farvi qualche foto nella doccia? Ok, stavo scherzando,
ti aspetto qui-.
Taro cercò di
prepararsi velocemente ma accuratamente; quando fu pronto ormai non
c’era quasi più nessuno con lui, prese la borsa e corse fuori. Jeff era
appoggiato alla sua macchina e giocherellava col cellulare, fingendo di
essere a suo agio.
- Scusa il ritardo-.
- Fa niente. Sali?-
Viaggiarono in
silenzio. Taro finse di essere impegnato con la cintura di sicurezza per
scoraggiare la conversazione.
- Ehm, io…-
- Sì?- Jeff guidava
molto tranquillamente, ma dentro di lui c’erano un sacco di emozioni che
si agitavano: più di tutto aveva paura che Taro gli dicesse di non
vedersi più: le foto che gli aveva fatto erano splendide, e voleva
fargliene altre, e non solo quelle.
- Scusa se non ti ho
chiamato-.
- Ti ho detto che non
fa niente. Avevi il diritto di fare quello che ti sentivi-.
- Senti, io volevo,
ma… non ne avevo il coraggio. Non… non mi fidavo-.
- Capisco… l’ho
pensato anche io. Ma non è vero: non voglio solo portarti a letto-.
- Già. Mi vuoi anche
fotografare, ho indovinato?-.
- Lasciami finire. Non
voglio portarti a letto solo una volta… non una notte e via!-
Taro rabbrividì. Ma
come faceva Jeff ad essere così diretto?
- E naturalmente voglio
anche fotografarti… le tue foto si venderebbero benissimo-.
Taro tacque fino a che
non scesero nel locale che aveva scelto Jeff; lui non c’era mai stato.
C’erano delle luci blu alle pareti, con scritte pubblicitarie
lampeggianti un po’ retrò.
- Che te ne pare? Ti
piace?-
- Carino-.
Taro ordinò un succo
di frutta e Jeff lo imitò.
- Dicevi sul serio
riguardo al bere, allora?-
- Mai stato così
serio-.
- Però… mi sembra
che non sia andata a finire così male, no?- Jeff lo guardò, sornione e
malizioso.
- Per te. Se fossi
stato lucido avrei chiamato la polizia-.
- Come facevi? Ti avevo
legato le mani!-
- Sì, e mi hai
spaventato a morte…-
- Mi dispiace… avevi
paura di chiamarmi? Guarda che non sono un maniaco…-
- Io non ci metterei la
mano sul fuoco… potresti anche essere un serial killer-.
- Guarda che tu mi
piaci. Non ti ucciderei se posso averti vivo-.
- Ti rendi conto che
quello che dici non depone a tuo favore? E se adesso ti mandassi a quel
paese?-
Jeff divenne serio. -
Hai intenzione di farlo?-
- Era un’ipotesi…
non lo so. No. Non credo, ecco-.
- Non avere scrupoli…
dimmi in faccia la verità, lo preferisco-.
- La verità… la
verità è che non ti ho chiamato prima perché non ero sicuro di volerlo,
e quando sono stato sicuro credevo che ormai fosse passato troppo
tempo…-
- Pensavi di cadere in
prescrizione? Io non vedevo l’ora di vederti-. Jeff si avvicinò per
dargli un bacio, e Taro non si tirò indietro.
- Anche io volevo
rivederti- gli disse quando si separarono.
- Hai progetti per la
cena?- gli chiese Jeff.
- Papà è fuori…-
disse Taro, sorridendo.
- Bene…- sussurrò
Jeff, accarezzandogli la gamba sotto al tavolo. Taro si sporse verso di
lui e lo baciò di nuovo.
- Conosco un bel
posto… ti fanno da mangiare in fretta e bene-.
- Perché, devi andare
da qualche parte?- lo canzonò Taro, ma mangiare era l’ultima cosa con
cui voleva perdere tempo.
Alle nove e mezza erano
già nell’appartamento di Jeff. Appena chiuse la porta, questi afferrò
Taro, baciandolo, e lo portò in camera da letto.
- Aspetta…- lo fermò
Taro quando si trovò a petto nudo. - Fin dove hai intenzione di arrivare
stasera?- gli chiese piano.
- Dove vuoi tu-.
- Io… non mi sento
pronto per…-
- Non c’è problema-
sorrise Jeff, ma nella sua voce Taro intuì una punta di delusione.
- Però non voglio che
tu… te ne vada, stasera… devi venire qui, insieme a me-.
- Sarà un piacere-
sussurrò Jeff mordendogli un orecchio. - In cambio…-
- Ho capito, vuoi delle
foto, vero?- Taro rise piano quando Jeff andò a prendere la sua fedele
macchina fotografica.
- No, non spogliarti
ancora… sei sexyssimo con i jeans, sembri un… un…-
- Un ragazzo di vita?
Attento a te!-
- Non volevo dire
quello… va be’, pensa quello che vuoi!-
Jeff sembrava non
volersi più fermare, e Taro si divertì più dell’altra sera.
Innanzitutto non era legato, era un po’ più tranquillo e poteva
disporre totalmente di se stesso… anche se Jeff gli fece provare tutte
le combinazioni possibili dei suoi abiti: solo in pantaloni, solo in
camicia, con entrambi, con la maglietta…
- Che ne farai di tutte
queste foto, Jeff?- gli chiese Taro quando finalmente ebbero finito. Guardò
l’orologio e vide che erano già le undici! Lui cominciava ad avere
sonno.
- Non so. Se trovo
qualcuno che le paga bene…-
- Come chi?-
- Non so… qualche
rivista porno, qualche miliardario libidinoso, donne sole… non so-.
Jeff si sdraiò accanto
a lui e gli impedì di parlare con un bacio. Da quel momento, non avevano
più niente di ozioso da dirsi.
Taro si lasciò
stendere sulla schiena, e aprì le gambe piegandole attorno ai fianchi di
Jeff. All’improvviso si trovò nudo sotto il corpo nudo dell’altro, il
sesso stretto dai loro corpi e quello di Jeff fra le gambe, talmente
bollente e duro che non era possibile non desiderarlo. Lo toccò; Jeff
gemette e spinse contro la sua mano; Taro piano piano si abbassò,
strisciandogli sotto il petto, indugiando sui capezzoli e sul-l’ombelico,
fino a prenderlo in bocca; voleva troppo rendergli il piacere che aveva
provato lui la prima volta.
Jeff lo lasciò fare,
sdraiandosi sulla schiena e alzando le mani fino a stringere i cuscini. In
realtà voleva mettergli una mano sulla testa e spingerlo ad inghiottirlo
tutto, ma si trattenne - non sarebbe stato gentile- e se lo godette finché
non sentì il suo bacino cedere alle prime spinte. Allora si alzò e gli
mise una mano sotto il mento, staccandolo da lui; gli diede un bacio e
assaggiò il sapore della sua carne, poi con una mossa veloce lo spinse giù
a sua volta e gli mordicchiò l’interno della coscia. Il membro di Taro
era già eretto, ma quella carezza lo fece vibrare, come se stesse
gridando, e Jeff lo leccò e lo baciò come aveva già fatto. Taro cercava
di divincolarsi, ma Jeff lo tenne fermo, e alla fine il ragazzo cedette;
di nuovo spinse convulsamente nella sua bocca, gemendo, e poi venne,
costringendolo ad inghiottire il suo seme.
- Jeff, ma…- mormorò,
ma Jeff fu sulle sue labbra e lo baciò, affondò la lingua nella sua
bocca, quasi senza gentilezza, facendo assaggiare anche a lui il suo
sapore. Poi si posizionò sopra di lui, a cavalcioni, non desiderando
altro che penetrarlo fino in fondo e venire dentro di lui, ma gli aveva
promesso che non l’avrebbe fatto… stava fremendo, si accarezzò e Taro
piegò una gamba fra le sue, cercando di aiutarlo. Il ragazzo lo guardò
intensamente, e allungò una mano, accarezzandogli una guancia… in quel
momento Jeff venne con un grido, inondando l’addome e le cosce
dell’altro del liquido, bollente ed improvviso, crollando sopra di lui.
Taro ansimò, sfinito e
svuotato, con gli occhi chiusi. Si aspettava che il corpo dell’altro si
alzasse da lui per andare a prendere quell’onnipresente macchina, ma
quella volta Jeff non lo fece. Invece prese a leccargli e a mordicchiargli
dolcemente il collo.
- Che fai?- disse Taro
accarezzandogli dolcemente i capelli.
- Ti assaggio. Sei
buonissimo- rispose Jeff, sul suo collo. Taro lo lasciò fare, ma dopo un
po’ sentì che quella carezza si illanguidiva troppo. Gli allontanò la
testa, accompagnandola sul cuscino accanto a lui.
- Perché non posso
baciarti il collo? Sei un po’ freddo con me-.
Taro non rispose. La
verità era che adesso voleva appoggiarsi lui sul suo petto. Chiuse gli
occhi e si lasciò cullare dal battito del suo cuore.
- Taro, sei sveglio?-
chiese dopo un tempo interminabile Jeff.
- No- rispose l’altro
un po’ seccato. Stava giusto giusto per addormentarsi. - Che c’è?-
- Niente, volevo solo
sapere se stavi dormendo. Lo sai a cosa stavo pensando?-
- A cosa?- la sua voce
era sempre più assonnata.
- Mi piacerebbe fare un
bel bagno di schiuma, sai-.
- Mngh…-
- Sì, ma non credo di
avere il bagnoschiuma…-
- Ma cosa stai dicendo?
Perché non dormi?-
- Non ti va di fare due
chiacchiere?-
- Mi andava due ore fa,
quando mi stavi succhiando il collo…-
- Scusami. Ti faccio
delle foto?-
- Provaci e non mi vedi
più, te lo giuro-.
- D’accordo. Ehm,
Taro?-
- Che c’è?-
- Non ti va, ehm, tu
non hai sete? Ti va qualcosa da bere?-
Taro pensò che se Jeff
si alzava e stava lontano abbastanza a lungo, forse sarebbe riuscito ad
addormentarsi. Si stava innervosendo pericolosamente.
- Sì, berrei
volentieri qualcosa… un latte caldo?- Se avesse dovuto scaldarlo ci
sarebbe voluto di più.
- D’accordo, arrivo
subito-.
- Fai con calma-.
Jeff si alzò. Taro non
fece in tempo a risistemarsi sotto le coperte che si addormentò di botto.
Dieci minuti dopo, quando Jeff tornò coi due bicchieri di latte caldo, lo
trovò già bello che andato.
- Bastardo- disse dopo
aver bevuto. Si rannicchiò accanto a lui e cercò di addormentarsi. Non
ci riuscì per un bel pezzo, come non gli riusciva mai quando aveva
accanto qualcuno che gli piaceva e con cui voleva stare il meglio
possibile.
- Buongiorno- lo salutò
Jeff non appena si tirò su nel letto. Era seduto lì accanto,
giocherellando con l’immancabile macchina.
- Ti mancava troppo per
lasciarla stare, vero?-
- Ti sbagli. L’ho
presa in mano solo adesso-.
- Vuoi che ci creda?-
Jeff sbuffò. - Che
senso ha comportarsi in modo esemplare se poi non si riceve il giusto
premio?-
- Ah, sì? E quale
sarebbe il giusto premio?- Taro lo guardò di sottecchi. - Questo, forse?-
si tolse completamente il lenzuolo di dosso e rimase a guardarlo
sorridente. Jeff non smise di fissarlo negli occhi.
- No, questo sarebbe il
premio nel Paradiso Terrestre, credo. No, dai, copriti, o prenderai
freddo-.
- Come mai ti piace
tanto fare fotografie?-
- Sai, con questa…
con questa riesco a vedere oltre alle maschere delle persone… riesco a
capire che cos’hanno davvero dentro-.
Taro avrebbe riso, se
non avesse capito che era una cosa estremamente seria.
- E così… smascheri
le persone, così?-
- Già-.
- Smascheri anche me?-
- Tu sei troppo limpido
per averne bisogno. Si vede tutto quello che pensi anche senza foto-.
- Non so se prenderlo
come un complimento…-
- Lo è. Te lo giuro.
Ah, ho preso i croissant per colazione. Gli stessi dell’altra volta-.
Taro si fece la doccia,
poi mentre facevano colazione incartò un dolce per suo padre. Jeff rise
quando gli disse il perché.
- Fatti sentire,
stavolta- gli disse Jeff ridendo, mentre erano fermi sotto casa di Taro.
Questi gli sfiorò le labbra con un bacio rapido.
- Stanne sicuro… e la
prossima volta, ti prometto che…-
- Sst… non promettere
cose di cui non sei sicuro!-
- Ma io sono sicuro…-
Jeff gli mise un dito
sulle labbra. - E’ meglio non promettere che non mantenere una promessa.
Fammi una sorpresa, ok?-
- D’accordo!!-
Taro salì le scale per
il suo appartamento con uno spirito diverso dall’ultima volta. Ora non
era più confuso, era contento e aveva voglia di fare l’amore con Jeff.
Era innamorato… no, quello forse no. Forse non ancora.
- Non credo di amarlo-
disse a se stesso mentre apriva la porta, ma la cosa non gli scatenava una
crisi di coscienza come si era aspettato. Era una constatazione, e non lo
faceva star male.
- Bentornato, papà!-
Suo padre era rientrato circa mezz’ora dopo di lui. Taro pensò che era
troppo anziano per fare le ore piccole a quel modo.
- Ciao, Taro. Sei di
buon umore, vero?-
- Già. Ti ho portato
un croissant-.
- Jeff? Ciao, sono
Taro!-
- Ah, sentivo la tua
mancanza! Erano due giorni che aspettavo la tua chiamata-.
- Vuoi sapere una
cosa?-
- Spara-.
- Mio padre andrà in
Italia per almeno un mese… deve fare una mostra e starà là…-
- E questo cosa
significa?- la vece di Jeff era contenta e divertita.
- Niente più balle…-
- Un mese solo io e
te… ci divertiremo un sacco!-
Erano già più di tre
mesi, ormai, che Jeff e Taro si frequentavano. Si vedevano tutti i
week-end e spesso anche durante la settimana, e non sempre era facile
trovare le scuse per rabbonire suo padre… ormai Taro ne stava inventando
sempre di più assurde, e l’uomo stava cominciando ad avere dei
sospetti. Così avrebbero tirato il fiato.
Quando il taxi di suo
padre partì, Taro trovò Jeff ad aspettarlo fuori sotto casa. Era un
po’ troppo palese che voleva liberarsi dell’uomo per godersi Taro,
letteralmente, giorno e notte?
Facevano l’amore,
sempre, di giorno e di notte, con passione e furia oppure con tenerezza,
dolcemente; Jeff faceva sempre le solite foto a Taro ma ormai lui si era
abituato, e gli piaceva vederlo contento e anche come veniva in foto. Si
trovava davvero molto bello.
Una volta Jeff gli
aveva mostrato alcune foto che aveva fatto ai suoi modelli.
- E questi sono stati
tutti tuoi innamorati?-
- Come?- Jeff era
distratto, stava riponendo i rullini.
- Te li sei portati a
letto tutti quanti?-
- Ah, no, non tutti…
alcuni, lo confesso… i più carini- gli strizzò l’occhio.
- Ti sei innamorato di
qualcuno?- riprese Taro dopo un po’, con una strana ombra nello sguardo.
Jeff sospirò. Era un
discorso che avevano fatto pochi giorni prima, che aveva lasciato ad
entrambi un peso nel cuore, sebbene entrambi cercassero di non farci caso.
Taro ci aveva pensato a
lungo, e aveva capito che quello che provava per Jeff non era amore. Era
affetto, tenerezza, passione, certo, gli piaceva vederlo e farlo contento,
ma non era amore. Non provava quello che pensava di dover provare per la
persona di cui era innamorato, insomma… non corrispondeva alla sua idea
di amore. Sapeva di averlo pensato fin dall’inizio, che era una
relazione naturalmente destinata ad esaurirsi. E gliene aveva parlato;
voleva essere sicuro di non… di non ferirlo a morte, quando se ne
sarebbe andato.
- E’ strano, sai, ci
stavo pensando anche io, da un po’ di tempo… non volevo che ti
innamorassi di me, e non sapevo come dirtelo… ci tengo a te, davvero,
non volevo farti soffrire, Taro…-
Si era passato la mano
fra i capelli, poi si era alzato dal letto e aveva cominciato a
rivestirsi.
- Pensavi che mi fossi
innamorato di te?-
- Ricordi cosa ti ho
detto a proposito delle foto? Dai tuoi occhi, ho capito che cosa provi per
me, ma… non sempre la testa e il cuore vanno dalla stessa parte… una
volta, qualcuno… mi venne a dire che credeva di amarmi, ma… in realtà
si era solo messo in testa che doveva necessariamente amarmi… per
giustificarsi con se stesso-.
- Un tuo ex?-
- Già. Quando ci siamo
lasciato, o meglio quando l’ho lasciato, gli ho spezzato il cuore, ma
poi è ritornato a dirmelo… mi ha detto che l’aveva capito perché
adesso amava davvero qualcun altro… aveva capito la differenza,
e…-
- Tu non lo amavi?-
- Io tenevo a lui, mi
piaceva stare con lui e anche che fosse contento, ma… non credo di
essermi mai… mai innamorato sul serio-.
- Capisco-.
Anche Taro si era
alzato, dalla parte opposta del letto.
- Ci sei rimasto male?-
- No, pensavo che ci
saresti rimasto male tu-.
Poi Taro l’aveva
guardato bene, e aveva colto la serietà, la gravità del suo volto, in
quel momento. Forse era triste perché non era capace di amare davvero
qualcuno… o forse perché non riusciva a non avere paura quando
incontrava qualcuno che gli piaceva, perché non riusciva a non difendersi
dai sentimenti più profondi.
Taro alzò gli occhi
dalle foto, sentendo il sospiro di Jeff.
- Scusa. Non avrei
dovuto fare questo discorso-.
- Non fa niente, non
preoccuparti. E comunque sai la risposta, no?-
Taro annuì e raccolse
le foto, per metterle via. Ormai trascorreva tutti i giorni insieme a
Jeff, a casa sua. La scuola era finita da qualche settimana, suo padre era
fuori da ben più di un mese, ormai, ma sarebbe tornato entro un paio di
giorni, e…
- Sai, Jeff… domani o
dopo dovrebbe tornare mio padre-.
- Oh… è finita la
pacchia?-
- Già. Sai… mi ha
chiamato, mi ha detto… che presto torneremo in Giappone-.
Jeff si irrigidì, ma
Taro non se ne accorse.
- Presto? Presto
quando?- chiese ostentando sicurezza.
- Una settimana- disse
rudemente Taro.
- Dio…- mormorò
Jeff, senza che l’altro lo sentisse.
- Mi dispiace dirtelo
così, ma anche io l’ho appena saputo…-
Jeff sorrise tra sé.
Sembrava così contrito, Taro, ma aveva gli occhi brillanti, era chiaro
che non vedeva l’ora. Se l’avesse fotografato ora, guardando la foto
avrebbe visto solo la gioia del suo sguardo, e non il dispiacere che
fingeva di provare. Prese i rullini e si chiuse nella camera oscura.
Rimase lì, seduto, per mezz’ora, al buio, con solo la luce rossa ad
illuminarlo di sangue.
Certo, lo sapeva che
Taro desiderava tanto ritornare in Giappone. Gliel’aveva detto mille
volte, senza farci caso, e così si stava smentendo da solo. Avvertiva
dentro di sé una sensazione strana… sapeva che sarebbe successo… ma
sperava di potersi preparare meglio. Non poteva andare avanti per molto;
presto sarebbe finita anche se Taro non fosse partito, ma… era abituato
ad attraversare una crisi esasperante che gli faceva desiderare
senz’altro la fine del rapporto. Non era pronto a lasciarlo; avevano
ancora tante cose da fare, potevano ancora divertirsi in tanti modi… ma
perché gli faceva così male? No, non era preparato, e non poteva
prepararsi in così poco tempo… le parti si erano invertite: adesso era
Taro che se ne andava lasciandolo solo, con l’anima in pezzi, solo che
lui non avrebbe mai saputo che cosa c’era oltre il loro rapporto, perché
non si sarebbe mai innamorato di nessuno. Riguardò le foto: Taro era
contento, era bello, era sorridente; ma non lo amava. Perché questa volta
invece di sollevarlo il pensiero lo uccideva?
- Jeff…-
- Jeff… sei lì
dentro? Posso entrare?-
- Sto… sviluppando le
foto… non aprire la porta-.
- Jeff, senti… io
non… io ho pensato che non ho una foto tua…-
Jeff non rispose. Taro
rimase appoggiato alla porta per sentire se diceva qualcosa, ma Jeff la
aprì. Aveva un’espressione strana in volto.
- Lo sai che non mi
piace farmi fotografare, no? No, è la mia ultima parola!-
- Uffa! Presuntuoso!-
- Ma senti chi parla!-
Jeff gli saltò addosso baciandolo, lo spinse sul letto e cominciò a
spogliarlo. Taro pensò a come era stato dolce la prima volta che avevano
fatto l’amore, e quante sfumature di quella dolcezza aveva provato… e
quante cose gli aveva dato Jeff… naturalmente dietro adeguato compenso.
Taro chiuse la valigia.
Sarebbe partito l’indomani. Quella sarebbe stata l’ultima sera che
avrebbe trascorso con Jeff. La sua stanza gli appariva spoglia, senza più
niente di suo dentro. Il pensiero che era anche l’ultima volta che
vedeva Jeff lo faceva star male. Insomma, quanto sedicenni come lui
potevano dire di aver fatto le stesse cose di lui e di Jeff, per cinque
splendidi mesi? Però voleva che quella serata fosse bella, un bel ricordo
fra i tanti per entrambi. Ma naturalmente non poteva essere così.
Jeff aveva preparato
una cenetta a lume di candela nel suo appartamento. Fu delizioso, carino
come sempre, ma molto misurato. Forse aveva paura di lasciar trasparire
troppo la sua sofferenza?
- Guarda che non sto
andando in guerra…- disse Taro dopo un po’, a metà cena, visto che i
silenzi stavano diventando sempre più lunghi e pesanti.
Jeff rise, finalmente,
e lo guardò a lungo. Poi si alzò.
- Vieni-.
Portò Taro in camera
da letto, e prese in mano la macchina fotografica. Lo inquadrò.
- Mettiti qui- gli
disse. Continuò ad inquadrare, poi posò la macchina e raggiunse Taro. Il
flash li colse vicini e abbracciati.
Prima di mangiare il
dolce ne fecero a decine, di foto insieme. Taro si sentiva volare ad un
metro da terra, sapeva come era reticente a questo riguardo Jeff, e gli fu
gratissimo. Dopo il dolce, a letto, ne fecero altre, e altre ancora,
ripresero i loro abbracci, i loro baci, con i vestiti e senza, e quando
Taro si addormentò Jeff gli si stese accanto e, con gli occhi chiusi,
fotografò anche il loro abbraccio nel sonno. Poi lo svegliò perché
doveva andare a casa, per sistemare le ultime cose: l’aereo partiva alle
10.30; erano le due e non era mai successo che Taro andasse via così
presto da casa sua. Nonostante quello che avevano finto di credere per
tutta la sera, quella era davvero una serata anomala. Importante:
l’ultima.
Taro e suo padre
presero un taxi per arrivare all’aeroporto. Era presto e non c’era
molta gente; ma verso le 10 l’aeroporto cominciò a riempirsi. C’erano
varie persone che avevano prenotato sul loro volo, ma già non c’era più
posto; Taro pensò che era una vera scocciatura.
- Che ne dici di
cominciare a salire, Taro? Così ci accomodiamo-.
Taro annuì, un po’
abbattuto. Alla fine, quelle foto di Jeff non le aveva avute. Alzò gli
occhi e lo vide, come apparso per magia, mentre guardava febbrilmente il
tabellone.
- Vai pure papà, io
devo andare un attimo in bagno…- e si dileguò. - Jeff! Jeff, sono qui!-
- Ciao! Pensavo…
pensavo di non fare in tempo…-
Gli porse una busta.
Taro l’aprì: dentro c’erano le loro foto. Lo abbracciò.
- Grazie! Sei stato in
piedi tutta la notte per svilupparle?-
- No, non tutta… ma
tanto non ho dormito lo stesso…-
- Sei un tesoro. Ti
voglio bene, davvero…-
Jeff gli accarezzò il
viso.
- Anche io. Sai, Taro,
mi mancherai… mi mancheranno i tuoi strilli quando…-
- Smettila, stupido..
mancherai anche a me…-
Tacquero per un attimo.
L’annunciatrice chiamò il volo di Taro. Poi Jeff riprese, sorridendo.
- Lo… lo sai, è
buffo…-
- Che cosa? Che cosa,
carino?-
- Sai, tutte le
persone… gli uomini che stanno con me... dopo un po’… crescono, se
ne vanno, volano via da me… sai, come se tutti… come se tutti
maturassero, stando con me… tutti se ne vanno e cercano qualcosa di più,
e lo vogliono, sai, proprio perché sono stati con me. L’unico…
l’unico che non matura mai sono io. Tutti volano via, e l’unico senza
ali resto io-.
L’aveva detto
sorridendo, ma i suoi occhi luccicavano. Allora era vero che non era del
tutto felice di non sapere come si faceva ad amare!
- Oh, Jeff… non è
vero, sai, tu ce le hai, le ali, ma solo che…-
- … che non riesco a
maturare abbastanza per andare via? Io…-
- Tu sei dolce, Jeff,
sei buono e gentile… devi solo fare un passo, e andrà tutto bene… ora
è meglio che mi sbrighi…-
- Taro… ti… ti
voglio bene… forse… tu avresti potuto aiutarmi, se… se io te lo
avessi permesso… avrei potuto amarti, davvero… se solo…-
- Se solo non avessi
avuto sedici anni… forse avrei potuto capirti, e…-
Sentirono l’ultima
chiamata dell’annunciatrice.
- Jeff, devo proprio
andare, se no resto qui…-
- Vorrei trattenerti…
Taro, mi scriverai? No, tanto so che non lo farai, comunque…-
- Perché, tu… tu lo
faresti? Tu mi chiameresti?- Taro gli sorrise e gli prese la mano.
- No, no, credo…
credo di no, hai ragione… Taro…- Gli avvicinò la mano al viso e lo
baciò, dolcemente. Taro assaporò quel bacio come un tesoro segreto.
- Ciao Jeff… ti
voglio bene… troverai qualcuno… che ti porterà via, te lo auguro…-
- Tu lo troverai di
sicuro… addio, Taro… addio!-
Taro salì sull’aereo
giusto in tempo. Riuscì a non piangere, e quella busta marrone che
stringeva forte lo aiutò. Durante il decollo immaginò di vedere Jeff
dietro al vetro della sala d’aspetto che lo salutava. Appoggiò la
fronte al finestrino e chiuse gli occhi… finche l’aereo non si staccò
da terra pensò che non era davvero finito tutto, ma ormai…
Alla fine, però,
sorrise; stava tornado in Giappone; e di questo era felicissimo.
Tornava in Giappone!
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions |
|