Premesso che non so nemmeno chi abbia disegnato
Captain Tsubasa, ribadisco che tutti i diritti sono suoi. Ho messo i nomi
originali perché quelli che hanno qui in Italia fanno davvero pena, li ho
cercati in un sito, se sono sbagliati non è colpa mia!!! Inoltre capisco ben
poco di calcio, anche se in questo racconto ce n’è pochino… se sbaglio
qualcosa avvertitemi… vedremo che si può fare…
Ultima cosa: mi sono inventata un sacco di cose perché
il manga non l’ho mai letto (voi direte: questa qui scrive una FF senza sapere
un tubo? Ebbene, avete ragione), tipo ho uniformato tutte le età, e non so se
vivevano tutti nella stessa città… comunque sappiate che ho fatto del mio
meglio!!!!!
Ci sei solo
tu
parte I di
Sei-chan
Wakashimazu
vide Kojiro Hyuga uscire dal tempio che c’era poco lontano da casa sua.
Era una cosa strana, che lo incuriosì, e lo chiamò per fermarlo.
-
Ehi, Kojiro! Aspettami!- lo richiamò, scendendo dalla bici.
- Ciao, Wakashimazu!
Che ci fai in giro a quest’ora?-
- E tu? Sei in giro per
le consegne, vero? Che ci facevi in quel tempio? Non dirmi che hai
comperato un talismano d’amore…-
Kojiro rise.
- In effetti sì, ma è
per Hitomi…-
- Ah, tua sorella…
perché, c’è qualcuno che le piace? E chi è?-
Kojiro lo guardò di
sottecchi, divertito.
- Io credo di
saperlo… è un tipo alto, atletico, con l’aria dell’uomo vissuto…
anche se non so perché le piace. Io sono arrivato. Ci vediamo,
Wakashimazu, ciao!-
Ken era arrossito alle
parole di Kojiro. La sua sorellina era adorabile, ma anche con il
portafortuna non avrebbe avuto tante speranze… c’era qualcun altro che
gli piaceva… ed era già duro così, e abbastanza sfortunato.
- Ehi, scimmietta,
tieni, te l’ho preso!-
- Oh, grazie,
fratellone!- strillò Hitomi, correndo giù dalle scale per strappargli
l’amuleto di mano. Kojiro sospirò. Mi dispiace, sorellina, ma spero
che quel tuo portafortuna non funzioni. Non voglio che tu stia male, ma…
spero che ti passi presto.
-
Ehm, Kojiro, scusa…- Ken era ritornato indietro, e l’aveva trovato
ancora sulla soglia intento a togliersi le scarpe.
- Che c’è?-
- Senti… mi sono
dimenticato di una cosa…-
- Oh, ciao Ken!-
bisbigliò Hitomi passando per l’ingresso, barcollando come se dovesse
svenire.
- Ciao, piccola. Come
ti va? Ho visto che tuo fratello ti ha…-
- Non è vero! Chissà
cosa ti ha detto…-
- Allora, Ken, che cosa
devi dirmi?- Kojiro era ansioso di mandare via Hitomi e anche Ken perché
aveva un sacco di compiti da fare, ed era già tardi.
- Ah, sì. Con i
ragazzi abbiamo pensato che venerdì potremo andare nel nuovo locale del
signor Yamazaki, vicino al campo sportivo, volevo sapere se ci sei anche
tu. Dai, non dire di no come al solito…-
Kojiro era impallidito
di colpo, ma non al pensiero di passare un venerdì sera con i suoi
compagni di squadra. Il fatto era che lui, la sera di venerdì, cominciava
a lavorare proprio nel locale del signor Yamazaki. Non aveva pensato che
ci sarebbero potuti venire i suoi compagni, ed era stato stupido, dato che
era così vicino al campo sportivo dove si sarebbe allenato anche lui
prima di scappare al lavoro. Anzi, l’aveva scelto proprio per quello.
- Io… non credo sia
una buona idea, non so se quello è un bel locale…- borbottò.
- Ma che cosa dici! E
poi è così vicino!-
- Appunto… forse
sarebbe meglio un posto diverso, per cambiare…-
- Dai, se ho incontrato
Yamazaki in persona e ci ha invitato tutti… mi ha persino detto che c’è
anche uno della Toho che lavora lì dentro… oh, ma ho capito…-
Kojiro si alzò e fece
per tornare in casa.
- Ci devi andare a
lavorare, vero? Scusa, ma io non lo sapevo… pensavo fosse un tifoso…-
Kojiro alzò le spalle.
- E’ per questo…
ti… ti vergogni, vero?-
- Tu parli troppo, Ken.
Devo andare-.
- No, senti… dai,
veniamo a tenerti compagnia, ci divertiremo-.
- Sai che divertimento-
ribatté Kojiro acido. - Sai che divertimento voi tutti seduti ai tavoli e
io col grembiule a servirvi… mi divertirei come un matto!
- D’accordo. Andremo
in un altro posto. Però… però posso venire a trovarti, dopo?-
Kojiro gli rivolse un
mezzo sorriso ed entrò in casa. Ken riprese la bicicletta, e mentre
tornava a casa, pensò che forse Kojiro si stava sbattendo troppo. Fin da
quando lo conosceva lui, prima delle medie, Kojiro aveva sempre lavorato
per aiutare la madre a mantenere la famiglia, e anche adesso, che aveva
vinto una borsa di studio, la mattina consegnava il latte nel quartiere,
tre pomeriggi la settimana lavorava in un negozio di alimentari e adesso,
la sera, avrebbe anche lavorato nel ristorante. Ed in più si allenava
regolarmente con la squadra e a scuola manteneva un’ottima media che
tutti gli invidiavano. Ken l’aveva sempre ammirato per il modo in cui
riusciva a far fronte a tutto, ma forse adesso stava esagerando. Da un
po’ era diventato ancora più scontroso e nervoso, non era una novità
per lui, ma una volta riusciva a sfogarsi sul campo; non era esattamente
un signore, quando giocavano a calcio, ma poi fuori si comportava come una
persona quasi normale… ora ogni scusa era buona per attaccar briga, ed
aveva avuto a che dire persino con Takeshi, che era l’unico che sapesse
sempre come prenderlo. Non gli era mai interessato di inserirsi in un
gruppo, nemmeno quello dei suoi compagni di squadra, ma Ken aveva paura
che si isolasse troppo. E specialmente, che si isolasse da lui che, per
quanti sforzi aveva fatto, non era mai riuscito a fare il salto e
diventare un suo “vero” amico. Lo trattava come gli altri, e lui
invidiava moltissimo Takeshi che era davvero il migliore amico di Kojiro.
Kojiro si sedette alla
scrivania pronto per studiare matematica. Gli esercizi di compito non gli
erano sembrati troppo difficili, ma non riuscì a concentrarsi per più di
cinque minuti, quel pomeriggio. Ken l’aveva davvero messo in imbarazzo,
non gli andava di farsi circondare di tutti i suoi compagni mentre correva
da un tavolo all’altro come cameriere… in realtà non gli era mai
piaciuto farsi circondare dagli altri se non sul campo da calcio, e anche
lì più che altro erano un male necessario. Per lui il calcio era il
“suo” gioco, la sua partita contro l’avversario di turno, la sua
corsa verso la porta in cui fare gol. Il gioco di squadra era stata una
conquista sofferta, ai tempi. Ancora adesso gli era difficile lasciarsi
andare e affidare le sorti del pallone a qualcun altro e fidarsi delle sue
capacità. Un volta anche Ken era così, era scontroso e solitario, e a
volte Kojiro pensava che aveva fatto un gran cambiamento. Durante le medie
loro tre, lui, Ken e Takeshi avevano cambiato scuola e squadra, e Ken
aveva fatto amicizia coi nuovi compagni molto prima che con quelli della
Muppet. Adesso usciva con loro, nello spogliatoio ridevano, si facevano
battute, parlavano delle ragazze, e Kojiro in quei discorsi non si sentiva
a suo agio. Lui non c’era riuscito, ad integrarsi così bene, forse era
un’incapacità innata o una qualche malattia sociale… o forse era solo
timidezza, ma chi avrebbe detto che uno delle migliori promesse del campo
giovanile fosse un timidone?
E comunque, il problema
di venerdì sera rimaneva. Ken si era autoinvitato, però avrebbe potuto
benissimo vietargli di venire. Tanto sapeva che non l’avrebbe ascoltato.
L’unico a cui l’aveva detto, prima, era stato Takeshi, e in pratica
l’aveva quasi scongiurato di venire a tenergli compagnia. Se si fosse
dato malato…
Scosse la testa, e tornò
a concentrarsi su quelle equazioni che non volevano venire. Alla fine però
ci riuscì: forse era timido, ma era un gran testone, e quando ebbe finito
era già quasi sera; ma le giornate erano lunghe, e il sole era ancora
sopra l’orizzonte. Prese il pallone e andò a fare una corsa; sul
belvedere incontrò Takeshi che lo stava aspettando.
- Ehi, capitano, ciao!-
- Oh, Takeshi, anche tu
qui, che novità!- esclamò Kojiro fingendo sorpresa.
- Be’? Avevo voglia
di fare quattro tiri, oggi non c’è stato l’allenamento!-
- Come se non sapessi
che cosa vuoi! Lo sai che non si deve fare! I bravi bambini non lo fanno!-
- E’ per quello che
vengo da te, non so come potrei, altrimenti. E dai, non fare il
rompiscatole-
- Oggi non ne ho
voglia- disse Kojiro sedendosi ad ammirare il panorama. Takeshi si sedette
accanto a lui, in silenzio, attendendo. Poi non ne poté più.
- E dai, capitano!-
Kojiro rise, lo stava mettendo alla prova: resisteva sempre meno, e
diventava ogni giorno più impaziente.
- D’accordo,
d’accordo, hai vinto. Com’è l’accordo? Se io non ti passo i
compiti, tu non mi passi la palla…-
- Ma solo quelli di
matematica. Spero che almeno ti siano venute, le equazioni!-
Kojiro diede il
quaderno a Takeshi, e questi copiò per un po’ in silenzio. Quando ebbe
finito, rimase a fissare per un attimo il viso del suo capitano, che come
al solito era pensoso, perso nel vuoto, ma non era sorridente.
- Kojiro, c’è
qualcosa che non va?-
- No, niente… è che
Ken ha capito che venerdì…-
- Mmm… ho cercato di
fargli cambiare idea, ma erano tutti entusiasti… ma perché ti
vergogni?-
- Non me la sento,
tutto qui. Il mio ruolo… è quello del capitano!-
- Perfettamente
d’accordo. Tutta la paura che hanno di te svanirebbe in un attimo…-
- Sì, ma tu non ti
dimenticare di venire!-
- Non ti preoccupare.
Ehi, stai su col morale… nessuno smetterà di rispettarti anche se servi
ai tavoli!-
- Grazie, Takeshi! Ci
vediamo domani!-
- Grazie a te per i
compiti. Ciao!-
Kojiro tornò a casa di
corsa per la strada più lunga. Parlare con Takeshi l’aveva risollevato,
e si sentiva leggero e aveva voglia di calciare forte il pallone. Doveva
ancora studiare storia, ma era uscito lo stesso perché Takeshi lo
aspettava e aveva bisogno di parlare almeno con lui. Lui sapeva sempre da
che verso prenderlo, anche se una settimana prima l’aveva trattato da
cani, ma era nervoso, al negozio gli avevano detto che avevano bisogno di
lui almeno un altro pomeriggio a settimana, per fortuna poi si erano messi
d’accordo: sarebbe passato per un paio d’ore tutti i giorni prima
dell’allenamento, anche se non aveva idea di come avrebbe fatto, di
corsa, a stare al passo con tutto, per fortuna la squadra non faceva molto
affidamento sulla sua puntualità, in passato aveva dato ampia
dimostrazione delle sue capacità drammatiche… meglio così.
Lui. Kojiro Hyuga,
l’uomo che non deve chiedere mai!
Rimase sveglio sul
libro di storia fino a notte fonda, dopo cena; ma gli piaceva. Dalla sua
camera si vedeva una bella fetta di cielo, che era la sua buonanotte
quando andava a letto talmente stanco che non si sarebbe più retto
nemmeno in piedi.
Quel venerdì i ragazzi
della squadra andarono in un fast-food in un altro quartiere della città;
Ken non aveva faticato molto a convincerli, d’altra parte, il venerdì
sera bastava fare casino, non importava dove… e Takeshi all’ultimo
momento si inventò un impegno inderogabile e non si fece vedere. Ken non
se ne stupì, anzi, avrebbe dovuto prevederlo. Aspettò che fosse
abbastanza tardi per abbandonare la compagnia e tornò più in fretta che
poteva verso il campo sportivo. Sperava che Kojiro non avesse già
smontato, e comunque era sicuro che non se la sarebbe presa se anche non
fosse andato a salutarlo. Quando ci arrivò, nel ristorante non c’era
molta gente. Indugiando sull’ingresso, guardò dentro, e con un sorriso
amaro vide che al banco, dietro cui era affaccendato Kojiro, c’era
Takeshi che gli parlava con un’espressione allegra. Anche l’altro
sembrava allegro, in quel momento stava ridendo. Ken immaginò che quella
risata gli sarebbe morta sulle labbra se per caso avesse girato gli occhi
verso la porta e l’avesse visto. Rapidamente tornò di nuovo fuori,
camminando verso casa respirando l’aria frizzante della notte, e
pensando che era uno stupido se gli veniva da piangere per quella
sciocchezza.
- Non è venuto…-
sospirò Kojiro appendendo il grembiule, finito il suo orario.
- Ti dispiace?- gli
chiese Takeshi, che non stava più nei pantaloni da tutti gli spaghetti
che aveva mangiato per non farsi cacciare via dal padrone.
Kojiro alzò le spalle.
Takeshi, per la prima volta da quando conosceva Kojiro, si sentiva
spiazzato. Non sapeva che cosa provava il suo capitano in quel momento, ed
era strano. Di solito gli vedeva dentro come in una palla di cristallo,
per lui era perfettamente trasparente.
L’altro guardava a
terra, le mani sprofondate nelle tasche, temporeggiando, come se stesse
aspettando qualche minuto per dare la possibilità a Ken di arrivare…
- Ti dispiace?- ripeté
Takeshi.
- Ma no… tanto so che
stava scherzando, e poi… si staranno divertendo tutti come matti…-
- Già- Kojiro guardò
l’amico: avrebbe voluto essere a far baldoria con gli altri. - Che dici,
capitano, li raggiungiamo?-
Kojiro fu tentato. Una
bella improvvisata…
- No, ora non ne ho
voglia. E poi saranno già tornati a casa…- Sì, un minuto prima li
vedeva a smontare il locale e un minuto dopo già a letto, a nanna da un
pezzo… Kojiro non ragionava quand’era turbato. O quand’era
arrabbiato o quand’era stanco: praticamente quasi mai, e quello
decisamente non era il momento più felice per le sue facoltà
intellettive.
- Capitano…-
Takeshi non resistette. Doveva capire che cosa gli passava per la
testa e l’unica era chiederglielo. - Dimmi, ci sei rimasto male?-
- Anzi, speravo proprio
che non venisse!- Kojiro aveva ripreso il solito spirito, e Takeshi ne fu
solle-vato. Non gli andava di lasciarlo la sera di venerdì solo e
depresso.
- L’aveva detto per
prendermi in giro… per farmi prendere paura!- Kojiro salutò Takeshi con
una gran pacca sulla spalla e rientrò in casa con quello stupido sorriso
stampato sulla faccia.
Aveva davvero sperato
che Ken venisse a trovarlo al ristorante?
No… e sì. Avrebbe
voluto, sì, se non ci fosse stato Takeshi con lui. Stare con entrambi gli
faceva capire che c’era qualcosa di diverso tra loro, che non erano
entrambi, semplicemente, degli amici. In parte, era anche per quello che
cercava di uscire il meno possibile con la squadra. Anche perché era un
orso, ma un po’ era per quello.
- Evviva! Vacanze!-
gridò Ken lanciando in aria la sua borsa e saltando a riprenderla con una
mossa spettacolare.
- Montato- disse una
ragazza mentre la sua amica sveniva accanto a lei. Takeshi, che si stava
avvicinando a loro, aveva un’aria più depressa della media.
- Take-chan, che cosa
c’è? Finalmente siamo in vacanza!-
- Sì, e magari non sarò
più in classe con Kojiro…-
- … e chi mi passerà
i compiti?- gli rifece il verso la ragazza. - Almeno avremo la scusa per
studiare insieme…-
- Oh, Michi, non ci
avevo pensato!-
- Certo, se non ci
pensassi io alle cose…!-
Lasciando a terra la
sua amica che rantolava per Ken, assolutamente indifferente, Michiko e
Takeshi si allontanarono chiacchierando. Kojiro vide di sfuggita i due
piccioncini e gli venne da ridere: in quell’ultimo anno Takeshi era
diventato praticamente l’idolo degli spogliatoi perché era stato il
primo a mettersi con una ragazza: lui, che era stato sempre lo zimbello di
tutti, il più piccoletto, con la faccia tosta che nessuno di loro aveva
si era presentato da Michiko - che non era la ragazza più bella della
scuola ma una delle più carine senz’altro- e l’aveva conquistata,
anche se lei diceva di odiare il calcio e disprezzare i calciatori… eh,
sì, da piccolo Takeshi ne aveva prese talmente tante che non aveva più
paura di nessuno, nemmeno di una ragazza adolescente…
- Ehi, Kojiro! Stasera
però ci vieni a festeggiare a casa di Miyake, vero?-
Il mezzo sorriso,
quello del capitano tosto, fu quello che nacque sulle labbra di Kojiro.
- Domani mattina devo
lavorare- disse.
Ci avrei giurato
gli disse il sorriso di Ken, il suo sguardo che incontrò
all’improvviso. Quello sguardo da cui non riuscì a staccarsi se non
dopo essersi allontanato un bel po’.
Le vacanze crearono un
clima disteso, benché precario. Kojiro era invaso da una sensazione di
onnipotenza per cui credeva che si sarebbe barcamenato senza problemi
anche dopo la riapertura delle scuole. Adesso aveva un’infinità di
tempo per fare tutto, e fra una commissione e un allenamento trovava anche
il tempo di passeggiare oziosamente e di andare a vedere le partite delle
altre squadre.
Poi, il primo giorno di
scuola, nella solita ressa davanti ai cartelloni per vedere le nuove
classi, Takeshi rischiò di sciogliersi in lacrime davanti a tutti.
- Non più in classe
insieme, eh?- lo apostrofò Kojiro.
- Peggio… nemmeno in
classe con Michiko! Tanto sono abbonato alla classe di recupero, però mio
padre mi farà la pelle, ha promesso che mi avrebbe frustato sul sedere se
questa pagella…-
- Meno male che non fai
canottaggio, non devi star seduto per giocare a pallone!-
- Sì, ridi, sta’
sicuro che il nostro patto è revocato! Diventerò io il capocannoniere
questo campionato, ha!-
- Chi è il
capocannoniere? Tu, piccolo? Allegro. Kojiro, avrai lo stesso qualcuno a
cui passare i compiti!- li prese in giro Ken.
- Sì, stai fresco!-
disse brusco Kojiro e si allontanò.
- Ehi, ma perché fai
così?-
Era vero, gli faceva
male, troppo male, vedere che Kojiro lo teneva a distanza… proprio come
tutti gli altri, ma non gli andava di essere come tutti gli altri.
La prima settimana non
fu difficile. Aveva ancora le energie accumulate durante le vacanze, e lo
studio era leggero. Cominciò a calare un po’ nella seconda settimana,
la terza strinse i denti e resistette, ma alla fine del mese era arrivato
al limite. La sera aveva l’impressione che il giorno dopo sarebbe
collassato. Sua madre gli diceva che lo vedeva sciupato, sempre di corsa,
ma Kojiro si sarebbe tagliato la lingua piuttosto che dirle che non ce la
faceva più, ed era talmente testone che preferiva crollare mentre
consegnava il latte o la spesa piuttosto che riconoscere i suoi limiti e
licenziarsi. Si diceva anche che la fatica gli sarebbe servita come
allenamento per affrontare le partite più impegnative… intanto arrivava
tardi agli allenamenti e cominciò a saltarli, prima una volta, poi due,
lui che non avrebbe rinunciato al calcio per niente al mondo.
Ma in campo era
distratto. Mancava i passaggi, non controllava i palloni, sbagliava mira:
era come dire che il mondo girava all’incontrario.
- Ma perché non lasci
perdere qualcosa?- insistette Takeshi, un giorno, a pranzo, fuori nel
cortile.
- Non posso! Mia madre
non può…-
- Non dico di non fare
più niente, ma prima facevi due lavori, non era sufficiente?-
- Guarda che i miei
fratelli crescono!-
- Sì, ma anche tu non
sei mica un robot! Ti vedo che non ce la fai più, e non hai tempo per
fare più niente… ieri per poco non ti addormentavi in campo!-
- E’ solo perché non
ci sono abituato!- ribatté Kojiro irritato. - E poi anche fare avanti e
indietro è un buon allenamento-.
- Non puoi continuare
così-.
- Hai rotto, Takeshi,
perché non vai a dar fastidio a qualcun altro?-
Takeshi se la prese e
rimase lì, seduto sul prato, imbronciato. Kojiro tornò a dedicarsi al
suo pranzo. Però la sera, in effetti, si sentiva sempre distrutto… si
sentiva i muscoli tesi come fossero di cemento.
- Ehi, che silenzio!
Cos’è, vi state parlando col pensiero?-
- Vattene, Ken- dissero
contemporaneamente.
- Che atmosfera
pesante! Cos’è successo?-
Di solito Takeshi
teneva le cose per sé, ma stavolta era davvero arrabbiato.
- Lui non vuole
ammettere che come tutti gli esseri umani si stanca a fare duecento cose!-
- Fatti gli affari tuoi
e sta’ zitto! Anzi, perché non vi levate dai piedi tutti e due?-
Ken vide che nello
spiazzo i loro compagni li chiamavano per giocare.
- Venite a fare una
partita?-
Takeshi si alzò
subito, Kojiro non rispose neanche. Ken rimase a guardarlo un po’ mentre
si sdraiava comodamente sotto l’ombra di un albero e, appena chiuse gli
occhi, si addormentò. Eh, sì, era proprio sfinito, e chissà fin quando
avrebbe retto quel ritmo. Conoscendolo, finché la fatica non l’avesse
distrutto.
Quando la pausa pranzo
finì, Kojiro si svegliò e si sentì decisamente meglio. Decise che
avrebbe potuto fare un pisolino ogni giorno, a quell’ora. Durante le
lezioni del pomeriggio, però, il suo cervello si assentò varie volte, e
Kojiro non riuscì a seguire molto. Quella sera arrivò a casa tardi e,
mentre studiava, inavvertitamente mise la testa sul libro e si addormentò
così. La mattina, quando si svegliò tutto indolenzito e infreddolito,
cominciò a sospettare che forse stava cominciando a cedere. Takeshi non
lo salutò nemmeno, quando lo incontrò per strada accelerò il passo, e
fu così anche per i giorni seguenti. Kojiro aveva voglia di dimenticare
il loro litigio, ma quella volta Takeshi doveva proprio essersi offeso.
Non gli rivolse la parola nemmeno negli spogliatoi, e l’aria lì dentro
era talmente tesa che si sarebbe potuta tagliare con il coltello. In più
Kojiro arrivava regolarmente in ritardo e si faceva sgridare sempre più
spesso dall’allenatore. Non aveva mai giocato così male, sembrava avere
sempre la testa fra le nuvole.
- Kojiro! Kojiro, il
prof…- Dietro qualcuno lo stava stuzzicando con la matita, per
avvertirlo, ma Kojiro non si riscosse in tempo.
- Hyuga! Kojiro Hyuga!-
tuonò il professore.
- Mmm…- fu la
risposta di Kojiro, che ancora non stava capendo bene.
- Nella mia classe non
si dorme! Se vuoi farlo, è meglio che te ne vada fuori-.
Kojiro alzò le spalle,
nel silenzio di tomba del resto della classe.
- Non mi rende mica così
facile rimanere sveglio, sa?- rispose, col suo solito tono sprezzante.
Il prof diventò rosso,
e gonfiò il collo per la rabbia tanto che sembrò strozzarsi con la
cravatta.
- Fuori! Vattene subito
fuori, anzi, ne parlerai col preside! Avanti!-
Kojiro rimase
appoggiato alla parete finché non finì la lezione, e poi dovette seguire
il professore fino all’ufficio del preside.
- Va bene, professor
Terada, ora vada pure dalla sua classe, ci penso io- lo congedò il
preside. Poi si alzò per guardare fuori dalla finestra, dando le spalle a
Kojiro, a lungo. Il ragazzo tossicchiò piano per richiamare la sua
attenzione.
- Hyuga-kun, che cosa
credi di fare? Terada ha detto che non è la prima volta che ti comporti
in maniera sgarbata con i professori, ma nessuno finora ti ha mai
denunciato, Hyuga! Be’, adesso sta’ molto attento: mi aspettavo una
cosa del genere, la tua indisciplinatezza mi è stata comunicata dalla tua
vecchia scuola. Hai una media brillante, ma hai anche una borsa di studio,
e se prenderemo qualche provvedimento potresti anche perderla, ricordati
che ti tengo d’occhio, Hyuga, fa’ un’altra sciocchezza e sei fuori!-
Kojiro uscì nero
dall’ufficio del preside. Terada non l’aveva mai potuto vedere, per
lui era solo un teppista, ed il fatto che aveva dei buonissimi voti nella
sua materia lo mandava letteralmente in bestia. Lui ed il preside non
aspettavano altro che un suo passo falso per poterlo tormentare… aveva
dato qualche rispostaccia ai professori, qualche volta, ma una decina di
suoi compagni potevano dire altrettanto. Quanto alla disciplina nella
vecchia scuola… aveva fatto a botte un paio di volte con qualche squadra
avversaria, e tutta la squadra ne era rimasta coinvolta…
Rientrò in classe
ostentando disinvoltura, ma per quanto si sforzasse, non riuscì ad
interessarsi alla lezione. Improvvisamente aveva mal di testa, ed il sonno
non gli era passato.
Quando uscirono da
scuola il tempo non era bello, nuvole scure si erano addensate in cielo.
All’uscita c’erano Takeshi e Ken che lo aspettavano. Kojiro passò
loro accanto senza guardarli.
- Ehi, Kojiro…- lo
chiamò piano Takeshi.
- Ah, allora ti ricordi
come mi chiamo!- disse Kojiro senza girarsi.
- Kojiro, fermati un
attimo…- disse Ken.
- E tu, che cosa ci fai
qui? Perché non te ne vai?-
Ken ci rimase male e
rimase fermo a guardarli, mentre si allontanavano, rabbrividendo.
Si era aspettato un
trattamento diverso? Si era illuso.
- Kojiro, aspettami!
Non fare lo stupido! Ho saputo che cosa è successo!-
- E allora sappi che
voglio solo essere lasciato in pace. Sono già in ritardo-.
- No, invece, ti fermi
e mi ascolti!- Takeshi gli si parò davanti impedendogli di passare.
Kojiro alzò gli occhi al cielo.
- Avanti, allora, che
vuoi?-
- Ken mi … mi ha
detto cos’hai fatto oggi in classe…-
- Non è colpa mia, è
Terada che…-
- Ti sei
addormentato! Ti sei addormentato in classe, Kojiro! Ieri sera hai
lavorato fino a tardi, è vero?-
-
Io…-
-
E’ vero? Devi… non ti puoi sfiancare così, Kojiro…-
-
Ora basta con le prediche. Devo andare, sono già in ritardo-.
-
Senti, perché non vai a casa e ti riposi? Passo io al negozio, gli dico
che… che non stai molto bene…-
-
Ma va’, sto benissimo! E poi chi lo sente il principale!- Kojiro fingeva
di essere allegro, ma la prospettiva di lavorare ancora non gli sorrideva
per niente.
-
Kojiro, da un po’ sei pallido… sei sempre stanco, e… non dormi
abbastanza…-
-
Ma chi sei, mia madre? Smettila un po’!-
-
Sei sicuro di non impegnarti troppo?-
-
Assolutamente sicuro, ora devo andare. Ciao!- Kojiro corse via.
Takeshi lo guardò, e
restò a fissare davanti a sé anche dopo molto che fu scomparso.
Naturalmente sapeva che non gli avrebbe mai dato retta, ma non sarebbe
stato in pace finché non avesse fatto un po’ di tentativi, quello non
era che il primo. Però… non riusciva a capire come mai tutta quella
smania di lavorare, di sbattersi fino allo sfinimento se non ce n’era
per niente bisogno… frequentava la scuola con una borsa di studio dal
credito molto alto, che comprendeva anche i meriti sportivi, e l’assegno
copriva le spese necessarie e anche quelle superflue,
quindi per quello non dipendeva dalla famiglia… sarebbe bastato
che facesse anche un solo lavoretto per contribuire a sufficienza… ma da
un po’ lo vedeva nervoso, smanioso davvero di darsi da fare, di
occuparsi, come se cercasse un modo per stare lontano da casa il più
possibile…
Takeshi era davvero
preoccupato. La cosa che lo tormentava era che, per quei lavori, Kojiro
stava trascurando il calcio, la sua grande passione. Una volta - solo un
paio di mesi prima- avrebbe dato via tutto quello che aveva per continuare
a giocare a calcio, aveva passione e impegno, come al solito… adesso era
come se non gli importasse più, come se gliene importasse meno rispetto a
cose che prima considerava ai piedi della sua scala di valori. E adesso
stava quasi per cominciare il turno dei quarti del campionato… avevano
passato le eliminatorie senza nessun problema, le squadre che avevano
incontrate erano state facili da battere, ma quelle che erano rimaste
erano agguerrite e forti. C’erano le vecchie conoscenze, quelle che ogni
anno avevano una sorpresa nuova e giocatori sempre più capaci ed in
forma, e c’erano anche le squadre emergenti, quelle che si erano
impegnate fino in fondo per raggiungere buoni livelli e che non si
sarebbero lasciare scartare facilmente… e Kojiro impazziva tutto d’un
tratto. Si sentiva egoista a pensare alla squadra in quel momento, ma
anche per lui era importante… e santo cielo, ci teneva a vincere! La
squadra faceva affidamento su Kojiro. La difesa e Wakashimazu rendevano la
porta quasi impenetrabile, il centrocampo era imbattibile, ma l’attacco
poggiava quasi tutto sulle spalle di Kojiro… potevano scordarsi i punti,
senza di lui.
Ma perché non ti
confidi con me? Cos’è che ti tormenta?
Quando la campanella
suonò, aveva lasciato in bianco quasi metà del compito. Non gli era mai
successo. Eppure non era riuscito a finire neppure tutti gli esercizi che
aveva cominciato.
E Ken da dietro non gli
rendeva le cose facili. Continuava a punzecchiargli la schiena con la
matita.
- Dai, Kojiro, fammi
vedere! Dai, non essere egoista!-
- Finiscila, Ken!
Lasciami stare-.
Avevano consegnato
entrambi dopo un bel po’ di sollecitazioni del prof., e oltre alla
delusione Kojiro dovette anche beccarsi l’occhiata furente di Ken.
- Sei un pezzo di merda.
Scommetto che a Sawada lo facevi copiare-.
Kojiro non aveva voglia
di ribattere. Si sentiva troppo giù, non gli era mai andato così male un
compito di matematica, neanche quella volta che l’aveva fatto con la
febbre; e non gli andava nemmeno di considerare se, nel caso che fosse
filato come un treno come al solito, l’avrebbe fatto copiare a Ken
oppure no. Probabilmente sì. Ma in quel caso non sapeva lui stesso che
pesci pigliare…
Quel giorno doveva
schizzare al lavoro, e una volta finito correre di nuovo agli allenamenti.
Quando finì l’ultima consegna era dall’altro capo della città, e
sarebbe arrivato in ritardo comunque; non aveva voglia di scalmanarsi.
Quegli stupidi esercizi che gli erano sembrati incomprensibili gli
ballavano ancora in testa, e si dava dello stupido per aver sottovalutato
quel compito…addio media, se prendeva un’insufficienza…
Rise. Una volta si
sarebbe strappato i capelli per il disonore. Forse avrebbe anche meditato
il suicidio per non dover sopportare la vergogna, suppose. Ma ora… gli
sembrava che non gliene fregasse niente. Alla fine, be’, non gli
importava più di granché… quali erano quelle cose importanti per cui
si era scalmanato fino a pochi giorni prima? In realtà, nessuna era
vitale, per lui. Nessuna…
- Hyuga! È la quinta
volta in tre settimane! Hai preso il campo per il tuo albergo personale?-
- Io…-
- Che sia l’ultima
volta! E adesso… mettiti lì in panchina e guarda! Oggi non giocherai-.
Kojiro e anche il resto
della squadra rimasero a bocca aperta. Si aspettavano i soliti giri di
campo che l’allenatore assegnava come punizione… Kojiro era anche
disposto a farli, se li meritava, aveva bighellonato pur sapendo di essere
in ritardo pazzesco. Invece l’allenatore lo puniva escludendolo, e
questo faceva molto più male delle gambe dopo venti o trenta giri di
corsa… sentendosi un perfetto idiota si sedette in panchina, guardando i
palleggi e i tiri in porta… e un momento dopo, sbatté le ciglia e se li
ritrovò tutti davanti, che lo fissavano a bocca aperta. L’allenatore lo
stava scuotendo.
- … solo in ritardo,
ti addormenti pure!-
- Oh, mmm…-
- Via, voi! Andate a
cambiarvi, non c’è niente da vedere!- gridò l’allenatore. Tutti
scomparvero in un batter d’occhio, e il prof si sedette accanto a Kojiro.
- Hai qualche problema,
Hyuga-kun?-
- Nessun problema,
signore!-
- Già… dev’essere
l’influsso della luna, allora, perché ne ho sentita di ogni colore su
di te, in queste ultime settimane-.
Kojiro tacque. Ecco in
arrivo una bella predica.
- Prima ti addormenti
in classe di Terada, il preside te le canta a dovere, arrivi in ritardo
agli allenamenti e ti addormenti in campo! E non hai mai giocato così
male come in questo periodo. E in quanto ai tuoi voti…-
- Non c’è niente che
non vada nei miei voti!- ribatté Kojiro piccato.
- Hyuga, i tuoi voti
stanno peggiorando! Quasi tutti i professori sono venuti a lamentarsi che
pretendo troppo da te! Sei stanco, svogliato, non fai i compiti e la tua
media si sta abbassando. Se continui così la tua borsa di studio…-
Kojiro sbuffò, con
fare scocciato. Che palle, tutti lì a impicciarsi della sua vita.
- Senti, i tuoi
compagni mi hanno detto che ora fai tre lavori-.
- Che cosa gliene
frega?-
- Me ne frega, invece!
Fra lavoro, calcio e ancora lavoro, studierai di notte, quando ci riesci!
Non posso permetterti di fare una cosa del genere… di stancarti così
tanto, non puoi reggere! Quindi, o ti dai una regolata… o sei fuori
dalla squadra. Non puoi far tutto, devi scegliere-.
Kojiro si sentì come
se il suo cuore avesse smesso di battere. L’allenatore minacciava di
cacciarlo dalla squadra? Tremila pensieri si affacciarono nella sua testa.
Non poteva sbatterlo fuori, era solo grazie a lui che avevano speranze di
vittoria! Ma ultimamente, il suo contributo era stato minimo… e poi,
avrebbe perso la borsa di studio? Però non poteva lasciare il lavoro, e
la squadra… non sapeva che cosa fare. A qualcosa doveva pur rinunciare.
Se avesse smesso di fare anche uno solo di quei lavori… non ci voleva
pensare. Se i suoi compagni l’avessero saputo… il perché si affannava
tanto…
Il prof di matematica
aveva riportato i compiti della settimana prima. Kojiro voleva
mimetizzarsi col banco perché presagiva che cosa lo aspettava. Se fosse
stata un’insufficienza, addio media… e avrebbe fatto una fatica enorme
a recuperarla…
Ken era ancora
arrabbiato. Non lo aveva più stuzzicato da qual giorno come faceva
sempre, e le rare volte che avevano giocato non gli aveva rivolto che
fredde occhiate.
- Hyuga, ma che cosa ti
è successo? Da te non me l’aspettavo- gli disse il prof ridandogli il
compito. Grazie a Dio era solo una C. Una volta al pensiero di prendere
una C il suo orgoglio si sarebbe ribellato… adesso era addirittura
sollevato.
- Guarda che cosa puoi
fare, Wakashimazu… con te non ho proprio speranze, non mi puoi
deludere…- disse infine il prof a Ken, quando ebbe ridato anche a lui il
compito. Kojiro notò che lo guardava ancora gelido.
- Ehi, secchia, che
cos’hai preso? Fammelo vedere- Ken gli strappò il compito dalle mani,
sicuro di trovarci la solita A per potersi arrabbiare ancora. Kojiro cercò
di non farglielo prendere, ma alla fine Ken glielo strappò, e rimase a
bocca aperta.
- Ma che ti è
successo? Non stavi bene?- gli chiese con voce più bassa, in tono dolce.
- Non hai fatto neanche tre quarti degli esercizi…-
- Lasciamo stare, ok?
Mi sbatto giù già da solo-.
- Scusa se…-
- Piantala, va bene? È
solo un compito, accidenti!-
Ken non aveva mai visto
Kojiro così giù, nemmeno quando avevano perso le finali di campionato…
almeno lì si era impegnato con tutto se stesso, ora invece, pensava che
avrebbe potuto fare di più… sarebbe stata una croce doverlo
sopportare…
- Una C?- strillò
Takeshi.
- E non gridare! Ci
sono due o tre persone che ancora non lo sanno!-
- Ma… una C in
matematica? Tu?-
- Tutto muscoli e
niente cervello- buttò lì Michi passando.
- Michi! Michi!-
Takeshi sparì dietro a lei. Kojiro sospirò. Quella gli aveva
portato via il migliore amico... chi si sarebbe sciroppato i suoi sfoghi
senza giudicarlo una pappamolla adesso? Vide che Ken lo guardava da
lontano come per tenerlo d’occhio e scappare al minimo segno di
avvicinamento. No, lui non era nemmeno da considerare. Se la dava a gambe
da un po’, quando lo vedeva… forse temeva che fosse malato da morire
visto che aveva preso una C?
- Bene, ragazzi, qui ci
sono dei depliants… fate i gruppi e scegliete dove passerete la vostra
giornata libera, ce lo dovete comunicare al più presto- concluse il
capoclasse dopo l’assemblea della mattina.
Durante l’intervallo
Takeshi avvicinò Kojiro.
- Senti, perché non
decidiamo di andare nello stesso posto? Potrebbe venire anche Michi…-
- Ok. Fai pure tutto
tu-.
- Come sei entusiasta!
Che cosa ti è successo?- ribatté ironicamente Takeshi.
- Che cosa state
cospirando? Vero che mi posso unire al vostro gruppo, Takeshi?-
- Tecnicamente non
saremmo un gruppo... però l’amica di Michi verrebbe volentieri con noi,
se ci fossi tu…-
- Facciamo il gioco
delle coppie?- intervenne Kojiro con tono seccato. - perché ognuno non
sta per gli affari suoi?-
- Oggi Kojiro è in
forma, eh?- disse Ken. L’ostinazione del capitano lo rendeva
dannatamente nervoso.
- Va bene, se non
volete vado a dirlo a Michi- se la prese Takeshi.
- Ma no, dai, facciamo
come vuole lei. Non litighiamo, per favore, stamattina ho mal di testa!-
Takeshi sorrise, e
anche Ken aveva ottenuto quel che voleva. Stare in gruppo con Kojiro
voleva dire seguirlo da vicino… forse avrebbe capito che cosa di lui lo
infastidiva così tanto.
Quando partirono per la
gita Kojiro era allegro. Alcuni dissero di averlo visto persino ridere,
anche se per la maggior parte del viaggio dormì comodo sprofondato in un
sedile. Ken invece si agitava nervosamente camminando su e giù per il
corridoio che portava ai bagni.
- Che cos’hai, Ken?
Già nostalgia?-
- Finiscila, Takeshi,
non sono tanto in vena di scherzi…-
- E come mai?-
- Ecco, io… non so…
non so se…-
- Sarò muto come una
tomba, te lo assicuro!- lo spronò Takeshi, che ormai stava morendo dalla
curiosità.
Ken sospirò. Forse era
l’atmosfera di vacanza, ma non era tanto restio a parlarne come al
solito.
- E’ che… forse non
dovevo mettermi in gruppo con voi-.
- Ho capito… è per
via di Asako? Ti piace qualcun’altra e hai paura che vedendoti con
lei…-
- Ma che cosa hai
capito?? Senti, no, lasciamo perdere, ok? Lasciami in pace!-
Ken se ne andò, ancora
più turbato di prima. In realtà Takeshi c’era andato vicino… stava
male per via di Asako, l’amica di Michi, che gli aveva dato una lettera
d’amore non appena erano saliti sul treno. Come avrebbe fatto a dirle
chi gli piaceva in realtà? E, problema ancora più grande, come avrebbe
fatto ad ammetterlo anche con se stesso?
A lui piaceva Kojiro. E
per questo stava male. Non avrebbe dovuto provare quel genere di
sentimenti per un ragazzo, figuriamoci per il suo capitano… eppure,
quando Kojiro lo guardava sperava sempre che gli rivolgesse un sorriso,
una parola gentile… avrebbe voluto seppellirsi sottoterra per non
pensarci… come gli era venuto in mente di unirsi al loro gruppo? La gita
avrebbe potuto essere una salutare quanto necessaria pausa... non avrebbe
dovuto vederlo tutti i giorni e invece…
- Scusa, mi puoi far
passare? Dovrei andare…-
Ken alzò gli occhi e
vide Kojiro. Arrossì e abbassò lo sguardo, così non vide che anche
l’altro era diventato tutto rosso.
- Scusa, capitano,
passa pure…-
- Pe… perché non
vieni di là con noi? Akane e Tatsuya stavano facendo il gioco dei
mimi…-
- Non ne potevi più,
eh?-
Kojiro si rilassò e
sorrise, poi si infilò nel bagno. Era davvero carino quando sorrideva…
ma a Ken piaceva di più quand’era preso, concentrato, quando giocavano
e Kojiro dava tutto se stesso… gli sorrise di nuovo quando gli passò
accanto per tornare nello scompartimento.
L’albergo era un bel
posto, aveva anche un piccolo giardino con un minuscolo laghetto al
centro. Takeshi lo adocchiò subito per una romantica passeggiata con
Michiko… ma quella sera la ragazza si dichiarò impegnata a disfare le
valigie insieme alle sue compagne. Cento a uno che avrebbero spettegolato
sui ragazzi che facevano loro il filo… Michi gli aveva fatto capire che
Asako aveva dato una lettera a Ken, e in pratica gli aveva ordinato di
sondare il terreno… Takeshi non aveva voglia di scambiare la sua
passeggiatina con Ken… tanto, lui avrebbe negato. Così fece quattro
passi con Kojiro, che era talmente allegro da sembrare drogato.
Si sedettero su una
panchina distante dal laghetto.
- Kojiro, com’è che
sei così allegro? Sei particolarmente contento-.
- Trovi davvero? No,
non mi sembra… mi piace l’idea della gita-.
L’allenatore
gli aveva detto di rilassarsi durante la gita e pensare a sgomberare la
mente dallo stress, poi al ritorno sarebbe riuscito a prendere una
decisione. Che buffo, Kojiro aveva pensato che il pensiero l’avrebbe
assillato per tutta la settimana, invece era la prima volta che ci
pensava, quel giorno.
- Adesso non diventarmi
taciturno perché te l’ho chiesto! Tu e Ken mi sembrate due gemelli…-
Kojiro arrossì.
- Che… che c’entra
Wakashimazu adesso?-
- Anche lui quando gli
ho chiesto che cos’aveva si è arrabbiato… sembrava un animale in
gabbia, sul treno. Anzi, non siete gemelli, siete proprio opposti! Tu sei
sempre schivo e oggi sembri ubriaco, lui di solito sembra una persona
normale e per poco oggi non mi morde… l’unico equilibrato sono io-.
- Da quando conosci
Michiko sei cambiato anche tu-.
- Già… essere
innamorati…- Takeshi tacque. Un’idea si stava facendo strada nella sua
mente. Se ci fosse stata Michi avrebbe sicuramente creduto che quei due
fossero innamorati. Magari Asako aveva qualche possibilità…
- Ehi, capitano, sai
che Asako ha scritto una lettera a Ken?- riprese Takeshi, tanto per
spettegolare. Kojiro contrasse un pugno.
- E lui? Che cos’ha
detto?-
- Per me gli piace
qualcun’altra. Si vede lontano un miglio che non la sopporta… potrebbe
essere Asuka… o Chiho…-
Kojiro stringeva sempre
di più quel pugno.
- Lo… lo dici per
dire o sei sicuro?- la sua voce tremava un po’.
- Ma non lo so, lo
dicevo… capitano, che cos’hai?-
Una lacrima scorreva
sulla guancia di Kojiro, che si affrettò ad asciugarsi gli occhi.
- Niente, un… un
po’ di polvere…-
- Ti ho punto sul vivo,
eh? Ma non sono mica sicuro che a Ken piaccia una di quelle due, se ti fai
avanti…-
- Ma
chissenefrega delle ragazze! Io non voglio che…- Kojiro s’interruppe,
inghiottendo i nuovi singhiozzi che si stavano facendo strada. Takeshi
arrossì fino alla radice dei capelli. Quella era un’ipotesi che non
aveva per niente considerato. Pensò per un attimo di lasciar perdere il
discorso per sfuggire all’imbaraz-zo, ma ormai aveva scoperchiato il
vaso di Pandora.
- Ma allora… stai
parlando di Ken?-
Kojiro smise di
controllarsi, ma non pianse. Singhiozzò un paio di volte e poi si calmò.
- Non… non è così
terribile da dire. E io che credevo…-
- Ora… stai bene? Ti
senti meglio? Da… da quanto dura questa… cosa?-
- Io… non lo so,
Takeshi. Ce l’hai con me? Io non voglio che noi…-
- Dì la verità, eri
contento perché era in gruppo con te… o no?- Takeshi aveva recuperato
lo spirito di sempre, segno che la cosa l’aveva sconvolto meno del
previsto.
- No, io… io… ho
sempre cercato di stargli alla larga, non è… non è una cosa
normale…-
Takeshi tacque. Era
vero che non era normale, ma voleva trovare delle parole che facessero
capire a Kojiro che lui stava dalla sua parte… ma improvvisamente sentì
il rumore di qualcosa che cadeva nell’acqua del laghetto.
- Hai sentito?-
- No, che cosa?-
- Io… vado a vedere.
Rimani qui, se ti chiamo corri, però-.
Takeshi aveva paura che
qualcuno fosse caduto nell’acqua. Mentre si avvicinava sentì un altro
splash. Si fermò poco prima della radura del laghetto, e vide che sulla
riva c’era Ken, che stava buttando nell’acqua quello che gli capitava
in mano. Anche lui era in lacrime, quella doveva essere la sera dei
piagnistei.
- Toh, prendi questo!-
gridava Ken gettando i sassi nel lago. - Per la tua stupida lettera… e
questo! Takeshi, per il tuo stupido gruppo… Michiko, affogati! E
questo… per te capitano!- ma non riuscì a gettare quello che aveva
scelto per Kojiro. Si mise seduto e pianse, picchiando forte un ramo a
terra fino a ridurlo a pezzettini. - Ma perché? Vai via… levati dalla
mia testa… Kojiro!-
Takeshi si sentì
girare la testa. Ma stava anche per scoppiare a ridere. Due rivelazioni di
quel tipo, e tutte in una sera! Era una situazione che a raccontarla non
ci avrebbe creduto nessuno. Nemmeno lui stesso…
Eppure avrebbe dovuto
capirlo. Quei due sembravano cercarsi e respingersi come i poli uguali
della calamita… uffa, e adesso? Erano due testoni tali che si sarebbero
fatti torturare pur di non ammettere uno di fronte all’altro che si
piacevano. Erano capaci di non confessarlo nemmeno a se stessi,
figuriamoci con qualcun altro…
Forse avrebbe fatto
bene ad accennare qualcosa a Kojiro. Sì, così entrambi di comune accordo
gli avrebbero tirato il collo. E poi era convinto che Kojiro non gli
avesse ancora detto tutto. Quella era una cosa che lo tormentava, è vero,
ma non gli aveva spiegato niente del suo comportamento degli ultimi
tempi…
Quando tornò alla
panchina, trovò Kojiro che dormiva beatamente. Lo svegliò piano e
tornarono nella loro camera, dove avevano i futon vicini. Una mezz’ora
dopo rientrò anche Ken, che si era calmato e non piangeva più. Anche lui
si addormentò subito, e l’indomani mattina sembrava aver scordato
tutto.
- Come ti è sembrata
la visita di oggi?-
- La guida era una
palla!-
- Concordo!-
D’improvviso il
dialogo fra Kojiro e Takeshi si gelò. Era arrivato anche Ken ed
improvvisamente nessuno dei due sapeva come comportarsi. Kojiro non voleva
che Takeshi lo osservasse e giudicasse quel che faceva, e Takeshi non
voleva dire o fare qualcosa che mettesse in imbarazzo i due amici, e
stranamente non gli venivano in mente che frasi a doppio senso e
battutine.
Ken ci rimase male. Se
ne andò senza una parola, scuro in volto.
- Perché non hai detto
niente?- chiese Kojiro.
- Ehm… non sapevo
cosa dire… per non metterti in imbarazzo…-
- Vorrei restare un
po’ da solo, ti dispiace?-
- Sei sicuro?-
Il capitano annuì. Era
piuttosto tardi, e Takeshi aveva sonno. Però gli dispiaceva lasciare
Kojiro solo a rimuginare.
- Ehi, non fare tardi,
ti aspetto, ok?-
Kojiro annuì di nuovo
e sorrise. Quando rimase solo chiuse gli occhi e chinò il capo
all’indietro. Quando riaprì gli occhi vide di sfuggita Ken.
- Ehi, Wakashimazu!
Scusa per prima…-
- Scuse da te? È un
evento storico!-
- Sì, sfotti…-
Kojiro si chiuse di
nuovo, e Ken si precipitò a farsi perdonare.
- No, no, dai, stavo
scherzando…-
- Ok…-
Tacquero. A Kojiro era
tornata in mente la decisione di lasciare la squadra.
- Non mi chiamare più
capitano- disse dolcemente.
- E perché?-
- Io… credo che
lascerò la squadra-.
Ecco. Era stato più
facile di quel che pensava. Non era nemmeno troppo sconvolto. Ma Ken sì.
Aveva una faccia che era un programma.
- Non puoi!- gridò. -
Tu sei… il cannoniere del campionato, il capitano… il numero dieci!-
Dio santo, sembrava
prendersela più a cuore lui. Probabilmente sapeva che senza Kojiro non
c’erano possibilità di vincere, nemmeno con la sua “cortina di
ferro” in porta.
- Be’, sai, in questo
periodo ne ho fatte un po’ troppe, di cose. Devo darmi una regolata e
anche l’allen…-
Ken gli aveva chiuso la
bocca con la sua. Kojiro rimase stupito, per un attimo, ad occhi aperti, e
Ken cercò di godersi quella frazione di secondo perché poi Kojiro gli
avrebbe spaccato la faccia. Ecco che contraeva i pugni, lo sentiva dai
muscoli del collo… e attese, ma non arrivò niente. Anzi, qualcosa sì.
Era la risposta delle labbra di Kojiro alle sue, il loro leggero movimento
che lui accettava e ripeteva… sentì che il capitano cercava anche di
aprirla, la bocca, ma solo per succhiargli dolcemente il labbro
inferiore… era qualcosa di sospeso, di magico, ed entrambi erano
talmente imbarazzati e inesperti che non osavano renderlo più profondo…
il cuore di Ken stava per scoppiare. Mise una mano su quella stretta a
pugno di Kojiro, e questi la distese, voltò il palmo contro il suo e la
strinse. Semplicemente.
Così. Il primo bacio
di entrambi, la prima vera confessione.
Dopo un po’, Kojiro
si stacco di un millimetro e sorrise. Ken aprì gli occhi e lo guardò.
- Scusa…- disse
imbarazzato.
- Scemo. Non dovevi…
farlo-. Kojiro stava tremando impercettibilmente. Dio, che bello… se
solo avesse avuto il coraggio di riprovarci… erano ancora vicinissimi.
Non ci riuscì, ma appoggiò la guancia contro quella calda dell’altro.
Che bello… era facile e bello. Non c’era altro da dire.
- Capitano…- mormorò
Ken dopo un po’. - Non lasciare la squadra…-
Kojiro si irrigidì.
L’aveva fatto per la squadra? Si staccò bruscamente da lui.
- Kojiro aspetta… che
cos’hai?-
- La squadra? Solo
questo ti… ti…-
Ken si sentì confuso.
Oh, no non hai capito, devo spiegargli… non era facile dire le
cose giuste.
- Tu… non puoi
lasciare la squadra, lo so che il calcio per te è… e quando giochi…
sei bello quando giochi. E io… quando ti vedrei?
- Dai, ci vedremmo a
scuola, che cosa dici?- Kojiro si era disteso, ora sorrideva.
- Ma… quando hai…
insomma, io…- Nella sua testa le frasi erano così semplici e lineari,
era nella bocca che si confondevano. Quando sei concentrato e insegui il
pallone, e corri con quel tuo bellissimo numero 10 sulla maglietta, allora
mi piaci tanto. Molto di più. È lì che mi scoppia il cuore. Era questo
che voleva dirgli, e, santo cielo, non ci riusciva. E poi, doveva
ricordarselo che era stato lui, lui a fargli amare così tanto quello
sport! Rimase fermo, zitto, con la testa bassa.
- Torniamo?- disse
Kojiro. Ken annuì.
- Ehm… posso… posso
prenderti la mano?-
Gli sembrava che Kojiro
non rispondesse con molto trasporto alla sua stretta. D’altra parte, non
era un esperto, e anche così gli bastava. Davanti alla porta del
dormitorio, entrambi rimasero a interrogarsi sul da farsi. Alla fine Ken
lo baciò dolcemente ad un angolo della bocca, e poi entrarono. Kojiro fu
più veloce a prepararsi e si infilò sotto le coperte. Ah, quel traditore
di Takeshi! Stava già dormendo! Ken uscì dal bagno silenzioso come un
gatto, lo salutò con un flebile “Buonanotte” e si stese anche lui.
Kojiro rimase sveglio a lungo a pensare. Da quanto voleva che succedesse
una cosa del genere? Da quanto l’aspettava? Eppure non si era sentito
così coinvolto, così trasportato… non come tutti dicevano che ci si
sentisse. Niente campane, giramenti di testa, cori di angeli… era solo
contento che fosse avvenuto, e forse… forse già domani sarebbe finito.
Riuscì ad addormentarsi tardi, pensando di non essere normale perché il
suo primo bacio non l’aveva fatto impazzire di gioia. Ma una stretta gli
stringeva il cuore. Ecco, pensandoci bene, quel bacio… non ce n’erano
stati di simili, ma quel ricordo lo rivoltava come un guanto. Lasciamo
perdere…
L’indomani Ken si
comportò come al solito. Ecco, aveva ragione. Non doveva farsi nessuna
illusione.
- …jiro? Ma dove sei?
Ehi!-
- Ah, Takeshi… scusa.
Che cosa dicevi?-
- Ti ho detto che ieri
hai tardato! Ti ho aspettato un po’, ma poi mi sono addormentato…-
- Ho fatto quattro
chiacchiere con Ken-.
- Wow- E allora? E
allora? Takeshi moriva dalla voglia di sapere i particolari per saltare
alle conclusioni. Qualche accenno? Qualche allusione? Cosa? Un bacio?!?
- Cosa!?-
- Sì, ci siamo
baciati, e adesso non farmelo ripetere…- Kojiro quasi prendeva fuoco.
Takeshi andò in brodo di giuggiole.
- Ma davvero? E com’è
stato?-
- …-
- Kojiro!-
- Non… non lo so,
lasciami perdere!-
Ora Kojiro era davvero
buffo. Sembrava il personaggio di un manga. Anche Takeshi si sentiva in un
fumetto, perciò rise.
- In ogni caso mi fa
piacere. E ora come ti comporterai?-
- Non lo so. Consigli?-
Takeshi alzò un
sopracciglio. Ken era laggiù, poco distante da loro, chiacchierava con
qualcuno e rideva.
- Be’, io credo che
me ne andrò. Tu fai quello che vuoi, ehm… un altro bacio è troppo
ardito come consiglio?-
Kojiro sorrise. Nel
passare accanto a Ken Takeshi lo urtò ‘casualmente’: - Uomo solo a
ore sei- gli sussurrò mentre l’altro si voltava per dargliele. Ken alzò
gli occhi e lo vide. Abbandonò il suo interlocutore e si tuffò fra i
cespugli.
- Bella giornata, eh,
Kojiro?-
- Ehm-
- Posso sedermi, sì?
Mi siedo- Ken era nervoso… chissà perché. Che ciglia lunge che ha
Kojiro! pensò. Un secondo dopo venne un altro pensiero. Perché diavolo
le sue ciglia sono così vicino? Ah, già, un bacio, sì… per un attimo
non fece un balzo indietro, però, quando le labbra di Kojiro lo
toccarono.
Bello, pensò di nuovo
Kojiro. Ancor meglio di ieri, come il buon vino… che razza di pensieri,
sono proprio sciroccato. Ah, bello, mi piace… mm, bravo, rispondi!
Ken passò una mano
sulla nuca dell’altro e lo spinse di più verso di sé. Kojiro ne venne
preso alla sprovvista ma si adattò subito. La lingua dell’altro bussava
discretamente alle sue labbra chiuse. Le aprì quel tanto che bastava per
consentire alle punte di sfiorarsi appena… poi si staccarono. Kojiro
aveva un certo fiato dovuto alle corse sul campo, ma l’apnea non poteva
durare più di tanto, con il cuore che gli andava così forte.
Il primo momento fu un
silenzio imbarazzato, ma quella mano ancora poggiata sulla nuca poteva
essere un valido aiuto. Kojiro finse di cedere sotto il suo peso e appoggiò
la fronte contro quella di Ken, arrossendo leggermente.
- Hai ancora intenzione
di lasciare la squadra?- gli chiese questi tristemente.
- Credo di sì. Almeno
per un po’. Per… riordinare le idee-.
- Vorrei sapere che
cosa ti passa per la testa-.
- E perché?-
- Scommetto che volevi
lasciare la squadra perché ti piaccio e non volevi più vedermi… ho
indovinato?-
- Allora avrei dovuto
anche cambiare scuola!- rise Kojiro.
- Non prendermi in
giro… e allora perché adesso la lasci lo stesso?-
- Non è come pensi tu.
In realtà…- Kojiro tacque. Ken aspettò, ma invano.
- Non hai intenzione di
dirmi la verità, non è vero?-
- Credo di… non
essere pronto. Forse… aspetta, ti prego-.
Ken alzò le spalle.
Non capiva, non capiva proprio. Eppure avrebbe giurato di essere sulla
strada giusta.
Kojiro non si sentiva
in grado di dirgli che lasciava la squadra per continuare a lavorare, e
doveva lavorare per non sentirsi un peso in casa, e soprattutto per
doverci stare il meno possibile, e tutto proprio perché gli piaceva Ken,
ma non perché non voleva vederlo o dimenticarlo. Se solo avesse tentato
di spiegargli tutto questo, avrebbe incasinato la faccenda ancora di più,
e poi… Ken avrebbe voluto sapere il perché. E quello, no, non
poteva proprio dirglielo.
- Sei giù, Kojiro? Che
cos’è, tu e Ken…-
Era l’ultimo giorno
della gita e stavano rimettendo insieme le loro borse. Takeshi non sapeva
ancora che voleva lasciare la squadra.
- Che cosa? Non
ti permetto di fare una cosa simile… e poi? E il campionato?-
- Perché
reagite tutti così? È una mia decisione, ho deciso così…-
- Sì, ma una volta ti
saresti fatto scannare, piuttosto…-
- Sono cambiate tante
cose- ribatté acido Kojiro.
- E’ vero… e fra
noi, che cosa è cambiato, cap… Kojiro?-
- Niente. Che vuoi
dire?-
- Che... be’, ci sono
cose che non sapevo di te… e non mi hai detto niente, della squadra,
intendo… mi avresti chiesto consigli, un po’ di tempo fa… hai
chiesto a Ken, non è vero?-
- Ho deciso da solo-
- … e non mi hai
parlato del fatto che Ken ti piaceva!-
- E come facevo? Non…
non avevo il coraggio. Forse non… ne avresti più voluto sapere di
me…-
- E se io ti avessi
detto che mi piaceva un ragazzo? Che avresti fatto?-
- Ti avrei ucciso e
avrei nascosto il cadavere! Non potrei mica farmi vedere in giro con una
checca!-
- Appunto. È per
questo che noi due siamo diversi- disse compunto Takeshi, e poi risero
insieme.
- No, sul serio,
capitano, sei sicuro?-
- Almeno per un po’,
devo… scusa-.
- Non preoccuparti-.
Durante il viaggio di
ritorno, Kojiro era un po’ preoccupato e teso. Certo, nessuno si
aspettava un suo ritiro… uffa, che cosa sarebbe successo? Takeshi lo
vide giù di morale, e in un altro sedile vide anche Ken giù. Forse
voleva correre da Kojiro ma si vergognava, così, in mezzo a tutti.
Toccava di nuovo a lui prendere in mano la situazione? Takeshi suppose di
sì.
- Che cosa fate
ragazzi? Oh, hai già le foto della gita? Ken, ti spiace far cambio di
posto con me? Non mi sembra ti interessi molto…-
- Ok, pigliati il mio
posto… uffa…-
- Vai là accanto a
Kojiro-.
- Oh…-
Kojiro gli sorrise
impercettibilmente quando Ken si sedette accanto a lui, ma continuò a
guardar fuori, con aria pensosa. Ken tentò di lasciarlo stare,
accontentandosi di stargli vicino, ma non ci riuscì. Afferrò la sua mano
e la tenne stretta nascosta sotto il bracciolo del sedile. Kojiro reclinò
il capo verso di lui -avrebbe voluto appoggiarsi alla sua spalla-
sorridendogli sinceramente. Poi la sua mano rispose alla stretta, ma solo
per un po’. Quando Ken sentì che si stava allentando, vide che il
capitano si era addormentato con un sorriso tranquillo sulle labbra.
Una mezza rivolta. Ecco
che cosa successe la mattina dopo che Kojiro aveva reso nota la sua
decisione di lasciare la squadra almeno per un po’. L’allenatore
temette di vedersi catturato e impiccato sulla pubblica piazza, per aver
accettato che se ne andasse. I compagni quasi piangevano. Erano tutti
sconvolti. Tutti tranne Ken e Takeshi, naturalmente, che ormai sapevano
bene tutto.
Innanzitutto, non era
una cosa definitiva, tanto che la maglietta numero 10 venne chiusa in una
sacra teca e conservata intatta per il ritorno del campione.
Secondo, in caso di
bisogno durante il campionato le porte rimanevano aperte per
un’ospitata.
Terzo, i baci che si
scambiavano compensavano Ken dal non poterlo più vedere scalmanarsi in
campo. E poi, potevano incontrarsi più spesso.
Ma quel giorno, quello
dell’annuncio ufficiale, Kojiro era un po’ giù lo stesso, perché
prima avrebbe potuto ancora cambiare idea, ora no. Almeno finché non
avesse riassestato la media.
Sedette sulla panchina
del belvedere - ecco i primi frutti dell’abbandono: aveva tempo per
oziare, non si ricordava da quanto non lo faceva più- e guardò il cielo,
lontano.
- Indovina?- qualcuno,
da dietro, gli aveva coperto gli occhi con le mani.
- Chi mai potrà
essere?- disse Kojiro stancamente, togliendosi le mani dagli occhi. Ken si
sedette accanto a lui.
- Allora? Tutto bene?-
Kojiro sospirò. - Sì.
Quando stavo per dirlo all’allenatore ho pensato di tirarmi indietro
all’ultimo momento…-
- Ho sperato che lo
facessi anche io…-
- Ah, sì? A proposito,
non dovevi essere all’allenamento, tu?-
- Ho bigiato! Volevo
starti un po’ vicino… ti dispiace?-
Kojiro alzò le spalle.
Ken si arrabbiò. Kojiro gli sembrava freddo e distante esattamente come
prima, a volte. E questo lo faceva andare in bestia.
- Scusa se ti ho
disturbato, eh!- gli disse acidamente. - Credevo di farti un piacere, e
invece…-
- Ma che cosa ho detto?
Non ho neanche aperto bocca, che ti prende?-
- Appunto! Non parli
mai, non mi dici mai niente… mi tratti come se non ci fossi-.
- Ma… ma Ken, non è
vero! Mi… mi fa piacere che sei venuto, è solo…-
- E’ solo che tu non
sei il principe dell’espansività, è così? Almeno… almeno provaci!-
- Io non so come si
fa… insomma, non sono mai…-
- E l’idea di
sforzarti non ti passa nemmeno per la testa, vero?-
- Ma insomma, cos’è
che vuoi da me? Sembra che… che…-
- Hai ragione, scusa se
cerco un po’ di considerazione in più. Non ne ho alcun diritto, ma che
vado a pensare?-
- Ma… ma… io non ho
mai detto una cosa del genere… io… faccio come al solito…-
- Appunto!- esclamò
Ken con voce rotta. - Per te sono solo uno degli altri… nessuno…-
- Ken…- Kojiro cercò
di prendergli la mano, ma l’altro la ritrasse.
- Ma non capisci? Tu
per me sei speciale… e non riesco a capire che cosa pensi tu di me!-
- Il… il fatto è…
che è passata soltanto una settimana, e…-
- E allora perché?
Perché mi hai dato corda? Perché ci sei stato, se non…-
Kojiro non disse
niente. Gli era difficile spiegarlo. Capiva che Ken gli voleva bene, e
cercava di capire se gliene voleva anche lui, ma il fatto era che lui
stesso non lo sapeva. Gli piaceva, questo era sicuro, era contento, la
maggior parte delle volte, che lui gli stesse vicino, ma… a volte
capitava che gli desse fastidio, averlo intorno. Spesso, anzi. E poi…
non poteva cambiare il suo modo di fare, non in dieci giorni, almeno.
- Ken, io… io non lo
so, il fatto è… che non…-
- Io ti penso sempre-
mormorò Ken senza lasciarlo finire - e quando ti vedo sono contento, e
sono triste quando te ne vai, e poi quando non ci sei… non vedo l’ora
di incontrarti, e… ti penso…-
Di nuovo, Kojiro
tacque. Ecco, a lui non succedeva. Non pensava sempre a Ken. Pensava a lui
come pensava a qualsiasi altra persona; sì, stava volentieri con lui, ma
non lo… desiderava con tutta quella intensità. Capitava che non
ci pensasse per interi pomeriggi, e invece notava come cambiava
l’espressione di Ken quando si incontravano. Sembrava che Kojiro gli
fosse necessario, che fosse vitale per lui… ma lui non riusciva a
provare la stessa cosa. Voleva bene a Ken? Se quello era voler bene, le
ipotesi erano due: aveva un pezzo di ghiaccio al posto del cuore, o non
gli voleva bene sul serio.
- Hai capito? Che cosa
devo fare? Poi non mi piace vederlo piangere…-
- Ti senti in colpa,
eh? Non fa piacere esporsi così tanto per avere in cambio niente…-
- Ma anche io mi sono
esposto!-
- Ma a quanto pare tu
non stai così male! E poi io non sto nella tua testa, non so che cosa
dirti-
- Sì, ma… Takeshi,
come faccio a… insomma, ad accontentarlo? Come lo devo trattare? Che
cosa faccio che non va?-
- Che ne so, non sono
mica un guardone… senti un po’, quante volte gli sorridi, per dire?-
- Cosa? Cioè, che…-
- Quando lui ti
incontra, mi sembra che si sciolga in sorrisi… sei tu che lo tieni molto
a distanza, vero?-
- Be’…-
- Allora? Gli hai mai
fatto un sorriso? Uno vero, non per prenderlo in giro!-
Kojiro ci pensò. Dalla
gita, in effetti… be’, era preoccupato per la squadra… insomma,
probabilmente non gli aveva sorriso mai.
- Ecco, lo sapevo! Per
quello Ken se la prende! Hai sempre un’aria così sofferente quando lo
vedi… se non ti piace dovresti dirglielo, invece di spezzargli il
cuore…-
- Ma lui mi piace!-
sbottò Kojiro, senza rendersene conto.
- Ecco, hai visto? Un
po’ di passione, ecco cosa ci vuole! E fagli un sorriso di tanto in
tanto, per l’amor del cielo! Male non ti fa, lo sai?-
Kojiro strinse le
labbra. D’accordo, ci avrebbe provato… aveva intenzione di farsi
perdonare da Ken. Aveva bisogno di lui, di qualcuno che gli volesse
bene… davvero.
- Senti… sei
arrabbiato?-
- Ti sembra che abbia
il muso?- disse Ken, sostenuto.
- No, ma non hai detto
una parola, da quando siamo qui-.
- Mi hai chiesto tu di
venire qui, quindi aspetto che dica qualcosa tu-.
Che logica è!? pensò
Kojiro, ma un po’ Ken aveva ragione.
- Ehm… sì, volevo…
chiederti scusa, per come mi sono comportato…-
- Scuse accettate-
disse Ken ancora con freddezza.
- Allora… io… non
so… stiamo ancora insieme?-
Ken nascose un fremito.
- Perché, prima
stavamo insieme?-
- Io… io penso di sì.
Sì- rispose Kojiro con un mezzo sorriso. Tu hai ragione, Takeshi, mi sto
sforzando ma è il meglio che riesco a fare, ecco.
Anche Ken sorrise, più
apertamente. - Allora, sì. Credo che… stiamo insieme-.
- Bene…-
Kojiro finì il suo
succo di frutta compunto, per nascondere l’imbarazzo.
- Allora, ce ne
andiamo?-
Quando uscirono dal
locale la luce calda del sole li avvolse. C’era un’aria tiepida di
primavera inoltrata che faceva davvero bene.
Kojiro aveva lasciato
finire tutta la settimana precedente senza decidersi a parlare a Ken, ma
era stato male vedendolo così arrabbiato con lui da non rivolgergli
neppure la parola. Però non ce l’aveva fatta prima. Aveva pensato che
se le cose fossero rimaste così non ci sarebbe stato più niente di
doloroso, dopo… ma aveva dovuto ripensarci perché non riusciva a
toglierselo dalla testa. Gli sembrava di essersi finalmente innamorato
anche lui.
Ken camminava
sorridente e silenzioso accanto a lui, con la reticella del pallone
appoggiata ad una spalla. Kojiro gliela strappò di mano e cominciò a
correre calciando il pallone.
- Ehi, aspettami!- gridò
Ken correndogli dietro e strattonandogli la maglietta. Risero
rincorrendosi e rubandosi il pallone l’un l’altro, senza pensare
minimamente alle macchine che venivano loro incontro sulla strada… senza
preoccuparsi minimamente di nulla tranne che di loro due e del gioco. Dopo
un po’ si fermarono ad un negozio e comperarono della frutta; da lì si
vedeva il campo pubblico nel parco, e non c’era nessuno.
- Ken, andiamo al campo
a giocare?-
- Certamente!-
Kojiro cercava in tutti
i modi di segnare un gol a Ken, ma non ci metteva troppa convinzione…
quel giorno non aveva voglia di usare tutta la sua forza nei tiri dal
dischetto, cercava di fare dei tiri piazzati e delle finte per prendere
impreparato l’altro… e Ken finse di cascarci. In realtà neanche lui
era granché concentrato, ed entrambi stavano giocando più che altro per
prendersi in giro.
- Ehi- Ken si girò sul
lato del campo e Kojiro lo imitò. Sopra il terrapieno c’erano Tsubasa
Oozora e alcuni membri del suo clan. Ryo
Ishizaki, Yuzo Morisaki, Genzo Wakabayashi e alcune ragazze della tifoseria
li stavano guardando in malo modo e gridavano. Quando si avvicinarono,
Ishizaki li aggredì.
- Ehi, il campo è
nostro, l’abbiamo prenotato da settimane! Guardate sull’orario se non
ci credete-.
Kojiro sorrise. A prima
vista poteva sembrare il suo solito sorrisino di scherno, ma non lo era.
- Dovete andare via,
c’eravamo prima noi!- rincarò una delle ragazze.
- Non vi volevamo mica
rubare il campo… siamo venuti a fare solo due tiri!- disse Kojiro sempre
sorridendo.
- Be’, adesso ve ne
dovete andare!-
- Ok…-
- Ma no, dai, rimanete
con noi, facciamo una partita!- intervenne Oozora sorridendo, e nessuno
dei suoi compagni lo contraddisse.
Però dovettero
constatare che con tre portieri, due centrocampisti e un attaccante
potevano fare delle partite un po’ misere… presto presero a
contendersi semplicemente la palla inscenando una megarissa in campo.
Kojiro non era neanche quello che menava di più perché quel giorno non
si sentiva tanto in vena di botte; Ishizaki era quello che le dava di più
ma nemmeno Ken scherzava. Alla fine il pallone rotolò lontano e le
ragazze lo recuperarono.
- Nostro!- gridarono, e
Kojiro alzò le mani in segno di resa. Non ne poteva più: anche Ken era
passato dalla parte degli altri e si era gettato insieme a loro sul suo
cadavere.
- Basta, io ve lo
lascio, il campo!- gemette allontanandosi zoppicante, ma si vedeva che
scherzava.
- D’accordo, basta
anche per me, non è il caso di umiliarvi di più!- aggiunse Ken.
Andarono a sdraiarsi
sul bordo del campo, sul terrapieno. Per un po’ guardarono quei quattro
che si davano da fare fra l’altro anche con il loro pallone, poi Ken
cominciò a stuzzicare il viso di Kojiro con un filo d’erba. Nessuno
badava a loro.
- Ehi, e se io
adesso… ti dessi un bacio?- disse Ken.
- In meno d un secondo
avremmo tutti i loro occhi addosso!- ribatté Kojiro.
- Ma non stanno badando
a noi!-
- Ma appena lo facciamo
ci verranno tutti addosso! Bacia questa, invece!- concluse porgendogli una
mela. Ne addentò una anche lui, ci voleva, gli era venuto improvvisamente
caldo. Ken accanto a lui era appoggiato casualmente ad un braccio e
guardava con interesse Oozora che tirava in porta a Morisaki
mentre gli altri due riempivano di consigli non richiesti il povero
portiere che, distratto, non riusciva più a prendere nemmeno un pallone.
-
Ma lasciatelo stare, lo deconcentrate!- sbottò Ken all’improvviso.
Kojiro
lo guardò sorridendo, e Ken colse il suo sorriso e lo ricambiò.
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