Premesso che non so nemmeno chi abbia disegnato Captain Tsubasa, ribadisco che tutti i diritti sono suoi. Ho messo i nomi originali perché quelli che hanno qui in Italia fanno davvero pena, li ho cercati in un sito, se sono sbagliati non è colpa mia!!! Inoltre capisco ben poco di calcio, anche se in questo racconto ce n’è pochino… se sbaglio qualcosa avvertitemi… vedremo che si può fare…

Ultima cosa: mi sono inventata un sacco di cose perché il manga non l’ho mai letto (voi direte: questa qui scrive una FF senza sapere un tubo? Ebbene, avete ragione), tipo ho uniformato tutte le età, e non so se vivevano tutti nella stessa città… comunque sappiate che ho fatto del mio meglio!!!!!


Ci sei solo tu

parte I

di Sei-chan


Wakashimazu vide Kojiro Hyuga uscire dal tempio che c’era poco lontano da casa sua. Era una cosa strana, che lo incuriosì, e lo chiamò per fermarlo.

- Ehi, Kojiro! Aspettami!- lo richiamò, scendendo dalla bici.

- Ciao, Wakashimazu! Che ci fai in giro a quest’ora?-

- E tu? Sei in giro per le consegne, vero? Che ci facevi in quel tempio? Non dirmi che hai comperato un talismano d’amore…-

Kojiro rise.

- In effetti sì, ma è per Hitomi…-

- Ah, tua sorella… perché, c’è qualcuno che le piace? E chi è?-

Kojiro lo guardò di sottecchi, divertito.

- Io credo di saperlo… è un tipo alto, atletico, con l’aria dell’uomo vissuto… anche se non so perché le piace. Io sono arrivato. Ci vediamo, Wakashimazu, ciao!-

Ken era arrossito alle parole di Kojiro. La sua sorellina era adorabile, ma anche con il portafortuna non avrebbe avuto tante speranze… c’era qualcun altro che gli piaceva… ed era già duro così, e abbastanza sfortunato.

- Ehi, scimmietta, tieni, te l’ho preso!-

- Oh, grazie, fratellone!- strillò Hitomi, correndo giù dalle scale per strappargli l’amuleto di mano. Kojiro sospirò. Mi dispiace, sorellina, ma spero che quel tuo portafortuna non funzioni. Non voglio che tu stia male, ma… spero che ti passi presto.

 - Ehm, Kojiro, scusa…- Ken era ritornato indietro, e l’aveva trovato ancora sulla soglia intento a togliersi le scarpe.

- Che c’è?-

- Senti… mi sono dimenticato di una cosa…-

- Oh, ciao Ken!- bisbigliò Hitomi passando per l’ingresso, barcollando come se dovesse svenire.

- Ciao, piccola. Come ti va? Ho visto che tuo fratello ti ha…-

- Non è vero! Chissà cosa ti ha detto…-

- Allora, Ken, che cosa devi dirmi?- Kojiro era ansioso di mandare via Hitomi e anche Ken perché aveva un sacco di compiti da fare, ed era già tardi.

- Ah, sì. Con i ragazzi abbiamo pensato che venerdì potremo andare nel nuovo locale del signor Yamazaki, vicino al campo sportivo, volevo sapere se ci sei anche tu. Dai, non dire di no come al solito…-

Kojiro era impallidito di colpo, ma non al pensiero di passare un venerdì sera con i suoi compagni di squadra. Il fatto era che lui, la sera di venerdì, cominciava a lavorare proprio nel locale del signor Yamazaki. Non aveva pensato che ci sarebbero potuti venire i suoi compagni, ed era stato stupido, dato che era così vicino al campo sportivo dove si sarebbe allenato anche lui prima di scappare al lavoro. Anzi, l’aveva scelto proprio per quello.

- Io… non credo sia una buona idea, non so se quello è un bel locale…- borbottò.

- Ma che cosa dici! E poi è così vicino!-

- Appunto… forse sarebbe meglio un posto diverso, per cambiare…-

- Dai, se ho incontrato Yamazaki in persona e ci ha invitato tutti… mi ha persino detto che c’è anche uno della Toho che lavora lì dentro… oh, ma ho capito…-

Kojiro si alzò e fece per tornare in casa.

- Ci devi andare a lavorare, vero? Scusa, ma io non lo sapevo… pensavo fosse un tifoso…-

Kojiro alzò le spalle.

- E’ per questo… ti… ti vergogni, vero?-

- Tu parli troppo, Ken. Devo andare-.

- No, senti… dai, veniamo a tenerti compagnia, ci divertiremo-.

- Sai che divertimento- ribatté Kojiro acido. - Sai che divertimento voi tutti seduti ai tavoli e io col grembiule a servirvi… mi divertirei come un matto!

- D’accordo. Andremo in un altro posto. Però… però posso venire a trovarti, dopo?-

Kojiro gli rivolse un mezzo sorriso ed entrò in casa. Ken riprese la bicicletta, e mentre tornava a casa, pensò che forse Kojiro si stava sbattendo troppo. Fin da quando lo conosceva lui, prima delle medie, Kojiro aveva sempre lavorato per aiutare la madre a mantenere la famiglia, e anche adesso, che aveva vinto una borsa di studio, la mattina consegnava il latte nel quartiere, tre pomeriggi la settimana lavorava in un negozio di alimentari e adesso, la sera, avrebbe anche lavorato nel ristorante. Ed in più si allenava regolarmente con la squadra e a scuola manteneva un’ottima media che tutti gli invidiavano. Ken l’aveva sempre ammirato per il modo in cui riusciva a far fronte a tutto, ma forse adesso stava esagerando. Da un po’ era diventato ancora più scontroso e nervoso, non era una novità per lui, ma una volta riusciva a sfogarsi sul campo; non era esattamente un signore, quando giocavano a calcio, ma poi fuori si comportava come una persona quasi normale… ora ogni scusa era buona per attaccar briga, ed aveva avuto a che dire persino con Takeshi, che era l’unico che sapesse sempre come prenderlo. Non gli era mai interessato di inserirsi in un gruppo, nemmeno quello dei suoi compagni di squadra, ma Ken aveva paura che si isolasse troppo. E specialmente, che si isolasse da lui che, per quanti sforzi aveva fatto, non era mai riuscito a fare il salto e diventare un suo “vero” amico. Lo trattava come gli altri, e lui invidiava moltissimo Takeshi che era davvero il migliore amico di Kojiro.

 

Kojiro si sedette alla scrivania pronto per studiare matematica. Gli esercizi di compito non gli erano sembrati troppo difficili, ma non riuscì a concentrarsi per più di cinque minuti, quel pomeriggio. Ken l’aveva davvero messo in imbarazzo, non gli andava di farsi circondare di tutti i suoi compagni mentre correva da un tavolo all’altro come cameriere… in realtà non gli era mai piaciuto farsi circondare dagli altri se non sul campo da calcio, e anche lì più che altro erano un male necessario. Per lui il calcio era il “suo” gioco, la sua partita contro l’avversario di turno, la sua corsa verso la porta in cui fare gol. Il gioco di squadra era stata una conquista sofferta, ai tempi. Ancora adesso gli era difficile lasciarsi andare e affidare le sorti del pallone a qualcun altro e fidarsi delle sue capacità. Un volta anche Ken era così, era scontroso e solitario, e a volte Kojiro pensava che aveva fatto un gran cambiamento. Durante le medie loro tre, lui, Ken e Takeshi avevano cambiato scuola e squadra, e Ken aveva fatto amicizia coi nuovi compagni molto prima che con quelli della Muppet. Adesso usciva con loro, nello spogliatoio ridevano, si facevano battute, parlavano delle ragazze, e Kojiro in quei discorsi non si sentiva a suo agio. Lui non c’era riuscito, ad integrarsi così bene, forse era un’incapacità innata o una qualche malattia sociale… o forse era solo timidezza, ma chi avrebbe detto che uno delle migliori promesse del campo giovanile fosse un timidone?

E comunque, il problema di venerdì sera rimaneva. Ken si era autoinvitato, però avrebbe potuto benissimo vietargli di venire. Tanto sapeva che non l’avrebbe ascoltato. L’unico a cui l’aveva detto, prima, era stato Takeshi, e in pratica l’aveva quasi scongiurato di venire a tenergli compagnia. Se si fosse dato malato…

Scosse la testa, e tornò a concentrarsi su quelle equazioni che non volevano venire. Alla fine però ci riuscì: forse era timido, ma era un gran testone, e quando ebbe finito era già quasi sera; ma le giornate erano lunghe, e il sole era ancora sopra l’orizzonte. Prese il pallone e andò a fare una corsa; sul belvedere incontrò Takeshi che lo stava aspettando.

- Ehi, capitano, ciao!-

- Oh, Takeshi, anche tu qui, che novità!- esclamò Kojiro fingendo sorpresa.

- Be’? Avevo voglia di fare quattro tiri, oggi non c’è stato l’allenamento!-

- Come se non sapessi che cosa vuoi! Lo sai che non si deve fare! I bravi bambini non lo fanno!-

- E’ per quello che vengo da te, non so come potrei, altrimenti. E dai, non fare il rompiscatole-

- Oggi non ne ho voglia- disse Kojiro sedendosi ad ammirare il panorama. Takeshi si sedette accanto a lui, in silenzio, attendendo. Poi non ne poté più.

- E dai, capitano!- Kojiro rise, lo stava mettendo alla prova: resisteva sempre meno, e diventava ogni giorno più impaziente.

- D’accordo, d’accordo, hai vinto. Com’è l’accordo? Se io non ti passo i compiti, tu non mi passi la palla…-

- Ma solo quelli di matematica. Spero che almeno ti siano venute, le equazioni!-

Kojiro diede il quaderno a Takeshi, e questi copiò per un po’ in silenzio. Quando ebbe finito, rimase a fissare per un attimo il viso del suo capitano, che come al solito era pensoso, perso nel vuoto, ma non era sorridente.

- Kojiro, c’è qualcosa che non va?-

- No, niente… è che Ken ha capito che venerdì…-

- Mmm… ho cercato di fargli cambiare idea, ma erano tutti entusiasti… ma perché ti vergogni?-

- Non me la sento, tutto qui. Il mio ruolo… è quello del capitano!-

- Perfettamente d’accordo. Tutta la paura che hanno di te svanirebbe in un attimo…-

- Sì, ma tu non ti dimenticare di venire!-

- Non ti preoccupare. Ehi, stai su col morale… nessuno smetterà di rispettarti anche se servi ai tavoli!-

- Grazie, Takeshi! Ci vediamo domani!-

- Grazie a te per i compiti. Ciao!-

Kojiro tornò a casa di corsa per la strada più lunga. Parlare con Takeshi l’aveva risollevato, e si sentiva leggero e aveva voglia di calciare forte il pallone. Doveva ancora studiare storia, ma era uscito lo stesso perché Takeshi lo aspettava e aveva bisogno di parlare almeno con lui. Lui sapeva sempre da che verso prenderlo, anche se una settimana prima l’aveva trattato da cani, ma era nervoso, al negozio gli avevano detto che avevano bisogno di lui almeno un altro pomeriggio a settimana, per fortuna poi si erano messi d’accordo: sarebbe passato per un paio d’ore tutti i giorni prima dell’allenamento, anche se non aveva idea di come avrebbe fatto, di corsa, a stare al passo con tutto, per fortuna la squadra non faceva molto affidamento sulla sua puntualità, in passato aveva dato ampia dimostrazione delle sue capacità drammatiche… meglio così.

Lui. Kojiro Hyuga, l’uomo che non deve chiedere mai!

Rimase sveglio sul libro di storia fino a notte fonda, dopo cena; ma gli piaceva. Dalla sua camera si vedeva una bella fetta di cielo, che era la sua buonanotte quando andava a letto talmente stanco che non si sarebbe più retto nemmeno in piedi.

Quel venerdì i ragazzi della squadra andarono in un fast-food in un altro quartiere della città; Ken non aveva faticato molto a convincerli, d’altra parte, il venerdì sera bastava fare casino, non importava dove… e Takeshi all’ultimo momento si inventò un impegno inderogabile e non si fece vedere. Ken non se ne stupì, anzi, avrebbe dovuto prevederlo. Aspettò che fosse abbastanza tardi per abbandonare la compagnia e tornò più in fretta che poteva verso il campo sportivo. Sperava che Kojiro non avesse già smontato, e comunque era sicuro che non se la sarebbe presa se anche non fosse andato a salutarlo. Quando ci arrivò, nel ristorante non c’era molta gente. Indugiando sull’ingresso, guardò dentro, e con un sorriso amaro vide che al banco, dietro cui era affaccendato Kojiro, c’era Takeshi che gli parlava con un’espressione allegra. Anche l’altro sembrava allegro, in quel momento stava ridendo. Ken immaginò che quella risata gli sarebbe morta sulle labbra se per caso avesse girato gli occhi verso la porta e l’avesse visto. Rapidamente tornò di nuovo fuori, camminando verso casa respirando l’aria frizzante della notte, e pensando che era uno stupido se gli veniva da piangere per quella sciocchezza.

 

- Non è venuto…- sospirò Kojiro appendendo il grembiule, finito il suo orario.

- Ti dispiace?- gli chiese Takeshi, che non stava più nei pantaloni da tutti gli spaghetti che aveva mangiato per non farsi cacciare via dal padrone.

Kojiro alzò le spalle. Takeshi, per la prima volta da quando conosceva Kojiro, si sentiva spiazzato. Non sapeva che cosa provava il suo capitano in quel momento, ed era strano. Di solito gli vedeva dentro come in una palla di cristallo, per lui era perfettamente trasparente.

L’altro guardava a terra, le mani sprofondate nelle tasche, temporeggiando, come se stesse aspettando qualche minuto per dare la possibilità a Ken di arrivare…

- Ti dispiace?- ripeté Takeshi.

- Ma no… tanto so che stava scherzando, e poi… si staranno divertendo tutti come matti…-

- Già- Kojiro guardò l’amico: avrebbe voluto essere a far baldoria con gli altri. - Che dici, capitano, li raggiungiamo?-

Kojiro fu tentato. Una bella improvvisata…

- No, ora non ne ho voglia. E poi saranno già tornati a casa…- Sì, un minuto prima li vedeva a smontare il locale e un minuto dopo già a letto, a nanna da un pezzo… Kojiro non ragionava quand’era turbato. O quand’era arrabbiato o quand’era stanco: praticamente quasi mai, e quello decisamente non era il momento più felice per le sue facoltà intellettive.

- Capitano…-  Takeshi non resistette. Doveva capire che cosa gli passava per la testa e l’unica era chiederglielo. - Dimmi, ci sei rimasto male?-

- Anzi, speravo proprio che non venisse!- Kojiro aveva ripreso il solito spirito, e Takeshi ne fu solle-vato. Non gli andava di lasciarlo la sera di venerdì solo e depresso.

- L’aveva detto per prendermi in giro… per farmi prendere paura!- Kojiro salutò Takeshi con una gran pacca sulla spalla e rientrò in casa con quello stupido sorriso stampato sulla faccia.

Aveva davvero sperato che Ken venisse a trovarlo al ristorante?

No… e sì. Avrebbe voluto, sì, se non ci fosse stato Takeshi con lui. Stare con entrambi gli faceva capire che c’era qualcosa di diverso tra loro, che non erano entrambi, semplicemente, degli amici. In parte, era anche per quello che cercava di uscire il meno possibile con la squadra. Anche perché era un orso, ma un po’ era per quello.

 

- Evviva! Vacanze!- gridò Ken lanciando in aria la sua borsa e saltando a riprenderla con una mossa spettacolare.

- Montato- disse una ragazza mentre la sua amica sveniva accanto a lei. Takeshi, che si stava avvicinando a loro, aveva un’aria più depressa della media.

- Take-chan, che cosa c’è? Finalmente siamo in vacanza!-

- Sì, e magari non sarò più in classe con Kojiro…-

- … e chi mi passerà i compiti?- gli rifece il verso la ragazza. - Almeno avremo la scusa per studiare insieme…-

- Oh, Michi, non ci avevo pensato!-

- Certo, se non ci pensassi io alle cose…!-

Lasciando a terra la sua amica che rantolava per Ken, assolutamente indifferente, Michiko e Takeshi si allontanarono chiacchierando. Kojiro vide di sfuggita i due piccioncini e gli venne da ridere: in quell’ultimo anno Takeshi era diventato praticamente l’idolo degli spogliatoi perché era stato il primo a mettersi con una ragazza: lui, che era stato sempre lo zimbello di tutti, il più piccoletto, con la faccia tosta che nessuno di loro aveva si era presentato da Michiko - che non era la ragazza più bella della scuola ma una delle più carine senz’altro- e l’aveva conquistata, anche se lei diceva di odiare il calcio e disprezzare i calciatori… eh, sì, da piccolo Takeshi ne aveva prese talmente tante che non aveva più paura di nessuno, nemmeno di una ragazza adolescente…

- Ehi, Kojiro! Stasera però ci vieni a festeggiare a casa di Miyake, vero?-

Il mezzo sorriso, quello del capitano tosto, fu quello che nacque sulle labbra di Kojiro.

- Domani mattina devo lavorare- disse.

Ci avrei giurato gli disse il sorriso di Ken, il suo sguardo che incontrò all’improvviso. Quello sguardo da cui non riuscì a staccarsi se non dopo essersi allontanato un bel po’.

Le vacanze crearono un clima disteso, benché precario. Kojiro era invaso da una sensazione di onnipotenza per cui credeva che si sarebbe barcamenato senza problemi anche dopo la riapertura delle scuole. Adesso aveva un’infinità di tempo per fare tutto, e fra una commissione e un allenamento trovava anche il tempo di passeggiare oziosamente e di andare a vedere le partite delle altre squadre.

Poi, il primo giorno di scuola, nella solita ressa davanti ai cartelloni per vedere le nuove classi, Takeshi rischiò di sciogliersi in lacrime davanti a tutti.

- Non più in classe insieme, eh?- lo apostrofò Kojiro.

- Peggio… nemmeno in classe con Michiko! Tanto sono abbonato alla classe di recupero, però mio padre mi farà la pelle, ha promesso che mi avrebbe frustato sul sedere se questa pagella…-

- Meno male che non fai canottaggio, non devi star seduto per giocare a pallone!-

- Sì, ridi, sta’ sicuro che il nostro patto è revocato! Diventerò io il capocannoniere questo campionato, ha!-

- Chi è il capocannoniere? Tu, piccolo? Allegro. Kojiro, avrai lo stesso qualcuno a cui passare i compiti!- li prese in giro Ken.

- Sì, stai fresco!- disse brusco Kojiro e si allontanò.

- Ehi, ma perché fai così?-

Era vero, gli faceva male, troppo male, vedere che Kojiro lo teneva a distanza… proprio come tutti gli altri, ma non gli andava di essere come tutti gli altri.

 

La prima settimana non fu difficile. Aveva ancora le energie accumulate durante le vacanze, e lo studio era leggero. Cominciò a calare un po’ nella seconda settimana, la terza strinse i denti e resistette, ma alla fine del mese era arrivato al limite. La sera aveva l’impressione che il giorno dopo sarebbe collassato. Sua madre gli diceva che lo vedeva sciupato, sempre di corsa, ma Kojiro si sarebbe tagliato la lingua piuttosto che dirle che non ce la faceva più, ed era talmente testone che preferiva crollare mentre consegnava il latte o la spesa piuttosto che riconoscere i suoi limiti e licenziarsi. Si diceva anche che la fatica gli sarebbe servita come allenamento per affrontare le partite più impegnative… intanto arrivava tardi agli allenamenti e cominciò a saltarli, prima una volta, poi due, lui che non avrebbe rinunciato al calcio per niente al mondo.

Ma in campo era distratto. Mancava i passaggi, non controllava i palloni, sbagliava mira: era come dire che il mondo girava all’incontrario.

- Ma perché non lasci perdere qualcosa?- insistette Takeshi, un giorno, a pranzo, fuori nel cortile.

- Non posso! Mia madre non può…-

- Non dico di non fare più niente, ma prima facevi due lavori, non era sufficiente?-

- Guarda che i miei fratelli crescono!-

- Sì, ma anche tu non sei mica un robot! Ti vedo che non ce la fai più, e non hai tempo per fare più niente… ieri per poco non ti addormentavi in campo!-

- E’ solo perché non ci sono abituato!- ribatté Kojiro irritato. - E poi anche fare avanti e indietro è un buon allenamento-.

- Non puoi continuare così-.

- Hai rotto, Takeshi, perché non vai a dar fastidio a qualcun altro?-

Takeshi se la prese e rimase lì, seduto sul prato, imbronciato. Kojiro tornò a dedicarsi al suo pranzo. Però la sera, in effetti, si sentiva sempre distrutto… si sentiva i muscoli tesi come fossero di cemento.

- Ehi, che silenzio! Cos’è, vi state parlando col pensiero?-

- Vattene, Ken- dissero contemporaneamente.

- Che atmosfera pesante! Cos’è successo?-

Di solito Takeshi teneva le cose per sé, ma stavolta era davvero arrabbiato.

- Lui non vuole ammettere che come tutti gli esseri umani si stanca a fare duecento cose!-

- Fatti gli affari tuoi e sta’ zitto! Anzi, perché non vi levate dai piedi tutti e due?-

Ken vide che nello spiazzo i loro compagni li chiamavano per giocare.

- Venite a fare una partita?-

Takeshi si alzò subito, Kojiro non rispose neanche. Ken rimase a guardarlo un po’ mentre si sdraiava comodamente sotto l’ombra di un albero e, appena chiuse gli occhi, si addormentò. Eh, sì, era proprio sfinito, e chissà fin quando avrebbe retto quel ritmo. Conoscendolo, finché la fatica non l’avesse distrutto.

Quando la pausa pranzo finì, Kojiro si svegliò e si sentì decisamente meglio. Decise che avrebbe potuto fare un pisolino ogni giorno, a quell’ora. Durante le lezioni del pomeriggio, però, il suo cervello si assentò varie volte, e Kojiro non riuscì a seguire molto. Quella sera arrivò a casa tardi e, mentre studiava, inavvertitamente mise la testa sul libro e si addormentò così. La mattina, quando si svegliò tutto indolenzito e infreddolito, cominciò a sospettare che forse stava cominciando a cedere. Takeshi non lo salutò nemmeno, quando lo incontrò per strada accelerò il passo, e fu così anche per i giorni seguenti. Kojiro aveva voglia di dimenticare il loro litigio, ma quella volta Takeshi doveva proprio essersi offeso. Non gli rivolse la parola nemmeno negli spogliatoi, e l’aria lì dentro era talmente tesa che si sarebbe potuta tagliare con il coltello. In più Kojiro arrivava regolarmente in ritardo e si faceva sgridare sempre più spesso dall’allenatore. Non aveva mai giocato così male, sembrava avere sempre la testa fra le nuvole.

- Kojiro! Kojiro, il prof…- Dietro qualcuno lo stava stuzzicando con la matita, per avvertirlo, ma Kojiro non si riscosse in tempo.

- Hyuga! Kojiro Hyuga!- tuonò il professore.

- Mmm…- fu la risposta di Kojiro, che ancora non stava capendo bene.

- Nella mia classe non si dorme! Se vuoi farlo, è meglio che te ne vada fuori-.

Kojiro alzò le spalle, nel silenzio di tomba del resto della classe.

- Non mi rende mica così facile rimanere sveglio, sa?- rispose, col suo solito tono sprezzante.

Il prof diventò rosso, e gonfiò il collo per la rabbia tanto che sembrò strozzarsi con la cravatta.

- Fuori! Vattene subito fuori, anzi, ne parlerai col preside! Avanti!-

Kojiro rimase appoggiato alla parete finché non finì la lezione, e poi dovette seguire il professore fino all’ufficio del preside.

- Va bene, professor Terada, ora vada pure dalla sua classe, ci penso io- lo congedò il preside. Poi si alzò per guardare fuori dalla finestra, dando le spalle a Kojiro, a lungo. Il ragazzo tossicchiò piano per richiamare la sua attenzione.

- Hyuga-kun, che cosa credi di fare? Terada ha detto che non è la prima volta che ti comporti in maniera sgarbata con i professori, ma nessuno finora ti ha mai denunciato, Hyuga! Be’, adesso sta’ molto attento: mi aspettavo una cosa del genere, la tua indisciplinatezza mi è stata comunicata dalla tua vecchia scuola. Hai una media brillante, ma hai anche una borsa di studio, e se prenderemo qualche provvedimento potresti anche perderla, ricordati che ti tengo d’occhio, Hyuga, fa’ un’altra sciocchezza e sei fuori!-

Kojiro uscì nero dall’ufficio del preside. Terada non l’aveva mai potuto vedere, per lui era solo un teppista, ed il fatto che aveva dei buonissimi voti nella sua materia lo mandava letteralmente in bestia. Lui ed il preside non aspettavano altro che un suo passo falso per poterlo tormentare… aveva dato qualche rispostaccia ai professori, qualche volta, ma una decina di suoi compagni potevano dire altrettanto. Quanto alla disciplina nella vecchia scuola… aveva fatto a botte un paio di volte con qualche squadra avversaria, e tutta la squadra ne era rimasta coinvolta…

Rientrò in classe ostentando disinvoltura, ma per quanto si sforzasse, non riuscì ad interessarsi alla lezione. Improvvisamente aveva mal di testa, ed il sonno non gli era passato.

Quando uscirono da scuola il tempo non era bello, nuvole scure si erano addensate in cielo. All’uscita c’erano Takeshi e Ken che lo aspettavano. Kojiro passò loro accanto senza guardarli.

- Ehi, Kojiro…- lo chiamò piano Takeshi.

- Ah, allora ti ricordi come mi chiamo!- disse Kojiro senza girarsi.

- Kojiro, fermati un attimo…- disse Ken.

- E tu, che cosa ci fai qui? Perché non te ne vai?-

Ken ci rimase male e rimase fermo a guardarli, mentre si allontanavano, rabbrividendo.

Si era aspettato un trattamento diverso? Si era illuso.

- Kojiro, aspettami! Non fare lo stupido! Ho saputo che cosa è successo!-

- E allora sappi che voglio solo essere lasciato in pace. Sono già in ritardo-.

- No, invece, ti fermi e mi ascolti!- Takeshi gli si parò davanti impedendogli di passare. Kojiro alzò gli occhi al cielo.

- Avanti, allora, che vuoi?-

- Ken mi … mi ha detto cos’hai fatto oggi in classe…-

- Non è colpa mia, è Terada che…-

- Ti sei addormentato! Ti sei addormentato in classe, Kojiro! Ieri sera hai lavorato fino a tardi, è vero?-

- Io…-

- E’ vero? Devi… non ti puoi sfiancare così, Kojiro…-

- Ora basta con le prediche. Devo andare, sono già in ritardo-.

- Senti, perché non vai a casa e ti riposi? Passo io al negozio, gli dico che… che non stai molto bene…-

- Ma va’, sto benissimo! E poi chi lo sente il principale!- Kojiro fingeva di essere allegro, ma la prospettiva di lavorare ancora non gli sorrideva per niente.

- Kojiro, da un po’ sei pallido… sei sempre stanco, e… non dormi abbastanza…-

- Ma chi sei, mia madre? Smettila un po’!-

- Sei sicuro di non impegnarti troppo?-

- Assolutamente sicuro, ora devo andare. Ciao!- Kojiro corse via.

Takeshi lo guardò, e restò a fissare davanti a sé anche dopo molto che fu scomparso. Naturalmente sapeva che non gli avrebbe mai dato retta, ma non sarebbe stato in pace finché non avesse fatto un po’ di tentativi, quello non era che il primo. Però… non riusciva a capire come mai tutta quella smania di lavorare, di sbattersi fino allo sfinimento se non ce n’era per niente bisogno… frequentava la scuola con una borsa di studio dal credito molto alto, che comprendeva anche i meriti sportivi, e l’assegno copriva le spese necessarie e anche quelle superflue,  quindi per quello non dipendeva dalla famiglia… sarebbe bastato che facesse anche un solo lavoretto per contribuire a sufficienza… ma da un po’ lo vedeva nervoso, smanioso davvero di darsi da fare, di occuparsi, come se cercasse un modo per stare lontano da casa il più possibile…

Takeshi era davvero preoccupato. La cosa che lo tormentava era che, per quei lavori, Kojiro stava trascurando il calcio, la sua grande passione. Una volta - solo un paio di mesi prima- avrebbe dato via tutto quello che aveva per continuare a giocare a calcio, aveva passione e impegno, come al solito… adesso era come se non gli importasse più, come se gliene importasse meno rispetto a cose che prima considerava ai piedi della sua scala di valori. E adesso stava quasi per cominciare il turno dei quarti del campionato… avevano passato le eliminatorie senza nessun problema, le squadre che avevano incontrate erano state facili da battere, ma quelle che erano rimaste erano agguerrite e forti. C’erano le vecchie conoscenze, quelle che ogni anno avevano una sorpresa nuova e giocatori sempre più capaci ed in forma, e c’erano anche le squadre emergenti, quelle che si erano impegnate fino in fondo per raggiungere buoni livelli e che non si sarebbero lasciare scartare facilmente… e Kojiro impazziva tutto d’un tratto. Si sentiva egoista a pensare alla squadra in quel momento, ma anche per lui era importante… e santo cielo, ci teneva a vincere! La squadra faceva affidamento su Kojiro. La difesa e Wakashimazu rendevano la porta quasi impenetrabile, il centrocampo era imbattibile, ma l’attacco poggiava quasi tutto sulle spalle di Kojiro… potevano scordarsi i punti, senza di lui.

Ma perché non ti confidi con me? Cos’è che ti tormenta?

 

Quando la campanella suonò, aveva lasciato in bianco quasi metà del compito. Non gli era mai successo. Eppure non era riuscito a finire neppure tutti gli esercizi che aveva cominciato.

E Ken da dietro non gli rendeva le cose facili. Continuava a punzecchiargli la schiena con la matita.

- Dai, Kojiro, fammi vedere! Dai, non essere egoista!-

- Finiscila, Ken! Lasciami stare-.

Avevano consegnato entrambi dopo un bel po’ di sollecitazioni del prof., e oltre alla delusione Kojiro dovette anche beccarsi l’occhiata furente di Ken.

- Sei un pezzo di merda. Scommetto che a Sawada lo facevi copiare-.

Kojiro non aveva voglia di ribattere. Si sentiva troppo giù, non gli era mai andato così male un compito di matematica, neanche quella volta che l’aveva fatto con la febbre; e non gli andava nemmeno di considerare se, nel caso che fosse filato come un treno come al solito, l’avrebbe fatto copiare a Ken oppure no. Probabilmente sì. Ma in quel caso non sapeva lui stesso che pesci pigliare…

Quel giorno doveva schizzare al lavoro, e una volta finito correre di nuovo agli allenamenti. Quando finì l’ultima consegna era dall’altro capo della città, e sarebbe arrivato in ritardo comunque; non aveva voglia di scalmanarsi. Quegli stupidi esercizi che gli erano sembrati incomprensibili gli ballavano ancora in testa, e si dava dello stupido per aver sottovalutato quel compito…addio media, se prendeva un’insufficienza…

Rise. Una volta si sarebbe strappato i capelli per il disonore. Forse avrebbe anche meditato il suicidio per non dover sopportare la vergogna, suppose. Ma ora… gli sembrava che non gliene fregasse niente. Alla fine, be’, non gli importava più di granché… quali erano quelle cose importanti per cui si era scalmanato fino a pochi giorni prima? In realtà, nessuna era vitale, per lui. Nessuna…

- Hyuga! È la quinta volta in tre settimane! Hai preso il campo per il tuo albergo personale?-

- Io…-

- Che sia l’ultima volta! E adesso… mettiti lì in panchina e guarda! Oggi non giocherai-.

Kojiro e anche il resto della squadra rimasero a bocca aperta. Si aspettavano i soliti giri di campo che l’allenatore assegnava come punizione… Kojiro era anche disposto a farli, se li meritava, aveva bighellonato pur sapendo di essere in ritardo pazzesco. Invece l’allenatore lo puniva escludendolo, e questo faceva molto più male delle gambe dopo venti o trenta giri di corsa… sentendosi un perfetto idiota si sedette in panchina, guardando i palleggi e i tiri in porta… e un momento dopo, sbatté le ciglia e se li ritrovò tutti davanti, che lo fissavano a bocca aperta. L’allenatore lo stava scuotendo.

- … solo in ritardo, ti addormenti pure!-

- Oh, mmm…-

- Via, voi! Andate a cambiarvi, non c’è niente da vedere!- gridò l’allenatore. Tutti scomparvero in un batter d’occhio, e il prof si sedette accanto a Kojiro.

- Hai qualche problema, Hyuga-kun?-

- Nessun problema, signore!-

- Già… dev’essere l’influsso della luna, allora, perché ne ho sentita di ogni colore su di te, in queste ultime settimane-.

Kojiro tacque. Ecco in arrivo una bella predica.

- Prima ti addormenti in classe di Terada, il preside te le canta a dovere, arrivi in ritardo agli allenamenti e ti addormenti in campo! E non hai mai giocato così male come in questo periodo. E in quanto ai tuoi voti…-

- Non c’è niente che non vada nei miei voti!- ribatté Kojiro piccato.

- Hyuga, i tuoi voti stanno peggiorando! Quasi tutti i professori sono venuti a lamentarsi che pretendo troppo da te! Sei stanco, svogliato, non fai i compiti e la tua media si sta abbassando. Se continui così la tua borsa di studio…-

Kojiro sbuffò, con fare scocciato. Che palle, tutti lì a impicciarsi della sua vita.

- Senti, i tuoi compagni mi hanno detto che ora fai tre lavori-.

- Che cosa gliene frega?-

- Me ne frega, invece! Fra lavoro, calcio e ancora lavoro, studierai di notte, quando ci riesci! Non posso permetterti di fare una cosa del genere… di stancarti così tanto, non puoi reggere! Quindi, o ti dai una regolata… o sei fuori dalla squadra. Non puoi far tutto, devi scegliere-.

Kojiro si sentì come se il suo cuore avesse smesso di battere. L’allenatore minacciava di cacciarlo dalla squadra? Tremila pensieri si affacciarono nella sua testa. Non poteva sbatterlo fuori, era solo grazie a lui che avevano speranze di vittoria! Ma ultimamente, il suo contributo era stato minimo… e poi, avrebbe perso la borsa di studio? Però non poteva lasciare il lavoro, e la squadra… non sapeva che cosa fare. A qualcosa doveva pur rinunciare. Se avesse smesso di fare anche uno solo di quei lavori… non ci voleva pensare. Se i suoi compagni l’avessero saputo… il perché si affannava tanto…

 

Il prof di matematica aveva riportato i compiti della settimana prima. Kojiro voleva mimetizzarsi col banco perché presagiva che cosa lo aspettava. Se fosse stata un’insufficienza, addio media… e avrebbe fatto una fatica enorme a recuperarla…

Ken era ancora arrabbiato. Non lo aveva più stuzzicato da qual giorno come faceva sempre, e le rare volte che avevano giocato non gli aveva rivolto che fredde occhiate.

- Hyuga, ma che cosa ti è successo? Da te non me l’aspettavo- gli disse il prof ridandogli il compito. Grazie a Dio era solo una C. Una volta al pensiero di prendere una C il suo orgoglio si sarebbe ribellato… adesso era addirittura sollevato.

- Guarda che cosa puoi fare, Wakashimazu… con te non ho proprio speranze, non mi puoi deludere…- disse infine il prof a Ken, quando ebbe ridato anche a lui il compito. Kojiro notò che lo guardava ancora gelido.

- Ehi, secchia, che cos’hai preso? Fammelo vedere- Ken gli strappò il compito dalle mani, sicuro di trovarci la solita A per potersi arrabbiare ancora. Kojiro cercò di non farglielo prendere, ma alla fine Ken glielo strappò, e rimase a bocca aperta.

- Ma che ti è successo? Non stavi bene?- gli chiese con voce più bassa, in tono dolce. - Non hai fatto neanche tre quarti degli esercizi…-

- Lasciamo stare, ok? Mi sbatto giù già da solo-.

- Scusa se…-

- Piantala, va bene? È solo un compito, accidenti!-

Ken non aveva mai visto Kojiro così giù, nemmeno quando avevano perso le finali di campionato… almeno lì si era impegnato con tutto se stesso, ora invece, pensava che avrebbe potuto fare di più… sarebbe stata una croce doverlo sopportare…

- Una C?- strillò Takeshi.

- E non gridare! Ci sono due o tre persone che ancora non lo sanno!-

- Ma… una C in matematica? Tu?-

- Tutto muscoli e niente cervello- buttò lì Michi passando.

- Michi! Michi!- Takeshi sparì dietro a lei. Kojiro sospirò. Quella gli aveva portato via il migliore amico... chi si sarebbe sciroppato i suoi sfoghi senza giudicarlo una pappamolla adesso? Vide che Ken lo guardava da lontano come per tenerlo d’occhio e scappare al minimo segno di avvicinamento. No, lui non era nemmeno da considerare. Se la dava a gambe da un po’, quando lo vedeva… forse temeva che fosse malato da morire visto che aveva preso una C?

- Bene, ragazzi, qui ci sono dei depliants… fate i gruppi e scegliete dove passerete la vostra giornata libera, ce lo dovete comunicare al più presto- concluse il capoclasse dopo l’assemblea della mattina.

Durante l’intervallo Takeshi avvicinò Kojiro.

- Senti, perché non decidiamo di andare nello stesso posto? Potrebbe venire anche Michi…-

- Ok. Fai pure tutto tu-.

- Come sei entusiasta! Che cosa ti è successo?- ribatté ironicamente Takeshi.

- Che cosa state cospirando? Vero che mi posso unire al vostro gruppo, Takeshi?-

- Tecnicamente non saremmo un gruppo... però l’amica di Michi verrebbe volentieri con noi, se ci fossi tu…-

- Facciamo il gioco delle coppie?- intervenne Kojiro con tono seccato. - perché ognuno non sta per gli affari suoi?-

- Oggi Kojiro è in forma, eh?- disse Ken. L’ostinazione del capitano lo rendeva dannatamente nervoso.

- Va bene, se non volete vado a dirlo a Michi- se la prese Takeshi.

- Ma no, dai, facciamo come vuole lei. Non litighiamo, per favore, stamattina ho mal di testa!-

Takeshi sorrise, e anche Ken aveva ottenuto quel che voleva. Stare in gruppo con Kojiro voleva dire seguirlo da vicino… forse avrebbe capito che cosa di lui lo infastidiva così tanto.

Quando partirono per la gita Kojiro era allegro. Alcuni dissero di averlo visto persino ridere, anche se per la maggior parte del viaggio dormì comodo sprofondato in un sedile. Ken invece si agitava nervosamente camminando su e giù per il corridoio che portava ai bagni.

- Che cos’hai, Ken? Già nostalgia?-

- Finiscila, Takeshi, non sono tanto in vena di scherzi…-

- E come mai?-

- Ecco, io… non so… non so se…-

- Sarò muto come una tomba, te lo assicuro!- lo spronò Takeshi, che ormai stava morendo dalla curiosità.

Ken sospirò. Forse era l’atmosfera di vacanza, ma non era tanto restio a parlarne come al solito.

- E’ che… forse non dovevo mettermi in gruppo con voi-.

- Ho capito… è per via di Asako? Ti piace qualcun’altra e hai paura che vedendoti con lei…-

- Ma che cosa hai capito?? Senti, no, lasciamo perdere, ok? Lasciami in pace!-

Ken se ne andò, ancora più turbato di prima. In realtà Takeshi c’era andato vicino… stava male per via di Asako, l’amica di Michi, che gli aveva dato una lettera d’amore non appena erano saliti sul treno. Come avrebbe fatto a dirle chi gli piaceva in realtà? E, problema ancora più grande, come avrebbe fatto ad ammetterlo anche con se stesso?

A lui piaceva Kojiro. E per questo stava male. Non avrebbe dovuto provare quel genere di sentimenti per un ragazzo, figuriamoci per il suo capitano… eppure, quando Kojiro lo guardava sperava sempre che gli rivolgesse un sorriso, una parola gentile… avrebbe voluto seppellirsi sottoterra per non pensarci… come gli era venuto in mente di unirsi al loro gruppo? La gita avrebbe potuto essere una salutare quanto necessaria pausa... non avrebbe dovuto vederlo tutti i giorni e invece…

- Scusa, mi puoi far passare? Dovrei andare…-

Ken alzò gli occhi e vide Kojiro. Arrossì e abbassò lo sguardo, così non vide che anche l’altro era diventato tutto rosso.

- Scusa, capitano, passa pure…-

- Pe… perché non vieni di là con noi? Akane e Tatsuya stavano facendo il gioco dei mimi…-

- Non ne potevi più, eh?-

Kojiro si rilassò e sorrise, poi si infilò nel bagno. Era davvero carino quando sorrideva… ma a Ken piaceva di più quand’era preso, concentrato, quando giocavano e Kojiro dava tutto se stesso… gli sorrise di nuovo quando gli passò accanto per tornare nello scompartimento.

L’albergo era un bel posto, aveva anche un piccolo giardino con un minuscolo laghetto al centro. Takeshi lo adocchiò subito per una romantica passeggiata con Michiko… ma quella sera la ragazza si dichiarò impegnata a disfare le valigie insieme alle sue compagne. Cento a uno che avrebbero spettegolato sui ragazzi che facevano loro il filo… Michi gli aveva fatto capire che Asako aveva dato una lettera a Ken, e in pratica gli aveva ordinato di sondare il terreno… Takeshi non aveva voglia di scambiare la sua passeggiatina con Ken… tanto, lui avrebbe negato. Così fece quattro passi con Kojiro, che era talmente allegro da sembrare drogato.

Si sedettero su una panchina distante dal laghetto.

- Kojiro, com’è che sei così allegro? Sei particolarmente contento-.

- Trovi davvero? No, non mi sembra… mi piace l’idea della gita-.

 L’allenatore gli aveva detto di rilassarsi durante la gita e pensare a sgomberare la mente dallo stress, poi al ritorno sarebbe riuscito a prendere una decisione. Che buffo, Kojiro aveva pensato che il pensiero l’avrebbe assillato per tutta la settimana, invece era la prima volta che ci pensava, quel giorno.

- Adesso non diventarmi taciturno perché te l’ho chiesto! Tu e Ken mi sembrate due gemelli…-

Kojiro arrossì.

- Che… che c’entra Wakashimazu adesso?-

- Anche lui quando gli ho chiesto che cos’aveva si è arrabbiato… sembrava un animale in gabbia, sul treno. Anzi, non siete gemelli, siete proprio opposti! Tu sei sempre schivo e oggi sembri ubriaco, lui di solito sembra una persona normale e per poco oggi non mi morde… l’unico equilibrato sono io-.

- Da quando conosci Michiko sei cambiato anche tu-.

- Già… essere innamorati…- Takeshi tacque. Un’idea si stava facendo strada nella sua mente. Se ci fosse stata Michi avrebbe sicuramente creduto che quei due fossero innamorati. Magari Asako aveva qualche possibilità…

- Ehi, capitano, sai che Asako ha scritto una lettera a Ken?- riprese Takeshi, tanto per spettegolare. Kojiro contrasse un pugno.

- E lui? Che cos’ha detto?-

- Per me gli piace qualcun’altra. Si vede lontano un miglio che non la sopporta… potrebbe essere Asuka… o Chiho…-

Kojiro stringeva sempre di più quel pugno.

- Lo… lo dici per dire o sei sicuro?- la sua voce tremava un po’.

- Ma non lo so, lo dicevo… capitano, che cos’hai?-

Una lacrima scorreva sulla guancia di Kojiro, che si affrettò ad asciugarsi gli occhi.

- Niente, un… un po’ di polvere…-

- Ti ho punto sul vivo, eh? Ma non sono mica sicuro che a Ken piaccia una di quelle due, se ti fai avanti…-

- Ma chissenefrega delle ragazze! Io non voglio che…- Kojiro s’interruppe, inghiottendo i nuovi singhiozzi che si stavano facendo strada. Takeshi arrossì fino alla radice dei capelli. Quella era un’ipotesi che non aveva per niente considerato. Pensò per un attimo di lasciar perdere il discorso per sfuggire all’imbaraz-zo, ma ormai aveva scoperchiato il vaso di Pandora.

- Ma allora… stai parlando di Ken?-

Kojiro smise di controllarsi, ma non pianse. Singhiozzò un paio di volte e poi si calmò.

- Non… non è così terribile da dire. E io che credevo…-

- Ora… stai bene? Ti senti meglio? Da… da quanto dura questa… cosa?-

- Io… non lo so, Takeshi. Ce l’hai con me? Io non voglio che noi…-

- Dì la verità, eri contento perché era in gruppo con te… o no?- Takeshi aveva recuperato lo spirito di sempre, segno che la cosa l’aveva sconvolto meno del previsto.

- No, io… io… ho sempre cercato di stargli alla larga, non è… non è una cosa normale…-

Takeshi tacque. Era vero che non era normale, ma voleva trovare delle parole che facessero capire a Kojiro che lui stava dalla sua parte… ma improvvisamente sentì il rumore di qualcosa che cadeva nell’acqua del laghetto.

- Hai sentito?-

- No, che cosa?-

- Io… vado a vedere. Rimani qui, se ti chiamo corri, però-.

Takeshi aveva paura che qualcuno fosse caduto nell’acqua. Mentre si avvicinava sentì un altro splash. Si fermò poco prima della radura del laghetto, e vide che sulla riva c’era Ken, che stava buttando nell’acqua quello che gli capitava in mano. Anche lui era in lacrime, quella doveva essere la sera dei piagnistei.

- Toh, prendi questo!- gridava Ken gettando i sassi nel lago. - Per la tua stupida lettera… e questo! Takeshi, per il tuo stupido gruppo… Michiko, affogati! E questo… per te capitano!- ma non riuscì a gettare quello che aveva scelto per Kojiro. Si mise seduto e pianse, picchiando forte un ramo a terra fino a ridurlo a pezzettini. - Ma perché? Vai via… levati dalla mia testa… Kojiro!-

Takeshi si sentì girare la testa. Ma stava anche per scoppiare a ridere. Due rivelazioni di quel tipo, e tutte in una sera! Era una situazione che a raccontarla non ci avrebbe creduto nessuno. Nemmeno lui stesso…

Eppure avrebbe dovuto capirlo. Quei due sembravano cercarsi e respingersi come i poli uguali della calamita… uffa, e adesso? Erano due testoni tali che si sarebbero fatti torturare pur di non ammettere uno di fronte all’altro che si piacevano. Erano capaci di non confessarlo nemmeno a se stessi, figuriamoci con qualcun altro…

Forse avrebbe fatto bene ad accennare qualcosa a Kojiro. Sì, così entrambi di comune accordo gli avrebbero tirato il collo. E poi era convinto che Kojiro non gli avesse ancora detto tutto. Quella era una cosa che lo tormentava, è vero, ma non gli aveva spiegato niente del suo comportamento degli ultimi tempi…

Quando tornò alla panchina, trovò Kojiro che dormiva beatamente. Lo svegliò piano e tornarono nella loro camera, dove avevano i futon vicini. Una mezz’ora dopo rientrò anche Ken, che si era calmato e non piangeva più. Anche lui si addormentò subito, e l’indomani mattina sembrava aver scordato tutto.

- Come ti è sembrata la visita di oggi?-

- La guida era una palla!-

- Concordo!-

D’improvviso il dialogo fra Kojiro e Takeshi si gelò. Era arrivato anche Ken ed improvvisamente nessuno dei due sapeva come comportarsi. Kojiro non voleva che Takeshi lo osservasse e giudicasse quel che faceva, e Takeshi non voleva dire o fare qualcosa che mettesse in imbarazzo i due amici, e stranamente non gli venivano in mente che frasi a doppio senso e battutine.

Ken ci rimase male. Se ne andò senza una parola, scuro in volto.

- Perché non hai detto niente?- chiese Kojiro.

- Ehm… non sapevo cosa dire… per non metterti in imbarazzo…-

- Vorrei restare un po’ da solo, ti dispiace?-

- Sei sicuro?-

Il capitano annuì. Era piuttosto tardi, e Takeshi aveva sonno. Però gli dispiaceva lasciare Kojiro solo a rimuginare.

- Ehi, non fare tardi, ti aspetto, ok?-

Kojiro annuì di nuovo e sorrise. Quando rimase solo chiuse gli occhi e chinò il capo all’indietro. Quando riaprì gli occhi vide di sfuggita Ken.

- Ehi, Wakashimazu! Scusa per prima…-

- Scuse da te? È un evento storico!-

- Sì, sfotti…-

Kojiro si chiuse di nuovo, e Ken si precipitò a farsi perdonare.

- No, no, dai, stavo scherzando…-

- Ok…-

Tacquero. A Kojiro era tornata in mente la decisione di lasciare la squadra.

- Non mi chiamare più capitano- disse dolcemente.

- E perché?-

- Io… credo che lascerò la squadra-.

Ecco. Era stato più facile di quel che pensava. Non era nemmeno troppo sconvolto. Ma Ken sì. Aveva una faccia che era un programma.

- Non puoi!- gridò. - Tu sei… il cannoniere del campionato, il capitano… il numero dieci!-

Dio santo, sembrava prendersela più a cuore lui. Probabilmente sapeva che senza Kojiro non c’erano possibilità di vincere, nemmeno con la sua “cortina di ferro” in porta.

- Be’, sai, in questo periodo ne ho fatte un po’ troppe, di cose. Devo darmi una regolata e anche l’allen…-

Ken gli aveva chiuso la bocca con la sua. Kojiro rimase stupito, per un attimo, ad occhi aperti, e Ken cercò di godersi quella frazione di secondo perché poi Kojiro gli avrebbe spaccato la faccia. Ecco che contraeva i pugni, lo sentiva dai muscoli del collo… e attese, ma non arrivò niente. Anzi, qualcosa sì. Era la risposta delle labbra di Kojiro alle sue, il loro leggero movimento che lui accettava e ripeteva… sentì che il capitano cercava anche di aprirla, la bocca, ma solo per succhiargli dolcemente il labbro inferiore… era qualcosa di sospeso, di magico, ed entrambi erano talmente imbarazzati e inesperti che non osavano renderlo più profondo… il cuore di Ken stava per scoppiare. Mise una mano su quella stretta a pugno di Kojiro, e questi la distese, voltò il palmo contro il suo e la strinse. Semplicemente.

Così. Il primo bacio di entrambi, la prima vera confessione.

Dopo un po’, Kojiro si stacco di un millimetro e sorrise. Ken aprì gli occhi e lo guardò.

- Scusa…- disse imbarazzato.

- Scemo. Non dovevi… farlo-. Kojiro stava tremando impercettibilmente. Dio, che bello… se solo avesse avuto il coraggio di riprovarci… erano ancora vicinissimi. Non ci riuscì, ma appoggiò la guancia contro quella calda dell’altro. Che bello… era facile e bello. Non c’era altro da dire.

- Capitano…- mormorò Ken dopo un po’. - Non lasciare la squadra…-

Kojiro si irrigidì. L’aveva fatto per la squadra? Si staccò bruscamente da lui.

- Kojiro aspetta… che cos’hai?-

- La squadra? Solo questo ti… ti…-

Ken si sentì confuso. Oh, no  non hai capito, devo spiegargli… non era facile dire le cose giuste.

- Tu… non puoi lasciare la squadra, lo so che il calcio per te è… e quando giochi… sei bello quando giochi. E io… quando ti vedrei?

- Dai, ci vedremmo a scuola, che cosa dici?- Kojiro si era disteso, ora sorrideva.

- Ma… quando hai… insomma, io…- Nella sua testa le frasi erano così semplici e lineari, era nella bocca che si confondevano. Quando sei concentrato e insegui il pallone, e corri con quel tuo bellissimo numero 10 sulla maglietta, allora mi piaci tanto. Molto di più. È lì che mi scoppia il cuore. Era questo che voleva dirgli, e, santo cielo, non ci riusciva. E poi, doveva ricordarselo che era stato lui, lui a fargli amare così tanto quello sport! Rimase fermo, zitto, con la testa bassa.

- Torniamo?- disse Kojiro. Ken annuì.

- Ehm… posso… posso prenderti la mano?-

Gli sembrava che Kojiro non rispondesse con molto trasporto alla sua stretta. D’altra parte, non era un esperto, e anche così gli bastava. Davanti alla porta del dormitorio, entrambi rimasero a interrogarsi sul da farsi. Alla fine Ken lo baciò dolcemente ad un angolo della bocca, e poi entrarono. Kojiro fu più veloce a prepararsi e si infilò sotto le coperte. Ah, quel traditore di Takeshi! Stava già dormendo! Ken uscì dal bagno silenzioso come un gatto, lo salutò con un flebile “Buonanotte” e si stese anche lui. Kojiro rimase sveglio a lungo a pensare. Da quanto voleva che succedesse una cosa del genere? Da quanto l’aspettava? Eppure non si era sentito così coinvolto, così trasportato… non come tutti dicevano che ci si sentisse. Niente campane, giramenti di testa, cori di angeli… era solo contento che fosse avvenuto, e forse… forse già domani sarebbe finito. Riuscì ad addormentarsi tardi, pensando di non essere normale perché il suo primo bacio non l’aveva fatto impazzire di gioia. Ma una stretta gli stringeva il cuore. Ecco, pensandoci bene, quel bacio… non ce n’erano stati di simili, ma quel ricordo lo rivoltava come un guanto. Lasciamo perdere…

L’indomani Ken si comportò come al solito. Ecco, aveva ragione. Non doveva farsi nessuna illusione.

- …jiro? Ma dove sei? Ehi!-

- Ah, Takeshi… scusa. Che cosa dicevi?-

- Ti ho detto che ieri hai tardato! Ti ho aspettato un po’, ma poi mi sono addormentato…-

- Ho fatto quattro chiacchiere con Ken-.

- Wow- E allora? E allora? Takeshi moriva dalla voglia di sapere i particolari per saltare alle conclusioni. Qualche accenno? Qualche allusione? Cosa? Un bacio?!?

- Cosa!?-

- Sì, ci siamo baciati, e adesso non farmelo ripetere…- Kojiro quasi prendeva fuoco. Takeshi andò in brodo di giuggiole.

- Ma davvero? E com’è stato?-

- …-

- Kojiro!-

- Non… non lo so, lasciami perdere!-

Ora Kojiro era davvero buffo. Sembrava il personaggio di un manga. Anche Takeshi si sentiva in un fumetto, perciò rise.

- In ogni caso mi fa piacere. E ora come ti comporterai?-

- Non lo so. Consigli?-

Takeshi alzò un sopracciglio. Ken era laggiù, poco distante da loro, chiacchierava con qualcuno e rideva.

- Be’, io credo che me ne andrò. Tu fai quello che vuoi, ehm… un altro bacio è troppo ardito come consiglio?-

Kojiro sorrise. Nel passare accanto a Ken Takeshi lo urtò ‘casualmente’: - Uomo solo a ore sei- gli sussurrò mentre l’altro si voltava per dargliele. Ken alzò gli occhi e lo vide. Abbandonò il suo interlocutore e si tuffò fra i cespugli.

- Bella giornata, eh, Kojiro?-

- Ehm-

- Posso sedermi, sì? Mi siedo- Ken era nervoso… chissà perché. Che ciglia lunge che ha Kojiro! pensò. Un secondo dopo venne un altro pensiero. Perché diavolo le sue ciglia sono così vicino? Ah, già, un bacio, sì… per un attimo non fece un balzo indietro, però, quando le labbra di Kojiro lo toccarono.

Bello, pensò di nuovo Kojiro. Ancor meglio di ieri, come il buon vino… che razza di pensieri, sono proprio sciroccato. Ah, bello, mi piace… mm, bravo, rispondi!

Ken passò una mano sulla nuca dell’altro e lo spinse di più verso di sé. Kojiro ne venne preso alla sprovvista ma si adattò subito. La lingua dell’altro bussava discretamente alle sue labbra chiuse. Le aprì quel tanto che bastava per consentire alle punte di sfiorarsi appena… poi si staccarono. Kojiro aveva un certo fiato dovuto alle corse sul campo, ma l’apnea non poteva durare più di tanto, con il cuore che gli andava così forte.

Il primo momento fu un silenzio imbarazzato, ma quella mano ancora poggiata sulla nuca poteva essere un valido aiuto. Kojiro finse di cedere sotto il suo peso e appoggiò la fronte contro quella di Ken, arrossendo leggermente.

- Hai ancora intenzione di lasciare la squadra?- gli chiese questi tristemente.

- Credo di sì. Almeno per un po’. Per… riordinare le idee-.

- Vorrei sapere che cosa ti passa per la testa-.

- E perché?-

- Scommetto che volevi lasciare la squadra perché ti piaccio e non volevi più vedermi… ho indovinato?-

- Allora avrei dovuto anche cambiare scuola!- rise Kojiro.

- Non prendermi in giro… e allora perché adesso la lasci lo stesso?-

- Non è come pensi tu. In realtà…- Kojiro tacque. Ken aspettò, ma invano.

- Non hai intenzione di dirmi la verità, non è vero?-

- Credo di… non essere pronto. Forse… aspetta, ti prego-.

Ken alzò le spalle. Non capiva, non capiva proprio. Eppure avrebbe giurato di essere sulla strada giusta.

Kojiro non si sentiva in grado di dirgli che lasciava la squadra per continuare a lavorare, e doveva lavorare per non sentirsi un peso in casa, e soprattutto per doverci stare il meno possibile, e tutto proprio perché gli piaceva Ken, ma non perché non voleva vederlo o dimenticarlo. Se solo avesse tentato di spiegargli tutto questo, avrebbe incasinato la faccenda ancora di più, e poi… Ken avrebbe voluto sapere il perché. E quello, no, non poteva proprio dirglielo.

- Sei giù, Kojiro? Che cos’è, tu e Ken…-

Era l’ultimo giorno della gita e stavano rimettendo insieme le loro borse. Takeshi non sapeva ancora che voleva lasciare la squadra.

- Che cosa? Non ti permetto di fare una cosa simile… e poi? E il campionato?-

- Perché reagite tutti così? È una mia decisione, ho deciso così…-

- Sì, ma una volta ti saresti fatto scannare, piuttosto…-

- Sono cambiate tante cose- ribatté acido Kojiro.

- E’ vero… e fra noi, che cosa è cambiato, cap… Kojiro?-

- Niente. Che vuoi dire?-

- Che... be’, ci sono cose che non sapevo di te… e non mi hai detto niente, della squadra, intendo… mi avresti chiesto consigli, un po’ di tempo fa… hai chiesto a Ken, non è vero?-

- Ho deciso da solo-

- … e non mi hai parlato del fatto che Ken ti piaceva!-

- E come facevo? Non… non avevo il coraggio. Forse non… ne avresti più voluto sapere di me…-

- E se io ti avessi detto che mi piaceva un ragazzo? Che avresti fatto?-

- Ti avrei ucciso e avrei nascosto il cadavere! Non potrei mica farmi vedere in giro con una checca!-

- Appunto. È per questo che noi due siamo diversi- disse compunto Takeshi, e poi risero insieme.

- No, sul serio, capitano, sei sicuro?-

- Almeno per un po’, devo… scusa-.

- Non preoccuparti-.

Durante il viaggio di ritorno, Kojiro era un po’ preoccupato e teso. Certo, nessuno si aspettava un suo ritiro… uffa, che cosa sarebbe successo? Takeshi lo vide giù di morale, e in un altro sedile vide anche Ken giù. Forse voleva correre da Kojiro ma si vergognava, così, in mezzo a tutti. Toccava di nuovo a lui prendere in mano la situazione? Takeshi suppose di sì.

- Che cosa fate ragazzi? Oh, hai già le foto della gita? Ken, ti spiace far cambio di posto con me? Non mi sembra ti interessi molto…-

- Ok, pigliati il mio posto… uffa…-

- Vai là accanto a Kojiro-.

- Oh…-

Kojiro gli sorrise impercettibilmente quando Ken si sedette accanto a lui, ma continuò a guardar fuori, con aria pensosa. Ken tentò di lasciarlo stare, accontentandosi di stargli vicino, ma non ci riuscì. Afferrò la sua mano e la tenne stretta nascosta sotto il bracciolo del sedile. Kojiro reclinò il capo verso di lui -avrebbe voluto appoggiarsi alla sua spalla- sorridendogli sinceramente. Poi la sua mano rispose alla stretta, ma solo per un po’. Quando Ken sentì che si stava allentando, vide che il capitano si era addormentato con un sorriso tranquillo sulle labbra.

 

Una mezza rivolta. Ecco che cosa successe la mattina dopo che Kojiro aveva reso nota la sua decisione di lasciare la squadra almeno per un po’. L’allenatore temette di vedersi catturato e impiccato sulla pubblica piazza, per aver accettato che se ne andasse. I compagni quasi piangevano. Erano tutti sconvolti. Tutti tranne Ken e Takeshi, naturalmente, che ormai sapevano bene tutto.

Innanzitutto, non era una cosa definitiva, tanto che la maglietta numero 10 venne chiusa in una sacra teca e conservata intatta per il ritorno del campione.

Secondo, in caso di bisogno durante il campionato le porte rimanevano aperte per un’ospitata.

Terzo, i baci che si scambiavano compensavano Ken dal non poterlo più vedere scalmanarsi in campo. E poi, potevano incontrarsi più spesso.

Ma quel giorno, quello dell’annuncio ufficiale, Kojiro era un po’ giù lo stesso, perché prima avrebbe potuto ancora cambiare idea, ora no. Almeno finché non avesse riassestato la media.

Sedette sulla panchina del belvedere - ecco i primi frutti dell’abbandono: aveva tempo per oziare, non si ricordava da quanto non lo faceva più- e guardò il cielo, lontano.

- Indovina?- qualcuno, da dietro, gli aveva coperto gli occhi con le mani.

- Chi mai potrà essere?- disse Kojiro stancamente, togliendosi le mani dagli occhi. Ken si sedette accanto a lui.

- Allora? Tutto bene?-

Kojiro sospirò. - Sì. Quando stavo per dirlo all’allenatore ho pensato di tirarmi indietro all’ultimo momento…-

- Ho sperato che lo facessi anche io…-

- Ah, sì? A proposito, non dovevi essere all’allenamento, tu?-

- Ho bigiato! Volevo starti un po’ vicino… ti dispiace?-

Kojiro alzò le spalle. Ken si arrabbiò. Kojiro gli sembrava freddo e distante esattamente come prima, a volte. E questo lo faceva andare in bestia.

- Scusa se ti ho disturbato, eh!- gli disse acidamente. - Credevo di farti un piacere, e invece…-

- Ma che cosa ho detto? Non ho neanche aperto bocca, che ti prende?-

- Appunto! Non parli mai, non mi dici mai niente… mi tratti come se non ci fossi-.

- Ma… ma Ken, non è vero! Mi… mi fa piacere che sei venuto, è solo…-

- E’ solo che tu non sei il principe dell’espansività, è così? Almeno… almeno provaci!-

- Io non so come si fa… insomma, non sono mai…-

- E l’idea di sforzarti non ti passa nemmeno per la testa, vero?-

- Ma insomma, cos’è che vuoi da me? Sembra che… che…-

- Hai ragione, scusa se cerco un po’ di considerazione in più. Non ne ho alcun diritto, ma che vado a pensare?-

- Ma… ma… io non ho mai detto una cosa del genere… io… faccio come al solito…-

- Appunto!- esclamò Ken con voce rotta. - Per te sono solo uno degli altri… nessuno…-

- Ken…- Kojiro cercò di prendergli la mano, ma l’altro la ritrasse.

- Ma non capisci? Tu per me sei speciale… e non riesco a capire che cosa pensi tu di me!-

- Il… il fatto è… che è passata soltanto una settimana, e…-

- E allora perché? Perché mi hai dato corda? Perché ci sei stato, se non…-

Kojiro non disse niente. Gli era difficile spiegarlo. Capiva che Ken gli voleva bene, e cercava di capire se gliene voleva anche lui, ma il fatto era che lui stesso non lo sapeva. Gli piaceva, questo era sicuro, era contento, la maggior parte delle volte, che lui gli stesse vicino, ma… a volte capitava che gli desse fastidio, averlo intorno. Spesso, anzi. E poi… non poteva cambiare il suo modo di fare, non in dieci giorni, almeno.

- Ken, io… io non lo so, il fatto è… che non…-

- Io ti penso sempre- mormorò Ken senza lasciarlo finire - e quando ti vedo sono contento, e sono triste quando te ne vai, e poi quando non ci sei… non vedo l’ora di incontrarti, e… ti penso…-

Di nuovo, Kojiro tacque. Ecco, a lui non succedeva. Non pensava sempre a Ken. Pensava a lui come pensava a qualsiasi altra persona; sì, stava volentieri con lui, ma non lo… desiderava con tutta quella intensità. Capitava che non ci pensasse per interi pomeriggi, e invece notava come cambiava l’espressione di Ken quando si incontravano. Sembrava che Kojiro gli fosse necessario, che fosse vitale per lui… ma lui non riusciva a provare la stessa cosa. Voleva bene a Ken? Se quello era voler bene, le ipotesi erano due: aveva un pezzo di ghiaccio al posto del cuore, o non gli voleva bene sul serio.

- Hai capito? Che cosa devo fare? Poi non mi piace vederlo piangere…-

- Ti senti in colpa, eh? Non fa piacere esporsi così tanto per avere in cambio niente…-

- Ma anche io mi sono esposto!-

- Ma a quanto pare tu non stai così male! E poi io non sto nella tua testa, non so che cosa dirti-

- Sì, ma… Takeshi, come faccio a… insomma, ad accontentarlo? Come lo devo trattare? Che cosa faccio che non va?-

- Che ne so, non sono mica un guardone… senti un po’, quante volte gli sorridi, per dire?-

- Cosa? Cioè, che…-

- Quando lui ti incontra, mi sembra che si sciolga in sorrisi… sei tu che lo tieni molto a distanza, vero?-

- Be’…-

- Allora? Gli hai mai fatto un sorriso? Uno vero, non per prenderlo in giro!-

Kojiro ci pensò. Dalla gita, in effetti… be’, era preoccupato per la squadra… insomma, probabilmente non gli aveva sorriso mai.

- Ecco, lo sapevo! Per quello Ken se la prende! Hai sempre un’aria così sofferente quando lo vedi… se non ti piace dovresti dirglielo, invece di spezzargli il cuore…-

- Ma lui mi piace!- sbottò Kojiro, senza rendersene conto.

- Ecco, hai visto? Un po’ di passione, ecco cosa ci vuole! E fagli un sorriso di tanto in tanto, per l’amor del cielo! Male non ti fa, lo sai?-

Kojiro strinse le labbra. D’accordo, ci avrebbe provato… aveva intenzione di farsi perdonare da Ken. Aveva bisogno di lui, di qualcuno che gli volesse bene… davvero.

 

- Senti… sei arrabbiato?-

- Ti sembra che abbia il muso?- disse Ken, sostenuto.

- No, ma non hai detto una parola, da quando siamo qui-.

- Mi hai chiesto tu di venire qui, quindi aspetto che dica qualcosa tu-.

Che logica è!? pensò Kojiro, ma un po’ Ken aveva ragione.

- Ehm… sì, volevo… chiederti scusa, per come mi sono comportato…-

- Scuse accettate- disse Ken ancora con freddezza.

- Allora… io… non so… stiamo ancora insieme?-

Ken nascose un fremito.

- Perché, prima stavamo insieme?-

- Io… io penso di sì. Sì- rispose Kojiro con un mezzo sorriso. Tu hai ragione, Takeshi, mi sto sforzando ma è il meglio che riesco a fare, ecco.

Anche Ken sorrise, più apertamente. - Allora, sì. Credo che… stiamo insieme-.

- Bene…-

Kojiro finì il suo succo di frutta compunto, per nascondere l’imbarazzo.

- Allora, ce ne andiamo?-

Quando uscirono dal locale la luce calda del sole li avvolse. C’era un’aria tiepida di primavera inoltrata che faceva davvero bene.

Kojiro aveva lasciato finire tutta la settimana precedente senza decidersi a parlare a Ken, ma era stato male vedendolo così arrabbiato con lui da non rivolgergli neppure la parola. Però non ce l’aveva fatta prima. Aveva pensato che se le cose fossero rimaste così non ci sarebbe stato più niente di doloroso, dopo… ma aveva dovuto ripensarci perché non riusciva a toglierselo dalla testa. Gli sembrava di essersi finalmente innamorato anche lui.

Ken camminava sorridente e silenzioso accanto a lui, con la reticella del pallone appoggiata ad una spalla. Kojiro gliela strappò di mano e cominciò a correre calciando il pallone.

- Ehi, aspettami!- gridò Ken correndogli dietro e strattonandogli la maglietta. Risero rincorrendosi e rubandosi il pallone l’un l’altro, senza pensare minimamente alle macchine che venivano loro incontro sulla strada… senza preoccuparsi minimamente di nulla tranne che di loro due e del gioco. Dopo un po’ si fermarono ad un negozio e comperarono della frutta; da lì si vedeva il campo pubblico nel parco, e non c’era nessuno.

- Ken, andiamo al campo a giocare?-

- Certamente!-

Kojiro cercava in tutti i modi di segnare un gol a Ken, ma non ci metteva troppa convinzione… quel giorno non aveva voglia di usare tutta la sua forza nei tiri dal dischetto, cercava di fare dei tiri piazzati e delle finte per prendere impreparato l’altro… e Ken finse di cascarci. In realtà neanche lui era granché concentrato, ed entrambi stavano giocando più che altro per prendersi in giro.

- Ehi- Ken si girò sul lato del campo e Kojiro lo imitò. Sopra il terrapieno c’erano Tsubasa Oozora e alcuni membri del suo clan. Ryo Ishizaki, Yuzo Morisaki, Genzo Wakabayashi e alcune ragazze della tifoseria li stavano guardando in malo modo e gridavano. Quando si avvicinarono, Ishizaki li aggredì.

- Ehi, il campo è nostro, l’abbiamo prenotato da settimane! Guardate sull’orario se non ci credete-.

Kojiro sorrise. A prima vista poteva sembrare il suo solito sorrisino di scherno, ma non lo era.

- Dovete andare via, c’eravamo prima noi!- rincarò una delle ragazze.

- Non vi volevamo mica rubare il campo… siamo venuti a fare solo due tiri!- disse Kojiro sempre sorridendo.

- Be’, adesso ve ne dovete andare!-

- Ok…-

- Ma no, dai, rimanete con noi, facciamo una partita!- intervenne Oozora sorridendo, e nessuno dei suoi compagni lo contraddisse.

Però dovettero constatare che con tre portieri, due centrocampisti e un attaccante potevano fare delle partite un po’ misere… presto presero a contendersi semplicemente la palla inscenando una megarissa in campo. Kojiro non era neanche quello che menava di più perché quel giorno non si sentiva tanto in vena di botte; Ishizaki era quello che le dava di più ma nemmeno Ken scherzava. Alla fine il pallone rotolò lontano e le ragazze lo recuperarono.

- Nostro!- gridarono, e Kojiro alzò le mani in segno di resa. Non ne poteva più: anche Ken era passato dalla parte degli altri e si era gettato insieme a loro sul suo cadavere.

- Basta, io ve lo lascio, il campo!- gemette allontanandosi zoppicante, ma si vedeva che scherzava.

- D’accordo, basta anche per me, non è il caso di umiliarvi di più!- aggiunse Ken.

Andarono a sdraiarsi sul bordo del campo, sul terrapieno. Per un po’ guardarono quei quattro che si davano da fare fra l’altro anche con il loro pallone, poi Ken cominciò a stuzzicare il viso di Kojiro con un filo d’erba. Nessuno badava a loro.

- Ehi, e se io adesso… ti dessi un bacio?- disse Ken.

- In meno d un secondo avremmo tutti i loro occhi addosso!- ribatté Kojiro.

- Ma non stanno badando a noi!-

- Ma appena lo facciamo ci verranno tutti addosso! Bacia questa, invece!- concluse porgendogli una mela. Ne addentò una anche lui, ci voleva, gli era venuto improvvisamente caldo. Ken accanto a lui era appoggiato casualmente ad un braccio e guardava con interesse Oozora che tirava in porta a Morisaki mentre gli altri due riempivano di consigli non richiesti il povero portiere che, distratto, non riusciva più a prendere nemmeno un pallone.

- Ma lasciatelo stare, lo deconcentrate!- sbottò Ken all’improvviso.

 Kojiro lo guardò sorridendo, e Ken colse il suo sorriso e lo ricambiò.



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