Today is Ria day.. Buon Compleanno Ria!!!

 

Ria... Auguri!!

Non potevo davvero mancare ad un appuntamento tanto importante con una persona che, non solo fa un lavoraccio per noi, ma che anche, e soprattutto, è un'amica tanto gentile (e paziente -.-) con me ^_^

Tanti auguri!

Spero che la ficcina ti piaccia anche se non è ancora completa (sono un danno, lo so, ma non sono riuscita a finirla in tempo -.-''')

 


Ciak, si gira!

parte I

di Naika

 

La fiamma danzava, alta, rossa e gialla.

Sinuosa e languida.

Maliziosa e morbida.

Seta cangiante accesa di vita.

 

Come la creatura che ballava dinanzi ad essa.

 

La stessa anima infuocata.

La stessa luce fiammeggiante.

Lo stesso calore bruciante.

 

Le braccia spalancante, il capo reclinato all’indietro, il volto accaldato offerto in sacrificio alla notte.

 

Al suono degli zufoli egli si vestiva delle ombre rosse del fuoco, inseguendole per esserne inseguito, fondendosi tra loro per poi rinascerne, giocando con la scarlatta instabilità con cui il grande falò, a pochi passi da lui, dipingeva le tenebre.

Seduti a qualche metro di distanza, al centro di quella piccola radura nel cuore della foresta, i pochi fortunati spettatori battevano le mani, al ritmo dei tamburelli, inseguendo il tintinnio argenteo dei piccoli sonagli legati alle caviglie del danzatore, osservando il suo ipnotico fluire tra la luce e l’ombra.

E il fuoco ansimava, tendendosi, arcuandosi, sussurrando il suo nome in mille crepitii di luce incandescente, faville, che nell’aria fredda accendevano nuove stelle dorate tra quelle argentee, immote e lontane,  bruciando per lui, con lui, per poi spirare senza fiato, ai suoi piedi, mentre egli ancora vorticava, vorticava, vorticava.

 

Inafferrabile e selvaggio.

Indomabile e sfuggente.

Nato dal fuoco, per il fuoco.

 

Caldo.

Lucente.

 

Vivo.

 

Più di qualsiasi altra cosa nella radura.

 

Lo zingaro batte le mani, i campanelli  tintinnarono e il corto gilet di velluto nero accarezzò l’aria svolazzando attorno al suo petto nudo, imperlato della luce rossa delle fiamme, i pantaloni bianchi, di tessuto grezzo, ormai una seconda, trasparente, pelle, tesa contro le gambe a baciarne ogni più intimo, umido, anfratto.

 

Il capitano della guardia deglutì.

E poi deglutì di nuovo.

Ma non riuscì tuttavia a dare sollievo alla gola riarsa.

Dov’era finito il suo famoso sangue freddo?

La sua tempra glaciale?

 

Fusa.

Liquefatta.

Totalmente, indissolubilmente... bruciata.

 

Quel giovane dalle movenze sensualmente ipnotiche gli stava letteralmente strappando il respiro dai polmoni.

Provò a inspirare ed espirare, lentamente.

Ma non ottenne che surgere quell’aria incandescente, intrisa del suo, velenoso, ammaliante, profumo, mentre stringeva disperatamente nella mano l’elsa della spada.

Era una sfida persa in partenza.

Nemmeno una pietra sarebbe riuscita a restare indifferente di fronte a tanta spudorata innocenza.

Perchè.. quel demone che sorgeva dall’inferno, quell’angelo dalle ali scarlatte... stava solo ballando.

 

Danzava per le fiamme.

Con le fiamme.

Divenendo a sua volta fiamma.

 

Non c’era malizia nel suo accendere i desideri degli spettatori attoniti.

Non c’era crudeltà nel suo bruciare l’anima dei presenti.

 

Lui era il fuoco e... semplicemente... era nella sua natura... ardere.

 

Logan tentò disperatamente di schiarirsi la mente.

Gli era stato ordinato di prendere una decina di uomini e di recarsi ad ovest, oltre la pianura, fino alle prime colline laddove i briganti erano fuggiti con il loro bottino.

Da mesi ormai alla capitale giungevano rapporti dei loro saccheggi ai villaggi dei contadini e il duca aveva deciso di dimostrare che le tasse del feudo non erano spese tutte, soltanto, per il suo castello.

Silenziosi si erano dunque avvicinati al covo dei briganti quel tanto che bastava per vedere, non visti.

 

Era andato per catturare ed era rimasto catturato.

 

Lo sguardo incatenato a quella fiamma dorata che danzava con gli occhi socchiusi, l’anima abbandonata alla musica e un lieve sorriso sulle labbra, gonfie, umide, socchiuse ad abbeverarsi golose della fresca aria notturna.

Avrebbe dovuto pensare razionalmente, decidere quando attaccare, come muoversi.

 

Avrebbe dovuto.

 

Ma non aveva che lui nella mente.

Le sue ciocche scarlatte, fiamme vive, sottili fili di seta rubina.

Le sue iridi di cioccolato incandescente, in cui la luce ribolliva, sciogliendosi in strali d’oro fuso.

E quel corpo tornito, amato dal sole, venerato dal fuoco, baciato dal vento.

 

Logan faceva quel lavoro da tanti anni e mai, nei momenti importanti, aveva perso la sua concentrazione.

Mai.

 

Fino a quell’istante.

 

Gli ordini giacevano dimenticati da qualche parte, lontano, nel suo cervello, soverchiati dall’immagine che incatenava il suo sguardo, oltre la complice protezione della notte, a pochi metri da lui, laddove la sua preda danzava, ignara che i soldati del duca fossero giunti fin lì per metterli a morte.

 

Un ciocco si spezzò con un ansimo e un ribollio di luce che rotolò tra le fiamme tendendosi nell’aria scura per poi ridiscendere in morbida neve incandescente, attorno al danzatore.

Ed egli inarcò la schiena, tendendosi sino quasi a spezzarsi, per poi accasciarsi sulle ginocchia, di fronte al suo pubblico.

E, mentre le scintille piovevano lentamente su di lui in baci roventi, egli si lasciò scivolare all’indietro, appoggiando il capo alla nuda terra, le gambe divaricate, i polpacci imprigionati sotto i glutei, i capelli sparsi sugli occhi chiusi, le labbra aperte per trarre, lunghi, profondi respiri.

I suoi spettatori batterono le mani clamorosamente mentre Logan portava una mano al petto cercando di ricondurre all’ordine il proprio cuore.

Stava per fare un infarto.

Sarebbe morto lì, così, e nessuno avrebbe saputo perchè il famoso Logan Pierce si era spento in quella maniera.

Il capo banda si sollevò compiendo i pochi passi che lo separavano dal ragazzo, disteso, immobile, a terra.

 

Una calda, esausta, offerta alla notte.

 

E il capitano si ritrovò a deglutire per l’ennesima volta, a vuoto, sperando che nessuno stesse facendo caso a lui.

“Degno di te!” gridò soddisfatto il brigante che si era alzato in piedi, sollevando la brocca dorata, che teneva nella mano destra, sopra il corpo del giovane ansimante.

La superficie della caraffa brillò, al riverbero delle fiamme, malevola, come l’ultimo scintillio di luce sulla lunga lama dell’assassino, un momento prima che essa strappi la vita alla sua preda.

E Logan.. Logan era dolorosamente consapevole che sarebbe stato lui, la preda di quella brocca.

 

Perchè sapeva esattamente che cosa stava per accadere.

E sapeva altrettanto chiaramente che quell’immagine l’avrebbe ucciso.

 

Trattenne il respiro osservando, come fosse una scena che si svolgeva al rallentatore, solo per lui, il polso del brigante piegarsi, la caraffa inclinarsi, il liquido rosso, al suo interno, trasbordare e poi precipitare giù, senza scampo, senza possibilità d’appello, trascinato dalla gravità.

Il vino scivolò sanguigno nell’aria nera per un eterno istante e poi s’infranse, in mille rubini, sulla pelle dorata del danzatore che sbarrò gli occhi lucenti, liberando un ansito sensuale e stupito.

Un suono senza vergogna o pudore che vibrò nella piccola radura, straziando l’autocontrollo del capitano, mentre il corpo del suo ignaro carnefice, si tendeva, accaldato, reagendo al freddo dell’alcolico, inturgidendosi in tutta la sua sensuale, assassina, bellezza.

 

“STTTTOOOOPPPPP!!! Buona la prima!” 

 

Il regista saltò giù dalla sua seggiola, entusiasta.

“Bel lavoro ragazzi!” disse soddisfatto prima di volgersi verso il danzatore “Rei, con te oggi abbiamo finito, puoi andare a casa!” disse facendogli cenno di togliersi di torno.

Il ragazzo dai capelli rossi si sollevò in piedi agilmente, passandosi una mano tra le ciocche seriche, tirandoseli indietro mentre un assistente correva a porgerli un accappatoio.

Aveva una parte minuscola in quel film.

Veniva ucciso subito dopo la sua danza intorno al fuoco, e, a parte un altro paio di scene dove faceva presenza nel gruppo dei briganti, non compariva affatto.

Comunque quello era il primo film per il grande schermo a cui partecipava e non si poteva lamentare, era solo una comparsa ma aveva quei cinque minuti di inquadratura solo per se, poteva sempre sperare che qualche altro regista lo notasse.

“Dieci minuti di pausa, poi si passa alla scena nel castello!” gridò il regista nel megafono e Rei dovette coprirsi le orecchie con le mani per non restare assordato.

“Spostati di lì ragazzino!” gli disse un assistente afferrandolo per un braccio, tirandolo lontano dal fuoco per permettere gli addetti di spegnerlo con gli estintori.

Il rossino sbuffò e i campanellini trillarono allegramente.

“Non vedo l’ora di togliermi questi cosi!” sbottò tra se e se, diretto alla tenda usata dalle comparse.

I divi avevano un intera roulotte tutta per loro mentre gli ‘altri’ erano stipati nel tendone.

Lanciò un’occhiata a Logan Pierce, la grande star del loro film, che stava parlando con il regista passandosi un asciugamano sul collo.

Sembrava sudato, eppure in quella scena non doveva fare niente se non stare appollaiato dietro i falsi cespugli a spiare i briganti.

Probabilmente risentiva del caldo dei riflettori.

Ignorando il vino che ancora gli sgocciolava addosso Rei si strinse di più nell’accappatoio.

Quell’uomo era l’idolo di ogni attore esordiente e lui non faceva eccezione.

Aveva visto tutti i suoi film e ne era rimasto stregato.

La sua bravura era innegabile, qualsiasi fosse il ruolo, era sempre perfetto.

Aveva perso il conto degli oscar che aveva vinto.

Probabilmente ne aveva così tanti che non sapeva nemmeno più dove metterseli.

Inoltre era bello come un dio, alto, elegante, con una muscolatura felina e scattante, i capelli di un nero corvino e due occhi di un grigio azzurro, ipnotico.

Si chiese se avrebbe avuto il coraggio di avvicinarlo per chiedergli un autografo.

La sua migliore amica, un’attrice che tentava di sfondare nel teatro e che condivideva con lui un minuscolo appartamento in Roder Street lo aveva supplicato, praticamente in ginocchio, di fargli qualche foto per lei, quando aveva saputo che avrebbero girato insieme.

Anche se ‘insieme’ era una parola davvero grossa dato che lo splendido divo del cinema aveva in comune con lui una sola scena: quella dove lo faceva fuori!

Sbuffò decidendo infine a dirigersi verso le docce chiedendosi se avrebbe potuto tentare un approccio con il moro.

Quell’uomo incuteva un timore reverenziale fuori dal set.

Non aveva fatto pochi passi, ancora avvolto nei suoi pensieri, che fu letteralmente placcato.

“Oh Reiiiiiiiii!” una figuretta avvolta in una svolazzante camicia settecentesca, tutta pizzi, gli piombò addosso come un missile, rischiando di farlo cadere.

“Eliah!” esclamò il rossino cercando di liberarsi dall’abbraccio del ragazzo che interpretava il ruolo del cameriere del duca “Che diamine ti prende!”

“Che mi prende?” cinguettò questi piantando gli occhi verdi sul suo volto “Mi prende che ti ho appena visto ballare e stavo per venire nei pantaloni!” esclamò senza curarsi di abbassare la voce, facendolo arrossire da capo a piedi.

“Non dire assurdità!” borbottò dirigendosi verso la doccia seguito dal saltellante attore.

Nonostante l’aria da cucciolo innocente il biondo aveva ben cinque anni più di lui ed era... un maniaco!

“Non sono assurdità!” disse piccato il collega, afferrandogli una mano per posarsela sulla patta dei pantaloni “Senti qua!”

Rei ritrasse l’arto come se si fosse ustionato mentre il suo viso andava a fuoco “Sei un pervertito!” sbottò cercando di trattenere la voce per non farsi sentire dagli altri.

Il biondo lo fissò, tornando improvvisamente serio, prima di fare due passi e avvicinare il viso al suo “E non sono l’unico..”

“Cosa?” chiese perplesso il rossino.

Eliah sospirò scuotendo il capo “Dovrai assumere una guardia del corpo quando questo film uscirà nelle sale!” borbottò “Davvero non ti sei accorto di come ti stavano osservavano tutti?”

“Tu hai le traveggole..” borbottò, lui non aveva visto nessuno sguardo strano.

“Davvero non hai visto come ti guardava... lui!” esclamò incredulo.

“Lui chi?” chiese Rei esasperato, con gli occhi nocciola sgranati.

Eliah lo osservò per un lungo istante pensando che l’altro lo stesse prendendo in giro, spalancando la bocca incredulo quando si accorse che, davvero, il rossino non si era accorto di niente.

“Sei senza speranza...” disse afflitto.

“Sei tu che sei un maniaco e vedi maniaci da tutte le parti!” sbottò Rei riprendendo il cammino verso le docce.

“Oh sì, insultami ancora...” gemette Eliah con occhi ridenti, inseguendolo e Rei sospirò esasperato.

L’amico faceva l’attore da quando era poco più che un bambino ed aveva avuto anche diverse parti importanti, Rei si era sentito sollevato quando il biondino lo aveva preso in simpatia, vedendolo sperduto,  nel caos del set, il primo giorno, e anche se ormai lo conosceva da quasi tre settimane e sapeva che amava scherzare, ancora non riusciva ad abituarsi alla sua malizia.

Eliah, poi, non faceva mistero di essere gay, non che a lui importasse, finchè non faceva commenti imbarazzanti su di lui!

La cosa comunque non lo allarmava più di tanto... Eliah faceva commenti imbarazzanti su tutti!

“Vai a farti la doccia?” gli chiese il biondino “Posso lavarti la schiena se vuoi?” disse accarezzandogli una spalla.

“Ma non hai qualche scena da girare?” chiese Rei ormai sulla soglia dell’esasperazione.

“No adesso no!” disse felice.

“Va a torturare qualcun’altro... per piacere..” aggiunse dopo un momento di silenzio con voce quasi supplichevole.

Eliah lo fissò per qualche secondo e poi gli porse un sorriso gentile “Va bene ti lascio riposare” decise tranquillo infilando le mani in tasca e voltandogli le spalle per andarsene e Rei lo osservò allontanarsi con uno sbuffo divertito prima di cominciare a sfilarsi i campanelli e il gilè, deciso a godersi la sua doccia e poi a tornarsene a casa.

Ma aveva appena posato le mani sui lacci che chiudevano i pantaloni quando qualcuno gli sfiorò una spalla.

Quel piccolo demonio biondo aveva solo finto di arrendersi!

“Adesso basta!” sbottò il rossino voltandosi di scatto “Lasciami in pace, ok? Non ho bisogno che mi lavi la schien..”  le ultime parole gli morirono i gola.

Di fronte a lui non c’era il volto ridente di Eliah ma lo sguardo insondabile di Logan Pierce.

L’uomo sollevò un sopracciglio, sorpreso, prima di incurvare le labbra in un lieve sorriso “Non nego che la prospettiva di lavarti la schiena potrebbe essere allettante..” mormorò strappando quel poco di fiato che gli era rimasto nei polmoni “..ma non sono venuto qui per questo...” disse “Il regista ha deciso di girare ora la scena dell’imboscata, abbiamo bisogno anche di te..” lo informò con una scossa delle ampie spalle, il volto nuovamente serio ma negli occhi una luce ancora divertita.

“Ah.. sì..” ansimò Rei cercando disperatamente di darsi un contegno rendendosi conto che era pressochè impossibile.

Indossava solo un paio di pantaloni logori, incollati alle gambe, ed era completamente sporco di vino “..a..arrivo..” mormorò consapevole di essere rosso come un’aragosta.

“Bene..” disse il moro voltandogli le spalle, tornando verso il set senza aggiungere nient’altro mentre Rei cercava disperatamente una vanga.

Voleva sotterrarsi vivo.

Aveva appena fatto una figura terrificante con l’attore più famoso di Hollywood!

Aveva appena accusato il suo mito di.. volergli lavare la schiena?!

“Voglio morire..” pigolò abbattuto.

Che cosa avrebbe pensato di lui Logan?

Che era un vanitoso, cretino e pure gay!

Meglio di così...

Magari poteva chiedere al regista che usassero lame vere durante la ripresa della sua morte così sarebbe deceduto davvero!

Scosse il capo mestamente ritornando sui suoi passi, diretto sul set, prima di tornare indietro imprecando, ricordandosi di raccattare gli odiati campanelli.

 

Il giovane zingaro si rimise in piedi con un saltello fluido, apparentemente affatto stanco dopo la vorticante danza di pochi istanti prima, e stava per andare a sedersi tra i suoi compagni per spartire con loro cibo e refurtiva quando notò nella tenebra circostante un sinistro baluginio.

Fu questione di un attimo e una voce secca, profonda, ordinò l’attacco.

Sebbene ebbri di vino i briganti capirono immediatamente che cosa stava succedendo e si lanciarono sulle armi per affrontare i soldati del duca.

Agile come un gatto il ballerino balzò di lato raccogliendo una sciabola, incrociando la lama ricurva con quella del suo antagonista, specchiandosi in due glaciali occhi grigio ghiaccio.

Sapeva di non avere possibilità contro il capitano della guardia, ma non si mostrò spaventato, sfidandolo con occhi lucenti e le labbra inarcate in un sorriso di sfida mentre lasciavano che il clangore delle lame parlasse per loro.

La differenza era tuttavia davvero troppa e il giovane dai capelli rossi se ne accorse nel peggiore dei modi quando, spostatosi di lato per parare un fendente, si rese conto che quella dell’avversario era una finta.

La lunga spada del conte si piantò nel suo petto abbronzato strappandogli il respiro, annebbiandogli la vista mentre il sangue gli gorgogliava in gola, caldo.

Un rivolo di linfa scarlatta gli scivolò sulle labbra tornite, scendendo a macchiargli il collo arcuato, intrecciandosi con le ciocche rosse, scarmigliate.

Crollò all’indietro perdendo la sua arma, pronto a lasciarsi accogliere dal duro abbraccio della terra quando un sonoro: “STOOOOOOOP!” tagliò l’aria.

Un braccio scattò veloce, scivolando sotto la sua schiena, fermando la sua caduta e Rei si ritrovò, senza sapere come, protettivamente stretto contro la camicia candida di Logan.

“Che succede?” chiese il moro voltandosi verso il regista, apparentemente dimentico che lo stava ancora tenendo contro di se.

Rei si sciolse velocemente dal suo abbraccio, facendo un passo indietro, imbarazzato ma l’attore non diede segno di averlo notato, lo sguardo concentrato sul direttore di scena.

“E’ colpa mia..” borbottò l’uomo che interpretava il suo sottotenente “Sono inciampato..” si scusò.

“Ricominciamo da capo!” ringhiò il regista nel megafono facendo un cenno agli assistenti che, veloci, sciamarono come api, sul set, per ritoccare il trucco e cancellare le tracce di sangue.

“Ai vostri posti!” tuonò l’ometto e Rei si riscosse violentemente dalla strana sensazione di torpore che l’aveva avvolto, il pensiero ancora avviluppato nelle sensazioni che lo avevano colpito quando si era trovato ad appoggiare il viso contro il petto del suo idolo, affrettandosi a tornare al suo posto.

Scattò di lato con un secondo di ritardo, al suono del ciak, riprendendosi in tempo per afferrare la sciabola e incrociare la lama con quella di Logan ritrovandosi nuovamente a duellare con lui, gli occhi incatenati dalle sue iridi grigie.

Com’era accaduto pochi istanti prima la spada del moro si piantò nell’incavo tra il suo braccio e il fianco, e Rei si riversò all’indietro schiacciando tra i denti la piccola sacca di sangue finto che teneva in bocca, lasciando che il liquido denso gli colasse sulle labbra e sul collo mentre si accasciava a terra.

Questa volta nessuno ‘stop’ interruppe la scena mentre lui si sforzava di mantenere lo sguardo fisso, e vuoto, sul cielo stellato, ignorando stoicamente una zanzara che gli stava svolazzando accanto l’orecchio indecisa su quale fosse l’angolazione migliore per pungerlo.

Il regista decretò la fine della scena e sul set i cadaveri si alzarono, stiracchiandosi come tanti zombi che emergono dalle tombe.

Anche Rei si rimise in piedi, finalmente libero di dirigersi alla doccia.

Aveva finito.

Il suo personaggio era morto.

Lasciò che l’acqua tiepida gli accarezzasse il corpo cancellando le tracce della stanchezza e del trucco di scena prima di avvolgersi in un asciugamano pulito e tornare al tendone comune.

Finalmente con addosso di nuovo i suoi jeans e una camicia nera, senza maniche, il ragazzo si buttò lo zainetto su una spalla uscendo dallo studio per dirigersi alla fermata dell’autobus.

Avevano fatto tardi pensò preoccupato lanciando un’occhiata all’orologio, ma lui non aveva i soldi per comprarsi la macchina, l’unica soluzione era aspettare il bus e sperare che nessuno tentasse di rapinarlo nel frattempo.

Di solito era Eliah ad accompagnarlo a casa quando facevano buio ma il regista sembrava particolarmente ispirato quella notte e aveva appena sentenziato che avrebbero girato le scene all’interno del castello, per tanto il cameriere del duca non poteva mancare.

 

“Ti serve un passaggio?”

 

Rei per poco non lanciò un grido, voltandosi di scatto verso la strada, riconoscendo la fiammante siluettè di una ferrari nera.

Il finestrino dal lato del passeggero era abbassato e Rei potè avere conferma che il suo benefattore era proprio lui: Logan Pierce.

Lo constatò giusto in tempo per decidere che... non stava parlando con lui.

Perchè mai Logan avrebbe dovuto dargli un passaggio?

Si guardò attorno cercando la persona a cui l’attore si era certamente rivolto, già pronto a farsi da parte dandosi mestamente dell’idiota, ma si accorse con stupore che era l’unico occupante del marciapiede.

“Parli con me?” chiese stupidamente.

“Vedi qualcun’altro?” gli chiese l’uomo con un lieve sorriso.

“Ah.. io..” sussurrò Rei maledicendosi in tutte le lingue che conosceva per quel balbettio imbarazzato.

Che cosa doveva rispondergli?

Che domande: era il suo ultimo giorno di riprese, non lo avrebbe visto mai più, quando gli capitava di nuovo un’occasione del genere?

“Sì grazie!” esclamò sfoderando un sorriso lucente.

Logan gli fece cenno di salire e il ragazzo aprì la portiera per infilarsi nell’abitacolo elegante.

Il motore rombò rimettendoli in strada mentre Rei sfiorava con dita riverenti i sedili di pelle.

Solo dopo qualche momento di silenzio si rese conto che l’altro non gli aveva chiesto dove abitava.

“Io.. sto a Roder Street..” mormorò incerto.

Logan annuì quasi distrattamente e il ragazzo si chiese se si fosse già dimenticato di lui.

“Non giri altre scene stanotte?” chiese tanto per spezzare quel silenzio un po’ troppo denso.

“No, per stasera ho finito anch’io..” gli rispose l’uomo con la sua bella voce profonda.

Rei si chiese che altro poteva domandare senza sembrare scortese o invadente ritrovandosi però ad aprire la bocca, per poi richiuderla qualche minuto più tardi, senza sapere che dire.

Si accorse che la macchina era ferma solo quando si ritrovò con gli occhi grigi dell’uomo piantati sul viso.

“Siamo arrivati..” gli fece notare Logan e Rei guardò stranito fuori dal finestrino notando che, in effetti, erano fermi all’inizio della sua via.

“Ah... ti ringrazio del passaggio...” mormorò dandosi mentalmente del deficiente.

Logan scosse le spalle con indifferenza prima di allungare una mano e posarla sul sedile del passeggero e Rei sentì l’aria evaporare dai suoi polmoni mentre lo fissava avvicinarsi: che diamine stava facendo?

“Con oggi hai finito vero?” chiese tranquillamente il moro e Rei si diede dell’idiota.

Per un momento aveva pensato che l’altro volesse baciarlo.

Non erano mica tutti come Eliah!

E poi quello era Logan Pierce!

L’uomo che aveva stadi interi di ammiratrici!

E soprattutto... lui era un maschio!

“Sì era l’ultima scena quella..” rispose più tranquillo.

“Hn..” mormorò il moro apparentemente soddisfatto dalla sua risposta.

Rei si chiese perchè quel semplice suono lo avesse colpito come un pugno nello stomaco.

Logan era così felice di liberarsi di lui?

“Bhe io vado ti ringrazio per il..” cominciò abbacchiato, sentendosi tra l’altro un po’ accaldato a causa della vicinanza prolungata con quell’uomo affascinante, ma nessun’altra parola potè lasciare le sue labbra in quanto esse vennero catturate da quelle del moro che, senza nessun preavviso, si era teso in avanti e gli aveva chiuso la bocca con la propria.

Rei sbarrò gli occhi puntando entrambe le mani sul petto del divo cercando di allontanarlo, senza successo, mentre la lingua dell’altro gli forzava la bocca, infilandosi nella sua.

Lottò contro di lui forsennatamente, per qualche minuto prima che la carezza ipnotica della sua lingua avesse la meglio sulla sua volontà e cominciasse ad annebbiargli i sensi.

Con terrore sentì la propria combattività sciogliersi nel calore del suo abbraccio, lasciandolo debole ed indifeso, in completa balia del compagno, mentre il moro lo premeva contro il sedile di pelle approfondendo il bacio, trasformandolo in qualcosa di così erotico da strappargli un profondo gemito di piacere.

Logan lo lasciò andare delicatamente e Rei si accasciò contro la portiera, completamente privo di forze, le guance in fiamme, il petto ormai privo d’aria e gli occhi nocciola, sgranati, fissi in quelli grigio ghiaccio dell’attore.

“Esci con me..” mormorò Logan.

“Che... che cosa?” gli chiese Rei, sicuro di non aver capito bene.

“Santo cielo piccolo tutti si sono accorti di come ti guardo... l’unico che non ha notato niente sei tu!” sbottò tra l’esasperato e il divertito.

“Co..come mi guardi..?” domandò incredulo.

Logan gli sorrise accarezzandogli una guancia con le dita prima di far scorrere la mano lungo il suo collo cominciando a slacciare i bottoni della camicia.

E Rei capì, ritraendosi di scatto contro la portiera dell’auto “Io non sono gay!” gridò.

“Nemmeno io lo sono..” disse tranquillamente il moro.

“Eh?” chiese Rei che cominciava davvero a non capirci niente.

“Sono bisessuale..” confessò l’altro con una scossa delle ampie spalle “E tu mi piaci..”

“Ma io non sono gay!” ripetè il ragazzo pallido “...e nemmeno bissessuale!” aggiunse in fretta.

“Però ti piaccio..” insinuò il moro lasciandolo con la bocca aperta come un pesce lesso.

“Io.. sì.. NO!” si corresse in fretta “Io ti ammiro e ti stimo come attore ma.. non mi è mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello di uscire con te!” sbottò scarlatto in volto.

“Eppure prima mugolavi tra le mie braccia..” insinuò il moro allungando il viso per porgli un bacio nell’incavo del collo.

Rei cercò di ritrarsi scoprendo che non poteva sfuggirgli, a meno di non scendere dall’auto, ma che, appoggiato com’era con la schiena alla portiera, non riusciva ad arrivare alla maniglia.

Le labbra dell’attore si posarono sulla sua pelle dorata surgendola piano, assaggiandola con la punta della lingua e Rei dovette mordersi le labbra a sangue per non ansimare quando un brivido violento gli scivolò lungo la schiena.

“Non.. non voglio..” ansimò con voce così flebile da sembrare un pigolio.

Logan sbuffò, staccandosi da lui per ritornare al suo posto “Va bene...” mormorò freddamente “Non ho intenzione di violentarti..” disse sebbene le sue azioni di pochi istanti prima avessero fatto sospettare il contrario al rossino “Ma pensaci... se venissi a letto con me potrei aprirti molte porte, ad Hollywood...” disse fissandolo con uno sguardo che gli trapassò l’anima.

Rei boccheggiò, fissandolo senza fiato.

Non ci poteva credere!

Quell’uomo.. quell’uomo gli stava chiedendo di vendersi!

“Non farò mai una cosa simile!” ringhiò balzando giù dall’automobile come una furia “E ringrazia che non ti denuncio per molestie!” gracchiò sbattendo la portiera dell’auto e incamminandosi con passo furente lungo il marciapiede, ignorando gli sguardi curiosi dei passanti.

Logan osservò la sua falcata furiosa allungando distrattamente una mano per aprire il portaoggetti dell’auto e trarne un pacchetto di sigarette.

Ne infilò una in bocca e l’accese, guardando quel piccolo gatto selvatico allontanarsi.

No, lo avrebbe lasciato scappare, decise.

Voleva averlo e Logan Pierce otteneva sempre ciò che desiderava.

Mai dire mai..” sussurrò e poi ripartì facendo fischiare le ruote, ignorando gli strombazzamenti dell’automobilisti a cui aveva tagliato la strada.

 

continua....


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