DISCLAIMER: Tsuzuki, Hisoka, Tatsumi, Muraki, Watari e tutti i personaggi di questa fanfiction, PULTROPPO, non sono miei ma di una bravissima MANGAKA giapponese: Yoko Matsushita. Questa fic non è scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento. RINGRAZIAMENTI:
a chiunque passerà e mi lascerà un commentino… NOTE: Questa è la mia prima fanfiction sullo splendido manga di YNM, non sarà una storia troppo lunga. Nasce principalmente dalla mia curiosità di sapere che sarebbe successo, se Tatsumi fosse ancora il compagno di Tsuzuki all’arrivo di Hisoka. Bhe… ECCOVI IL RISULTATO! Specifico che dell’anime ho visto i primi 3 DVD, sono in attesa del 4 (*_*), quanto al amnga, ovviamente prendo libera ispirazione dal primo volume, perché le cose saranno… U_U… non ve lo dico :-P DEDICHE: Questa ficcy è un omaggio alla mia compagna di banco, che come me adora Yami no Matsuei, solo che lei è una fan accanita di Hisoka pucci pucci, mentre io… hehe. Dony… questa ficcy è per te! Goditela!
Choice precious parte I - Come un cielo senza nubi di RowanMayFair
“he?…
Tatsumi… che hai detto?”* “mi
dispiace Tsuzuki… Questa volta non posso venire con te…” Il
ragazzo si fermò un istante, sollevando la testa per osservare
intensamente gli occhi azzurri del proprio partner, nascosti dietro le
sottili lenti degli occhiali, ma quest’ultimo distolse rapidamente lo
sguardo. Uno
strano, infelice sospetto si fece strada in lui, ma lo scacciò
prepotentemente. No… non poteva accadergli ancora… “ah…
ho capito… non è un problema. È un lavoro facile. Allora la prossima
volta lo faremo insieme…” incominciò a dire, anche se la sua voce
suonava già spenta. “non
posso venire. Né la prossima, né quella dopo…” Un
senso di vuoto totale, una leggera vertigine, lo colse per un istante.
Stava succedendo. Ancora. E
questa volta proprio da Tatsumi… “ha…
d’accordo.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire il più durevole
dipendente dell’Enma-Cho, ancora immobile sul posto, come incapace di
spostarsi e accettare le conseguenze di quella conversazione “Tsuzuki…”
“Non
devi dire niente! Ho già capito… Non preoccuparti per me. Sono
abituato… a questa cosa.” Si
girò. Doveva andarsene da lì, prima di scoppiare nuovamente a piangere.
Tatsumi non lo sopportava e lui voleva evitare di dargli ancora
dispiaceri. Cercò di dare un’intonazione calma alla voce, rassicurante,
per non far sentire in colpa l’ormai ex-partner. Per
la prima volta, gli occhi azzurri si fissarono sull’espressione del viso
di Tsuzuki. L’uomo rimase un attimo spiazzato, notando la tristezza
espressa da quello sguardo violaceo. “allora perché…” provò
a dire, ma le parole gli morirono in gola, facendo uscire semplicemente un
leggero sospiro. “scusami
per averti dato fastidio…” Continuò il ragazzo dagli occhi viola,
girandosi ed incamminandosi senza voltarsi. Ma la sua voce era come rotta. “perché
quella faccia addolorata…?” finì la sua domanda, mentalmente, Tatsumi,
mentre il senso di colpa iniziava a farsi sentire prepotentemente. “grazie
per ciò che hai fatto fin ora…” concluse Tsuzuki, trattenendo un
singhiozzo e aumentando leggermente il passo. Quelle
parole ferirono il partner più di mille lame. Lo
stava ringraziando… dannazione! Tsuzuki lo stava ringraziando, e lui lo
aveva appena abbandonato. Lasciato. Come i due precedenti partner avevano
precedentemente fatto. “Tsuzuki…”
lo chiamò con un intonazione urgente, mentre un senso di panico prendeva
possesso del suo animo. Come
sarebbe stata la sua vita senza Tsuzuki? Era effettivamente un bene per
lui lasciare quello sbadato shinigami?
E, soprattutto, era realmente sicuro di voler vedere quel giovane
uscire dalla propria vita? Nel
riflesso di uno specchio nel lungo corridoio, osservò impotente la figura
di Tsuzuki allontanarsi. I
capelli castani, leggermente scompigliati, gli ricadevano sulle spalle e
sul viso, oscurandolo in parte alla vista. Le
labbra erano innaturalmente rosse, perché il giovane le stava mordendo,
nel confuso tentativo di non scoppiare in singhiozzi. Ma
furono gli occhi a dare a Tatsumi la forza di fare qualcosa. Quegli
occhi splendidi, di un soprannaturale color viola, così simili a un
ametista e così espressivi, in quel momento trattenevano a stento le
lacrime. Come leggere gocce di pioggia che bramano di poter scatenare un
temporale, così invisibili gocce d’acqua saltata si stavano riunendo
negli occhi tristi del giovane, in attesa di poter essere liberate. Tatsumi
non ci vide più, e con uno scatto provò ad afferrare la mano di Tsuzuki,
ma questa gli scivolò immancabilmente via. Avrebbe
lasciato perdere, se non avesse intravisto attraverso lo specchio lo
sguardo di totale disperazione impresso in quelle iridi. Con un altro
passo afferrò fermamente la mano del giovane, intrecciando le dita con
quelle dello shinigami. “Tsuzuki…”
disse a bassa voce, invitandolo a girarsi. Tsuzuki
non si mosse. Era già fin troppo difficile accettare di essere
abbandonati per la terza volta, ma se si aggiungeva l’insensata
preoccupazione dell’ex-partner la cosa diventava insopportabile. Cosa
voleva ancora Tatsumi? Aveva fatto la sua scelta, che lo lasciasse in
pace. Al momento, l’unica cosa di cui aveva veramente bisogno era di
chiudersi in camera sua e scoppiare in un pianto liberatorio. Non di stare
li, trattenuto dall’uomo che era la causa di tutta quella sofferenza. “Tsuzuki”
lo richiamo, più dolcemente l’uomo con gli occhiali, tirando
leggermente la mano verso di se. Dopo
qualche altro secondo teso, il ragazzo dagli occhi viola si girò,
osservando fermamente l’uomo più alto di fronte a lui. Non si curava più
di trattenere le lacrime, che ormai arroganti rigavano le sue guance, ma
non un suono uscì dalla sua bocca. Non seppe perché, certo non era
orgoglio, ma qualcosa gli impediva di mostrarsi così debole di
fronte a Tatsumi. Forse prima d'ora l’aveva fatto troppe volte. “Tsuzuki…”
ripetè per la terza volta il suo ex-partner, con voce sempre più dolce
che, senza un preciso motivo, fece sentire Tsuzuki ancora più male. “Ti
prego… Tatsumi” singhiozzo il giovane, senza riuscire più a
trattenersi “lasciami andare… ora basta…” Tatsumi
lo guardò a lungo coi suoi freddi occhi azzurri, che a Tsuzuki parvero
assomigliare come mai al ghiaccio più freddo. In
ogni modo la richiesta di Tsuzuki fu ignorata dall’uomo che, anzi,
afferrò anche l’altra mano, intrecciando le dita anche con quella. “no…”
sussurro piano la voce calda del collega, direttamente nell’orecchio di
Tsuzuki, che sobbalzo di scatto. Non si era reso conto di essersi
avvicinato così tanto. “c-cosa?”
balbetto Tsuzuki, che, scosso da un altro singhiozzo, si appoggiò quasi
inconsciamente al petto dell’ex-partner, che era a pochi millimetri dal
suo viso, bagnandone la camicia con le sue lacrime. “Non
ti lascerò andare… non ti lascerò…” sussurrò deciso Tatsumi,
fissando ora il proprio riflesso nello specchio. Vedeva il proprio viso
leggermente coperto dai folti capelli scuri del giovane più basso, il suo
corpo sovrastare dolcemente quello dell’altro e le loro mani
intrecciate. Senza
un motivo particolare, quella vista gli scaldò il cuore. “Tsuzuki…
perché?… Perché piangi?” continuò a sussurrare, cercando di dare un
intonazione calma al timbro vocale, in maniera da tranquillizzare l’ex-parnter.
O il partner? Tsuzuki
scoppiò ancora più in singhiozzi, sentendo quella voce così dolce. Tirando
su col naso, senza badare di star completamente inzuppando la camicia del
futuro segretario, rispose con voce tremante “mi
spiace… Tatsumi perdonami… sigh… sono un debole.. lo so” strinse
la presa nelle mani, come in cerca di un appoggio “ma io ci… ci tenevo
a noi due” finì, staccandosi leggermente, ignaro dell’effetto di
quelle parole sull’altro. Tatsumi
boccheggiò mentalmente, scioccato da quelle parole. Sapeva che il giovane
non intendeva niente di più che il rapporto di partner con quel “noi
due”, ma qualcosa si accese nel suo cuore. Una fiammella di speranza di
un qualcosa a cui ancora non sapeva dare un nome, ma per cui, ne era
certo, in futuro avrebbe combattuto. E non si sarebbe arreso. No. Mai. La
mano dell’alto uomo lasciò quella di Tsuzuki, ma mentre questo credeva
fosse arrivato il momento dell’addio, la stessa mano si poggiò
dolcemente sul suo mento, tirando il viso del giovane verso quello del
proprietario. Tsuzuki
spalancò gli occhi sorpreso, trovandosi occhi negli occhi con l’altro,
ad una distanza davvero limitata. “Ta...
Tatsumi?” balbettò, ma venne subito interrotto da un dito del futuro
segretario, che dolcemente si era posato sulle sue labbra e, dopo avergli
intimato di tacere, aveva iniziato ad asciugargli le lacrime. “non
sei un debole Tsuzuki. Non lo sei mai stato” disse calmo. “quello lo
sono io, per aver pensato di abbandonarti” pensò Tatsumi, ma non ebbe
il coraggio di estraniare quel giudizio. “dimmi
cosa vuoi… se credi così tanto in noi… nella nostra coppia di
shinigami, dillo. Possiamo riprovarci. Sono ancora in tempo. Posso
ancora… tornare dal capo e ritirare la richiesta. Ma devi dirmelo.
Ora!” disse con voce pacata il futuro segretario, mascherando abilmente
il nervosismo che si era impadronito di lui. Tsuzuki
rimase silente per molti, interminabili istanti. Era
rimasto completamente senza parole, mentre nel suo cuore una fiamma di
speranza si era riaccesa. Forse Tatsumi non era come gli altri. Forse
finalmente aveva trovato qualcuno in grado di capirlo. Nessun altro era
mai tornato sui suoi passi. “Sì!”
esclamò deciso, parlando velocemente “sì. Credo in noi. So che saremo
in grado di andare avanti. Non piangerò mai più se è quello che
desideri, ma te ne prego… Tatsumi.. fallo. Non abbandonarmi anche
tu…” ristoppiò in silenziose lacrime, mentre l’uomo lo avvolgeva in
un caldo e confortante abbraccio. Rimasero
a lungo così, immobili. Tsuzuki
con il viso affondato nella camicia bagnata dell’uomo più alto, mentre
quello manteneva un immagine più austera, ma stringeva con forza il corpo
del giovane a se, aspettando che si calmasse. “Tsuzuki…”
sorrise leggermente Tatsumi, incrociando con lo sguardo una ciocca ribelle
dell’altro, che si affrettò a lisciare con un fluido movimento della
mano. “lo
farò. Ma devo andare ora. Non piangere più adesso. Io vado da Konoe, e
domani ci occuperemo con calma del caso di cui mi hai parlato” poi, più
affettuosamente aggiunse “ora vai a riposarti. Ne hai bisogno” il
giovane annuì leggermente, e regalando un sorriso radioso al ritrovato
partner si separò finalmente dal suo abbraccio. “grazie…”
sussurrò solamente, mentre il futuro segretario, regalandogli un ultima,
pacifica occhiata, si incamminava verso l’ufficio del direttore. Tsuzuki
rimase fermo a osservare mentre l’altro se ne andava, ripensando
all’ultimo sguardo dell’uomo. In
quel momento, fu certo che il colore degli occhi di Tatsumi non fosse
simile al giaccio, ma ad un romantico cielo senza nubi.
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