Disclaimers: e a ke pro? Inoue è mio padre quindi posso usare i suoi personaggi come mi pare e piace ihih =PP

Note: dedico questa fanfa alla mia sensei nonché amante ufficiale *CHOCO* per avermi sconvolto il sonno con la sua "Una volta per tutte!" ed essere riuscita a farmi appassionare di nuovo allo Slam Dunk fandom ^^ [Cho-chan, voglio il seguito di UVPT!!!!!!]

Nota in secundis: in qs fic mi sono dilettata ad usare la mia amata pissicologia da mercato, quindi se troverete qualche ingenuità, vi prego di perdonarmi fin da ora ;p

3

 


Chocolate 

first time

di Alexiel


Era una bellissima notte estiva; l'atmosfera blu ricopriva tutto, a Kanagawa: le case, il mare, le colline in lontananza.

La melodia dei grilli accompagnava lo scorrere delle ore notturne e una leggera brezza soffiava, attenuando l'afa soffocante che permeava l'aria.

Dalla spiaggia le stelle erano visibili e riempivano il cielo come una manciata di diamanti gettati su un panno di velluto violetto.

Un ragazzo moro era sdraiato sulla sabbia e osservava il cielo, le labbra rosse tirate in un'espressione imbronciata.

Tracce di lacrime si stavano seccando sulle sue guance e sulle tempie.

Alle sue spalle improvvisamente dei passi veloci, dall'ampia falcata.

-Hiro-kun… Hiro, per l'amor di dio dove sei?-

Il moretto rispose con un grugnito, si alzò e cominciò ad allontanarsi, camminando veloce verso la riva del mare.

-Hiro-kun… -

-Lasciami in pace Sendoh.. ti consiglio di non avvicinarti più di così o giuro che ti prendo a pugni!-

Il neo-eletto capitano del Ryonan fece un passo avanti tendendo una mano verso il compagno di squadra.

-Hiro per piacere.. voglio solo parlarti, non essere selvatico.. ti prego dammi l'opportunità di spiegarti e poi potrai picchiarmi quanto vorrai!-

Lo snello playmaker sollevò il mento con piglio stizzito e alzò la voce:

-Non un passo di più Akira!! Non me ne frega un emerito *cazzo* delle tue spiegazioni! E non sono *selvatico*… e non chiamarmi Hiro!! Odio quel diminutivo, lo odio!! E odio te! Cavolo.. ecco.. mi viene di nuovo da piangere…-

-Hiroaki.. –

-VATTENE AKIRA!!! HO DETTO VATTENE!!!!!-

Il ragazzino cominciò a correre veloce sul bagnasciuga senza rendersi conto che gli si stavano inzuppando le scarpe e il fondo dei jeans. L'umiliazione di aver mostrato la sua debolezza piangendo gli bruciava la bocca dello stomaco e si sentiva svenire dalla rabbia…

Il fatto che Sendoh riuscisse a far uscire la sua vera faccia nascosta, il fatto che di fronte a lui la maschera di irritabilità che usava come scudo cadesse irrimediabilmente, lo faceva sentire vulnerabile.

Dannatamente scoperto…

Hiroaki Koshino non sopportava di sentirsi così.. fragile, alla mercè di un'altra persona.

Era semplice fare la parte dello scontroso antipatico snob dalla puzza sotto al naso.

Era incredibilmente facile tenere lontana la gente ringhiando come un cane rabbioso e Hiroaki si era abituato a quel travestimento, lo trovava comodo come un vecchio maglione di lana.

Ma era arrivato Sendoh, che stava lentamente facendo sgretolare quel bel muro di cemento che Hiro si era costruito tutto attorno… e questo al ragazzo non andava bene… aveva bisogno di nascondersi, perché uscire allo scoperto gli feriva l'anima come i raggi del sole feriscono gli occhi a chi esce dopo ore da una caverna buia e profonda.

Sendoh decise di lasciar perdere, non avrebbe inseguito Koshino perché il ragazzo gli era sembrato davvero troppo scosso, anche se avrebbe voluto parlare con lui e chiedergli scusa per essersi comportato da emerito *imbecille*.

Avrebbe voluto parlargli subito, chiarire e poi stringerlo a sé, coccolarlo e farlo calmare, accarezzargli quei capelli che sembravano fili di seta tanto erano lucidi e lisci, mordicchiargli quell'impertinente, adorabile nasino all'insù per poi dedicarsi a baciare quella bocca sempre imbronciata, ma anche capace di dolcissimi sorrisi, timide risatine e baci incredibilmente sensuali ed eccitanti e..

-Dio, Hiroaki… come faccio a resistere… maledizione… il solo pensiero di te mi fa andare il sangue a fuoco! Ti voglio, ti voglio con tutto me stesso… un assaggio non mi è bastato, voglio di più… ARGH!-

Sendoh lanciò un sordo grido di frustrazione e cadde in ginocchio sulla sabbia trattenendo a stento lacrime di rabbia.

Si distese supino sull'arenile volgendo gli occhi al cielo e cominciò a pensare fino ad addormentarsi, senza essere arrivato a nessun tipo di conclusione.

Però sapeva che avrebbe fatto di tutto per convincere il suo adorato Hiroaki a fidarsi di lui e a sciogliersi un po'.

Almeno questo…

Lo doveva al suo piccolo, scorbutico, adorabile Kosh…..

 

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Come da copione il giorno dopo Koshino Hiroaki non rispose all'appello: assente.

A Sendoh sembrò che una morsa di gelo gli stringesse lo stomaco nel vedere il banco del suo migliore amico vuoto.

La situazione gli dava un irritante senso di impotenza, ma in quel momento non poteva fare assolutamente nulla, per cui seguì svogliatamente e distrattamente le lezioni per poi correre in palestra e sfogare i nervi schiacciando a canestro come un ossesso.

Taoka-sensei ovviamente non era contento dei magnifici dunk del neo-capitano… aveva comunque da ridire perchè Sendoh doveva passare di più e fare un gioco meno individualista, che doveva comportarsi come un regista per la squadra e non come una primadonna…

Ma le urla stizzite dell'allenatore nemmeno sfioravano Akira, che era rinchiuso nel suo mondo privato popolato solo dai respiri di Koshino, dalla sua voce argentina, dai suoi occhi d'onice venato di viola, dalla sua timida ritrosia, dai suoi rossori meravigliosamente ingenui, dal suo erotismo inconsapevole e primordiale.

Ikegami si avvicinò al capitano con il pallone sotto braccio alla fine di un'azione particolarmente felice.

-Sei in forma oggi, eh Akira?- e gli diede un colpetto d'incoraggiamento sulla spalla.

Akira sfoderò uno dei suoi sorrisi d'ordinanza e alzò il pollice in direzione dell'amico facendogli l'occhiolino.

C'era solo una persona, nella palestra, che guardava Sendoh con aria poco convinta… all'ombra del canestro Kitcho Fukuda faceva roteare la palla sull'indice e scuoteva la testa preoccupato.

-OK ragazzi potete andare per oggi!-

Taoka armeggiò con le sue lavagnette piene di schemi e posizioni e le impilò ordinatamente nell'armadietto della palestra.

-Se vedete Koshino prima dell'allenamento di domani mettetelo al corrente dei nuovi schemi che voglio che mettiate in pratica! Esigo che nessuno resti indietro, soprattutto Koshino che è un  titolare!! Intesi?-

Un coro di "Hai sensei" riempì l'aria, inorgogliendo l'allenatore, il quale decise finalmente che per quel giorno poteva bastare.

Il capitano urlò "Alle docce" e la squadra vociante si diresse rumorosamente verso gli spogliatoi.

Fukuda, Aida e un altro primino rimasero in campo per riordinare, ma Sendoh li invitò a seguire il resto della squadra.

-Oggi ci penso io qui, ragazzi… andate pure.-

Aida e l'altro ragazzo sorrisero al loro eroe e uscirono dal campo, mentre Fukuda indugiò alle spalle di Sendoh che stava raccogliendo i palloni da terra.

-Vai pure, Fuku-chan...-

Fukuda sospirò e si accovacciò accanto a Sendoh, attirando la sua attenzione e guardandolo in viso:

-Senti Akira… lo so che non sono cazzi miei, però… voglio dire… oggi hai giocato bene, per l'amor di dio, ma non eri tu.. non era il tuo gioco… sembrava che fossi solo, in campo..-

Fukuda lasciò che le sue parole sedimentassero, ma non ottenne commenti: Sendoh aveva lo sguardo rivolto a terra e sul bel viso non v'era traccia di sorriso.

-Se non ti va di parlare capirò, Akira… ma sono un paio di giorni che sei strano… e anche Hiroaki è strano… cioè capisci che intendo? Non sono un idiota e ho visto come vi guardate…-

Sendoh sussultò e spalancò gli occhi.

-… cioè, si capisce che fra voi c'è qualcosa, ecco… e se ci sono dei problemi dovreste cercare di tenerli fuori dalla squadra, capisci cosa voglio dire?-

Fukuda non voleva essere invadente o insensibile, il fine del suo discorso era far sapere all'amico che in lui aveva un alleato, ma che purtroppo una squadra d'élite come il Ryonan non poteva permettersi crepe nei muri.

Doveva essere compatta.

Ma Sendoh, solitamente ricettivo soprattutto nei confronti del coetaneo, era troppo fuori fase per riuscire a leggere tra le righe.

-L'unica cosa giusta che hai detto, Fuku-chan, è stata che non sono cazzi tuoi.- 

Così dicendo si sollevò dal pavimento, ribaltò i palloni nel cestone e uscì dalla palestra.

Fukuda rimase un po' male a quella reazione, ma conosceva abbastanza bene Sendoh per sapere che avrebbe capito, non appena fosse riuscito a trovare uno spiraglio nei suoi casini con Kosh.

Quindi si alzò a sua volta da terra e si diresse alle docce.

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Per il secondo giorno di seguito Koshino non si presentò in classe. A questo punto Sendoh cominciò a preoccuparsi realmente e decise di affrontare il problema di petto: dopo gli allenamenti sarebbe andato a casa di Hiroaki per parlargli a quattr'occhi e risolvere una volta per tutte questa situazione che stava diventando insostenibile.

Dopo allenamento rimase a lungo sotto il getto tiepido della doccia con gli occhi chiusi, lasciando che l'acqua lavasse via, assieme al sudore, anche la stanchezza e il genuino *terrore* che si era impadronito di lui al pensiero di dover affrontare Hiroaki.

Quel ragazzo aveva delle reazioni troppo violente, che talvolta sfociavano in vere e proprie crisi di nervi. Sendoh ne era spaventato perché non sapeva come prenderlo, come affrontarlo per farlo sentire meglio.

Si sentiva impotente di fronte a un Koshino arrabbiato e irragionevole, che non voleva essere toccato e tagliava corto i discorsi di Sendoh dicendo che non aveva bisogno di spiegazioni.

Quando litigavano andava *sempre* a finire così, con Hiroaki agitatissimo che chiudeva ogni spiraglio a qualunque tipo di comunicazione.

A Sendoh veniva il panico ogni volta. Da un lato avrebbe voluto costringere il ragazzo ad aprirsi con lui, ma dall'altro non gli piaceva imporsi e desiderava che fosse lo stesso Hiroaki a rendersi conto che il metodo migliore per risolvere i problemi fra due persone non era scappare, ma parlare.

Questa volta in particolare si sentiva davvero in colpa e si sarebbe imposto ad Hiroaki costringendolo ad ascoltare le sue scuse e le sue ragioni.

Akira chiuse il rubinetto della doccia e avvolse i fianchi snelli in un asciugamano candido, si sistemò i capelli, indossò la divisa e annullò rapidamente la distanza tra il liceo e la stazione.

Salito sul treno che lo avrebbe portato nel quartiere dell'amico, Sendoh sentì le pulsazioni cardiache aumentare e un senso di costrizione alla bocca dello stomaco.

Lui di solito così pacato, solare, allegro e socievole si era ridotto ad un fascio di nervi tachicardico e insicuro all'idea di sbagliare strategia con la persona di cui era innamorato.

La sua paura più grande, la sua *UNICA* paura era di perdere Hiroaki.

Dopo avergli dichiarato il suo amore, dopo aver scoperto di essere teneramente ricambiato, dopo aver assaggiato quelle labbra così morbide, dopo essersi inebriato del suo profumo, Sendoh credeva di averlo conquistato… anche perché si era reso conto che con lui Hiroaki riusciva a lasciarsi andare, a sciogliersi… insieme a Sendoh si rilassava, rideva, faceva battute ironiche ed intelligenti, parlava di tutto, da quanto facesse schifo la mensa del Ryonan a quanto gli piaceva la letteratura inglese, nonostante dovesse leggere i libri tradotti, fino alle infinite e concitate discussioni sugli schemi da usare in partita.

Sendoh amava tutto del suo koibito e voleva che Hiroaki sapesse quanto significava per lui andare d'accordo e renderlo felice.

Il treno sussultò e si fermò.

Sendoh si alzò risoluto e scese sulla pensilina, dirigendosi a grandi passi verso la graziosa casa dell'amico.

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Il sole era tornato a scaldare l'atmosfera dopo un breve temporale e il ragazzo chiuse gli occhi assaporando il profumo dell'aria ancora fresca.

Respirò a pieni polmoni ed espirò come per depurarsi della tensione… la sensazione di leggerezza durò solo per pochi secondi, poi l'ansia lo riassalì facendogli venire le vertigini, ma Sendoh proseguì per il viale silenzioso deciso come non mai.

La casa della famiglia Koshino era una villetta a un piano in tipico stile giapponese, con le porte scorrevoli di carta di riso, la piattaforma di legno rialzata coperta dai tatami e un giardinetto zen con un laghetto in cui nuotava pigramente una tartaruga color smeraldo.

Un alto muro bianco coperto da rampicanti rigogliosi occultava la casa alla vista delle persone donando alla proprietà un'aria di riservatezza tipicamente orientale.

Quella casa assomigliava *dannatamente* alla persona che ci viveva dentro.

Sendoh deglutì rumorosamente, rimase sospeso in un attimo eternamente lungo prima di risolversi a pigiare il campanello sottostante alla placca bronzea che portava inciso il nome di famiglia dell'amico.

Una manciata di secondi…

Interminabili.

Poi una voce roca, metallica.

-Chi è?-

A Sendoh si gelò il sangue nelle vene.

-Ehm.. sono Akira.-

Altri secondi.

Poi il rumore del citofono abbassato e il cigolio del cancello automatico che si apriva.

Sendoh non riuscì ad evitare di tirare un sospiro di sollievo… entrare nella fortezza era il primo passo. Ma la battaglia per raggiungere la sua meta era ancora lunga… e ardua.

 

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Hiroaki era appoggiato al muro antistante la porta d'entrata con un broncio da guinness dei primati.

Akira si sedette sul gradino per togliersi le scarpe ed indossare un paio di pantofoline di spugna immacolata.

Non aveva il coraggio di sollevare lo sguardo per incontrare quello dell'amico…

Cavolo, ma era possibile che dopo due giorni quel testone fosse ancora incazzato?

Alla fine decise che doveva comportarsi da persona matura e affrontarlo.

Si alzò in piedi, voltandosi per averlo di fronte. 

Nonostante Sendoh lo sovrastasse di circa venti centimetri in altezza, in quel preciso istante si sentiva come una formica minuscola di fronte all'aura negativa di Koshino.

Akira si avvicinò un po', ma il ragazzo davanti a lui lo bloccò con lo sguardo.

-Cosa sei venuto a fare?-

Tutta la sicurezza di Sendoh si sgretolò di fronte al vetriolo contenuto nel tono in cui quelle poche sillabe furono pronunciate.

-Io…-

Koshino si voltò e si incamminò verso la sala da pranzo.

-Vieni Akira, ho preparato del the…-

Sendoh si maledì per la sua goffaggine, ma quel diavolo di ragazzo aveva la schifosa capacità di farlo sentire una gelatina tremolante priva di volontà. Lo seguì in silenzio attraverso le stanze linde di quella grande casa ariosa, la mente impegnata a farsi dei film inverosimili alimentando così le sue già numerose paranoie.

Akira si sedette su un cuscino di fronte a un tavolino basso sul quale fumava uno spesso bicchiere di the cinese. Hiroaki sparì per un attimo dietro la tenda che portava in cucina e ne riemerse dopo pochi attimi stringendo tra le mani affusolate un altro bicchiere che appoggiò di fronte a Sendoh, sedendosi a sua volta dalla parte opposta del tavolino.

L'atmosfera era tesa e densa, pesante e pregna di imbarazzo.

Sendoh osservava le foglioline di the che galleggiavano nel suo bicchiere mentre Koshino osservava Sendoh con una nota di profonda tristezza, frustrazione quasi, nei recessi violetti dei suoi splendidi occhi a mandorla.

-Allora… si può sapere perché ti sei preso la briga di venire fino qui?-

Sendoh sentiva il cuore trapassato da mille aghi ogni volta che il suo amore usava quel tono gelido rivolgendosi a lui.

Ma aveva deciso di parlargli e, crollasse il cielo, lo avrebbe fatto.

-Sono qui perché credo ci siano delle cose da chiarire tra noi. Vorrei che per una volta provassimo a dialogare, sono stanco delle tue fughe senza spiegazioni… mi fanno stare da cani e io non voglio che tra noi sia così. Questa situazione sta diventando insostenibile… se ci sono dei problemi risolviamoli insieme… prova a fidarti di me, a lasciarti un po' andare…-

La pelle del viso di Koshino era diventata rossa e calda, e il moretto sembrava sul punto di scoppiare come un vulcano pochi secondi prima dell'eruzione.

Infatti da lì a poco un ruggito eruppe dalle labbra del ragazzo.

-Lasciarmi andare.. LASCIARMI ANDARE!!!?????? Cosa significa lasciarmi andare Akira? Sottostare alla tua libidine? Alla tua voglia? Cosa sono, un bambolotto? Mi sei sempre addosso, in qualunque modo… a scuola, ad allenamento, quando studiamo insieme…. Riesci sempre a trovare una scusa per toccarmi o strusciarti… mi sembri un gatto in calore e io.. io….. io non ti sopporto!-

Sendoh impallidì a quelle parole.

Non credeva, non avrebbe mai immaginato che… cioè… le sue erano dimostrazioni d'affetto, non aveva mai inteso quei gesti come provocazioni… gli veniva naturale abbracciare il suo ragazzo, baciarlo, accarezzarlo…

Gli veniva naturale desiderarlo e volerci fare l'amore, rubargli un bacio nei corridoi del liceo, strizzargli il sedere sotto la doccia…

A quelle parole quasi urlate sentì un nodo di gelo formarglisi nello stomaco e una sensazione di vuoto sotto i piedi come se stesse per precipitare in un abisso.

Rimase ammutolito di fronte alla furia dell'amico, anche perché lui era andato là con le migliori intenzioni, ma di fronte ad un Hiroaki in quello stato, non sapeva più che pesci pigliare.

Era come se il suo incubo peggiore avesse preso corpo, come se il fiore che aveva curato per mesi gli fosse improvvisamente appassito fra le mani.

Disarmato… era proprio così che si sentiva in quel momento Akira: senza parole, senza argomenti, una girandola  impazzita di pensieri sgradevoli che gli turbinava nel cervello.

Hiroaki era troppo scosso, non c'era nulla da fare. L'improvvisa e lacerante consapevolezza della propria impotenza ridiede a Sendoh la lucidità di cui aveva bisogno per prendere una decisione drastica; reprimendo la rabbia che gli era montata per il comportamento irrazionale del ragazzo seduto di fronte a lui, Sendoh si alzò, sul bel viso non c'era traccia del suo solito sorriso, mentre parlava con un tono di voce misurato e tenuto volutamente, anche se difficoltosamente, basso:

-Hiroaki, è ovvio che oggi non sei assolutamente in grado di affrontare una discussione e io non me la sento di litigare dopo due giorni di tensione e seghe mentali… credo che finirei per prenderti a sberle o per dire qualcosa di spiacevole, perché sono *veramente* al limite.-

Tirò un grosso respiro, come se l'aver profferito quelle parole gli fosse costato una fatica indicibile.

Hiroaki lo stava osservando con gli occhi gonfi e rossi, ma Akira era deciso a non farsi commuovere e continuò a comportarsi da persona matura per il bene di entrambi e della loro storia.

Era veramente difficile, perché in quel momento, vedendo il suo amore così fragile, avrebbe voluto, nonostante la rabbia e il nervoso, stringerlo a sé e coccolarlo fino a farlo calmare, ma quello sarebbe stato solo un palliativo, un inutile diversivo che non avrebbe portato soluzione alcuna.

Quindi si risolse a fissare Hiroaki in pieno volto, cercando di parlare mantenendo la voce il più ferma possibile, vietando ai sentimenti che gli si agitavano in petto di interferire.

-Quando sarai pronto a discutere tranquillamente con me, sai come rintracciarmi. Ora me ne vado Hiroaki, perché vederti così mi fa stare troppo male.-

Detto questo il capitano voltò le spalle al ragazzo che amava e si diresse da solo verso la porta.

Koshino non lo seguì.

Non lo implorò di tornare sui suoi passi.

Invece si chiuse ulteriormente nel suo guscio spinoso di rabbia e dolore, dovuti alla consapevolezza di aver ferito profondamente l'amico e alla terribile sensazione di non essere capace di tirarsi fuori da questa situazione.

Per quanto amasse Akira, il fatto di non riuscire a confidarsi e quindi a instaurare un dialogo trascendeva il suo controllo.

E per questo Hiroaki Koshino si sentiva terribilmente meschino.

 

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Quando il giorno dopo Sendoh entrò in classe, Koshino era già seduto al suo posto, con una faccia che non prometteva niente di buono.

Akira non trovò nemmeno il coraggio di avvicinarsi a salutarlo, decidendo invece di andarsi a sedere al proprio banco che fu subito attorniato da un gruppetto di ragazze che sbavavano dietro al bel capitano del Ryonan.

Azzardò un'occhiata in direzione di Hiro, il quale stava tranquillamente *uccidendo* una matita, scuoiandola furiosamente con un temperino elettrico. Un nodo gli si formò nello stomaco… il senso di impotenza e il sottile terrore di perdere la persona amata riaffiorarono, lasciando un senso di malessere nel ragazzo, che avrebbe voluto scappare, tornarsene a casa e seppellirsi nel futon a piangere tutte le sue lacrime. 

Ma non poteva.

Doveva dimostrarsi forte, più forte di Hiroaki ed avere pazienza. Dopotutto era sicuro di amare quel cucciolo imbronciato e introverso e non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo.

Però non sapeva davvero in che modo affrontarlo… Hiroaki era freddo come il ghiaccio e aspettare che fosse lui a fare il primo passo era frustrante… ciononostante Akira non voleva insistere troppo perché cercare di costringerlo ad aprirsi avrebbe sortito certamente effetti deleteri.

Dio, l'amore che cosa irrazionale… Sendoh sospirò, sfoderò qualche stanco sorriso per le sue fans e si reimmerse nei suoi pensieri disfattisti e pessimistici.

Dall'altro lato della classe, Koshino osservava il suo capitano con il cuore stretto in una morsa.

Si comportava in maniera totalmente irrazionale, ma non riusciva a farsi coraggio e chiedere perdono all'amico.

Non si sentiva in grado di affrontarlo in una lunga e dolorosa discussione, aveva paura che Akira lo avrebbe potuto lasciare, stanco di lui e dei suoi isterismi, ma ugualmente non riusciva a decidersi ad affrontarlo.

Lo osservava da lontano, cercando di non farsi notare: i raggi pallidi del sole mattutino giocavano tra i suoi capelli neri accendendoli di sfumature bluastre e nonostante il suo sorriso fosse spento, gli occhi brillavano di una luce interiore. Koshino pensò alla sensazione di essere stretto tra quelle braccia forti e sentì uno sfarfallìo agitargli lo stomaco, subito sostituito da una rabbia accecante quando vide un nugolo di oche urlanti avvicinarsi al *suo* ragazzo. Per evitare di cominciare a tirare libri e quaderni attraverso la classe, Koshino prese una scatola nuova di matite e cominciò a temperarle, facendo finta che ognuna di quelle matite fosse una scemetta del Sendoh fan-club.

Poi si rese conto dell'assurdità di quel gesto… che diritto aveva lui di essere geloso di Akira?

Non faceva altro che trattarlo male, rifiutarlo, sgridarlo appena si avvicinava… solo il giorno prima gli aveva dato del pervertito, quando invece quello che voleva Akira era solo amore… fisico, ma  pur sempre amore… e la pazienza che stava dimostrando era una prova sufficiente che lui per Akira non era solo una botta e via… ma lo stesso… quel blocco, quel sottile terrore che partiva da una parte del suo cervello sulla quale lui non aveva padronanza… l'inconscio.

Koshino sospirò e si tuffò nel suo libro di fisica, senza capire assolutamente nulla di quello che leggeva

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 Anche ad allenamento i due ragazzi cercarono di rimanere il più distante possibile, lanciandosi a volte occhiate cariche di sentimenti indefinibili. La tensione si avvertiva chiaramente tanto che Taoka decise di interrompere precocemente la sessione di allenamento perché vedeva i ragazzi distratti e svogliati.

-In questo stato non combinate un bel niente… Sendoh! Fai fare a tutti mezz'ora di allunghi, scatti, addominali e stretching, poi potete andare a casa… io me ne vado adesso o mi viene un esaurimento nervoso…-

 Sendoh ubbidì e si mise alla testa delle due file che obbedientemente si erano già schierate per fare gli esercizi.

Guardava Koshino correre, vedeva il suo viso tirato e sudato e tutto quello che gli veniva in mente era andare da lui e dirgli quanto era bello…

Sendoh battè furiosamente un piede a terra e scrollò la testa innervosito per tutta la situazione… al diavolo… non ce la faceva ad aspettare… voleva il suo Kosh, lo voleva sorridente, lo voleva tra le sue braccia… la tensione tra loro due aveva raggiunto il limite e Sendoh stava cominciando a crollare.

 

**TSUZUKU**

 



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