Disclaimers: e a ke pro? Inoue è
mio padre quindi posso usare i suoi personaggi come mi pare e piace ihih =PP
Note: dedico questa fanfa alla
mia sensei nonché amante ufficiale *CHOCO* per avermi sconvolto il sonno con la
sua "Una volta per tutte!" ed essere riuscita a farmi appassionare di
nuovo allo Slam Dunk fandom ^^ [Cho-chan, voglio il seguito di UVPT!!!!!!]
Nota
in secundis: in qs fic mi sono dilettata ad usare la mia amata pissicologia da
mercato, quindi se troverete qualche ingenuità, vi prego di perdonarmi fin da
ora ;p
3
Chocolate first
time
di Alexiel
Era una bellissima notte
estiva; l'atmosfera blu ricopriva tutto, a Kanagawa: le case, il mare, le
colline in lontananza.
La melodia dei grilli
accompagnava lo scorrere delle ore notturne e una leggera brezza soffiava,
attenuando l'afa soffocante che permeava l'aria.
Dalla spiaggia le stelle
erano visibili e riempivano il cielo come una manciata di diamanti gettati
su un panno di velluto violetto.
Un ragazzo moro era sdraiato
sulla sabbia e osservava il cielo, le labbra rosse tirate in
un'espressione imbronciata.
Tracce di lacrime si stavano
seccando sulle sue guance e sulle tempie.
Alle sue spalle
improvvisamente dei passi veloci, dall'ampia falcata.
-Hiro-kun… Hiro, per
l'amor di dio dove sei?-
Il moretto rispose con un
grugnito, si alzò e cominciò ad allontanarsi, camminando veloce verso la
riva del mare.
-Hiro-kun… -
-Lasciami in pace Sendoh..
ti consiglio di non avvicinarti più di così o giuro che ti prendo a
pugni!-
Il neo-eletto capitano del
Ryonan fece un passo avanti tendendo una mano verso il compagno di
squadra.
-Hiro per piacere.. voglio
solo parlarti, non essere selvatico.. ti prego dammi l'opportunità di
spiegarti e poi potrai picchiarmi quanto vorrai!-
Lo snello playmaker sollevò
il mento con piglio stizzito e alzò la voce:
-Non un passo di più Akira!!
Non me ne frega un emerito *cazzo* delle tue spiegazioni! E non sono
*selvatico*… e non chiamarmi Hiro!! Odio quel diminutivo, lo odio!! E
odio te! Cavolo.. ecco.. mi viene di nuovo da piangere…-
-Hiroaki.. –
-VATTENE AKIRA!!! HO DETTO
VATTENE!!!!!-
Il ragazzino cominciò a
correre veloce sul bagnasciuga senza rendersi conto che gli si stavano
inzuppando le scarpe e il fondo dei jeans. L'umiliazione di aver mostrato
la sua debolezza piangendo gli bruciava la bocca dello stomaco e si
sentiva svenire dalla rabbia…
Il fatto che Sendoh
riuscisse a far uscire la sua vera faccia nascosta, il fatto che di fronte
a lui la maschera di irritabilità che usava come scudo cadesse
irrimediabilmente, lo faceva sentire vulnerabile.
Dannatamente scoperto…
Hiroaki Koshino non
sopportava di sentirsi così.. fragile, alla mercè di un'altra persona.
Era semplice fare la parte
dello scontroso antipatico snob dalla puzza sotto al naso.
Era incredibilmente facile
tenere lontana la gente ringhiando come un cane rabbioso e Hiroaki si era
abituato a quel travestimento, lo trovava comodo come un vecchio maglione
di lana.
Ma era arrivato Sendoh, che
stava lentamente facendo sgretolare quel bel muro di cemento che Hiro si
era costruito tutto attorno… e questo al ragazzo non andava bene…
aveva bisogno di nascondersi, perché uscire allo scoperto gli feriva
l'anima come i raggi del sole feriscono gli occhi a chi esce dopo ore da
una caverna buia e profonda.
Sendoh decise di lasciar
perdere, non avrebbe inseguito Koshino perché il ragazzo gli era sembrato
davvero troppo scosso, anche se avrebbe voluto parlare con lui e
chiedergli scusa per essersi comportato da emerito *imbecille*.
Avrebbe voluto parlargli
subito, chiarire e poi stringerlo a sé, coccolarlo e farlo calmare,
accarezzargli quei capelli che sembravano fili di seta tanto erano lucidi
e lisci, mordicchiargli quell'impertinente, adorabile nasino all'insù per
poi dedicarsi a baciare quella bocca sempre imbronciata, ma anche capace
di dolcissimi sorrisi, timide risatine e baci incredibilmente sensuali ed
eccitanti e..
-Dio, Hiroaki… come faccio
a resistere… maledizione… il solo pensiero di te mi fa andare il
sangue a fuoco! Ti voglio, ti voglio con tutto me stesso… un assaggio
non mi è bastato, voglio di più… ARGH!-
Sendoh lanciò un sordo
grido di frustrazione e cadde in ginocchio sulla sabbia trattenendo a
stento lacrime di rabbia.
Si distese supino
sull'arenile volgendo gli occhi al cielo e cominciò a pensare fino ad
addormentarsi, senza essere arrivato a nessun tipo di conclusione.
Però sapeva che avrebbe
fatto di tutto per convincere il suo adorato Hiroaki a fidarsi di lui e a
sciogliersi un po'.
Almeno questo…
Lo doveva al suo piccolo,
scorbutico, adorabile Kosh…..
>><>><><<><<
Come da copione il giorno
dopo Koshino Hiroaki non rispose all'appello: assente.
A Sendoh sembrò che una
morsa di gelo gli stringesse lo stomaco nel vedere il banco del suo
migliore amico vuoto.
La situazione gli dava un
irritante senso di impotenza, ma in quel momento non poteva fare
assolutamente nulla, per cui seguì svogliatamente e distrattamente le
lezioni per poi correre in palestra e sfogare i nervi schiacciando a
canestro come un ossesso.
Taoka-sensei ovviamente non
era contento dei magnifici dunk del neo-capitano… aveva comunque da
ridire perchè Sendoh doveva passare di più e fare un gioco meno
individualista, che doveva comportarsi come un regista per la squadra e
non come una primadonna…
Ma le urla stizzite
dell'allenatore nemmeno sfioravano Akira, che era rinchiuso nel suo mondo
privato popolato solo dai respiri di Koshino, dalla sua voce argentina,
dai suoi occhi d'onice venato di viola, dalla sua timida ritrosia, dai
suoi rossori meravigliosamente ingenui, dal suo erotismo inconsapevole e
primordiale.
Ikegami si avvicinò al
capitano con il pallone sotto braccio alla fine di un'azione
particolarmente felice.
-Sei in forma oggi, eh Akira?-
e gli diede un colpetto
d'incoraggiamento sulla spalla.
Akira sfoderò uno dei suoi
sorrisi d'ordinanza e alzò il pollice in direzione dell'amico facendogli
l'occhiolino.
C'era solo una persona,
nella palestra, che guardava Sendoh con aria poco convinta… all'ombra
del canestro Kitcho Fukuda faceva roteare la palla sull'indice e scuoteva
la testa preoccupato.
-OK ragazzi potete andare
per oggi!-
Taoka armeggiò con le sue
lavagnette piene di schemi e posizioni e le impilò ordinatamente
nell'armadietto della palestra.
-Se vedete Koshino prima
dell'allenamento di domani mettetelo al corrente dei nuovi schemi che
voglio che mettiate in pratica! Esigo che nessuno resti indietro,
soprattutto Koshino che è un titolare!!
Intesi?-
Un coro di "Hai sensei"
riempì l'aria, inorgogliendo l'allenatore, il quale decise finalmente che
per quel giorno poteva bastare.
Il capitano urlò "Alle
docce" e la squadra vociante si diresse rumorosamente verso gli
spogliatoi.
Fukuda, Aida e un altro
primino rimasero in campo per riordinare, ma Sendoh li invitò a seguire
il resto della squadra.
-Oggi ci penso io qui,
ragazzi… andate pure.-
Aida e l'altro ragazzo
sorrisero al loro eroe e uscirono dal campo, mentre Fukuda indugiò alle
spalle di Sendoh che stava raccogliendo i palloni da terra.
-Vai pure, Fuku-chan...-
Fukuda sospirò e si
accovacciò accanto a Sendoh, attirando la sua attenzione e guardandolo in
viso:
-Senti Akira… lo so che
non sono cazzi miei, però… voglio dire… oggi hai giocato bene, per
l'amor di dio, ma non eri tu.. non era il tuo gioco… sembrava che fossi
solo, in campo..-
Fukuda lasciò che le sue
parole sedimentassero, ma non ottenne commenti: Sendoh aveva lo sguardo
rivolto a terra e sul bel viso non v'era traccia di sorriso.
-Se non ti va di parlare
capirò, Akira… ma sono un paio di giorni che sei strano… e anche
Hiroaki è strano… cioè capisci che intendo? Non sono un idiota e ho
visto come vi guardate…-
Sendoh sussultò e spalancò
gli occhi.
-… cioè, si capisce che
fra voi c'è qualcosa, ecco… e se ci sono dei problemi dovreste cercare
di tenerli fuori dalla squadra, capisci cosa voglio dire?-
Fukuda non voleva essere
invadente o insensibile, il fine del suo discorso era far sapere all'amico
che in lui aveva un alleato, ma che purtroppo una squadra d'élite come il
Ryonan non poteva permettersi crepe nei muri.
Doveva essere compatta.
Ma Sendoh, solitamente
ricettivo soprattutto nei confronti del coetaneo, era troppo fuori fase
per riuscire a leggere tra le righe.
-L'unica cosa giusta che hai
detto, Fuku-chan, è stata che non sono cazzi tuoi.-
Così dicendo si sollevò
dal pavimento, ribaltò i palloni nel cestone e uscì dalla palestra.
Fukuda rimase un po' male a
quella reazione, ma conosceva abbastanza bene Sendoh per sapere che
avrebbe capito, non appena fosse riuscito a trovare uno spiraglio nei suoi
casini con Kosh.
Quindi si alzò a sua volta
da terra e si diresse alle docce.
>><>><><<><<
Per il secondo giorno di
seguito Koshino non si presentò in classe. A questo punto Sendoh cominciò
a preoccuparsi realmente e decise di affrontare il problema di petto: dopo
gli allenamenti sarebbe andato a casa di Hiroaki per parlargli a
quattr'occhi e risolvere una volta per tutte questa situazione che stava
diventando insostenibile.
Dopo allenamento rimase a
lungo sotto il getto tiepido della doccia con gli occhi chiusi, lasciando
che l'acqua lavasse via, assieme al sudore, anche la stanchezza e il
genuino *terrore* che si era impadronito di lui al pensiero di dover
affrontare Hiroaki.
Quel ragazzo aveva delle
reazioni troppo violente, che talvolta sfociavano in vere e proprie crisi
di nervi. Sendoh ne era spaventato perché non sapeva come prenderlo, come
affrontarlo per farlo sentire meglio.
Si sentiva impotente di
fronte a un Koshino arrabbiato e irragionevole, che non voleva essere
toccato e tagliava corto i discorsi di Sendoh dicendo che non aveva
bisogno di spiegazioni.
Quando litigavano andava
*sempre* a finire così, con Hiroaki agitatissimo che chiudeva ogni
spiraglio a qualunque tipo di comunicazione.
A Sendoh veniva il panico
ogni volta. Da un lato avrebbe voluto costringere il ragazzo ad aprirsi
con lui, ma dall'altro non gli piaceva imporsi e desiderava che fosse lo
stesso Hiroaki a rendersi conto che il metodo migliore per risolvere i
problemi fra due persone non era scappare, ma parlare.
Questa volta in particolare
si sentiva davvero in colpa e si sarebbe imposto ad Hiroaki costringendolo
ad ascoltare le sue scuse e le sue ragioni.
Akira chiuse il rubinetto
della doccia e avvolse i fianchi snelli in un asciugamano candido, si
sistemò i capelli, indossò la divisa e annullò rapidamente la distanza
tra il liceo e la stazione.
Salito sul treno che lo
avrebbe portato nel quartiere dell'amico, Sendoh sentì le pulsazioni
cardiache aumentare e un senso di costrizione alla bocca dello stomaco.
Lui di solito così pacato,
solare, allegro e socievole si era ridotto ad un fascio di nervi
tachicardico e insicuro all'idea di sbagliare strategia con la persona di
cui era innamorato.
La sua paura più grande, la
sua *UNICA* paura era di perdere Hiroaki.
Dopo avergli dichiarato il
suo amore, dopo aver scoperto di essere teneramente ricambiato, dopo aver
assaggiato quelle labbra così morbide, dopo essersi inebriato del suo
profumo, Sendoh credeva di averlo conquistato… anche perché si era reso
conto che con lui Hiroaki riusciva a lasciarsi andare, a sciogliersi…
insieme a Sendoh si rilassava, rideva, faceva battute ironiche ed
intelligenti, parlava di tutto, da quanto facesse schifo la mensa del
Ryonan a quanto gli piaceva la letteratura inglese, nonostante dovesse
leggere i libri tradotti, fino alle infinite e concitate discussioni sugli
schemi da usare in partita.
Sendoh amava tutto del suo
koibito e voleva che Hiroaki sapesse quanto significava per lui andare
d'accordo e renderlo felice.
Il treno sussultò e si fermò.
Sendoh si alzò risoluto e
scese sulla pensilina, dirigendosi a grandi passi verso la graziosa casa
dell'amico.
>><>><><<><<
Il sole era tornato a
scaldare l'atmosfera dopo un breve temporale e il ragazzo chiuse gli occhi
assaporando il profumo dell'aria ancora fresca.
Respirò a pieni polmoni ed
espirò come per depurarsi della tensione… la sensazione di leggerezza
durò solo per pochi secondi, poi l'ansia lo riassalì facendogli venire
le vertigini, ma Sendoh proseguì per il viale silenzioso deciso come non
mai.
La casa della famiglia
Koshino era una villetta a un piano in tipico stile giapponese, con le
porte scorrevoli di carta di riso, la piattaforma di legno rialzata
coperta dai tatami e un giardinetto zen con un laghetto in cui nuotava
pigramente una tartaruga color smeraldo.
Un alto muro bianco coperto
da rampicanti rigogliosi occultava la casa alla vista delle persone
donando alla proprietà un'aria di riservatezza tipicamente orientale.
Quella casa assomigliava
*dannatamente* alla persona che ci viveva dentro.
Sendoh deglutì
rumorosamente, rimase sospeso in un attimo eternamente lungo prima di
risolversi a pigiare il campanello sottostante alla placca bronzea che
portava inciso il nome di famiglia dell'amico.
Una manciata di secondi…
Interminabili.
Poi una voce roca,
metallica.
-Chi è?-
A Sendoh si gelò il sangue
nelle vene.
-Ehm.. sono Akira.-
Altri secondi.
Poi il rumore del citofono
abbassato e il cigolio del cancello automatico che si apriva.
Sendoh non riuscì ad
evitare di tirare un sospiro di sollievo… entrare nella fortezza era il
primo passo. Ma la battaglia per raggiungere la sua meta era ancora
lunga… e ardua.
>><><<>><><<
Hiroaki era appoggiato al
muro antistante la porta d'entrata con un broncio da guinness dei primati.
Akira si sedette sul gradino
per togliersi le scarpe ed indossare un paio di pantofoline di spugna
immacolata.
Non aveva il coraggio di
sollevare lo sguardo per incontrare quello dell'amico…
Cavolo, ma era possibile che
dopo due giorni quel testone fosse ancora incazzato?
Alla fine decise che doveva
comportarsi da persona matura e affrontarlo.
Si alzò in piedi,
voltandosi per averlo di fronte.
Nonostante Sendoh lo
sovrastasse di circa venti centimetri in altezza, in quel preciso istante
si sentiva come una formica minuscola di fronte all'aura negativa di
Koshino.
Akira si avvicinò un po',
ma il ragazzo davanti a lui lo bloccò con lo sguardo.
-Cosa sei venuto a fare?-
Tutta la sicurezza di Sendoh
si sgretolò di fronte al vetriolo contenuto nel tono in cui quelle poche
sillabe furono pronunciate.
-Io…-
Koshino si voltò e si
incamminò verso la sala da pranzo.
-Vieni Akira, ho preparato
del the…-
Sendoh si maledì per la sua
goffaggine, ma quel diavolo di ragazzo aveva la schifosa capacità di
farlo sentire una gelatina tremolante priva di volontà. Lo seguì in
silenzio attraverso le stanze linde di quella grande casa ariosa, la mente
impegnata a farsi dei film inverosimili alimentando così le sue già
numerose paranoie.
Akira si sedette su un
cuscino di fronte a un tavolino basso sul quale fumava uno spesso
bicchiere di the cinese. Hiroaki sparì per un attimo dietro la tenda che
portava in cucina e ne riemerse dopo pochi attimi stringendo tra le mani
affusolate un altro bicchiere che appoggiò di fronte a Sendoh, sedendosi
a sua volta dalla parte opposta del tavolino.
L'atmosfera era tesa e
densa, pesante e pregna di imbarazzo.
Sendoh osservava le
foglioline di the che galleggiavano nel suo bicchiere mentre Koshino
osservava Sendoh con una nota di profonda tristezza, frustrazione quasi,
nei recessi violetti dei suoi splendidi occhi a mandorla.
-Allora… si può sapere
perché ti sei preso la briga di venire fino qui?-
Sendoh sentiva il cuore
trapassato da mille aghi ogni volta che il suo amore usava quel tono
gelido rivolgendosi a lui.
Ma aveva deciso di parlargli
e, crollasse il cielo, lo avrebbe fatto.
-Sono qui perché credo ci
siano delle cose da chiarire tra noi. Vorrei che per una volta provassimo
a dialogare, sono stanco delle tue fughe senza spiegazioni… mi fanno
stare da cani e io non voglio che tra noi sia così. Questa situazione sta
diventando insostenibile… se ci sono dei problemi risolviamoli
insieme… prova a fidarti di me, a lasciarti un po' andare…-
La pelle del viso di Koshino
era diventata rossa e calda, e il moretto sembrava sul punto di scoppiare
come un vulcano pochi secondi prima dell'eruzione.
Infatti da lì a poco un
ruggito eruppe dalle labbra del ragazzo.
-Lasciarmi andare..
LASCIARMI ANDARE!!!?????? Cosa significa lasciarmi andare Akira?
Sottostare alla tua libidine? Alla tua voglia? Cosa sono, un bambolotto?
Mi sei sempre addosso, in qualunque modo… a scuola, ad allenamento,
quando studiamo insieme…. Riesci sempre a trovare una scusa per toccarmi
o strusciarti… mi sembri un gatto in calore e io.. io….. io non ti
sopporto!-
Sendoh impallidì a quelle
parole.
Non credeva, non avrebbe mai
immaginato che… cioè… le sue erano dimostrazioni d'affetto, non aveva
mai inteso quei gesti come provocazioni… gli veniva naturale abbracciare
il suo ragazzo, baciarlo, accarezzarlo…
Gli veniva naturale
desiderarlo e volerci fare l'amore, rubargli un bacio nei corridoi del
liceo, strizzargli il sedere sotto la doccia…
A quelle parole quasi urlate
sentì un nodo di gelo formarglisi nello stomaco e una sensazione di vuoto
sotto i piedi come se stesse per precipitare in un abisso.
Rimase ammutolito di fronte
alla furia dell'amico, anche perché lui era andato là con le migliori
intenzioni, ma di fronte ad un Hiroaki in quello stato, non sapeva più
che pesci pigliare.
Era come se il suo incubo
peggiore avesse preso corpo, come se il fiore che aveva curato per mesi
gli fosse improvvisamente appassito fra le mani.
Disarmato… era proprio così
che si sentiva in quel momento Akira: senza parole, senza argomenti, una
girandola impazzita di
pensieri sgradevoli che gli turbinava nel cervello.
Hiroaki era troppo scosso,
non c'era nulla da fare. L'improvvisa e lacerante consapevolezza della
propria impotenza ridiede a Sendoh la lucidità di cui aveva bisogno per
prendere una decisione drastica; reprimendo la rabbia che gli era montata
per il comportamento irrazionale del ragazzo seduto di fronte a lui,
Sendoh si alzò, sul bel viso non c'era traccia del suo solito sorriso,
mentre parlava con un tono di voce misurato e tenuto volutamente, anche se
difficoltosamente, basso:
-Hiroaki, è ovvio che oggi
non sei assolutamente in grado di affrontare una discussione e io non me
la sento di litigare dopo due giorni di tensione e seghe mentali… credo
che finirei per prenderti a sberle o per dire qualcosa di spiacevole,
perché sono *veramente* al limite.-
Tirò un grosso respiro,
come se l'aver profferito quelle parole gli fosse costato una fatica
indicibile.
Hiroaki lo stava osservando
con gli occhi gonfi e rossi, ma Akira era deciso a non farsi commuovere e
continuò a comportarsi da persona matura per il bene di entrambi e della
loro storia.
Era veramente difficile,
perché in quel momento, vedendo il suo amore così fragile, avrebbe
voluto, nonostante la rabbia e il nervoso, stringerlo a sé e coccolarlo
fino a farlo calmare, ma quello sarebbe stato solo un palliativo, un
inutile diversivo che non avrebbe portato soluzione alcuna.
Quindi si risolse a fissare
Hiroaki in pieno volto, cercando di parlare mantenendo la voce il più
ferma possibile, vietando ai sentimenti che gli si agitavano in petto di
interferire.
-Quando sarai pronto a
discutere tranquillamente con me, sai come rintracciarmi. Ora me ne vado
Hiroaki, perché vederti così mi fa stare troppo male.-
Detto questo il capitano
voltò le spalle al ragazzo che amava e si diresse da solo verso la porta.
Koshino non lo seguì.
Non lo implorò di tornare
sui suoi passi.
Invece si chiuse
ulteriormente nel suo guscio spinoso di rabbia e dolore, dovuti alla
consapevolezza di aver ferito profondamente l'amico e alla terribile
sensazione di non essere capace di tirarsi fuori da questa situazione.
Per quanto amasse Akira, il
fatto di non riuscire a confidarsi e quindi a instaurare un dialogo
trascendeva il suo controllo.
E per questo Hiroaki Koshino
si sentiva terribilmente meschino.
>><><<>><><<
Quando il giorno dopo Sendoh
entrò in classe, Koshino era già seduto al suo posto, con una faccia che
non prometteva niente di buono.
Akira non trovò nemmeno il
coraggio di avvicinarsi a salutarlo, decidendo invece di andarsi a sedere
al proprio banco che fu subito attorniato da un gruppetto di ragazze che
sbavavano dietro al bel capitano del Ryonan.
Azzardò un'occhiata in
direzione di Hiro, il quale stava tranquillamente *uccidendo* una matita,
scuoiandola furiosamente con un temperino elettrico. Un nodo gli si formò
nello stomaco… il senso di impotenza e il sottile terrore di perdere la
persona amata riaffiorarono, lasciando un senso di malessere nel ragazzo,
che avrebbe voluto scappare, tornarsene a casa e seppellirsi nel futon a
piangere tutte le sue lacrime.
Ma non poteva.
Doveva dimostrarsi forte, più
forte di Hiroaki ed avere pazienza. Dopotutto era sicuro di amare quel
cucciolo imbronciato e introverso e non vi avrebbe rinunciato per nulla al
mondo.
Però non sapeva davvero in
che modo affrontarlo… Hiroaki era freddo come il ghiaccio e aspettare
che fosse lui a fare il primo passo era frustrante… ciononostante Akira
non voleva insistere troppo perché cercare di costringerlo ad aprirsi
avrebbe sortito certamente effetti deleteri.
Dio, l'amore che cosa
irrazionale… Sendoh sospirò, sfoderò qualche stanco sorriso per le sue
fans e si reimmerse nei suoi pensieri disfattisti e pessimistici.
Dall'altro lato della
classe, Koshino osservava il suo capitano con il cuore stretto in una
morsa.
Si comportava in maniera
totalmente irrazionale, ma non riusciva a farsi coraggio e chiedere
perdono all'amico.
Non si sentiva in grado di
affrontarlo in una lunga e dolorosa discussione, aveva paura che Akira lo
avrebbe potuto lasciare, stanco di lui e dei suoi isterismi, ma ugualmente
non riusciva a decidersi ad affrontarlo.
Lo osservava da lontano,
cercando di non farsi notare: i raggi pallidi del sole mattutino giocavano
tra i suoi capelli neri accendendoli di sfumature bluastre e nonostante il
suo sorriso fosse spento, gli occhi brillavano di una luce interiore.
Koshino pensò alla sensazione di essere stretto tra quelle braccia forti
e sentì uno sfarfallìo agitargli lo stomaco, subito sostituito da una
rabbia accecante quando vide un nugolo di oche urlanti avvicinarsi al
*suo* ragazzo. Per evitare di cominciare a tirare libri e quaderni
attraverso la classe, Koshino prese una scatola nuova di matite e cominciò
a temperarle, facendo finta che ognuna di quelle matite fosse una scemetta
del Sendoh fan-club.
Poi si rese conto
dell'assurdità di quel gesto… che diritto aveva lui di essere geloso di
Akira?
Non faceva altro che
trattarlo male, rifiutarlo, sgridarlo appena si avvicinava… solo il
giorno prima gli aveva dato del pervertito, quando invece quello che
voleva Akira era solo amore… fisico, ma
pur sempre amore… e la pazienza che stava dimostrando era una
prova sufficiente che lui per Akira non era solo una botta e via… ma lo
stesso… quel blocco, quel sottile terrore che partiva da una parte del
suo cervello sulla quale lui non aveva padronanza… l'inconscio.
Koshino sospirò e si tuffò
nel suo libro di fisica, senza capire assolutamente nulla di quello che
leggeva
>><<>><><<><<
Anche ad allenamento i due
ragazzi cercarono di rimanere il più distante possibile, lanciandosi a
volte occhiate cariche di sentimenti indefinibili. La tensione si
avvertiva chiaramente tanto che Taoka decise di interrompere precocemente
la sessione di allenamento perché vedeva i ragazzi distratti e svogliati.
-In questo stato non
combinate un bel niente… Sendoh! Fai fare a tutti mezz'ora di allunghi,
scatti, addominali e stretching, poi potete andare a casa… io me ne vado
adesso o mi viene un esaurimento nervoso…-
Sendoh ubbidì e si mise
alla testa delle due file che obbedientemente si erano già schierate per
fare gli esercizi.
Guardava Koshino correre,
vedeva il suo viso tirato e sudato e tutto quello che gli veniva in mente
era andare da lui e dirgli quanto era bello…
Sendoh battè furiosamente
un piede a terra e scrollò la testa innervosito per tutta la
situazione… al diavolo… non ce la faceva ad aspettare… voleva il suo
Kosh, lo voleva sorridente, lo voleva tra le sue braccia… la tensione
tra loro due aveva raggiunto il limite e Sendoh stava cominciando a
crollare.
**TSUZUKU**
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