La mia prima MitKo, grazie di tutto Kairy!
Dedicato alle situazioni e alle persone che non sono come appaiono. XD
Catene
di Bads
Hisashi Mitsui si passò nuovamente la mano tra i capelli. Fece altri due passi, poi si fermò e tornò indietro, fermò il piede a mezz’aria e lo posò nuovamente da un’altra parte; cambiò idea altre due volte, cercando di capire in che direzione voleva andare. Si toccò i capelli, agitò le braccia e tornò a camminare inciampando in modo convulso ogni due passi sui suoi stessi piedi. Probabilmente era stufo di quella situazione, di restare lì fuori tra il freddo e la stanchezza che cominciava ad accumularsi sulle gambe, ma la verità era che preferiva di gran lunga rimanere su quel marciapiede piuttosto che decidersi finalmente a suonare il campanello. Saltellò un po’ sul posto, quasi cercando di prendere coraggio, o di distrarsi abbastanza per poi agire senza rendersene conto. Quando smise di saltellare si girò di nuovo verso il cancelletto, ricominciando la danza isterica di pochi minuti prima, mentre si dava dell’imbecille. Non sapeva come, ma era arrivato alla conclusione che se non fosse successo niente in breve tempo, non avrebbe più avuto il coraggio né di fare quello per cui era andato fin lì, né di tornare a casa. Desiderava ardentemente che lo vedesse dalla finestra e gli venisse ad aprire, che succedesse qualcosa di improvviso, come ritrovarsi davanti qualcuno della scuola, qualcuno di conosciuto, che avrebbe potuto chiedergli cosa diavolo ci faceva davanti a casa di Kogure da venti minuti, qualcosa che poteva distrarlo, che avrebbe fatto smuovere la situazione. Ma più passavano i minuti, più era convinto che Kogure non aveva nessun motivo per guardare dalla finestra, e che la probabilità di incontrare qualcuno che lo conosceva era infinitesima. E forse fu grazie a quella considerazione disperata che finalmente Mitsui riuscì a suonare il campanello, anche se l’avvenimento epocale non portò nel suo animo quel senso di pace che si aspettava di ricevere, anzi lo rese ancora più ansioso di quanto non fosse. Cercò di ricordare il motivo per il quale fosse lì, cercò le parole per poterlo spiegare al compagno senza sembrare stupido, e pregò che tutto andasse per il meglio, e che riuscisse ad ottenere quello che voleva. Infondo era un ragazzo piacente, faceva bella compagnia, era sia moderato che esuberante, per non parlare del suo fascino da teppista redento. Kogure DOVEVA aiutarlo, non gli avrebbe dato motivo di rifiutarsi. “Mitsui!” Hisashi si voltò di nuovo verso la casa e alzò lo sguardo verso la finestra, dove ora stava affacciato Kogure che lo guardava stupito appoggiato al davanzale. Non gli disse nulla, ma aspettò che fosse l’altro a parlare nuovamente. “Ciao” disse solo Kogure subito, era parecchio stupito di trovarsi il compagno davanti alla porta di casa, non pensava che sapesse neanche dove abitava. Non aveva la minima idea di cosa dire, era troppo stupito anche per concepire un pensiero logico, così per un po’ si limitò a guardarlo, credendo che gli avrebbe detto qualcosa, ma non successe nulla. “Hai bisogno di qualcosa?” chiese allora dopo qualche attimo interminabile, anche se non era sicuro che le parole migliori da usare fossero quelle. “Si” disse un risoluto Mitsui, quasi urlando, tanto che il quattrocchi sobbalzò. “Ho bisogno di aiuto con i compiti!”
***
“Accomodati pure” Alla fine Kogure l'aveva fatto entrare, forse più per pena che per amicizia, e l'aveva guidato nel salotto, indicandogli il tavolo. “Dammi pure la giacca, io torno subito” disse il ragazzo, sistemandosi meglio gli occhiali sugli occhi, accorgendosi solo allora che erano storti. Mitsui notò il suo
movimento e si scusò. Per tutta risposta il ragazzo avvampò, prendendo in fretta la giacca e voltandosi per uscire dalla sala. “Ma no, figurati, stavo studiando!” disse nervoso: “Ero sveglio, si! Solo non mi aspettavo che arrivasse qualcuno, ero solo in casa” Dopo essersi seduto Mitsui alzò le spalle, prendendo la cartella e tirando fuori tutti i libri che si era portato dietro, aspettando che Kogure tornasse per dirigere i lavori. “Allora” disse il quattrocchi non appena rientrò nella stanza, andandosi a sedere di fronte al compagno: “Di cosa hai bisogno?”
Dopo un paio d'ore di studio intenso riguardante quasi tutto l'anno scolastico trascorso, Mitsui alzò bandiera bianca e si abbandonò bellamente sulla sedia, mandando indietro la testa e stiracchiando la schiena e le gambe. “Non ce la faccio più”
sentenziò, mentre Kogure chiudeva i suoi libri e appunti. Mitsui però rise: “Mi conosci meglio di chiunque altro” poi sollevò la testa e lo guardò serio: “Non ti ringrazierò mai abbastanza per l'aiuto che mi hai dato oggi” “Figurati” Entrambi sorrisero e riposarono la mente e gli occhi qualche istante. “Mi dispiace di averti disturbato” “Smettila di scusarti, mi sono anche divertito...” Sorrisero ancora. “Bene” sbottò Hisashi dopo qualche minuto, dato che il ragazzo ancora non si decideva a mandarlo via, sapeva che era troppo beneducato per farlo, ma aveva già disturbato a sufficienza ed era l'ora che tornasse a casa. “Meglio se vado, così ti lascio in pace” disse cominciando a mettere via i suoi libri: “Usufruisco solo un attimo del bagno e scappo” “Oh si” sospirò Kogure, sentendosi un po' più sollevato: “E' di sopra, finite le scale a destra” Ringraziando Mitsui uscì dal salone e si diresse verso le scale. Non era mai stato a casa di Kogure, e sinceramente non aveva mai visto una casa più grande della sua, così si divertì molto a salire di corsa le scale, guardando stupito le foto appese lungo i muri, che ritraevano un piccolo quattrocchi in vari momenti della sua infanzia. Quando fu arrivato si voltò a destra, e vide subito tre porte diverse. Stava per urlare a Kogure quale fosse quella giusta, ma gli mancò la voglia, così aprì la porta della più vicina e sbirciò dentro. Di certo non era il bagno. Entrò circospetto e si guardò intorno, in quella che sembrava, e doveva essere, la stanza del compagno. Spalancò la porta e si guardò alle spalle, non sapendo se poteva curiosare, o se il ragazzo si sarebbe arrabbiato. Alzò le spalle e si decise a dare un rapido sguardo intorno, per poi tornare di sotto, Kogure non l'avrebbe mai saputo e lui poteva divertirsi un po'. Accostò leggermente la porta, e vide appeso un piccolo canestro giocattolo, poi si spostò verso la libreria, dov'erano posti i libri scolastici e le riviste, tutti tenuti con un ordine maniacale invidiabile; in basso un piccolo televisore faceva bella mostra di sé e proprio sotto la finestra stava la sua piccola scrivania bianca, che prendeva orgogliosa la luce del sole dell'esterno. Mitsui sorrise. Kogure era dannatamente prevedibile. Sempre impettito, sempre ordinato in tutte le sue cose, con una bella casa e una stanza arredata in modo invidiabile, con ogni mobile posto in modo intelligente. Cominciava a pensare che quel ragazzo tutto tranquillo e pacato nei modi fosse quasi perfetto. Con questo pensiero si diresse verso la porta per uscire, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Si voltò e vide un luccichio proveniente dal letto, così si avvicinò, e scoprì che era la copertina lucida di una rivista a riflettere il sole. Incuriosito prese in mano la rivista e la sfogliò. In un istante il suo sguardo si accigliò e spalancò la bocca inebetito. Chiuse la rivista, guardò la copertina, la riaprì, sfogliandola velocemente, poi si fermò su un'immagine e deglutì. L'immagine del ragazzo nudo che vi era ritratto, mentre veniva scopato senza pietà, gli andò subito alla testa, scollegandogli tutti i neuroni inebetiti dal troppo studio e mandandogli scariche di adrenalina lungo tutta la schiena. Ma non fu solo il pensiero di aver trovato una rivista porno a sconvolgerlo. Ma di averla trovata sul letto di Kogure. Sul letto del pacato, moderato, silenzioso Kogure. Sul letto di quel quattrocchi che sorrideva sempre e arrossiva quando si parlava in modo sconcio. Sul letto di quel quattrocchi che probabilmente si stava masturbando guardando quella rivista, poco prima che suonasse il campanello. Mosse un piede in avanti e si sedette sul morbido materasso, ma subito sentì qualcos'altro che attirò la sua attenzione. Si abbassò, e mise una mano sotto il letto, dove ricadevano le lenzuola, e tirò fuori dal suo nascondiglio un piccolo scatolone, che aprì con mani tremanti, posando la rivista di fianco a sé. E quello che vide lo stupì e lo eccitò ancora di più. Catene. Catene, bende, corde e nastri. Tutti dai colori cupi, o dai disegni originali. Mitsui ci mise parecchio a mettere una mano all'interno di quella scatola delle meraviglie e tirò fuori una manciata di arnesi, che tintinnarono semplicemente. Poi si alzò, tenendo nella sinistra la rivista aperta e nella destra un piccolo collarino borchiato, e si chiese cosa diavolo ci facesse tutta quella roba nella camera del suo compagno di squadra. Non sentì la voce di Kogure che lo chiamava avvicinandosi sempre di più, ma anche se l'avesse sentita in tempo non si sarebbe mosso di un millimetro, deciso a farsi trovare in quella posizione, pronto per chiedergli spiegazioni, anche se non sapeva ancora che cosa poteva dirgli. “Mitsui?” chiese, avvicinandosi alla porta della sua stanza: “Cosa ci fai qu-” Le parole gli morirono in gola quando vide Hisashi in piedi di fronte al suo letto, tra le mani le cose che aveva trovato nello scatolone, gli occhi puntati sui suoi. “Cosa diavolo ci fai qui?!” strillò Kogure avvicinandosi minaccioso, anche se era avvampato di colpo, non sapendo come giustificarsi all'altro: “Non dovevi andare in bagno?!” “Non sapevo dov'era, e sono entrato qui per sbaglio” disse Mitsui, guardando l'altro mentre gli strappava di dosso gli oggetti che aveva in mano e li nascondeva di nuovo dentro lo scatolone. Aspettò un po' prima di parlare, pensando che Kogure volesse spiegargli qualcosa, ma non parlava, evitando anche di girarsi e di guardarlo, così Mitsui parlò di nuovo. “Non sapevo ti piacessero queste cose” rise: “Il sadomaso intendo” “Forse è il caso che torni a casa” disse velocemente l'altro, che stava letteralmente morendo di vergogna, mentre torceva in mille modi la rivista trovata dal compagno. Mitsui sbuffò e abbassò lo sguardo ad una piccola catena che si era salvata dall'occultamento di Kogure e la prese tra le mani, facendola scorrere lungo le dita. “Sarebbe triste andarsene proprio ora, non credi?” gli sussurrò nell'orecchio facendolo sussultare e voltare di scatto. “Cosa... vuoi dire?” Mitsui sorrise. Kogure poteva averlo ingannato fino a quel momento, e per quanto gli interessava poteva continuare a farlo con tutti gli altri, ma ormai non c'era più ragione di fingersi un ragazzo per bene, un ragazzo posato e moderato. Perchè ora che aveva scoperto questo piccolo segreto ai suoi occhi sarebbe sempre sembrato un pervertito. E la cosa gli piaceva da matti. Si fiondò su di lui, lo prese per i polsi e lo atterrò sul letto, spalmandosi sul suo corpo così caldo e aggredendo le sue labbra socchiuse, ficcandogli la lingua in gola. Kogure mugugnava, tentando di spostarsi e di liberare la presa ferrea dai suoi polsi, ma Mitsui non si fece intimorire, sentendo il suo corpo rispondere eccitato a quella costrizione. Si sollevò un momento, staccandosi dalle sue labbra, solo per legare i polsi con la catena che ancora aveva in mano. “Cosa... vuoi fare...?!” disse il ragazzo sotto di lui con urgenza, sollevando un po' il bacino e inarcando la schiena. “Se ti piace questo teatrino fallo pure...” sospirò Mitsui terminato il suo lavoro e togliendosi via la maglietta rudemente: “Però non fingere di non sapere cosa voglio farti...” Stava impazzendo. Letteralmente impazzendo. Stava per scoparsi il suo vice-capitano, il suo compagno di squadra, e non ne aveva il minimo ribrezzo. Gli stava leccando il collo, gli aveva strappato la maglietta in un solo gesto, facendolo urlare, e ora gli sfilava i pantaloncini, e la sua erezione era finalmente libera di respirare. “No... ti prego.. Ah!” mormorava intanto Kogure, scattando ogni volta che il ragazzo lo spogliava, e tenendosi stretto alle sue catene. “Dimmelo subito...” disse Mitsui all'ennesimo 'no' dell'altro: “Vuoi davvero che mi fermi?” Lo sguardo che gli lanciò il suo compagno era già una risposta. “Avevi detto che potevo continuare... se mi andava” Mitsui rise, ma non si risparmiò un'occhiata stupita. “Non avrei mai pensato che ti piacesse essere legato e maltrattato” “Infatti... sono un ragazzo dolce e delicato, a cui piacciono tanto i rudi maniaci come te, che non vedono l'ora di approfittarne...” poi chiuse gli occhi e prese fiato: “Mitsui, scopami!” Di certo non poteva farselo ripetere ancora. Il labile autocontrollo di adolescente dell'ex teppista stava scemando con incredibile rapidità, ma decise di giocare ancora un po' con il suo sexy vice capitano, pensando che tutta quella situazione gli piaceva troppo per sprecarla. “Non essere impaziente...” sussurrò chiudendo un attimo gli occhi e respirando piano, cercando ancora di capire se stesse parlando più a sé stesso o al compagno: “Voglio giocare un pò” Kogure lo guardava allontanarsi da sé lentamente e mugolava insoddisfatto, mentre la sua voglia cresceva ogni istante che passava, e con ogni movimento del ragazzo, che evidentemente aveva voglia di farlo impazzire con i suoi stessi desideri. Pensava che il suo piano per passare un piacevole pomeriggio fosse andato in fumo, quando aveva sentito Mitsui suonare il campanello, ma non aveva ancora capito quanto si fosse sbagliato. I suoi pensieri furono interrotti quando si sentì sollevare di peso dall'altro, che lo depositò in ginocchio sul pavimento, accarezzandogli piano la testa e giocando con i suoi capelli. “Che ne diresti di cominciare?” gli stava sussurrando, avvicinandogli pian piano la testa verso l'attaccatura dei suoi pantaloni: “Spogliami” Istintivamente Kogure mosse le mani, ricordandosi poi che erano ancora legate, e guardò di nuovo Mitsui, che aveva già intuito la domanda che stava per porgli. “Vorrà dire che lo farai coi denti” sibilò, muovendo ancora la sua testa più vicino. Un gemito fu tutto quello che uscì dalla bocca del ragazzo in ginocchio, completamente nudo e incatenato ai piedi del teppista, che sentiva il suo sesso pulsare mentre lo sfregava sul pavimento. Kogure si limitò ad annuire e aprì piano la bocca avvicinandosi al primo bottone dei suoi jeans, come incantato dalle parole violente dell'altro, che finora aveva solo immaginato o letto in qualche dubbio giornale o rivista di settore. Sbottonare i suoi pantaloni fu più difficile di quanto avesse immaginato, e ben presto sentì le labbra pungere fastidiosamente dai piccoli taglietti che si era procurato prendendo in bocca quei bottoni appuntiti o quella zip malefica. Si passò più volte la lingua sulle ferite, gemendo piano dal bruciore, finchè finalmente riuscì, sentendo i denti pulsargli dalla fatica, ad abbassare quel tessuto pesante fino alle caviglie, senza che Mitsui alzasse un mignolo per aiutarlo. Era uno schiavista, ed era nato per stare con lui! Il suo tono di comando lo eccitava, l'averlo messo in quella posizione sottomessa l'aveva eccitato, l'avergli ordinato di spogliarlo usando solo i denti l'aveva fatto eccitare più di ogni altra cosa. Non vedeva l'ora di sapere cos'altro aveva in mente. “Avanti, finisci il tuo lavoro” Ma non c'era bisogno che lo dicesse, dato che Kogure si era già fiondato sui suoi boxer, abbassandoglieli al meglio delle sue possibilità. “Che bravo il mio cucciolotto” disse Mitsui in estasi, accarezzando la testa del suo compagno come se fosse stata quella di un cagnolino obbediente. Kogure intanto aveva chiuso gli occhi e avvicinato il viso al ventre di Mitsui, beandosi del suo odore pungente che gli stringeva la gola e gli riempiva i polmoni. Senza accorgersene aveva cominciato ad ansimare, strofinando la guancia contro il membro pulsante dell'altro, ma subito Mitsui aveva stretto la presa sulla mano lasciata tra i suoi capelli, e l'aveva fatto smettere con un sorriso. “Se ti piace così tanto perché non lo lecchi, Kogure?” “S-si...” Il quattrocchi prese fiato, poi aprì piano la bocca, dando una lieve lappata alla punta, aspettando di sentire qualche reazione dal compagno. Tutto l'ardore di poco prima era sfumato, perché non aveva mai fatto una cosa simile e non sapeva come agire. L'aveva visto fare qualche volta in qualche video, ma si vergognava troppo nel ripensarci e in tutta sincerità non aveva mai pensato a come potesse essere, a come sarebbe stato sentire quello direttamente sulla lingua, sentirlo scorrere morbido sul palato e poi su e giù nella bocca, a sentirsi mancare il respiro. Mitsui lo guardava aspettando che facesse qualcosa, così Kogure decise di cominciare, cercando di fare del suo meglio per compiacere il compagno. Lo leccò ancora, senza uno schema o un'intenzione precisa, muovendosi come gli suggeriva l'istinto, e sentì per la prima volta quel sapore acre sulla lingua, la sua punta così morbida tra le labbra. Ogni tanto volgeva un occhio in su, per controllare la situazione, ma i gemiti di Mitsui erano sempre più incoraggianti, e la presa con cui teneva la sua testa sempre più ferrea. Piano, e poco per volta, Hisashi cominciò a muovere il bacino seguendo i suoi movimenti, sempre assecondando il compagno e fermandosi quando l'altro non riusciva a stargli dietro, o quando lo sentiva spingere alla ricerca di un po' di ossigeno. Aveva deciso di lasciare i rimorsi per un eventuale futuro, ma non riusciva a non pensare a cosa stava succedendo, era sinceramente più forte di lui e ancora stentava a credere che Kogure lo stesse davvero prendendo. Più ci pensava, più si eccitava, quindi evitava di pensarci più del necessario, dato che la sua situazione non era delle migliori. Il ragazzo inginocchiato intanto aveva sollevato le mani, ancora legate dalle catene, e lo stava accarezzando piano con la punta dei polpastrelli, dando mille brividi a Mitsui, che sentiva le sue dita congelate toccarlo come una brezza leggera. “Avevo freddo alle mani...” si giustificò Kogure con un mezzo sorriso sornione: “E qui sei molto caldo” Senza che potesse rispondere a tono, Mitsui si sentì prendere completamente dal gelo di quelle mani, che si erano chiuse su di lui e lo masturbavano piano, mentre le labbra del suo vice-capitano restavano a giocare con la sua punta. Tutto quello che uscì dalla bocca di Mitsui fu un gemito prolungato e consistente, che fece quasi ridere Kogure. “Non... ce la faccio...” “Di già?” rise il quattrocchi, osservando divertito la faccia sconvolta del compagno, ma si concentrò di nuovo sul suo lavoro e ricominciò a succhiarlo velocemente, con foga, senza rischiare di morderlo con i denti. Ora i movimenti del tiratore da tre punti si erano fatto più decisi e profondi, cominciava ad affondare nella sua bocca con più insistenza, tenendo ben salda la presa sulla sua nuca, e gorgogliando bassi lamenti che aumentavano via via di volume. “Ko, spos...tati! Sto per...” Kogure si spostò di lato, baciandogli un fianco, mentre continuava a massaggiarlo e a masturbarlo con quelle mani che ormai si erano scaldate. Dopo poco Mitsui venne con un gemito, e si rilassò, appoggiandosi sul letto alle sue spalle, sentendo il suo liquido caldo colargli sul ventre e tra le cosce. Senza una parola prese in mano la maglietta che Kogure indossava poco prima e si ripulì, mentre l'altro andava a sedersi di fianco a lui sul materasso. “Mitsui...” mormorò Kogure, strusciandosi un po' sulla sua guancia, facendogli capire che era ancora duro e non voleva aspettare. “Aspetta... lasciami un momento...” Mitsui respirava a fatica, ancora scosso dall'orgasmo, e i polmoni sembravano essersi dilatati all'inverosimile, così si sdraiò sul letto lanciando lontano la maglietta sporca, mentre cercava di riprendersi. Ma Kogure non aveva intenzione di lasciarlo stare a lungo, perché dopo qualche istante gli aveva sollevato la maglietta, e stava giocando con la lingua sui suoi pettorali e sul suo ventre, con lo scopo preciso di farlo diventare di nuovo duro. Hisashi cercava di farlo desistere, cercò di scacciarlo e si spostava di malavoglia, ma l'altro non voleva proprio capire che aveva bisogno di riposarsi; così, all'ennesimo tentativo dell'altro di mordergli un capezzolo, si alzò stizzito e lo guardò minaccioso, per poi prenderlo per le catene e tirarlo all'indietro, stendendolo sulla schiena. “Vediamo se così riesci ancora a darmi fastidio” disse risoluto, legandolo ad una gamba del letto, lasciandolo steso sul materasso. “Mi... Mitsui?” strillò un po' spaventato Kogure, mentre lo guardava alzarsi e tirarsi su i pantaloni allontanandosi da lui: “Cosa... diavolo fai?!” “Ti lascerò legato lì finché ne avrò voglia...” rispose solamente il ragazzo, guardandosi in giro a lungo, cercando di decidere cosa fare mentre torturava con la sua assenza il povero quattrocchi. Guardò tutti i titoli delle cassette sotto il piccolo televisore, ormai diventato sordo alle proteste dell'altro, che tentava di minacciarlo in tutti i modi possibili per farlo tornare accanto a sé, poi si spostò sulla scrivania, sulla libreria, cercando qualcosa di interessante, ma non trovò nulla che lo stuzzicasse. Poi sorrise, dandosi mentalmente dell'imbecille e tornò vicino al letto, facendo sospirare Kogure, che aveva male interpretato il suo gesto. Quando si chinò sollevando il copriletto il vice-capitano finalmente capì cosa aveva fatto sorridere in quel modo Mitsui, che ora stava nuovamente tirando fuori la sua scatola con le catene, cercando se ci fosse qualcos'altro di interessante al suo interno. Si sedette a gambe incrociate e, per velocizzare l'operazione, rovesciò tutto il contenuto sul pavimento lanciando poi via la scatola, e con due mani sparpagliava gli oggetti sul pavimento, controllando cosa gli passava tra le dita. Finalmente notò, avvolte da un groviglio di nastri, qualche boccetta dalla strana aria familiare. “Dovresti dirmi dove vai a fare la spesa di queste cose, Kogure” gli disse prendendo in mano un paio un paio di quelle bottigliette grosse come un suo palmo: “Sei più fornito di quanto mi aspettassi...” “Smettila di fare lo spiritoso e vieni qui!” “Ma questo cos'è?” Un altro oggetto aveva attirato l'attenzione di Mitsui, che lo prese con la mano libera e si alzò, posando il resto sul materasso, tra le gambe di Kogure. Sembrava la confezione di un sapone da bagno, anche la forma e l'erogatore lo ricordavano molto, ma sulla confezione troneggiava un diavoletto nero con un sorriso malizioso, e sul suo forcone erano incastrate delle ciliegie grosse come la sua testa. Non aveva mai visto una cosa del genere, e lui non era certo uno che non si intendeva di queste cose. “Cosa credi che sia, deficiente?” gli urlò dietro Kogure, che cominciava a stancarsi di tutta quella situazione insostenibile, e il suo pene reclamava attenzione: “E' un lubrificante...” aggiunse, non senza una nota di imbarazzo. Mitsui spalancò gli occhi, ora stranamente interessato all'articolo, leggendo incantato l'etichetta mentre una strana voglia tornava a farsi strada nel suo corpo. 'Per giochi erotici indimenticabili' sosteneva il diavoletto ammiccando nella sua direzione, e lui non poteva far altro che fidarsi ciecamente. Salì sul letto, tenendosi in equilibrio sulle ginocchia, e lanciò via le altre bottigliette, sistemandosi bene tra le gambe del compagno, che cominciava a credere che qualcosa sarebbe finalmente successo. Mitsui aprì con un morso la confezione e premette l'erogatore, seguendo con gli occhi la goccia di gel che usciva dal beccuccio e cadeva perfetta sul ventre di Kogure, che sospirò contento. Si abbassò e lo annusò, sentendo subito il buon profumo di ciliegie invadergli il cervello, poi lo assaggiò leccandolo via con la lingua, concludendo l'operazione con una smorfia. “Il sapore non è buono come l'odore...” “Oh... scusa se l'ho comprato allora...” Mitsui alzò le spalle, mentre guardava ancora il lembo di pelle che aveva appena leccato, come se aspettasse di vederlo da un momento all'altro macchiarsi irrimediabilmente, ma poi scosse la testa e sorrise. “Non volevi farti scopare?” gli chiese togliendosi la maglietta e abbassando di nuovo i pantaloni: “Direi che è arrivato il momento, Kogure” Il vice-capitano non fece in tempo a registrare l'informazione che si sentì girare con violenza a pancia in giù, e affondò la testa sul cuscino, mentre sollevava le ginocchia e apriva di più le gambe, sentendo il corpo di Mitsui avvicinarsi alle sue spalle. “Ah... oddio!” gemette Kogure quando la guardia gli fece colare una buona dose di lubrificante tra le natiche. “Ha un profumo divino addosso a te...” mormorò Hisashi, molto vicino alla sua apertura mentre spalmava con due dita il gel su e giù, attento alle reazioni del compagno di squadra. Quando fu soddisfatto del risultato lo penetrò con un dito del tutto colorato di rosso, sentendo scivolare il polpastrello sempre più a fondo tra le sue viscere. “Come ti sembra?” gli chiese dopo qualche istante, vedendo che il ragazzo aveva rifugiato il volto nel cuscino. “Hai le mani fredde” sentì mormorare da Kogure, che ogni tanto agitava il bacino sculettando contento, inarcando la schiena e tendendo le gambe. Mitsui sorrise e tolse il dito e la presa dalle sue natiche, facendo voltare il suo compagno. “Allora le sostituisco con qualcosa di più caldo” gli disse per farlo rilassare, e sollevandosi un po' cominciò a leccare la sua fessura profumata, inserendo più volte la lingua al suo interno, cercando di spingersi sempre più a fondo, mentre il naso e il mento solleticavano la pelle del ragazzo. Se aveva osato lamentarsi di quel dito freddo, anche se non gli aveva dato affatto fastidio, ora quella lingua morbida e bollente lo stava mandando in paradiso. La sentiva farsi strada nel suo corpo seguendone il contorno, prima gonfiarsi, poi farsi lunga e sottile, poi muoversi tortuosa su e giù, cercando di allargarlo il più possibile. La presa forte sui suoi fianchi gli impediva di allontanarsi, ma sinceramente non si sarebbe allontanato per nessun motivo al mondo, anche se avrebbe tanto voluto muoversi verso di lui, e assecondarlo nei suoi movimenti, e lasciarsi guidare dall'istinto e dal piacere. Lo penetrò a lungo, massaggiandogli le natiche e i fianchi, poi si staccò pulendosi il mento e mise mano nuovamente alla confezione di lubrificante, spalmandosela addosso velocemente, godendo dell'effetto del gel fresco sulla propria pelle. “Posso... vero?” gli chiese quando lo vide alzarsi e accomodarsi meglio sul materasso, cercando di far forza coi polsi su quelle catene, che gli stavano lasciando dei segni rossi inequivocabili. “Si, tutto quello che vuoi!” si sentì rispondere da Kogure, che si spingeva verso di lui, strusciandosi per quanto gli era possibile. Così Mitsui prese coraggio insieme ad un bel respiro profondo, e cominciò a spingere. Il suo membro scivolava senza intoppi all'interno del corpo dell'altro grazie al lubrificante, ma l'attrito che sentiva ostacolarlo era lo stesso Kogure, che dal dolore aveva cominciato a stringere e ad agitarsi. Mitsui si sentì in dovere di farlo rilassare e, leccandosi un po' il palmo, andò a stuzzicarlo in mezzo alle gambe, facendo scorrere la mano su tutta la lunghezza dell'erezione del difensore dello Shohoku. “Rilassati... almeno un pò” Non aveva smesso di affondare, né di spingere, solo perché non riusciva a fermarsi. Il calore del suo corpo lo stava inebriando, e non voleva smettere di provare quella sensazione prodigiosa, anche se sperava di non fargli troppo male inutilmente. “Kimi-kun...” lo chiamò dopo qualche istante, preoccupandosi delle sue condizioni: “Ti faccio male?” Kogure rimase immobile, poi scosse la testa deciso, mormorando qualcosa che Mitsui non riuscì a sentire. “Come? Vuoi che mi muova?” Ancora una volta Kogure non parlò, dato che non riusciva a fidarsi della sua gola, e annuì, aspettando che l'altro approfondisse quel contatto e spingesse. La guardia sorrise, contento di non dover smettere e obbedì agli ordini del suo uke, uscendo velocemente dal suo corpo per poi affondare con un grugnito. Ripetè l'operazione, entrava e usciva, accelerando la velocità di volta in volta, sentendosi preda di un piacere mai provato in vita sua, beandosi dei gemiti e delle urla che uscivano dalla bocca del compagno e crescevano sempre di più, sempre di più, fino a quando entrambi non vennero con un singulto. Rimasero in religioso silenzio a lungo, ascoltando i reciproci respiri spezzati, e i gemiti che salivano alla gola ogni volta che, muovendosi, si sfioravano impercettibilmente. Quando fu sicuro di non svenire, Mitsui abbassò lo sguardo a Kogure, e sorrise nel vederlo così sexy; con il bacino sollevato e il petto appoggiato al materasso, le braccia sopra la testa legate al letto, i polsi rossi e gli occhiali storti sul naso. Lo vide voltarsi nella sua direzione e gli sorrise, notando solo in quel momento quanto fosse bello con le gote arrossate e le labbra secche. In un attimo si spostò, strappandogli un gemito e fu sulle sue labbra, inumidendogliele in un dolce bacio con la lingua. Quando si staccò lo vide arrossire e allontanarsi un po' per distogliere lo sguardo dai suoi occhi. “Mi... sleghi?” Mitsui si perse nel suo sguardo imbarazzato per un momento, poi si riscosse e si alzò, cercando sul pavimento la maglietta del ragazzo, che aveva lanciato poco prima. Kogure lo seguì con lo sguardo, troppo stanco per parlare ancora, e si accoccolò contro il cuscino, aspettando che l'altro si rivestisse per venire finalmente liberato. Ma dovette mordersi la lingua quando un'altra volta il ragazzo gli sorrise allontanandosi verso la porta della camera. Dopo il primo secondo di stordimento, provò ad alzarsi e gli urlò: “Ma dove vai? Slegami!” “Oh... Kogure, mi piacerebbe... ma vedi” disse Mitsui con un sorriso: “Credo di aver già disturbato a sufficienza, quindi credo che andrò a casa a riposare dopo questa intensa giornata di studio” Kogure lo guardò con la bocca spalancata, sperando che fosse tutto uno scherzo, e che Mitsui non avesse la seria intenzione di lasciarlo in quella posizione, tutto sporco del suo seme, e legato al letto, con il pavimento ancora ricoperto del contenuto della sua scatola. Sperava che il ragazzo volesse solo spaventarlo e dopo essere andato al bagno lo venisse finalmente a liberare, ma dovette ricredersi ancora una volta, quando lo sentì salutarlo con un bacio e scappare fuori dalla stanza e giù per le scale, chiudendosi la porta dietro le spalle. Kiminobu Kogure era un ragazzo moderato, paziente e beneducato, ma quando si fu ripreso da quell'affronto ignominioso, sentendosi sedotto e abbandonato, proruppe in una bestemmia senza eguali, maledicendo mille volte il compagno di squadra, e si promise di non aiutarlo mai più con i compiti.
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