Una Alternative Universe per un’occasione speciale e per due amiche speciali…

Tantissimi e affettuosissimi auguri di Buon Compleanno a Nausicaa e Calipso!!! A loro è dedicata questa fic che sviluppa una vecchia idea di cui avevamo parlato insieme tanto tempo fa.

Un baciotto a Ria e Sabry.

Buona Lettura.


 

 


Catena di Montaggio

parte I

di Greta


Il turno, come tutti i lunedì, mercoledì e venerdì, cominciava alle sette di mattina, e in quelle giornate fredde di gennaio non era esattamente un piacere svegliarsi alle cinque e mezza, cominciare a prepararsi con il solo aiuto della luce artificiale, mettere insieme qualche cosa da mangiare per la pausa del pranzo, e poi uscire in tempo per andare a prendere il treno delle sei e un quarto.

Yokohama a quell’ora era già viva, ed era incredibile, perché, quando suonava la sveglia, Hanamichi continuava a pensare di essere l’unico sottoposto a quella tortura su tutta la faccia della Terra. E invece più si avvicinava al cuore industriale della città, più scopriva di far parte di una enorme massa silenziosa, che avanzava nella notte per raggiungere il luogo di lavoro.

Passò la tessera magnetica davanti al lettore che registrava le entrate e raggiunse lo spogliatoio in cui avrebbe indossato la tuta nera nella quale avrebbe passato le successive otto ore. Scambiò veloci cenni di riconoscimento con gli altri operai con i quali gli era già successo di condividere il turno, incapace di essere del suo solito umore brioso quando l’unica cosa che voleva fare era chiudere gli occhi e dormire almeno altre tre ore, e in pochi minuti fu pronto per raggiungere la sala ventisei, dove avrebbe sorvegliato la verniciatura degli sportelli. Non era male come lavoro, per sei mesi era stato al reparto saldature, e ancora ne portava gli effetti nelle orecchie… stare alle verniciature era sicuramente molto più sano!

Entrò nella sala e si accorse subito che nella squadra, quella mattina, c’erano alcune facce nuove. Alcune persone le riconosceva per averle viste alla mensa, le rare volte che decideva di andare in quella topaia, oppure nello spogliatoio, ma gli sembrava che un paio di loro fossero proprio dei nuovi acquisti…

“Ehi, Kogure-san! – salutò, rivolgendosi al ragazzo con gli occhiali che stava accanto alla sua postazione – Hai visto che ci sono dei nuovi arrivati?” e fece un cenno con la testa verso due ragazzi di spalle che stavano parlando con quell’incubo di capo-reparto che rispondeva al nome di Takenori Akagi.

“Già… li ho visti”.

Hn, era sospetta questa risposta così breve, e soprattutto l’improvvisa esigenza del quattr’occhi di chinarsi a terra per allacciarsi una scarpa. Gatta ci cova… ma Hanamichi Sakuragi, il tensai della Shohoku Inc, non aveva tempo né voglia per indagare, alle sette del mattino, sulle stranezze di quel ragazzo che ovunque sarebbe dovuto essere tranne che alla catena di montaggio di una fabbrica di automobili.

Hanamichi allungò le braccia sopra la testa, cercando di liberarsi definitivamente dal torpore… anche lui avrebbe dovuto avere tutt’altro futuro: probabilmente, con la sua abilità, sarebbe dovuto diventare una stella del basket, un campionissimo, oppure un eminente chirurgo. Ok, le cose avevano seguito un altro sviluppo. Abbassò gli occhi cercando di non pensare a quella che era stata la causa del cambiamento di molti dei suoi piani, e comunque andava bene anche così: si sentiva utile, era fiero di se stesso, del lavoro che faceva, della propria affidabilità. E ogni volta che tornava a casa e vedeva la madre sorridere, pensava che nessun titolo sportivo, nessun miracolo in sala operatoria avrebbe potuto renderlo più orgoglioso.

Guardò l’orologio: adesso avrebbero cominciato, e poi quella sera avrebbe visto i suoi amici della Sakuragi Gundan, sarebbero andati in un pub, e così sarebbe cominciata la routine settimanale.

“Sakuragi!!”

Ecco, tutto sarebbe stato più perfetto se non ci fosse stata, a rompergli i timpani, quella voce insopportabile di Akagi. Da quando era stato nominato capo-reparto, sembrava che si sentisse il padrone di tutti loro!! E pensare che era cambiato il presidente da poco, e che tutti avevano sperato che, con la ristrutturazione che ne era seguita, potessero cambiare anche questi ‘capetti’, e invece niente, per ora sembrava proprio che il motto della nuova dirigenza fosse ‘innovazione nella continuità’, che, tradotto, significava che rimaneva tutto com’era.

“Cosa vuoi, Gori!” rispose, avvicinandosi però al capo.

“Sii più rispettoso, operaio Sakuragi… - che goduria quando Akagi decideva di far valere il suo mezzo livello in più! – Ci sono due nuovi acquisti nella nostra squadra, voglio che tu aiuti… - il gorilla abbassò lo sguardo sulla scheda che teneva tra le mani – Kaede Rukawa, per l’inserimento nel reparto. Vedi di non farmi pentire di aver pensato a te per questo compito di responsabilità…”.

Compito di responsabilità?! Leggi ‘fregatura’.

“Non preoccuparti, farò del mio meglio per aiutare il pivello!” e finalmente Hanamichi portò lo sguardo sul ragazzino al quale doveva insegnare come pigiare i bottoni del verniciatore…

GULP!!

Doppio GULP!!!

Triplo GULP!!!!

Era… bello!! Davvero bello, alto quasi come lui, gli occhi azzurro cupo, quasi blu, le ciglia scure, che li facevano risaltare, la carnagione chiarissima, bianca… strana per un giapponese, e poi quel caschetto di capelli neri. Sembravano così morbidi! Per non parlare del fisico: alto, snello però atletico. Perché diavolo un ragazzo come questo era entrato in fabbrica, invece di farsi fotografare, e strapagare, dalle migliori riviste di moda?!

“Ciao… - e Hanamichi si inchinò leggermente – …io sono Sakuragi Hanamichi” si presentò.

L’altro lo guardò per qualche istante, e poi…

SBADIGLIO’??

Come aveva osato sbadigliare???

“Ehi, kitsune! Vediamo di capirci… qui dentro tu devi rispondere a me, sono stato chiaro?!”

“CHE DIAVOLO STAI DICENDO, IDIOTA!! – questo era Akagi, ovviamente, che non coglieva mai l’occasione per stare zitto – Devi solo aiutarlo in questi primi giorni, siete tutti allo stesso livello – il gorilla si interruppe per battersi sul petto – Solo io sono più su di tutti voi!!”

“Mph!” replicò Hanamichi.

“Hn..” mugugnò Rukawa.

“A proposito, scimmia, il nuovo arrivato è piuttosto alto… potrebbe tornarci utile”.

E con questa frase sibillina ai più, ma che Hanamichi – tensai - testa rossa - Sakuragi aveva compreso alla perfezione, il capo reparto Akagi si allontanò, lasciando i due ragazzi soli.

“Allora… vieni con me che ti faccio vedere cosa dovrai fare per le prossime sette ore. I turni sono da otto ore, divisi in due semiturni di tre ore e mezzo, l’ora che avanza è dedicata al pranzo. C’è la mensa, ma la maggior parte dei sopravvissuti è presto passata al bento. Pare ci sia stato più di un ritrovamento… preistorico… nella zuppa di miso che viene servita. Gli spogliatoi dovresti averli visti, dato che hai già addosso la tuta da lavoro – che fra l’altro gli stava veramente bene, come se gli fosse stata tagliata su misura – e lì ci sono anche i bagni. Vedi di non chiudertici dentro, pensando di scansare il lavoro: a parte il fatto che Akagi ha 8 occhi, neanche gli altri operai te lo permetteranno. Quello che non fai tu, tocca a loro, quindi stai attento a quello che combini. Fortunatamente qui lavorerai con la verniciatrice, e non con la pressa, quindi non dovresti rischiare le dita – e Hanamichi guardò di sottecchi quelle mani pallide e affusolate – e poi… beh, credo di averti detto tutto. Avvicinati alla macchina, che ti faccio vedere. Ah, dimenticavo, questi catorci che stiamo verniciando non devono avere una sola imperfezione, quindi stai attento ad ogni particolare, il nostro è anche un lavoro di verifica prima che le auto passino alla messa a punto. Ok? Capito tutto? Domande?”.

Il rossino si fermò per riprendere fiato, e finalmente osò rialzare lo sguardo sul viso del nuovo collega.

“MICA STARAI DORMENDO… KITSUNE!!!”

L’altro aprì gli occhi immediatamente, e a Sakuragi sembrò quasi che avesse dovuto forzarsi per non sollevare il braccio, poi però gli replicò soltanto con un assonnato:

“Do’aho…”

DO’AHO A CHI?! Ok, lui lo aveva chiamato kitsune, ma chi non lo avrebbe fatto, osservando quella pelle così chiara che sembrava non aver mai visto la luce del sole?!

“Ehi, vedi di non passare agli insulti, stupida volpe deficiente!!” lo rimbrottò subito. Se l’altro cercava la rissa, lui era più che pronto a dargli quel che voleva!

“Idiota…”

“Dopo facciamo i conti, pivellino! E adesso vieni… che mi stai facendo già perdere troppo tempo”.

Ok, era bellissimo ed era alto. Però, per il resto questo Rukawa sembrava uno stronzo assoluto!

Dopo due ore che azionavano i pulsanti e controllavano che le verniciature fossero perfette, Hanamichi si accorse che il nuovo collega si era perfettamente impadronito del nuovo compito. Ok, non era una attività complicatissima, però bisognava ammettere che il tipo, nonostante l’aria semi-addormentata, imparava in fretta… ecco, ora non ci mancava che si montasse la testa. Ad evitarlo, però, ci avrebbe pensato il tensai, questo era certo: aveva già deciso che non gli avrebbe mai staccato gli occhi di dosso!

A mezzogiorno suonò la sirena per il pranzo. Hanamichi lasciò la sua postazione, mettendo in pausa la verniciatrice, e poi si diresse verso la sala ventidue, al cui ingresso aveva appuntamento con il suo migliore amico, Yohei Mito, che stava al montaggio dei cristalli. Era un’altra delle tante abitudini che scandivano le sue giornate lavorative: pranzava con Mito, all’aperto quando era estate, nel solaio quando pioveva o faceva freddo, poi chiacchieravano un po’, fumandosi una sigaretta, e dopo prendevano una tazza di tè insieme, prima di tornare al lavoro. Era un modo per staccare, anche se poi le vicende lavorative trovavano sempre il modo di rientrare nelle loro conversazioni.

Per parecchi mesi, nell’anno precedente, Yohei si era trovato a dover contrastare l’atteggiamento assai poco amichevole del suo responsabile, quel Tetsuo che prima di cominciare a lavorare in fabbrica doveva essere sicuramente stato il capo di una banda di teppisti, a giudicare dall’atteggiamento e dai metodi con cui trattava i suoi sfortunati sottoposti… Fortunatamente poi era stato trasferito in un’altra filiale, anche se non prima che il rapporto tempestoso con Mito sfociasse in una rissa nel parcheggio coperto della fabbrica.

Alla fine dell’anno precedente, Hanamichi aveva poi cominciato a mostrare insofferenza verso il lavoro. Sì, aveva attraversato una fase difficile, una fase in cui avrebbe voluto lasciare tutto e provare a realizzare qualcuno dei suoi sogni prima che fosse troppo tardi, per poi capire che aveva troppe responsabilità, e troppe poche speranze di successo, per lasciare tutto. E così aveva maturato un’altra decisione: se quello doveva essere il suo mondo, doveva riuscire a farsi un nome, a crearsi una carriera. Questo progetto, insieme al basket, era riuscito a farlo andare avanti.

Il basket… già, una passione che aveva scoperto tutto sommato abbastanza tardi, in prima superiore, e che forse avrebbe potuto portarlo da qualche parte, se la sua vita non avesse subito una di quelle svolte improvvise e brusche che portano ad affrontare la dura realtà quando si ha ancora la testa piena di sogni di gloria.

No, non aveva rimpianti, probabilmente non sarebbe mai stato un super campione, gli bastava poter fare quattro tiri con gli amici al dopo-lavoro. Tutto sommato la loro squadra non era proprio malvagia, e forse quell’anno avrebbero anche potuto raggiungere un buon piazzamento nel campionato nazionale dei lavoratori metalmeccanici.

“Sembri pensieroso, oggi… che ti succede, Tensai?”

Hanamichi si riscosse, aprendosi il bento sulle ginocchia e appoggiandosi più comodamente contro la parete del solaio:

“No, niente di particolare. Stavo pensando che non ho fatto molti passi avanti negli ultimi mesi. Non riesco a schiodarmi dalla verniciatrice…” borbottò, afferrando le bacchette come se fossero dei pugnali.

“Sbaglio o eri molto contento quando sei riuscito a lasciare le saldature? Non devi avere troppa fretta… sicuramente con la nuova dirigenza cambierà qualcosa, forse si creeranno degli spazi nuovi, e…”

“Dacci un taglio, Yohei, sono solo parole. Tutto sta continuando come prima… non che il tensai si scoraggi! Presto si accorgeranno dell’inutilità di sprecare un genio come me alla catena di montaggio!”

L’amico gli sorrise, e Hanamichi riprese a mangiare, dando il via alla gara di svuotatore di bento più veloce del Giappone, che costituiva una delle prove preferite nelle quali superare il compagno.

“Hai saputo che sono arrivate delle persone nuove nella nostra squadra?” disse con noncuranza dopo aver stracciato ancora una volta il suo migliore amico. Non c’entrava niente con quello che si stavano dicendo, ma Sakuragi sentiva uno strano desiderio di parlare con Yohei di quello strano ragazzo che gli era stato presentato la mattina.

“Oh, beh, non è una novità! In questo periodo stanno prendendo un bel po’ di operai… pare che vogliano rilanciare l’azienda, e forse aprire delle nuove filiali. Sono persone in gamba? Chissà se le ritroverai oggi pomeriggio… se sono andati a mensa potrebbero essere morti!”

Hanamichi scosse la testa, ridendo:

“Ho già avvertito il ragazzo che il gorilla mi ha affidato… anche se – e si grattò la tempia con l’indice – non so se il tipo mi abbia sentito, sembrava proprio che stesse dormendo! Veramente una sagoma” e scrollò le spalle.

“E’ simpatico? Magari potrebbe venire al pub con noi, qualche volta…”

Lui ci pensò per qualche istante:

“Bah, sinceramente non mi sembra il tipo…”

“Che vuoi dire?” gli chiese Yohei, curioso.

“Beh, non lo diresti il tipo dell’operaio… - Hanamichi si fermò, rivedendo il viso dai tratti perfetti di Kaede Rukawa - …insomma, è tutto delicatino, sembra proprio un piccolo lord. Eppure nel lavoro non è proprio scarso! Silenzioso, ma efficiente, anche quando sembra addormentato”.

Mito scrollò le spalle:

“Non sembra un grande acquisto… non ce ne erano di più interessanti?”

“Con lui c’era un altro tipo, affidato al Kogure-san… Hisashi Mitsui, mi è sembrato di capire dagli ululati di Akagi. Sembra più il nostro tipo, ha una perfetta faccia da teppista!”

“No! Spero non come Tetsuo…” quella rimaneva una ferita aperta per il ragazzo più basso.

“No, non era così montagna, però ha una cicatrice sul mento che sembra urlare ‘yakuza!’”.

“Ok, questo mi sembra che sia materia su cui lavorare. Dobbiamo fargli conoscere Takamiya, Noma e anche Miyagi… se passa la loro prova, è dei nostri! Perché non lo hai portato a pranzo quassù?”

Hanamichi sorrise, estraendo una sigaretta dal pacchetto mezzo vuoto:

“Kogure-san lo ha monopolizzato, praticamente non ci ho scambiato neanche una parola, e poi aveva quell’aria da duro e attaccabrighe, che ho pensato che fosse meglio conoscerlo meglio, prima di farlo entrare nel nostro giro. Non ci mancherebbe che un’altra rissa” e strizzò un occhio al compagno, ripensando al famoso match di wrestling che lo aveva visto opposto a Tetsuo.

“Ok, il tuo compito sarà capire se può essere una buona aggiunta al nostro gruppo. L’altro invece sembra senza speranza…”

Rimasero entrambi in silenzio: sbuffando il fumo nella grande sala gelida, Hanamichi stava pensando proprio a Kaede Rukawa. Non era stato onesto con il suo migliore amico, non gli aveva detto quanto in realtà il nuovo operaio lo avesse colpito, non aveva spiegato quella strana sensazione che aveva sentito nello stomaco, ma non poteva farlo, se prima non riusciva a chiarirsi anche con se stesso.

Buttò il mozzicone di sigaretta, schiacciandolo con la scarpa, e proprio in quel momento suonò la sirena che annunciava l’inizio del nuovo turno.

“Sbrighiamoci! Oggi non abbiamo neanche il tempo per il tè… - Mito stava raccogliendo i contenitori del pranzo, infilandoli nel suo zaino grigio - …stasera ci vediamo al pub, allora. Domani invece hai gli allenamenti, eh?”

Erano due anni che Hanamichi aveva gli stessi orari, con la squadra della società, ma era un rito che Yohei gli chiedesse quando sarebbe andato in palestra.

Annuì, passandosi una mano tra i folti capelli rossi, unico ricordo dei suoi irruenti anni giovanili, e si avviò con l’amico verso la sala 26, sentendosi stringere lo stomaco all’idea di rivedere il nuovo collega.

Il pomeriggio passò abbastanza tranquillamente: il lavoro di verniciatura raramente presentava dei problemi, a meno che una delle macchine non si inceppasse, oppure non cominciasse a spruzzare un errato quantitativo di vernice, e così ad Hanamichi rimase molto tempo per osservare di sottecchi il ragazzo che aveva già soprannominato ‘la kitsune’.

Mentre la mattina Kaede Rukawa l’aveva trascorsa in un operoso dormiveglia, sembrava proprio che adesso il tipo fosse più sveglio, e anche impaziente di trovare qualcosa di più interessante dello spingere i pulsanti. Era appena arrivato, e sembrava non aver capito che la cosa migliore, per quel tipo di lavoro, era trovare qualche modo per occupare il cervello, magari volare con la fantasia, continuando a fare quello che veniva richiesto.

Ad un certo punto lo vide piegato a controllare il braccio della verniciatrice. Non ci mancava altro che modificasse qualcosa, rendendola inutilizzabile!

“Ehi, idiota, vedi di non combinare casini… ti ho già spiegato cosa devi fare!” lo richiamò, guardandolo male.

“Mph! Alzando questo braccio, forse invece dei finestrini potrei verniciare il tetto, tu che dici?!”

Ah, faceva anche il saputello, ora, con quella sua arietta snob… dove se l’attaccava, poi, considerando che era un operaio alle prime armi?

“Le macchine sono perfettamente regolate in modo da verniciare al meglio… è tutto computerizzato, te l’ho già detto!” ripeté Hanamichi, ripetendo con convinzione quella tiritera che aveva sempre contestato.

“Mph! Nessuna iniziativa, eh, do’aho?”

Il rossino dovette trattenersi: aveva una strana voglia di saltargli alla gola…

“Danneggia quella macchina e riferirò tutto ad Akagi. Scoprirai cosa vuol dire rallentare il lavoro, stupida kitsune!” eppure, nonostante le minacce, gli si avvicinò, controllando quello che stava facendo: possibile che il pivello avesse ragione?

“Dammi una mano, idiota!”

“Non sono a tua disposizione, principino! Se vuoi combinare un pasticcio, io non voglio entrarci… deficiente!” però si inginocchiò accanto all’altro ragazzo, dando un’occhiata ai comandi.

“Basterebbero otto centimetri… aiutami, questo braccio pesa”.

Nonostante il tono di Rukawa non fosse dei più amichevoli, Sakuragi aveva capito che i loro rapporti non avrebbero mai seguito le regole del galateo, e questa cosa non gli dispiaceva, visto che aveva sempre preferito, con i suoi amici, interazioni senza fronzoli… per usare un eufemismo.

Ah!! Gli si accapponava la pelle al solo pensiero di avvicinare il termine ‘amico’ a quel ragazzetto burbero e presuntuoso!

Comunque, insieme riuscirono a modificare l’inclinazione della verniciatrice, in modo da rendere più agevole e accurato il lavoro. Quando Rukawa e Hanamichi azionarono la macchina sullo sportello successivo, il miglioramento era evidente… e a Sakuragi non passò inosservato lo sguardo soddisfatto del compagno, al quale rispose sollevando con sufficienza un sopracciglio, e con uno sbuffo:

“Non credo proprio che riceverai il premio fedeltà aziendale per una cretinata del genere!” gli sibilò, ritornando alla propria postazione.

“Mph… se tutti avessero più spirito di iniziativa, forse anche il lavoro migliorerebbe”.

Oddio, era la prima frase di più di tre parole che il tipo pronunciava!

“Appenderemo un cartello alla parete con queste tue parole…”

L’altro neanche gli rispose, e allora lui scosse la testa. Perché dava tanto peso a quello che questo stupido Rukawa diceva o pensava? Eppure non riusciva a lasciargliene passare una, era come se non volesse perdere neanche una occasione per interagire con lui.

In quel momento si avvicinarono il Kogure-san con l’altro nuovo arrivato, lo sfregiato dall’aria truce. Eppure a guardarlo bene non sembrava proprio uno yakuza, aveva un che di troppo pulitino, anche lui… sembrava fatto della stessa pasta di Rukawa, anche se il suo Kaede era molto più bello, assolutamente perfetto!

No, oddio… ci stava ricadendo! Scosse la testa, cercando di liberarsi dalla nebbia che gli avvolgeva il cervello.

“Ehi, che ti prende, Sakuragi?” quella era ovviamente la voce preoccupata del Kogure-san.

“Come?! No, niente, assolutamente! Cosa vuoi dire, quattr’occhi?!” cercò di riprendersi, cadendo però nel gesto che faceva sempre quando era in imbarazzo, e cioè portarsi il braccio dietro la testa, toccandosi i capelli sulla nuca.

“Ma come si permette quest’idiota di chiamarti quattr’occhi?”

Ah, ma allora lo sfregiato sapeva parlare! Peccato che però avesse sbagliato le parole…

“Ehi, teppistello da strapazzo, vedi di abbassare le penne, altrimenti Hanamichi Sakuragi ti darà una lezione che non dimenticherai più!” e il rossino fece un passo verso questo Mitsui.

L’altro si mise le mani sui fianchi, facendosi anche lui avanti di un passo:

“Sono sicuro che sarai tu a non dimenticarti la mia lezione, e la mia faccia!” gli ribatté, con tono più che minaccioso.

“E’ sicuramente difficile dimenticare quella brutta faccia da sfregiato che ti ritrovi… e quando avrai il naso rotto l’impressione che lascerai sarà ancora più… indelebile!”

“E quando tu non avrai più neanche uno di quegli stupidi capelli tinti…”

“Hisashi, basta”.

Erano bastate due parole pronunciate da quella voce vellutata per placare entrambi i contendenti.

Hanamichi si voltò verso Rukawa, che li stava guardando con espressione seria.

“VUOI DIRMI CHE TU CONOSCI QUESTO DEFICIENTE?!”

“Sakuragi…” stavolta era stato Kogure ad intervenire, con un tono implorante.

“Si dà il caso che io sia il suo migliore amico!” non si tirò invece indietro Mitsui, guardandolo con un ghigno derisorio “Kaede, è appena suonata la sirena…” aggiunse poi, sollevando la testa verso l’altoparlante che aveva appena urlato quel suono crescente che scandiva le giornate alla catena di montaggio.

Tutti e quattro si avviarono verso gli spogliatoi: i due nuovi arrivati davanti, e qualche passo indietro un ancora furente Hanamichi Sakuragi, e un preoccupatissimo Kiminobu Kogure.

Era stata una giornata lunga, veramente troppo per un lunedì… fortunatamente il giorno successivo il turno cominciava alle undici, così come il giovedì. Hanamichi sapeva bene che spesso questo era un falso vantaggio, visto che poi significava staccare alle sette, però in quel momento, con la prospettiva di una serata al pub con gli amici e poi tante ore di sonno indisturbato, quell’orario assumeva i contorni di un benefit inaspettato.

“Vieni anche tu al pub, Kogure-san?” provò a chiedere al compagno, mentre si sfilavano la tuta prima di entrare nelle docce.

“No… stasera devo passare dal medico” rispose il quattr’occhi, con un sorriso gentile che sembrava chiedergli di non fare ulteriori domande.

Anche Hanamichi gli sorrise, poi gli diede una pacca amichevole sulla spalla:

“Forza, che anche oggi è finita!” esclamò pieno di un entusiasmo che non provava. Sapeva bene che, se la sua situazione non era semplice, quella del senpai lo era ancora di meno. La sorella di dieci anni soffriva di una forma acuta di asma, e aveva bisogno di cure continue, viste le numerose allergie. E Kiminobu era praticamente l’unico sostegno della famiglia… da quel che Hanamichi aveva compreso, i genitori avevano divorziato presto: il padre non si era più curato di loro, e la madre lavorava tutto il giorno, ma l’assicurazione medica, in casi come quelli di Mayu, pretendeva dei premi altissimi… era per questo che quel ragazzo, del tutto fuori posto in un lavoro come quello, era finito a verniciare automobili.

Mentre si infilava sotto il getto dell’acqua, con la coda dell’occhio seguì Rukawa e Mitsui, che avevano appena finito e adesso stavano con gli accappatoi davanti alle loro sacche. Subito riportò lo sguardo sulle mattonelle bianche della parete: cosa gli sta prendendo? Possibile che si sentisse così… così incuriosito dal nuovo ragazzo? Sembrava anche uno stronzo, era assolutamente inutile perderci tempo perché non sarebbe mai potuto diventare un suo amico.

Girò la manopola, raffreddando il getto d’acqua… non ci mancava che quello, pensò abbassando lo sguardo, ma sapeva che era solo perché da troppo tempo non stava con una ragazza…

Quella sera, al pub, ci furono i discorsi di sempre, quelli in cui loro cinque avrebbero potuto rivoltare il mondo, se solo avessero voluto. Eppure queste chiacchiere che avevano sempre avuto il potere di distrarlo, quella sera gli sembrarono vuote. Bevve più del solito, e Yohei dovette riaccompagnarlo a casa.

“Sono un po’ preoccupato, Hana, è tutto il giorno che sei strano…”

“Non temere, non sto tornando ai pensieri dell’anno scorso… solo vorrei che la mia vita fosse più significativa” scoppiò subito a ridere “Deve essere la birra, non farci caso!”

Ma sapeva che Mito non gliel’avrebbe fatta passare liscia, e infatti:

“Hai più visto Haruko?”

Haruko Akagi sembrava la soluzione di tutti i problemi che lo riguardavano, dovevano pensare i suoi amici.

“No”.

“Forse dovresti riprovarci…” gli suggerì ancora il compagno, con quella voce bassa che stava ad indicare anche un po’ di disagio per l’intervenire in qualcosa di così personale.

“Yohei – e Hanamichi lo guardò negli occhi – vorrei davvero che tu capissi che non provo nulla per Haruko. Per un po’ mi è piaciuta, ma è davvero troppo infantile. Io ho bisogno di una persona con più carattere” tentò di spiegare per l’ennesima volta.

Vide che Yohei annuiva, ma senza la convinzione che avrebbe sperato di vedere. Ok, anche la prossima volta sarebbe stato tirato fuori il nome della sorella del gorilla come soluzione di tutti i suoi patemi. Chissà cosa avrebbe detto Mito se avesse saputo che era tutto il giorno che non faceva che pensare ad un ragazzo? Sorrise leggermente… neanche lui era poi così tranquillo a riguardo, avrebbe tanto voluto capire cosa gli stesse succedendo, perché si era sentito a momenti euforico e a momenti rabbioso durante tutta la giornata. Gli sembrava di essere stato sulle montagne russe, alti e bassi  in continuazione, senza riuscire a capirne il motivo… senza riuscire ad accettarlo, forse.

Nei giorni successivi la situazione non migliorò radicalmente, anzi, in certi momenti gli sembrava che non potesse andare peggio: Kaede Rukawa stava diventando una vera e propria fissazione. Non lo sopportava, c’erano momenti in cui, se solo avesse potuto, lo avrebbe preso a testate, e poi il moretto era pure diventato il cocco di Akagi, con il gorilla che lo portava sempre ad esempio quanto a efficienza e comportamento, e così, di conseguenza, lui non aveva potuto che finire per fare lo sbruffone e il piantagrane. Inoltre i rapporti con Hisashi Mitsui stavano diventando problematici. C’era qualcosa che lo faceva davvero andare in bestia nell’atteggiamento confidenziale che lo sfregiato esibiva con la kitsune, oltre al fatto che il teppistello sembrava anche non essersi reso conto della simpatia che Kogure-san aveva sviluppato per lui.

Quel giorno Mito non era andato a lavorare, sembrava che si fosse preso una brutta influenza, e così era rimasto a casa, a farsi curare dalla madre.

Mentre si approssimava l’ora del pranzo, Hanamichi pensava a chi gli avrebbe fatto compagnia su nel solaio. Avrebbe voluto chiedere a Rukawa, sarebbe stata certamente la cosa migliore… quell’antipatico si sarebbe rifiutato, e allora lui avrebbe potuto prenderlo a testate, togliendoselo definitivamente di torno. Un piano perfetto, se solo lui avesse trovato il coraggio di farsi avanti.

E poi Rukawa e Mitsui sparivano sempre insieme, all’ora del pranzo. Lui era convintissimo che non andassero a mensa, a confermarlo c’era il fatto che quando tornavano non avevano le facce verdi, però non gli era mai capitato di scorgerli neanche negli altri ambienti che di solito venivano utilizzati per il pasto.

Insomma, non gli rimaneva troppa scelta, e forse quella poteva essere anche una buona occasione per scambiare quattro chiacchiere con Kogure, e capire cosa aveva scoperto dello sfregiato. Non che tra colleghi ci si scambiassero chissà quali segreti, però si era subito accorto che i due nuovi arrivati sembravano molto restii a fornire informazioni sulle loro vite private… e lui aveva la vaga sensazione che preferissero circondarsi di un certo alone di mistero.

“Aaah, si sta molto meglio quassù, che allo snack con Akagi…” sospirò il quattr’occhi, lasciandosi scivolare contro la parete, fino a sedersi sul pavimento del solaio, proprio davanti alla vetrata che dava sui vialetti bordati di verde che circondavano la fabbrica… già, la famosa ‘facciata’.

“Hn, è certamente più tranquillo” convenne Hanamichi, aprendo il bento che aveva comprato, già pronto, la sera precedente al supermercato.

Per qualche istante mangiarono in silenzio, e non perché non avessero nulla da dirsi, ma perché, dopo il primo turno di lavoro, i morsi della fame avevano cominciato a farsi sentire.

Quando lo slancio iniziale si affievolì, il rossino affrontò l’argomento che gli stava più a cuore:

“Ehi, Kogure-san… ho visto che ultimamente stai spesso con quel tepp… con Mitsui” si corresse, cercando di riprendersi dallo scivolone involontario.

“Beh, Akagi lo aveva affidato a me, all’inizio” si giustificò il quattr’occhi, che però arrossì leggermente.

“Bah, non mi sembra una ragione molto valida: io non sto mica tutto il giorno appiccicato a Rukawa!”

“Ah, no?!”

Oddio, cosa stava insinuando il senpai? Ok, meglio lasciar correre, non era quello il tema della conversazione.

“Comunque… beh, volevo chiederti che tipo era – però serviva una spiegazione plausibile per la sua curiosità, accidenti! – Sai, con Akagi stavamo pensando se potesse essere una buona idea chiedergli di entrare nel club di basket…” una pensata da tensai, non c’era alcun dubbio!

“Credo che sia davvero un’ottima idea!” il quattr’occhi sembrava davvero molto entusiasta.

“Però vorrei capire che tipo è, con i problemi che abbiamo avuto l’anno scorso con quell’idiota di Kiyota, dobbiamo andarci coi piedi di piombo”.

Kogure sembrava un po’ incerto, ma poi annuì, forse ricordando le famose dichiarazioni del loro acquisto dell’anno precedente e tutti i problemi che il tipo aveva causato alla squadra:

“Mi piacerebbe aiutarti, ma non è che ne sappia moltissimo… è un tipo abbastanza riservato” concluse, convinto.

“RISERVATO??!! Ma se state sempre testa contro testa a spettegolare!”

“Noi NON spettegoliamo… io ho il compito di spiegargli il lavoro!” si difese il quattr’occhi, apparentemente fin troppo ferito nell’orgoglio.

“Pensavo fossi più sveglio: settimane per insegnare a spingere tre pulsanti? – lo attaccò Hanamichi con studiata noncuranza, poi però tornò al discorso che più gli interessava – Credi che potrebbe essere un buon acquisto per il club?”

Kogure rimase per qualche istante in silenzio, poi sollevò la testa, annuendo con un sorriso timido stampato sul volto:

“Credo di sì. Mi ha detto che è nuovo di Yokohama, sia lui che Rukawa vengono da Tokyo, e, se ho ben capito, non sono estranei al basket… mi ha parlato di one on one fra loro! Ok, questo non significa che giochino bene, però almeno hanno la passione per questo sport… non è la cosa più importante?”

Il rossino roteò gli occhi: no che non era la cosa più importante! Come il gorilla avrebbe messo subito in chiaro, la loro squadra aveva bisogno di rinforzi veri, non di amatori. In ogni caso, tutto questo faceva il suo gioco, quindi cercò di esibire un bel sorriso angelico:

“Ma certo! Non fa niente se sono due schiappe – una delle cose fantastiche era che Rukawa era rientrato nel discorso basket senza che lui dovesse esercitare la minima pressione – Se c’è la salu… la passione, c’è tutto!”.

“Vuoi che ne parli io con Hisashi-kun? Oddio, forse sarebbe meglio se gli parlasse il gori… Akagi, come ruolo spetterebbe a lui” il quattr’occhi come al solito si faceva troppi problemi.

“Non credo che sia necessario, potresti parlare tu ad entrambi, così possono organizzarsi per venirci a vedere domani sera”.

L’indomani, la squadra dello Shohoku avrebbe dovuto incontrare, per un’amichevole, quella di una delle altre fabbriche automobilistiche di Yokohama, la Ryonan inc, in una partita preparatoria in vista del campionato nazionale di categoria. E loro avevano sempre odiato quelli del Ryonan! Erano bravi, non c’era da discuterlo, però erano arroganti, e poi c’era il presidente della società, quell’idiota che sembrava un porcospino, che si faceva un vanto di avere questa squadra, che spesso scendeva sul parquet per partecipare in prima persona ai match, e che spendeva un sacco di soldi per potenziarla, cosa che invece il consiglio di amministrazione della Shohoku non aveva mai fatto, anche se poi arrivavano note di demerito quando perdevano.

Insomma, tra Shohoku e Ryonan non correva certo buon sangue.

“Ok – intervenne la voce di Kogure, a distrarlo da questi pensieri poco allegri – li avvertirò, così potranno venire a vederci… sono sicuro che rimarranno favorevolmente impressionati dalla nostra organizzazione!”

Hanamichi si strinse nelle spalle:

“Non siamo ancora Yakuza, quattr’occhi…” e si allontanò, felice di aver raggiunto il risultato sperato.

Quando rientrò nella sala delle verniciature, individuò immediatamente il fisico slanciato di Rukawa… ancora una volta stava parlando con quello stupido sfregiato, e Hanamichi dovette trattenersi dal lanciarsi all’attacco di quell’idiota ex teppista. Per tanti giorni non aveva fatto che cercare di evitare di chiarire con se stesso cosa fosse a metterlo in tumulto, ogni volta che si trovava davanti a Kaede Rukawa, eppure lo aveva saputo dal primo istante, e ne aveva avuta la conferma ogni volta che Yohei tirava il nome di Haruko Akagi dentro una delle loro conversazioni. Era qualcosa che lo sconvolgeva ancora, soprattutto perché all’età di ventitre anni era un po’ tardi per scoprirlo, però si sentiva attratto da un ragazzo… attratto nel senso più completo del termine. Non era solo curiosità, o invidia, o competizione, oppure ammirazione e desiderio di diventargli amico… era proprio attrazione. Si era scoperto ad indagare sui turni di lavoro, per essere sicuro che avessero sempre gli stessi, immagazzinava ogni parola che l’altro diceva (e non gli ci voleva molto spazio, visto che il tipo tirava fuori le parole con il contagocce), in modo da costruire un dossier su di lui, e poi spiava in continuazione i suoi rapporti con quell’Hisashi Mitsui. Possibile che ci fosse qualcosa tra loro? La sua kitsune sembrava così indifferente a tutto e a tutti, eppure passava tutto il suo tempo con lo sfregiato. Ok, si conoscevano da più tempo, erano arrivati da poco dalla capitale, erano entrambi abbastanza a disagio in quell’ambiente che per loro doveva essere nuovo, però stavano davvero troppo insieme! E a lui non piacevano quegli sguardi che Mitsui lanciava al compagno quando si separavano, oppure l’atteggiamento protettivo che mostrava ogni volta che a loro si aggiungeva qualche altro operaio… lo trattava come un oggetto di cristallo, il che era fastidioso per più di un motivo.

E poi c’era sempre il quattr’occhi… raramente Hanamichi aveva conosciuto qualcun altro altrettanto degno di felicità, possibile che quell’idiota con la cicatrice non si accorgesse, e soprattutto non ricambiasse, la simpatia del Kogure-san?

In ogni caso, la sera successiva avrebbe potuto dare una svolta alla sua relazione con Rukawa… chi poteva resistere al suo fascino mentre si esibiva come re dei rimbalzi? Sperava solo che l’orrido porcospino, per una volta, evitasse di scendere in campo: c’era quella regola non scritta che obbligava a non marcarlo altrettanto strettamente degli altri, a lasciargli spazio per potersi mettere in luce, e lui, il tensai, il duro e puro, questa cosa la odiava con tutto se stesso.

Il pomeriggio successivo, il quattr’occhi gli confermò l’interesse di Mitsui e Rukawa per la squadra di basket, e gli disse anche che i due avevano acconsentito ad andare a vedere la partita di quella sera. Hanamichi era euforico, un po’ perché era la prima partita da quando avevano ripreso gli allenamenti, e un po’ perché gli faceva impressione sapere che tra il pubblico ci sarebbe stato Kaede. Non aveva mai sentito la stessa accelerazione dei battiti del cuore pensando di giocare davanti ad Haruko, non aveva mai vissuto la stessa emozione per nessun altro. A ventitre anni, Hanamichi Sakuragi aveva certamente avuto la propria dose di esperienze, però aveva sempre vissuto con imbarazzo quelle situazioni, come se non si sentisse a proprio agio, ma fosse per lui un dovere non tirarsi indietro… e adesso gli sembrava di capire molte cose.

Partirono alle sei, con il vecchio pulmino che la Shohoku Inc. aveva messo a disposizione, quello tutto scassato sulla cui fiancata era però disegnata una macchina di Formula 1 lanciata su una curva. Pensavano davvero che fosse un modo per farsi pubblicità?

Quando si riunirono sul marciapiede davanti all’ingresso secondario, Hanamichi cominciò a guardarsi intorno: pensava che i due nuovi acquisti sarebbero andati con loro, e invece Kogure gli spiegò subito che si sarebbero ritrovati tutti nel palazzetto sportivo del Ryonan. Era davvero un peccato, lui aveva contato su quei quaranta minuti in pulmino, passati a spintonarsi, a farsi scherzi e a cantare… sarebbe stata la prima volta in cui avrebbero potuto avere una interazione più significativa dei grugniti che si scambiavano quando si incontravano.

In ogni caso, non c’era niente da fare. Si pressarono tutti all’interno di quella scatola di sardine, con la sardinona più grossa, il cambusiere della squadra, Takamiya, alla guida; Miyagi, Yasuda e Akagi in prima fila, e poi lui, Yohei e Kogure nei sedili dietro, con Noma a fare da navigatore.

Mentre varcavano i cancelli della Ryonan inc. partì l’urlo liberatario…

SHOHOKU… FIGHT!!!

“Allora ragazzi, anche se è un’amichevole non voglio cali di concentrazione: sappiamo tutti quanto siano stronzi questi fighetti del Ryonan… dobbiamo distruggerli! Se perdono oggi, quando ci affronteremo in campionato ci temeranno, e noi saremo facilitati, capito?”

Ebbene sì, tutti nello Shohoku sapevano che Takenori Akagi era il migliore stratega, nonché un grande psicologo…

Nello spogliatoio si prepararono velocemente, e il più veloce di tutti fu proprio Hanamichi Sakuragi. La curiosità di vedere se davvero Kaede Rukawa fosse seduto sugli spalti era tale che lui si precipitò subito sul parquet, con la scusa di cominciare il riscaldamento, e magari di terrorizzare con la sua possanza fisica gli avversari.

Cominciò a sguerciarsi per guardare tra la folla, senza riuscire a trovare la sua kitsune… possibile che quell’essere impossibile avesse deciso di non andare?!

Ah, ecco la squadra del Ryonan… sempre gli stessi, nessun nuovo acquisto: il loro gorilla, l’omologo di Akagi, quel capitano Jun Uozumi in grado di costruire un muro intorno al canestro, e quel labbra a canotto di Fukuda… sempre un avversario temibile sotto il tabellone, uno che pensava quando giocava, uno dei pochi, e poi quel cane rabbioso, ma pressoché inoffensivo di Koshino. Bastava buttargli un osso, e quello, tranquillo tranquillo, andava a rosicchiarselo in un angolo. E infine c’era quella sottospecie di schiappa di Ikegami, uno che lui si era sempre bevuto, durante le partite; gli altri non erano neanche degni di essere nominati, sempre che…

Eccolo! E poteva mancare? Proprio in quel momento fece il proprio ingresso sul campo Akira Sendoh, con la tuta del Ryonan, la sacca buttata dietro le spalle e quell’aria strafottente che doveva essersi costruita in tutta una vita da nullafacente seduto dietro ad una scrivania! Ma perché doveva rovinare anche un divertimento riservato ai dipendenti come il torneo di basket? Come se i suoi operai andassero a rompergli le scatole in quei cavolo di club per figli di papà che lui frequentava nel tempo libero!

In ogni caso, ormai la partita stava per cominciare… alzò ancora una volta lo sguardo verso gli spalti… e finalmente lo vide: Kaede Rukawa era seduto vicino alla balaustra del primo anello, accanto a Hisashi Mitsui, circondati dal frastuono degli appassionati di basket che seguivano le vicende di quella squadra di sfigati del Ryonan. Non appena riuscì ad incrociare gli occhi da kitsune del ragazzo dai capelli neri, Hanamichi sollevò il braccio, con il pugno chiuso, un po’ in segno di saluto, e un po’ in segno di vittoria. Vide che Rukawa lo aveva notato, e, sebbene non ci fosse stato un guizzo di meritata ammirazione oppure un applauso dritto in piedi, questo bastò per caricarlo.

Quando si voltò nuovamente verso il campo, si accorse che l’orrido porcospino, quel demente di Akira Sendoh, aveva seguito il suo sguardo, e adesso guardava anche lui verso Kaede, esibendo un sorriso che però non aveva nulla della smorfia ebete che sempre lo caratterizzava… sembrava qualcosa di infinitamente meno rassicurante, e ad Hanamichi corse un brivido lungo la schiena.

L’arbitro, che come al solito per le amichevoli giocate al Ryonan Inc. era il loro usciere, fischiò l’inizio dell’incontro, e le squadre cominciarono a combattere per la supremazia: Akagi era un ottimo capitano, affidabile ed incisivo, Kogure conosceva benissimo ogni schema, e sebbene non fosse propriamente la promessa del basket giapponese, sapeva farsi valere, Miyagi era invece la mente del loro gioco… freddo, veloce, letale. Yasuda… beh, Yasuda faceva quel che poteva, del resto c’era il quinto giocatore a colmare ogni lacuna, a rafforzare ogni attacco, a bloccare gli avversari sotto canestro… l’ultimo baluardo così come la punta di diamante… un uomo, un campione, un tensai!!

“Cazzo! – urlò Hanamichi mentre Sendoh gli sfuggiva a destra e si involava verso il canestro – quell’idiota non può farmela così!” e il rossino si lanciò all’inseguimento.

Quando finalmente lo Shohoku riuscì a colmare lo svantaggio accumulato grazie alla partenza lampo del Ryonan, Hanamichi riuscì a sollevare la testa e a controllare che Rukawa e Mitsui ci fossero ancora. Sì, erano sempre lì dietro la balaustra, a seguire attentamente le fasi dell’incontro. Bene, sicuramente non si erano persi un suo solo rimbalzo, una sola delle sue mirabolanti entrate, neanche uno dei suoi tiri da tre finiti sull’anello (insomma, era sempre un passo avanti rispetto a quando superavano il tabellone, no?)…

Alla fine del primo tempo il punteggio vedeva però nuovamente in vantaggio gli avversari, ma la cosa che più infastidiva il rossino non era tanto questa quanto lo strano interesse che quell’idiota, sottosviluppato di Akira Sendoh, altresì detto l’uomo di porcellana, vista l’impossibilità di poter fare gioco ‘maschio’ su di lui, aveva sviluppato per la sua kitsune. Per dieci minuti si era crogiolato nell’idea che l’oggetto delle attenzioni del porcospino potesse essere Hisashi Mitsui… ma non c’era stato proprio verso, quello guardava proprio il suo Kaede!

“Ragazzi, dobbiamo darci una svegliata! Ok che Sendoh continuerà ad avere libertà, ma dobbiamo continuare a spingere quando siamo in attacco. Dobbiamo assolutamente fermare Fukuda e Uozumi. A Jun penserò io, ma tu, Miyagi, e tu, scimmia, vedete di bloccare il labbra a canotto! Per Koshino e per gli altri, beh, non dovremmo avere eccessivi problemi, vero?” e i suoi occhi gorilleschi si fermarono su Kogure e Yasuda, che annuirono contemporaneamente.

Quando tornarono in campo, però, ci fu un fuori programma: Rukawa e Mitsui avevano lasciato i loro posti, e li stavano aspettando vicino alla panchina:

“Ehi ragazzi! Che ci fate qui…” chiese il quattr’occhi, come sempre il più gentile.

“Se continuate a marcare in quel modo Sendoh e quel Fukuda non riuscirete mai a recuperare” li accusò lo sfregiato, esibendo uno dei suoi sorrisetti ironici.

“Ah, sì? Parla mister campione dell’NBA!” gli replicò subito Hanamichi, determinato a rimetterlo a posto.

“Hisashi ha ragione: Aki… Sendoh vi sfugge da tutte le parti, come se non lo marcaste veramente” intervenne la kitsune.

Akagi rimase qualche istante in silenzio, poi fece un passo avanti:

“Ve la sentireste di entrare in campo? E’ solo una prova, però, non montatevi la testa. A dare consigli non ci vuole niente, giocare è tutta un’altra cosa, ed è molto probabile che siate due schiappe, sebbene alte”.

Mitsui e Rukawa si guardarono per un istante, poi riportarono l’attenzione su Akagi, annuendo. In un istante furono negli spogliatoi, accompagnati da Kogure, che aveva anche il compito di dar loro delle divise dello Shohoku mentre il gorilla parlava con l’arbitro per comunicare questo cambiamento di programma, inventando che i ragazzi erano comunque soci del club di basket, Visto il carattere non ufficiale della partita, i cambi furono accettati, e Kogure e Yasuda lasciarono posto ai due nuovi acquisti.

Mentre le due squadre si schieravano per la palla a due, Hanamichi, che per un istante era riuscito a distrarsi dal fissare con faccia da pesce lesso il fisico snello ma atletico di Rukawa, rivelato fin troppo, per i suoi gusti, dalla divisa di basket, si accorse di uno scambio di battute piuttosto curioso:

“Finalmente di nuovo a tu per tu, Kae-chan…” aveva mormorato, ma non abbastanza da non farsi sentire, il presidente del Ryonan.

“Non pensare di farcela, Sendoh, con me non hai speranze” aveva sibilato Rukawa, mostrando un certo coraggio nel rivolgersi così a quell’avversario.

“Questo discorso non mi è mai piaciuto…” aveva ribattuto il porcospino.

Fortunatamente in quel momento l’arbitro fischiò, e i due gorilla saltarono per aggiudicarsi il primo attacco del secondo tempo.

Akagi scattò sulla sinistra, liberando poi al centro Miyagi e volando verso la sua posizione di pivot, mentre Mitsui si era immediatamente allargato sulla destra e Rukawa si trovava sulla sinistra, a due passi dalla linea dei tre metri.

Hanamichi proteggeva Miyagi e contemporaneamente completava il diamante d’attacco.

Miyagi fece una finta su Koshino, spiazzandolo, e passò la palla proprio al rossino, che decise di testare quell’idiota di Mitsui con un passaggio veloce. Lo sfregiato ingannò Fukuda, mimando un’entrata diretta a canestro, e invece aprì per Rukawa.

Ahi, ahi… era a tu per tu con Akira Sendoh, il bastardo con gli aculei! Però Akagi non faceva che spintonarsi con Uozumi, dovevano sfruttare la posizione e l’altezza del capitano… e invece quella stupida kitsune voltò le spalle all’avversario, per poi girarsi di nuovo verso il canestro facendo perno sull’altro, e involandosi per insaccare un facile terzo tempo… oddio, facile! Così lo faceva sembrare lui…

Gli spettatori ammutolirono: il grande Akira Sendoh giocato da un pivello…

Anche i compagni di squadra rimasero immobili. Finché Akagi non si avvicinò al realizzatore, battendogli una mano sulla spalla e invitando tutti a ripartire.

Hanamichi non si aspettava certamente un esordio di quel tipo! Rukawa non era un dilettante, quante volte lui aveva visto quell’azione nelle partite dell’NBA? Tante… Quante volte aveva provato a ripeterla? Infinite. Quante volte c’era riuscito? Mai.

“Non ti montare la testa…” gli sibilò, raggiungendolo e poi superandolo per riconquistare la posizione in difesa, la ‘sua’ posizione.

“E tu non farti giocare da una schiappa come Ikegami. Pure mia nonna lo supererebbe!”

Quella kitsune non parlava mai, ma poi le acidità gli uscivano naturali, eh?!

Riuscirono a riconquistare palla, anche grazie alla totale mancanza di riguardi che i nuovi arrivati mostravano per il mostro sacro, e Mitsui si rivelò non poi così scarso, soprattutto nei tiri da tre. Sembrava che, oltre a trovarsi perfettamente tra loro, i due riuscissero ad integrarsi perfettamente anche negli schemi chiamati da Miyagi… cavolo, erano diventati un team da far paura!

Hanamichi non contò più i tiri in sospensione fatti da Kaede, le schiacciate di Akagi, le finte ed i passaggi filtranti di Miyagi, i tiri da lontano di Mitsui, i propri rimbalzi… l’unica cosa che riuscì a contare fu il suo unico slam dunk, dopo cinque tentativi, ma davvero una schiacciata da manuale, una schiacciata che gli guadagnò una strizzata d’occhio dallo sfregiato, uno sguardo inespressivo, ma di qualche secondo, da parte di Rukawa, e un ‘solo fortuna’ da parte di Akira Sendoh.

Ecco, Akira Sendoh… il bastardo continuava a comportarsi stranamente… è vero che capitava di cadere durante una partita, soprattutto quando si saltava insieme ad un avversario, ma sfidava qualsiasi legge del basket che il porcospino fosse caduto per ben tre volte addosso al volpino, e che ogni volta impiegasse più tempo per rialzarsi, dopo essersi spiaccicato sopra all’avversario.

Quando la partita finì, il pubblico rimase qualche istante in silenzio… non era mai accaduto che il Ryonan perdesse con lo Shohoku, non era mai capitato che perdesse con qualche squadra che non fosse la rappresentativa della Kainan Inc, la famosa fabbrica di elicotteri e navi militari, sconfitte che in qualche modo potevano essere accettate… ma essere battuti dalla fabbrica delle utilitarie era davvero devastante. L’unica cosa che si sentì echeggiare nel palazzetto ammutolito fu quindi l’urlo ‘Shohoku Fight’ che i giocatori vecchi e nuovi della squadra di basket lanciarono all’unisono, scaricando così la felicità per quella vittoria.

Stavano ancora festeggiando tra loro quando Akira Sendoh si avvicinò per complimentarsi… certo, sportivo fino alla fine:

“Davvero bravi, ma la prossima volta sarà più dura. Sapremo ingabbiarvi…” e nel dire questo il suo sguardo si rivolse dritto in quello di Kaede Rukawa, facendo venire un prurito insopportabile alle mani di Hanamichi.

“Non basterà… in certi casi bisogna solo arrendersi!” gli rispose Mitsui, con un ghigno poco raccomandabile.

Ebbene sì, sembrava una lotta tra galli, e quindi perché non far intervenire il super rappresentante della categoria?

“Ritiratevi, finché siete in tempo: lo Shohoku NON FARA’ PRIGIONIERI!!!” intervenne infatti Hanamichi, guardando alternativamente in cagnesco lo sfregiato e il porcospino.

“Idioti…”

Sembrava proprio che fosse stata la kitsune a pronunciare questa parola, dirigendosi verso lo spogliatoio, ma Sakuragi era sicuro di aver capito male. Il suo Kaede, diventato più suo man mano che ci pensava, doveva avergli detto: “Hai ragione come sempre, amore…”.

Sì, doveva essere così, pensò stringendosi nelle spalle, e preparandosi per il ritorno.

Dopo quella sera, Hisashi Mitsui e Kaede Rukawa divennero membri effettivi della squadra di basket dello Shohoku. Insieme ai turni lavorativi, Hanamichi Sakuragi aveva la possibilità di passare con la kitsune altre tre sere a settimana, eppure i rapporti non riuscivano a diventare più stretti. C’era certamente una certa collaborazione, al di là dei frequenti insulti, però non c’era quel salto di qualità nel loro rapporto che poteva portarlo a tentare un invito al pub. E d’altro canto sembrava che anche Kogure non stesse facendo poi chissà quale passi avanti con lo sfregiato, che rimaneva così un avversario pericoloso, non fosse altro che per il suo creare uno scudo intorno al volpino.

Un nuovo lunedì, una nuova serata al pub con gli amici.

Yohei aveva tentato di coinvolgerlo negli scherzi su Takamiya e Noma per tutta la serata, Miyagi aveva raccontato le sue disavventure amorose con la segretaria del nuovo amministratore delegato, disavventure che avevano sempre avuto il potere di farlo morire dalle risate, grazie al fatto che Ryota, oltre a rivolgersi alla ragazza con occhi a cuore pulsante e ripetuti ‘Ayacuccia’, non riusciva ad andare. E così, sebbene tutti sapessero della sua infatuazione, lui credeva ancora di essere nell’ombra, e di poter studiare una strategia per stupire la dolce donzella con la forza dei propri sentimenti… come se Ayako non avesse capito che lui le andava dietro da anni ormai! E anche Takamiya aveva provato a farlo ridere, mostrando come trecento patatine fritte potevano entrare contemporaneamente nella sua bocca. Invece Hanamichi si sentiva un po’ giù. Da quando aveva capito cosa ci fosse a legarlo veramente a Kaede Rukawa, non aveva fatto che pensare se ci fosse qualche speranza che anche il volpino potesse mai ricambiare i suoi sentimenti, ma quel ragazzo sembrava totalmente indifferente sia ai ragazzi che alle ragazze, almeno a giudicare dal suo comportamento con gli altri operai o con Haruko Akagi e le sue amiche, che certo non avevano nascosto tutta la loro ammirazione per il nuovo arrivato.

E con Mitsui non sembrava che ci fosse effettivamente più di una stretta amicizia, e di un forte desiderio dello sfregiato di difendere il compagno da qualsiasi persona cercasse di avvicinarglisi.

Hanamichi non aveva ancora capito se quella sottospecie di teppista mirasse a qualcosa, con la sua kitsune, oppure se fosse solo amichevole… ma certamente in Rukawa non si vedeva alcun segno di una affezione ‘particolare’, e questo non aiutava certamente a risolvere i dubbi che lo circondavano.

“Tensai, mi sembri un po’ giù…” cominciò Yohei.

Sakuragi si voltò di scatto:

“Sto benissimo, e comunque non riguarda la sorella del capitano, quindi non cominciare a blaterare su di lei, perché in questo momento non me ne frega assolutamente niente!” ringhiò, più che rispondere.

Il suo migliore amico rimase per qualche istante in silenzio, poi però tornò all’attacco. Cavolo, sembrava un bulldog, mai che mollasse l’osso!

“Non ne vuoi parlare? Fra noi non ci sono mai stati segreti…”.

“Potresti evitare di metterla sul patetico?” gli rispose aspramente, vuotando il terzo bicchiere di birra.

Ok, ce l’aveva fatta, lo aveva ferito! Perché doveva essere così sgarbato?!

“Scusami, Yohei…” tentò di recuperare, non desiderando comunque che la discussione andasse avanti.

“E’ solo che non ti capisco” Mito scosse la testa “ma possiamo parlarne un’altra volta, se vuoi. E comunque io sono sempre qui”.

Hanamichi gli sorrise. Era bello poter contare su un amico, ma in quel momento temeva che neanche Yohei avrebbe saputo comprenderlo fino in fondo, non giudicarlo. Insomma, non era mica roba di tutti i giorni esordire dicendo di aver sviluppato un’attrazione improvvisa ed irresistibile per un ragazzo, dopo aver sempre sommerso tutti con i racconti delle proprie imprese amorose ‘normali’…

Forse l’unica persona con cui avrebbe potuto affrontare l’argomento era il quattr’occhi: era ovvio che il Kogure-san fosse attratto da quella sottospecie di invertebrato di Hisashi Mitsui, magari, se ne avessero parlato, lui avrebbe trovato un po’ di sollievo anche per sé!

Rassicurato da questo proposito, Sakuragi finalmente riuscì ad essere più di compagnia in quella serata con gli amici, arrivando anche ad impegnarsi in una gara al più resistente mangiatore di yakitori con Takamiya, anche se, per poter sconfiggere il temibile cambusiere, serviva ancora tutt’altra disposizione d’animo.

Qualche giorno dopo, si ripresentò l’occasione di parlare a tu per tu con il quattr’occhi. Insieme erano stati mandati a prelevare alcuni pezzi da una delle fabbriche satellite della Shohoku SpA, e, a bordo di uno dei furgoni aziendali, stavano arrancando sul raccordo autostradale che li avrebbe portati a destinazione.

Conoscendo il carattere di Kogure, Hanamichi decise che la cosa migliore era affrontare l’argomento per gradi… cercare di prendere il discorso alla larga:

“Come vanno le cose con quel teppista di Mitsui?” fu la frase che, dopo lunga ponderazione, ritenne più adatta per avvicinarsi al nocciolo del problema.

Il quattr’occhi, in quel momento impegnato nell’aspirazione di un milkshake alla fragola dal lungo bicchiere di carta, per poco non si strangolò, rischiando fra l’altro di rivedere il suo pranzo dritto dritto sul lunotto anteriore.

“Sakuragi! Perché me lo chiedi?” si informò poi, cercando di soffocare la tosse improvvisa in tre pacchetti di fazzolettini.

“Mi era sembrato di capire che tu e lo sfregiato… beh, insomma… che forse…” cominciò ad impappinarsi il rossino.

“Io e lo sfregiato cosa?”

“Beh, che foste amici!!” ottima mossa, sempre buttarla sull’amicizia. Siamo solo amici… cosa c’è di meglio da dire quando non si vuole rivelare una tresca?

Kogure finalmente si rilassò contro lo schienale, cominciando però a giocare con la cannuccia che usciva dal tappo di plastica del bicchiere:

“Cosa vuoi sapere?”

“Solo come andava… lui e Rukawa sembrano ancora così restii a mischiarsi con noi, anche se fanno parte della squadra. Volevo sapere se ci fosse qualche problema, se il bast… Mitsui ti avesse parlato di difficoltà di ambientamento…” sembrava una frase presa pari pari da una delle riviste femminili della madre! Ok, era la dimostrazione che, prima o poi, tutto torna utile.

“No, non mi ha detto nulla. Ieri sera mi raccontava che…”

“Ieri… SERA?!” non era certo da Hanamichi farsi sfuggire l’occasione.

“Beh, ogni tanto usciamo… serve per l’ambientamento, appunto…” spiegò Kogure, felice di potersi aggrappare alle precedenti parole del compagno.

“E che ti ha detto?”

“Lui si trova bene, è contento di aver fatto amicizia con noi e di giocare a basket. Se ho ben capito, ha avuto dei problemi fisici che gli hanno impedito di allenarsi per un po’ di tempo, quindi è veramente felice di questa opportunità”.

Hanamichi rimase per qualche istante in silenzio. Adesso come procedere?

“Ti piace quel teppista, vero?” sparò, inchiodando contemporaneamente per non sfracellarsi contro la vecchietta con carrello che stava attraversando sulle strisce pedonali. Ma perché non se ne stavano a casa, una volta superati i cinquantatre?

“Certo che mi piace… è molto simpatico” rispose Kogure, recuperati gli occhiali volati sul cruscotto.

“Sei rosso come una fragola rossa – non si sa mai, magari esistevano anche le fragole blu – io credo che non sia solo simpatia…” ci stava andando giù pesante, ma ormai era in gioco, doveva andare fino in fondo!

“Non capisco… guarda, dobbiamo girare a sinistra esattamente fra tre chilometri e duecento metri” tentò di distrarlo il quattr’occhi.

“NON PENSARE DI CAMBIARE ARGOMENTO, KOGURE-SAN! Ammetti… ammetti di provare un interesse più che personale per l’imputato, ammetti di essere stato sul luogo del delitto, ammetti che quel revolver apparteneva a te, ammetti di essere correo dell’orrido teppista sfregiato!” ormai si sentiva Perry Mason, inarrestabile!

“Vostro onore… mi oppongo!”

“Non puoi farlo, tu sei il teste alla sbarra, non l’avvocato… rispondi adesso! Hai giurato di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. Dica ‘lo giuro’!!”

Improvvisamente i due amici si guardarono in faccia, arrossendo insieme, stavolta… Ok, ‘Un Tamarindo alla sbarra’ era stato il telefilm preferito di entrambi, qualche anno prima.

“Ok – si calmò il rossino – Tanto lo so che ti sei invaghito di quel Mitsui, non è che la cosa mi sconvolga poi tanto!” e rimase in silenzio.

Dopo qualche minuto, svoltarono a sinistra, imboccando il viale che li avrebbe portati all’ingresso della fabbrica dalla quale dovevano ritirare i pezzi. Caricarono il materiale senza scambiarsi che poche parole, poi rientrarono in macchina per il ritorno.

“Sakuragi-kun… - esordì Kogure al terzo semaforo – Per quello che dicevamo prima… davvero non ti sconvolge pensare ad un ragazzo innamorato di un altro?” il quattr’occhi aveva pronunciato queste parole lentamente e con un tono molto basso.

“No, non mi sconvolge assolutamente” replicò lui, magnanimo.

“Perché… sai, forse avevi ragione, credo che… - il quattr’occhi si fermò per qualche istante, poi riprese con più decisione – Sai, non è che in questi ultimi anni abbia mai avuto modo di conoscere molte persone nuove, a parte quelle che incontravo al lavoro, e quindi non mi aspettavo che mi sarei innamorato così all’improvviso. E’ stata una tegola” mormorò.

“Già. Una tegola con una cicatrice” convenne Hanamichi, comprensivo.

Ancora qualche chilometro in silenzio, poi il rossino decise di fare un ulteriore passo avanti:

“Pensi che lui ti ricambi?”

“Non lo so… a volte sembra molto affettuoso, anche protettivo… - indubbiamente una mossa vincente, considerando la necessità di Kogure di trovare qualcuno su cui contare, dopo essere stato per tutta una vita il sostegno della propria famiglia – Però non mi ha mai detto nulla, non so cosa pensi davvero. Credo che l’unica persona che lo conosca davvero sia Kaede Rukawa”.

“Credi che fra loro ci sia qualcosa?” ok, non era stato molto delicato, ma ormai erano arrivati al punto in cui entrambi stavano parlando sinceramente.

“A volte mi sembra che siano solo amici, altre volte l’atteggiamento di Hisashi mi sembra più possessivo di quello di un fratello maggiore. Non so proprio cosa dire… - Kogure rimase pensieroso per qualche istante, poi però si voltò verso il rossino – Come mai la cosa ti interessa tanto?”

Hanamichi arrossì di nuovo, bofonchiando tra i denti qualcosa all’indirizzo di un altro automobilista.

“Non ho sentito la tua risposta…” lo pungolò il quattr’occhi, al quale pian piano si era chiarita la situazione.

“Non è che… anche tu ti sei infatuato di Hisashi-kun?” chiese poi, pronunciando la seconda parte della frase alla velocità della luce.

Per poco Hanamichi non entrò nel cofano della macchina che li precedeva…

“CHE DIAVOLO STAI DICENDO??!! Io non potrei mai innamorarmi di quel mostro, pure antipatico! La mia kitsune è molto ma molto più bella!!” si tradì, preso dalla foga.

“La tua… kitsune?” Kogure lo guardò grattandosi il mento “Ma di chi stai parlando?!”

Ehm… come spiegare la cosa senza essere frainteso?

“Ho detto kitsune?” chiese vago.

“No, hai detto ‘la tua kitsune’… non mi sembra che Haruko somigli ad una volpe… proprio no!”

Sembrava un interrogatorio… e Hanamichi cominciava a stancarsi:

“Si può sapere perché dovete sempre tirare in ballo quella stupida infatuazione per la sorella del gorilla? Lei non c’entra nulla, e poi non sa neanche giocare a basket!”

“Vorresti dire che questa kitsune gioca a basket? – Kogure avrebbe dovuto fare il commissario di polizia invece che l’operaio – Non sarà… non sarà Yasuda?!”

“YA-CHEEEEEE?! Ma ti sei bevuto il cervello?!”

“Beh… ha la pelle così chiara! Tu sai cosa si dice delle volpi!”

“Lui non è la mia volpe!” e Hanamichi rabbrividì al solo pensiero.

Il quattr’occhi lo guardò ancora per qualche secondo, poi cominciò a contare sulle mani:

“Akagi no, non ha niente della volpe, e poi lo chiami sempre gorilla. Yasuda lo hai escluso, Mitsui lo chiami il teppista o lo sfregiato, e poi… insomma, non sarebbe carino da parte tua – e arrossì leggermente – Miyagi è il tappo e poi sappiamo tutti che muore dietro ad Ayako, Yohei è il tuo miglior amico… Rimane solo…”

“NON LO DIRE!!!” cercò di fermarlo il rossino.

“Ma allora ho indovinato!! La tua kitsune è…”

In quel momento Hanamichi inchiodò, fermandosi davanti alla saracinesca del deposito della Shohoku Inc, e quando Kogure riaprì la bocca per terminare la frase, dalla porta metallica uscirono Hisashi Mitsui e… Kaede Rukawa.

“Si parla del diavolo…” mormorò il quattr’occhi, voltandosi con un sorriso verso il compagno.

Hanamichi rispose con una smorfia altrettanto ironica:

Dei diavoli, vorrai dire!”

Ok, si erano capiti. Ora toccava trovare una strategia comune…

Fine prima parte

 





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