Canto funebre

di Assurda

 

Glauco aveva detto che ti saresti salvato.
Glauco, medico ignobile, mentitore e truffatore. Non ti ha salvato. Non puoi essere morto. Non così.
Cosa sono senza te?
Non potevi morire in questo modo, senza gloria. Saresti dovuto morire su un campo di battaglia, sconfitto da un nemico più potente di te. Ammesso che ce ne fossero, amore mio.
Dovevi morire per difendermi.
Quante volte ti sei ferito e hai rischiato la vita? Quante?
Da quando eravamo piccoli, da quando per la prima volta i nostri sguardi si sono incrociati, mi hai sempre difeso.
Dovevi morire per me, non sul tuo letto, consumato dalle febbri. No, per me.
Che egoista che sono. Lo sono sempre stato. Anche a letto.
Tu mi hai sempre sostenuto, mi hai sempre appoggiato.
Ti sei sempre dato per me.
Il nulla, ecco cosa sono senza te.
Qui nessuno canta, nessuno festeggia, nessuno celebra questa morte.
Anche se meriteresti tutti gli onori in quanto generale di un grande esercito, i canti non si levano dall’accampamento, nessuno organizza banchetti in tuo onore.
Tu eri il mio Patroclo e come lui sei morto prima di me.
Come Achille ho fatto tagliare le criniere ai cavalli. Ho rasato i miei capelli biondi, ma non mi basta.
Non c’è vendetta, non c’è strage, non c’è battaglia che possa riempire il vuoto della mia anima.
Non c’è festa che possa lenire il mio dolore. Ci sono solo le voci di questa gente e ancora, invano, io aspetto di sorprendermi nel sentire la tua che mi chiama per nome.
“Alessandro!”
Io ancora aspetto, ma so della tua dipartita. Lo so.
E so anche che non ci sarà nessun altro come te per me, come non ci fu altro Patroclo per Achille.
È come se il vino ed il cibo, non avessero lo stesso sapore.
La pelle di una donna ha perso la sua bellezza. Bagoa è un uomo come un altro.
Sembra che tutti i piaceri che avevo prima della tua morte fossero tali per farti dispetto.
I colori del mondo sono banali, una statua d’oro è vile metallo.
Niente di questa vita è più lo stesso. Senza te.
Io Alessandro il Grande, che piango come un bambino alla sua prima sconfitta, io non dormo più. Non ho pace, persino il sonno, quelle rare volte che Morfeo me lo concede, è agitato dai tuoi ricordi.
Il profumo della tua pelle, il tuo odore dopo una battaglia, il sapore delle tue labbra e i brividi di piacere datimi dai tuo baci, le sensazione della tua lingua nella mia bocca, o del tuo corpo contro al mio…
Sono le visioni che mi tormentano di notte. Sarebbero piacevoli se non rivedessi sempre, anche il tuo corpo riverso a terra. Freddo, inerme. Morto.
Perché le lacrime tormentano i miei occhi? Ne ho ancora? Io ho vita, e non la voglio. Desidero essere con te nell’Ade per parlarti ancora una volta, e dirti che ho amato veramente solo te.
Ed abbracciarti nel fuoco dell’eternità.