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Calore

 

parte XII - Il Primo Bacio

 

di Vikysweetgirl

 


 

Quella mattina, aprendo gli occhi, Mark si sentì bene, rilassato, come non gli capitava più da un’eternità. Quando tento di muoversi e sentì il corpo dell’altro che lo abbracciava, ricordò tutto e s’imbarazzò. Non voleva svegliarlo ma non potè fare a meno di voltarsi lentamente a guardarlo.

Aveva gli occhi chiusi in un’espressione dolce, beata, bellissima. I capelli scompigliati sulla fronte, le labbra socchiuse e il respiro regolare. No l’aveva mai visto dormire…

Era bellissimo.

Che pensieri da usare per un ragazzo.

Lui aprì gli occhi e incontrò il viso di Mark che sussultò. Si guardarono e Junta gli sorrise. Allora il brunetto ricambiò un impacciato sorriso.

Sentì la porta di casa sbattere e saltò quasi fino al soffitto.

_SEI QUI MARK?

Era suo padre.
_Ah! È mio padre!_ parlava con la voce sommessa_ sbrigati, vattene via!
_Che trattamento…

_Parla piano!!_ gli disse esasperato_ se ti trova nel mio letto chissà che cosa penserà!!

­_Non agitarti, adesso…

_Sta salendo le scale, presto entra nell’armadio.

_Cosa?!
_E zitto!
Lo spinse dentro l’armadio e lo richiuse poggiandovisi contro con la schiena poco prima che suo padre entrasse, come sempre senza bussare, dentro la camera.

_Non sei a scuola?

_Ho…avuto la febbre papà.

_Ah. Vedo che hai mangiato._ disse vedendo il piatto e il cucchiaio nel vassoio sulla scrivania.

_s-si…

_mh. Devo andare a lavorare, occupati della casa ok? Non lasciarla troppo incustodita.

_Si papà.

_A dopo._ disse freddamente e se ne andò.

Quando la porta di casa si richiuse Mark tirò un sospiro di sollievo.

Da dentro l’armadio si sentì bussare.
_Ehi, mi fai uscire ora?
_Ah, si.

Junta uscì fuori.

_Lì dentro c’è un tale disordine…

_Scusami. Ma papà avrebbe subito pensato che…

_E ti da così fastidio?

Mark era sorpreso e lo guardò arrossendo.

_ma…veramente…

_Ah, scusami non sono arrabbiato con te. Ma tuo padre non posso proprio sopportarlo. Non ti ha nemmeno chiesto come stavi!
_Lo so. Ci sono abituato.

Junta gli si avvicinò e gli prese il viso fra le mani, facendolo diventare scarlatto e posò la fronte sulla sua.

_Sembra che tu non abbia più la febbre. Quando stai male chiama sempre me. Capito?
_...si.

Quando Junta stava per andarsene Mark disse qualcosa che lo riempì di gioia.

_Junta! Grazie di tutto…

L’altro gli sorrise.

_è stato un piacere….

E se ne andò.

Mark rimase in piedi alla finestra, vedendolo andar via, non prima che l’altro lo avesse salutato con la mano da laggiù.

Si sentiva leggero, felice. Dentro sentiva una dolcezza e una fragilità che non aveva mai provato.

Junta l’aveva fatto sentire protetto.

Nessuno si era mai preso cura di lui dopo sua madre e quel batticuore lo aveva fatto quasi morire…

Anche se tutto questo era strano e “anormale”.

L’aveva fatto sentire importante.

 

Il giorno seguente Mark fu di nuovo in piedi. La prima cosa che fece fu di andare a vedere se era stato promosso all’esame.

Era passato con buoni voti.

A lui bastava una letta al libro per impararne tutto e di più.

Un genio? Forse.

_Mark, non credevo potessi essere promosso con un voto così alto!
_Io sono passato con 85. per poco non ti raggiungevo.

_E io allora? 60…che amarezza…

_ma su, un 90 non vuol dire poi molto. Magari non troverò nemmeno lavoro!

_Tsk! Dici così perché sei modesto ma…

Con gli amici rideva e scherzava ma non dava mai tutto se stesso in una conversazione.

Alzò la testa per guardare il cielo. Il sole lo accecò. Le nuvole erano bianche e a tratti lo coprivano così che si potesse ammirare un cielo completamente azzurro.

Mark si ritrovò a pensare al suo futuro, a quello che ne sarebbe stato ora di lui.

I tempi del liceo, quei giorni di scherzo e leggerezza erano passati. Ora contava solo trovare un lavoro e la felicità.

Tra malinconia e naturale tristezza, si ritrovò a brindare al futuro con i compagni di scuola. Gli altri ridevano; lui pure. Ma dentro di lui c’era un abisso carico di tutti i sentimenti, che forse negli altri non c’era.

Con Junta si ritrovò quello stesso pomeriggio al prato che lui da un po’ di tempo considerava “loro”. L’altro lo festeggiò con grande entusiasmo.

_Lo sapevo che eri un tipo intelligente!  Ma guarda, 90! Puoi ritenerti soddisfatto no?
_Si, mi sembra un sogno, niente più scuola, esami, compiti…

_Non mi sembri molto felice…

Non gli sfugge niente.

_è che sono un po’ triste. Sai, finite le superiori, nuove responsabilità…tutto cambierà d’ora in poi.

L’altro gli posò la mano sulla sua e Mark lo guardò negli occhi.

_Se tu sarai sempre te stesso, in ogni occasione…e affronterai tutto col tuo solito modo di fare, il futuro non sarà brutto…e poi da oggi a domani non cambierà niente. Devi solo rilassarti ma allo stesso tempo armarti di tutta la tua buona volontà. Lasciatelo dire da uno che ci è passato.

Mark gli sorrise dolce.

_Grazie, tu rendi tutto così…semplice…e pensandoci bene forse hai ragione.

_Lo sai che in due si affronta tutto meglio?
_Cosa…cosa vuoi dire?
_Niente, lascia stare.

_ma…

_Non parlare…non senti che pace, che bellezza? Questo posto è solo tuo no?
_Si…mio…_ si voltò a guardarlo_ e tuo.

Junta lo osservò sorpreso. Poi Mark arrossì e distolse lo sguardo.

_Se-sembra strana come cosa detta così…scusa…

_no, è bello...condividere certe cose…specie se…con quella persona si sta bene no?...perchè è così vero?
Mark esitò ma per l’imbarazzo. Poi annuì.

 

Fu allora che accadde.

 

Junta si chinò su Mark.

Questo, sorpreso, istintivamente tentò di obiettare qualcosa che non prese mai vita e per far farlo aprì la bocca.

Niente di meglio per il moro che si posò su quelle labbra in un bacio dolcissimo.

Mark rimase spiazzato.

Perse ogni sua difesa, ogni iniziativa, ogni cosa, anche sé stesso.

L’altro non accennava a scansarsi, ma non era impetuoso ma delicato e dolce.

Allora si arrese.

Imbarazzato chiuse gli occhi lentamente e accettò quel bacio che stava diventando qualcosa di molto spinto, tanto da farlo gemere.

Junta portò una mano dietro la schiena dell’altro e l’altra sulla sua guancia calda. Mark, tremante e incerto, gli posò le mani sul petto, senza sapere se avesse dovuto respingerlo o meno, combattuto tra il dovere e quel sentimento che lo stava letteralmente travolgendo.

Quel momento fu interminabile, bellissimo, meraviglioso e anche se era strano e per molti versi anormale, a lui in quell’attimo non importava. Su quelle labbra avrebbe anche potuto morire.

Lo pensò seriamente.

A contatto con quelle labbra non vi erano bugie, non vi erano menzogne o falsità e non vi era freddezza o incomprensione.

No, in quel bacio vi era molto di più. La sincerità e la dolcezza, il calore, il cuore che batteva all’impazzata, un’emozione che non può descriversi.

Solo loro potevano capire. Capire che forse un destino c’era e che forse quel bacio “sbagliato” non era poi così sbagliato se li faceva stare così.

Fu Junta ad interrompere quel contatto di labbra, quella danza di lingue, quella dolcissima espressione di qualcosa che ancora avevano paura di chiamare amore. Perché forse la delusione sarebbe stata grande.

Mark aprì lentamente gli occhi liquidi di emozione. Le sue guance erano arrossate e accaldate, il respiro spezzato, le labbra piene e ancora lucide del loro bacio, rosse e invitanti.

Quando guardò l’altro negli occhi si sentì avvampare e istintivamente abbassò lo sguardo, in segno di una timidezza rara al giorno d’oggi, ma che intenerì ancora di più Junta.

Il moro sorrise teneramente e spostando una ciocca di capelli dalla fronte dell’altro, lo baciò sulla fronte.

A tutta quella dolcezza, a quella tenerezza, Mark non era abituato e si sentiva confuso e impacciato in ogni gesto che seguì quel bacio…

_Dalla prima volta che ti ho visto…_ iniziò Junta con voce bassa e calda_…sono rimasto colpito da te. Questo tuo cappotto rosso…_ gli disse sfiorando il colletto della stoffa della giacca di Mark_ ...ti ha fatto subito apparire un duro improvvisato. Avevi l’aria di un bulletto dal viso d’angelo. Quella sfacciataggine che emanavi non ti appartiene. Tu sei così_ gli sfiorò ancora la guancia_ come ora…

Mark era incapace di emanare alcuna parola.

Solo lo guardava fisso, con gli occhi sognanti di una persona…no, non poteva essere.

Abbassò lo sguardo tra il confuso e triste.

Junta gli sfiorò l’orecchio con le labbra in un sussurro.

_Ci vediamo.

Allora si alzò e se ne andò.

Mark rimase ancora un po’ a farsi cullare dal vento.

Stava ancora rivivendo tutto nella sua mente, ogni istante, ogni sensazione che aveva adorato, ogni parola dell’altro che lo aveva incantato…

Era fuori da quest’orbita, e forse da questa galassia.

In quel momento era altrove.

Si toccò le labbra, in un gesto infantile ma vero e con la sua innata timidezza sorrise debolmente.

 

continua...