Calore

 

parte VI - Indifeso

 

di Vikysweetgirl

 


 

Era passata una settimana e Mark trascorreva le sue giornate nella monotonia e la semplicità di sempre. Aveva rivisto Junta solo una volta, all’uscita di scuola. L’altro gli aveva ammiccato ma lui nemmeno lo aveva salutato. Perché salutare un ragazzo omosessuale che ti spoglia con gli occhi e da te vuole solo una notte sfrenata di sesso?

Suo padre quel giorno era stranamente a casa e lui lo salutò con un timido sorriso.

_Ciao papà.

_Ciao. Oggi non hai lezione di guida?
_Ci sono gia stato. Va bene, l’istruttore dice che me la cavo.

_Mh._ rispose il padre con un mugugno_ ah Mark, stasera puoi cenare fuori?

_Cosa?! E perché?_ chiese il ragazzo sorpreso da una simile richiesta.

_Sai, stasera ho invitato una mia…amica e…anzi, non puoi farti ospitare da qualche amico?

Senza parole.

Un padre che scaccia di casa il figlio per tutta la notte per portarsi dentro casa una donna.

Mark era allibito, oltraggiato, offeso, irritato.

_Va bene, ciao._ voleva uscire di lì, prima di rispondere qualcosa di poco carino a quel padre snaturato.

Quando sua madre era viva lui non aveva mai dimostrato un minimo d’affetto per lei. Come adesso, lui lavorava e basta. E sicuramente andava con le altre donne. Eppure sua madre non se lo meritava.

Cerca di scacciare dalla mente quei pensieri e decide di andare a scattare qualche foto al prato.

Il tempo nuvoloso avrebbe contribuito alla riuscita di foto particolari e suggestive. I primi scatti lo entusiasmarono molto, fino a fargli finire il rullino. Lasciò la macchinetta attaccata al manubrio della bici.

Si stava facendo buio, si sdraiò sull’erba, lasciandosi accarezzare dal vento e guardando un punto indefinito tra le nuvole, dove s’intravedeva un pezzo di cielo e dove gli sembrava di voler arrivare, come per prendere aria da un mondo che lo opprimeva…

_Sentivo che ci saresti stato anche tu.

Quella voce lo costringe a mettersi a sedere di scatto e a sussultare visibilmente.

Non poteva essere, ancora lui!
Junta lo guardava con occhi  sorridenti e sinceri. Un’espressione ancora sconosciuta per Mark.

_Ce c’è? Non sembri contento._ Mark non rispose_ hai trovato dei bei soggetti?
_Si_ rispose ora il brunetto con gli occhi d’un tratto brillanti, preso sul suo punto debole.

_Bene…Si sta benissimo oggi.

_Gia.

_Cos’hai? Non che di solito tu sia molto loquace con me, ma oggi rispondi a monosillabi. Allora?
Si stava forse interessando a lui?
_Niente.

_Avanti.

_Non ho nulla!_ e fece per andarsene.

Junta cambiò espressione, s’infuriò e si alzò di scatto per trattenerlo con forza per un braccio.

_Ehi, che diavolo di prende?! Vuoi degnarti almeno di guardarmi in faccia?!

_LASCIAMI!

Ma l’altro come se avesse preso iniziativa dal tono dell’altro, lo trattene ancora più forte e se lo tirò contro, facendogli male ai polsi.

_Stai fermo…

_TI HO DETTO DI LASCIARMI!!

Junta lo trascino per un tratto, poi lo spinse violentemente giù per una discesa e si lasciò scivolare anche lui, facendoglisi addosso, prima che l’altro riuscisse a scappare. Andò ad affondare la bocca nel suo collo.

_AAAAH!!!! LASCIAMI!!!

_STAI FERMO TI HO DETTO!!

Mark aveva paura, una paura enorme, che sfociava in gridi disperati.

_NON MI T-_ la sua bocca venne tappata dall’altro che lo bloccò a terra impedendogli i movimenti e guardandolo negli occhi con sguardo cattivo.

Gli occhi di Mark erano carichi di terrore.

_Nessuno può sentirti, quindi se non stai zitto io ti ammazzo. Hai capito? TI AMMAZZO!! LO FACCIO! Stai calmo e non muoverti.

Mark stava tremando e il suo cuore batteva talmente forte che sembrava volesse uscirgli dal petto. Il pensiero di ciò che l’altro gli avrebbe fatto, lo terrorizzava.

_HAI CAPITO?!?!_ chiese bruscamente Junta scuotendogli forte il viso e Mark annuì gemendo.

Il moro allora lasciò la sua bocca scoperta per leccargli le labbra chiuse,lussurioso e poi passare a togliergli la giacca, a toccarlo sotto la maglietta con voracità, ad alzargliela per andare a leccare e a mordere quei capezzoli rosei e turgidi per il freddo e il contatto.

_AHI!_ gemette Mark ad un morso meno controllato di quei denti senza pietà e strinse gli occhi.

_...ti ho voluto…ti ho desiderato dalla prima volta che ti ho visto e ora ti pretendo!_ perso nel suo piacere.

Junta andò a slacciargli i pantaloni e a sistemarsi tra le gambe dell’altro, in modo da far toccare le loro intimità. Il moro, colmo d’eccitazione e desiderio, aveva completamente perso il controllo. Era ancora soffermato con la bocca sui suoi capezzoli e la mano che gli accarezzava libidinosamente le natiche.

Mark, che aveva preso a tremare ancora più violentemente, voltò il capo di lato e pianse singhiozzando. Junta alzò il capo al suono di quei lamenti e lo vide col viso bagnato di lacrime, scosso da tremiti incontrollabili e pieno di paura. Stringeva i pugni sui ciuffi d’erba e non riusciva a trattenere i singhiozzi. Il moro si alzò in ginocchio e chiuse gli occhi nel tentativo di controllare i propri impulsi e poi, per parlargli usò un tono contenuto e deformato dall’inappagamento.

_Va via.

Mark ansimava ancora, tremava e si tirò indietro a brevi tratti. Stringeva la maglia laddove c’è il petto e lo guardava con gli occhi sbarrati, il viso deturpato dal terrore.

_Non mi hai sentito? Ti ho detto a di andartene!_ ripetè l’altro a voce più alta.

Mark scattò in piedi e si mise a correre inciampando un paio di volte.

Junta rimase ancora un po’ lì, con gli occhi chiusi a respirare profondamente. Doveva calmarsi da quell’eccitazione e quella foga che non era riuscito a controllare. Quando era vicino a quel ragazzo sentiva il desiderio inumano di saltargli addosso. Di toccarlo e baciarlo e di fargli qualunque altra sconcezza erotica. Era una cosa puramente sessuale. Unicamente un desiderio fisico. Anche se non gli dispiaceva come carattere.

 

Mark cadde dalla bicicletta due volte e ne rischiò un’altra. Arrivato davanti la porta di casa prese con se la sua macchina fotografica e lasciò cadere a terra la bicicletta e fece molta fatica ad infilare la chiave nella serratura. Le mani gli tremavano ancora e quando riuscì ad apri la porta, si gettò all’interno della casa per poi buttarsi a terra, in ginocchio. Andò in bagno e si sciacquò il viso in cui ancora si poteva scorgere il passaggio delle lacrime, gli occhi umidi. Si guardò allo specchio e non appena lo fece si mise di nuovo a piangere.

Quell’uomo avrebbe potuto farlo davvero…