CiAo!!!! rieccomi con un nuovo capitolo di "Calore". spero vi piaccia commentate numerosi please!


 


 

 

Calore

 

parte V - La macchina fotografica

 

di Vikysweetgirl

 


 

Durante la lezione, durante il tragitto per tornare a casa, sdraiato sul suo letto, Mark ripensò alle parole pronunciate da Junta: “un uomo sa avere una sua personalità definita… non è vero che sono solo dei rozzi essere insensibili, i ragazzi sanno essere molto dolci ed emotivi. Spesso nascondono questo loro affascinante lato, ma basta avere un po’ di pazienza per riuscire a far emergere i lati più deboli di un ragazzo” e poi quell’ultima frase…

…nel sesso non hanno eguali…

Si mise a sedere di scatto, improvvisamente imbarazzato per quello che ha pensato. Sesso con un uomo. Ma cosa stava dicendo, non ha nemmeno mai pensato al sesso con una ragazza, figuriamoci con un ragazzo! Si mise a ridere, improvvisamente conscio delle assurdità che stava pensando.

Era lunedì e doveva andare alla scuola guida. Era maggiorenne e desiderava prendere la patente, avere un auto tutta sua…Prendette la sua bici e si diresse verso l’autoscuola.

Ascoltava con attenzione, prendeva appunti e ripeteva mentalmente i nomi dei segnali e la loro funzione. Se ci si metteva in queste cose era un grande.

Sulla strada del ritorno decise di deviare per andare a fare qualche foto. il prato dove andava sempre non era lontano e amava restare solo con sé stesso, solo in compagnia del fedele scatto della sua macchina fotografica.

Il prato era deserto come sempre e la luce era perfetta per scattare foto. fece qualche passo per poi inciampare su qualcosa che sembrava un corpo umano gli cadette sopra. La presumibile “persona” scattò a sedere:
_Ma che diavolo?!...Tu?!
_TU!?_ fu l’eco di risposta del brunetto, a cui era preso un colpo nel vedere che “il corpo umano” in cui era inciampato non era altri che quel Junta.

L’altro passò da un’espressione adirata, ad un sorriso malizioso.

_Gia. Adoro venire qua, a contatto con la natura…Ci incontriamo insolitamente spesso da quando ci conosciamo. Questo non si chiama destino?
_N-non lo so…_ rispose Mark impacciato.
_Cosa sei venuto a fare qua?
_Io…veramente…

_Scatti foto?_ chiese l’altro vedendo la macchina fotografica appesa al collo dell’altro.

_S-si.

_Che bella, posso vederla?
Mark esitò. Dopotutto quello era un pazzo maniaco che l’aveva toccato molto intimamente e per di più gay. Ed erano soli. Ma come spinto da qualcosa di diverso dalla paura e dalla preoccupazione, si sfilò dal collo la macchina fotografica e gliela porse.

_Mh, niente male…deve essere costata un occhio della testa!

_In effetti…

_Cosa fotografi?
_Qualunque cosa: paesaggi, particolari, animali, persone. Tutto ciò che mi colpisce.

Un flash lo colpì mentre aveva voltato la testa.

_Ma…cosa fai?_ arrossì.

_non ho resistito. Eri bellissimo!_ disse chiudendo gli occhi in un sorriso raggiante, insolito per lui che, quanto ha potuto vedere fin ora Mark, fa solo sorrisetti maliziosi.

_Senti, ti va di stare con me stasera? Una bella cena e poi…chissà…

Se possibile Mark diventò ancora più rosso.

_No…direi di no._ abbassò lo sguardo.

_Avanti…_ Junta va ad accarezzargli lascivamente la guancia, sfiorando i capelli.

Mark si scansa come se avesse vicino un mostro.

_No.

_uffa, sai dire solo no?
_No…

_Uff! Non mi dai nemmeno una chance?

_Quale, quella di portarmi a letto?_ aveva parlato così, senza pensare.

Lo faceva spesso e ora era imbarazzato più che mai. Abbassò la testa.

_parli così perché non hai mai provato. Ad andare con uomo intendo. Quando fai sesso con un uomo…non puoi più smettere.

_D-devo andare…

_scappi sempre. Tanto ti ribecco, sai?

_Non credo.

Mark se ne andò e Junta sospirò profondamente.

Sicuramente lui non si sarebbe arreso.

 

Mark pedalava nervosamente. Quell’uomo lo innervosiva. E lo spaventava dal punto fisico specialmente. Non aveva ancora dimenticato la storia della pensione. Però aveva parlato, seppur superficialmente, della fotografia con lui. E non gli era parso annoiato. Era come se si fosse liberato, seppur in parte della solitudine. Si sa, quando si parla con qualcuno di qualcosa che ci tocca, quella cosa ci sembra più leggera, nel bene e nel male.

A metà strada se ne accorse. Frenò pericolosamente, sgommando di lato, toccandosi e guardandosi il petto e poi fissando dritto di fronte a sé. Aveva dimenticato la sua macchina fotografica.

 

La casa arredata semplicemente ma in modo ordinato, le serrande abbassate, in quella casa tutto si addiceva al forte e temerario Junta, che non aveva bisogno di troppe comodità ma solo dei suoi amati film, con la preferenza per quelli d’azione.

Appena entrato il moro rigira tra le mani la costosa macchina fotografica per poi posarla sul tavolo rotondo. Andò in bagno, si sciacquò il viso e ridacchiò rumorosamente. Adesso quel ragazzino così ritroso avrebbe avuto per forza rivederlo. Adorava quel ragazzo. E poi la sua innocenza con gli uomini era palese e…semplicemente adorabile.

 

Stupido! Stupido! Stupido!

Continuava a ripetersi Mark per aver lasciato la cosa a cui teneva di più alla persona della cui si fidava di meno.

Maledizione!

Avrebbe dovuto rintracciarlo in qualche modo. Gli unici posti che lo legavano a lui erano la pensione e il prato. L’ultima cosa che voleva era rivederlo, anche se…spesso le sue parole riuscivano a colpirlo.

 

 

Il giorno dopo, terminate le lezioni, Mark si affrettò a recarsi alla pensione dove lavorava Junta, ma quel giorno non c’era. Dopotutto era il proprietario e poteva permetterselo. Allora si recò al prato ma questo era più deserto di un deserto. A questo punto il ragazzo era disperato. Stava per rassegnarsi, quando d’un tratto, come un lampo a ciel sereno, si ricordò del locale Blue Heart. Si, un locale gay…ma non importava, doveva riavere la sua macchina fotografica ad ogni costo. Per lui era tutto.

 

Quella stessa sera Mark si recò alla fantomatica discoteca. Ma non riuscì ad entrarvi. Fece per andarsene rassegnato, quando vide salire in un tassì proprio Junta, accompagnato da qualcuno. Gridò dietro quell’auto ma non riuscì nel suo intento. Allora ne prese un altro e lo seguì. Gli sembrava di essere in un film poliziesco.

Arrivò fino ad un condominio. Lì aveva visto salire Junta con la persona al suo fianco che non si soffermò neanche a identificare. Salì le scale ma poi si fermò. Sarebbe stato imbarazzante piombargli lì, così, a tarda notte.

Passò più di mezz’ora, poi si fece forza e bussò. Prima molto piano, poi più forte. Dopo un attimo Junta andò ad aprirgli con lo sguardo luminoso e il suo solito, inquietante sorriso. Era seminudo, indossava solo un paio di pantaloni neri e per di più sbottonati.

_Ciao piccolo, come mi hai trovato? Cosa ci fai qui?_ fingeva, sapeva benissimo perché era lì.

_Non chiamarmi piccolo…io…rivoglio solo la mia macchina fotografica.

_Oh, si un attimo. Entra.

Junta sparì in una stanza.

_Chi è?
_Devo restituire una cosa a una persona, non preoccuparti.

Mark, che era entrato, arrossì violentemente alla vista di un ragazzo biondo e con gli occhi chiari, molto esile, sicuramente completamente nudo, sotto le lenzuola del letto di Junta. Abbassò istintivamente lo sguardo.

Junta tornò con la macchina fotografica e raggiunse Mark che aveva arretrato verso la porta d’ingresso.

_Tieni, non gli ho fatto un graffio.

Mark la prese tra le mani sollevato e la guardò, come se fosse una cosa molto preziosa.

_Ci tieni così tanto?
_é la cosa a cui tengo di più.

_Capisco. Non dovevi allontanarti così, non ce n’era motivo.

_No, piuttosto scusami per essere venuto a disturbarti, a quest’ ora poi…

_Guarda che non avrei bisogno di portarmi a letto gli altri se tu fossi un po’ più disponibile. O vuoi unirti a noi?

_Meglio che vai a terminare ciò che hai iniziato._ sempre rosso, rossissimo in viso.

_Lo farò di certo.

Provocatorio, sfacciato, insopportabile!

_Buonanotte._ rispose Mark seccamente.

Perché si sentiva arrabbiato? Forse perché l’unica persona che aveva dimostrato un così morboso interesse per lui ora l’aveva gia rimpiazzato. Ma il mondo funziona così no? Morto un papa se ne fa un altro. Non dice così il proverbio?