Calore

 

parte III - Un attimo di paradiso

 

di Vikysweetgirl

 



 

La luce dell’alba lo investì come ogni mattina e il giovane Mark si svegliò come sempre senza aver bisogno della sveglia. Si vestì ed uscì di casa per andare a scuola. Utilizzò la sua bicicletta. Gli piaceva andare in bici, lo rilassava e gli permetteva di sentire il vento fresco su di sé.

Arrivò all’antico edificio ed entrò il classe, salutando i compagni con un sorriso gentile, quello che riserbava a tutti.

Dopo aver seguito le lezioni, i diresse verso la sua bicicletta quando venne fermato da una ragazza del terzo anno coi capelli lunghi, molto carina e tutta imbarazzata.

_S-s…scusami, M-Mark?

_Si?

_Ecco…io…mi-mi chiedevo se..._ la ragazza si attorciglia i riccioli biondi e abbassa lo sguardo in continuazione, per poi rialzarlo brillante di emozione_ se…per caso ti andrebbe di…uscire una volta tanto…si, con me intendo…

Attendeva una risposta col piccolo cuore che batteva all’impazzata. Chissà dove aveva trovato tanto coraggio.

Mark arrossì lievemente e con un sorriso le rispose cercando di non essere brusco.

_Mi dispiace, ma non posso. Sono desolato._ e con un debole e impacciato inchino della testa se ne andò frettoloso sulla sua bicicletta.

Accidenti. Era la prima volta che una ragazza gli si dichiarava. Avrebbe potuto dire di sì, la ragazza era molto bella e sembrava gentile. Perché aveva detto di no? Qualsiasi altro le avrebbe risposto di sì. Si dette mentalmente del cretino e sorrise rassegnato. Il giovane Mark, in cerca dell’amore vero. Stupidità o follia? È per questo che non aveva mai avuto una ragazza. Non sentiva di poter stare con qualcuna tanto per starci.

No, lui voleva di più.

 

Tornato a casa, naturalmente vuota, Mark entrò nella sua personale camera oscura. Quello era il suo mondo. Li viveva nella pace,nella tranquillità, quella tranquillità che gli permetteva di pensare, creare, esprimere la sua passione per quell’attività che lo faceva gioire. Lì aveva sviluppato le foto più belle che avesse mai fatto e poi, nella sua stanza le appendeva per contemplarne la profondità e il valore.

Decise poi di indossare la giacca rossa, la sua preferita e di andare dall’altra parte della città coi mezzi per potere andare a quel bellissimo negozio di macchine fotografiche, obiettivi e cose collegate. Vi arrivò e si perse in quella che per lui era una meraviglia.

Terminata la piccola visita però non sapeva dove passare il pomeriggio, che sarebbe stato caldissimo e afoso. Almeno per un paio di ore sarebbe stato meglio stare in una qualche pensione dei dintorni. Non era la prima volta che gli capitava, ma sicuramente non si aspettava che quel soggiorno fosse talmente diverso…

Presa la camera, vi entrò e si gettò sul piccolo letto e contemplò il soffitto bianco.

Spesso, specie in certi momenti come quello, si sentiva solo. Magari sarebbe bastata una parola, l’essere ascoltato da qualcuno per toglierli quella sensazione.

Ancora una volta si diede del deficiente per non aver accettato l’invito della ragazza di prima.

Sentì bussare alla porta. Doveva essere il cameriere, aveva chiesto degli asciugamani.

Impallidì e si mise a sedere di botto quando vide entrare il tipo della sera prima, incredulo quanto lui di vederlo lì.

_Sei tu!_ esclamò l’altro semplicemente.

Mark non riuscì a rispondere e arrossì solamente, rimanendo con la bocca aperta. L’altro intanto sorrise, chiuse la porta dietro di sé e si avvicinò.

Ora Mark poteva vederlo bene. I capelli neri erano lisci e leggermente ondulati e gli occhi profondi e penetranti, accentuati da sopracciglia folte e scure, dalla bella linea. I tratti del viso erano mascolini ma belli, decisamente il tipo di uomo che fa impazzire una donna. Era vestito coi suoi bei jeans neri tenuti da una grossa cinta e una maglietta bianca a collo alto e una giacca scura che cadeva perfettamente sulle sue spalle larghe. Riusciva ad essere sbarazzino ma elegante. Il suo portamento era lo stesso. Dimostrava almeno 28 anni.

_Ci rivediamo Mark!
_G-gia…_ rispose impacciato.

Quell’uomo gli faceva un effetto strano. Lo intimoriva. Fece per alzarsi ma Junta si sedette con un ginocchio sul letto e lo bloccò per le spalle.

_No, non andartene.

_D-devo andare, non-non posso rimanere, mi dispiace…

_Rimani. Sai, questo posto è mio. Non ci si guadagna granché ma abbastanza. Posso anche perdere un po’ di tempo…

_No, sul serio io…

_Non ti mangio mica.
Allora il moro salì completamente sul letto e si portò il giovane tra le gambe, tenendolo fermo.

_Mi lasci!
_Cosa? Ora mi dai dal lei? No, piccolo per te va bene Junta…

_Io non…

_Vediamo, ora ti faccio godere un po’, così forse sarai meno scontroso.

Junta gli mise le dita della mano destra nella bocca, con decisione e con l’altra mano sciolse la cinta dei jeans e s’insinuò nei pantaloni, prendendo tra le mani il suo membro.

_ng...co-sa?!?_ riuscì a esalare Mark tra le dita dell’altro.

Junta iniziò a muovere la mano con sicurezza facendo sussultare e agitare Mark.

_AH!! N…o…

La mano non si fermava, anzi continuava il suo estenuante movimento tra le gambe dell’altro. L’eccitazione iniziava ad ergersi senza che lui lo volesse:
_Ma guarda, hai resistenza…allora giochi anche da solo piccolo… ma che bravo…_ disse il moro in un sussurro d’eccitazione.

Mark gemeva al contatto di quella mano che percorreva inesorabile tutta la sua virilità e non gli lasciava tregua. Tentava di liberarsi dalla sua sorta di aguzzino, ma l’altro lo teneva ben saldo. Era molto più possente di lui.

_..ah…oh…AH!

_...nessuno ti aveva mai toccato così tesoro?_ disse con voce roca

Mark non ce la faceva più. Gli veniva da piangere e non riusciva più a trattenersi.

_AAAH!!!_ con un grido venne nella mano dell’altro, che sorrise compiaciuto del suo operato.

_Non è stato fantastico?
Mark rimase senza forze, esausto, appoggiato con la testa alla spalla dell’altro a riprendere fiato. Il viso arrossato di vergogna. Il sorriso dell’altro, beffardo, eccitato, divertito, compiaciuto gli si stendeva sul volto. Poteva gia sentire la sua erezione dietro di sé e questo lo spaventò.

_Allora, non è molto meglio che fare da soli?
Mark arrossì ancora di più e abbassò la testa. Ormai aveva rinunciato a lottare, si lasciò sopraffare dalla vergogna e dall’umiliazione, non riusciva neanche a ragionare lucidamente.

Sapeva solo che era venuto con un uomo.

L’altro lo baciò sulla guancia, molto vicino alla bocca, poi si alzò e uscì dalla stanza.

Mark rimase lì, su quel letto, ancora coi pantaloni slacciati e un disastro sulle lenzuola. Ancora a testa bassa sentì pizzicargli gli occhi. Gli veniva da piangere anche se aveva provato piacere e forse proprio per quello si sentiva sporco. Non era riuscito ad impedirgli che approfittasse così di lui. L’altro l’aveva costretto, aveva tentato di ribellarsi ma non era riuscito. Si sentì debole. La vergogna non accennava ad andarsene e l’umiliazione che l’altro gli aveva inflitto ancora pendeva sul suo corpo e sulla sua anima…