Titolo: Buio
Autore: ki_chan
Parte: 26
Pairing: Nessuno
Raiting: r
Buio
Capitolo XXVI
(Joël)
Sono svegliato da un bacio leggero sulla spalla nuda. Paleso il mio disappunto con una specie di grugnito, mentre mi volto ancora intorpidito dal sonno per vedere chi ha l’ardire di svegliarmi presto di domenica mattina.
« Oh. Sei tu, Michele… ».
« Chi altro dovrebbe essere, scusa? C’è qualcun altro che ti sveglia in questo modo? »
« No, nessuno è tanto coraggioso da svegliarmi la mattina presto quando, per una volta, riesco a dormire così bene. »
« Mattina presto? Guarda che è mezzogiorno. »
« E’ così tardi? Allora perché sono così stanco? »
« Non è certo colpa di quello che abbiamo fatto ieri sera… »
Lo dice con un mezzo sorriso, ma a me sembra che ci sia ben poco di cui sorridere. Masturbarsi a vicenda non è certo il mio ideale di rapporto fisico. L’intenzione di andare oltre c’era, come c’era anche le volte precedenti, ma è chiaro che nessuno dei due accetta volentieri di stare sotto e allo stesso tempo non vuole forzare l’altro, anche se entrambi desideriamo un rapporto completo. E’ una situazione logorante.
« … »
« Vuoi che ti prepari un caffé? »
« Si, grazie. Intanto mi faccio una doccia. »
Quando entro in cucina sono meno assonnato,
ma ho ancora una gran voglia di passare tutta la domenica a letto a dormire,
o magari accoccolato sul divano avvolto da una coperta. Michele sta versando
il caffé quando lo raggiungo.
Mentre prendo una delle due tazzine gli chiedo:
« Dov’è Maximilian? Non è in camera sua. »
L’espressione di Michele mi fa capire che si aspettava la mia domanda ma che avrebbe preferito non dovermi rispondere. Rimane un attimo in silenzio rigirandosi la tazza tra le dita e poi, con un piccolo sospiro, dice:
« E’ uscito con Luca… »
Lo fisso sperando di aver capito male, ma è inutile illudersi. Arrabbiato appoggio la tazza sul tavolo e allibito dico:
« Cosa?? »
« Non ti ha detto nulla perché non voleva svegliarti. »
Rimango in silenzio incapace di muovere anche solo un muscolo. Un pensiero si fa prepotentemente strada nella mia mente: Maximilian potrebbe decidere di non tornare più. Una paura che mi attanaglia il cuore ogni volta che penso a lui.
« Joel… cosa ti succede? »
« Perché l’hai lasciato andare con quello? »
« Non ricominciare. Perché lo odi tanto? »
« Non mi fido, tutto qui! Maximilian… »
Alle mie parole lo sguardo di Michele si fa più duro. Lo stesso sguardo che ha quando litighiamo. L’ho visto talmente tante volte che ormai lo riconosco subito.
« Maximilian… cosa? »
« Niente! »
« Volevi dire che Maximilian gli vuole bene?! »
Per un secondo non faccio altro che fissare il suo sguardo deciso, la piega quasi impercettibile che ha preso la sua bocca. Lo guardo e mi chiedo perché non siamo capaci di non litigare. Prima pensavo che fosse dovuto al nostro rapporto incerto, ma anche ora, che tra noi sembra andare meglio, le liti non sono diminuite. Forse è semplicemente abitudine.
« Maximilian si è sempre fidato troppo delle persone! »
« E tu hai sempre fatto in modo di allontanare chiunque si avvicinasse a lui… anche prima che avesse l’incidente. »
« Mi preoccupo per lui, tutto qui. »
« Hai solo paura che lui si allontani da te. »
« Non puoi capire! »
« Forse, ma so come ti comporti con tutti quelli che tentano di avvicinarsi a tuo fratello. Ti stai comportando con Luca come hai fatto con me. Mi hai odiato dal primo istante in cui l’ho conosciuto! »
« Con te è stato diverso. »
« In cosa è stato diverso? Con me hai usato l’espediente del sesso e con lui no? »
« Piantala! »
Dopo un istante di silenzio decido di parlare e dire quello che non avrei mai pensato di poter dire a Michele o a chiunque altro:
« Ho paura che possa decidere di non tornare più. Non so più nemmeno da quanto vivo con questo timore. »
« Perché non dovrebbe tornare?! »
« Io e Maximilian non siamo fratelli. »
Il tono della mia voce stupisce perfino me. Le parole che mi sono sempre rifiutato di dire ora sembrano riempire l’intera stanza. Opprimenti e scioccanti mi lasciano quasi svuotato, quasi incapace di accettarle, sebbene sia stato io a pronunciarle.
« Cosa? »
« E’ stato adottato quando eravamo piccoli. »
« Perché non me l’hai mai detto? »
« Perché avrei dovuto? Non mi è mai importato che fosse stato adottato. »
« Sono convinto che anche lui ti vuole bene come un fratello… »
« No. Una volta forse… adesso mi vede solo come un estraneo che lo tratta male e che lo opprime, proprio come… »
… come mio padre. La persona che ho odiato con tutto me stesso per anni, l’uomo a cui mi sono ripromesso di non assomigliare mai. Questo pensiero, formulato quasi involontariamente, mi terrorizza come non pensavo possibile.
« Come chi? »
« Nessuno. Lascia stare. »
« Perché? » Chiede preoccupato.
« Perché non voglio più parlarne, ok?! »
Alzo la voce, infastidito da quell’insistenza e spaventato per la realtà che mi si presenta davanti.
« Non c’è bisogno d’alzare la voce. »
« Scusa. Oggi sono nervoso. »
Cerco una scusa per non dover subire altre domande. Michele, forse intuendo la mia confusione mi si avvicina e mi abbraccia, ma le sue braccia mi sembrano così opprimenti… Mi allontano infastidito per quella sensazione sgradevole che nasce più da me stesso che dal suo gesto.
« Ho bisogno di stare un po’ tranquillo. Da solo. »
« Cosa ti sta succedendo? »
« Niente! »
« Perché almeno non provi a parlarmene? »
« Non ci riesco. Non lo so perché ma con te non solo capace di lasciarmi andare. »
Michele sembra ferito dalle mie parole, e come potrei dargli torto?
« Se non ti fidi di me, che cosa ci faccio qui? »
« Non lo so »
Il mio tono è acido. Non mi rendo conto delle conseguenze che potrebbe avere. Non mi importa, voglio solo che la smetta di farmi domande.
« Vedo che non è cambiato nulla. La sostanza del nostro rapporto è sempre uguale… »
E’ arrabbiato. Me ne accorgo dal tono quasi indifferente, dalla sua voce insolitamente bassa e aspra. Eppure non riesco a fermarmi. Sono in tensione perché non la smette di torturarmi e soprattutto perché so che ha ragione e che è tutta colpa mia.
« Ti sbagli, prima almeno c’era il sesso! »
Michele mi fissa in silenzio qualche istante, incapace di reagire alle mie parole che certo non si aspettava. Capisco che è tutto è finito quando stancamente socchiude gli occhi per un istante.
« Me ne vado. »
Non lo fermo perché una parte di me si sente sollevata, crudelmente soddisfatta.
« Scusa »
Lo dico con l’ingenuità di un bambino mentre la porta d’ingresso sbatte dietro le spalle di un Michele arrabbiato e ferito, tradito forse. Lo pronuncio con un filo di voce, più rivolto a me stesso che a lui, come se stessi chiedendo scusa a me stesso per tutto il dolore che mi autoinfliggo. Non ho ancora capito, però, per cosa tento di punirmi con tanta cattiveria.
*** ***
Maximilian torna a casa verso sera, ma non è
solo. Il mio cuore, ancor prima del mio cervello, si rende conto che il momento
che ho temuto per tanto tempo è arrivato, lo capisco dall’espressione
tesa di Maximilian e il suo cipiglio deciso. Rimango immobile al centro dell’anticamera
fissandolo. Cerco di evitare lo sguardo severo e al contempo insicuro di Luca
che rimane in silenzio un passo più indietro.
È la voce tremolante di mio fratello a rompere il silenzio carico di
tensione:
« Ciao »
Lo saluto a mia volta ma non sono capace di rimanere fermo. Vado in salotto continuando ad ignorare Luca. La piccola ripicca di un bambino che sa di non poter rimandare l’inevitabile.
« Joel, devo dirti una cosa importante… io… »
Guardo Maximilian cercando di non far vedere quanto sia agitato, non tanto a lui ma a Luca, e piano gli dico:
« Sai che puoi dirmi tutto quello che vuoi. »
« Questo ti farà arrabbiare… »
Ecco l’ennesima conferma ai miei timori, ma stranamente la tensione e la paura sembrano diminuire, quasi sapessi che non serve più nemmeno agitarsi.
« Lo so. L’ho capito quando sei entrato. »
« … ho deciso di trasferirmi da Luca »
« Quando? »
« subito… »
Non so quanto rimango in silenzio, forse qualche secondo, forse alcuni minuti. Non lo so. Mi rimbomba nella testa la parola “subito” anche se mi rifiuto di capire davvero il suo significato. Quasi stordito rivolgo lo sguardo verso Maximilian sperando forse di leggere nella sua espressione qualcosa che mi faccia intuire che ho capito male. Ma alla fine mi rendo conto che ormai è troppo tardi per qualsiasi cosa, anche solo una spiegazione.
« Puoi prendere qualche vestito ora e domani chiamo una ditta di traslochi per il resto delle cose. »
« Grazie »
Abbozza un leggero sorriso, quasi a volermi ringraziare per non aver reso tutto più difficile. Per la prima volta da quando sono arrivati, guardo Luca negli occhi e senza più forza nella voce dico
« Dagli una mano a fare la valigia. »
Senza aspettare una reazione vado in cucina dove, finalmente solo, mi lascio cadere su uno degli alti sgabelli che adorava tanto mia madre. Il silenzio della stanza viene presto rotto dal bussare leggero ed esitante di Luca.
« Cosa c’è? »
« Volevo ringraziarti »
« Non l’ho fatto per te »
« Lo so »
« Sei venuto a dirmi solo questo? »
« No. Questo è il mio indirizzo e numero di telefono. Puoi venire a trovare Maximilian ogni volta che vuoi, a lui farebbe molto piacere. »
« Non credo. »
« Spero tu possa cambiare idea »
Sta per tornare da Maximilian quando, ritrovata un po’ di combattività, mi alzo ed andandogli vicino dico:
« Perché lo stai facendo? »
« Cosa? »
« Perché vuoi ospitarlo, prenderti cura di lui… »
« Perché gli voglio bene. »
« Gli vuoi bene… Come? Come si vuole bene ad un amico, ad un cane, ad un fratello o… o ad un amante? »
L’esitazione di Luca mi fa temere che la risposta sia proprio quella che non sarei in grado di accettare. Preso dal panico ritorno sui miei passi e ancor prima che possa rispondere dico:
« Lascia stare. Meglio che io non lo sappia! »
« Siamo solo amici. »
Il momento più difficile arriva quando, prese le proprie cose, Maximilian è pronto per andarsene. Devo dirgli addio e non so come fare. È tutto così insopportabile. Tento di nascondere il tremore delle mani incrociando le braccia sul petto mentre rimango immobile e muto nell’angolo dell’anticamera a fissare Maximilian, altrettanto agitato. Dopo lunghi secondi di silenzio Maximilian trova il coraggio di parlare:
« E’ meglio che vada ora… »
« Sì certo… Addio fratellino »
Maximilian sembra turbato dalle mie parole.
Fa qualche passo verso di me. Con la mano mi cerca nel vuoto finché non
incontra il mio petto. Rimango immobile, incapace di muovere un muscolo o semplicemente
di pensare a quello che sarebbe giusto che io facessi. Ho paura che se solo
mi muovessi non sarei più in grado di controllarmi e lo implorerei di
non andarsene.
Mio fratello si avvicina, forse per abbracciarmi, ma la mia immobilità
lo frena. Si limita ad appoggiare la fronte sulle braccia che tengo ancora ostinatamente
incrociate e piano dice:
« Spero che un giorno tu riesca a perdonarmi »
Sconvolto dalle sue parole ho bisogno di qualche secondo per pronunciare quelle parole che per troppo tempo ho taciuto:
« Anche tu… »
Quando la porta si chiude dietro di loro mi crolla tutto addosso. Rabbia, frustrazione… dolore. Mi appoggio al muro e mi lascio scivolare fin sul pavimento. Seduto con la testa tra le mani inizio a piangere e quello che vorrei è che Michele fosse qui. Che mi stringesse tra le braccia e mi sussurrasse di stare tranquillo. Ma con che coraggio posso presentarmi da lui dopo quello che è successo.
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