Titolo: Buio
Autore: ki_chan
Parte: 24
Pairing: Nessuno
Raiting: r


Buio

Capitolo XXIV

(Joel)

Le vacanze sono ormai agli sgoccioli. Per l’esattezza mancano due giorni e vorrei che non passassero mai. Certo, sarà l’occasione per incontrare di nuovo Michele… E’ da capodanno che non ci vediamo. Io non ho cercato lui, lui non ha cercato me. Semplice quanto doloroso. Sinceramente pensavo che sarebbe venuto a trovarmi qualche volta. Ma forse è meglio così. Ho altro a cui pensare di ben più importante. Sono due giorni che Maximilian si rifiuta di uscire dalla sua camera. Io le ho davvero provate tutte ma Maximilian è molto testardo. Almeno mi dicesse perché… potremmo trovare una soluzione. Sapermi così impotente mi fa impazzire.
Busso anche se sono ben poco speranzoso che mi risponda.

« Maximilian… per favore »

« Lasciami stare! »

« Perché ti stai comportando in questo modo? »

« … »

« Ho fatto qualcosa? … E’ colpa mia? »

« No »

« Allora dimmi cosa ti sta succedendo. Ti prego! Sono preoccupato! »

« Quante volte ti devo dire che sto bene?! »

« No! Non stai bene!! Apri la porta almeno possiamo parlarne »

Non ottengo alcuna risposta come per tutti i tentativi precedenti. Rimango comunque davanti alla porta sperando che si convinca ad uscire. Passa molto tempo senza che succeda nulla. Alla fine cedo e decido di tornare in salotto. Mi blocco al rumore della serratura che si apre.
Maximilian apre piano la porta e rimane immobile. Mi manca il fiato quando lo vedo. Sta piangendo.
Inconsciamente allungo la mano per accarezzargli la guancia. Ha la pelle ghiacciata. Appena lo tocco si irrigidisce e sembra volersi allontanare. Rattristato ritraggo la mano. Ma non dovrei stupirmi, ormai è molto tempo che non mi permette più di avvicinarmi.
Non so come cominciare. Vorrei abbracciarlo in modo che capisca che gli voglio bene. Vorrei tranquillizzarlo.
Inaspettatamente è Maximilian ad abbracciarmi prendendomi alla sprovvista. Sprofonda la faccia nel mio maglione e comincia a piangere con più intensità. Tra i singhiozzi disperato dice:

« Sono una persona orribile!! Perdonami! »

Lo abbraccio a mia volta. Gli accarezzo piano la schiena cercando di tranquillizzarlo e dico:

« Calmati! »

« Tu ti preoccupi per me e io non faccio che allontanarti … ma io non ce la faccio »

« Se mi dicessi perché potrei trovare una soluzione! So di essermi comportato in modo orribile con te ma … »

« Non è colpa tua! »

« E allora di chi? »

« Non… »

« Se non me ne parli come posso aiutarti? »

« Non puoi aiutarmi! »

« E Luca? Lui può aiutarti? Di lui ti fidi? »

« Lui … con lui riesco a trovare un po’ di serenità »

La mia stretta intorno alle sue spalle si fa più salda mentre mi chiedo se ha idea di quanto male mi faccia sentire queste parole.

« Sei arrabbiato? »

E’ ora di mostrarmi forte. Devo smetterla di pensare solamente al mio dolore. Devo farlo per Maximilian.

« … no. … Ho solo paura di perderti »

Maximilian mi risponde con un semplice sorriso, dolce e triste allo stesso tempo. Ma io lo trovo ugualmente bellissimo.


***

due giorni dopo

E’ tutta la mattina che non faccio altro che pensare a Michele senza riuscire a concentrarmi sul lavoro. Mi sento un idiota ma alla fine mi ritrovo davanti al suo ufficio con una pizza in mano. Fortunatamente non c’era più nessuno nei corridoi dato che è la pausa pranzo. Busso senza ricevere alcuna risposta. Entro ugualmente sperando che ci sia ma che non mi abbia sentito. L’ufficio però è deserto.
Lascio la pizza sulla scrivania e sprofondo nella poltrona. Speravo davvero di poter pranzare con lui.
Quanto sono stupido!! L’unica cosa che sono riuscito a pensare è che volevo vederlo senza nemmeno pensare che potesse essere andato a pranzo con qualcun’altro o peggio che non abbia voglia di vedermi. Infondo non si è fatto vivo per più di una settimana…
Cosa diavolo sto facendo? Mi sento così ridicolo! Per fortuna che Michele non è qui…
Stizzito mi alzo e faccio per andarmene. Sono ormai alla porta quando entra Michele. Insieme a lui il nuovo ingegnere che Stefano gli ha affidato. Michele si ferma stupito e con tono gentile congeda il ragazzo. Quest’ultimo mi fissa senza capire cosa stia succedendo ma presto si allontana con un sorriso di circostanza.
Sono tremendamente in imbarazzo per la situazione e perché non sono più molto convinto che sia stata una buona idea.

« Non avresti dovuto mandarlo via in quel modo »

« Perché? »

Mi chiede stupito entrando nell’ufficio e chiudendosi la porta alle spalle

« Potrebbe farsi strane idee su di noi »

« Tutti qui dentro si sono già fatti strane idee su di noi. Ma non parliamone, dai. Aspetti da tanto? »

« No »

« Sono andato a mangiare con Giacomo. Come mai sei qui? »

« Sembra ti dia fastidio »

« Ma no, affatto! Cosa ti viene in mente! »

Dice allegro e io mi sento meno stupido e triste. Michele va verso la sedia per appoggiare il capotto e vede il cartone della pizza sulla scrivania. Si volta verso di me sorpreso ma non dice nulla.

« E’ stata una pessima idea… avrei dovuto immaginare che saresti andato a mangiare… »

Dico cercando di mascherare l’imbarazzo che ha colto entrambi.

« Ammetto che non mi aspettavo una cosa simile »

Cercando di uscire da questa spiacevole situazione mi dirigo verso la porta e dico:

« E’ meglio che vada »

« Te ne vai così? E mi lasci mangiare la pizza tutta da solo? »

« Io… »

« Siediti, ti prego. »

Sono felice. A stento trattengo un sorriso mentre mi siedo. Michele apre il cartone e mi da una fetta di pizza per poi prenderne una per se cominciando a mangiare. Stupidamente dico:

« Non sei obbligato a mangiarla »

« Stai scherzando?! È la prima volta che pranzi con me volontariamente, non mi lascio scappare una simile occasione »

Rimaniamo in silenzio a lungo. E’ Michele il primo a parlare ma forse sarebbe stato meglio se fosse stato zitto.

« Qualche tempo fa ti chiesi cosa provassi per me. Non mi hai ancora risposto … »

Perché gli è tornato in mente proprio ora? Speravo se ne fosse dimenticato!
Imbarazzato tengo lo sguardo fisso sulla scrivania incapace di pensare ad una possibile risposta. Michele forse mal interpretando il mio silenzio dice:

« Mi basterebbe che non mi odiassi »

« Non ti odio affatto! »

« Bene, allora cosa ne dici di venire tu e Maximilian a mangiare da me stasera? Per ringraziarti della pizza »

« Maximilian non c’è stasera. Stefano lo accompagna ad un concerto di pianoforte »

« E tu? »

« Ho abbandonato il pianoforte »

« Volevo sapere se venivi stasera »

« Ah… beh sì, vengo! »

« Ne sono felice! »


*** ***

Quando suono al campanello Michele mi accoglie con uno splendido sorriso. Mi fa entrare in casa e dirigendosi in cucina mi dice:

« Scusa sono un po’ in ritardo con il mangiare ma mi ha telefonato mio fratello e mi ha tenuto al telefono un sacco di tempo »

« Non preoccuparti. Vuoi una mano? »

Gli dico mentre lo seguo in cucina. Non riesco ad impedirmi di guardarlo con attenzione. E’ bellissimo.

« Sì, grazie »

« Guarda che sono un disastro in cucina »

« Lo so »

Mangiamo che sono le dieci di sera. Era tutto davvero buonissimo, non certo grazie al mio contributo…
Finito di mangiare ci sediamo sul divano uno accanto all’altro. Trovando un po’ di coraggio scivolo accanto a lui e appoggio la testa sulla sua spalla. Mi sento andare a fuoco ma è una sensazione molto piacevole. Michele non dice nulla ma forse è meglio così.
Troppo stanco per le notti passate insonni mi addormento.
Quando mi sveglio sono passate un paio d’ore. Michele è addormentato accanto a me. Sembra tranquillo.
Un’idea assurda mi balena in testa. Ma il desidero di sfiorare nuovamente quelle labbra è più forte del buon senso. Con estrema delicatezza, sperando di non svegliarlo, appoggio le labbra sulle sue. Solo in quel momento mi rendo davvero conto di quanto lo desideri e di quanto abbia bisogno di lui. E’ una consapevolezza dolorosa ma che non posso ignorare.
Mi accorgo che Michele mi sta fissando solo quando mi allontano dal suo viso. Mi vergogno e vorrei andarmene ma non faccio in tempo a fare nulla che Michele mi attira verso di lui. Non ho mai provato nulla di simile. Le sue labbra si posano delicate e fresche sulle mie. Con estrema dolcezza mi lecca le labbra che dischiudo con trepidazione. Sono confuso e felice. Mi abbandono a quel bacio come non avevo mai fatto prima. In quel momento nulla ha più importanza se non il fatto di essere tra le braccia di Michele. Quando le sue labbra mi abbandonano mi sento perso. Senza pensare mi metto cavalcioni sulle sue gambe e lo bacio con desiderio.
Michele interrompe il bacio ma non per allontanarmi come ho temuto in un primo istante. Mi abbraccia quasi avesse paura che potessi fuggire e mi sussurra piano all’orecchio:

« Andiamo in camera?! »

Non rispondo nulla e mi limito a seguirlo in camera sua. Ci spogliamo in silenzio. Mi tremano le mani mentre gli tolgo i vestiti.
Mi fa stendere sul letto.
Tremo al contatto con le lenzuola.
Le sue labbra si posano delicate sulle mie quasi fossero farfalle, tanto da togliermi il respiro e farmi impazzire con solo un casto bacio.
Ancora stordito per le troppe emozioni non mi rendo subito conto del vero significato delle sue parole quando dice:

« Sii mio per questa notte »

Lo fisso stupito e sconcertato per qualche istante prima di mettermi a sedere sul letto e dire:

« Cosa? »

Michele mi fissa senza dir nulla.

« Hai almeno una vaga idea di quello che mi stai chiedendo? »

Gli dico leggermente irritato.

« Certo che lo so. »

« Perché ci tieni tanto? Per appagare il tuo orgoglio maschile? »

« Fare l’amore con una persona non è questo! Non c’entra niente l’orgoglio. E se non l’hai capito allora la tua presenza qui non ha ragione d’essere! »

« Mi stai cacciando via? »

« No »

Rimango in silenzio a lungo e alla fine, spinto più dalla paura di perderlo che da reale convinzione, dico:

« Se ci tieni così tanto d’accordo. Ma è la prima ed ultima volta »

Michele mi fissa stupito e ben poco convinto ma alla fine si decide.
Mi bacia mentre la sua mano scivola tra le mie gambe sfiorando la mia virilità e strappandomi un mugugno.
Le sue mani sfiorano la mia pelle con carezze dal calore soffocante. I suoi movimenti sono lenti, delicati, non c’è fretta o ansia nei suoi gesti, solo … solo dolcezza. Una dolcezza così intensa che mi entra dentro e mi cheta. Mi sta facendo impazzire.
Stranamente il suo comportamento, le sue mani sul corpo mi danno una sensazione di protezione… è ridicolo. Mi chiedo dove sia finito il mio orgoglio.
Si allontana e tremo. Forse se ne accorge perché rimane immobile un istante a fissarmi.
Mi sembra che i suoi occhi mi scavino nell’anima.
Volto il viso e fisso la parete, non voglio che veda nulla.
Si avventa allora sul mio collo. Mi morde piano e poi scende a baciarmi una spalla fino alla clavicola facendomi mugugnare. Incapace di rimanere ancora seduto mi abbandono sul materasso.
Il respiro mi si fa più affannoso quando per stuzzicarmi un capezzolo si stende su di me, lasciando che i nostri corpi si tocchino, facendomi così chiaramente sentire la sua eccitazione che mi preme contro la coscia.
Sussulto quando la sua gamba si fa spazio tra le mie costringendomi a divaricarle, seppur di poco. A stento trattengo un grido di sorpresa e di piacere quando la sua mano raggiunge il mio sesso e lo avvolge delicatamente, cominciando a muoversi per darmi piacere. Un piacere che presto mi toglie il respiro in un gemito strozzato mentre vengo nella sua mano bagnando i nostri corpi.
Mi lascia solo qualche istante per riprendermi dall’orgasmo, poi appoggiando le mani sulle ginocchia piegate mi divarica le gambe, inginocchiandosi poi tra esse.
Ho paura… è forse così assurdo? Forse si. Mi domando perché rimango immobile.
Poi si muove e si stende nuovamente sopra di me e stupidamente, per un istante mi illudo che ricominci a baciarmi e a toccarmi senza voler procedere oltre. Ma è solo un’illusione, la sua mano non si posa sulla mia pelle ma raggiunge il cassetto del comodino, immagino benissimo per prendere cosa.
Stringo la stoffa fresca del lenzuolo tra le dita cercando in quel gesto la forza per non alzarmi e correre via. Tutto questo è umiliante… tremendamente umiliante.
Tengo lo sguardo basso, gli occhi semi socchiusi, non voglio veda la mia vergogna che tuttavia è visibile sul mio viso arrossato tanto che mi sembra di andare a fuoco. Vorrei potergli mostrare uno sguardo orgoglioso. Vorrei poterlo ingannare e fargli capire che quello che mi sta facendo non mi tocca minimamente, che non mi vergogno, che non mi sento stupido e debole.
Lo ringrazio mentalmente quando qualche istante dopo smette quel genere di attenzioni ma gioisco per poco.
Appoggia una mano sul mio fianco mentre l’altra la appoggia sul materasso all’altezza del mio viso in modo da potersi sostenere. Ho il suo viso a pochi centimetri dal mio quando sento la punta del suo membro spingere per entrare nel mio corpo.
I miei occhi devono essere colmi di puro terrore ma fortunatamente lui non lo vede dato che tiene gli occhi chiusi forse nel tentativo di mantenere un minimo di controllo per non spingersi in me con troppa violenza.
Sono letteralmente preso dal panico, i miei muscoli sono tesi allo spasmo. Non voglio… anche se è lui, non voglio.
Chiudo gli occhi mordendomi le labbra per impedirmi di urlargli di smettere ma quando mi penetra non ho voce per urlare di dolore e mi limito a spalancare gli occhi e aprire la bocca in un grido muto.
Si ferma lasciandomi riprendere fiato poi le sue labbra calano sulle mie, una carezza leggera prima di dire con voce roca:

« Ti prego rilassati… »

Lo guardo un istante poi dischiudo le labbra tentando di chiedergli di smettere ma le parole mi muoiono in gola.

Rimane immobile, credo, aspettando che la smetta di tremare e mi tranquillizzi. Nuovamente la sua voce roca mi accarezza e giunge alla mia mente facendomi tremare:

« Stai tranquillo »

« Fa male »

La mia voce esce stranamente insicura e simile a quella di un bambino. Come ha fatto a ridurmi in questo modo?

« Lo so, ma poi passa »

Mentre mi sussurra queste parole ricomincia a muoversi, spingendosi dentro di me con delicatezza ma anche decisione.

Non è il mio corpo, ma la mia anima che sembra rompersi in mille pezzi, che grida, che geme e si abbandona… sembra quasi dissolversi nel suo calore.

Mentre raggiungiamo l’orgasmo non c’è più orgoglio o paura. Solo Michele che mi regala un piacere che non credevo possibile.
Mi regala un gemito che pudicamente ha tentato di soffocare prima di adagiarsi sul mio corpo, quasi a coccolarmi sebbene il suo corpo mi sovrasti facendomi sembrare più minuto di quello che sono in realtà.
Mi tranquillizzo appena ipnotizzato dal suo respiro che si va regolarizzandosi. Poi abbandona il mio corpo stendendosi sul letto affianco a me.
Rimaniamo entrambi immobili per qualche minuto cercando di riprenderci dall’orgasmo. Poco alla volta il piacere che ha permeato la mia mente svanisce e rimane solo la consapevolezza di quello che è accaduto. Ma diversamente da quanto avrei immaginato non c’è pentimento, c’è solo la gioia che provo nel vedere il suo sorriso felice e di quello che ho fatto per renderlo felice poco importa. Il desiderio di sentirlo vicino a me, di sentire di nuovo la sua dolcezza diventa sempre più forte. Quasi avesse capito mi abbraccia e comincia ad accarezzarmi la schiena. La tensione svanisce e presto mi addormento con il viso appoggiato sul suo petto e il braccio che gli avvolge la vita con fare possessivo.


(Michele)

Entro in camera cercando di non fare troppo rumore. Joel è ancora addormentato avvolto dal piumone. E’ una situazione decisamente strana e inconsueta. Mi siedo sul letto accanto a lui rimanendo stupidamente a fissarlo. Lo scuoto piano anche se non vorrei che si svegliasse. Sembra tranquillo e rilassato come non l’avevo mai visto.
Apre piano gli occhi stropicciandoseli teneramente con una mano.

« Che ore sono? »

« Sono le sette e mezza. »

« Cosa? Faremo tardi al lavoro »

« Dormivi così bene… »

Gli sorrido leggermente imbarazzato

« Se fosse per me rimarrei volentieri a letto »

Si mette a sedere e si stiracchia sbadigliando. Mi sorride timidamente e io vorrei baciarlo di nuovo, toccare nuovamente la sua pelle morbida come velluto. E certo averlo a pochi centimetri da me completamente nudo coperto appena dal piumone non mi aiuta. Mi alzo dicendo:

« Mentre ti vesti ti preparo un caffè »

Non aspetto una sua risposta e mi dirigo verso la cucina. Joel fa capolino nella stanza dopo circa un quarto d’ora.

« Prima di andare al lavoro vorrei passare a casa per salutare Maximilian. Mi aspetti così facciamo la strada insieme? »

« Certo »

Mi regala uno splendido sorriso prima di bere il caffè tutto d’un sorso. E correre su per le scale fino al loro appartamento.

 


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