Buio
- l'oscurità
d'animi erranti -
capitolo
XVI
di
ki-chan
( Joël )
Sento bussare alla porta della mia camera ma non me ne curo. Quando
Stefano apre la porta ed entra io sono seduto sul letto con sparsi
accanto a me alcuni album e alcune fotografie. Queste ultime sono
disseminate sulla trapunta e sul pavimento. Sono seduto dando le
spalle alla porta ma non mi giro nemmeno, ignorandolo, continuando
a fissare le pagine dell'album che tengo tra le mani. Dopo qualche
istante di silenzio mi saluta cercando la mia attenzione. Non gli
rispondo rimanendo ostinatamente voltato e girando nervosamente
le pagine.
Quando ricomincia a parlare il suo tono è più duro
ma stranamente preoccupato ... forse pensa che sia impazzito del
tutto.
" Joël, cosa
ti prende? È una settimana che non ti presenti al lavoro
e non rispondi al telefono ... ti sembra un comportamento accettabile?
"
Continuando a rimanere
voltato gli rispondo annoiato:
" Sono io il proprietario!
Credevo di poter fare quello che volevo senza dover dare spiegazioni
... tanto meno a un mio dipendente! ... forse mi sbagliavo ... "
" Sono qui solo
come amico, non come tuo 'dipendente' "
A quel punto mi volto
e lo guardo fisso negl'occhi. Il suo viso si addolcisce lasciando
spazio solo alla preoccupazione quando vede il mio volto pallido
e le occhiaie profonde che mi conferiscono l'aspetto di un malato.
La mia voce si incrina irritata e stanca
" Amico? Il miglior
amico di mio padre ... amico molto intimo! Mi sono chiesto a lungo
perché non avesse lasciato a te la guida della società,
in fin dei conti solo ufficialmente mio padre era a capo della ditta,
in pratica lo eravate entrambi ... "
" Così avevamo
deciso. Se lui avesse smesso di guidare la società per qualsiasi
motivo tu avresti preso il suo posto "
" E se l'avessi
smesso tu? "
" Avrebbe preso
il mio posto Michele "
Non faccio in tempo a
stupirmi della sua affermazione che Stefano dice un cosa che mi
lascia senza parole:
" A proposito di
Michele, cos'è accaduto tra voi? "
Non gli rispondo, non
saprei cosa ribattere e non me la sento di mentirgli. Rimaniamo
in silenzio qualche minuto poi il suo sguardo si ferma su una foto
appoggiata sul letto proprio di fronte a me. Allunga la mano prendendola.
I suoi occhi si fanno più tristi mentre la mano gli trema
leggermente. La foto ritrae lui e mio padre quando erano giovani.
La mia voce esce stranamente fredda e dura dalle mia labbra tanto
da stupire anche Stefano, o forse le mie parole lo feriscono?
" Sai mi sono chiesto
molto in questi giorni perché mio padre avesse tante foto
di voi due ... ho frugato in ogni angolo del suo studio ma ho trovato
solamente questi album ... qualche foto del matrimonio, nemmeno
molte a dir la verità e basta e poi solo foto di voi due
... perché? Perché non ci sono altre foto? Io e Maximilian
non ci siamo e nemmeno nostra madre ... cosa eravamo per lui? O
forse meglio è dire: eravamo qualcosa per lui? Voglio saperlo
... ho bisogno di sapere chi era mio padre e sei l'unico che può
dirmelo, siete amici da anni, amanti e cos'altro? "
" Perché
vuoi saperlo? Non hai più parlato di tuo padre da quando
è morto e ora all'improvviso ti interessi a lui? Perché?
"
" Non conosco mio
padre "
" Devi essere sincero
con me se vuoi che io sia altrettanto con te! "
" Odio mio padre
... per le stesse ragioni per cui un bambino può odiare suo
padre. Ragioni stupide, forse egoistiche. Lo detestavo. Da quando
è morta mia madre e lui non ha versato nemmeno una lacrima
per lei ... perché si è dimenticato di noi. Ha lasciato
me e Maximilian da soli. Mi ha sempre osteggiato. Perché
esisteva solamente il lavoro. Per lui non valevo niente e non ero
niente. Cosa avrei dato per un suo segno d'affetto. Per questo ero
geloso di Michele. E sai ora perché lo odio? Perché
è morto lasciandomi in questa merda e perché anche
ora mi continua a perseguitare ... però ... però anche
considerando tutto questo gli volevo bene e lo ammiravo. Mi rendo
conto ora però che la persona con cui ho vissuto per ventisei
anni in realtà non è la persona che pensavo di conoscere
"
" Perché
lo stai chiedendo a me? "
" Voglio conoscerlo
attraverso gli occhi della persona che riusciva a tirar fuori la
parte migliore di lui. Quando stava con te diventava un'altra persona
e aveva sempre un sorriso così dolce "
Mi fissa un istante.
Abbassa velocemente lo sguardo chiudendo gli occhi. Quando li riapre
sul suo volto appare un ghigno ironico, di scherno forse, ma non
rivolto a me, ma a lui. La sua voce è dura.
" Non mentirmi.
Vorresti forse farmi credere che pur sapendo ... o meglio immaginando
quello che c'era tra me e tuo padre, non mi hai mai disprezzato
e considerato il pervertito che ha rubato tuo padre a te e alla
tua famiglia? "
" Non ti sto mentendo
e ... e non so cosa ho pensato di te quando me l'hai detto. O meglio,
non ho pensato nulla. Niente fino ad ora. Ma non è te che
disprezzo, è mio padre che pur essendo sposato ha ... ...
ha fatto quello che ha fatto "
" Non credo di essere
la persona più adatta per parlarti di lui "
" Perché
sei così restio a parlarne? "
" Tu hai perso un
padre che non conoscevi. Io ho perso un amico, la persona che ho
amato fin da quando ero ragazzo. Parlare di lui mi fa soffrire.
Inoltre, ci sono cose di tuo padre che non ti farà piacere
sapere, alcune che non spetta a me dirtele ed altre ancora che è
giusto che tu non sappia mai.
Non voglio mentirti. Tuo padre non era un Santo!
Vuoi ugualmente che te ne parli? Sei davvero pronto per sapere quello
che era tuo padre e quello che c'era tra noi? Sei abbastanza maturo
da capirlo e soprattutto accettarlo? "
" Non sono più un bambino, dovresti conoscermi ormai
dato che mi hai visto crescere "
" Sei cambiato molto
da quando è morto tuo padre! "
" Si, un anno è
lungo. Mi domando perché in tutto questo tempo tu non sia
più venuto da noi. Prima eri qui quasi tutti i giorni. Ci
eri sempre accanto. Sapevamo che qualsiasi cosa avessimo bisogno
tu ci saresti stato. Su nostro padre non potevamo contare ma almeno
su di te sì. Ci hai fatto da padre. Quando eravamo piccoli
ci portavi a scuola, giocavi con noi e ci ascoltavi. Mi hai anche
accompagnato a scegliere il pianoforte... quella volta ti ho trascinato
in giro per tre giorni. Sembrava ci volessi bene eppure non ti sei
fatto più vedere. Sono dovuto sparire per una settimana per
farti rimettere piede in questa casa.
Perché? Spiegamelo perché non lo capisco proprio "
Alle mie parole segue
un lungo silenzio che non riesco a interpretare. Vorrei scoprire
cosa celano quegli occhi scuri. Vorrei sapere la verità ma
forse ha ragione lui. Forse ci sono cose che non accetterò,
cose che non capirò ma ho bisogno di sapere. Mi sembra d'impazzire.
Quando Stefano mi risponde la sua voce mi sembra più stanca,
il suo viso sembra più vecchio.
" Non avevo più
motivo per venire da voi "
A quelle parole il respiro
mi si blocca in gola. Mi sembra di soffocare per la rabbia e la
delusione. La mia voce si arrochisce tentando di trattenere le lacrime
e la rabbia. Il mio tono tuttavia è calmo, tagliente forse,
tanto che le mie stesse parole mi feriscono.
" Motivo? Maximilian
ed io non siamo un motivo sufficiente? ... - involontariamente alzo
la voce - Venivi solamente per scoparti nostro padre allora! "
" No! Non era questo
che intendevo "
" Cosa volevi dire
allora? "
" Vi voglio bene
come se foste miei figli e proprio per questo mi sembra di tradirvi
quando vengo da voi. Mi sembra di prendermi gioco di voi venendo
qui, facendo finta di nulla, fare il bravo amico di famiglia quando
in realtà ero l'amante di vostro padre "
" L'unico motivo
per cui venivi allora era davvero solo mio padre "
" Si ... ... Negli
ultimi anni si ubriacava spesso, perdeva il controllo facilmente
e diventava violento ... non mi fidavo a lasciarvi soli con lui
"
( Stefano )
Distoglie finalmente
lo sguardo dal pavimento e mi fissa in silenzio per un tempo che
mi sembra infinito. Riesco a leggere nei suoi occhi così
chiaramente le sue emozioni che mi spaventano e mi fanno pentire
di avergli parlato con tanta franchezza. Mi sembra di soffocare
mentre vedo nei suoi occhi la l'incredulità e la paura nel
credere alle mie parole, il bisogno disperato che sia solo una menzogna.
Quanto vorrei che sia così, vorrei potergli dire che suo
padre era la persona migliore del mondo ... vorrei che lo fosse
stato.
Improvvisamente i suoi occhi si fanno più grandi, solo un
istante, il suo viso si corruga in una smorfia di sofferenza e con
voce quasi tremante dice più a se stesso che a me:
" Oddio ... quei
lividi, te li faceva lui ... ... non ... "
" Non facevano poi
così male, ero più grande di lui. Ma non oso immaginare
cosa sarebbe accaduto se avesse picchiato te o Maximilian "
" ... "
" Capisci ora perché
non voglio parlartene? Non voglio farti soffrire oltre! "
" Non ha importanza
... ti prego parlami di voi "
Comincio a raccontare senza accorgermene e senza nemmeno volerlo.
Eppure i ricordi si trasformano in parole così velocemente
da non essere nemmeno in grado di interrompermi e soprattutto senza
rendermi conto della follia che sto facendo perché so che
mi pentirò, so che cambieranno troppe cose. Tuttavia la mia
voce esce stanca ma decisa, al contempo dolorosa e salvifica.
" Ci siamo conosciuti
al liceo. Un collegio per figli di papà e una delle migliori
scuole della zona. Io ci entrai grazie a una borsa di studio poiché
i miei genitori erano di umili origini. Conobbi tuo padre quando
ero in terza. Mi mancava il compagno di stanza e mi fu assegnato
tuo padre. Facevamo davvero una bella coppia. Io lo straccione,
lui il primino arrogante e senza rispetto. Lo odiai subito. Non
sopportavo la sua arroganza, la sua invadenza e l'orgoglio spropositato.
In compenso lui mi fece una corte spietata già dal primo
giorno. Non fraintendermi, non si comportò come una ragazzina
innamorata, anzi, è entrato nella mia vita con violenza,
facendomi capire quali fossero i suoi sentimenti con forza e rabbia.
Non mi perdeva d'occhio un minuto quasi volesse farmi capire che
ero una sua proprietà. Mi rese la vita un inferno, in quello
era molto bravo. Ero convito che in lui non ci fosse nulla di buono
e cercai in tutti i modi d'allontanarlo. Una notte però mi
svegliai e lo trovai in lacrime, esausto nel suo letto. Cercai di
calmarlo, passammo la notte a parlare e mi resi conto di quanto
mi fossi sbagliato su di lui. Credo di essermi innamorato di lui
proprio quella notte anche se non volevo ammetterlo. La mattina
seguente ovviamente era tornato tutto come prima. Le cose tra noi
non cambiarono fino all'estate del mio ultimo anno. Terminati gli
esami di maturità dovevo tornare a casa. L'ultima notte ...
"
Mi interrompo arrossendo
involontariamente e cercando le parole più adatte per spiegare
quello che accadde ... quello che mi cambiò la vita.
" beh ... diciamo
che mi salutò in un modo inconsueto. Passammo insieme quell'estate
e anche le successive. Eravamo inseparabili e ... e ... innamorati
- mi interrompo un attimo per vedere la reazione di Joël, preoccupato
che sia infastidito da questa parole, ma non traspare nulla dal
suo viso stanco e attento - All'università scegliemmo facoltà
differenti ma andammo a vivere insieme in un appartamento vicino
all'università. Ovviamente, come amici ufficialmente. Gli
amici e i nostri genitori non sapevano nulla della nostra relazione
anche se, forse, qualcosa sospettavano, soprattutto i tuoi nonni.
Anche per questo tua nonna, quando Pietro finì l'università,
cominciò a parlare di matrimonio. Gli scelse una fidanzata
che fosse alla sua altezza, soprattutto per quanto riguarda il patrimonio
familiare. Tuo padre non si oppose e in breve tempo organizzarono
le nozze."
" Mia madre?! Quindi
non ... non l'amava? "
" Non so se con
il tempo si innamorò di lei. Non ho mai avuto il coraggio
di chiederglielo "
" E tu? Cosa hai
fatto? "
" Decisi di partire
approfittando di un'offerta di lavoro in un'altra città "
" Te ne sei andato
così senza far nulla? "
" Tuo padre aveva
bisogno di una famiglia e di soldi ... io non ero in grado di dargli
nessuno dei due. Ho preferito andarmene, sperando di farmene una
ragione e sopratutto di dimenticarmi di lui "
" Perché
aveva bisogno di queste due cose? "
" E' difficile vivere
nell'alta società senza di esse. Tanto più se ami
un altro uomo! "
" E mio padre? Cosa
ha fatto? "
" Nulla. Mi ha lasciato
partire, dicendomi anzi che era la cosa migliore. Dopo qualche anno
tornai qui a Milano convinto che tuo padre ormai fosse solo un ricordo
del passato. Dopo qualche mese tuo padre venne da me e mi propose
di cominciare un'attività insieme. Non so nemmeno per quale
motivo accettai, forse solo per dimostrare a lui e a me stesso di
non provare più nulla. Il lavoro andava bene e passavamo
sempre più tempo insieme. Dal lavoro passammo alla vita privata
e cominciai a frequentare casa vostra. Tua madre era sempre molto
gentile e si preoccupava molto per me.
Poi una sera uscimmo solo io e tuo padre perché tu avevi
la febbre, avrai avuto cinque o sei anni, e tua madre rimase con
te e ... non so nemmeno come è cominciata, Pietro mi ha baciato
e non sono riuscito a respingerlo e così è accaduto
anche le volte successive ... non so quanto sapesse tua madre di
noi. "
Rimango in silenzio,
non ho più voglia di raccontare perché i ricordi del
periodo successivo sono ancora troppo dolorosi e perché dovrei
dire cose che Joël non è ancora pronto a sapere e probabilmente
non lo sarà mai, ma certamente in questo momento non sarebbe
in grado di sopportarlo.
Lo guardo a lungo, studiando l'espressione di stanchezza e di sofferenza
che è malamente celata dalla sua espressione dura e attenta.
Mi domando quale sia la causa, ma forse la risposta è fin
troppo ovvia e certamente non l'ho aiutato abbandonandolo e lasciando
che si facesse carico da solo di una situazione troppo grande di
lui. È la sua voce a distrarmi dalle mie riflessioni:
" Poi cosa accadde?
"
" Per questa volta
possiamo fermaci qui "
" Continua per favore
"
" Non me lo chiedere
"
Sembra deluso ma accetta
il mio diniego. Il silenzio cala stranamente tranquillo tra noi
e ci avvolge quasi protettivo. Mi nutro di questo silenzio cercando
in esso una tranquillità che i ricordi mi hanno bruscamente
portato via. Attendo che Joël si cheti a sua volta anche se
sembra così impossibile...
Alla fine, tuttavia, sono costretto a parlare e a chiedere qualcosa
che lo farà soffrire o forse lo libererà da un peso.
Perché forse non è troppo tardi. Un anno è
lungo. Un anno di solitudine. Ma vorrei aiutarlo, riavvicinandomi
a lui, lasciandomi accettare da lui.
Forse, passo dopo passo, potrei riacquistare quello che per colpa
della mia stupidità ho perso.
Il loro affetto.
Per assurdo, l'unica cosa che mi faceva tornare qui ogni giorno
e quello che mi tenuto lontano per tanto tempo.
I figli che non ho mai avuto e che non avrei mai potuto avere. Due
bambini bellissimi che ho visto crescere e che nella loro ingenuità
mi hanno voluto bene. E che ho abbandonato per i sensi di colpa,
non verso me stesso o verso Pietro, ma verso di loro e verso la
loro madre.
Quando Pietro è morto mi sono reso conto di quanta ipocrisia
ci fosse dietro i miei gesti e su quante illusioni abbia costruito
la mia vita.
" Perché
tutta quest'ossessione per tuo padre? Così all'improvviso
... "
(Joël)
Rimango in silenzio cercando
di trovare il modo migliore per cominciare e soprattutto per capire
esattamente cosa rispondergli. Cosa dovrei dire? Per colpa di Michele,
di Maximillian o solamente per colpa mia? Come posso spiegare il
filo che mi lega a mio padre, filo sottilissimo che si è
ingarbugliato attorno a me e che ha cominciato a stringersi e a
farmi soffocare? Come posso davvero dirgli che non ho mai voluto
sapere nulla di lui perché avevo paura, paura di sapere,
paura di mio padre, ma soprattutto di essere come lui? Quello che
è successo con Michele, il mio comportamento, mi ha fatto
riflettere scoprendo questa mia paura che mi tormenta da quando
sono piccolo, da quando mi ribellavo, gridando a me stesso di non
essere come lui, ma ora ... ora devo sapere, capire. Ma questo non
posso dirglielo. Come non posso dirgli le infinite cose che vorrei
dirgli.
Vorrei troppe cose, vorrei poter tornare indietro ... ma soprattutto
vorrei dirgli che gli voglio bene e chiedergli di aiutarmi come
ha sempre fatto. Infondo è tutta colpa mia, negli ultimi
anni ho cercato di allontanarmi da mio padre e questo non ha portato
altro che farmi allontanare da Stefano.
Vorrei svegliarmi una mattina e scoprire che è solo un brutto
sogno ... vorrei troppe cose. Sono solo uno stupido. Ai bambini
è permesso sognare, alle persone che hanno una vita è
permesso illudersi ... a me è stato tolto anche questo.
All'improvviso sento un qualcosa di grande e caldo tra i miei capelli.
Strappato dai miei pensieri mi accorgo che Stefano è davanti
a me mentre dolce mi accarezza la testa. Soffoco a stento un singulto
che quella dolcezza mi ha fatto nascere all'improvviso. Stringo
gli occhi con forza sperando di nascondere gli occhi lucidi dovuti
al suo gesto. Ora riconosco l'uomo che mi ha cresciuto offuscando
così l'immagine di quell'uomo che tanto mi ha deluso e spaventato
quella sera in autogrill. Improvvisa mi nasce la domanda che senza
accorgermene gli pongo:
" Se quella sera
nell'autogrill io avessi accettato la tua proposta ... ... Cosa
avresti fatto? "
" Nulla, forse ti
avrei seguito fino alla porta dei bagni ma certo non l'avrei superata!
... non finirò mai di pentirmi e maledirmi per quello che
ho detto ... non so cosa mi sia preso, ti prego solo di scusarmi
"
" Mi hai spaventato!
Insomma era da tanto tempo che non parlavamo più, a parte
il lavoro e poi così all'improvviso mi dici una cosa simile
... ho creduto che l'unica persona, a parte mio fratello, di cui
potevo fidarmi era in realtà solo una mia illusione "
Ho temuto che l'uomo
serio e autoritario che avevo conosciuto, che la persona dolce e
protettiva che mi aveva fatto da padre in realtà non era
mai esistita; ma vi era solo un uomo, un semplice e comunissimo
uomo che nulla aveva se non difetti. Ho avuto paura di aver perso
anche lui. Perché, anche se da qualche anno ci comportiamo
come estranei io gli voglio bene e mi fido di lui. Anche il giorno
del funerale di mio padre, non mi ha detto nulla ma il suo abbraccio
stretto davanti alla bara di un uomo che detestavo e a cui allo
stesso tempo volevo bene ha chetato il mio animo.
" Mi chiedi perché
m'interesso così tanto a mio padre ... perché, mio
malgrado, le cose più importanti che ho in questo momento
sono legate in qualche modo a mio padre ... ma ... ma sto perdendo
tutto ... tutto quello che mi era rimasto. "
Faccio una breve pausa
perché mi sembra così faticoso parlare, così
difficile decidere ciò che è giusto dire e cosa sarebbe
meglio non rivelare mai a nessuno, così doloroso mettere
ordine in pensieri e in sentimenti che per così tanto tempo
ho cercato di ignorare, di credere che non fossero davvero importanti
quando in realtà sono la chiave di tutto ... o forse sono
davvero nulla, ma sono diventati troppo tormentati per essere ancora
nascosti. Ed è così che comincio un discorso che forse
è assurdo e senza senso per Stefano ma per me ha una logica
inattaccabile. Comincio da un argomento che apparentemente non vi
è ragione per essere trattato ma che è parte di me.
" Ho avuto una relazione
che è durata due anni ... in realtà non era una relazione
... era ... non so cos'era, forse non era nulla, solo un mio capriccio.
È cominciato tutto per il mio desiderio di vendetta. Volevo
far soffrire lui e mio padre e sono riuscito a far soffrire solo
Michele con l'unico risultato di scoprire che forse non avrei voluto
fargli così tanto del male. Mio padre lo adorava e lui amava
Maximilian. Mio padre lo trattava come un figlio ed io ero geloso
di questo ma, adesso non so più se ero infuriato perché
Michele era più importante di me agli occhi di mio padre
o se quello che mi dava davvero fastidio era che qualcuno potesse
guardare in quel modo Michele. So come è cominciata e perché
è finita ma non riesco a capire tutto quello che c'è
stato in mezzo. "
" Ne sei innamorato?
"
" No! ... non può
essere ... non di lui ... però ho bisogno che lui mi ami,
anche se i fatti hanno dimostrato che non è così!
"
" Perché
hai bisogno del suo amore? "
" Se mi ama, non
se n'andrà mai ... non mi farà soffrire e ... e dipenderà
da me ... "
" Sei ancora molto
ingenuo in fatto d'amore "
A quella frase per un
breve istante mi sento avvampare e mi sembra di rivederlo mentre
parlava con me, ancora bambino, con quel sorriso dolce e comprensivo
che è in grado di far sembrare ogni cosa qualcosa di poco
conto. Ma allo stesso tempo non riesco a cogliere il vero significato
di quelle parole. Vorrei chiederglielo ma lui mi precede con un'altra
domanda che non mi aspettavo e che mi fa male al petto.
" Parlami di Maximilian
... cosa sta succedendo fra voi? "
" A ... a cosa ti
riferisci? "
" Siete così
distanti e freddi l'uno con l'altro "
" E' colpa mia ...
non riesco più a stragli vicino come una volta, sono capace
solo di trattarlo male ... è che vederlo così mi fa
impazzire, vedere come è diventato fragile e triste. Il suo
sorriso e i suoi occhi sempre allegri, in qualsiasi situazione,
mi mancano. Non riesco a guardarlo ora, pensando come era prima,
pieno di vita."
" Forse anche quella
era solo un illusione ... "
" Perché?
Cosa sai che io non so "
" ... nulla "
(Maximilian)
Mi chiedo cosa sia successo
di così grave per farlo tornare qui dopo così tanto
tempo. Ma soprattutto mi chiedo perché non sia più
venuto. Forse per causa mia, forse perché lui sa tutto ...
ha capito tutto e la mia vista lo ripugna e lo fa soffrire. Come
dargli torto ... eppure io speravo che ... non so nemmeno io cosa
speravo.
Però ho paura che lo dica a mio fratello, in quel caso sarebbe
stato tutto inutile, anche se sta diventando un peso troppo grosso
per me.
È proprio questa paura a condurmi fino alla porta della stanza
di Joël. Non so se la porta è aperta oppure no, ma riesco
ugualmente a sentire il loro discorso. Mi sento in colpa per rimanere
nascosto dietro la parete, ascoltando quello che non avrei mai voluto
sentire. La voce di Joël mi giunge un po' confusa ma ugualmente
riesco a capire quando dice:
" Mi fa paura ...
anzi ho paura quando Maximilian parla di voler morire perché
non so cosa fare per impedirglielo. A volte dice che sarebbe dovuto
morire con nostro padre e non ho il coraggio dirgli che senza di
lui non saprei cosa fare.
Mi fa già abbastanza soffrire pensare alla morte di mio padre
perché in fin dei conti gli volevo bene e non volevo morisse.
Speravo cambiasse, ma così ... così è ancora
peggio ... "
Mi sento mancare a quelle
parole. Come posso non desiderare la morte dopo quello che ho fatto?!
Lui stesso vorrebbe che io fossi morto con nostro padre se solo
sapesse ... se solo immaginasse. Come posso stargli accanto, come
posso non sentirmi morire ogni volta che ha un gesto d'affetto nei
miei confronti?!
Sì ... vorrei essere morto. E ora più che mai, adesso
che so di aver fatto soffrire mio fratello, adesso, che anche respirare
mi fa male, che solo pensare mi fa impazzire ... ora che sono solo
l'ombra sbiadita di un uomo, o forse lo sono sempre stato.
Mi allontano, tremando, senza pensare, solo con la voce di Joël
in testa mentre pronuncia quelle parole.
(Stefano)
Joël s'interrompe
bruscamente guardando preoccupato la porta alle mie spalle. Mi volto
a mia volta e vedo Maximilian allontanarsi, faccio per raggiungerlo
quando Joël mi ferma, trattenendomi per un braccio. La sua
presa e leggere, insicura forse. Mi volto nuovamente verso di lui
per capire e lui allenta la presa senza tuttavia lasciarmi il braccio,
ma ora vi sembra aggrappato mentre tiene gli occhi bassi. Io taccio
aspettando una sua spiegazione o anche una sua qualsiasi reazione
che si fa attendere ma poi con voce bassa mi dice :
" Io ... io ho bisogno
che tu gli stia vicino. Non sono in grado di fargli da padre e forse
nemmeno da fratello. Lui ha bisogno di qualcuno. ... ... ti prego
"
Immagino quanta fatica
debba aver fatto per dirmi una cosa simile, quanto debba aver lottato
con il suo orgoglio per chiedere aiuto. Sono contento che lui l'abbia
fatto ma anche preoccupato per lui.
Gli chiedo semplicemente:
" E tu? "
" Me la so avare
anche da solo, male forse ma me la cavo. Lui ... forse con te si
confiderà "
" Non preoccuparti
"
Dico semplicemente, prima
che la stretta si sciolga. Un sorriso e mi allontano, dirigendomi
verso Maximilian.
Lo raggiungo che è
in piedi, immobile al centro della cucina. Trema stringendosi le
braccia attorno al petto. Gli occhi chiarissimi, senza più
espressione, fissi chissà dove. Si morde un labbro fino a
farne uscire i sangue che gli tinge appena le labbra creando tuttavia
un duro contrasto con la pelle chiarissima ora quasi cadaverica
per l'eccessivo pallore. Capisco ora la paura di Joël, il non
sapere cosa fare e la consapevolezza che il non far nulla peggiorerà
solamente le cose. Paura e orrore per quell'uomo che ho amato e
per quello che è riuscito a fare a suo figlio.
Mi avvicino a lui appoggiandogli piano la mano sulla spalla, ma
non sembra essersene minimamente accorto. Lo chiamo piano, ma sembra
in un altro mondo eppure al suono della mia voce sembra allentare
la stretta delle braccia. Singhiozzo profondi fanno sussultare il
fragile e già tremante corpo di Maximilian. Lo abbraccio
piano, quasi timoroso. Le lacrime muoiono sul mio petto assorbite
dalla lana del mio maglione.
È tra le lacrime che con la voce rotta dai singulti mi dice:
" È colpa
mia! Solo colpa mia se state soffrendo tanto ... "
" Non è colpa
tua! Non puoi pensare una cosa simile! "
Si allontana dal mio
petto e con impeto e dolore mi dice:
" Tu non sai la
verità ... non tutta almeno! "
" La immagino ...
"
" Allora come fai
a non odiarmi? A non essere disgustato da me? "
" È colpa
mia! Avrei dovuto capire prima e non dovevo essere così ingenuo
da pensare che non l'avrebbe rifatto! "
" Non ... "
" Shh ..."
Lo faccio tacere appoggiandogli
un dito sulle labbra, innaturalmente fredde, ben sapendo cosa vorrebbe
dire ma non ha più molta importanza.
Gli accarezzo piano i
capelli mentre sprofonda nuovamente nel mio abbraccio e ricomincia
a piangere. Quando sembra essersi tranquillizzato sciolgo la presa
attorno alle sue spalle e ci sediamo al tavolo.
Ora sembra più tranquillo eppure qualcosa sembra tormentarlo
poiché con ansia si mordicchia il labbro già a lungo
maltrattato.
Mi sporgo verso di lui e appoggiandogli due dita sotto il mento
lo costringo a sollevare il viso e, mentre gli tampono il taglio
sul labbro con uno straccio bagnato, gli chiedo:
" C'è ancora
qualcosa che mi devi dire vero? "
Lui rimane in silenzio
ancora qualche istante, quasi titubante, ma poi mi chiede:
" Hai detto ...
Hai detto a Joël qualcosa riguardo quello che mi faceva? "
" No. Non ti preoccupare,
non ho intenzione di farlo. Spetta a te decidere come e quando."
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