Buio
parte
XII
di
ki-chan
( Michele )
Sono ore ormai che siamo seduti sul divano a parlare di
tutto e di niente. Ma in fondo non ha molta importanza
cosa ci diciamo. Mi ero dimenticato quanto fosse dolce la
sua voce e quanto fosse piacevole parlare con lui ... mi
ero scordato cosa volesse dire parlare liberamente
sapendo che le tue parole verranno accettate senza
ostilità, essere tranquillo che non vi sarà nessuna
lite per sciocchezze.
Eppure, sebbene sia tranquillo e felice, non riesco a non
preoccuparmi del calore che la sua presenza m'infonde,
mescolato ad una nostalgia amara.
Non posso evitare di pensare quanto sia bello il suo
sorriso, di quanto sia familiare per me quella strana
curva che assumono le sue labbra e soprattutto di quanto
mi sia mancato, solo ora me ne rendo conto, dopo anni
passati a ridurlo a semplici ricordi, perché fa parte di
un capitolo ormai chiuso della mia vita, sebbene lui sia
l'unico elemento positivo di quel passato troppo doloroso
e fortunatamente lontano.
Il mio sguardo cade sulla valigia lasciata all'ingresso.
L'ho convinto a rimanere a casa mia per qualche giorno
invece che andar in albergo ma ora mi chiedo se sia
davvero la cosa migliore.
Improvvisamente la sua voce mi scuote dal filo dei miei
pensieri:
" Ma mi stai ascoltando?? "
Gli rivolgo lo sguardo e mi rendo conto di essermi perso
l'ultima parte del suo discorso travolto dai pensieri e
dai ricordi. Lo guardo dispiaciuto e gli chiedo scusa.
Scherzosamente mette il broncio che tuttavia dura poco.
Infatti, data l'ora mi chiede cosa facciamo per pranzo.
Solo in quel momento mi rendo conto che Joël e
Maximilian sarebbero venuti a pranzo da me. Glielo dico e
gli chiedo se può aspettarmi, che sarei andato da loro a
dire di non venire. Ma Damiano mi dice:
" Ma dai, non è un problema se mangiamo tutti
insieme! Oppure ti vergogni di me ...? Di la verità, non
vuoi far sapere che hai come amico un pazzo come il
sottoscritto ... "
" In effetti, n'andrebbe della mia immagine! "
gli rispondo senza trattenere le risate, lui si unisce a
me ma ben presto torna serio e dice:
" In fin dei conti accanto a te ho sempre fatto
brutta figura ... "
" Che cretinate vai dicendo? "
" La verità, lo sai anche tu. Tutti avevano occhi
solo per te e io ero solo il casinista che ti stava
accanto "
Lo guardo stupito e addolorato ma presto la sua
espressione e le sue parole mi addolciscono.
" Non fare quella faccia! Per me non è mai stato un
peso, l'unica cosa che contava era starti accanto! "
" Sai bene che la tua presenza mi era
indispensabile! "
" Lo so! Peccato che poi tu ti sia dimenticato di me
... ci fosse stata una volta che hai preso il telefono e
mi hai chiamato ... certo se fossi venuto a Bergamo a
trovarmi mi avrebbe fatto molto piacere ma mi
accontentavo anche di una telefonata!! "
Il suo tono è tornato scherzoso anche se so bene che non
sta affatto scherzando ... ha ragione, ma non potevo
andare da lui, faceva troppo male perché
involontariamente Damiano mi ricorda quello che è
successo con mio padre ... ho cercato per molto tempo di
dimenticare il suo comportamento e il trattamento che mi
ha riservato e quando alla fine l'ho accettato era troppo
tardi per farmi vivo con Damiano.
Io non ho il coraggio di rispondergli e Damiano
probabilmente capisce il motivo della mia esitazione o
forse percepisce solo il mio disagio e con il tatto che
lo ha sempre contraddistinto decide di cambiare argomento
vertendo su qualcosa di molto più banale e meno
doloroso, il cibo.
*** ***
Quando suona il campanello io sono ricoperto di farina e
di salsa di pomodoro, ma quello che mi consola è che
anche Damiano è nelle mie stesse condizioni. La cucina
è un vero disastro ma in compenso non riusciamo più a
smettere di ridere.
Quando mi si è avvicinato minaccioso con la mano sporca
del sugo che stavamo preparando per il pranzo e mi ha
accarezzato sporcandomi la guancia, mi è sembrato di
tornare indietro di anni.
Non ho saputo resistere e ho risposto al suo attacco,
scatenando un lotta che è terminata solo al suono del
campanello. Il risultato è di fronte ai miei occhi, la
cucina è un campo di battaglia, ma l'effetto è
soprattutto la felicità che provo.
Sono felice come non mi accadeva da tempo.
Così mi accorgo che è da molto tempo che non vivo più
... che ho rinunciato a vivere, illudendomi di non poter
avere nulla di più dalla vita ... senza lottare.
(Joël)
Ci apre la porta un ragazzo che non ho mai visto. Rimango
immobile un po' stupito chiedendomi chi sia. Ci accoglie
con un caldo sorriso e poi ci dice d'entrare. Faccio
qualche passo all'interno dell'appartamento trascinandomi
dietro Maximilian, quando ci raggiunge anche Michele che
sorridendo dice:
" Vi presento Damiano, è un mio vecchio amico ...
starà qualche giorno a Milano così mi è venuto a
trovare "
Damiano allora mi porge la mano in segno di saluto. Io
gliela stringo senza troppo entusiasmo presentandomi come
è buona educazione. Lui sembra rimanere male per la mia
freddezza ma è solo un istante e, riacquistando il
sorriso, si rivolge a Maximilian che è rimasto accanto a
me forse un po' sperduto.
Il ragazzo porge anche a lui la mano che tuttavia rimane
sospesa in aria qualche istante, in cui nessuno ha il
coraggio di dire nulla. Michele ed io ci guardiamo senza
saper cosa dire.
Damiano allora ritrae un po' imbarazzato la mano
accorgendosi della cecità di mio fratello. Io non sono
capace di dire nulla troppo confuso dall'immagine di mio
fratello, quasi quell'immagine mi avesse posto di fronte
all'evidenza ... non riesco ancora ad evitarmi di fuggire
dalla condizione di mio fratello. Per questo motivo
quella mano tesa è ancora più dolorosa per me.
È Michele a parlare e di questo lo ringrazio perché la
mia voce non sarebbe ferma.
" Lui è suo fratello, Maximilian "
Damiano allora lo saluta regalandogli un sorriso, peccato
che Maximilian non lo possa vedere. Maximilian lo saluta
a sua volta con un timido sussurro che mi fa crescere nel
cuore una strana ansia ... sembra si stia allontanando
sempre di più dal mondo che lo circonda, rifugiandosi in
chissà quali pensieri.
Io e mio fratello ci sediamo a tavola mentre Michele va
in cucina e Damiano a pulirsi dalla farina di cui è
sporco ovunque. Quando ci raggiunge si è sciolto i
capelli che ora ricadono morbidi sulle spalle, simili a
sottilissimi fili d'oro. Mentre fa passare dietro
l'orecchio una ciocca ribelle mi sembra di rivedere
Maximilian prima dell'incidente. Non che fisicamente gli
somigli molto a parte i capelli e gli occhi chiarissimi,
ma è il suo modo di fare gentile che è del tutto simile
a quello di mio fratello.
Il cuore mi si contrae dolorosamente per la nostalgia.
Cominciamo a parlare sebbene la mia mente è intrappolata
nel passato.
Non sono molto interessato alla conversazione e lui
sembra accorgersene, ma meglio che il silenzio.
Alla fine ci raggiunge anche Michele e quello che mi
colpisce immediatamente è la loro grande sintonia.
Continuo a dirmi che è normale tra due amici ma non
riesco ad evitare che mi dia fastidio, forse sono geloso
del loro rapporto, forse vorrei esserci io al posto di
Damiano ... sinceramente non so, anche se quest'idea mi
sembra tanto assurda che mi viene quasi da ridere.
(Michele)
Abbiamo quasi terminato il pranzo quando Damiano
ricordando i vecchi tempi dice:
" Ma ti ricordi quando quel poliziotto ci ha beccati
a fare l'amore in macchina? "
lo guardo un po' stupito. Certo mi dovevo aspettare che
prima o poi sarebbe saltato fuori che Damiano è stato il
mio ragazzo per parecchi anni ma stupidamente speravo che
Joël lo sapesse in un altro modo ... forse meno
esplicito. Il mio sguardo si volge subito verso Joël
curioso di vedere la sua reazione.
Nessuna, come mi aspettavo ... o forse no ...
Damiano forse accorgendosi del mio comportamento o
semplicemente non ottenendo da me nessuna risposta, un
po' imbarazzato dice:
" Forse questo non dovevo dirlo ... "
Mi viene da sorridere alla sua espressione ingenuamente
preoccupata e poi tranquillamente gli dico:
" Non è assolutamente un problema ... e comunque me
lo ricordo molto bene ... non mi sono mai vergognato
tanto "
*** ***
Joël e Maximilian se ne vanno molto presto. Joël non ha
più detto una parola da quando ha saputo che Damiano ed
io siamo stati insieme ... forse dovevo aspettarmelo, ma
non sono affatto pentito, anzi sono contento che lo
sappia ... non mi vergogno per la relazione che ho avuto
con Damiano e gli voglio molto bene sebbene ora solo come
un fratello. Solamente mi chiedo perché tutto debba
complicarsi ... tutto deve sfiorare l'assurdità ed
essere tanto doloroso da togliere il respiro.
Vorrei saperlo perché non credo di poterlo sopportare
ancora a lungo.
Damiano mi appoggia la mano sulla spalla riportandomi
alla realtà. Lo guardo negli occhi, ora dolcissimi,
mentre mi accorgo di essere rimasto a fissare la porta da
dove sono usciti per parecchi minuti.
Io gli sorrido per rassicurarlo, ma lui di riflesso
abbassa lo sguardo e timidamente mi dice:
" Scusa per prima ... io non pensavo che ti desse
fastidio far sapere che ero il tuo ragazzo ... non ho
pensato che magari loro non sapevano che tu fossi gay
"
Lo guardo un po' stupito ... poi il mio sorriso si fa
più dolce e mi affretto a chiarire il malinteso.
" Per favore smettila di scusarti, sanno che sono
gay, ormai non ho più grandi problemi a riguardo! E
comunque non mi vergogno di aver avuto come ragazzo una
persona speciale come te "
Lui arrossisce e mi dice di piantarla di dire
stupidaggini, cercando poi di cambiare argomento. I
complimenti lo hanno sempre messo a disagio e mi sono
sempre chiesto come questo fosse possibile, un ragazzo
come lui dovrebbe essere abituato ai complimenti.
( Maximilian )
Torniamo a casa, la porta sbatte alle spalle di mio
fratello. Posso chiaramente sentire il suo nervosismo ma
non riesco a capirne il motivo.
Non dice nulla e va in camera sua. Mi siedo sperduto sul
divano del salotto deserto, avvolto solo dal rumore dei
tasti della tastiera del computer che invade frenetico la
mia mente.
Infine ho deciso di partire ... sono giorni che non
faccio altro che pensare.
La mia decisione l'ho presa, andare in Francia da nostra
zia. Però forse sarebbe più corretto dire che i sensi
di colpa mi costringono ad allontanarmi da mio fratello.
Io sono sicuro della mia decisione e sono convinto che
Joël ne sarà felice ma non so essere contento di
questo.
Ho bisogno di lui ma allo stesso tempo non posso stargli
accanto perché la sua voce è una pugnalata per me.
È una tortura quando è gentile come quando non lo è.
Senza rendersene conto mi ricorda ogni istante la mia
colpa ... mi rammenta quanto sarebbe stato facile morire
con mio padre ... sarebbe stato giusto così ... per
tutti.
Un singhiozzo sfugge la mio controllo, solo uno...
Mi alzo e raggiungo la sua camera per parlargli della mia
decisione, combattuto tra l'agitazione e l'angoscia
dell'attesa e la paura della sua reazione.
Mi fermo sulla soglia della camera di Joël, mi appoggio
allo stipite, mi aggrappo quasi perché la mia sicurezza
è andata scemando, passo dopo passo.
La voce insicura esce dalle mie labbra solo grazie ad una
forza che io stesso non credevo di possedere ... forse è
solo quella della disperazione.
" Joël ... "
Non risponde continuando a lavorare la computer, tuttavia
decido di continuare ugualmente.
" Ho pensato che potrei andare dalla zia ... "
Segue qualche istante di silenzio per me quasi
insopportabile poi mi risponde
" Beh è molto che non andiamo a trovarla ... però
non so quando avrò tempo per andarci, ho molto lavoro lo
sai "
" Non credo tu abbia capito ... - esito qualche
istante, ma poi riprendo più sicuro per quanto possibile
- vorrei andare a vivere là! "
" No! "
" Perché? "
Chiedo stupito, ma la sua risposta è solo un'altra
domanda. La sua voce è tesa ma sento tristezza nelle sue
parole e questo mi disorienta.
" Perché vuoi andartene? "
" Tu non mi vuoi ... ... e io non ci resisto più!
"
Faccio qualche passo verso di lui rimanendo immobile al
centro della stanza.
" Non dire stupidaggini! "
La sua voce è irritata ma anche dolce.
" Sarei dovuto morire con nostro padre "
Un sussurro ... solo un pensiero che è diventato voce
senza che me ne accorgessi. Tuttavia non faccio in tempo
a rendermene conto che uno schiaffo improvviso mi
colpisce la guancia.
Barcollo un istante per la sorpresa e un attimo dopo mi
sento perso.
" Non dire mai più una cosa simile! ... come puoi
desiderare davvero di morire? "
Dischiudo le labbra nel vano tentativo di rispondere
qualcosa ma non ho né voce né parole.
" Sei l'unica famiglia che mi è rimasta ... non
voglio perderti! "
Per la seconda volta tento di parlare, ma nulla esce
dalla mia bocca, solo singhiozzi che non tento nemmeno di
trattenere mentre le lacrime mi bagnano il viso.
Non riesco a dirgli la verità, non posso dirgli che è
colpa mia.
Mi odio per la mia debolezza, mi detesto perché non
faccio che mentirgli.
Non merito queste parole, non merito il suo affetto
perché è solo colpa mia ... per tutto ... per quello
che la sua vita è diventata ... se ha dovuto rinunciare
a tutto ... ai suoi sogni, al pianoforte ...
Ma come posso dirglielo?!
Mi stringe tra le braccia, scosso dai singhiozzi mi
abbandono a lui. Mi accarezza piano i capelli,
tranquillizzandomi. Poi mi dice piano nell'orecchio:
" Perdonami se ti tratto male! "
Poi aggiunge:
" Non te ne andare ... per favore "
Io non posso che cedere alla sua richiesta, come ho
sempre fatto.
Mi sta ancora stringendo a sé quando suona il telefono.
Inizialmente Joël sembra non volersi allontanare ma alla
fine il suo calore mi abbandona e rimango a lungo
immobile al centro dalla stanza ancora troppo confuso per
quello che è appena accaduto.
*** ***
( Michele )
È ormai sera quando stanchi ci mettiamo sul divano dopo
una lunga passeggiata e dopo aver risistemato tutta la
cucina. Non abbiamo fatto altro che parlare dei vecchi
tempi, Damiano mi ha ricordato cose che ormai avevo
dimenticato, per alcune era molto meglio così, troppo
imbarazzanti.
Sta di fatto che ci ritroviamo sul divano a ridere come
matti e io non mi ricordo nemmeno il motivo. Quando le
risa cessano il silenzio scende tra di noi. Uno strano
silenzio, una calma rassicurante, quasi familiare, che
non ha nulla a che vedere con il silenzio della casa
vuota che sento quando mi sveglio nel cuore della notte.
Non mi accorgo nemmeno che Damiano si è avvicinato a me.
Mi accorgo dei suoi movimenti solo quando il suo viso non
è molto lontano dal mio.
Mi perdo in quei pozzi grigi che sono i suoi occhi , in
grado di far riaffiorare in me ricordi dolci e
malinconici capaci di farmi perdere la cognizione di me
stesso.
Le sue labbra sfiorano le mie leggere e bollenti. Io suo
profumo familiare mi invade facendomi quasi girare la
testa tanto sono violenti i ricordi che porta con se.
Con la lingua mi accarezza le labbra che si dischiudono
senza opporre resistenza.
Vorrei che il tempo si fermasse ora, mentre sono avvolto
dalla sua dolcezza e la mia anima ha cessato per un
istante di gridare il suo dolore.
Ma ben presto mi rendo conto che tutto questo è
impossibile ... una dolce illusione di felicità. Io non
sono più quello di cinque anni fa ... che io non posso
più amarlo ... posso solo amare i ricordi di noi due
insieme.
Lo allontano dolcemente.
Dopo il primo momento di incertezza sembra capire, senza
che io dica nulla, come sempre.
" Scusa! "
" Chi è? ... Joël non è vero? "
Lo dice tranquillamente, con il sorriso sulle labbra. Io
annuisco appena.
" Da quanto state insieme? "
" Non stiamo insieme, andiamo solo a letto insieme!
"
" Non sembri molto felice ... "
Io mi limito a non rispondergli, non saprei nemmeno cosa
rispondergli e non me la sento di mentirgli. Ottenendo
solamente il silenzio, intuisce forse la risposta e
ricomincia a parlare:
" Allora perché vai a letto con lui? "
Sembra quasi infastidito, solo una lieve inflessione
della voce ma che io percepisco chiaramente anche se non
ne comprendo il motivo. La mia risposta non si fa
attendere a lungo e le mie parole lo stupiscono o forse
è solamente il tono che ho usato. Non riesco a
nascondere la sofferenza per questo rapporto, non con lui
e ormai non più nemmeno con me stesso.
" E' l'unico legame che ho e che posso avere con
Joël ... non mi permetterebbe mai di avvicinarmi a lui
come amico, tanto meno come amante "
Lui mi scruta qualche istante con lo sguardo severo che
sento penetrare dolorosamente dentro di me e io non posso
fare altro che abbassare lo sguardo vergognandomi di
quello che potrebbe vedere. Joël è riuscito molto bene
nel suo scopo ... umiliarmi fino a farmi vergognare di me
... so bene che tutto quello che ha fatto aveva questo
scopo, l'ho sempre saputo eppure forse speravo di poterlo
ignorare, fino ad ora.
Mi scuote dai mie pensieri con una domanda che mi lascia
senza parole e lui sapeva benissimo quale sarebbe stato
l'effetto delle sue parole
" Lo ami almeno? "
Non credo di conoscere la risposta alla sua domanda, non
l'ho mai saputa e nemmeno cercata ma ora più che mai non
sono in grado di dargli una risposta ... ora che con il
suo arrivo mi ha prepotentemente riportato alla mente
ciò che vuol dire amare e la dolcezza dell'essere amati.
" Ma scusa, chi è che ha fatto il primo passo?
"
" Lui ... mi ha sbattuto sul divano e ha fatto ciò
che voleva ... beh più o meno come tutte le altre volte
"
Non so nemmeno perché glielo dico, lui un po' stupito mi
chiede:
" Perché non l'hai fermato? Sei più forte di lui,
avresti potuto "
" Non ... Aveva uno sguardo così perso e disperato
... sembrava avesse bisogno di farlo "
Appena smetto di parlare mi sento terribilmente stupido e
probabilmente lo sono. Solo uno stupido sopporterebbe una
simile situazione e solo uno ancora più stupido lo
andrebbe a raccontare in giro.
" Sai ... - comincia un po' titubante - non pensavo
avresti potuto lasciarti fare una cosa del genere da
qualcun altro oltre a Gabriele ... "
" Con mio fratello è stato diverso ... "
" Joël lo sa? "
" Cosa? "
" Quello che è successo con Gabriele? "
" No. Sarebbe inutile dirglielo "
" Perché? "
" Joël non sa nulla di me. A lui non interessa
saperlo e a me dirlo. E poi è una cosa passata, ormai
non ha più importanza "
" Ne sei sicuro? "
No, ma ora non posso pensare anche a mio fratello. Eppure
questo non posso dirglielo, ennesima conferma che ha
ragione lui.
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