scusate tantissimo per il ritardo ma ormai avrete
capito che sono una lumaca a scrivere^^' spero vi piaccia, ditemi che ne pensate
e magari il prossimo lo posto un pochettino prima^^
... che ricatto subdolo vero??!! a parte gli scherzi mi fa sempre piacere ricevere commenti.
un bacione
ki
Buio
di
Ki-chan
Capitolo IX
( Joël )
Lunedì - Avignone
Cammino velocemente lungo i corridoi senza nemmeno guardarmi in giro, l’unica cosa che m’interessa ora è
uscire di qui.
Sono furioso, non sono certo venuto fino ad Avignone per essere trattato come un bamboccio da quattro
cretini che baciavano la terra dove mio padre camminava.
Con passo spedito raggiungo l’atrio dove la ragazza alla reception mi saluta con un italiano impacciato.
Io non gli rispondo, non mi volto nemmeno e continuo verso le grandi porte a vetro che si aprono
automaticamente per farmi uscire.
Il parcheggio non è molto distante. Fisso senza interesse la ghiaia bianca che scricchiola sotto il
mio passo deciso.
Mi fermo di fronte alla macchina e mi volto verso l’uomo che mi accompagna che mi dice:
« Sei sicuro di volerti mettere subito in viaggio? Potremmo passare la notte in albergo e partire domani
mattina con più calma … »
« No, voglio tornare a casa al più presto! »
Gli rispondo deciso mentre mi siedo in macchina e aspetto che lui faccia lo stesso.
Esita un istante prima di mettere in moto, ma appena incontra il mio sguardo furente decide di partire.
Il silenzio cala pesante tra me e l’uomo seduto al posto di guida, lui era il braccio destro di mio padre
e anche suo ottimo amico. Mio padre si fidava ciecamente di lui e io non posso che fare altrimenti,
ora ho troppi problemi per pensare anche a lui.
Appoggio la testa e mi stendo sullo schienale tentando di alleviare la tensione accumulata durante la
riunione. Infine mi volto per guardare fuori dal finestrino alla ricerca di un po’ di pace mentre mi
perdo a seguire le linee sinuose della pianura illuminata dal sole che sta tramontando.
Poi la voce del mio accompagnatore mi distoglie e io ritorno a guardarlo.
Si volta appena un istante verso di me e mi guarda dolcemente prima di ritornare a guardare la strada e
dire:
« Non devi prendertela. Non è una tragedia, abbiamo molti altri clienti »
« Quello che io non capisco è il perché. Proprio loro. Sai benissimo anche tu quanti software che valevano
due lire mio padre gli ha rifilato a prezzi esorbitanti. Poi tutto d’un colpo non sono più
interessati ai nostri prodotti??!! Hanno scisso il contratto con noi solo perché ora sono io il capo
dell’azienda! »
« Tuo padre era molto abile a trattare. Di software però non ci capiva nulla »
Ride appena perso nel ricordo di mio padre, il suo volto si addolcisce, poi ricomincia a parlare:
« Sei ancora all’inizio, è normale che sia difficile, lo è stato anche per tuo padre ma sono convinto che
diventerai abile come lui! »
« Quello che mi fa davvero arrabbiare è il modo in cui mi hanno trattato. Mi hanno ignorato quasi non
esistessi nemmeno e poi hanno anche avuto il coraggio di dirmi che ‘ loro con i bambini non lavorano ’ … … e
dire che io non avrei nemmeno dovuto trovarmi in
questa situazione! »
Già … la direzione della azienda non doveva essere ceduta a me … mio padre stava solo aspettando di
trovare un buon successore, forse lo stesso Michele.
Io avrei dovuto diventare musicista, ma infondo mi sarebbe andata bene qualsiasi altra cosa, ma non
questo! Però non ho altra scelta, come pianista non potrei certo mantenere me e Maximilian. Alla fine ha
vinto mio padre … dopo lunghissime discussioni si era finalmente rassegnato che non avrei preso in mano la
sua azienda … se solo penso a quanti scontri abbiamo avuto perché volevo iscrivermi al conservatorio … ma
che cosa serve pensarci, le cose non cambieranno … e anche il pianoforte ormai non lo riesco più a suonare
da mesi.
Lui non ribatte e io mi volto nuovamente verso il finestrino appoggiando la testa al vetro e
rabbrividendo al contatto con la superficie fredda.
Accende l’autoradio e la musica si diffonde lieve con melodie dolci e io mi incanto ad ascoltare fino a che
la canzone non cessa improvvisamente e la voce del dj invade violenta la mia mente.
Mi scuoto appena nel vano tentativo di scacciare la stanchezza mentre affondo maggiormente nello
schienale. In lontananza vedo brillare nel buio della
notte le mille luci di una città e lentamente chiudo gli occhi abbandonandomi ad un sonno agitato che non
fa altro che aumentare l’angoscia annidata nel mio petto da quando sono partito questa mattina.
°°° °°°
( Maximilian )
La porta d’entrata si apre e riconosco immediatamente Michele ancor prima che mi saluti.
Si toglie il cappotto e mi raggiunge, mi scompiglia dolcemente i capelli e si siede accanto a me
stiracchiandosi appena, stanco dopo la giornata di lavoro. Allungo la mano sul divano e involontariamente
sfioro la sua. Al contatto con la pelle gelata rabbrividisco e gli chiedo:
« Fa molto freddo fuori? »
« Sì, e per giunta c’è anche la nebbia … il tempo da lupi che adoro »
Aspetta qualche istante e poi aggiunge:
« Avrai fame, vado subito a preparare qualcosa »
Si alza e va in cucina lasciandomi da solo sul divano.
Decido di seguirlo. Ci metto qualche istante ad orientarmi ma alla fine lo raggiungo. Mi fermo quando
la mia mano protesa in avanti raggiunge il tavolo
della cucina. Cerco la sedia e mi siedo mentre sento il rumore delle pentole. Quando il rumore cessa gli
chiedo cosa sta preparando e lui scherzosamente si rifiuta di rispondermi e continua a preparare.
Dopo qualche istante mi dice:
« Scusa se sono tornato tardi »
« Non ti preoccupare … hai avuto qualche problema al lavoro? »
« Abbiamo avuto qualche problema con un software che abbiamo venduto e metterlo a posto sembra più
complicato del previsto … però non dire nulla a tuo fratello, che se sa che sono arrivato tardi
lasciandoti solo, mi picchia! »
Lo dice ridendo anche se credo che Joël ne sarebbe capace. Da quella notte in cui me ne sono andato è
diventato più apprensivo, il suo comportamento nei miei confronti è cambiato anche se mi tratta male lo
vedo che si preoccupa, non dovrebbe però, è inutile!
Sorridendo divertito per il tono con cui ha parlato, mi affretto a rassicurarlo:
« Non dovete preoccuparvi per me, la nostra vicina è una signora dolcissima, viene a trovarmi ogni due ore
assicurandosi che io stia bene e spesso sta qui un po’ a parlare. È davvero gentilissima, a mezzogiorno mi
porta sempre da mangiare … per giunta cose buonissime! Vi preoccupate tutti troppo per me! »
Parlo cercando di celare la tristezza perché anche se tutti si preoccupano nessuno è in grado di aiutarmi
veramente e forse non voglio nemmeno che qualcuno mi aiuti. Preferisco soffrire da solo piuttosto che far
sapere la verità agli altri e in particolare a Joël … sarebbe stupido dirgli ora la verità dopo quello che
ho fatto … infondo l’ho fatto anche per lui, o forse no?? Forse l’ho fatto solamente per me stesso … per
paura, per vergogna o chissà cosa …
Il nostro discorso viene interrotto bruscamente dal suono acuto del telefono. Michele va a rispondere in
salotto ma dopo poco ritorna in cucina con il cordless e dandomelo mi dice:
« È Luca »
A quel nome mi sento tremare … sono felice ma ho paura, la stessa paura che ho provato ieri quando ho
risentito la sua voce dopo quella sera … paura di affezionarmi a lui e tuttavia di doverlo allontanare
come ho fatto con tutti i miei amici o peggio dover mentire e fingere come faccio con mio fratello e
Michele.
Dopo un attimo di esitazione porto la cornetta all’orecchio e con voce insicura dico:
« Pronto? »
« Ciao piccolo, come va? »
« B … bene … »
« Sei sicuro?? Hai una voce … non dirmi che quel cattivone di Michele ha attentato al tuo onore? »
Arrossisco involontariamente e cerco in qualche modo di negare le sue insinuazioni assurde, assicurandolo
che sto benissimo, anche se per un istante, seppur breve, il mio cuore ha gridato dal dolore provocato
dall’ennesima menzogna. Sarebbe così semplice dire la
verità e allo stesso tempo così dannatamente difficile perché se permettessi a qualcuno di scorgere anche
solo per un istante la mia anima, non sarei più capace di nascondere l’oscurità che avvinghia il mio essere,
così simile al buio che mi circonda a causa della mia cecità.
« Non ti aspettavi che chiamassi vero? Spero non ti dia troppo fastidio sentirmi »
« No, anzi, mi fa molto piacere! »
« Bene! … … sai ho passato tutto il giorno a pensare ad una scusa per poterti chiamare, però non ne ho
trovata nessuna … La verità che vorrei conoscerti meglio … »
« Perché? »
« Perché voglio diventare tuo amico! … adoro i cuccioli smarriti come te »
Per un istante mi sento perso sentendo le sue parole dette con tanta naturalezza e tenerezza.
In fondo speravo mi chiamasse, da quando ieri al parco gli ho dato il mio numero. Credo sia dovuto al fatto
che la sua voce è sempre dolce e profonda … infondo l’unica cosa che riesco a percepire di lui è la voce,
non so nemmeno quale sia il suo aspetto, il colore dei suoi capelli, la forma delle sue labbra … e non potrò
mai vederlo, solo crearmi una sbiadita immagine,
sfuggevole i cui contorni si perdono nel buio.
La sua voce mi accarezza, mi coccola a lungo rendendo meno assordanti le grida del mio cuore.
Parla a lungo, io mi limito ad ascoltarlo rispondendo di tanto in tanto alle sue domande. Poi mi saluta
chiedendomi se può chiamarmi anche domani. Gli rispondo istintivamente di sì ma quando la
comunicazione si interrompe come uno schiaffo mi percuote la consapevolezza che non è stata una buona
idea.
Appoggio il telefono sul tavolo e cerco Michele invano, la stanza è deserta. Lo chiamo un po’
titubante ma non ottengo nessuna risposta. Incerto mi muovo a tentoni verso il salotto ma involontariamente
urto con la mano qualcosa che cade per terra. Mi
inginocchio per cercare l’oggetto che è caduto. Lo cerco disperatamente facendo scorrere le mani sulle
piastrelle. Mi fermo quando sotto le dita sento dei
piccoli granellini, probabilmente sale grosso. Faccio un lungo respiro per cercare di cacciare la rabbia …
sono stufo di tutto questo, urtare continuamente contro gli oggetti, impiegare molto tempo per cose
semplici come spostarsi da una stanza all’altra, aver sempre bisogno di qualcuno … … tutti dicono che con il
tempo mi abituerò ma una persona come può abituarsi a
non vedere? Come può una persona non sentirsi persa quando solo il nero la circonda?
°°° °°°
(Michele)
Dopo mangiato ci sediamo sul divano entrambi molto stanchi. Mi lascio sprofondare nella stoffa soffice,
socchiudo gli occhi e il mio respiro si fa lieve dimenticandomi per un istante tutto ciò che mi
circonda e perdendo cognizione anche di me stesso, un istante solo eppure così necessario per non impazzire,
per poter sostenere la realtà, poterla fronteggiare a viso aperto celando le ferite e la stanchezza.
Poi il mio sguardo scivola sul corpo minuto di Maximilian seduto accanto a me. La testa leggermente
reclinata, le mani posate delicatamente in grembo gli occhi fissi su un qualcosa che non può vedere.
Indifeso, fragile, certo, ma a volte penso che possegga una forza incredibile.
Accendo la radio e quando mi siedo nuovamente sul divano Maximilian si corica appoggiando la testa sulla
mia gamba. Lento gli sfioro i capelli con le dita con movimenti ritmici quando mi dice:
« Non parli mai di te. Com’è la tua famiglia?? »
Mi parla con dolcezza e la sua voce sembra perdersi nei meandri del suo pensiero. Io mi stupisco della sua
domanda ed esito un istante a rispondere perché vi sono così tante cose della mia famiglia che dovrei
raccontare ma che non posso fare senza soffrire. Gli
rispondo senza mentire ma senza nemmeno dirgli la verità :
« Una normale famiglia … nulla di speciale »
« Deve essere bello avere una famiglia normale »
La sua voce si fa triste pronunciando una semplice constatazione ma dolorosa per entrambi. La mia mano si
ferma un istante titubante, come la mia voce :
« sì … credo di sì »
Forse sono l’ultima persona a cui chiedere una cosa simile … credo sia bello avere una famiglia, vorrei
poterlo dire per esperienza personale … ma in fondo la mia famiglia “normale”, così almeno la giudicavano
tutti, cosa mi ha riserbato??!! Un porta chiusa,
insulti e solitudine … rabbia, rancore e tristezza così profonda da togliermi perfino il respiro.
°°° °°°
( Joël )
Lentamente riemergo dal sonno senza riuscire tuttavia a liberarmi dal torpore. Ho la mente offuscata da
troppi pensieri eppure un’unica idea chiara mi percuote … voglio tornare a casa, da loro … non ne
conosco il motivo eppure questa distanza mi crea un dolore quasi fisico.
Mi stiracchio lentamente quando l’uomo accanto a me dice:
« Ben svegliato! »
« Dove siamo?? »
« Abbiamo appena passato Torino … al prossimo Autogrill mi fermo così magari mangiamo qualcosa. »
Accetto volentieri la proposta perché comincio a sentire i morsi della fame, credo sia normale dato che
sono già le undici di sera.
L’autogrill non è molto distante. Raggiungiamo il ristorante e ci sediamo in un piccolo
tavolo tranquillo, accanto alla grande vetrata da cui possiamo vedere le macchine percorrere l’autostrada
che corre sotto di noi.
Finito di mangiare mi alzo dal tavolo dicendo che dovevo andare al bagno. L’uomo posa la mano sulla mia
ancora appoggiata sul tavolo e con voce bassa ma
sicura mi dice:
« Vuoi che ti accompagni? »
Lo fisso qualche istante non lasciando trapelare dal mio viso nessuna emozione, sebbene il suo
comportamento mi stupisca e mi lasci interdetto. Mi sforzo di vedere nelle sue parole un diverso
significato da quello che immediatamente gli ho dato.
Rimango immobile a fissarlo non perché non sia sicuro della risposta ma semplicemente nel vano tentativo di
scorgere nel suo sguardo qualcosa che mi aiuti a decifrare le sue parole. Lo trovo ma quello che vedo è
solo desiderio e nostalgia. Mi viene quasi da ridere eppure la mia voce è priva di ogni inflessione mentre
gli rispondo un no … un semplice no, nulla di più
perché non vi è nulla da aggiungere.
Al suono della mia voce allontana la sua mano dalla mia e per questo io lo ringrazio, la sua espressione
non cambia.
Io mi allontano sentendo chiaramente il suo sguardo accarezzarmi la schiena
Quando ritorno al tavolo lui sta mescolando lentamente il caffè assorto in chissà quali pensieri.
Mentre mi sto sedendo alza la testa e posa lo sguardo su di me sorridendo appena. Poi mi indica una tazzina
posta di fronte a me e dice :
« Mi sono permesso di ordinare una tazza anche per te,
spero non ti dispiacia »
« No, affatto »
« Volevo scusarmi con te per prima, sono stato uno stupido, perdonami, semplicemente ho pensato di
poterlo rivedere in te »
« A chi ti riferisci? »
« … … a tuo padre »
« Cosa vorresti dire con questo? »
« A tuo padre piaceva andare con gli uomini … »
« E veniva con te? »
« Anche »
« Ne sembri dispiaciuto »
« Del fatto che vedesse altri uomini oltre a me?! Sì!»
« Tuo padre non era il santo che tutti pensavano … …in ogni caso molti gli volevano bene »
Rimango in silenzio cercando di afferrare a pieno il significato delle sue parole. Come se mi rifiutassi di
vedere in faccia alla realtà che queste parole mi mettono di fronte. Mio padre non era per me certo un
idolo da seguire ma lo rispettavo.
Forse preoccupato dal mio silenzio con tono dolce si rivolge nuovamente a me dicendo:
« Forse non avrei dovuto dirtelo, perdonami »
Poso nuovamente lo sguardo su di lui e con voce incredibilmente calma gli chiedo:
« Lo faceva anche quando mia madre era ancora in vita?»
Spalanca gli occhi non aspettandosi una simile domanda da parte mia. Poi distoglie lo sguardo dal mio senza
trovare il coraggio di rispondermi.
« È un sì?! »
« Sì »
Prendo la tazzina tra le mani e lentamente bevo il caffè mentre il silenzio cala pesante tra di noi.
Non ho voglia di parlare ora e nemmeno di pensare.
*** ***
Sembravamo non arrivare mai, alla fine eccomi di fronte al porta di casa. Cerco le chiavi nella borsa
ma mi sento stranamente agitato. Improvvisante, mentre sto per inserire le chiavi nella serratura, l’idea che
Michele e Maximilian potrebbero essere a letto insieme mi terrorizza. In fin dei conti non è un’idea così
assurda, Michele lo ama, è probabile che voglia fare l’amore con lui … magari anche mentre è a letto con
me pensa a lui.
Questo pensiero mi fa stare male più di quanto potessi mai immaginare.
Non sono più sicuro di voler aprire quella porta.
Non voglio scoprire se i miei pensieri sono solo stupide paranoie oppure è la verità.
Fisso immobile la porta poi faccio qualche passo per raggiungere le scale alle mie spalle e mi siedo sul
primo gradino senza mai distogliere lo sguardo dalla porta.
È pur vero che a Maximilian piacciono le ragazze … però è sempre così felice quando c’è Michele...
Rimango immobile sugli scalini per un tempo indecifrabile fino a che esausto non mi decido ad
entrare.
Titubante apro la porta, l’appartamento è immerso nel silenzio e nel buio, solo il battito frenetico del mio
cuore mi rimbomba nelle orecchie mentre mentalmente mi do dello stupido.
Appoggio la valigetta all’entrata e mi dirigo verso la camera di mio fratello trovandolo solo nel grande
letto. Così addormentato mi sembra un bambino. Non voglio svegliarlo così vado verso la mia camera
chiedendomi dove sia Michele.
Lo trovo rannicchiato in un angolo del mio letto ancora vestito. I primi bottoni della camicia
slacciati, gli occhiali e la cravatta abbandonati poco distante sul materasso, i capelli arruffati. Dorme su
un lato con il viso rivolto verso la porta dove io sono rimasto immobile a fissarlo e a chiedermi cosa
provo realmente per lui. Invidia … rancore e forse anche odio perché è sempre così dannatamente perfetto
in tutto, perché ama mio fratello … ma questo certo non spiega perché vorrei coricarmi accanto a lui e
dormire sapendo di averlo vicino.
Quasi seccato ed irritato dei miei stessi pensieri mi tolgo il cappotto e la giacca. La cravatta e la
cintura cadono per terra affianco alle scarpe. Ma mentre gli passo accanto lo vedo tremare così prendo
la trapunta ripiegata sulla sedia e lo copro.
Ancora vestito mi corico accanto a lui coprendomi a mia volta con la trapunta. Rimango fermo qualche
istante poi non so per quale motivo mi avvicino a lui fino a che la mia schiena non tocca il suo petto e le
nostre gambe si sfiorano. Evidentemente l’ho svegliato
perché si agita nel sonno un istante prima di aprire gli occhi e riconoscermi. Con la coda dell’occhio vedo
lo nell’oscurità sorridere prima di cingermi la vita con il braccio. Io non mi muovo, non lo respingo come
forse lui si aspettava, e scivolo nel sonno esausto.
Continua...
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