Buio

parte V

di Ki-chan


 

( Michele )

 

Sono ormai tre giorni che Maximilian e Joël sono a letto malati o meglio, Maximilian è a letto, Joël era stoicamente in piedi già il secondo giorno. Se almeno stesse buono a letto mi creerebbe meno problemi. Non solo devo prendermi cura di entrambi ma devo anche impedire a quel pazzo di uscire in pieno inverno con la febbre alta. Oggi comunque sembra stia meglio, non so se è un bene o meno.

Sto tornando dal lavoro e sebbene faccia molto freddo, faccio un paio di fermate di tram a piedi, anche perché a quest’ora sarà praticamente impossibile salire da tanta gente c’è.

Mi stringo nel cappotto lungo mentre passo accanto alle vetrine luminose in cui stanno cominciando ad apparire i primi addobbi natalizi. Anche le luminarie nelle strade sono già state posizionate da qualche giorno sebbene non sia ancora arrivato Dicembre, ma in fondo è bello così … camminare tra mille luci che attribuiscono un fascino dolce e nostalgico a questa città sempre in movimento, sempre affannata e caotica, eppure anche con tutti i difetti che ha io la amo e non potrei mai lasciarla.

Sono quasi arrivato a casa quando passo di fronte ad un fioraio. Mi fermo qualche istante ad osservare i mazzi colorati. Sto per riprendere a camminare ma esito qualche istante.

Compro un mazzo di fiori, sicuramente farà molto piacere a Maximilian ricevere dei fiori.

 Sto per andarmene quando scorgo nell’angolo un bellissimo mazzo di rose rosso scuro. Le compro senza esitare.

Sono nell’ascensore quando mi fermo ad osservare i due mazzi di fiori. Sono uno stupido a pensare che a Joël possa far piacere il mazzo di rose, probabilmente me le tirerà dietro, almeno potevo scegliere dei fiori senza spine.

Sono di fronte alla loro porta e sono sempre più convinto che l’idea dei fiori sia stata pessima, ma in fondo sarebbe stupido non darglieli dopo aver speso i soldi.

Forse dovrei suonare, infondo non è casa mia, però se stanno dormendo mi dispiacerebbe svegliarli. Tiro fuori le chiavi e apro la porta.

 

 

( Joël )

 

Sono contento che Francesco sia venuto. Non lo aspettavo ma in fondo è stata una bella sorpresa.

Ci sediamo sul divano e gli chiedo se vuole qualcosa.

Lui mi risponde come sempre un ‘tu’ che ormai mi aspetto e forse desidero. Io scuoto sconsolato la testa mentre si alza e comincia a baciarmi il collo scostando con la mano il lembo di pigiama.

Con la coda dell’occhio vedo la porta d’entrata aprirsi e istintivamente faccio per allontanare Francesco da me come se fossi stato scoperto con l’amante … come se io dovessi dare spiegazioni del mio comportamento a Michele che ora è immobile sulla soglia.

Francesco si allontana leggermente e vedo Michele fare qualche passo dentro la sala e appoggiare dei fiori sul piccolo tavolino all’entrata.

La sua voce mi sembra più fredda del solito e questo mi fa tremare.

 

« Sono solo passato per portare un mazzo di fiori a Maximilian! … Ci vediamo domani! »

 

Non mi lascia il tempo di rispondere che già se ne sta andando. Mi sembra che abbia sbattuto la porta ma forse sono solamente i miei sensi di colpa a farmi vedere cose che non sono. Infondo perché dovrebbe essersi arrabbiato, le cose tra noi sono chiare, eppure so benissimo che lui non andrebbe mai con un altro, è forse questo a farmi sentire in colpa.

 

Mi volto verso Francesco che mentre io fissavo un po’ sconsolato la porta si è seduto nuovamente sul divano. Il suo viso è illuminato da un sorriso e non so perché ma mi irrita, conoscendo fin troppo bene il significato di quell’espressione. Mentre mi siedo sul divano accanto a lui mi dice:

 

« E’ lui Michele? »

 

Annuisco mentre lui si avvicina di nuovo a me e comincia a togliermi la casacca del pigiama. Io lo lascio fare, ma quando ormai è arrivato ai pantaloni lo allontano e mi alzo dal divano dicendo:

 

« Scusa ma non ne ho più voglia, mi è venuto mal di testa! »

 

Lui ride divertito, si alza e raggiunge il tavolino con i fiori, poi dice:

 

« Mal di testa? Secondo me ti sei innamorato! »

 

« Che cavolate vai dicendo!? »

 

« Mah! Se provassi a guardare sotto le tonnellate di orgoglio che ti ritrovi forse riusciresti a capire che ho ragione! »

 

« Non sono innamorato di lui! »

 

« Spiegami allora perché ci vai a letto ormai da quanto?! Una anno circa! Tu? Che non hai mai voluto frequentare  una persona per più di due notti di fila! »

 

« Beh il tuo discorso non sta in piedi! L’esempio sei tu! »

 

« Noi due ci vediamo perché siamo amici e poi ogni tanto ci divertiamo a fare sesso ma niente di più! Ma a lui cosa ti lega? Non fate altro che litigare da mattina a sera! È un bell’uomo sono d’accordo, ma ne hai scaricati di più belli dopo nemmeno una settimana, quando andava bene! »

 

« Mi piace andare a letto con lui, tutto qua! »

 

« Sei più testardo di un mulo, non riesci nemmeno ad ammettere ciò che per tutti gli altri è ovvio! »

 

« Piantala stai diventando davvero insopportabile! »

 

« Ci rinuncio tanto è inutile! »

 

Scuote la testa poi si volta verso i fiori e sorridendo compiaciuto dice :

 

« A quanto pare anche lui ti vuole bene! »

 

« Cosa vai blaterando? »

 

« Ma dai, non ti sei nemmeno accorto che ti ha portato un mazzo di rose? »

 

« No! I fiori li ha portati a mio fratello! »

 

« Sei geloso? »

 

« No! Mi fa arrabbiare che l’uomo con cui faccio sesso ami mio fratello! »

 

« E da quando ti interessa qualcosa dei tuoi amanti? »

 

« … »

 

« Comunque se tu non fossi così impegnato ad arrabbiarti con lui per quello che prova per tuo fratello vedresti che ha portato due mazzi di fiori e raramente lo si fa per un'unica persona! »

 

« Ma hai sentito cosa a detto! »

 

« Sinceramente no! Ero più occupato a spogliarlo con gli occhi! »

 

« Francesco!! »

 

« E dai non ti arrabbiare, scherzavo e poi  non te lo porto mica via! Tu come avresti reagito al suo posto? Io personalmente non ti avrei mai detto d’averti portato dei fiori! »

 

*** ***

 

Sono di fronte all’appartamento di Michele e non so nemmeno io il perché.

Suono il campanello, apre la porta, mi da una veloce occhiata, quasi annoiata e lasciando aperta la porta ritorna in cucina dove si stava preparando un the. Io lo seguo e mi accorgo di non avere nessun motivo per essere venuto.

Mi chiede se voglio un po’ di the, io rifiuto e dico la prima cretinata che mi viene in mente.

 

« Maximilian ti ringrazia per i fiori! »

 

Lui si volta verso di me un po’ stupito e dice:

 

« Sei venuto solo per questo? »

 

Stranamente l’unica inflessione che dà al suo tono di voce è stanchezza e un briciolo di stupore. Io non rispondo.

Ci mettiamo sul divano a guardare la televisione, ma dopo poco mi spingo verso di lui e mentre lo bacio con passione lascio scivolare le mani sotto il maglione per accarezzare la pelle morbida del suo ventre. Mi costringe ad allontanarmi e si alza dicendomi:

 

« Stasera non ne ho voglia! »

 

Io non sento ragioni e lo trascino con forza fino alla sua camera. Si lascia guidare da me forse più per rassegnazione che per reale convinzione. Mi lascia fare tutto ciò che voglio ma lui non si muove.

Non mi importa.

 

Esausto dopo l’orgasmo mi lascio cadere su di lui senza troppa delicatezza. Quando mi riprendo mi accorgo che mi sta cingendo la vita con un braccio in un gesto così dolce che mi fa impazzire.

Mi sposto su un fianco e prendo la coperta in fondo al letto per coprire i nostri corpi nudi.

Appoggio la testa nell’incavo della sua spalla mentre intreccio le gambe con le sue e lui mi abbraccia delicatamente. Alzo il viso per guardarlo e devo dire che è davvero molto bello.

 

Stupendo anche me stesso faccio una cosa che non ho mai fatto con nessun dei mie amanti, chiedendogli:

 

« Ti ho fatto male? »

 

Lui mi guarda disorientato poi voltando la testa dalla parte opposta risponde:

 

« Sopportabile! »

 

Ci addormentiamo stretti l’uno all’altro, cosa che non avevamo mai fatto e che stranamente trovo molto piacevole.

 

*** ***

 

( Michele )

 

Non mi volto neppure quando lo sento entrare nel bagno, mi limito ad osservare distrattamente la mia immagine riflessa sullo specchio e la sua leggermente nascosta dal mio riflesso.

Mi asciugo i capelli umidi dopo la doccia con un asciugamano i cui lembi mi ricadono spesso sul viso celandolo.

Mi si avvicina con passo lento, con movimenti languidi muove il suo corpo muscoloso e asciutto coperto solamente da un baio di boxer grigi attillati che lasciano poco spazio all’immaginazione che tuttavia a me non occorre perché ormai le sue forme mi si sono impresse saldamente nella mente.

Si siede sul bordo della vasca e continua a fissarmi fino a farmi arrossire tanto il suo sguardo mi sembrava essere in grado di superare la sottile spugna dell’accappatoio.

La sua voce esce un po’ assonnata:

 

« Cosa vuoi che ti prepari per colazione? »

 

Io rimango immobile qualche istante poi la rabbia troppo a lungo trattenuta esplode attraverso la mia voce sicura ma dura e tagliente mentre con un gesto secco mi tolgo l’asciugamano dalla testa e mi volto verso di lui

 

« Cosa ti succede? Sei così gentile con me perché ti senti in colpa? …»

 

Mi fermo qualche istante mentre mi volto nuovamente verso lo specchio e vedo in esso l’espressione stupita che ti si dipinge sul viso, un istante prima di ricominciare a dare voce alla mia frustrazione infierendo con parole che probabilmente a lui sembreranno lame:

 

« Non ti preoccupare, non è necessario … quando ho accettato questa assurda relazione con te sapevo di farlo con una puttanella! »

 

Non fanno in tempo a scivolarmi dalle labbra queste parole, forse non del tutto ingiuste, che già mi pento. Forse a causa del brevissimo lampo di dolore che scorre sul suo viso o forse perché lo conosco abbastanza bene per sapere che sotto quell’aspetto sicuro e tutto l’orgoglio vi è una persona che può soffrire a simili parole … parole dette con l’unico scopo di ferire e far soffrire. Solo ora me ne rendo conto. Riesce a segnare a tal punto il mio essere da farmi reagire in modo così crudele? Fino a questo punto è arrivato? O meglio siamo arrivati? A ferirci forse solo per vedere nell’altro lo stesso dolore che ci attanaglia?

Mi interrogo mentre posso sentire il suo essere gemere di dolore nello stesso modo del mio ma per ragioni diverse … anzi motivazioni diverse ogni volta, ogni lite, ma alla base vi è sempre la nostra incapacità di non farci del male a vicenda.

Lo vedo alzarti arrabbiato, anzi furente. Le mani serrate in un pugno che so, presto colpirà il mio viso. Si avvicina a me e mi colpisce. Barcollo, mi appoggio al lavandino per non cadere. Un dolore quasi insopportabile mi invade il viso. Non l’ho evitato, avrei potuto, ho solo atteso che mi colpisse con il corpo che fremeva a quell’attesa. La sua mano fende una seconda volta l’aria ma questa volta lo fermo. Interrompo la folle corsa del suo pugno con la mia mano. Gli stringo la mano senza l’intenzione di fargli del male ma solo per farlo smettere.

I nostri sguardi si incontrano e ingaggiano una lotta simile a molte altre che spesso ci vedono protagonisti. Poi lo costringo ad allontanarsi da me con una spinta leggera. Lui non oppone resistenza e ora mi guarda con sguardo più mite come se avesse esaurito tutte le sue forze. Aspetta una mia reazione che avviene immediatamente e inaspettata lo raggiunge facendolo quasi sussultare.

 

« Scusa »

 

Glielo dico con calma, senza provocazioni, senza la rabbia che aveva guidato le mie precedenti parole, solo rammarico e tristezza, tristezza per cosa è diventato il nostro rapporto, anzi che è sempre stato, sempre che di rapporto si possa chiamare perché in fondo non siamo che due amanti che passano le loro notti nello stesso letto, nulla di più.

 

Non aspetto che mi risponda mi allontano di qualche passo e mi siedo sul pavimento contro la vasca. Sono stanco o meglio spossato dalla continua battaglia che conduco contro Joël e contro me stesso.

Senza forze reclino all’indietro la testa fino ad appoggiarla sul bordo della vasca. Chiudo gli occhi e cerco di chetare il cuore che batte impazzito aspirando lentamente mentre sento il sapore del sangue pizzicarmi le labbra.

Unico sollievo è l’asciugamano che ha bagnato e con cui ora mi rinfresca il labbro dolorante e sanguinate in seguito al suo pugno.

Apro lentamente gli occhi e vedo i suoi fissi sul mio labbro, mi viene da sorridere a vederlo accucciato tra le mie gambe tutto intento nell’alleviarmi il fastidio.

Si accorge del mio sorriso e si affretta a dire:

 

« Non pensare che lo faccio perché mi sento in colpa per averti picchiato… lo sai che non mi piace vedere il sangue »

 

« Lo so … ma mi fa piacere comunque! »

 

Lui mi guarda un po’ smarrito prima di riconcentrarsi sul mio labbro. Entrambi sappiamo che è solo un taglietto e che certo non è necessaria tutta quella attenzione ma forse in questo momento ci serve come punto di unione, qualcosa che ci permetta di rimanere uniti.

È ancora lui a parlare, questa volta con tono meno sicuro e si riesce chiaramente a scorgere una nota di fastidio per le sue parole, o forse per il contesto:

 

« Se ti da fastidio che io veda altri uomini, va bene, posso anche evitare di vederli! »

 

« … »

 

« Però tu mi devi portare più spesso un mazzo di fiori! »

 

Lo dice sorridendo  e aspettandosi forse un sorriso anche da parte mia ma sono troppo stupito per poterlo fare.

Mi alzo e senza aggiungere altro mi dirigo verso la porta.

Sono ormai sulla soglia quando mi giro verso di lui che è rimasto sul pavimento appoggiato sulle ginocchia come lo avevo lasciato io e gli dico:

 

« Su andiamo! Che cosa aspetti? Mi sembrava mi avessi offerto la colazione … mi piace il caffelatte con pane e marmellata! »

 

Lo dico ridendo, specchiandomi in quelle iridi scure ora serene come le mie. Come se una tempesta avesse scosso i nostri animi e ora allontanatasi abbia lasciato il posto alla tranquillità. Così siamo noi, ora tranquilli e sereni fino al prossimo mal tempo, non so quando arriverà ma per ora mi godo il sereno.

Lui mi raggiunge presto e quando ormai mi è a pochi passi gli dico:

 

« Per i fiori dovrai aspettare domani! »

 





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