NOTE: è il capitolo che mi è piaciuto di più fino ad
ora ma in fondo siete voi a dover giudicare quindi commenti, commenti, commenti e nn odiatemi troppo per
la scelta delle coppie^^
Buio parte
III
di KI-chan
( Maximilian )
Il suo letto è così morbido e accogliente, perfino il suo profumo dolce mi avvolge in una dolce carezza, eppure è così freddo senza di lui che lo scalda…
Ho dannatamente freddo mentre le immagini di quello che è successo qualche mese fa si susseguono davanti ai miei occhi ormai incapaci di vedere.
Mi sembra ancora di sentire i caldi raggi del sole scaldarmi il corpo. Io e mio padre dovevamo partire per raggiungere Parigi dove mio padre doveva svolgere alcuni affari. Aveva già comprato due biglietti per l'aereo ma la sera prima avevo insistito per andare in macchina, mi avrebbe trascinato sull'aereo se io non avessi minacciato di rimanere a Milano, ovviamente non poteva rischiare.
Partimmo nella prima mattinata. Il sole era molto caldo anche se era appena iniziato l'autunno.
Mi sedetti in macchina, la strada cominciò a scorrere veloce sotto di noi. E poi … poi il buoi, l'ospedale, la notizia della morte di mio padre e … … basta!
Mi alzò, non so perché, non so per andare dove ma mi sento come se un demone dentro di me guidasse il mio corpo.
Una forza governa i miei passi incerti.
Afferro una bottiglia di liquore, non so cosa sia, ma non è questo l'importante, la cosa essenziale è che è ancora piena. Non rischio di non averne abbastanza per ubriacarmi. Sono un alcolizzato??
Si! Credo proprio di si, e della peggior specie … come si potrebbe definire una persona che riesce a bere ben due bottiglie in un'unica giornata solo per non pensare ai fantasmi che gli affollano l'esistenza.
La porta si chiude dietro alla mie spalle con un suono sordo che rimbomba dolorosamente nella mia testa. Sento il marmo freddo dell'androne sotto i piedi nudi. Esco in strada senza curarmi dell'aria fredda che si scontra con la mia pelle, coperta solo dalla stoffa leggera della tuta.
Il rumore delle macchine che mi passano accanto mi giungono lontane e confuse così come le voci di un gruppo di persone ferme sul marciapiede.
Cammino senza meta nell'oscurità della notte e della mia anima.
°°° °°°
( Joël )
sono ancora seduto sul pavimento.
Non so da quando sono così, penso solo a lui.
Il pensiero che possa essere chissà dove, solo, indifeso … così vulnerabile mi fa tremare. Dovrei alzarmi e andarlo a cercare, non so dove ma certo se rimango qui non cambierà molto.
Sono così confuso, stanco … anzi perso, non riesco ad avere pensieri razionali solo il battere impazzito e violento del mio cuore mi riscuote.
Poi sento il suono del telefono. Ci metto qualche secondo a capire da dove proviene il suono. Alzo la cornetta e le parole sembrano non volermi uscire dalle labbra così secche.
Quando il silenzio viene interrotto dalla voce dall'altro capo del telefono il mio cuore si ferma per ricominciare un secondo dopo a battere così forte da sembrare che mi esploda nel petto.
Riattacco la cornetta senza nemmeno rispondere e mi accorgo che avevo smesso di respirare.
Non era lui.
Come una furia scendo le scale fino a raggiungere il primo piano.
Michele … certo magari è andato da lui!
Suono il campanello un baio di volte mentre quel suono metallico mi penetra nel cervello fastidiosamente.
Suono ancora prima di cominciare a bussare. La mano mi duole per i colpi troppo forti che do alla porta. Devo vederlo, la stessa angoscia che mi ha trascinato giù dalle scale ora mi costringe a bussare con tanta violenza.
Devo vederlo … voglio vedere Michele!
Questo pensiero mi stupisce, come se sapessi già di non trovare mio fratello ma di aver bisogno di Michele.
Ho bisogno del suo aiuto perché da solo mi sento perso.
Questa è la verità.
Assurda … ma pur sempre la verità!
Non posso accettare di aver bisogno di qualcuno, tanto meno di lui! Eppure sono qui davanti al suo appartamento sperando che si affacci dietro questa dannatissima porta.
Lo fa in un tempo che a me sembra infinito scandito solo dal rumore sordo del mio bussare.
Apre un po' seccato la porta e quando mi vede il suo viso si contrae maggiormente in una smorfia di stupore e disappunto. Forse solo la mia faccia sconvolta e la mia voce che, dicendo il suo nome, porta con se tutta la mia preoccupazione, gli fanno assumere un'espressione meno dura.
Non si sposta dalla porta quasi non mi volesse far entrare mentre aspetta da me una qualsiasi spiegazione.
Esito per qualche istante poi muovo qualche passo verso di lui fino ad essere a qualche centimetro dal suo corpo.
" Maximilian è qui? "
" No "
Il suo tono è duro ma non riesce a nascondere totalmente la preoccupazione, non so se per me che mi presento alla sua porta sconvolto oppure per Maximilian.
Mi aggrappo al suo maglione con forza, le mani che si serrano spasmodiche attorno alla lana morbida. Istintivamente muove un passo indietro forse stupito dal mio gesto ma non allento la presa prima che la mia voce, ora più ferma e sicura, riempia ancora la stanza
" Lo hai visto? "
Lui scuote la testa e mi fissa esigendo con il suo sguardo duro una spiegazione. Appoggio la fronte contro la sua clavicola nel gesto più affettuoso che gli ho mai rivolto. Sento il calore del suo petto invadermi mentre invano tento di parlare.
È come se l'aria mi mancasse. Dischiudo le labbra nel vano tentativo di dirgli la verità ma un inutile orgoglio mi monta nel petto.
Non voglio che lui lo sappia, non voglio che lui mi giudichi, non voglio sentire le sue parole d'ammonimento.
Mi prende per le spalle e gentilmente mi allontana da se chiedendomi una spiegazione. Alzo leggermente il viso per guardarlo e immediatamente lo riabbasso con una vergogna a me sconosciuta
" ho fatto una cazzata … "
Gli racconto tutto fino a non avere più parole. Al mio racconto segue solo il silenzio e già mi sta montando la rabbia per le sue accuse non dette quando gentilmente mi accarezza la nuca.
" non preoccuparti "
La tensione sciama lentamente dal mio corpo mentre mi crogiolo inconsciamente nel calore che mi provoca la sua mano tra i capelli.
Quando la sua carezza cessa mi sento perso e nel contempo mi odio per la mia debolezza, debolezza che scioccamente ho mostrato a lui.
Prende il cappotto me mi dice
" io prendo la macchina e vado a cercarlo! "
" vengo anch'io "
" no! Se torna deve esserci qualcuno "
" allora perché non rimani qui tu? "
Assurdo … sono arrabbiato, il mio tono duro accompagna la mia voce troppo alta.
Perché sono arrabbiato? Mi sento quasi tradito … mi sento … non lo so neppure io ma la marea di sentimenti che si agitano nel mio petto mi costringono a questa scena patetica.
Anche il suo tono ora è alterato come sempre quando litighiamo.
" non voglio ritrovarti con la macchina schiantata contro un palo … non vedi in che stato sei? "
" sto benissimo! "
" quando avrai smesso di tremare allora ne riparliamo! "
Perché non la smette di trattarmi come un bambino?
Odio il suo tono da fratello maggiore, anche se ha ragione. Sto tremando come una foglia mossa dal vento, non so se per la rabbia o se per la preoccupazione per mio fratello.
È ormai sulla porta quando la rabbia che ancora agita il mio corpo scaturisce in parole che mai avrei pensato di dire con quel tono che nella mia mente doveva essere di scherno ma che nella realtà assume contorni tristi
" perché ti interesserebbe se dovessi avere un incidente? "
Non risponde, si limita a fissarmi con quello sguardo che riesce a farmi sentire nudo per la troppa intensità.
Sento il suo occhi marroni penetrarmi nel corpo.
Poi si volta e sparisce dietro la porta che si chiude alle spalle.
°°° °°°
( Maximilian )
Ho freddo.
L'unica percezione che riesco ad avere del mio corpo e della mia mente. Un freddo che sembra nascere dalla mia anima e non dalla notte invernale.
Cammino incerto mentre il sapore dell'alcool mi impasta la bocca. Barcollo, cammino fino ad essere stanco ed oltre, fino a che le gambe non mi reggono più.
Mi siedo sullo scalino in marmo di una vetrina, appoggio la schiena contro la serranda ormai abbassata. Mi stringo nella felpa mentre gioco con l'anello che ho al dito.
Penso nel torpore dovuto all'alcool. Gli occhi mi pizzicano e senza nemmeno tentare di fermarle, lacrime calde mi rigano il volto.
Rabbia.
Un unico sentimento, ma così potente da straziarmi il cuore in un dolore quasi fisico.
Rabbia per me stesso.
Rabbia per la mia debolezza.
Rabbia perché so che la colpa di tutto questo è solo mia, del ragazzo di tredici anni stupido e insicuro che ero.
Ho scritto allora le mie sofferenze in quella notte buia e senza luna.
Le lacrime si mescolano a singhiozzi leggeri quando un gruppo di ragazzi camminano sul marciapiede fino a raggiungermi.
Le loro voci allegre e le risate cristalline si interrompono un istante a qualche passo da me.
Forse mi guardano, si fermano.
Un ragazzo mi si avvicina, si inginocchia di fronte a me e mi chiede se mi sento bene.
Non rispondo, non mi volto nemmeno verso di lui. Anche perché tanto non servirebbe a niente…
I suoi amici lo chiamano dicendogli di andare che tanto sono ubriaco.
Si muove ma non per andarsene. Si siede accanto a me. Sento il suo corpo accanto al mio ma non mi muovo, se non fossi quasi totalmente ceco potrei dire di fissare un punto imprecisato di fronte a me.
Sento il fruscio dei suoi vestiti prima che la pelle calda delle sua mano sfiori la mia guancia arrossata asciugando una scia bagnata. Allontano il viso come scottato ma ugualmente i miei movimenti sembrano lenti e stanchi. I suoi amici se ne vanno e io rimango solo con lui.
La sua voce calda e gentile mi giunge come ovattata ma capisco chiaramente le sue parole
" stai bene? "
" si "
Un sussurro lieve ma per me così doloroso. Le labbra secche sembrano non volersi dischiudere, la bocca impastata dall'alcool non vuole articolare quel semplice suono.
Lui evidentemente lo percepisce e forse riesce anche a sentire il battito lento del mio cuore immerso nel silenzio della città di notte rotto solo dal passare di qualche rara macchina data l'ora ormai non molto distante dall'alba.
" non è molto sicuro starsene seduti sul marciapiede tutti soli a quest'ora! "
Non rispondo. Sono troppo stanco. Semplicemente mi lascio scivolare contro di lui fino ad appoggiare la testa sulla sua spalla e rannicchiandomi contro di lui per cercare un po' di calore.
Non aggiunge altro limitandosi a cingermi le spalle con un braccio e ad aspettare con me chissà cosa.
La parte razionale della mia mente mi spinge a diffidare di quello sconosciuto dalla voce tanto dolce, ma in fondo non potrebbe farmi nulla che un uomo non mi ha già fatto. A quel pensiero mi stringo ulteriormente a lui e spasmodicamente serro le mani contro la stoffa del cappotto che si è tolto per coprirmi.
°°° °°°
( Michele )
E' ormai un' ora che giro per le strade di Milano senza sosta e senza risultato. I palazzi illuminati scorrono veloci fino a trovarmi ancora una volta a passare accanto al palazzo di giustizia. Mi volto istintivamente verso il palazzo di fronte e cerco con lo sguardo la finestra del loro appartamento.
La luce accesa filtra dalla tapparella sgrigliata, la osservo come rapito qualche istante prima di ricominciare l'ennesimo giro nella notte.
Ormai vi è in giro poca gente. Scorgo facilmente le persone e velocemente riesco a vedere che non sono la persona che sto cercando.
Comincio ad essere veramente stanco.
Gli occhi mi fanno male mentre veloci scorrono sul marciapiede, ma non posso fermarmi.
Lui conta su di me … o forse è solo quello che credo io.
Mentre mi lascio involontariamente travolgere dai pensieri scorgo due persone sedute davanti ad un negozio.
Inizialmente non ci faccio caso e sto per continuare quando lo vedo.
Riconosco lui in uno di quei due ragazzi.
Fermo la macchina quasi in mezzo alla strada e scendo quasi correndo verso di lui.
Do una rapida occhiata al ragazzo che gli sta accanto … che lo sta abbracciando. Lo squadro prima di scuotere leggermente Maximilian per le spalle.
Non faccio in tempo a chiamarlo che il ragazzo accanto a lui si alza e mi allontana. Lo guardo stupito e solo ora mi rendo conto che in realtà avrà circa trent'anni.
Non posso fare a meno di accennare un sorriso divertito quando mi dice di lasciarlo stare. Dovrei dire io a lui di non toccare Maximilian ma in fondo sono sollevato dal vedere che qualcuno si è preso cura di lui.
Non spreco parole per spiegargli chi sono e perché sono lì; mi riavvicino a Maximilian, ora un po' perso perché non capisce cosa stia accadendo e gli dico
" Maximilian sono io. Stai bene? "
Annuisce e si abbandona alla mia presa mentre lo aiuto ad alzarsi. Anche l'uomo accanto a lui si rilassa e ci osserva senza dire nulla.
" andiamo a casa! "
A quella frase sento Maximilian irrigidirsi ma non si oppone, sa che non potrebbe essere altrimenti e sicuramente non gli permetterei mai di passare un altro minuto al freddo. Un po' smarrito si volta verso l'uomo e gli porge il cappotto regalandogli un tiepido sorriso che stupisce anche me.
Lo accompagno alla macchina e lo faccio sedere sul sedile prima di voltarmi verso lo sconosciuto e dirgli grazie.
Aggrotta un sopracciglio e scuote il capo mentre si incammina lungo il marciapiede. Gli offro un passaggio ma lui declina l'invito con un semplice gesto della mano senza neppure voltarsi.
Sorrido e a mia volta scuoto il capo mentre salgo in macchina.
°°° °°°
( Joël )
Suona il campanello. Mi precipito alla porta e quando aprendolo mi trovo di fronte mio fratello trattengo a stento la voglia di tirargli una sberla, anche se me la meriterei più io.
Lo abbraccio. Un gesto che stupisce anche me. Lo stringo forte quasi a volergli dire di non andarsene mai più.
Timidamente ricambia il mio abbraccio o semplicemente è troppo stanco. La fronte scotta a contatto con la mia guancia mentre il resto del corpo è ancora freddo.
Mi allontano quando incrocio lo sguardo di Michele che una volta separati dice
" è meglio se ti fai il bagno e poi ti metti a letto! "
Maximilian annuisce e si dirige verso il bagno. La farebbe evidente gli provoca dei giramenti di testa che lo portano a sbattere contro il piccolo tavolinetto posto vicino all'entrata.
Michele lo raggiunge e cingendogli le spalle lo accompagna verso il bagno mentre io non muovo un muscolo guardando immobile la scena che mi si presenta di fronte.
Spariscono nel bagno, sento l'acqua della vasca scorrere e poi il silenzio.
Osservo la porta chiusa come se volessi divorarla fino a che Michele non esce e mi chiede se gli posso dare degli asciugamani e dei vestiti puliti per Maximilian.
Non ascolto nemmeno la domanda, passo subito ad attaccarlo con tono fermo da cui traspare una rabbia di cui io stesso non conosco l'origine
" cosa stai facendo? "
" lo sto aiutando a farsi il bagno "
Il suo tono è calmo, quasi annoiato dalle mie parole
" una scusa per poterlo guardare vero? "
Non risponde, certo non occorre sprecare parole, basta il suo sguardo severo, ma io, stupidamente, non sono ancora soddisfatto
" lascialo stare! "
Sgrana gli occhi in un espressione di stupore che dura qualche istante poi riassume la sua espressione tranquilla in cui brilla una strana luce di sfida e dice
" perché? "
" tu fallo e basta! "
Tronco la conversazione dirigendomi a prendere ciò che mi aveva chiesto nella camera di mio fratello.
Mentre lui lo mette a letto io mi preparo un the ancora in collera per quello che è successo, o forse non è neppure per quello ma per un motivo che sfugge anche a me.
L'unica cosa che percepisco con chiarezza è la stanchezza mista a dolore e rabbia.
Sorseggio lentamente il the e poi torno nel salone.
Michele è seduto sul divano e toltosi gli occhiali si massaggia gli occhi.
Mi avvicino e gli chiedo come sta Maximilian.
" bene, ma ha la febbre. Domani è meglio se fai venire un dottore! "
Io rimango in silenzio davanti a lui qualche istante prima di chinarmi verso di lui e bacarlo con una violenza disperata. Mi siedo sulle sue gambe senza incontrare resistenza. Non mi stacco da lui fino a che non rischio di soffocare.
Gli mordo il collo mentre faccio scivolare le mani sotto la camicia incontrando la pelle liscia dell'addome. Muovo le mani in una lunga carezza fino ai pettorali e poi scendo di nuovo fino ai jeans. Glieli slaccio con ansia in gesti violenti e veloci.
Sto per superare anche la barriera dei boxer quando incrocio il suo sguardo.
Mi perdo in quegli occhi così espressivi da farmi male.
Mi immobilizzo e mi chiedo cosa sto combinando.
Le sue parole mi fanno perdere totalmente il controllo
" non puoi risolvere sempre tutto così! "
Se fossi stato un altro stato, in un'altra situazione, in qualsiasi altro momento lo avrei preso a pugni.
Ora invece mi limito a far aderire i nostri corpi ed a nascondere il viso sulla sua spalla.
Mi cinge la vita con le braccia traendomi a se in un gesto insolitamente dolce e inconsueto anche dopo tutte le notti passate insieme. Rimaniamo immobili in quella posizione per un tempo incalcolabile entrambi in uno stato al confine tra il sonno e la veglia.
Lentamente mi addormento stretto nel suo abbraccio e mi stupisco di quanto il suo calore mi sia gradito e di quanto quel tenero contatto mi faccia piacere e mi sciolga dalla tensione accumulata in tutte quelle ore.
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