Questo capitolo è dedicato a Jeky e Sarràh, perché dividiamo lo stesso cervello e perché anche grazie a loro (o per colpa loro) che ho iniziato questa fiction!

 



Broken Mirror

parte I - Il sogno dello specchio

di Hanako

 

I woke up in a dream today

to the cold of static

and put my cold feet on the floor

forgot all about yesterday

remembering I'm pretending to be who  I'm not anymore

a little taste of hypocrisy

and I'm left in the wake of the mistake

slow to react even though you're so close to me

you're still so distant and I can't bring you back.

Linkin park (With you)

 

-§-§-§-

 

“Non c’è nessuno che tu voglia ancora proteggere Harry?

Non c’è nessuno che tu sia in grado di amare?

Ci sono persone che hanno bisogno di te, ricordalo.

Se nemmeno tu riuscirai a fermare il Male, pensi ci sarà qualcuno in grado di farlo?

Non ti ho insegnato proprio niente Harry? I tuoi genitori con il loro sacrificio non ti hanno insegnato che non bisogna arrendersi prima di aver tentato? ”

Occhi blu.

Una macchia sfocata.

Il suo riflesso.

Poi più niente.

 

Harry si rigirò nel grande letto per l’ennesima volta quella notte. Le lenzuola e la coperta gli si erano avvolte addosso durante il sonno e con un gesto stizzito cercò di districarsi, per poi rimanere supino a guardare le cortine del suo letto a baldacchino; nel buio della stanza e senza l’ausilio degli occhiali il rosso era per lui solo una grande e scura macchia sfocata. Chiuse gli occhi con un sospiro breve e sofferto, concentrandosi sui rumori leggeri del dormitorio: il russare di Ron, i mormorii inquieti di Neville, gli sporadici colpi di tosse di Dean che in quei giorni si era un po’ raffreddato.

Quei suoni familiari lo rassicurarono come una luce nell’oscurità, aiutandolo per un attimo a non pensare a tutto quello che continuava a pesargli sul cuore.

A QUEL volto che gli era apparso in sogno per giorni e quella notte gli aveva parlato con la sua voce decisa ma pacata. Che lo avevo guardato con degli occhi così pieni di affetto che per Harry era stato impossibile dubitare anche solo per un attimo che quello non fosse Sirius.

Così vicino a lui, eppure così lontano, da poterlo abbracciare quasi, se solo nel suo sogno avesse avuto la possibilità di muovere anche solo un passo. Invece in quell’onirica angosciante illusione non aveva potuto far altro che starsene fermo, pietrificato, e guardare il suo padrino col cuore che si stringeva sempre più in una morsa di dolore e tristezza, che moriva in un’agonia amara che non riusciva ad contrastare, che gli ricopriva il cuore, gli gelava l’anima.

Strinse tra le dita le lenzuola candide ed il sogno riaffiorò nella sua mente sconvolta. Ricordò quel momento, quell’istante inafferrabile in cui aveva capito che quello non era un inganno della mente, che era tutto vero…

Sapeva che se in quell’attimo gli fosse stato permesso di piangere l’avrebbe fatto, ma anche gli occhi nel suo sogno erano aridi, fermi come testimoni muti. Da dietro un velo che non era possibile vedere, ma che era riuscito a percepire con tutto se stesso, Sirius aveva cercato di dirgli qualcosa, guardandolo con i suoi inconfondibili occhi blu scuro.

Quanto gli erano mancati in quei lunghi mesi? Quanto aveva sperato di rivederli ancora?

Il ritorno di Voldemort, la ricomparsa nel cielo del Nero Marchio, l’evasione dei Mangiamorte, la profezia incompleta… tutto gli era come scivolato addosso dopo la scomparsa dell’unica persona che potesse ancora considerare una famiglia.

Perché i Dursley non erano un famiglia, erano dei parenti, un tetto sulla testa.

La famiglia è qualcosa di diverso.

Una famiglia non ha bisogno di una casa, non ha necessità di legami di sangue. Tutto quello che serve è l’affetto, il desiderio di proteggere le persone che si amano… e con Sirius per la prima volta si era sentito davvero amato; e l’aveva amato a sua volta con l’intensità che i figli riservano ai padri e alle madri, perché per lui Sirius era stato un padre ed una madre, un amico ed un sostegno.

Quando l’aveva visto scomparire dietro a quel velo senza poter fare NIENTE per aiutarlo si era sentito così inutile che avrebbe voluto scomparire nel nulla. Aveva capito di essere solo un ragazzino senza un briciolo di forza; un ragazzino che il mondo riteneva capace di ogni cosa ma che nella realtà non era stato in grado di muovere un solo dito, non aveva saputo recitare un solo incantesimo nel momento più importante.

In quei due anni era convissuto con la schiacciante consapevolezza di essere inutile, di non poter salvare nessuno semplicemente perché non era in grado di farlo.

L’aveva sentito crescere dentro giorno per giorno il potere dell’Oscuro Signore, sempre più forte e più crudele, con la sua schiera di seguaci fedeli e spietati, con il sangue delle sue vittime a segnare il suo cammino verso la conquista del mondo intero; eppure nonostante tutto si era rassegnato a non poter fare più di quanto aveva già fatto, il che, in fondo, era niente…

A nulla erano valsi gli incoraggiamenti dei suoi amici, la sua era stata un’apatia senza vie d’uscita; loro non potevano capire cosa volesse dire sapere che tentare qualcosa, qualsiasi cosa, per contrastare Voldemort avrebbe segnato non solo il proprio destino ma anche quello di coloro che gli stavano accanto.

Se avesse perso Hermione, Ron e i suoi amici non avrebbe avuto nessun altro.

Che senso avevano le parole di Sirius? Trovare qualcuno da amare aveva detto?

Per rischiare magari di perdere questa persona nel modo peggiore, per vederla morta davanti ai propri occhi, o torturata fino alla follia da un qualsiasi viscido individuo in grado di dire Crucio agitando la bacchetta?

 

Che senso aveva?

 

Nessun senso disse nella sua testa la voce della Disillusione.

 

Poi un particolare che fino a quel momento gli era sfuggito gli balenò chiaro nella mente. Si era visto riflesso, per un attimo, prima che il sogno svanisse inghiottito dalle tenebre.

Quello che era stato il miglior amico di suo padre gli aveva mostrato un grande specchio in una cornice di pietra prima di scomparire.

Cosa significava quello specchio?

 

Sirius non gliel’aveva detto: era svanito dopo quelle parole velate di accusa, intrise di incoraggiamento.

 

Ci sono persone che ancora hanno bisogno di te.

Se nemmeno tu riuscirai a fermare il Male, pensi ci sarà qualcuno in grado di farlo?

Non ti ho insegnato proprio niente Harry? I tuoi genitori con il loro sacrificio non ti hanno insegnato che non bisogna arrendersi prima di aver tentato? ”

Una parte remota dentro di lui sussultò.

“Sì, ho imparato la lezione”

Solo quando l’eco rimbalzò tra le spesse pareti della torre infrangendo il precario silenzio Harry si rese conto di averlo detto ad alta voce.

Qualcosa in lui si era finalmente risvegliato da un lungo sonno.

Voldemort non avrebbe vinto, o quantomeno avrebbe trovato qualcuno pronto ad ostacolare la sua ascesa. Sirius gliel’aveva fatto capire chiaramente:

Non gli era permesso arrendersi..

Per Sirius, per sua madre e suo padre. Per tutte le vittime innocenti passate e future. Per se stesso.

Avrebbe lottato.

 

Harry chiuse gli occhi. L’immagine dello specchio di pietra fluttuò tra i suo pensieri per alcuni minuti fino a che il sonno ebbe il sopravvento.

Dopo molto tempo sentiva che la sua anima era in pace.

Il suo ultimo pensiero coerente fu che il giorno dopo avrebbe dovuto parlarne a Ron ed Hermione. Dubitava che lo specchio fosse solo un parto della sua fantasia.

Aveva imparato a sue spese che nel mondo della magia molto di rado i sogni sono semplici sogni.

E decisamente quello non era il solito sogno in cui vinceva la Coppa di Quidditch.

 

-§-§-§-

 

Quando al mattino si svegliò a causa di un sottile raggio di sole che facendo capolino tra le cortine del letto gli feriva gli occhi, Harry per la prima volta si riscoprì a sorridere all’idea che un nuovo giorno stava per iniziare.

Dopo tutti quelle giornate sempre uguali in cui se non fosse stato costretto ad alzarsi dal letto ci sarebbe volentieri rimasto fino a sera, finalmente Harry sentì nel suo cuore quella familiare sensazione di allegria -voglia di vivere-fame che ormai considerava tipica delle mattinate ad Hogwarts. Anche se probabilmente la fame, più che il cuore, la percepiva lo stomaco. La sera prima, durante il banchetto d’inizio anno, non aveva quasi toccato cibo e si era diretto al dormitorio non appena aveva potuto, lasciando Ron ed Hermione seduti al lungo tavolo della Casa.

I suoi due migliori amici si erano da tempo rassegnati al suo umore perennemente nero e non tentavano neanche più di tirarlo su di morale o di fargli cambiare idea, consci che la cocciutaggine era l’unica caratteristica rimasta del vecchio Harry.

Il ragazzo prese dal comodino gli occhiali tondi poggiandoli sul naso ed il mondo riacquistò subito tutte le sue forme ed i suoi colori. Dopo un breve sguardo all’orologio afferrò concitato la bacchetta, la tunica e gli altri vestiti correndo verso il bagno, accorgendosi di essere tremendamente in ritardo rispetto agli altri. Rischiò di finire addosso a Seamus che stava entrando il quello stesso istante annodandosi la cravatta, ma i suoi riflessi da Cercatore lo aiutarono ad evitare lo scontrò all’ultimo secondo. “ ’giorno Seamus ” gli urlò mentre si allontanava in tutta fretta.

L’irlandese nel sentire la sua voce alzò gli occhi dal nodo girandosi senza parole. Era la prima volta dopo tantissimo tempo che vedeva Harry così…così…esaltato fu la prima parola che gli venne in mente; forse non era la più adatta ma di certo in quel momento per Seamus rendeva perfettamente l’idea.

“Ciao Harry!”mormorò stupito anche se l’amico ormai aveva svoltato l’angolo, poi si passò una mano tra i capelli biondo scuro e riprese da dove l’aveva interrotto il difficile compito di annodarsi attorno al collo quell’inutile pezzo di stoffa.

Dopo essersi cambiato ed aver tentato senza successo di dare ai propri capelli un aria se non ordinata quantomeno presentabile Harry scese nella sala comune dove Hermione e Ron lo stavano aspettando seduti su uno dei divani. La ragazza era immersa in un grosso libro dall’aria polverosa, e sembrava che stesse letteralmente per essere inglobata nel volume tanto il suo naso era incollato alle pagine, mentre Ron si stava rigirando tra le mani uno strano oggetto che a prima vista sembrava un ciondolo o qualcosa di simile.

“Salve ragazzi!Mi stavate aspettando?”

Hermione sollevò la testa portandosi una ciocca dei capelli marroni dietro l’orecchio “Sì Harry…ma credo che prima di colazione tu dovresti andare a presentarti a Terry Steeval. Ieri ti sei praticamente dileguato prima della fine della cena e ti sei perso il discorso di introduzione ai Prefetti che è stato fatto dai due Caposcuola.”

Harry le sorrise imbarazzato togliendo dalla tasca la spilletta dorata con il suo nome inciso.

“Fino a ieri sera in effetti ero convinto che avrei lasciato l’incarico di Prefetto a qualcun altro più adatto…ma ora credo che per lo meno proverò a fare del mio meglio. –si appuntò la spilla sul petto-

Comunque Hermione ti ricordo che tu sei la Caposcuola quindi potresti riferirmi quello che è stato detto ieri senza farmi andare fino al dormitorio dei Corvonero ad aspettare Steeval.”

I due Grifondoro seduti sul divano si fissarono stupiti per qualche secondo senza ben capire cosa fosse mai accaduto quella mattina per convincere Harry a rivedere le sue posizioni in merito alla carica di Prefetto che gli era stata assegnata quell’anno.

Durante il viaggio sull’Espresso aveva più volte detto di avere tutta l’intenzione di restituire la spilletta a Silente già dal secondo giorno e tutti i loro tentativi di convincerlo che il Preside riponeva la propria fiducia in lui e non in qualcun altro erano valsi a poco.

Hermione come sempre fu la prima a riprendersi e voltatasi verso l’amico gli sorrise vagamente spazientita “Ma Harry, non è il discorso la cosa importante! Noi Capiscuola dobbiamo conoscere tutti i Prefetti… So che tu e Steeval vi conoscete già di vista ma dato che se non ci fossi stata io a giustificarti ieri sera, sarebbero venuti a buttarti giù dal letto per costringerti a partecipare alla riunione, beh, temo che dovrai proprio andare fino al dormitorio dei Corvonero a fare una chiacchieratina informale con lui o la prossima volta non spezzerò una lancia in tuo favore.”

Ron roteò gli occhi ”Herm, ti prego, non cominciare a parlare difficile. Torna tra noi comuni mortali… Lo so che ormai sei la Caposcuola e quindi sei salita di diritto al livello di Divinità Suprema , ma ti faccio presente che stai parlando con i tuoi amici, non con uno dei delegati del Ministero!”

Harry soffocò a stento una risatina: l’occhiata che la ragazza aveva lanciato a Ron era stata tutto fuorché rassicurante.

“Beh Ron, se la pensi così allora è meglio salutarci ora. Ci vediamo dopo Harry….” Hermione si alzò dal divano con un movimento fluido e chiudendo di scatto il suo Come rendere un Prefetto Perfetto di Zenobia Rudyard guadagnò l’uscita a grandi passi profondamente offesa.

Ron, che aveva seguito la scena senza capire bene il motivo scatenante di quella reazione si alzò in piedi a sua volta grattandosi pensieroso la testa. “Harry, io non la capisco davvero da un po’ di tempo a questa parte…Ogni volta che le dico scherzando qualcosa di anche vagamente offensivo se ne va arrabbiata e non mi parla più per giorni!

Non hai idea di quante volte io abbia già dovuto scusarmi con lei! Secondo te cos’ha? Una qualche strana malattia? L’ha punta qualche insetto? Ha bevuto una pozione andata a male? –il rossino fece spallucce- Quando ne ho parlato a Fred e Gorge l’unica cosa che hanno saputo fare è stata regalarmi questo strano coso – e mostrò la strana collana che teneva nel palmo della mano; era formata da una cordicella di cuoio e da una pietra iridescente a forma di goccia che riflettendo la luce sembrava cambiare continuamente colore – Non la smettevano di ridacchiare. Hanno detto che cambia colore a seconda dei sentimenti che prova chi ci sta accanto, ma non vedo a cosa possa servirmi.

Non so nemmeno a cosa corrispondano i colori. Gli manderò un Gufo per chiedere come si usa

 e spero per loro che non sia qualcuno dei loro nuovi scherzi. Lo sai anche tu che quest’estate mi hanno quasi avvelenato con il prototipo delle Frittelle Febbricitanti e ho passato una settimana a letto con l’influenza! E’ stata una fortuna che la mamma non l’abbia scoperto o avrebbero passato grossi guai.

Comunque Hermione probabilmente è semplicemente stressata con la storia dei MAGO e il fatto che è anche stata scelta come Caposcuola…”

“Secondo me dovresti parlarle Ron.”

Ron annuì pensieroso rimettendo la strana pietra al collo.

“Sì, vado subito.Ci vediamo giù Harry”cominciò a camminare spedito, ma dopo tre passi si voltò con un sorriso a 32 denti “Ah, un’ultima cosa… BENTORNATO!” e detto questo corse verso l’uscita, ben deciso a riappacificarsi con Herm prima di colazione, giusto per non rovinarsi l’appetito.

Harry rimase per qualche attimo senza parole, poi cominciò a rimuginare tra sé a proposito del discorso che l’amico gli aveva fatto sull’insolito comportamento di Hermione.

Perché ho la fortissima impressione che Ron non abbia capito niente? pensò Harry mentre passava a sua volta nel buco del quadro e cominciava a scendere i ripidi gradini della Torre.

Chissa come finirà tra quei due…

 

-§-§-§-

 

“Allora? Sto aspettando una spiegazione marmocchietti…”

Una voce risuonò lungo il corridoio, sovrastando per qualche secondo un singhiozzare sommesso che sembrava provenire da dietro l’angolo. Harry si affrettò curioso in quella direzione.

I capelli biondo chiaro di Draco Malfoy furono la prima cosa che notò, ma subito la sua attenzione fu attratta dai due bestioni che gli stavano di fronte e sovrastavano con la loro mole due Tassorosso del primo anno, che piagnucolavano terrorizzati.

Malfoy intanto li stava squadrando con espressione malignamente compiaciuta attendendo una risposta che era certo non sarebbe arrivata. Si divertiva a torturarli in attesa di dar loro il colpo di grazia.

“Non lo sapete forse che è vietato arrivare tardi per colazione?” riprese con il suo consueto tono di voce strascicato, gelido ed insinuante.

“Credo che sarò costretto a togliere 10, anzi, 20 punti a Tass..”

“Io invece credo di no Malfoy”intervenne Harry facendo un passo avanti frapponendosi tra i due ragazzini e il Serpeverde, fissandolo dritto negli occhi grigi.

“Che vuoi Potter?”sibilò quest’ultimo trattenendo a stento la rabbia. Il suo giochino era stato interrotto sul più bello e questo non era il genere di affronto che Draco era abituato a lasciare impunito.

“Nulla Malfoy…solo farti notare che non esiste nessuna regola riguardo l’orario per la colazione… e che i Prefetti non hanno l’autorità per creare regole. Spiacente di aver interrotto il tuo delirio di onnipotenza.” Poi, girandosi verso i due Tassorosso aggiunse pacato “Voi due potete andare, o farete davvero tardi per la colazione”

I due lo fissarono come inebetiti per qualche secondo, per poi cogliere l’occasione al volo e correre via verso la Sala Grande.

Il Prefetto dei Serpeverde strinse i denti, furioso per aver perso un’occasione preziosa al fine di consolidare la sua già nefasta fama, e replicò con il suo miglior tono sarcastico “Ma tu guarda….il Signorino Potter ha finito finalmente di leccarsi le ferite in solitudine e come tutti i grandi eroi è tornato tra noi per compiere la sua missione e proteggere i più deboli dai soprusi dei cattivi…-il suo tono acquistò una sfumatura volutamente tragica- Oppure è solo finito il periodo di lutto? Se non sbaglio ti era morto il gatto…no, anzi era il cane, giusto?”

Harry gli lanciò un’occhiata di fuoco “Stai attento a come parli”

Draco alzò gli occhi al cielo e si rivolse ai suoi due scagnozzi “Oh per Merlino! Tiger, Goyle, ricordatemi di avere paura più tardi, o il nostro ragazzo d’oro potrebbe capire che le sue minacce non fanno paura a nessuno e questo sarebbe un duro colpo per la sua già precaria autostima…”

Il moro sorrise freddo con un’aria falsamente complice.

“Malfoy, lo sappiamo perfettamente tutti e due che non serve granché per spaventarti e farti correre a rifugiarti dietro alla tunica di tuo padre. Peccato sia un latitante ricercato dal Ministero e non sia proprio possibile per lui venire qui a salvarti.

L’unica cosa che sei capace di fare è intimidire quelli più piccoli di te…ma stai attento, se cominci a puntare così in basso la tua prossima vittima potrebbe essere un neonato di due o tre mesi.”

Malfoy socchiuse pericolosamente gli occhi quando Harry nominò suo padre “Di questi tempi è difficile trovare un avversario alla propria altezza, Potter. Da questo punto di vista questa scuola è talmente noiosa… Meno male che ci sei tu, l’Eroe Sfregiato Senza Macchia che con i suoi fedeli amichetti Pezzente e Mezzosangue riesce sempre a farmi ridere…

Vedo che hai ricominciato il tuo spettacolino. Molto bene, mi eri mancato!”

 “Tu invece non si sei mancato affatto. Anche se non ho mai smesso di pensare a te come ad uno degli esseri più infimi in assoluto.”

Il Serpeverde fece un passo verso di lui parlando in un gelido sussurro “Lo sai, vero, Potter, che entro il termine dell’anno raggiungerai i tuoi cari genitori ed il tuo cane all’inferno? Ti consiglio di lasciare in eredità un po’ di soldi al tuo amichetto Weasley, così se non sarà morto anche lui potrà permettersi un pasto caldo al giorno.”

La tensione era palpabile, per quasi un minuto nessuno aprì bocca.

Il Grifondoro era sul punto di rispondere a quelle minacce ma Goyle lo precedette “Capo, dobbiamo ricordartelo adesso di avere paura o più tardi ancora?”

Se l’occhiata di Malfoy avesse avuto il potere di incenerire, Goyle in quel momento non sarebbe stato nulla più che un mucchietto di cenere grigia.

“Stupido decerebrato che non sei altro! Non sai che devi tener chiusa quella stupida bocca che ti ritrovi?! Gli esseri privi di cervello come i Troll per lo meno non sanno parlare, mi chiedo quindi perché la Natura abbia dotato voi due di corde vocali se poi non vi ha inserito niente nella scatola cranica per permettervi di dire qualcosa di sensato!”

“ma… veramente…si…insomma…cioè…”bofonchiò Gregor cercando di scusarsi con Draco.

Harry intanto, resosi conto che ormai si stava davvero facendo tardi si avviò verso la Sala Grande; aveva raggiunto a malapena la metà del corridoio quando la voce di Malfoy risuonò chiara tra le pareti di pietra.

“Dove credi di andartene Potter?”

Il moretto non prese nemmeno la briga di girarsi verso di lui “Ti lascio alla rieducazione dei tuoi gorilla da guardia. Presumo che ne avrai ancora per molto se hai in programma di fargli capire cosa sia il sarcasmo…” e detto questo se ne andò.

“Il sar-che Capo?”s’intromise Tiger spostandosi davanti a Malfoy ed impedendogli di scorgere Harry allontanarsi.

“TACETE HO DETTO!” sbottò lui allora alzando davvero la voce per la prima volta. Giratosi si diresse stizzito a grandi passi  nella direzione opposta rispetto a quella presa da Harry.

Tiger e Goyle rimasero fermi ancora per un po’ con lo sguardo perso nel vuoto.

“Secondo te stavano flirtando o qualcosa del genere?”chiede Tiger

Goyle fece spallucce.

“Boh… Forse c’entra quel tipo…quel Sarcasmo… saranno interessati a lui tutti e due…”

“Già…dev’ essere proprio così.”

-§-§-§-

(fine primo capitolo)