Titolo: Boheme
Autore: Snatch
Rating: R
N.d.Moi: Racconto di una decina di pagine scritto tre anni fa. Ispirato
dalle figure dei poeti dannati, è ambientato nella Parigi di fine ottocento
e ha come protagonista un pittore.
Spero, ovviamente, che piaccia^_-
(Lo posto a più riprese... Sono la prima che si scoraggia quando apre un
post e vede che la sbarra di scorrimento ha un indicatore troppo piccolo)
Boheme
prima parte
di
Snatch
5 dicembre 1885
Caro Giulio,
finalmente ho trovato una dimora, un luogo da cui posso scriverti.
Ho pensato più di una volta durante questi due mesi che era mio destino
vivere da vagabondo, senza un tetto a coprirmi e senza un letto in cui
dormire.
Quando ti abitui a vedere un soffitto diverso a ogni tuo risveglio è
difficile concepire di avere una “propria casa”.
L’ultima volta che ti ho scritto ero alla casa di Madame Mieris, in cui sono
rimasto per una settimana. Ho poi passato diverse settimane da amici, a cui
facevo favori in cambio di un letto e di un pasto. Lavoretti da poco,
perlopiù alle bancarelle del mercato o al porto, ma che mi privavano di
quasi tutto il tempo e che oltretutto mi lasciavano senza voglia né forza.
Così ho ripreso la vecchia abitudine di dormire per strada, lasciando i miei
averi in custodia a Madame Mieris; ma anche quella si è rivelata una scelta
poco adatta.
Immagini quanto sia duro disegnare quando il freddo ti congela le dita? Non
era la sofferenza fisica a demotivarmi, il punto è ben altro. Immagini
quanto sia limitante disegnare quando le tue dita, troppo irrigidite dal
gelo, non si muovono più come vuoi tu?
In quei giorni, mentre sedevo ai margini della Senna intento ad esercitarmi
nella copia dei passeggiatori, un certo Mignard si è avvicinato interessato
ai miei quadri.
Subito mi sono chiesto come poteva apprezzare quei lavori, tutti compiuti da
dita intirizzite e poco docili, ma sai bene anche tu che la speranza è
sempre pronta a rendere credibile qualsiasi illusione.
Questo Mignard aveva oltretutto un aspetto rassicurante, di chi vive bene,
di chi ha tutto ciò che gli serve e quindi ha tempo libero da dedicare
all’Arte.
Per questo, e per la fame che mi stava divorando, ho accettato il suo invito
a ospitarmi qualche giorno.
Io disegnavo per lui e lui si preoccupava del mio mantenimento, sai bene che
di questi giorni è tanto in voga emulare i mecenati.
I primi giorni andava tutto bene. Lui non mi ha richiesto nulla ma, anzi, ha
messo a mia disposizione alcuni suoi bronzi, con la sola clausola che
facessi anche copie per i suoi conoscenti.
Tutto andava bene, finché non mi ha esposto il suo segreto desiderio di
saper disegnare. Senza chiedermi né consigli né pareri mi ha chiesto di
posare per lui, e così io ho fatto.
Egli voleva riprodurre un San Sebastiano senza aver mai provato una semplice
copia. Manie di borghesi, mi sono detto, e ho acconsentito.
Il suo interesse si è presto rivelato tutt’altro che nobile rispetto a
quello che aveva mostrato.
Così, alla fine, sono tornato da Madame Mieris. Lei e le ragazze sono state
molto accoglienti, e non mi hanno chiesto quasi nulla in cambio. Sono
persino riuscite a risollevarmi dalla situazione poco prima vissuta, poiché
scoprire che un uomo era più interessato al mio corpo che alle mie opere mi
aveva atterrito.
Sono state loro a trovarmi questa soffitta, e io già mi ero reso conto di
aver bisogno di una “tana”, non tanto per me, ma per le mie opere.
Le persone possono nuocere a loro piacimento su di me, la cosa non ha peso,
ma non possono nuocere alle mie creazioni che invece qui sono al sicuro,
Diana su tutte.
Lei ora sta bene.
Ho appoggiato la tela di fronte alle uniche tre alte finestre, cosicché lei
possa vedere Parigi in ogni momento.
Quando ancora la stavo dipingendo pensavo: “Quando sarà finita smetterò di
disegnare, perché al mondo non potrà essere nulla di più bello.”
Erravo, perché è grazie a lei che ora disegno, è lei, ora, a guidare la mia
mano.
Spero che questa lettera ti arrivi presto, perché vorrei tranquillizzarti
sulla mia condizione.
Sto bene, credimi, ora che ho provato anche le condizioni peggiori, ora che
il freddo ha dato la sua parte nell’evolvermi, non potrei stare meglio.
13 dicembre 1885
C’è un nuovo ospite in casa.
Non preoccuparti, non ho intenzione di darmi a una famiglia, ho
semplicemente fatto la “buona azione” del giorno.
So che non mi credi adatto a un simile gesto, e concordo con te, ma a volte
si scoprono lati dimenticati.
Quando ero piccolo raccoglievo dai marciapiedi infangati passerotti feriti,
per il gusto di curarli e poi vederli volare via. “Meglio in cielo che in
terra”.
Questa notte sul marciapiede infangato ho trovato un ragazzino poco
cresciuto (avrà pressappoco la mia età, ma sembra più un bambino), ma gli
obiettivi sono i medesimi.
Devo ammettere che il mio non è puro altruismo, ma bensì una sfida. Il
ragazzo in questione sembra un piccolo borghese e non attendo altro che
vedere il suo sguardo quando si renderà conto da chi è stato “salvato”.
Solo, non riesco a immaginare come possa essere finito in questo posto,
svenuto…
Un dono dal cielo (per chi, poi?)?
Anche questo mi incuriosisce, sono così pochi i segni che ci vengono
inviati. “Un buon inizio per una parabola”, lo definiresti. O forse una
parabola simile già esiste, e sono io che non la ricordo.
Questo mi fa pensare che occuparmi per un po’ di qualcuno all’infuori di me
mi farebbe bene.
Dopo aver passato due anni a dedicare ogni istante a me e alle mie opere ho
desiderio di donare a qualcuno ciò che ho appreso. Non so a quale persona
donerò, poiché le uniche persone che rispetto sanno fin troppo per ricevere
anche da me, ma rimangono ancora tutte le persone che non conosco.
Persino il ragazzo che ora occupa il mio giaciglio mi è sconosciuto, non ti
pare un paradosso?
Egli è lì, la testa appoggiata sui miei cuscini, avvolto nelle coperte che
sempre hanno riscaldato me e sporadicamente qualche prostituta, ma che mai
hanno semplicemente accompagnato il sonno di qualcuno al di fuori di me.
Eppure di lui non so nulla, se non quanto potrei sapere di un passerotto.
So se sta bene, se ha freddo o caldo; so com’è fatto, come contrae le labbra
quando è in preda a un incubo e come muove le dita per scacciarlo.
Non so neanche che voce abbia, come la usa…
Potrebbe svegliarsi e scappare terrorizzato o rivolgersi a me come si
rivolgerebbe a un servo.
Tutto questo ancora non posso saperlo. Domani mattina forse si sveglierà
prima di me e lo scoprirò a fissarmi, o forse al mio risveglio starà ancora
dormendo.
O forse non si risveglierà, mai più, senza un vero motivo.
Domani. Domani saprò. Ti scriverò ancora al riguardo, ora ho molto più tempo
da dedicare a me stesso.
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