Disclaimers:   i personaggi di Berserk sono del bravissimo Miura. SPOILER:Niente se avete letto fino alla trasformazione di Grifis
NOTE: Perdono adoratrici e adoratori di Gatsu non lapidatemi, anche io gli voglio bene in fondo


Berserk

di Spike

parte III


Phemt lo trovò addormentato con l’insospettabile trasporto di un bambino e decise di non svegliarlo, dal sangue sul pavimento appariva chiaro che cosa fosse successo.
Gatsu si svegliò poco dopo e vide che Phemt era in piedi accanto al letto, sembrava immerso nei suoi pensieri.
“A cosa pensi?”
“Tra poco quel maledetto sarà sconfitto definitivamente!”
Gatsu non capiva di chi stesse parlando, ma la cosa non gli interessava, in fin dei conti lui non avrebbe certo preso parte ad una eventuale battaglia.
Questo gli ricordò che non aveva con sé la sua Ammazzadraghi.
“Riavrai la tua spada quando sarò sicuro di potermi fidare di te!”
Ecco nuovamente quell’atteggiamento che lo mandava su tutte le furie, non riusciva a fare meno di usarlo.
“Va bene se non ti fidi di me è solo un problema tuo, il mio sarà fare in modo di cambiare le cose!”
Fortunatamente quei pensieri non arrivarono a Phemt, troppo impegnato a pensare a tutto quello che gli ronzava per la testa.
Era passato ormai del tempo da quando Phemt si era immerso in quella che aveva tutta l’aria di essere una meditazione e Gatsu si sentiva ormai abbastanza bene per potersi alzare, lo fece con la massima attenzione, ma una mano possente lo convinse a stendersi nuovamente.
“Dove credi di scappare topolino?”
“Prima gattino adesso topolino, cerca di deciderti!”
Phemt sorrise, e lo fece con la stessa innocenza di un bambino sincero, con lo stesso trasporto con cui era solito sorridere Grifis!
La fitta dolorosa dei ricordi tornò a farsi strada in Gatsu, il suo generale, il suo unico amico, il suo unico amore…
“Devo fare in modo che lui non rientri più qui!”
“Di che stai parlando?”
Una fitta al collo gli ricordò che c’era qualcuno che non lo vedeva di buon occhio.
“Stai tranquillo, non credo che avrebbe il coraggio di farmi qualcosa di più che farmi perdere un po’ di sangue!”
“Lui forse no, ma potrebbe dare ordine agli altri di farlo, e io non posso sempre essere nei pareggi per intervenire!”
“Guarda che io non sono un bambino, posso difendermi da solo!”
“Ma davvero, puoi difenderti da esseri capaci di stuzzicare il tuo marchio?”
“Il dolore fisico non mi ha mai spaventato, e se per te sono un peso, potevi evitare di portarmi qui!” 
“Ti ho già spiegato perché l’ho fatto!”
“Potevi lasciarmi sulla terra visto che per te in fin dei conti sono solo una puttana!”
Quelle parole erano risultate per entrambi più pese di quanto non avrebbero mai immaginato.
Phemt cercò di sfiorare i capelli di Gatsu che stava cercando di riprendere fiato, non se n’era accorto, ma quelle parole urlate con tutta la frustrazione che aveva in corpo da anni ormai lo avevano stancato come se avesse appena affrontato un combattimento.
Appena sentì le dita di Phemt toccarlo si allontanò come se lo avessero frustato.
“Non toccarmi!”
“Non mi sembra il caso che tu ti faccia prendere da un attacco di nervi adesso!”
“Non toccarmi!”
Phemt si sedette sul letto e lo costrinse ad appoggiarsi al suo petto, restarono così a lungo, cercando di trasmettere all’altro tutto quello che non sapevano dire a parole.
“Lasciami, per te io…!”
“Lo hai già detto! Ma se fosse vero ti avrei scopato e ucciso, se sei qui è perché tu sei molto di più!”
Gatsu si sentiva troppo stanco per continuare a cercare di strappargli dalle labbra quello che aveva bisogno di sentirsi dire da Phemt, e si abbandonò con un gemito sommesso a quell’abbraccio lungo a caldo. 
“Sembri un bambino in questo momento!”
Sembrava che Phemt non avesse la minima intenzione di allontanarsi troppo da lui, anzi per essere sinceri sembrava che non avesse intenzione di allontanarsi minimamente da lui.
“Tu non mi hai mai visto mentre ero un bambino, ero una piccola peste in grado di usare la spada abbastanza bene!”
“Che coincidenza, neppure io ero un bimbo pacifico, guardavo il castello delle Midlands e mi dicevo che un giorno o l’altro lo avrei conquistato!”
“Manie di grandezza fin da piccolo eh?”
Una risata sommessa uscì dalle labbra dell’arcidemone.
Lo stomaco di Gatsu decise che era arrivato il momento di interrompere quell’attimo di dolcezza reclamando per il fatto che era quasi un intero giorno che non aveva ricevuto niente.
“Hai ragione, scusami, tu hai ancora bisogno di mangiare!”
“Sai, sono i contrattempi di essere un essere umano, la paura e le emozioni negative non mi saziano!”
Phemt  chiamò mentalmente uno dei servi dei Cinque e lo costrinse a portare qualcosa da mangiare a Gatsu, non voleva alzarsi.
Nel momento in cui il servo stava per richiudere la porta Phemt lo bloccò con un gesto imperioso, Slan stava parlando senza controllare il suo tono di voce e Phemt sentì chiaramente che l’oggetto del complotto della donna era lui.
“Bene, sembra che qualcuno abbia intuito qualcosa di troppo, dovrò trovare il modo di metterla a tacere, magari regalandole un bel giocattolino!”
“Tu sei sempre a tramare contro qualcuno vero?”
“Non esattamente, ma so che uno splendido pipistrello si distrae facilmente se sente un suo simile!”
“Che hai in mente?”
“Quanti biondi conosci amico mio?”
“Non ti seguo più!”
“Judo, ecco come eviterò che la cara Slan mi metta i bastoni fra le ruote!”
“E’ morto!”
Gatsu aveva fatto cadere il cucchiaio nel piatto, anche se aveva praticamente spazzolato tutto quello che gli era stato portato gli era passato l’appetito.
“Questo non è un problema, noi possiamo dare e togliere la vita a nostro piacimento!”
Gatsu aveva voglia di muoversi, quel discorso non gli piaceva, e Phemt parve accorgersene.
Gli passò un braccio intorno alla vita e lo attirò nuovamente a sé evitando che potesse opporre la minima resistenza, in fin dei conti non gli stava facendo niente.
Il guerriero si sentiva sollevato, non voleva essere invischiato nei piani di Phemt, anche se sapeva in cuor suo che dalla loro riuscita sarebbe dipeso anche il suo futuro.
Da quello che aveva capito aveva due possibilità o diventare l’amante del nuovo capo oppure morire al fianco di Phemt accusato di tradimento.
Come spesso capitava trattandosi di Grifis tutto era portato all’estremo, nessuna delle due possibilità ammetteva ripensamenti o errori. 
“Che cosa ti succede?”
Solo allora Gatsu si rese conto che aveva cominciato lentamente a strusciarsi contro Phemt.
“Non volevi un gatto?”
“Vorrà dire che la prossima cosa che ti insegnerò sarà come fare le fusa!”
“Lo sai vero che i gatti fanno le fusa a tutti?”
“Tu le farai solo al tuo padrone mio caro!”
Il tono di Phemt era diventato più duro che mai.
Era strano, ma tutte le volte che credeva di essere arrivato abbastanza vicino al cuore di Phemt succedeva qualcosa che mandava all’aria tutto.
Gatsu si appoggiò con maggior decisione al petto dell’altro, e visto che il suo non era propriamente un corpo esile lo costrinse ad indietreggiare e ad appoggiarsi alla testata del grande letto.
“Che cosa hai in mente?”
“Non lo immagini? Sono io l’ingenuo della situazione non tu!”
“Sei voglioso per essere uno che ha sempre dichiarato al mondo di non voler essere toccato da nessun uomo!” 
Gatsu girò il volto per poterlo fissare negli occhi, ma quello che vide bloccò ogni sua reazione, c’era una luce strana in quegli occhi, una luce che non vi aveva mai scorto.
“E sei anche molto sensuale Gatsu!”
Non lo aveva più chiamato per nome senza mettere in quella piccola parola tutto l’odio che aveva nel cuore; è una sensazione così strana sapere che è il tuo amore a chiamarti per nome.
Una mano di Phemt era già sulla casacca di Gatsu, scivolava furtiva oltre lo scollo per accarezzare il suo petto ampio e muscoloso, come quello di una statua greca, ma una statua non trattiene il fiato se la tocchi, non è calda, non è viva.
Gatsu inarcò la schiena nel momento in cui Phemt incontrò uno dei suoi capezzoli e lo strinse fino a farlo inturgidire.
Si trovò ad avere la testa appoggiata alla spalla dell’altro, la bocca aperta in cerca di aria e gli occhi serrati.
“Non ti ho ancora fatto niente!”
Gatsu non lo stava ascoltando, anzi non lo sentiva neppure, era arrivato in quel mondo parallelo che si può raggiungere solo fra le braccia di un amante, quando abbandoni ogni freno e lasci tutto in mano sua, quando il tuo unico compito è quello di godere per i suoi baci e le sue carezze.
Phemt non smise per un secondo quella dolce tortura, e sembrò che anche lui avesse abbandonato tutti i suoi pensieri di conquista e distruzione.
La notte fu lunga e piacevole per entrambi, anche se alla fine erano entrambi distrutti, a guardarli si sarebbe potuto commentare che erano un disastro.
Erano ancora stretti quando Gatsu si mosse con un po’ più di forza, dimostrando così di essere perfettamente sveglio.
“Lo farai veramente, credi veramente di poter ridare la vita a Judo solo per distrarre la donna?”
“Si, non posso permettere che qualcuno mi ostacoli, ormai sono così vicino al raggiungimento del mio obiettivo…!”
“Sei l’ultimo arrivato, come credi che reagiranno gli altri ad una tua ribellione?”
“Non credo che avranno niente da ridire, basta che chi prende il comando sia poi in grado di mantenerlo!”
“Se lo farai vi ritroverete in 4, e non più in 5!”
“Questo non è un problema, il caso può farmi trovare molti disposti a diventare uno di noi, devo solo stare attento a non scegliere qualcuno che possa fare a me quello che io ho in mente di fare a Boyd!”
“Come farai?”
“Lo vedrai quando arriverà il momento, per adesso devi solo ricordare che questa discussione non è mai avvenuta!”
Gatsu sapeva come tenere un segreto, non era la prima volta che il suo compagno si macchiava le mani con tradimenti e complotti.
Phemt uscì dalla stanza qualche tempo dopo, in modo da poter cominciare a mettere in atto il suo piano di distrazione.
Chiamò a sé il mostro formato dai cadaveri dei suoi ex compagni, e fece in modo di dividere da quel groviglio di carne il cadavere di Judo; era stata una buona idea evitare che anche loro fossero trascinati nel vortice infernale una volta consacrati.
Il corpo inerme giaceva ai suoi piedi, nell’oscurità e nel silenzio più totali, adesso non doveva fare altro che scegliere con attenzione il modo migliore per corrompere l’anima che era stata di quel guerriero; anche se era da poco che era nei Cinque, aveva imparato abbastanza bene che cosa potesse piacere a Slan, era una lista abbastanza lunga, ma c’erano delle voci che spiccavano più di altre, come per esempio la perversione, e il voler avere sempre tutto sotto controllo, anche nei giochi di coppia.
Si chiese come una donna come lei, amante della malvagità unita alla bellezza avesse potuto accettare di diventare l’amante di Boyd.
Decise che Judo poteva avere quella bellezza che sarebbe interessata a Slan, a quel punto non gli restava che cambiare leggermente la sua personalità, in modo che non fosse un essere tremante davanti ad un demone, ma neppure che potesse in qualche modo decidere di guidare lui il gioco, la malvagità che avrebbe messo in lui sarebbe dovuta essere blanda, e questa non era una cosa del tutto facile da fare.
Mise in opera quello che la sua mente perversa aveva progettato, e nell’arco di un’ora, il torace di Judo cominciò ad alzarsi ed abbassarsi al ritmo del ritrovato respiro, ma le sue vibrazioni non erano certo umane.
Entro la notte la nuova creatura sarebbe stata pronta per quello che la aspettava.
Lo lasciò lì, mentre i raggi del tramonto illuminavano con la loro luce vermiglia la figura di Phemt che si stava allontanando, era via da molto tempo ormai, e anche se non avrebbe voluto ammetterlo era preoccupato per quello che sarebbe potuto accadere al suo compagno. Arrivato nella sua camera si rese conto con meraviglia che Gatsu stava bene, e che evidentemente non aveva ricevuto visite, la cosa avrebbe dovuto farlo stare meglio, ma un brivido gli percorse la schiena, come se sapesse benissimo che quella non era che una pace apparente.
Gatsu era addormentato come un bimbo, e il suo corpo nudo forgiato da tutte le lotte che aveva dovuto sostenere risaltava perfettamente da sotto le coperte.
Phemt si sedette su uno dei cuscini e gli passò un dito artigliato sul volto in modo da disegnarne i contorni solleticandolo maliziosamente. Gatsu si svegliò quasi subito, ma cercò di non farlo capire al suo compagno, anche se era difficile resistere alle sue carezze e al modo che aveva di farlo eccitare.
“Ma è possibile che io non possa mai dormire quando ci sei tu in giro?”
Aveva tentato di essere serio, ma era riuscito a stento a trattenere le risa; da quando era diventato il compagno di Phemt e finalmente era riuscito a dichiarare i sentimenti che si portava dentro da anni, gli era capitato spesso di sorridere, e a volte addirittura di lasciarsi andare in fragorose risate.
“E’ andato tutto bene oggi?”
“Si, non è successo niente che potesse crearmi dei problemi!”
Phemt continuava a non essere per niente tranquillo, ma anche in prospettiva del fatto che il giorno seguente avrebbe dovuto assentarsi decise di passare una serata piacevole con il suo amante, e di non pensare ad altro.   
Quando Gatsu si svegliò non c’era traccia del suo compagno e per un istante si trovò confuso e spaesato, non sapeva che cosa fare in un mondo del quale praticamente conosceva solo la camera di Phemt. 
Qualcosa in lui gli consigliava di restare chiuso in quella stanza fino al momento in cui Phemt non fosse tornato, ma era impossibile che gli altri  lo lasciassero in pace soprattutto visto che Boyd aveva ordinato loro di non lasciargli tregua.
I due scagnozzi di Boyd entrarono di soppiatto nella sua camera e lo videro immobile seduto sul letto, non si era neppure accorto della loro presenza. Senza che niente avesse potuto farlo capire il marchio di Gatsu cominciò a sanguinare copiosamente e lui non poté fare niente per reagire, l’emorragia lo privò dei sensi prima che avesse potuto capire che cosa stava accadendo.
“Boyd, signore ti abbiamo portato il prigioniero!”
La loro voce era mielosa, degna di due leccapiedi come loro.
Boyd non perse tempo neppure a guardarli, ordinò loro di lasciare il corpo di Gatsu per terra e di sparire, voleva rimanere solo con lui.
Si avvicinò all’uomo svenuto e lo guardò con disprezzo, non riusciva a capire perché Phemt fosse così attratto da lui, era la negazione stessa della bellezza, guercio e con un braccio finto, non aveva niente che potesse interessare un essere superiore come era il suo amante, ma allora perché sembrava non poterne fare a meno?
Non era quello il momento di mettersi a fare domande che non avrebbero mai avuto una risposta.
Mentalmente richiamò una pianta tentacolata e fece in modo che Gatsu fosse sospeso a mezz’aria, nel frattempo lo privò dei vestiti e si mise a contemplare quell’ammasso di muscoli, indeciso sul da farsi; poteva prenderlo personalmente e abbassarsi a toccare qualcosa che disprezzava con tutto se stesso, oppure poteva fare in modo che fossero i tentacoli a possederlo e lui sarebbe stato lì a godersi lo spettacolo.
Gatsu riprese lentamente i sensi, e appena vide Boyd davanti a sé provò a lanciarglisi contro, ma si rese immediatamente conto che non poteva compiere alcun movimento.
“E’ inutile che tenti di attaccarmi, sei solo un essere inferiore, ma sarà divertente vederti godere con dei tentacoli freddi e grossi!”
Gatsu non capiva quello che lo scheletro stava dicendo, ma nel momento stesso in cui fece un quadro della situazione in cui si trovava capì che quello che lo aspettava non era propriamente una bella cosa.
“Bastardo, lasciami andare immediatamente!”
“E perché dovrei privarmi del mio divertimento?”
“Che cosa credi che farà Phemt quando lo scoprirà?”
“Glielo dirai tu?”
Allora Boyd non sapeva che Phemt poteva leggere nella mente, non sapeva dunque niente del nuovo membro della Mano di Dio…
Cercò di liberarsi per l’ennesima volta, ma tutti i suoi sforzi erano vani, non aveva mai perso tanto sangue in vita sua, o almeno non era mai stato tanto debole per questo.
I tentacoli si strinsero intorno al suo corpo, come se fossero esseri in grado di provare piacere, strinsero le sue cosce in una morsa del tutto innaturale e lo costrinsero a divaricare le gambe in modo da facilitare il loro compito, poco importava se lui non fosse minimamente d’accordo, la sua resistenza riusciva solo a far eccitare maggiormente l’unico spettatore di quello spettacolo.
Ad un gesto della mano di Boyd, i tentacoli cominciarono ad accarezzargli il petto, come fossero le mani di un amante, più lui di dibatteva, più quelli che gli avevano divaricato le cosce stringevano, fino a ferirlo; tutto si bloccò per un attimo, il silenzio invase la sala, rotto solo dal respirare affannoso di Gatsu.
Ad un certo punto tutto echeggiò di una lugubre ed innaturale risata, che non proveniva da una bocca umana, anzi che non proveniva neppure da una bocca, era come se giungesse dalle profondità dell’inferno.
I tentacoli lo penetrarono con crudeltà, senza fermarsi, senza esitare, seguendo gli ordini che venivano loro impartiti.
Il corpo di Gatsu si irrigidì, tutto nella sua mente fu come un turbine, tutto scomparve e in quell’oscurità innaturale vide solo due cosa, il sorriso crudele di Donoban, e dietro di lui Boyd che stava comandando il gioco.
I tentacoli presero un ritmo serrato, come se avessero voluto costringerlo a partecipare, Più le spinte diventavano forti, più i suoi muscoli e la sua pelle cedevano, cominciò a perdere sangue, a provare sensazioni che non aveva mai provato, non aveva mai odiato tanto qualcuno in vita sua, non poteva perdonare chi gli stava facendo una cosa del genere, ma contemporaneamente non poteva fare niente per impedirlo, aveva ragione Phemt, lui era solo un semplice essere umano.
Phemt, che cosa avrebbe pensato di quella situazione, che cosa avrebbe fatto una volta scoperta la verità, non voleva pensarci, non voleva pensare al suo disprezzo, alla sua rabbia, ma non poteva farne a meno. In quello steso momento nella sua mente si formò un immagine, un’immagine a cui non pensava più da tanto, il sorriso di Grifis, non quello falso, che nascondeva un animo crudele e spietato, quello che gli aveva dedicato la prima volta che gli aveva mostrato il suo Bejelit.
Aveva adorato quel sorriso, anche se non lo aveva mai ammesso, adorava Grifis dalla prima volta che lo aveva visto, vedeva in lui un vero cavaliere, e non un semplice mercenario, lo aveva risparmiato, non lo aveva offeso portandoselo a letto immediatamente, quando invece avrebbe potuto avere tutte le migliori ragioni per farlo, in fin dei conti lui aveva vinto il loro primo duello.
La sua resistenza era ormai quasi del tutto esaurita, quei tentacoli erano diventati dei veri e propri membri; Gatsu fece di tutto per venire in fretta, voleva porre fine a tutta quella storia, e i suoi desideri, per una volta, furono esauriti.
Il suo seme schizzò in un attimo, e i tentacoli che lo avevano trattenuto fino ad allora, lo lasciarono in modo che cadendo si trovasse ai piedi di Boyd.
“Questo non è stato niente, se non lo lasci immediatamente ti farò molto altro!”
Detto questo sparì, lasciando Gatsu da solo, accoccolato come quando era piccolo, e mai come in quel momento si era sentito indifeso come allora.
Raccolse i suoi vestiti e se ne andò in camera sua, aveva solo voglia di non pensare a niente, di togliersi di dosso la sensazione che quei dannati tentacoli lo stessero ancora toccando.
Era stravolto, non aveva più la padronanza del suo corpo, e cosa peggiore neppure della sua mante che lo stava portando pericolosamente indietro, a un’età che non voleva ricordare.
Sdraiato sul letto, abbandonato come se quel giaciglio fosse il suo amante, perso in un mondo completamente isolato dalla realtà, fu così che Phemt lo trovò una volta entrato in camera; non gli ci volle molto per capire che qualcosa non andava.
“Cosa c’è, per avere un po’ attenzione da parte tua devo tornare a far valere il mio potere?”
“Sei tornato?”
“Si, ma tu non mi sembri molto felice di vedermi!”
“Ti sbagli, non sai neppure…”
Quella frase aveva confermato in pieno tutti i suoi sospetti, ma sapeva bene che Gatsu non avrebbe parlato per tutto l’oro del mondo, l’unico modo che aveva per capire quello che era successo era leggere nella sua mente.
Phemt si sedette sul letto e passò una mano fra i capelli di Gatsu, che a quel gesto si scansò e gli voltò le spalle.
“Scusa sono stanco, non ho riposato molto bene ieri!” 
Se gli avesse detto che voleva farsi monaco e andare in eremitaggio sui monti delle Midlands gli avrebbe sicuramente creduto di più.
“Non vuoi proprio dirmi che cosa c’è che non va vero?”
“Esatto, io non voglio parlare, sono stanco!”
“Non ti ho mai visto così! Non sei il Gatsu che conosco, quello che fece uscire il sangue dal labbro di Pipin, quello perennemente arrabbiato per tutto ciò che gli accade intorno! Adesso dimmi quello che è successo, se non vuoi che lo scopra da solo, e ti ricordo che per te non sarebbe per niente piacevole se io perdessi la calma!”
Gatsu era ostinatamente chiuso nel suo mutismo, non voleva rivelare a Phemt quello che era successo, se ne vergognava troppo per poter parlare con lui, ma questo non fece che far salire la rabbia di Phemt fino a livelli che neppure L’Arcidemone credeva di poter raggiungere.
Gli affondò gli artigli nella schiena e cominciò a far scorrere la mano, in modo da procurare dei tagli superficiali ma dolorosi.
“Sei sicuro di non voler parlare?”
Silenzio.
La mano di Phemt continuò a muoversi, risalì la schiena, passò sopra la scapola, e raggiunse la clavicola, la percorse striandola di sangue che scendeva copioso, e finalmente raggiunse il piccolo foro tra le due estremità delle clavicole, cominciò a stuzzicarlo, e alla fine passò a tormentarlo con la lingua, giocando come il gatto fa con il topo.
“Parla!”
Niente.
Phemt gli morse il collo in maniera dolorosa, poi con la mano raggiunse il petto e cominciò a tormentare i suoi capezzoli, prima li fece inturgidire con movimenti lenti e rassicuranti, una volta che furono duri li strinse fra le dita con il chiaro intento di fare male, la cosa fu talmente inaspettata che Gatsu si fece scappare un’esclamazione di dolore.
“Bene, almeno non hai perso l’uso della lingua!”
Si abbassò su di lui e gli infilò la lingua direttamente nella gola, fino a togliergli il respiro, facendo sobbalzare Gatsu,  portandolo ad avvinghiarsi al corpo di Phemt chiedendo di più, quel bacio aveva risvegliato i suoi sensi, ma non era detto che l’altro sarebbe stato pronto ad accontentarlo.
Phemt si sciolse da quell’abbraccio e ricominciò il suo gioco perverso. Scese ancora, fino ad arrivare alle gambe nude, aveva notato subito questo particolare, non portava i pantaloni, ma solo una lunga maglia.
“Stavi aspettando qualcun altro?”
Gatsu spalancò gli occhi, ma non ebbe la forza per rispondere, la lingua di Phemt stava stuzzicando malignamente l’attaccatura delle cosce, e non sembrava intenzionata a dare tregua.
Le mani di Phemt intanto si erano fatte strada fino al sesso dell’altro e lo avevano afferrato, avevano cominciato a giocare in modo perverso, accarezzandolo, solleticandolo e lasciandolo tutte le volte che diventava talmente duro per riuscire a trattenersi più a lungo.
“Smettila!”
La voce di Gatsu era arrivata come soffocata dal piacere che stava provando a causa dei giochi, perché non erano altro, di Phemt.
“Solo la tua mente vuole che io smetta, ma non il tuo corpo!”
Gatsu si irrigidì, ma non ebbe il coraggio di dire niente, sapeva bene che ogni sua parola potevano portare Phemt a capire quello che era successo. 
Phemt lo girò con poca grazia, spingendo il suo viso tra le coperte di seta, quasi fino ad impedirgli di respirare; con la mano libera strappò letteralmente la maglia e cominciò a far scorrere le sue mani sia sulla schiena che sulle natiche, fu in quel momento che per la prima volta Gatsu cercò veramente di ribellarsi alle carezze del suo amante.
Phemt ebbe per un istante un’espressione sorpresa negli occhi, ma la sorpresa ben presto lasciò spazio al furore.
“Bene! Credo di aver capito che cosa è successo!”
Gatsu lo guardò incredulo, non era possibile che avesse veramente capito, e infatti Phemt si era sì avvicinato molto alla verità, ma l’aveva fraintesa.
“Da chi cazzo ti sei fatto scopare?”
“Non è come credi, non…!”
“Sta zitto!”
Phemt aveva urlato, come mai Gatsu lo aveva visto fare, solitamente quando era furioso non perdeva mai la calma, ma quella volta era diverso, Phemt aveva perso totalmente il controllo, e non sarebbe stato facile per Gatsu farlo calmare.
Phemt lo afferrò saldamente per i fianchi, incurante delle esclamazioni di dolore di Gatsu, non aveva intenzione di farsi intenerire da quei versi, degni di una ragazzina in calore e non certo di un soldato, come Gatsu era solito farsi chiamare.
Spinse con tutta la sua forza contro quel corpo ormai scoperto ed indifeso, ed entrò completamente in lui, senza trovare troppi ostacoli da abbattere.
“Ti dimeni più tu di Charlotte, e questo mio caro non è certo un complimento!”
Gatsu non riusciva a parlare, anzi a dire la verità era già un miracolo che riuscisse a respirare, le spinte di Phemt erano state violente fin dalla prima, ma oltre a questo, il suo corpo premeva contro quello di Gatsu schiacciandolo sotto di sé, non era una bella sensazione quella che stava provando, anche perché il di sprezzo di Phemt era chiaramente percettibile, era una forza che toglieva il fiato, che non permetteva alla verità di essere pronunciata.
Phemt lo guardava come lo aveva guardato appena uscito dall’uovo di energia che gli aveva dato la vita, anche se si stava movendo dentro di lui.
L’orgasmo arrivò violento, come violento era stato l’atto che lo aveva scatenato; Gatsu non aveva neppure la forza per aprire gli occhi, ma sapeva che doveva dirgli tutto, anche se forse era troppo tardi, anche se forse Phemt non gli avrebbe creduto.
Phemt era rimasto sul letto, con le spella appoggiate sui cuscini, e la mante evidentemente concentrata su qualcosa di molto più importante di quell’essere inferiore e sanguinante che stava cercando di trascinarsi fino a lui strusciando fra le lenzuola.
“Phemt…Devi ascoltarmi, anche se quelle che sto per dirti…”
“Da quando sei diventato logorroico?”
Gatsu lo guardò, non era mai stato tanto in difficoltà, avrebbe preferito mille volte essere su un campo di battaglia, da solo davanti a centinaia di nemici, piuttosto che dover dire a Phemt quello che era successo.
“Se devi dirmi qualcosa di interessante, anche se ne dubito, fallo e basta!”
“Non hai capito un cazzo di quello che è successo…”
“Scusa, ma mi sembra che non ci sia molto da capire! Ti sei fatto scopare da un altro!”
“No maledizione! Vuoi chiudere quella bocca e ascoltarmi? Non mi sono fatto scopare, cioè sì! No insomma, Boyd…”
“Che cosa c’entra lui adesso?”
“Accidenti a te e alle tua manie di protagonismo! Boyd… Lui mi ha… mi ha fatto… mi ha fatto scopare da un mostro tentacolato!”
Phemt era rimasto esterrefatto da quello che aveva ascoltato, aveva sempre saputo che prima o poi avrebbe dovuto trovare un motivo per attaccare Boyd, e adesso il motivo gli veniva servito su un piatto d’argento.
Gatsu non riusciva a capire che cosa avessero scatenato le sue parole, se prima Phemt almeno lo ascoltava adesso era totalmente perso dietro a ragionamenti personali e non lo degnava neppure. 
Senza dire una parola si alzò dal letto e si diresse verso la porta, ma prima di uscire si girò e Gatsu vide dall’espressione dei suoi occhi che era furioso!”
“Azzardati ad uscire da questa stanza prima del mio ritorno e ti spedisco a trovare la tua Caska!”
Il marchio ricominciò a sanguinare.
Phemt sapeva bene che niente avrebbe potuto impedire lo scontro con Boyd, i due esseri svolazzanti era fin  troppo facile ucciderli, l’unica che poteva dare fastidio schierandosi dalla parte del capo era Slan, ma era troppo occupata a giocare con il suo nuovo pupazzetto biondo per intervenire in difesa di un essere che l’aveva presa per pazza quando lei aveva tentato di metterlo in guardia dal nuovo arrivato. 
Boyd era da solo, come aveva immaginato, immerso nei suoi ragionamenti sui massimi sistemi che spingono il mondo a continuare a esistere; non si accorse minimamente della nuova presenza.
“Posso conferire con te Boyd?”
“Phemt, non sapevo tu fossi tornato!”
Phemt sorrise sprezzante.
“Eppure avresti dovuto avvertire la mia presenza! Stai invecchiando Boyd!”
Boyd apparve colpito da quelle parole e dal tono con cui erano state pronunciate.
“Che cosa vuoi dire?”
“Che sei troppo vecchio ormai, per essere un capo, e che sei troppo orgoglioso e sicuro di te per capirlo!”
“Non ti permetto di mancarmi di rispetto Phemt, ho sopportato il tuo atteggiamento fino ad adesso solo perché sei appena arrivato tra noi ma…”
“NON OSARE MINACCIARMI!”
Phemt aveva urlato! No, non era stato Phemt, era stata la sua mente, questa la sua vera forza, i pensieri che possono prendere forma, diventare visibili o udibili.
Boyd che si era alzato e aveva mosso pochi passi nella sua direzione, senza rendersene conto era indietreggiato.
“Tu non sei più niente, solo un fantasma che vaga disperato, convincendo se stesso che non vuole scomparire, ma che in realtà è già scomparso!”
“Taci! Tu non sai quello che dici, non sai che cosa posso farti semplicemente alzando un dito!”
“Puoi richiamare i tuoi uomini, ma sei sicuro che loro accorreranno? E se anche loro avessero capito quello che solo tu ignori, cioè che ormai sei solo nebbia?”
Boyd non poteva più ascoltare senza fare niente per zittirlo, richiamò tutto il suo potere e si preparò ad attaccarlo.
Il primo attacco fu veloce e preciso e Phemt fu colpito al petto, un fiotto di sangue uscì dalla ferita.
“Allora, hai perso la tua baldanza? Chiedimi perdono in ginocchio e io non infierirò su di te!”
Mai come in quel momento Boyd era stato così cieco, e così somigliante al re delle Midlans.
“Non hai capito niente! Io non sapevo in che modo tu attaccassi, ma adesso ho potuto vedere le tue mosse! Hai firmato da solo la tua condanna!”
Phemt si alzò in volo e come un angelo della morte si abbatté su Boyd  con gli artigli scoperti; la prima cosa a cui mirò fu la testa, la parte più delicata di tutto il suo essere, la ferità che provocò non voleva essere mortale, ma dolorosa, in modo che non avesse il tempo di riprendersi.
I colpi si susseguirono incessantemente da ambo le parti, ma mentre quelli di Boyd non si rivelavano mai troppo forti, quelli di Phemt erano precisi e spietati.
Dopo molto tempo si stavano ancora fronteggiando, erano arrivati a un momento di stasi, la tensione era tangibile ed era evidente che quello sarebbe stato l’ultimo attacco.
I loro respiri erano alterati, il muoversi dei petti non era regolare, ma quasi frammentato, la concentrazioni a livelli che difficilmente gli umani possono raggiungere.
Fu Boyd il primo a muoversi, aveva mirato al cuore, ma nonostante la sua velocità a la stanchezza dell’avversario, quest’ultimo riuscì a schivare il colpo e portò il suo attacco.
Il tempo si fermò, il corpo di Phemt stretto a quello di Boyd in un abbraccio mortale.
Entrambi immobili, immersi nel silenzio, silenzio rotto solo dal rumore delle gocce di sangue che scorrevano sulle dita di Phemt prima di arrivare a terra.
I lunghi artigli dell’incarnazione del falco erano saldamente infisse nella fronte di Boyd, nel fulcro del suo potere, la mente.
Quella mente che gli permetteva di vedere nonostante fosse cieco, che gli permetteva di parlare nonostante le labbra cucite, che gli permetteva di esistere nonostante fosse niente di più che uno scheletro.
Credeva di avere il potere perché trasformato, non aveva niente perché non aveva mai imparato veramente che cosa voleva dire essere un uomo prima di un dio.
Il corpo cadde, producendo un rumore di ossa infrante, ai piedi di Phemt, del nuovo capo.
Gli altri tre membri accorsero richiamati da un urlo silenzioso, da una forza che non conoscevano, ma che andava oltre il principio di casualità, che andava oltre il Karma stesso.
Appena arrivarono nella stanza videro quello che era successo, ma nessuno ne fu meravigliato, nessuno tentò di protestare con Phemt per quello che aveva fatto, tutti ebbero un fremito di terrore, quello che era stato fatto a Boyd, più forte di loro tre messi insieme, adesso poteva essere fatto anche a loro.
Phemt li guardò tutti con disprezzo, troppo inferiori perché lui potesse desiderare di sporcarsi con il loro sangue.
Non avrebbe fatto lo stesso errore di Boyd o di Grifis, non avrebbe trattato alla pari, i suoi subordinati, lui era il capo e questo tutti dovevano averlo ben chiaro; dovevano avere chiara la loro inferiorità.
Si ritirò nelle sue stanze e cercò con gli occhi Gatsu che si era rintanato nel suo angolo preferito.
Phemt gli si mise davanti e lo osservò finché l’altro, sentendosi osservato non alzò gli occhi.
Aveva sentito benissimo Phemt combattere, ma nel momento in cui la sua energia si era unita a quella di Boyd nell’ultimo attacco, non aveva capito chi dei due avesse vinto, e adesso aveva paura di vedersi davanti Boyd.
“Che cosa diresti se io ti dicessi di voler diventare re delle Midlands?”
“Che dovresti sposare Charlotte!”
“E la cosa ti darebbe molta noia?”
“SI!”
Non si era reso conto di aver urlato finché non sentì l’eco della sua voce rimbombare a lungo nella stanza.
“Tranquillo, non accadrà, anche perché come nuovo capo ho in mente una cosa!”
Gatsu lo guardò cercando di immaginare che cosa avesse in mente.
“Non mi servirebbe a niente sposare una ragazza per avere un regno sulla terra!”
“Ti accontenti del poter che hai raggiunto qui? Non è da te!”
“Arguta osservazione! Vedi io non mi accontento, ma non me ne farei di niente di un regno sulla terra, quando ho deciso di distruggerla!”
Gatsu non sapeva che cosa rispondere, non sapeva neppure che cosa le parole di Phemt avevano scatenato in lui.
Era sicuro che se mai avesse ascoltato parole del genere si sarebbe battuto anima e corpo per impedire che si avverassero, ma in quel momento riusciva solo a pensare che in fin dei conti la terra era un luogo in cui lui non si era mai trovato bene, sempre costretto a uccidere per sopravvivere.
Allora gli venne in mente che la terra non era un luogo disabitato, ma anche quel nobile pensiero lasciò presto il posto alle sue constatazioni.
Di tutti gli uomini con cui aveva avuto a che fare nessuno, oltre Grifis e qualche membro della Squadra dei Falchi, era mai stato gentile con lui.
Gambino lo aveva venduto accusandolo della morte di Sis, gli abitanti delle Midlands, nonostante lui e gli altri rischiassero giornalmente la vita per difenderli dalle invasioni, lo avevano sempre guardato con paura ed odio, vedendo solo un assassino e una bocca in più da sfamare.
In fin dei conti se la terra doveva proprio essere distrutta, quello era il momento migliore, e poi lui ormai era abituato a vedere creature strane da ogni parte.
L’unica cosa che gli interessava in quel momento era la bocca di Phemt che aveva cominciato ad esplorare il suo collo, soffermandosi malignamente sul marchio. 
Anche se la terra fosse stata distrutta, e milione di creature infernali avessero camminato sulla sua superficie desolata, a lui non sarebbe importato niente, lui sarebbe stato per l’eternità l’amante di Phemt, e questa era la sola cosa che gli importasse veramente. 




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