Disclaimers:   i personaggi di Berserk sono del bravissimo Miura. SPOILER:Niente se avete letto fino alla trasformazione di Grifis
NOTE: Perdono adoratrici e adoratori di Gatsu non lapidatemi, anche io gli voglio bene in fondo


Berserk

di Spike

parte II


“Caska, dove sei, avanti vieni fuori, lo sai che io non amo molto giocare…”
Caska non rispondeva, ma lui sapeva bene che era lì da qualche parte, nascosta perché nessuno la trovasse, e completamente folle per ciò che Phemt le aveva fatto; ma era lì, percepiva chiaramente il suo odore, l’odore della paura. Decise di riassumere sembianze umane per evitare che la donna scappasse, non aveva voglia di mettersi a rincorrerla; il suo piano funzionò egregiamente, appena la donna vide il volto del suo Generale uscì dal nascondiglio e gli andò incontro fiduciosa.
“Povera sciocca, non sai neppure quello che ti succederà, e tu ti fidi di me fino al punto di venire spontaneamente dal tuo carnefice, ma sorridi, perché morirai davanti al tuo uomo!”
La ragazza non capiva niente di quello che lui stava dicendo e da una parte era sicuramente meglio.
Montarono entrambi sul cavallo bianco che era stato di Grifis, e si diressero verso il castello.
“Quante volte ho sognato che tu prendessi in braccio e mi portassi sul tuo cavallo bianco incontro ad un tramonto!”
Phemt si sorprese, non aveva pensato che fosse ancora in grado di parlare, ma si rese conto che viveva in un mondo suo, dove quella scena si era già svolta milioni di volte; ma in quel momento non c’era nessun tramonto.
La fece scendere dal cavallo e la precedette nella sala dove Gatsu era ancora imprigionato, ai suoi piedi appena entrò Phemt vide che c’era un piccolo lago di sangue.
“Mio caro, devi smetterla di agitarti, alla fine potresti farti molto molto male!”
Le catene ormai erano nella carne di Gatsu, e solo con immenso dolore si sarebbero potute dividere da quel corpo, il solo pensiero eccitò Phemt come nient’altro sarebbe riuscito a fare.
“Ho una sorpresa per te!”
Mentalmente chiamò Caska che seguendo quel segnale fece in un attimo ad arrivare in una sala che non aveva mai visto.
“Spero che il mio regalo sia di tuo gradimento!”
Gatsu era rimasto immobile, e questo era stato un bene, altrimenti le catene sarebbero arrivate ai tendini.
“Avvicinati mia cara, non avrai paura di lui vero?”
“Si, lui non è mio amico, lui ti porterà via da me!”
“Adesso capisci qual è la verità Ecatombe, chi vive nei sogni di questa donna, credi veramente che lei sia innamorata di te? Sappi che anche se è completamente folle lei non può far tacere il suo cuore!”
“Basta, stai zitto, ti sei già preso tutto, perché continui a tormentarmi, adesso grazie a te non ho più neppure l’illusione di un amore!”
“Che diavolo stai dicendo? Che cosa te ne fai di un’illusione quando puoi avere un vero amore, anche se non puro!”
Caska intanto si era avvicinata e aveva preso le mani di Grifis che non aveva ripreso le sue vere sembianze, quelle che sicuramente l’avrebbero terrorizzata.
Era come una bambina che per la prima volta scopre qualcosa di bello e non vuole staccarsene, perché ha paura che qualcuno possa portarglielo via, era profondamente cambiata, e niente l’avrebbe fatta tornare la donna di un tempo.
“Credo che sia arrivato il momento per mettere le cose in chiaro, e la parola fine ad una storia che non è mai cominciata!”
“Ti prego, se in te c’è ancora qualcosa dell’uomo che non si prese da me quello che voleva perché aveva capito che non avrei sopportato di essere lo schiavo di un uomo, allora non farle del male, lasciala andare, e io farò tutto ciò che vorrai!”
“Gatsu, se io la lasciassi andare, tu penseresti sempre a lei e vorresti ritrovarla, e io non posso permettere che una cosa del genere accada!”
“Caska, vieni qui, avvicinati, aiutami a slegarlo, altrimenti il nostro amico finirà con il morire dissanguato!”
“Tu sei sempre flemmatico, ma quando si tratta di lui perdi il controllo!”
“Caska aiutami, questo è un ordine, e vedi di non fare niente che possa provocargli dolore.”
Alla fine riuscirono a liberarlo, e lo deposero per terra, in modo che le ferite che si era procurato smettessero una volta per tutte di sanguinare.
“Bene, mio caro, a questo punto possiamo dare inizio allo spettacolo che ne dici?”
“No, non farlo ti prego!”
“Le preghiere sono inutili, e ricorda che tutto quello che sta succedendo, sta succedendo per causa tua, e non mia!”   
“Sei un bastardo, ti nascondi dietro alla scusa che secondo te io ti avrei tradito, ma è perché provi piacere che fai tutto questo, e io ti odio con tutto me stesso!”
“Il tuo odio è talmente simile all’unico modo che conosci per amare che la cosa non mi sfiora, anzi mi rende ancora più forte!”
“Che cosa devo fare per impedirti di farle del male?”
“Ma come, nonostante abbia ammesso per la seconda volta davanti ai tuoi occhi di amare me, tu vuoi ancora salvarla?”
“Lei è tutto quello che resta della Squadra dei Falchi!”
“Io sono la Squadra dei Falchi, se vuoi salvarne la memoria cadi in contrasto con le tue precedenti parole, ma non pretendo che tu ammetta subito quello che in realtà provi e vuoi!”
“Perché? rispondi solo alla mia domanda, perché?”
“Perché hai sempre saputo che la Squadra non mi bastava, e che non mi bastava neppure essere Generale o re, volevo molto di più, se da piccolo desideravo il castello, crescendo ho cominciato a volere il mondo, e da dove posso portare a compimento questa mia impresa se non dal luogo dove tutti prima o poi finiranno?”
“Ci sono anche degli innocenti!”
“Proprio tu che non guardi in faccia donne e bambini mi dici che ci sono degli innocenti!? Non esistono i buoni, esistono solo circostanze, ma come ben sai le circostanze cambiano molto rapidamente!”
“Non sei Grifis, in te non c’è niente di lui!”
“Ti sbagli, perché vedi Gatsu, quello che sono adesso è quello che sono sempre stato veramente, e non essere meravigliato, non ti sarai mica illuso di avermi conosciuto e capito veramente solo perché sono stato così folle da parlare con te qualche volta?!”
Gatsu capiva che era vero, che non aveva mai conosciuto Grifis, lo credeva ma non era così.
Intanto lui si era alzato e aveva raggiunto Caska che girava su se stessa come avrebbe fatto una bambina su un prato guardando le nuvole di primavera.
“Caska, vieni qui avvicinati, non avere paura, lui non ti farà niente, ci sono io!”
“Caska vattene, non fidarti, lui non è Grifis, vai via!”
Gatsu stava tentando di alzarsi, e contemporaneamente gridava in direzione della ragazza perché si allontanasse, ma lei non ascoltava le sue parole, era troppo presa a vivere quegli istanti di felicità che aveva sempre desiderato trascorrere con il suo Generale.
E le ferite che lui aveva addosso gli impedirono ben presto di alzarsi e anche solo di provare a farlo, ma questo non gli impedì di urlare ancora, sperando che quella volta Caska lo ascoltasse, gli desse retta e se andasse senza girarsi più indietro; ma ciò non avvenne, perché il destino (n.b. cioè l’imparzialissima Autrice) aveva deciso che lei sarebbe morta, e che Gatsu doveva vedere tutto quello che accadeva.
Caska finalmente si mostrò spaventata, ma la speranza di Gatsu era destinata ben presto a svanire, infatti la ragazza si avvicinò a Grifis prendendogli il polso pregandolo di far sì che l’uomo disteso a terra la smettesse di urlare, era lui che la stava spaventando.
“Come vedi mio caro, lei chiede aiuto a me per essere protetta da te, e non il contrario; sei ancora sicuro che una donna così meriti il tuo amore, o qualunque altra cosa tu stia provando per lei? Sei uno sciocco, l’amore non esiste e nessuno è degno di essere amato più della propria vita credimi, e poi tu lo sai meglio di me, hai voluto bene a Gambino, e lui ti ha venduto, e anche Caska ti ha fatto credere di volerti bene, ma in realtà non era così, di quante altre prove hai bisogno prima di capire questo?”
Gatsu non rispose, non credeva a quello che Grifis stava dicendo, era convinto che anche se non amava Caska come credeva, lei fosse degna di essere salvata, in fin dei conti aveva portato in grembo suo figlio per un breve periodo.
“Nostro figlio, devo forse ricordarti che forma ha?”
“Ti sei portato via tutto, per favore lasciala vivere…”
“Ho già risposto alla tua domanda e alla tua supplica, e non ho cambiato idea!”
Afferrò Caska per la vita, e proprio nel momento in cui la donna si voltò per capire che cosa stesse succedendo Grifis tornò ad essere Phemt. La ragazza urlò e cercò di divincolarsi da quell’abbraccio che non accettava più, ma più lei si agitava, più la stretta si faceva ferrea e dolorosa.
Phemt sorrise, e decine di tentacoli viscidi afferrarono la donna, quattro in particolare erano più robusti degli altri, e le afferrarono gli arti in modo tale da lasciarla appesa come una X.
L’occhio di Gatsu si riempì di terrore.
Ad un cenno di Phemt i quattro tentacoli cominciarono a tirare nelle quattro direzioni verso cui erano orientati, in pochi secondi il tenero corpo di Caska era squartato, e una cascata di sangue aveva raggiunto il pavimento e lo stesso Gatsu.
“NOOOOOOOOOOO!”
“Rassegnati, il suo destino era segnato, e poi tu avevi tentato di metterla in guardia, è stata lei che non ha voluto darti retta Ecatombe!”
Il sangue di Caska scorreva ancora dal suo corpo martoriato, e ben presto arrivò a toccare anche il corpo intirizzito dallo sgomento di Gatsu, e tutto questo sotto gli occhi imperturbabili di Phemth, che era presente, ma guardava come se fosse assente, e che sentiva il dolore che stava straziando l’animo di Gatsu, ma che faceva finta di non sentire.
Phemt gli si avvicinò senza che Gatsu se ne accorgesse, per un istante la sua mente si era dimenticata della sua presenza, ma appena sentì che mani artigliate lo stavano accarezzando e contemporaneamente spogliando si riebbe un po’ e cercò di sottrarsi a quello che stava accadendo. 
“Avanti, non vorrai privarmi della mia fantasia vero?”
Una risata sommessa uscì dalle sue labbra prima che queste si appoggiassero con forza a quelle di Gatsu.
Il corpo delle Guerriero Nero si irrigidì, cercò di sottrarsi alla stretta del suo amante, ma Phemt non esitò ad usare buona parte della sua forza per farlo stare fermo, per poter meglio abusare di lui più volte, mentre il corpo di Gatsu non si ricopriva solo del suo seme, ma anche del sangue di Caska.
Phemt aveva raggiunto il suo obiettivo.
Dopo molto tempo tornò il silenzio nella stanza, Gatsu era troppo stanco per continuare ad urlare, e si era finalmente deciso a tentare di riprendere fiato.
L’unica cosa di cui si rese conto con dolore era che non riusciva a piangere, era veramente così cambiato in tutti quegli anni passati a combattere contro creature che popolano gli incubi delle persone normali oppure era vero quello che il suo aguzzino non si stancava di ripetere?
Probabilmente erano entrambe le cose.
Si guardò intorno e si rese conto solo in quel momento che Phemt non era più con lui, per un istante sperò che se ne fosse andato per sempre, solo allora si rese conto che i tentacoli che tenevano il corpo straziato erano spariti e che i resti giacevano sul pavimento.
Si alzò con uno sforzo terrificante, provando non solo fastidio, ma vero e proprio dolore, e cercò i suoi vestiti e dopo averli recuperati raccolse i quattro pezzi e li portò nel cortile interno della reggia per seppellirli sperando in cuor suo che almeno lei non tornasse, aveva sofferto anche troppo a causa del folle amore che lui provava per il suo ex generale.
Non c’era più nessun motivo per negare quello che era sempre stato evidente agli occhi di tutti, ormai l’unica donna che forse avrebbe potuto fargli dimenticare Grifis era  morta, il suo orgoglio era stato cancellato dalle carezze di Phemt, e la sua illusione di essere forte era stata distrutta dalla sconfitta appena subita, che cosa rimaneva di lui adesso? Che cosa rimaneva di un uomo conosciuto prima come Ecatombe, il terrore degli eserciti che si trovavano a combattere contro la Squadra dei Falchi, ed in seguito come il Guerriero nero? Niente, non era rimasto niente, tutto era stato distrutto…
“Una sublime dichiarazione di resa Gatsu!”
La voce di Phemt era tornata vellutata come quella dell’uomo che aveva ammirato molti anni prima, ma non rispose, ormai sapeva di essere un suo giocattolo, bastava aspettare il momento in cui si sarebbe stancato e lo avrebbe gettato via.
“Non sperare che la mia vendetta sia compiuta Gatsu, c’è ancora una cosa: l’ultima, ma la più importante!” 
A questo punto il guerriero non seguiva più il suo discorso.
“Cosa vuoi dire?”
La sua voce era arrivata come da lontano, priva di forza e di voglia di reagire, ma con una punta di timore per quello che lo attendeva.
“Che adesso mi appartieni e che sarai mio per sempre!”
“Mi dispiace contraddirti, ma il sempre per me è relativo, prima o poi morirò!”
“E’ vero, e avrai diritto ad un posto all’inferno, ma se io ti portassi nell’anticamera dell’inferno stesso, in quel luogo che già una volta raggiungesti allora tutto sarebbe diverso!”
“Non capisco!”
“Mio caro in quel luogo il tempo non esiste, e tu sarai tale e quale ad ora anche fra cento anni!”
Gatsu impallidì, aveva pensato a tutto per far durare in eterno il suo tormento.
“Perché menti a te stesso dicendo che è un tormento quando sappiamo bene entrambi che è quello che vuoi anche tu?”
Gatsu sorrise amaramente, veramente non capiva o faceva solo finta? Gli era davvero impossibile comprendere che sebbene lo desiderasse più dell’aria che respirava per lui era doloroso anche solo ammetterlo? Era come ammettere di aver combattuto per anni a difesa di un castello di carte costruito in aria, come ammettere di aver sempre sbagliato, di essere colpevole, colpevole di tutto e soprattutto del fatto di non avere mai detto la verità per orgoglio e per paura.
“Adesso basta, smettila di torturarti, quello è il tuo passato, io sono il tuo presente ed il tuo futuro, non lo dimenticare mai Gatsu, tu vivi per me e per mia volontà!”
“Sei gentile!”
“E tu sei solo un idiota, ti chiedi perché non capisco, quando neppure tu capisci me!”
“Non si può capire uno con la tua mente!”
“Sto per dirti una cosa che ti sconvolgerà, un piccolo segreto!”
Gatsu lo guardò con aria interrogativa, sembrava finalmente essersi ripreso dal suo stato di apatia.
“Io devo averti a tutti i costi, o nella peggiore delle ipotesi devo ucciderti perché non posso permetterti di continuare a vagare sulla terra mentre cerchi di sconfiggermi!”
“Hai forse paura di me generale?”
“Sciocco, l’unica cosa di cui ho paura è il sentimento che provo per te!”
Gatsu non ebbe il tempo di rimanere sorpreso perché sentì le mani del suo peggiore incubo afferrarlo per la vita e trascinarselo contro, e due labbra calde ed umide ricoprire la sua bocca.
Tutto turbinò attorno a lui e alla fine perse i sensi.
Quando si riprese era in un luogo che non riconosceva, sdraiato su un grande letto con le coltri nere immerso nell’oscurità.
“Ti sei ripreso finalmente, stavo cominciando a preoccuparmi, spero che il viaggio sia stato di tuo gradimento!”
L’ultima parte del discorso era stata pronunciata con evidente ironia, era ovvio che Gatsu non ricordasse niente di quello che era successo nelle ultime ore.
“Dove mi trovo?”
“Non lo intuisci guerriero? Eppure sono sempre stato convinto che tu fossi abbastanza sveglio!”
Gatsu non rispose, emise solo un sospiro sommesso, non aveva voglia di giocare, era troppo stanco, aspettò che Phemt gli dicesse quello che voleva sapere.
“Sei nella mia stanza, e non pensare che per te sarà facile uscire di qua!”
“Non ci avevo neppure pensato!”
Phemt stava per ribattere quando un Incubus entrò nella stanza per avvertirlo che mancava solo lui alla riunione dei Cinque.
“Spero che non ti annoierai a stare da solo, ma se vuoi ti lascio Incubus a farti compagnia!”
Se ne andò emanando una risata agghiacciante, mentre Gatsu cercava disperatamente la sua Ammazzadraghi, e solo allora si rese conto che la sua spada non era in quella stanza. Per la prima volta nella sua vita si sentì veramente indifeso e sconfitto.
Sembrava che il tempo non passasse mai in quello strano luogo di cui gli uomini non immaginano l’esistenza fino al giorno in cui non vi fanno la loro entrata trionfale come spettri.
Gatsu si trovò a sperare che Phemt tornasse presto da lui, la sensazione che provava in quel momento era molto diversa dalla semplice solitudine che in fin dei conti aveva sempre regnato nel suo cuore, era più forte, o forse era semplicemente la consapevolezza di essere l’unico essere umano ancora vivo in quel posto. 
“Tu un essere umano, non farmi ridere!”
Normalmente il Guerriero Nero si sarebbe infuriato a sentirsi preso in giro in quel modo dannatamente evidente, ma quella volta non accadde niente del genere. Era come se nel momento stesso in cui lui era entrato, avesse percepito che forse non era finita del tutto per Grifis, forse il Generale poteva ancora essere salvato, e forse per la prima volta entrambi avrebbero potuto finalmente trovare ciò che non avevano mai avuto, ma proprio quando mancava così poco perché quei pensieri giungessero alla mente di Phemt una parte di lui, la più feroce e la più nascosta si svegliò adirata. Mai! Non avrebbe mai ceduto il passo così facilmente a quel ragazzino di 15 anni che era ancora grato a qualcuno che non esisteva più per non essere stato usato come schiavo dalla prima volta.
“Sembra che tu abbia più problemi di me a fare in modo che tutti i tuoi sentimenti si mettano d’accordo una volta per tutte!”
“Bella scoperta, non mi è mai sembrato che tu avessi più di un sentimento!”
“Mio caro, per odiare occorre molta più forza di quanta non ne occorra per fingere di amare!”
“Perché dici fingere!?”
“Perché secondo me l’amore vero e totale non esiste, non è possibile: altrimenti non esisterebbero le guerre e tutto quello che portano, tutto ciò che ci ha resi quello che eravamo prima del tuo tradimento!”
Le ultime parole erano state pronunciate con una furia indicibile, era evidente che la parte che rimaneva di Grifis non aveva ancora dimenticato quel giorno ormai così lontano. La ferita alla spalla, anche se non era grave, aveva effettivamente ucciso quell’uomo, e tutto quello che seguì fu solo una causa di quello che alla luce di tutti gli avvenimenti era stato un vero e proprio tradimento.
“Cosa c’è Gatsu, non trovi parole per ribattere?”
Gatsu avrebbe dato qualunque cosa per togliergli dagli occhi quella freddezza, avrebbe preferito essere massacrato piuttosto che dover sopportare quella situazione, in cuor suo sapeva che la colpa non era del tutto sua, che anche Grifis aveva la sua parte di colpa, anche se non aveva ancora capito bene quale, ma in quel momento tutto passava in secondo piano.
“Rispondimi maledizione!”
Phemt si stava infuriando, e non sarebbe stato piacevole, ma non poteva, non riusciva a parlare, a concludere un pensiero coerente nella sua mente, tutto era confuso.
A malapena si rese conto di dita forzute che gli afferrarono il braccio e lo costrinsero ad abbandonare la sua posizione di difesa personale, quella che teneva fin da piccolo, non aveva mai creduto di essere un avversario facile da battere, anzi aveva sempre ritenuto di potersela cavare in qualsiasi frangente, ma non aveva ancora fatto i conti con la vera forza di Phemt, anche se ne aveva avuto un assaggio, e soprattutto si era quasi dimenticato dell’effetto che il suo amante aveva sul suo marchio, che come risvegliato da un lungo sonno cominciò a sanguinare copiosamente.
Gatsu sentiva che stava diventando sempre più debole, e in quel modo non avrebbe potuto neppure opporre quel minimo di resistenza che gli serviva per stare in pace con se stesso.
“Ti odio!”
“Sono stanco di ripetere le stesse cose, ormai anche i muri di questo posto hanno imparato che stai mentendo a te stesso, e poi anche se tu mi odiassi veramente non faresti che rafforzarmi, io mi nutro di tutti i tuoi sentimenti negativi amore mio!”
Gatsu spalancò l’occhio, ancora non sopportava di essere preso in giro, e a questo non si sarebbe mai abituato.
“E’ inutile che mi guardi come se volessi divorarmi in un sol boccone, prima di quanto tu stesso possa immaginare io ti renderò un gattino che mangia nelle mani del suo signore, ops scusa, credo che si dica padrone!”
Il guerriero dette uno strattone con tutte le sue forze per tentare di liberarsi dalla stretta di Phemt, ma la cosa non era facilissima, tanto che alla fine decise di tentare il tutto per tutto e fece quello che avrebbe fatto qualunque gatto selvaggio, lo morse con i suoi denti appuntiti.
“Ma come, non ho ancora cominciato con te e tu ti vuoi già ribellare?”
Non era stata propriamente la reazione che si era aspettato, ma almeno credeva di avergli fatto capire che nel suo nuovo ruolo di domatore avrebbe trovato pane per i suoi denti.
“Adesso mio  caro credo che ci convenga andare a letto!”
“Non è che tu ci abbia guadagnato molto a diventare un demone, quando eri un essere umano potevi passare in piedi tutta la notte…”
“Chi ha mai detto che voglio dormire mio ingenuo compagno!”
Sotto questo punto di vista aveva ragione a chiamarlo ingenuo, lo era ancora, non riusciva mai a capire quando Phemt avesse intenzione di fare sesso con lui se non quando se lo ritrovava addosso, era ora che si desse una svegliata se non voleva sempre soccombere senza neppure avere la possibilità di difendersi.
Non poteva cedere, o forse molto più semplicemente non voleva, ma era come se tutto fosse stato già deciso. 
Si trovò steso sul grande letto in modo da non poter muovere neppure un muscolo, non poteva neppure dire che si sentiva come quando aveva sette anni, avrebbe mentito a se stesso, e l’altro lo avrebbe capito immediatamente; non era come allora, non era uno stupro vero e proprio, o meglio lo era solo in parte, quella volta anche se avrebbe fatto di tutto per non ammetterlo, provava piacere, ma provava piacere in una cosa che non poteva scegliere se fare o meno: era assurdo.
Ripensò a quando era un membro della Squadra e aveva la sensazione di essere libero, solo dopo molto tempo si era accorto che non era così, che Grifis riusciva a tenerlo imprigionato facendogli credere il contrario; con lui la sua vita era stata una gabbia senza sbarre e una libertà senza orizzonti.
Sentì vagamente la lingua di Phemt accarezzare la pelle del suo collo, soffermarsi sul marchio ed inumidirlo, senza farlo sanguinare, la sentì risalire e premere sulle sue labbra chiuse per entrare, la pressione si fece sempre più insistente e lui non poté evitare di farla entrare, di lottare con lei, di giocare, quando lui lo toccava difficilmente riusciva ad essere indifferente come avrebbe voluto.
“Allora capitano, dov’è finita tutta la tua baldanza? Non dirmi che basta qualche carezza per placare una belva!”
Ancora quella dannata ironia che lui non sopportava che trovava odiosa e che lo avrebbe fatto reagire come un folle se fosse stata usata da un altro.
Stava per rispondergli quando una carezza di Phemt un po’ più intima delle altre lo fece sussultare e gemere, il suo aguzzino sorrise, gli piaceva averlo completamente alla sua mercé e farlo vergognare di arrendersi così facilmente prima di possederlo.
Quando Phemt si rese conto che Gatsu ormai non concepiva altro che le sue mani ed il suo corpo con un improvviso scatto di reni lo penetrò facendolo tornare alla realtà, lo possedette con forza per tutta la notte, o almeno Gatsu credeva che fosse notte, era difficile stabilirlo in quel mondo senza sole e senza stelle.
Si addormentò sfinito e dolorante, odiandosi per quello che era nuovamente successo, ma non passò molto tempo assorto in quei pensieri, la stanchezza prese presto il sopravvento e lo fece cadere in un sonno profondo e senza sogni, talmente profondo e per lui così innaturale che sentì a malapena il braccio di Phemt passargli sotto la vita per stringerlo e costringerlo a sé.
Solo quando Phemt si mosse anche Gatsu tornò lentamente alla realtà, era la prima volta dopo anni che dormiva in un letto, ed era anche la prima volta che si svegliava con qualcuno accanto, si scoprì a pensare che non era poi una cosa così brutta.
“Tempo fa ho conosciuto qualcuno a cui verrebbe un vero e proprio infarto se ci vedesse in questo momento!”
“Stai forse parlando di Lady Farnese mio caro?”
“E tu come diavolo fai a conoscerla?”
“Era il capitano del Sacro Ordine della Catena se non mi sbaglio, ma non è per questo che la conosco, quanto per il fatto che Mozgus dell’ordine del Libro Insanguinato è uno dei nostri accoliti!”
“Sono stato un vero stupido a non pensarci prima, solo voi potevate aver liberato sulla terra un tale bastardo!”
“Attento con la lingua! Non credere di essere di essere dalla parte del bene e tanto meno da quella del giusto!”
La loro discussione finì così, anche perché Gatsu sapeva bene che cosa Phemt aveva voluto intendere con quella frase.
Phemt intanto si era alzato e aveva lasciato la stanza, si vedeva lontano un miglio che se non avesse potuto uccidere almeno un centinaio di persone non sarebbe riuscito a liberarsi della rabbia accumulata.
Per tutta la giornata Gatsu stette completamente solo, anche se a volte gli sembrava di udire delle voci. 
Per ingannare il tempo ripensò a tutto quello che era successo da quando era tornato per aiutare gli altri a liberare Grifis e gli parve di poter dire senza timore di essere smentito che il momento in cui aveva sofferto di più non era stato come aveva sempre sostenuto quando vide Phemt violentare Caska, bensì quando vide come era ridotto Grifis dopo un anno di torture.
Doveva fare qualcosa, non era possibile che passasse le sue giornate ad ammettere di amarlo e le sue notti a dire di odiarlo, o trovava una via di mezzo o si decideva a intraprendere fino in fondo una delle due strade anche se non avrebbe potuto tornare più indietro.
Mentre stava pensando, come ormai gli succedeva da tempo (cosa alla quale non era abituato), sentì una presenza che si avvicinava, ma non era Phemt: la pelle del suo collo si stava tendendo troppo, come se volesse strapparsi, segno evidente che chiunque fosse non stava celando il suo vero essere. Poco prima che la porta venisse aperta sentì il sangue scorrergli con un getto improvviso e caldo, il dolore era atroce, il peggiore che avesse mai provato in vita sua. Cercò di stare in piedi, ma cadde a terra debole come un bambino, fu allora che vide solo l’orlo di una lunga tunica nera.
“E così tu saresti il nuovo giocattolo di Phemt!”
Anche se Gatsu non riusciva a vedere il suo volto sapeva che quella voce non era stata emessa da una bocca.
“Dovrei ucciderti per la tua sfacciataggine stupido umano, come puoi anche solo pensare di essere alla sua altezza!”
Dal tono in cui quelle parole venivano pronunciate Gatsu capì che anche il nuovo venuto doveva avere un certo interesse per Phemt, e questo gli provocò una fitta di gelosia incredibile.
“Per giunta sei anche un verme marchiato, solo carne da macello!”
“Sarò anche solo un verme, ma sono quello che lui ha sempre voluto!”
Boyd si era aspettato di tutto, dalle suppliche alle lacrime da quell’essere inferiore, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato a sfidarlo apertamente, e la cosa che lo faceva più infuriare era che sembrava aver capito dove voleva arrivare.
“Boyd, che piacere averti nelle mie stanze, posso fare qualcosa per te?”
Mentre parlava Phemt si stava avvicinando a Gatsu, una volta raggiuntolo si inginocchiò accanto a lui e gli coprì il marchio con la mano, in modo da formare una barriera tra la carne martoriata e il potere di Boyd.
“Niente di particolare Phemt, stavo solo parlando con il tuo giocattolo!”
Phemt era rimasto accanto a Gatsu, e Boyd non aveva potuto vedere lo scintillio d’odio che gli era passato negli occhi per un istante.
Una volta che il capo dei Cinque della Mano di Dio fu uscito Phemt aiutò Gatsu ad alzarsi e lo depose delicatamente sul letto.
“Stai bene?”
“Si non preoccuparti… Sembra che io abbia scatenato le ire di qualcuno con la mia presenza!”
“Non metterti contro di lui!”
“Lo sai che ho sempre combattuto contro quelli che si credevano più forti!”
“Lo so, ma so anche che per evitare che Zodd ti ammazzasse ha quasi ammazzato me…!”
Gatsu guardò dall’altra parte, ricordava quel giorno, e soprattutto ricordava come Grifis si fosse avventato contro il nemico pur di salvargli la vita.
“Anche allora mi desideravi, nonostante la principessa ti morisse dietro?”
“Non era solo desiderio e lo sai bene!”
“Perché fra noi deve essere tutto così complicato?”
“Non lo so, forse solo perché siamo due uomini!”
“Boyd ti vuole e io…”
“Tu cosa Gatsu!”
“Niente!”
“Bugiardo, ti leggo negli occhi quello che volevi dire!”
“Perché non fai qualcosa allora!”
“Perché per adesso non posso fare niente!”
“Già dimenticavo, sei tu quello che fu disposto a  vendere il suo corpo al Governatore!”
Phemt lo guardò con ira, poi si limitò a sorridere.
“Almeno io, a differenza di qualcuno, ho sempre avuto il controllo sulla mia vita e sul mio corpo!”
Quelle parole colpirono Gatsu più di una stilettata al cuore.
“Avevo solo sette anni maledizione, e mi vergogno abbastanza di quello che è successo anche senza che tu mi dica niente a riguardo!”
Una carezza dolce gli sfiorò i capelli e scese poi sulla guancia. 
Era il modo in cui Phemt cercava di non farlo pensare a che cosa gli era successo?
No, se avesse voluto che lui non ci pensasse non avrebbe fatto in modo di ricordarglielo; forse, molto più semplicemente era solo il suo modo per chiedergli scusa, non era mai stato troppo bravo con le parole a fare certe cose.
Gatsu avrebbe desiderato che lui non smettesse mai, ma si rese anche conto che Phemt stava per alzarsi, per lasciarlo nuovamente da solo; fu quasi colto dal panico, e decise di fare l’unica cosa che gli venne in mente, gli afferrò un braccio e lo strattonò violentemente, tanto che Phemt per non finirgli addosso dovette bloccarsi e mettere le braccia accanto alla sua testa, era la posizione migliore per fare quello che aveva in mente.
Senza dare il tempo al demone di ribattere si alzò e appoggiò le sue labbra su quelle dell’altro.
Phemt fu colto alla sprovvista e solo dopo un po’ capì dove volesse andare a parare il suo compagno.
Non gli dispiaceva che per una volta fosse lui a fare la prima mossa e a prendere l’iniziativa.
Non era male violarlo, ma non era abbastanza se voleva fargli capire una volta per tutte che neppure lui poteva più farne a meno ormai.
Gatsu si fermò un attimo esitante, non aveva mai fatto una cosa del genere, non aveva mai tentato di sedurre un uomo, e adesso non sapeva bene come continuare.
“Cosa c’è, hai perso la tua baldanza?”
“Io, no, certo che no!”
Si sollevò un po’ in modo che i loro corpi fossero in grado di toccarsi e si mosse piano strusciando contro di lui.
“Se non la smetti immediatamente perderò il controllo!”   
Gatsu sorrise e basta, a quel punto avrebbe giocato il tutto per tutto; era curioso, curioso di sapere che cosa si provasse ad appartenere a Phemt senza che lui usasse la violenza; no, era curioso di sapere che cosa si provava ad appartenere a Grifis.
Tutto aveva i contorni indefiniti di un sogno, Gatsu non si era mai sentito preda della passione e dell’eccitazione come nel momento in cui sentì Phemt entrare in lui con un solo gesto fluido, era la prima volta che poteva abbandonarsi senza preoccupazioni alle carezze e agli abbracci del suo amore, si ormai era certo, non poteva più affermare il contrario, lui lo amava, amava quell’essere mostruoso e crudele, ma che sapeva essere anche così dolce e rassicurante.
Prima di addormentarsi Phemt incrociò le gambe con quelle di Gatsu, e lui appoggiò la testa sul suo petto, come avrebbe fatto qualunque innamorato con il proprio compagno.
Adesso che aveva finalmente accettato la verità, doveva però difendersi da chi non voleva che la loro storia continuasse, e come al solito l’ostacolo non era dei più facile da superare, era come se qualcuno avesse deciso che per ogni istante di felicità doveva pagare con indicibili sofferenze, ma questa volta sarebbe arrivato fino in fondo nella sua lotta, la posta in gioco era troppo alta perché lui potesse tirarsi indietro.
Si lasciò sfuggire un piccolo gemito di soddisfazione poco prima di addormentarsi, quando Phemt lo avvicinò ancora di più a sé. 
Boyd quella mattina sembrava di pessimo umore, nessuno dei Cinque, neppure Slan la sua favorita era riuscitaad avvicinarsi senza che l’altro l’avesse cacciata in malo modo.
Non lo accettava, non poteva accettare che gli fosse preferito un semplice essere umano e per giunta marchiato; nonostante ci avesse pensato tutta la notte non riusciva a capire perché Phemt lo desiderasse a tal punto da portarlo nel loro regno, non aveva esitato a consacrarlo insieme agli altri.
“Signore, il re delle Midlans è morto!”
“Che cosa vuoi che me ne importi…!”
“Ma signore!”
“Andatevene e non fatevi più vedere, se tornate prima che io lo abbia ordinato potrete dire addio alle
vostre vite!”
I due esseri uscirono dalla stanza con tutta la velocità che la loro stazza permettesse.
“Boyd, volevano solo ricordarti della profezia!”
Phemt gli aveva parlato con un tono di voce basso e suadente, come era suo solito quando voleva mettere in risalto un suo errore, e da quando era diventato un Arcidemone la cosa era successa molte volte.
Se solo Boyd non fosse stato troppo impegnato a guardare Phemt con l’obiettivo, per altro malcelato, di portarselo a letto forse avrebbe capito che il nuovo arrivato stava lavorando nell’ombra per prendere il suo posto.
“Profezia? Di che…!”
Phemt mosse impercettibilmente gli angoli della bocca in un accenno di sorriso; era la prima volta che il capo si faceva cogliere in errore.
“Lascia perdere, abbiamo ancora tempo prima di allora, ma se mi è permesso ti consiglierei di riposarti, mi sembri stanco ultimamente!”
“Non preoccuparti, non sono uno che si lascia andare facilmente!”
Il solo fatto che quelle parole fossero state pronunciate rivelò a Phemt che la via che ancora lo divideva dal raggiungere il fine ultimo dei suoi progetti non era poi così lunga come aveva creduto.
Per una volta fu felice di aver fatto un errore di  valutazione.
Boyd si allontanò in silenzio, aveva altro a cui pensare, la profezia non era certo la cosa più importante in quel momento.
“Ma non lo capisci che sta solo tentando di prendere il tuo posto?”
La voce di Slan lo distolse dai suoi pensieri.
“Mia cara, sono ancora in grado di tenere testa a Phemt, non fare il grosso errore di sottovalutarmi!”
“Boyd ascoltami, tu non capisci, non vedi quello che vediamo noi, lui non ti è fedele!”                   
“Sei solo tu che vedi queste cose, e come ti ho già detto non sottovalutarmi!”
“Ascoltami...”
“Adesso basta Slan, vedi di controllare la tua gelosia, non mi va che nel nostro gruppo non ci sia unione! E tu sai bene che cosa succede a coloro che tentano di mettere gli uni contro gli altri, dico bene?” 
La donna se ne andò oltraggiata, non sarebbe stata ad ascoltare quelle parole un istante di più, se il loro capo era così folle da non accorgersi di avere una serpe in seno, forse voleva proprio dire che era ora che venisse sostituito da qualcuno di più scaltro e malvagio, e Phemt era entrambe le cose.
Gatsu sentì nuovamente il marchio fremere come era successo il giorno prima, e capì chi stava per andarlo a trovare.
Boyd entrò e fu sorpreso per la seconda volta da quel verme, non solo non era a terra a strisciare, ma sosteneva anche il suo sguardo, cosa di per sé difficile.
“Sono qui per farti una proposta!”
“E da quando uno come te si abbassa a scendere a patti!”
Il dolore si stava facendo sempre più intenso, e Gatsu era intenzionato a fargli capire bene che con lui nessuno poteva scherzare, prima di perdere i sensi.
“Ti do l’opportunità di andartene da questo luogo e di non tornarci mai più!”
“Sei gentile, ma vedi io sono uno di quelli che è stato destinato all’inferno dalla nascita!”
“Se resterai qui ti ucciderò nel peggiore dei modi, verme. Accetta la mia offerta e dimentica per sempre Phemt!”
Gatsu era al limite, e il sangue aveva formato una piccola pozza ai suoi piedi, ma non poteva arrendersi adesso.
“E’ difficile dimenticare un uomo come lui, e comunque la mia risposta è no, non intendo andarmene.”
Boyd si era girato di scatto e stava per andarsene quando Gatsu parlò ancora.
“Ti sei scelto un verme combattivo vecchiaccio, non avrai vita facile con me!”
L’essere se ne andò senza dire una parola e Gatsu poté finalmente lasciarsi scivolare sul letto, aveva perso più sangue da quando era diventato l’amante di Phemt di quanto non ne avesse perso sui campi di battaglia.




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