Disclaimers: i
personaggi di Berserk sono del bravissimo Miura. SPOILER:Niente se avete
letto fino alla trasformazione di Grifis
NOTE: Perdono adoratrici e adoratori di Gatsu non lapidatemi, anche io gli
voglio bene in fondo
Berserk
di Spike
parte I
“E’ strano essere nuovamente qui dopo tutto questo tempo! Non credevo
che i ricordi di colui che chiamavano Grifis, i ricordi della mia
precedente esistenza sarebbero stati così acuti! Ma non è questo il
momento di perdersi nei ricordi, sono qui per una ragione ben precisa,
lavare un’offesa, devo trovare il modo di portarlo da me, adesso!”
Il silenzio del vuoto castello era stato colmato dai passi e dai tetri
pensieri di Phemt, una delle più potenti forze infernali, possibile che
fosse tornato solo per vendicarsi?
“Incubus” chiamò una voce squillante e cattiva “presentati a me
immediatamente, voglio che tu porti un mio personale regalo a Ecatombe,
una cosa che lo convincerà a venire da me di corsa!”
L’essere uscì dal castello e si spostò veloce ed invisibile attraverso
tutto il regno delle Midlands, fino al luogo dove si nascondeva l’ex
capitano della Squadra dei Falchi, o almeno uno degli ex.
Era mattina, e lui stava dormendo visto che di notte era per lui
impossibile farlo. Pak, il piccolo elfo che lo seguiva era lì accanto, ma
questo non avrebbe certo rappresentato un problema.
Incubus si avvicinò al dormiente, e si insinuò con il suo oscuro potere
nella sua mente e nei suoi sogni.
“No, lasciala stare lei non c’entra niente, lasciala maledetto!”
“Non… non guardare!”
“Mia per sempre, la tua donna sarà mia per sempre, io la condurrò nel
mio mondo, e tu sai che cosa vuol dire questo…”
“Nooo!”
Gatsu si svegliò urlando, era stato solo un sogno, uno dei tanti incubi
che aveva e che terrorizzavano Pak.
“No, non è stato solo un incubo, era un messaggio, il nostro signore,
il Principe di noi Peccatori è tornato!”
L’uomo si alzò dal suo giaciglio, e cercò la spada, era ancora accanto
a lui, ma la cosa non lo tranquillizzò; svegliò Pak e per una volta gli
parlò dolcemente.
“Io devo andare in un posto, ma non voglio che tu mi segua, resta qui;
se sarò ancora vivo ti prometto che ti verrò a prendere, ma se sentirai
che mi è successo qualcosa vattene! L’unica cosa cara che mi sia
rimasta è in pericolo, e io già una volta ho rischiato di perderla.”
Montò a cavallo, e con l’immagine di Grifis che violentava Caska ben
impressa nella mente e nel cuore si diresse verso il castello delle
Midlands; tutti quei luoghi gli riportarono alla mente momenti dalla vita
trascorsa nella Squadra dei Falchi, momenti trascorsi con Grifis, a
lottare per lui; rivide tutto quello che per un secondo aveva avuto e che
aveva gettato per cercare un luogo che non aveva ancora trovato, e che
forse non avrebbe mai trovato.
Finalmente in lontananza apparve il castello. Anche se c’era stato più
di una volta quel castello gli gettava addosso un senso di inquietudine;
era stato per ordine del precedente re che Grifis era stato imprigionato e
torturato, o forse era stata veramente colpa sua.
Ad un certo punto il cavallo si inchiodò, come se qualcosa lo avesse
terrorizzato tanto da impedirgli di muoversi, avrebbe dovuto proseguire a
piedi, e che gli piacesse o no, provava timore di incontrare di nuovo
quello che era stato la fiamma alla quale si era riscaldato prima di
andarsene lasciando che si spegnesse.
(N.B. l’Autrice tifa spudoratamente per Grifis, ma non si nota troppo,
non trovate? ^o^)
“No, maledizione non è stata colpa mia!”
Ma le parole di Caska risuonarono nella sua mente, chiare come non erano
più da tempo ormai.
“E’ colpa tua, tu hai indebolito Grifis, tu lo hai abbandonato, lui
aveva bisogno di te!”
“Lui aveva bisogno solo di se stesso!”
Non appena ebbe messo piede nel castello si rese conto che era
completamente vuoto, non si sentivano il brusio delle voci dei nobili né
tantomeno le urla dei servi. Tutto sembrava come morto.
“Benvenuto Ecatombe!”
Dalla direzione in cui era situata la sala del trono arrivarono queste
parole, pronunciate da una voce illusoriamente dolce.
“Grrrazie!”
Fu la risposta, data con qualcosa che era più vicino al ringhio di una
belva che non alla voce di un essere umano… ma Gatsu non era un essere
umano.
Corse verso la direzione da cui proveniva la voce, e lo trovò proprio
nella sala del trono; la luce delle candele rendeva possibile vedere una
figura enorme, completamente vestita di nero, erano visibili solo gli
occhi, la bocca e una parte del volto, ché per il resto era coperto da
una specie di elmo, anch’esso nero; le mani finivano in lunghi e
affilati artigli, e così anche le gambe.
“E’ molto che non ci vediamo, come sta Caska?”
“Guai a te maledetto se provi solo ad avvicinarti a lei!”
“Devo ricordarti sciocco essere umano che mi sono già avvicinato a lei
una volta? E se devo essere sincero non è molto brava come puttana!”
Gatsu esasperato stava per usare le armi del suo braccio meccanico, ma
Grifis lo fermò.
“Sono venuto fin qui per proporti una sfida, un duello di spade,
l’ultimo; e ricorda che non mi chiamo più Grifis, ma Phemt!”
Gatsu estrasse la spada e si preparò ad attaccare; Phemt, come era stata
usanza di Grifis, combatteva con una spada da duello.
Fu Gatsu a portare il primo attacco, e Phemt era pronto ad usare tutta la
sua forza per fermarlo, ma all’improvviso si rese conto che se lo avesse
fatto veramente lo avrebbe ucciso, e lui non voleva questo, voleva
divertirsi con lui; mentre era immerso in quelle riflessioni, Gatsu portò
a termine il suo attacco, e riuscì a colpirlo, anche se il suo fendente
non ebbe l’effetto sperato.
“Ma bene, vedo che sei diventato scorretto, per questo non ti
arrabbierai se userò i miei poteri oltre che la mia spada!”
Si gettò in avanti, e sia grazie alla spinta che si era dato, che alla
sorpresa del suo avversario, Phemth si ritrovò a toccare il corpo di
Gatsu che era incastrato fra lui e la parete. In quel momento nella sua
mente diabolica si disegnò un piano, lo avrebbe dominato in tutti i
sensi, e non solo nel campo del combattimento, ormai aveva la sua paura, e
il suo odio, si sarebbe preso anche l’unica cosa che non gli era mai
appartenuta, il corpo di quello che era stato il suo migliore amico.
Gatsu era ancora un po’ intontito, la forza che lo aveva spinto contro
il muro era stata talmente forte che dopo aver battuto la testa stentava a
capire che cosa stesse succedendo.
Phemt gli lasciò lo spazio per muoversi, ma contemporaneamente si preparò
a sferrare una serie di attacchi, che puntualmente andarono tutti a segno.
Gatsu non riusciva più ad avvicinarsi, i suoi colpi erano così rapidi e
precisi che lo raggiungevano senza che lui potesse vedere la lama della
spada, e come se non bastasse, tutte le volte che credeva di aver trovato
un punto scoperto nella guardia di Phemt, lui con i suoi poteri lo
scagliava contro una parete. Il gioco andò avanti così per molto tempo,
tanto che le mura della stanza, e buona parte del pavimento erano rossi
del sangue di Gatsu; qualche schizzo era arrivato anche sul volto di Phemt,
che dopo averlo tolto con le dita lo aveva assaggiato.
“Il tuo sangue è buono, ma adesso credo che per te sia giunto il
momento di arrenderti!”
Gatsu era a terra ansimante, il suo corpo era coperto dalle ferite, e a
causa delle botte che aveva preso trovandosi più volte attaccato ad un
muro, aveva anche qualche osso rotto.
Phemt allora gli si avvicinò, e quando Gatsu sentì la sua presenza
accanto a sé tentò di allontanarsi, ma non poté, troppe volte aveva
abusato delle sue forze, ma quella volta il suo corpo non avrebbe risposto
ai suoi ordini.
“Si direbbe mio caro che io abbia vinto!”
Un sorriso cattivo e dolce contemporaneamente si dipinse sul suo viso.
“Molto tempo fa tu avesti la sfacciataggine di sfidarmi, e facemmo un
patto proposto da te, se io avessi perso tu avresti lasciato sul mio corpo
un segno simile a quello che io avevo fatto a te, ma se fossi stato tu a
perdere saresti diventato o mio soldato o mio amante, bene, adesso è
tempo che tu mantenga la seconda parte del patto!”
A Gatsu si riaccese negli occhi la luce che tutti i suoi nemici temevano.
“Ma come osi parlarmi così, da allora è cambiato tutto, tu sei
cambiato, io sono cambiato, tu, tu mi hai tradito!”
Phemt cominciò a ridere.
“E’ un po’ troppo comodo rivoltare così la frittata, se vogliamo
essere precisi sei tu che mi hai tradito, ma non è questo che mi
interessa, puoi continuare a fare il bambino capriccioso, ma sono io il più
forte, adesso e sempre mio caro!”
“E allora, che cosa vuoi farmi?!”
“Niente che tu non voglia, non avere paura!”
Il respiro di Gatsu si fece ancora più ansante, il suo corpo fu
attanagliato dal panico, e in quello sconvolgimento fisico, la sua mente
lo riportò indietro nel tempo; il suo occhio si riempì di paura.
Era di nuovo bambino, nella squadra di mercenari di Gambino, era notte e
come al solito stava da solo nella sua tenda, a un certo punto un’ombra
gli afferra le gambe e le braccia prima che lui possa prendere la sua
spada, ed è così che viene violentato, ma adesso l’immagine cambia,
non è più Donoban l’ombra che lo soffoca, è un uomo dal fisico molto
più asciutto, più bello, ma infinitamente più crudele, arriva dove
nessuno è mai arrivato con lui; ancora un cambiamento, adesso non è più
l’uomo dai lunghi capelli bianchi, ma un uomo ancora più possente,
vestito di nero…
Phemt intanto lo osservava quasi con indifferenza.
“Gatsu, Gatsu ascoltami, ti ricordi quando ti ho affidato il controllo
della retrovia, e sono tornato indietro a prenderti? Quella notte bevemmo
come mai in vita nostra, e la mattina dopo io ti feci chiamare, e giocammo
insieme con l’acqua, anche allora ti desideravo!”
Gatsu, ripensando a quel momento cominciò a calmarsi, il respiro si fece
via via più regolare, ma nel suo occhio il panico fece posto alla
diffidenza.
“E allora perché non mi hai avuto?”
Per un istante Phemt aveva dimenticato il suo ruolo, ma le parole di Gatsu
lo fecero tornare in sé.
“Cosa credi, che non lo abbia fatto solo perché il mio cuore tenero me
lo impedì?”
Nelle sua parole c’era una fredda ironia.
Si avvicinò ancora di più al corpo di Gatsu, abbastanza per notare che
suo malgrado un tenue rossore gli era salito al volto, il suo respiro si
era fatto più pesante, mentre Phemt era rimasto calmo.
“Credo che tu abbia troppe armi addosso, è meglio che le lasci, per un
po’ non ti serviranno!”
Mentre lo privava delle armi e delle bardature in cuoio, con gesti astuti
accarezzava le parti più sensibili del suo corpo, e Gatsu tremava
sconvolto dal fatto che non riusciva a ribellarsi.
Sapeva che cosa sarebbe successo, lo aveva già visto all’opera una
volta, e questo pensiero restituì al suo corpo stanco la forza appena
sufficiente per afferrare il polso di Phemt, ma la stretta non era un gran
che!
Phemth lo guardò per un secondo, e come se non fosse successo niente
immerse la sua lingua nella sua bocca; Gatsu gemette al piacere di quel
tocco.
Sempre baciandolo fece scivolare la sua mano sotto la maglia di Gatsu e
gli sfiorò i capezzoli, alla fine lo privò della maglia. Il corpo di
Phemth lo immobilizzava a terra, impedendogli ogni movimento.
Alla fine arrivò con le mani sulla cintura che teneva su i suoi
pantaloni, e li sfilò con un gesto esperto; adesso Gatsu, il più forte
dei comandanti del suo esercito, il più orgoglioso di tutti, quello che
odiava farsi toccare era nudo ed indifeso davanti a lui.
Si distese completamente sul suo corpo, Gatsu si rese conto che nonostante
fosse un demone era caldo, oppure era lui ad esserlo per entrambi. Una
cosa era certa, il generale avrebbe perso presto il suo autocontrollo.
Si guardarono negli occhi per un interminabile secondo, tanto che alla
fine Gatsu vide che in loro c’era ancora qualcosa degli occhi di Grifis,
la malvagità.
Si fece strada in lui con decisione, strappandogli un urlo di sorpresa,
dolore e piacere, poi cominciò a muoversi, e nonostante Gatsu lo pregasse
con lo sguardo di fare piano, lui non se ne curò, e dopo aver accentuato
la presa sui suoi fianchi spinse sempre più forte, non si sarebbe mai
immaginato che un giorno avrebbe visto Gatsu subire in quel modo un uomo
che odiava con tutto se stesso.
Il corpo di Gatsu era ricoperto di sudore, mai notte d’amore lo aveva
ridotto così, e non era ancora finita, Phemt infatti dopo essere uscito
dal suo corpo cominciò a mordergli il petto con decisione, e alla fine
arrivò alle parti più sensibili del corpo di Gatsu, e cominciò ad
esplorare quella zona, mentre Gatsu dopo aver chiuso gli occhi aveva anche
girato la testa, non voleva vedere, non si voleva vedere fra le braccia di
un uomo che forse aveva sempre amato, o forse non era così, ma come i
grandi amori hanno sempre dei momenti di odio, anche il grande odio poteva
avere dei momenti di amore totale.
Quando ebbe finito lo lasciò a terra tremante ed impaurito, come quando
era stato violentato da un uomo che lo aveva comprato per una stupida
moneta d’argento, senza neppure coprirlo con un mantello, e si sedette
sul trono, osservando quel corpo, collegando ogni cicatrice che lo
ricopriva con una determinata battaglia.
“Ti stai gloriando della tua vittoria? Adesso che hai avuto quello che
volevi, perché non te ne vai, io, io… non voglio più vederti!”
“Perché non ho ancora avuto quello che volevo!”
“Che altro vuoi? La mia vita? Prenditela! Io non mi opporrò, mi faccio
troppo schifo, tu sei quello che fatto impazzire la donna che amav… che
amo…”
“Mio caro, hai detto amavo, e hai detto bene, perché se veramente hai
provato qualcosa per lei, sappi che adesso è finita!”
“Che cosa vuoi, che cosa vuoi da me, vattene!”
“Guarda che io sono in un luogo che mi appartiene, e comunque non me ne
vado, o meglio non per sempre. Sappi che tornerò molto presto, e tu ti
dovrai piegare ai miei desideri! E anche se cerchi di andartene, tutto ti
porterà qui da me!”
Sparì come se niente fosse successo, come se non fosse mai stato in quel
luogo, ma Gatsu sapeva che non era così, che era successo tutto, e che
quell’incubo non era ancora terminato.
Si rivestì lentamente, aveva dolore dappertutto, ma sapeva che neppure
Pak avrebbe potuto fare qualcosa per lui.
“Scusa se non ti ho obbedito, ma ti ho sentito urlare come non hai mai
fatto, era la tua anima, ed eccomi qui!”
Pak allungò la sua piccola mano, ma Gatsu si allontanò di scatto.
“Non toccarmi, ti ho detto mille volte che non devi farlo, io odio gli
esseri deboli e inetti come te!”
Pak lo guardò, era sicuramente successo qualcosa, ma niente gli dava il
permesso di trattarlo così! Gli aveva dimostrato mille volte di essere
suo amico, ma quella era l’ultima volta che lo vedeva.
Si girò e volò via, ma fu fermato da una stretta ferrea, che lo
soffocava, ma non era solo quella, anche altro, dolore, odio e rabbia che
gli bruciavano il petto e gli facevano scoppiare la testa.
“… Male… lasciami mi fai male, mi sembra di impazzire!”
“Adesso hai una pallida idea di quello che provo io!”
“Perché, se lo odi tanto come dici, sento che tra tutti i sentimenti
che provi c’è anche dell’amore?”
“Ma che diavolo stai dicendo moscerino, quello è il sentimento che
provo per Caska!”
“No… lo provi per un uomo, che conosci da tempo… Per lei provi solo
pena… non amore!”
“Piccolo essere che cosa vuoi saperne tu? Se non stai zitto ti schiaccio
come un insetto!”
Si rese conto in quel momento che il respiro di Pak era diverso da quello
che aveva di solito quando lui era furioso, era più irregolare, se
continuava a infliggergli quella pena lo avrebbe ucciso. Allentò la
stretta che lo attanagliava e lasciò che quell’esserino si accoccolasse
sul palmo della sua mano, con le gambe premute contro il petto, e le mani
ancora sulle orecchie, stava male, ma si vedeva che si stava riprendendo.
“Scusami, io non so che cosa mi sia preso!”
“Non fa niente, ma ti prego non fare più una cosa del genere, io non ce
la farei a resistere, fa troppo male, come elfo io sono troppo puro per
poter sopportare un’ondata di quella potenza di pensieri ed energia
negativa!”
“Mi piacerebbe essere come te, almeno potrei sperare in una morte
rapida, ma invece io vivo a contatto con tutto quello che ti fa male, e
sono io stesso uno di loro!”
“Non è vero, io non so che cosa ti sia successo, e a dire il vero non
voglio che tu me ne parli, ma sappi che non sei come loro, e che forse
potresti riportare indietro il tuo amico!”
“Non posso, io l’ho tradito, adesso mi rendo conto che è vero, ma non
so che cosa fare, e per di più credo di odiarlo, lui ha violentato Caska!”
“Ti sei mai chiesto perché lo abbia fatto? E comunque hai detto che
credi di odiarlo, per cui non ne sei troppo convinto!”
“Adesso è meglio che vai, se lui tornasse non resisteresti!”
Gatsu era rimasto nuovamente solo, non aveva avuto il coraggio di dire a
Pak quello che era successo, e non voleva sapere se lui lo aveva capito da
solo o meno.
Prese la sua spada e tentò di uscire dai confini delle mura del castello,
ma si rese conto che era stato troppo sciocco da parte sua credere che
sarebbe riuscito a scappare con tanta facilità.
L’unica cosa che gli restava da fare era esercitarsi con la spada, come
aveva sempre fatto quando stava male, e in quel momento stava molto male.
Mentre roteava quel grosso pezzo di ferro gli tornò in mente una scena
che credeva dimenticata, era il giorno della nomina di Grifis come
Generale, e lui non era in chiesa, bensì ad allenarsi, ad un certo punto
era arrivato lui, bello come al solito se non di più, e non tanto perché
era divenuto generale, ma perché stava sorridendo.
“Ma tu pensi sempre ad allenarti?”
Quelle parole, dette con il tono più dolce che lui avesse mai sentito, si
erano stampate nella sua mente, e tornavano come un incubo tutte le volte
che lui credeva di aver finalmente dimenticato quel periodo della sua
vita.
Ad un certo punto si rese conto che non era solo, si girò, ma non vide
nessuno, eppure le vibrazioni del terreno gli facevano capire chiaramente
che qualcosa era nell’aria. Non fece in tempo a finire il suo pensiero
che qualcosa di simile ad una radice, ma molto più viscida lo colpì in
pieno petto facendolo volare per diversi metri.
“I miei padroni mi hanno mandato qui a prendermi cura di te!”
“Ringraziali da parte mia non appena li avrai raggiunti
all’inferno!”
Il combattimento fu diverso da quelli a cui era abituato il Guerriero
Nero, infatti il mostro non solo era velocissimo, ma tutte le volte che
veniva colpito riusciva a ricomporre i propri tessuti in tempo brevissimo;
Gatsu non era ancora riuscito a vederlo tutto.
Finalmente il mostro si decise ad uscire dalla terra e a mostrarsi a Gatsu
in tutta la sua potenza.
“Maledetti, che cosa avete fatto?”
Il mostro era composto da tutti i cadaveri dei membri della squadra dei
falchi, uccisi per consacrare Grifis alla sua nuova vita.
Gatsu decise che non si sarebbe lasciato sopraffare dalla pietà. Aveva
dimenticato il significato di tale parola, ma aveva anche scordato tutte
le caratteristiche di quelli che erano stati suoi amici; una serie di
pugnali lanciati con perizia lo colpì ad una gamba, strappandogli un urlo
di sorpresa, guardando il mostro vide chiaramente una testa bionda.
Subito dopo dovette schivare il colpo di una mazza ferrata che sfondò il
marmo nel punto preciso dove era lui pochi istanti prima: se fosse stato
colpito sarebbe diventato un pasticcio di carne al sangue.
Quando finalmente impugnò la spada dopo aver trovato un punto in cui
colpire, il mostro scomparve immergendosi nuovamente nella terra, anche le
sue pulsazioni cessarono di essere percepibili.
Tutto era tornato tranquillo, ma la vista dei suoi compagni morti non lo
abbandonava un istante.
“Non ti consiglio di chiamarli compagni, loro non ti considerano più
niente se non un sacrificio di cui cibarsi. Oltre che me tu hai tradito
anche loro, dicevi che erano tuoi amici ma non hai fatto niente per
aiutarli, eri troppo attento a guardare la tua donna che veniva violentata
da me, e che ti faceva capire che in fin dei conti quella violenza
l’aveva sempre voluta… invece di ascoltare le sue stupide parole, i
suoi non guardare, avresti fatto meglio a salvare loro!”
“Un generale non vende mai i suoi uomini bastardo!”
“Non li ho venduti, li ho consacrati a qualcosa che né le loro, né la
tua mente possono immaginare! Comunque dovresti ringraziarmi, è grazie a
me che li hai potuti rivedere!”
Gatsu si girò verso la voce, con la spada ancora in pugno, ma si rese
conto che non c’era nessuno e che forse non c’era mai stato.
“Maledetto, maledetto esci dalla mia testa, lasciami in pace ti odio, ti
odio, ti odiooo!”
Rientrò nel castello consapevole di aver gridato solo per convincere se
stesso, ma sapeva anche che non era servito a niente.
Finalmente, dopo qualche ora si addormentò, aveva le ginocchia strette al
petto, e fra le gambe la sua spada, proprio come aveva dormito tutte le
notti dopo essere stato di Donoban.
Sognò, sognò il primo incontro con Grifis, ma nel sogno le cose non
andavano come erano andate nella realtà, lui perdeva la sfida, e Grifis
gli prendeva il viso fra le mani dicendo che era suo, solo che quella
notte non dovette affrontare Kolcas che lo voleva uccidere, non era
neppure nella sua tenda, era in una molto più grande e illuminata,
disteso su un letto, tremante, e accanto a lui il suo nuovo comandante, di
cui era diventato l’amante e che gli aveva fatto tutto quello che la sua
fantasia gli aveva suggerito.
Si svegliò in preda al panico, e si chiese che cosa sarebbe successo se
le cose fossero andate così; forse non avrebbe mai conosciuto il corpo di
Caska che lo avrebbe disprezzato, e forse, non potendosene andare, Grifis
non avrebbe passato la notte con la figlia del re e non sarebbe stato
torturato.
Alzò gli occhi e si rese conto che nella stanza c’era più calore di
quando si era addormentato: qualcuno aveva acceso il camino.
“Pak, sei stato tu? Se sei qui vieni fuori!”
“Chi è Pak?”
“Tu! Che cosa ci fai qui?”
“Come, mi invochi nei tuoi sogni e poi mi rifiuti da sveglio?”
“Io non ti ho invocato, lo so che sei stato tu a mandarmi quel sogno!”
“Ti sbagli, hai solo sognato qualcosa che desideravi vedere, non
rifiutare i tuoi bisogni Gatsu!”
Gatsu si arrese, era vero lo aveva invocato, aveva desiderato ardentemente
che lui fosse lì, ma adesso aveva paura.
“Sei ancora troppo legato a quello che è successo in passato, ma so io
come tagliare definitivamente i legami che ancora ti impediscono di essere
completamente mio! Ho sempre pensato che il sangue sia la cosa più
eccitante che esista sulla terra, non sei d’accordo?”
“Si!”
Aveva risposto senza poter governare la sua bocca.
“Qual è la fantasia più spinta e audace che tu ti sia mai permesso?”
“Non ho fantasie!”
“Avanti Gatsu, non mentire, non puoi non averne!”
“Dimmi la tua, e per favore evita di dire la principessa che ti si offre
sulle macerie della terra!”
Aveva tentato di fare una battuta, ma non era mai stato troppo bravo in
queste cose, e poi aveva pronunciato la parola principessa con un tono
strano, con un sentimento al quale non voleva dare un nome.
“Ci sei andato vicino! Stuprarti nel sangue di Caska, ecco la mia
fantasia, e ti posso anche assicurare che non lo resterà per molto!”
Gatsu spalancò gli occhi allarmato, non aveva mai pensato che un giorno
avrebbe udito quelle parole, ma ancora di più non avrebbe mai creduto di
temere più per sé che per Caska.
“Guai a te se la tocchi, io ti impedirò di farlo!”
“E come Ecatombe, non crederai veramente di potermi fermare vero?
Ricorda che sei solo uno sciocco essere umano, e che io non mi faccio
certo battere da un essere inferiore.”
Un secondo dopo non c’era più. Gatsu cercò in tutti i modi di alzarsi,
ma si rese conto che il suo corpo era trattenuto da catene invisibili, e
più lui strattonava, più si facevano strada nella sua carne viva,
procurandogli un dolore che non aveva mai provato.
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