Disclaimer: I personaggi di Slam Dunk Appartengono al Maestro T. Inoue e a chi di diritto.
Finalmente eccoci al capitolo finale di questa storia. Vi lascio alla lettura rimandando alle note conclusive pensieri parole ed opinioni. Buona lettura. Ricordo che questa fanfiction è stata dedicata alla nostra dolcissima Mel (che credo sarà ancora poco dolce dopo averla finita... ma su questo sorvoliamo...) e che i personaggi di Slam Dunk appartengono al sommo maestro Inoue.
Believe in Me
Capitolo III
di Shaka
Hanamichi sedette al tavolo fissando il libro che stava studiando fino a pochi minuti prima.
Si era alzato per prendersi dell'acqua fresca. La gola era diventata improvvisamente riarsa, a forza di ripetere quelle inutili stupidaggini di storia giapponese. Aveva voglia di lanciare tutto via ma aveva promesso a Kaede di studiare e di prendere un buon voto. Non poteva più permettersi insufficienze, o avrebbe compromesso la sua ammissione e quella della squadra di basket ai tornei scolastici.
Il moretto dormiva poco più in la, nel piccolo letto. Appena tornati dall'ospedale e dalla terapia post operatoria di chiemio era stato male per ore, finché, ormai sfinito, s' era addormentato. Dopo l'operazione, e un breve tempo di recupero, l'ospedale aveva iniziato una terapia di prevenzione per eliminare ogni possibile residuo del male che aveva rischiato di ucciderlo.
Hanamichi fissò il suo volto pallido e stanco. Dopo, abbassando nuovamente lo sguardo sui libri decise di chiudere tutto. Aveva voglia di uscire. Indossò la tuta nera e la giacca pesante, poi uscì.
L'ultima neve era ancora per le strade a colorare di bianco ogni dove.
I suoi passi, uno dopo l'altro lo portarono al campetto vicino al mare.
Il solito campetto.
Lo stesso dove lui e Kaede si erano scontrati tante volte. Dove entrambi avevano iniziato a conoscersi, conoscersi davvero. Quel luogo era ormai per lui come un santuario, dove ricercare la sua pace ogni qual volta il suo animo turbato e stanco lo richiedeva.
Il familiare rumore del pallone da basket raggiunse le sue orecchie. Fermandosi davanti alla recinzione i suoi occhi incontrarono la figura di Mitsui. Questi lanciava a canestro. Da solo. In mezzo alla neve.
Erano passate ormai settimane da quando entrambi avevano discusso, e nessuno dei due aveva cercato di chiarirsi. Il rossino lo fissò per qualche istante, indeciso se allontanarsi o no. Incoscientemente avanzò, lasciando che il compagno di squadra notasse la sua presenza.
Si fissarono un attimo, poi Mitsui si voltò nuovamente verso il canestro per lanciare. Hanamichi sospirò poi, mentre il pallone attraversava il canestro, mosse qualche passo verso l'uscita.
Il moro recuperò la sfera, fermandosi a fissare il compagno di squadra andarsene. Indeciso sul da farsi strinse a sé la sfera arancione, e d'impulso decise...
“Hanamichi aspetta!” la voce di Hisashi lo fermò. Il rossino si voltò. L'altro lo fissò, e un attimo dopo gli lanciò la palla, “fai qualche tiro?” chiese.
Il rossino annuì, poi togliendosi la giacca l'abbandonò su un gancio vicino alla porta di uscita.
Avvicinandosi al cesto lanciò... canestro! Hisashi sorrise, poi si mosse verso di lui. In pochi secondi iniziarono vari scambi, vari lanci.
Mitsui era davvero bravo, e da quando era rientrato in squadra aveva riacquistato la sua vecchia forma fisica. Hanamichi riusciva appena a contrastarlo, ma i loro scambi erano fluidi e ben equilibrati. Palleggio... lancio... rimbalzo....lancio.....
Sakuragi saltò per chiudere il punto ma entrambi si scontrarono cadendo rovinosamente sul pavimento gelido. E il gioco si fermò. I due si fissarono senza dire nulla. Mitsui si tirò su, poi si avvicinò all'amico offrendogli una mano per rialzarsi.
Il rossino l'afferrò, e si alzò. Con le mani si pulì da qualche nuvoletta di neve. Mitsui lo imitò.
“Mi dispiace...” sussurrò il moro. Lievemente imbronciato.
“Non fa niente...” lo rassicurò il rossino. Ma il moro scosse il capo,
“Dicevo per quello che è successo in ospedale... Mito mi ha detto tutto... non sapevo...”
I due si fissarono, poi Hanamichi si avvicinò alla recinzione recuperando la propria giacca, Mitsui lo imitò. Hanamichi si strinse nel calore della stoffa. Il vento pizzicava la pelle del viso.
“Avrei reagito allo stesso modo, se fossi stato nei tuoi panni...” disse poi, “vi ho fatto davvero una carognata... ma non avevo scelta...”
“Lo so...” annuì il compagno, “ora lo so...” aggiunse sorridendo lievemente.
Hanamichi ricambiò, come imbarazzato. Poi uscendo dalla recinzione disse:
“Qualche volta vieni a trovarci, a Kaede farà piacere...”
Hisashi gli passò un braccio intorno alle spalle, amichevolmente.
“Contaci idiota!” .
Hanamichi rise,
“Di la verità vecchiaccio, sei invidioso del fatto che Rukawa stia con me!”
L'altro sorrise:
“Beh ci siamo chiesti tutti come mai Rukawa fosse così disperato da mettersi con te....effettivamente dopo aver saputo tutto abbiamo compreso!”
Il rossino si fermò, e inferocito si voltò verso l'amico, l'espressione buffissima,
“Oi... hai qualcosa da ridire sul fascino del grande genio?”
“Assolutamente no” sussurrò il moro allontanandosi indifferente.
“Non so perché ma mi sa di presa in giro...” sussurrò Hanamichi correndo a raggiungerlo, continuando a blaterare frasi una dopo l'altra....
********************
Rientrando, Sakuragi accese la piccola luce dell'entrata. Si scrollò qualche fiocco di neve dai capelli di fuoco, e poi sorrise, riponendo la propria giacca sulla sedia. Si sentiva sereno. Quasi felice. Aver chiarito con Mitsui... aveva reso meno pesante i suoi di colpa. Chissà se con il tempo anche gli altri della squadra avrebbero potuto capire la sua scelta....
Si voltò notando il letto vuoto e l'assenza di Kaede.
Sorpreso fece qualche passo,
“Dove eri??!”
Un grido.
Il rossino si voltò improvvisamente incontrando lo sguardo blu cobalto del suo compagno, in piedi davanti alla porta del bagno. Notò gli abiti macchiati di vomito, le occhiaie che gli segnavano gli occhi, e l'espressione sfinita.
“Ti senti male?” accorse preoccupato avvicinandosi. Kaede gli appoggiò una mano sulla spalla,
“Dove sei stato?!” urlò ancora, perdendo quasi i sensi un attimo dopo. Hanamichi lo sostenne, lasciando che il moretto gli circondasse con le braccia il collo e si sostenesse a lui.
“Kaede!!!”
*********
Quando gli occhi blu di Rukawa si riaprirono impiegarono appena qualche secondo per rendersi conto di dove fossero.
“Kae...” un sussurro, appena soffiato dalle labbra tremanti di un Hanamichi preoccupato e tremendamente spaventato. Il moro voltando il capo accarezzò con lo sguardo il suo compagno, seduto poco lontano da lui, sul letto.
Si rese conto di essere svenuto, e ricordò i pochi attimi in cui, resosi conto dell'assenza del rossino si era alzato in preda alla nausea ed era corso in bagno a vomitare...
Aveva pensato di morire... come più volte era successo da quanto stava male. Morire solo in quel bagno....
E dopo aver sputato anche l'anima, si era trascinato oltre quella porta, udendo i passi di qualcuno che non poteva non essere che Hanamichi. Ed era tra le sue braccia che si era lasciato andare. Che aveva permesso al suo corpo di lasciare ogni forza e cedere allo stremo che lo irretiva.
Adesso si guardava intorno. In silenzio. Avvertiva il vuoto che lo circondava. La mente svuotata da ogni pensiero.
La voce di Hanamichi lo aveva richiamato dai suoi pensieri, e dopo qualche attimo i suoi occhi eran scesi in basso...si era guardato.
Era stato lavato...gli abiti non erano più fradici di vomito e acqua. Le mani pulite... calde.... come le coperte che lo riscaldavano.
Il rossino lo guardò
“Ehi...” gli regalò una carezza al braccio, “come ti senti?”.
Kaede si portò una mano alla fronte, riavviandosi i capelli appiattiti sul volto. Chiuse gli occhi stanchi, senza rispondere al compagno.
Ma Sakuragi non vi badò,
“... mi dispiace ...” sussurrò, ma non ebbe nemmeno questa volta una risposta, “Mi fai un po' di posto?” chiese piano carezzandogli la fronte, poi si mosse, sdraiandosi sulle coperte vicino a lui . Accoccolandosi al suo fianco poggiò la testa sulla sua spalla. Sospirò. Si strinsero teneramente.
“Mi dispiace Kae... quando sono uscito dorm...”
“Non fa niente...” lo interruppe il ragazzo accarezzandogli la mano, e chiudendo gli occhi, “..stringimi forte...Hana... stai qui vicino a me...” sussurrò, e poco dopo si rilassò nella forte stretta del rossino.
In pochi attimi scivolò nel sonno. Il rossino fissò il suo volto rilassarsi... fissò la mano chiara e affusolata stretta alla sua maglia, come a non volerlo più lasciar andare via, e sorrise.
Piano, chiudendo anche lui gli occhi si lasciò cullare dal respiro sottile del compagno, scivolando in un sonno leggero.
***********************
I primi fiori primaverili si lasciarono alle spalle l'inverno, e le lunghe ed estenuanti cure a cui Kaede si era dovuto sottoporre. Finalmente la riabilitazione era finita.
“Bene Signor Rukawa... le analisi sono tutte ottime... e anche la sua riabilitazione è stata eccellente...” il medico fissava la cartella clinica di Kaede, mentre questi in silenzio ascoltava con il cuore in gola, “da oggi può tornare a fare tutto quel che vuole...”
Quelle parole furono come un lampo,
“Dottore, potrò tornare anche a giocare a basket??”
L'anziano uomo sorrise,
“Giovanotto, se ha ancora il fiato per farlo, non vedo il perché debba privarsene...”
Kaede sorrise appena. Il medico gli consegnò il promemoria per le analisi di controllo.
Dopo qualche convenevole Rukawa si allontanò dallo studio del suo oncologo. Uscì dalla porta dell'ambulatorio, e voltandosi fissò l'ospedale, sperando che con quella porta, anche quella triste e oscura parentesi della sua vita di quei mesi si fosse chiusa, lasciandogli una speranza per andare avanti.
*****
Hanamichi rincasò infreddolito. Kaede era lì, ai fornelli a cucinare.
Il rossino dopo essersi ripulito dalla neve, si sfilò il berretto pesante, e avvicinandosi alle spalle del moro gli regalò un bacio sulla guancia,
“Ehi, che cucini di buono?”
“Del brodo caldo... pensavo che visto il freddo che c'è fuori...fosse una buona idea...”
“Magnifica...” confermò il suo angelo dai lunghi capelli di fuoco annuendo, e allontanandosi poi verso il bagno a cambiarsi.
Dopo qualche attimo di silenzio, Rukawa disse:
“Sai, oggi sono andato a prendere le analisi...”
“Davvero??” chiese il compagno affacciandosi dalla porta del bagno,
“Si, il medico le ha viste...e...”
“Eh?” il tono di Hanamichi divenne quasi ansioso, mentre si avvicinava fino a fermarsi di fronte a lui.
Kaede annuì, sorridendo.
Hanamichi rimase incantato dalla radiosità dei suoi occhi, e dalla gioia che vi leggeva.
“Niente... non c'è più niente....” singhiozzò facendo appena un passo in avanti e stringendosi al suo ragazzo, che sconvolto e sorpreso ricambiò la sua stretta con forza, “hanno detto che dovrò fare altri controlli... che dovrò stare attento per i prossimi cinque anni.... ma i test erano tutti negativi... e io... io...” per un attimo esitò... “è finita....fi.ni..ta... Hanamichi...” soffocò quelle parole nella stoffa della sua felpa. Nell'immensa forza di quella stretta....
“Sono così felice kitsune... così felice... così felice...” mormorò come una cantilena Hanamichi lasciando che poche lacrime di gioia dipingessero della argentee scie sul suo volto... e le loro labbra si unissero dolcemente colme di passione.
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Qualche giorno più tardi alla palestra dello Shohoku.
“Forza!” incitò Hanamichi invitandolo a farsi avanti ed attraversare la porta dello spogliatoio. Kaede lo fissò, poi avanzò insieme al compagno.
“Ehi fannulloni, il vostro genio è tornato!!” si annunciò Hanamichi. Tutti si voltarono verso la porta.
“Rukawa!!” la voce di Mitsui li raggiunse raggiante.
Il moro felice andò incontro al compagno,
“Sei tornato!” l'altro annuì,
“Evvai Rukawa!” esclamò Ryota accodandosi agli altri.
Sakuragi sorrise, osservando Kaede sommerso dalle attenzioni di tutti. Lo fissò notando un lieve imbarazzo sul suo viso, e un immensa gioia nei suoi occhi.....
Sembrava che il numero undici dello Shohoku non riuscisse a credere che stesse succedendo. E forse qualche mese prima, sulla soglia di quella sala operatoria, aveva davvero pensato che sarebbe stato impossibile poter rivivere l'emozione di calpestare il parquet. L'emozione di avvertire il brivido che quella sfera arancione sapeva regalargli. L'emozione di non sapere perso ogni suo sogno...
Kaede si voltò osservando Sakuragi scherzare con gli altri della squadra mentre indossava la sua tenuta da allenamento. Per un attimo mentre fissava quegli occhi di miele si rese conto di quanto quell'angelo dai capelli rossi avesse fatto per lui.
Di quanto amore gli aveva riservato. Di quanta forza gli aveva fatto dono...
Abbassando gli occhi fissò la sua fedele fascetta nera, e per un attimo si sentì fortunato. Infondo, anche se era una veduta molto ottimistica, il suo male non gli aveva portato solo sofferenza...
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Kaede fissò da bordo campo la piccola retina del canestro. I ragazzi avevano già iniziato a correre intorno al campo. In pochi secondi si unì a loro, iniziando il riscaldamento.
Ryota si avvicinò ad Ayako, chiedendole di avvicinare la cesta con i palloni per un esercizio di tiro. La ragazza si accostò a lui aiutandolo.
“Rukawa sta ripassando un po' di fondamentali...” disse poi la manager fissando il capitano che annuì.
L'allenamento si prolungò per due ora, alla fine delle quali Hanamichi si fermò ad osservare Kaede. Sembrava senza fiato... stanco...
Prendendo un Pocari Sweet dal porta bibite vicino alla panchina il rossino si avvicinò al compagno,
“Ehi Kitsune!” quando questi si voltò gli lanciò la bottiglietta.
“Riposati un attimo...” aggiunse avvicinandosi. Il moretto sorseggiò l'integratore, poi si asciugò il sudore sulla fronte, “non puoi recuperare tutti i mesi persi in un giorno... devi riprendere ancora i giri...”
Il moretto lo fissò, poi rilanciandogli la bottiglia si voltò senza dire nulla, e tornò a lanciare.
Era sempre il solito, pensò Sakuragi.
Non avrebbe mai ammesso di sentirsi fuori forma. Era più forte di lui, vedere che i compagni avevano progredito e il vedersi rimasto fermo lo faceva impazzire. Lui che non era mai stato abituato a rimanere indietro a nessuno. Lui che voleva essere sempre il primo, si ritrovava a dover rincorrere i compagni...
Hanamichi intuì i pensieri del moro.
“Volpe, non arrovellarti, sapevi che prima o poi dovevi lasciare il posto al Tensai... rassegnati, è finita la tua era!” disse con tono sicuro il rossino, Rukawa si voltò a fissarlo. Sembrò quasi poterlo fulminare con lo sguardo.
“Idiota... sarò sempre più bravo di te, anche giocando su una sedia a rotelle...”
Sakuragi fumò. Ma Rukawa non lo considerò nemmeno tornando a lanciare. Ryota rise assistendo al loro scambio di battute.
“Beh, non darei tanto torto a Rukawa-kun” rise Ayako vicino al capitano.
Questi rise poi:
“Forza ragazzi partita e poi a casa!!!” gridò radunando la squadra a centro campo.
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A fine allenamento Hanamichi recuperò la propria maglia. Si asciugò il petto, poi si voltò. Kaede stava ancora a canestro a lanciare e ripassare le tecniche di gioco. Il rossino lo fissò, tentato dal chiamarlo, ma poi fu attraversato da un lampo di comprensione. Anche lui, dopo il ritorno dalla clinica di riabilitazione l'anno prima aveva fatto la stessa cosa il primo giorno di allenamento.
Come non comprenderlo. Infondo la vita di Kaede aveva girato per tanti anni intorno a quella palla che teneva in mano. Non aveva cuore di interromperlo. Così in silenzio si avviò agli spogliatoi.
Cambiandosi in silenzio in mezzo ai compagni attese l'entrata di Kaede negli spogliatoi, ma dopo che anche l'ultimo della squadra andò via si decise a uscire.
Kaede era ancora lì.
Camminando lungo il bordo campo si avvicinò,
“Kitsune hai intenzione di rimanere qui tutta la notte?”
Il moretto agguantò la palla, fermandone il rimbalzo. Si voltò verso il compagno fissandolo con sguardo interrogativo.
“Kitsune sono andati via tutti...” fece notare il rossino.
“Va avanti, ti raggiungo a casa...” disse in breve Rukawa. Sakuragi lo guardò, poi annuendo uscì avviandosi a casa.
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Chiudendosi la porta alle spalle, Hanamichi si ritrovò nel silenzio della piccola casa di Kaede. Accese la luce, come consuetudine, poi si spogliò del giubbotto pesante. Dopo essersi cambiato, si sdraiò un po' nell'attesa che Kaede tornasse a casa.
Fissando il tetto sopra il letto si perse nei suoi pensieri, addormentandosi nell'attesa.
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Si svegliò il mattino dopo. Aprendo gli occhi si rese conto che Kaede era già sveglio. Sedette sulle coperte, e lo guardò muoversi per la stanza. Si era addormentato vestito...e non aveva sentito nemmeno il rientro di Rukawa.
“Potevi svegliarmi quando sei arrivato...”
“nh... era tardi...”
Il rossino si passò la mano sugli occhi,
“Beh, fino a che ora sei stato in palestra?”
“non lo so”
“E dove stai andando adesso?” chiese notando l'abbigliamento sportivo del compagno.
“Vado al campetto...” disse prendendo la borsa, ed avvicinandosi gli regalò un leggero bacio sulla guancia “ ci vediamo a scuola...” e si mosse verso la porta.
“Aspetta!” la porta si chiuse, lasciando Hanamichi solo e senza parole.
Cambiatosi, dopo aver fatto colazione, il rossino uscì in anticipo. Attraversò il parco, dirigendosi al campetto, lì dove Kaede si stava allenando. Mancava ancora mezzora all'inizio delle lezioni. E sapeva che lo avrebbe trovato ancora la. Il suo sesto senso non lo tradì. Lo trovò seduto vicino alla recinzione, il pallone tra le gambe piegate al petto. In silenzio. Da solo.
Lo fissò qualche secondo. Passò la piccola entrata avvicinandosi.
Si fermò davanti a lui, qualche istante prima che il moro si accorgesse della sua presenza.
“Che ci fai qui?” chiese poi alzando la testa.
Hanamichi fece spallucce,
“Son passato, andavo a scuola... come è andato l'allenamento? Hai finito?”
L'altro scosse il capo,
“Non ho nemmeno iniziato...” il rossino lo fissò con sguardo interrogativo, e il moro gli mostrò il palmo delle mani.. Aveva la pelle escoriata.
“Non sono riuscito a fare che pochi lanci... mi sembra di essere tornato un principiante...” si alzò lasciando il pallone a terra, si allontanò adirato. “Mi fanno male anche le braccia... non riesco nemmeno a lanciare....” il suo tono era basso. Freddo.
Ma Sakuragi seppe leggervi esasperazione. In silenzio lo seguì mentre si vestiva, e insieme si diressero fuori dal campo.
“Kaede...” tentò di parlargli, poggiandogli la mano sulla spalla, ma l'altro scrollò la sua stretta.
“Non voglio parlarne!”
Tagliò corto incamminandosi verso scuola. Hanamichi rimase imbambolato a fissarlo. Non aveva idea di cosa dire. Si sentiva impreparato ad affrontare la rabbia di Kaede.
E mentre lo seguiva in silenzio avvertì come un profondo ed immenso senso di disagio invaderlo.
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Il pomeriggio in palestra fu faticoso ed intenso. La squadra si preparava alle selezioni della prefettura per il torneo invernale. Le partite sarebbero iniziate tra qualche settimana.
I ragazzi in gruppo si esercitavano a canestro. Lanci su lanci. Scatti, finte...
Hanamichi si asciugò il sudore con la canotta nera che indossava. Sedette sulla panca in un attimo di pausa. Fissando davanti a sé guardava Kaede, in piedi, all'angolo della palestra. Intento a riprendere fiato. Le dita fasciate. La sua fascetta nera fedele sull'avambraccio sinistro, come sempre. Ryota si avvicinò al rossino:
“Hanamichi...”
“Ehi Ryota...”
“Rukawa ci sta dando dentro... non credi dovrebbe rallentare...?”
“Non vuole che mi intrometta...”
“Già... conoscendo Rukawa...non mi meraviglio che dopo aver saputo di quel talent scout si sia buttato a capofitto per recuperare....” a quella parole Sakuragi sussultò sorpreso.
“Talent scout?” il capitano dello Shohoku si sorprese,
“Non ti ha detto nulla?”
“No, non sapevo nulla...”
“Anzai l'anno scorso aveva richiesto la visita di un team di talent scout.. e pare che qualche settimana fa gli sia stato comunicato che verranno tra qualche mese a provare dei ragazzi della nostra prefettura... pare che un college statunitense voglia mettere su una squadra giovanile con vari talenti raccolti in svariate nazioni... ci sono anche Sendoh e Maki nella lista...”
Hanamichi ascoltava in silenzio, senza dire nulla. Ryota si sarebbe aspettato qualche reazione plateale dell'amico...ma non fu così.
Il rossino quella volta era davvero senza parole.
***************
Mentre si dirigeva a casa Sakuragi ripensava alle parole di Ryota.
Fermandosi davanti alla porta del palazzo dove viveva con il suo ragazzo alzò gli occhi e fissò la finestra della loro camera che dava sulla strada. Era solo, ed era appena pomeriggio. Kaede era rimasto anche quel giorno in palestra per i suoi allenamenti extra.
Fissando la porta il rossino decise di non entrare. Si voltò e proseguendo lungo il marciapiede si diresse alla sala giochi. Sperando di trovarci i suoi amici.
Entrando dalla porta scorrevole li intravide al solito videogioco.
“Oh! Guarda chi si vede!” Takamiya salutò con la mano, Sakuragi lo imitò, Yoehi sorrise:
“Ehi Hanamichi!” lo chiamò, “Come mai da queste parti?”
Il ragazzo sedette con loro.
“Mi rompevo di stare a casa... mi sento un vecchietto!” rise il rossino.
Yoehi sorrise e tornando a fissare il monitor trattenne tra le labbra la sua sigaretta utilizzando il joypad con estrema praticità. Lo sguardo del suo miglior amico cadde involontariamente sulla consolle, lasciando spazio ad un ampio sorriso nel riconoscere il gioco in cui entrambi si erano sfidati per parecchie sere.
“Yoehi ancora non sei riuscito a superare questo livello?” chiese il rossino,
“Questo maledetto videogioco mi odia...” commentò il moro contornato dalle risate del gundai.
“BAUhauauauhhua.... solo il tensai riesce a vincere questa maledetta macchina!!!” rise sedendosi alla postazione vicina e iniziando a giocare. “Ehi Hanamichi non rubarmi il posto!!” si lamentò Noma,
“Sloggia!” lo scacciò via il rossino che, dedicandosi al gioco, in mezzo a tante chiacchiere e risate finalmente dopo tanto tempo si ritrovò sereno e spensierato.
Gli era davvero mancata la presenza dei suoi scalmanati amici. Di quella sala giochi, di quei rumori... di quelle risate.
Da quando viveva con Kaede era come se si fosse fermato tutto... il tempo, le sue amicizie, la sua spensieratezza... la sua vita...
Era stata una sua scelta. Lo sapeva. Una scelta di cui non si era mai pentito, ma che aveva comunque cambiato la sua vita e che a volte sembrava così pesante da sopportare.
Ma da quella notte in cui Kaede si era presentato alla sua porta la sua scelta era stata il suo unico pensiero. In quella notte, quella in cui aveva accettato il suo aiuto e la sua presenza, il loro rapporto era cambiato in modo irreversibile.
Da quella notte era nato il loro amore.
'Il loro amore'
Hanamichi sorrise con un pizzico d'amarezza.
Poi udendo Yoehi parlare scacciò i suoi pensieri e si dedicò nuovamente alla consolle.
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I giorni scorrevano, e finalmente arrivò quello delle selezioni dei talent scout. Si teneva nella palestra dello Shohoku.
Hanamichi a bordo campo fissava Kaede schizzare sul parquet del palazzetto sportivo. Lo guardava prendere in giro gli avversari e dirigersi dritto a canestro. Saltare e fare punto...
Il ricordo delle parole di Ryota si ripetevano ciclicamente ricordandogli il perché quel giorno fosse in palestra. I suoi pensieri erano rivolti solo a quel numero undici che schizzava sul lucido del parquet.
Kaede.
Kaede era guarito.
Kaede era tornato a giocare.
Kaede sembrava una furia...
Un' inarrestabile furia del basket.
E mentre l'ennesimo slam dunk della sera caricava gli animi di elettrica adrenalina il rossino pensò a quanto fosse lontano 'quel periodo' vissuto insieme... quanto triste era stato... e quanto adesso sembrasse lontano, nonostante fosse trascorso solo qualche mese.
Kaede adesso era tornato in squadra.
Aveva cominciato ad andare a giocare ai campetti dietro la spiaggia ogni giorno... ad allenarsi fino a tardi in palestra....fino al momento in cui aveva potuto rimettere piede in campo da titolare. Non era stato facile, per nessuno dei due. Ma ce l'avevano fatta.
Sakuragi aveva realizzato il suo sogno... aveva riportato Kaede sul campo. Gli aveva dato un' altra chance... delle nuove speranze...
E forse Kaede ne aveva date a lui... lottando al suo fianco. Senza mai mollare.
Erano trascorsi sei mesi dopo l'operazione. Mesi di terapie. Di tensione. Di ansia.
Ma adesso dopo tutto quel tempo, ogni cosa sembrava diversa ma non meno intensa di quel periodo passato. La vita era ricominciata a scorrere, e sembrava non fosse mai successo nulla.
Finché quel pomeriggio ormai lontano Ryota aveva pronunciato quelle parole. Gli aveva rivelato di quella selezione. Quel segreto che Kaede gli aveva taciuto... e che aveva continuato a celargli fino a quel giorno...
Hanamichi aveva accuratamente evitato di parlarne, nella speranza che il moretto ne facesse confidenza con lui, ma così non era stato... e per settimane tra di loro c'era stato un cupo silenzio, velato di attese, da parte del rossino... e di interminabili allenamenti, da parte del moretto.
Ed adesso erano lì... alla selezione dei Talent Scout.
Oltre a loro erano presenti molti giocatori della prefettura.
Sakuragi era in piedi a osservare il provino di Kaede.
***********
Al seguito delle prove individuali il gruppo di candidati aveva giocato un breve match di gioco. Alla fine del primo tempo fu concessa una breve pausa.
Rukawa rientrò nello spogliatoio a cambiarsi la maglia. La squadra, ancora in campo, era in pausa.
Sedette sulla panca di ferro a sorseggiare un pocari sweet.
Si guardò le mani. Tremavano leggermente. L'adrenalina era ancora in circolo.
Sentiva il sangue corrergli nelle vene e chiudendo gli occhi poteva sentire i battiti del suo cuore...
Lasciò scivolare la mano lungo il suo addome, in silenzio, come a saggiarne la consistenza... poi si soffermò qualche istante sovrappensiero.
“Kaede...” la voce di Hanamichi gli giunse alle orecchie incerta. Il rossino lì di fronte a lui lo fissò, “Tutto ok?”
Il moro annuì, alzandosi,
“Avevo bisogno di un attimo di pausa...” sussurrò sistemandosi la fascetta nera al braccio, “non starmi sempre sul collo...” disse uscendo e lasciando il rossino a fissarlo in silenzio.
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La partita proseguì senza particolari svolte. E finita la selezione i responsabili salutarono i ragazzi, con la promessa di comunicare loro eventuali convocazioni.
Dopo la consueta doccia i giocatori che avevano preso parte al provino si rivestivano allegramente. I giocatori del Ryonan e del Kainan chiacchieravano vivacemente.
“Sakuragi, Rukawa, andiamo a prenderci qualcosa insieme in un locale qui vicino questa sera, vi unite a noi?” chiese Sendoh caricandosi la borsa sportiva in spalla.
Il rossino alzò il capo, felice per la proposta ricevuta, ma quando si voltò verso Kaede per coglierne le reazioni notò il totale disinteresse del ragazzo.
E i suoi occhi sembrarono spegnersi.
Fissò il compagno e disse:
“Vi ringrazio ragazzi, ma siamo stanchi...credo andremo a casa...”.
Pochi sorrisi. Poche parole. E dopo, quando gli spogliatoi erano ormai vuoti, Hanamichi sospirò appoggiandosi alla porta mentre Kaede terminava di vestirsi.
“Potevi andare, se volevi...” la voce del moro lo sorprese.
“Non avevo voglia di andare... senza di te...”
“Guarda che non mi spaventa stare solo...”
“Lo so...”
“Anzi, mi faresti un favore a toglierti dai piedi ogni tanto...”
Quelle parole, pronunciate dalle labbra pallide di Rukawa mentre abbandonava la stanza, sembrarono più gelide che mai.
“E' per questo che non mi hai detto della selezione?” la domanda di Hanamichi gelò il moretto sulla porta. Questi si voltò appena fissando il compagno, “mi volevi fuori dai piedi?”.
“Come l'hai saputo?” se l'era chiesto dal primo momento che aveva visto Hanamichi in palestra quel pomeriggio.
“E' da dire, tanto per puntualizzare, che tutti lo sapevano... tranne io... se non me l'avessero detto me l'avresti taciuto...” il rossino si strinse nelle braccia, “... come hai fatto in queste settimane...”
“Non era importante...”
“Non era importante cosa? La tua selezione... o che io lo sapessi? E se ti prendono cosa mi avresti detto?... Un giorno saresti arrivato a dirmi 'ciao Hanamichi parto per gli Stati Uniti! E' stato bello ma è finita!'” la voce del rossino era furente.
Gli occhi di profondo cobalto di Kaede sembrarono profondi e colmi di indifferenza mista a fastidio. Distolse il suo sguardo da quello scuro ed accusatorio del compagno...
“Non è detto che la superi....”
“Ma smettila! Non tentare di pararti il culo Kaede...” l'espressione di Sakuragi era esasperata,
“Non lo faccio”,
“O sì che lo fai... vorresti dirmi che non pensi di passare questo provino?” fece qualche passo verso di lui, “ma se non ti hanno staccato gli occhi di dosso per tutta la selezione...e tu lo sai!”.
“Qual è il tuo problema Sakuragi? Paura che ti tolgano la tua bambola?” la cattiveria di quelle parole piegò ogni briciolo di rabbia di Hanamichi fino a spegnerla.
I suoi occhi nocciola divennero lucidi. E il suo cuore si trasformò in una fredda ed acuminata pietra. Si fissarono per un tempo che sembrò infinito, poi il rossino si mosse ed attraversando la porta si allontanò senza aggiungere altro.
Kaede rimase qualche altro secondo nello spogliatoio, poi lo seguì.
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La strada del ritorno verso casa fu colma di silenzio e malumore per entrambi.
Quando chiusero la porta di casa alle loro spalle, il mondo sembrò diverso. Diverso ed irrimediabilmente compromesso.
Hanamichi si chiuse in bagno. Gli sembrò il rifugio più sicuro per evitare qualsiasi altra conversazione con Rukawa.
Sedendosi sul bordo della vasca il rossino rimase in silenzio ad ascoltare il cupo vuoto intorno a sé. Poi aprendo il rubinetto osservò le sue lacrime, amare e piene di rabbia, unirsi alle gocce d'acqua che turbinavano sulla ceramica del lavabo.
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Rukawa, nella stanza a fianco, seduto sul letto si abbottonava la tuta che aveva indossato da qualche minuto. Mentre chiudeva l'ultima asola pensò che quella era la preferita di Hanamichi... Molte volte glielo aveva detto e spessissimo la indossava lui stesso... A quel pensiero Kaede quasi sorrise... le tonalità chiare risaltavano moltissimo il rosso dei capelli del suo do'aho...
I suoi meravigliosi capelli carmini, morbidi e setosi...
Da quanto non li accarezzava...
Appena un attimo dopo che ebbe formulato quel pensiero la porta si aprì e la figura di Hanamichi ne uscì. Kaede lo fissò, percependo per la prima volta la grande voragine che tra di loro sembrava aver eretto un muro...
Continuò a ripetersi che era giusto così... e che forse un giorno entrambi se ne sarebbero fatta una ragione...
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I giorni si susseguivano senza sosta. Le cupe piogge invernali non sembravano volersi esaurire.
Sakuragi in cucina sbadigliò nuovamente.
Era un freddo pomeriggio come tanti altri.
Seduto al tavolo della cucina il rossino tentava di studiare, ma il libro non era mai sembrato più noioso. E se solitamente riusciva a mettersi in testa il minimo per sostenere un interrogazione decente, quella sera Hanamichi rinunciò presto a ogni speranza di capire ciò che leggeva.
Alzò il capo, fissando il grande letto di fronte a sé. Le coperte erano ordinatamente piegate e colorate. Proprio come piacevano a lui.
Ricordava ancora il giorno in cui lui e Kaede lo avevano comprato. Lo stesso giorno in cui insieme si erano presentati a casa della madre di Hanamichi, per dirle tutto su di loro... per dirle del loro progetto... della loro voglia di stare insieme. Di vivere insieme, sempre...
Hanamichi al sol pensarci riusciva ancora a sentire il tremore alle mani di quell'occasione. L'emozione che aveva provato quando Kaede gli aveva stretto la mano, sotto il telo di quella tovaglia bianca... sotto quel tavolo... mentre insieme parlavano di ciò che realmente volevano.
No, non avrebbe mai potuto dimenticarlo quel giorno di fine gennaio. Non avrebbe potuto dimenticare il freddo pungente di quel giorno. Non avrebbe potuto dimenticare la neve gelida che aveva sfiorato i loro corpi sulla strada del ritorno. Non avrebbe potuto dimenticare la paura. La gelida paura per quella rivelazione che lasciava cadere un serio interrogativo sul loro futuro.
Non avrebbe potuto dimenticare la forza di Kaede e la determinazione dei suoi occhi nel chiedergli di stare insieme, sempre.
Come avrebbe potuto dimenticare il giorno in cui il suo desiderio più grande si era avverato?
No, non sarebbe stato possibile.
Eppure, dopo appena tre mesi, tutto sembrava lontano. Tutto sembrava più... freddo. Distaccato... come Kaede.
Da qualche tempo era strano, sempre di cattivo umore. Distante.
Improvvisamente avevano smesso di cercarsi. Avevano smesso di parlarsi. Kaede sembrava così preso dal suo ritorno in palestra, dagli allenamenti, dal basket... e da quella selezione di cui non aveva fatto parola nemmeno con lui.
Il brutto periodo che aveva passato sembrava così lontano, eppure era come se qualcosa si fosse rotta. Fosse sbagliata. Fuori posto.
“Hanamichi...” la voce del moro lo fece trasalire, i suoi occhi scuri incrociarono quelli blu del compagno. Non si era nemmeno accorto che fosse rientrato.
“Va tutto bene?”.
Il rossino annuì, tornando a fissare il suo libro.
D'un tratto una carezza sfiorò il suo volto facendolo sussultare.
Kaede sedette vicino a lui, trascinando una sedia.
Hanamichi silenzioso lo fissò.
“Sicuro...?” quel sussurro lo raggiunse insieme ad un bacio al collo, che lo fece tremare. Quegli occhi blu lo fissarono in silenzio, in attesa di una risposta, ma il rossino disse solo:
“Non riesco a capire niente di questo paragrafo...” si alzò improvvisamente, “ vado a dormire...” e andò a chiudersi in bagno. Kaede sospirò, poi si alzò raggiungendo il lavabo e prendendo da sopra il pensile una tazza bianca.
Quando Sakuragi uscì dalla porta di scuro legno si fissarono un attimo, poi il rossino si mosse verso il letto.
“Non mangi qualcosa?” chiese ad un tratto Kaede preoccupato.
“Non ho fame, in frigo c'è qualcosa se hai fame...Buona notte” disse sdraiandosi tra le coltri.
Kaede lo fissò qualche minuto, poi si avvicinò al frigorifero. Prendendo la bottiglia del latte se ne versò una tazza. Lasciò che il liquido bianco e freddo gli congelasse il palato, poi distrattamente fissò davanti a sé.
Hanamichi si strinse al suo cuscino. Avvertì il moretto raggiungerlo poco dopo, sdraiandosi nella sua metà del letto.
Kaede fissò qualche minuto le spalle del compagno, immobile.
Probabilmente il rossino dormiva, ma gli sembrava improbabile... conosceva Hanamichi, ed aveva visto i suoi occhi spenti, mentre ignorando la sua presenza, fissava in trance il libro. Fissando il soffitto lasciò che la propria mano, sotto le coperte, vagasse sul suo costato. Accarezzandone qualche centimetro in particolare.
Chiuse gli occhi, perdendosi nei suoi pensieri...
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Hanamichi aprì lentamente gli occhi, strofinandoli con la manica del pigiama. Il suo sonno era stato infastidito da un rumore continuo e squillante. Impiegò pochi attimi a capire che era il telefono a suonare.
Sedette sulle coperte, fissando l'orologio sulla parete di fronte. Erano le dieci, e quella mattina Kaede era uscito senza nemmeno chiamarlo.
“Qui casa Rukawa...”
All'altro capo una voce femminile rispose.
“No, non sono io il signor Rukawa, è il mio coinquilino.. ma non è in casa... si, certo...” dopo qualche attimo le pupille di Hanamichi si dilatarono, sorprese, “ma è sicura?” qualche attimo e una breve risposta dall'altro capo, poi brevi saluti.
Il rossino riagganciò la cornetta. Poi scendendo dal letto si vestì.
In silenzio uscì da casa e si diresse in ospedale a trovare la madre. Questa era di turno quel giorno.
Il rossino si soffermò un po' in ambulatorio a tenerle compagnia. Poi nel primo pomeriggio si diresse al campetto a fare quattro lanci a canestro.
Quella mattina non era piovuto e il pavimento asciutto e freddo sembrava propizio ad allenarsi un po'.
Per Hanamichi era un ottimo modo di pensare ad altro. Ad altro che non fosse Kaede almeno. Era così triste e sfibrante pensare alla loro storia in rovina. La telefonata a cui aveva risposto quella mattina aveva confermato quel che ormai pensava da tanto. Tra lui e Kaede c'era qualcosa che non andava.
Lanciando dalla linea dei tre punti Hanamichi centrò la retina.
Sì, indubbiamente qualcosa non andava in loro. Ma aveva preferito fare finta di non vedere. Far finta di non sapere che Kaede si stesse allontanando da lui, sempre di più...
Era come nascondere la testa sotto la sabbia. Incapace di credere che la loro bellissima e dolcissima storia potesse mai giungere al capolinea.
Ma si era illuso. Amaramente.
Ed adesso che il sogno americano di Kaede era lì, dietro l'angolo, ardente di essere vissuto da lui si rendeva conto che il suo unico desiderio sarebbe stato vedere il proprio ragazzo rinunciare a quel viaggio tanto atteso, o magari poter partire insieme a lui, all'avventura nel mondo delle opportunità sportive.
Ma sapeva che poteva solo fantasticare, sognare...una cosa del genere.
Kaede non avrebbe mai rinunciato all'America.
Lanciò in diagonale. Canestro. Di nuovo.
E lui non avrebbe mai potuto seguirlo negli U.S.A.
Improvvisamente si rese conto di non aver mai centrato tanti canestri come in quel quarto d'ora di allenamento.
Sorrise. Tristemente. Chissà se Kaede avrebbe mai potuto vedere quanto fosse migliorato... Quanto ormai fosse breve il passo che poteva condurlo al professionismo di quello sport che solo pochi anni prima ignorava totalmente.
Kaede era rimasto indietro, a causa della sua improvvisa malattia. Ma nonostante tutto il divario tra di loro era marcato ed incolmabile.
Rukawa non aveva mai mollato e la sua vera e unica passione lo teneva ancora vivo. Il basket.
Non era stato lui. No. Non erano stato il suo amore, la sua forza di volontà a tenerlo vivo. Era stato il basket a dargli la forza di combattere. La forza di cambiare le carte in tavola con la sorte e ridiscutere tutto, nuovamente. La forza di sperare ancora in quel sogno che fin da bambino lo aveva spinto ad appassionarsi a quella sfera arancione: l'NBA. Il sogno americano di ogni cestista. Di ogni giocatore professionista.
Hanamichi chiuse la lampo del suo giaccone. Il freddo pungente gli arrossava le guance. Con la mani in tasca si avviò lungo il viale. Neanche quella sera voleva tornare a casa presto.
Tanto sapeva che l'avrebbe trovata vuota.
Vuota come sentiva adesso la sua testa. Come sentiva il suo cuore.
*************
Yoehi Mito camminava distrattamente lungo il vialetto che costeggiava la palestra dello Shohoku. Sperava di trovare Hanamichi ancora ad allenarsi per prendere accordi sulla loro famosa serata al pachinko.
Ormai per vedere quella scimmia rossa era necessario prendere un appuntamento, occupato com'era tra allenamenti, scuola e Rukawa. Finito l'ultimo tiro dalla sua sigaretta il moretto si affacciò dalla porta semiaperta della palestra. Ma questa sembrava vuota. A dispetto dell'apparenza un pallone rimbalzava sul parquet a smentire la sua prima impressione. Girando lo sguardo incontrò la figura di Rukawa, fermo sulla lunetta a tirare.
Certo quel ragazzo non desisteva mai pensò il giovane teppista osservandolo con una certa stima. Era contento che il numero undici dello Shohoku si fosse ripreso. Qualche mese prima aveva temuto anche lui che l'evolversi del male che aveva colpito il ragazzo potesse essere davvero tragico. Ma tutto era andato bene. E lui ne era stato felice. Hanamichi non avrebbe sopportato di perdere per l'ennesima volta una persona amata. E mai nessuno come lui poteva conoscere la profonda e lacerante sofferenza dell'amico dopo quello che era accaduto al fratellino.
I pensieri di Yoehi fecero sì che i suoi occhi non focalizzassero subito l'immagine di fronte a sé... ma impiegò appena qualche secondo a rendersi conto che Rukawa si era fermato.
Lo fissò meglio, notando come si stringesse il petto. E la sua espressione lo allarmò. Il moretto si diresse al muro, appoggiandovi il palmo, come a sostenersi.
Mito fece appena un passo, deciso ad andare ad aiutarlo, ma ad un tratto una voce lo bloccò.
“Yoehi!! Ma dove eri finito!!??” la voce squillante e felice di Hanamichi rimbombò tra le pareti. Kaede sussultò voltandosi verso la porta, ed allontanandosi dalla parete. Il rossino fece il proprio ingresso, proprio mentre gli sguardi di Mito e Rukawa si sfiorarono. Appena un istante. Un istante breve, ma sufficiente a capire che qualcosa non andava. Mito staccò quindi i suoi occhi da quelle pozze di azzurro in tempesta e si volse verso l'amico.
“Speravo di trovarti in palestra... ma a quanto pare sei uno scansafatiche...”
“Il genio non ha bisogno di allenarsi...” si difese il rossino. L'amico rise poi ad un tratto notò lo sguardo cupo di Hanamichi nel fissare il compagno allenarsi, come se nulla fosse.
“Andiamocene...”
“Ma Rukawa... non gli...”
“Muoviti!” sembrò più un ringhio che altro. Mito in silenzio lanciò un' ultima occhiata al moretto mentre correva sulla lunetta, poi a passi ampi raggiunse il suo migliore amico.
Camminarono in silenzio per qualche isolato. Sakuragi sembrava improvvisamente di acceso malumore. Si accese una sigaretta.
“Certo che Rukawa ce la sta mettendo tutta...” commentò Mito aspirando un tiro dalla sua fedele cicca.
Hanamichi camminava al suo fianco. Lungo il vialetto spoglio.
“Sì, l'esito dell'incontro con il talent scout è la settimana prossima...Kaede non vuole perdere la sua occasione... e io non so dargli torto... anche se a volte...”
Mito si voltò sorpreso da quelle parole,
“A volte cosa Hana?”
“A volte... è così distante.... ultimamente non è mai a casa... e quando rientra è sempre nervoso. Sempre teso. E' come se si stesse allontanando da me... e io non so cosa fare per impedirlo...” si bloccò come a pensare alle parole da dire, “ mi sembra di essere invisibile a volte....e poi ho paura per la sua salute...”
“Mm... credi possa avere una ricaduta...?”
“Non lo so... non voglio lasciarmi condizionare dalle mie paure. Io per primo ho sempre desiderato che Rukawa andasse in America... che inseguisse il suo sogno del basket americano... ma...”
La frase rimase incompleta, sia di suoni che di pensieri. Nemmeno Hanamichi sapeva spiegarsi cosa aveva così radicalmente cambiato Kaede. Ma sapeva che qualsiasi cosa avesse deciso lui lo avrebbe seguito. Sempre.
Non voleva perderlo. No, come avrebbe potuto accettare di perdere l'unica persona che amava quanto la sua vita...
**************
Quello fu il suo unico, martellante pensiero per tutta la sera, fino al suo ritorno a casa, ormai a notte inoltrata.
Togliendosi il giaccone Hanamichi si diresse in bagno. Kaede dormiva. Silenziosamente il rossino si infilò sotto alle coperte coprendosi e tentando di scacciare il freddo pungente che avvertiva ancora nelle ossa.
Chiuse gli occhi imponendosi di non avvertire lo sguardo del proprio compagno che, diversamente da quello che pensava, era sveglio e continuava a guardarlo in silenzio.
Nessuno dei due parlò e in silenzio il sonno venne a rapirli.
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'Ammesso'.
Fu l'unica parola che Hanamichi lesse sulla comunicazione che l'allenatore Anzai aveva presentato loro quel mattino.
Quella parola di mille significati stava lì, accanto al nome di Rukawa. Ma in quel caso aveva un unico, importante significato.
“Ehi, Hana chan, hai visto, Rukawa è passato!?” Ayako sorridente si avvicinò, osservando il foglio bianco, dove in bella vista comparivano i nomi dei cinque giocatori che i talent scout avevano selezionato.
Il rossino sorrise.
“Sono contento per lui.” disse, incerto sull'esserlo davvero o fingere un sentimento che non gli apparteneva. Infondo avrebbe dovuto essere felice per il suo compagno. Sapeva che quello era il desiderio della sua vita, sapeva che tutto quel che aveva fatto era stato fatto solo per portarlo a quel passo così fondamentale della sua carriera. Non poteva disilludere le sue aspettative per puro egoismo, per paura di perderlo. Infondo aveva sempre saputo che Rukawa non gli apparteneva. Non avrebbe mai potuto sentirlo suo. Mai. Perché Kaede era uno spirito libero. Libero da ogni vincolo, da ogni catena.
E il suo vero amore consisteva nel lasciarlo libero di scegliere. Di scegliere la propria vita. Anche se gli sembrava così dura, così straziante, prendere una decisione simile.
Come in un lampo fugace gli vennero in mente i giorni trascorsi in ospedale. L'ospedale. La riabilitazione... Tutto era vivo ancora nei suoi pensieri. Tutto vorticava, come a non voler lasciargli pace.
Che diritto aveva lui, dopo tanta sofferenza, di chiedergli di rinunciare a tutto solo per loro? Per una storia che già era condannata a finire. Condannata. Distrutta.
Lo pensava davvero, anche se quando il moretto fece il suo ingresso in palestra improvvisamente sentì la propria volontà vacillare. Nel guardarlo, freddo e impassibile come sempre ricevere i complimenti dai compagni di squadra.
La sua espressione dura era tradita dalla luce dei suoi occhi. Una luce accesa di gioia che Hanamichi non riuscì ad ignorare e che sembrava pungergli il cuore come uno spillo acuminato.
*********
Gli allenamenti proseguirono in un' aura di ottimismo e buon umore. Di euforia quasi contagiosa.
Quando negli spogliatoi, alla fine della partita di allenamento, i ragazzi si infilavano nelle docce chiacchierando e ridendo, Hanamichi sistemava la propria borsa in silenzio.
Rukawa si avvicinò,
“Ehi...” sembrò appena un sussurro.
Gli occhi di scuro ebano si alzarono incontrando i suoi di puro cristallo,
“Vado...con Sendoh e gli altri al locale qui vicino...vogliono festeggiare la mia convocazione...” il suo tono era calmo, sereno. Ma la risposta di Sakuragi tagliò ogni entusiasmo,
“Ok, divertiti!” passandosi la tracolla della borsa in spalla si avviò fuori dagli spogliatoi senza dare tempo al moretto di aggiungere altro.
Rukawa fissò la porta qualche istante poi afferrando il suo accappatoio da sopra la panca si diresse alle docce.
Voleva schiarirsi i pensieri e la mente. L'allenamento lo aveva aiutato a rilassarsi. Era felice per la sua convocazione. Era un sogno che si avverava. Il sogno di una vita.
Fin da piccolo aveva sognato di andare in America, di tentare l'entrata nelle squadre professionistiche. Sentiva l'adrenalina scorrergli nelle vene furiosa solo al pensiero. Avrebbe voluto condividere questa sensazione con Sakuragi, ma già da tempo il loro rapporto si era incrinato.
L'acqua scorreva tiepida sui muscoli, bagnandogli i capelli e scendendo poi a baciare le forme chiare del suo corpo appena sedicenne.
Fissò il muro. Pensieroso. Sapeva che era stata sua la scelta di allontanarsi dal rossino. Ne aveva pagato lo scotto e man mano che si concretizzava continuava a soffrirne.
Incapace di trovare altre soluzioni aveva preferito dare precedenza all'unica cosa importante della sua vita: il basket. Ma stranamente mentre formulava quel pensiero dentro di sé una tristezza dilagante lo attanagliava.
Stringendosi nel suo accappatoio voleva smettere di pensare ad Hanamichi. Smettere di immaginarlo solo, in quella casa. Solo e piangente, come più volte lo aveva sorpreso nelle settimane passate. Il rossino aveva tentato di nasconderglielo in ogni modo, ma Kaede vedeva, percepiva ogni turbamento del suo ragazzo. Nulla gli sfuggiva.
Aveva imparato a conoscerlo in quei lunghi mesi passati insieme. Avevano condiviso lo sconforto. La tristezza. Il dolore.
Avevano condiviso i loro cuori, le loro anime. I loro corpi.
Anche mentre stringeva al volto la spugna fresca del suo accappatoio Kaede poteva percepire il suo profumo. Nulla di tutto quello che lo circondava profumava di quell'essenza di dolce arancio. Solo la pelle del suo ragazzo aveva un aroma così inebriante e delicato. Mascolino.
E con quell'odore ancora nelle narici Kaede decise. Velocemente si rivestì e uscì dalla palestra di corsa, abbottonandosi la giacca di pesanti piume.
Mentre percorreva i marciapiedi umidi di pioggia la strada non gli era mai sembrata così lunga. La distanza da Hanamichi mai così pesante e sofferente.
Era stato un povero idiota. Un illuso. Come aveva potuto minimamente pensare di poter condividere la sua gioia con altri che non fossero il suo Hana. Con l'unico che veramente lo aveva conosciuto fino in fondo nella sua anima.
Era stato un pazzo. Un pazzo egoista.
In quel momento non avrebbe voluto nessuno tranne lui.
I suoi capelli rossi come il fuoco della passione che bruciava il suo cuore.
I suoi occhi scuri come perle di autunno.
Le sue labbra di dolce miele...
Avrebbe voluto solo le sue parole. I suoi baci...
Corse su per le scale. Inserendo le chiavi nella toppa girò e velocemente aprì. Hanamichi era lì, di fronte a lui. Seduto sulle coltri del letto. Indossava ancora la tuta dell'allenamento.
Quando alzò gli occhi, Kaede li vide lucidi e rossi, certamente di pianto. E tutto ciò lo ferì, profondamente. Come mai nessuno aveva fatto.
“Hana...”
Il rossino portò la manica al viso, ad asciugarsi gli occhi.
“Kaede...” era sorpreso di vederlo. Il moretto lasciò cadere la borsa vicino alla porta e si mosse verso di lui. Quando gli fu di fronte a lui si chinò, le sue mani salirono ad incorniciargli il volto.
Gli occhi lucidi e sorpresi del compagno non si staccarono dai suoi. E di fronte a quella evidente confusione Kaede esitò, non trovando le parole per chiedere perdono per tutto quel dolore che leggeva sulle pieghe di quel viso... sulle scie lucide e umide che impunemente scorrevano su quelle guance.
Si sentì un verme e colpevole cercò conforto dall'unica persona in grado di darglielo: Hanamichi. Lo strinse a sé, con forza. Ma le parole che entrambi avrebbero voluto udire, maledette e fuggevoli, non vennero da quell'abbraccio, né da quel che seguì.
Le labbra piccole e piene di Rukawa non emisero alcun suono. Non pronunciarono formule di scuse, né parole d'amore. Si mossero solo per chiudersi su quelle del rossino, e bere dalle sue labbra quella passione ormai dimenticata.
E fu la passione che accese il desiderio. La voglia di un' unione che da tempo entrambi non avevano più potuto consumare. Le braccia di Hanamichi si strinsero intorno alle sue spalle, mentre Kaede, con gli occhi di ghiaccio, vagava con le mani sul corpo del compagno denudandolo velocemente. Le sue carezze sembravano incandescenti. Le sue dita fuoco puro che scorreva sulla pelle, nella carne. I loro cuori correvano come impazziti.
Un ansimo spezzato scandì lo scivolare del corpo di Kaede dentro di lui.
Le mani del rossino si strinsero intorno alle sue spalle, mentre i fianchi forti e vigorosi del suo amante lo prendevano profondamente.
“Ah..Ah..ah..ah..”
Kaede strinse la testiera del letto e facendovi leva spinse con estrema violenza il suo membro dentro la calda guaina del compagno, che gridò. Una nuova spinta, al limite tra il piacere e il dolore.
Hanamichi cercò di allontanarlo, riuscendovi appena, Rukawa gli fu nuovamente addosso in pochi attimi. Poggiando i palmi sul suo petto lo respinse ancora.
“Ah!... Kaede!”
Il moretto strinse i pugni ancora di più, reggendosi al ferro, ormai riscaldato dal suo sudore. Spinse ancora godendo dei profondi affondi che gli procuravano piccoli brividi e lo facevano barcollare tra la linea del piacere e della follia.
“Kaede basta!” la sua voce si spezzò “mi fai male!”
Ma Kaede non si fermò, fino a raggiungere un rincorso orgasmo. Gli sembrò di impazzire. Mentre sentiva il proprio seme scorrere liquido dentro al compagno, la sua mente sembrò spegnersi di ogni ragione. Scivolò fuori da quel corpo caldo e morbido, lasciandosi andare tra le coperte sfatte. Il cuscino freddo lo accolse riportandolo alla ragione.
Il corpo immobile di Hanamichi vicino a lui improvvisamente lo allarmò. Voltando il capo vide il rossino sedere sulle coltri.
Gli sembrò un' illusione, quella di vedere le spalle del compagno tremare leggermente e poi gli occhi scesero fino ad incontrare quelle piccole macchie di sangue che sulle lenzuola chiare facevano capolino.
“Hanamichi...” la sua mano si allungò per toccargli la spalla, ma la reazione che ebbe quasi lo spaventò.
“Lasciami!” Hanamichi si alzò. Senza guardarlo si calò a recuperare i suoi vestiti. Iniziò a rivestirsi.
“Perché ti rivesti?”
Quella domanda sfumò nello sguardo irato di quegli occhi di brace.
“Me ne vado. Non ti è chiaro?”
“Ma perché?”
“Hai anche il coraggio di chiedermelo?!” l'ira sembrò infiammargli anche l'anima, “non mi sentivi chiederti di fermarti mentre mi scopavi ?”
“Adesso ti scopo?” lo sguardo di Kaede divenne improvvisamente serio, “credi che faccia solo quello con te?!”
“Sembrava stessi facendo solo quello! Ti ho chiesto di fermarti, mi faceva male!”
“Se avessi dovuto fermarmi ogni volta che ti facevo male non sarei mai riuscito a scoparti una sola volta nella tua vita!” quelle parole furono le più dure che Hanamichi avesse mai udito.
“Stai insinuando che sono una femminuccia?”
“Sto dicendo solo che non te ne va mai bene una, ultimamente poi non fai che lamentarti... così ti faccio male, in quel modo sanguini... nell'altro non vuoi... Perché non dici solo che non vuoi più venire a letto con me? Sarebbe più onesto!”
“Io non voglio venire a letto con te? Ma se non mi tocchi da due mesi!”
“E tu non fai altro che lamentarti!”
“Basta!” la sua voce spense ogni protesta, “se pensi che sia troppo lamentoso perché non provi tu a prendertela in cu** e lasciarti scopare da me! Dopo potrai dirmi se veramente mi lamento inutilmente!”
“E' tutto questo il tuo problema?” gridò Kaede “sono i nostri ruoli che non ti piacciono?”
Hanamichi lo fissò come in trance per appena un secondo, poi afferrando la giacca aprì la porta
“Vaffanculo Kaede!!!” e uscì sbattendola.
Il moretto rimase seduto tra le lenzuola sfatte. Nudo. Le parole che lui e Hanamichi si erano gridati contro risuonavano continuamente nella sua testa.
Strinse i pugni rabbioso, avvertendo dopo qualche attimo delle gocce umide colargli sulle dita. Alzò le ginocchia poggiandovi sopra la fronte. Con un profondo respiro tentò di calmare i singhiozzi che scuotevano il suo corpo. Strinse le braccia alle ginocchia disperandosi come un bambino.
Aveva sbagliato di nuovo.
L'aveva ferito come un bastardo. E solo per difendere il proprio cieco orgoglio. Il suo istinto di sopravvivenza aveva avuto la meglio sui suoi sentimenti.
Ancora una volta.
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Hanamichi camminava costeggiando il campetto lungo la spiaggia. Le strade ancora bagnate da una lieve pioggia erano fredde e deserte. Stretto nel calore del suo giubbotto tratteneva appena le lacrime. Fissando davanti a sé ripensava a quello che era successo. Ogni fitta del suo corpo glielo ricordava attimo per attimo.
Secondo dopo secondo sentiva dentro sé un dolore sordo che gli pungolava l'anima.
Doveva prendere una decisione. Non poteva più negare le evidenze. Non poteva più essere cieco.
Percorrendo il campetto lungo il nudo cemento si fermò sotto la retina del canestro. Alzò gli occhi fissando l'anello spoglio ed immobile.
Chiuse gli occhi liberando le lacrime cristalline fino ad allora trattenute. Singhiozzò ripetutamente cercando nel suo cuore la forza di fare ciò che andava fatto.
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Era già tardi quando Hanamichi rientrò. In silenzio chiuse la porta, appoggiandosi con le spalle al legno freddo fissò di fronte a sé.
Nel buio della stanza osservò l'ombra di Kaede steso nel loro letto. In silenzio si diresse in bagno, dove spogliandosi si lasciò al getto rinfrescante della doccia. Asciugandosi con l'accappatoio color panna indossò i boxer e la sua maglietta preferita. In silenzio spense la luce e si diresse a letto.
Sdraiandosi tra le coltri chiuse gli occhi, tentando di lasciar correre i pensieri. Sapeva che Kaede era sveglio. Sentiva il suo sguardo addosso.
Uno sguardo tormentato.
Il moretto si mosse appena, accostandosi al corpo del compagno,
“Hana...” lo chiamò piano. Il rossino sembrò sussultare, ma non rispose. Kaede gli cinse i fianchi, lentamente, nel timore di un suo rifiuto, e sussurrò: “mi dispiace...” un lieve bacio fu regalato alla sua spalla, “ehi...” a quel richiamo il rossino si voltò, affondando il capo nell'incavo del suo collo. Stringendosi a lui. In silenzio.
A Rukawa bastò quel gesto. Sorrise lievemente, poi strinse al suo petto il compagno, per regalargli il conforto di cui aveva bisogno.
Per regalargli le mille parole che la sua orgogliosa bocca non avrebbe mai pronunciato... ma che il suo cuore avrebbe scandito battito dopo battito.... al ritmo della sua anima....
Hanamichi chiuse gli occhi.
Rimasero stretti a lungo, senza bisogno di dire nulla. Senza parole superflue se non i battiti dei loro cuori, che ritmici scandiva il tempo.
Hanamichi percepiva il malore che aveva dentro svanire, scivolare via nel calore di quell'abbraccio saldo e dolce. Un lieve bacio fu regalato ai suoi capelli... poi una mano leggera scese sotto al mento, alzandogli il volto. Attraverso l'oscurità i brillanti occhi d'onice di Rukawa incontrarono il calore di quelli di caldo miele di Hanamichi. Un lieve bacio sulle labbra fece sospirare il giovane Dio dagli occhi di miele, mentre le mani chiare del compagno scivolavano sul suo corpo. Le loro bocche, disperatamente unite in un bacio caldo e umido, non riuscivano a staccarsi. Avide di un contatto sempre più passionale e rovente. La lingua di Kaede si intrecciava con quella del suo amante con passione crescente. Le sue mani scivolarono sotto la stoffa fresca del pigiama dell'altro, accarezzando la pelle calda ed eccitata.
Kaede si mosse salendo sul suo corpo. Intrecciando le sue gambe con quelle di Hanamichi e affondando con il ginocchio tra di esse accarezzò la sua virilità tesa.
Evidente era il desiderio che divorava entrambi. Desiderio intenso. Volontà di unirsi. Nuovamente.
Kaede lo voleva. Lo desiderava.
Passione. Volontà di possederlo. Solo quello nella sua mente.
Hanamichi si strinse a lui, condividendo i desideri del proprio uomo. Ormai lo conosceva così bene, che sapeva leggergli dentro ogni singola parola... ogni singola volontà.
Specchiandosi nei suoi occhi lesse tutto ciò che implorava da mesi il suo cuore. Le parole che la bocca del suo ragazzo non era stata capace di pronunciare. Ma per lui non fu abbastanza.
Kaede accarezzò il suo volto, incorniciandolo con il palmo. Sfiorò le sue labbra, con insistenza, con dolcezza.
Si abbracciarono con forza, facendo incastrare i loro corpi. Una stretta forte, che sembrò unire anche le loro anime.
Si baciarono nuovamente, mentre le loro dita freneticamente correvano sulla pelle calda in cerca di piacere. Liberando le labbra del rossino Rukawa sospirò gemendo di piacere, e sussurrò:
“Voltati...”
Hanamichi non fu evidentemente sorpreso, in pochi attimi obbedì alla richiesta del moro, scivolando sullo stomaco e lasciando che l'altro denudasse la sua pelle abbassandogli i pantaloni del pigiama. Appena fino alle ginocchia.
Abbastanza per averlo.
Kaede si strinse a lui da dietro, regalandogli una cascata di baci sulle spalle, sul collo. Si lasciarono a una stretta dolce e appassionata.
Con il volto il moretto scivolò ad inumidire la piccola fessura nascosta tra le rotondità di quei glutei bronzei. Poi con le dita massaggiò la piccola apertura, con desiderio.
Hanamichi affondò il capo nel suo cuscino. Attese di avvertire Kaede su di sé.
E quando la loro pelle nuda si unì sospirò. Quel piacere così travolgente non lo faceva respirare. Solo gemere e perdere il respiro.
Non si rese nemmeno conto che Kaede aveva smesso di stimolarlo se non quando avvertì il suo membro penetrarlo fino in fondo in un' unica, lenta e profonda spinta.
“Ah!..Kae..” si irrigidì.
Avvertì il bacino del compagno fermarsi solo quando il suo sesso fu in fondo e poi muoversi, iniziando il loro rapporto.
Rukawa lo abbracciò, regalando al suo collo, al suo viso...alle spalle.... innumerevoli baci, innumerevoli carezze...
Si stese su di lui, muovendosi velocemente. Spinta dopo spinta. Hanamichi strizzò gli occhi, in preda alle sensazioni. Troppo violente. Troppo veloci.
I loro gemiti, i loro sospiri. Il loro piacere... si mescolò in piccole frasi spezzate... nelle loro mani intrecciate... Fu così per tutta la loro intera ed estenuante corsa verso il piacere... quel piacere che li colse improvvisamente, invadendo i loro corpi con una desiderata spossatezza... una desiderata pace... che sembrò portare via tutto il malessere delle loro anime....
“Ti amo Hanamichi...”
Fu appena un sussurro, che si perse nel silenzio tutto intorno a loro.
Rimasero l'uno sopra l'altro ancora per un po', poi Kaede scivolò via dal suo corpo e si stese al suo fianco. Il rossino, stanco ed ansimante, si risistemò il pigiama, e rimase immobile tentando di calmare il proprio corpo e il proprio cuore. Kaede si accostò a lui.
Le sue labbra non pronunciarono alcun suono mentre le sue braccia lo stringevano forte a sé. Nel suo cuore e nella sua mente solo un profondo e forte sentimento: l'amore per Hanamichi.
In quello del rossino la concretizzazione di una decisione.
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Kaede si svegliò il mattino dopo. Nel letto. Il freddo pungente lo investì facendolo rabbrividire. Si tirò a sedere rendendosi subito conto di essere solo. Voltandosi cercò Hanamichi con lo sguardo, ma intorno a sé il nulla.
Silenzio. Non c'era più nessuno.
Tornò a sdraiarsi tra le coltri e portandosi la mano al volto tentò di fermare le piccole lacrime che bagnarono le sue guance.
Non c'era bisogno di parole. Non c'era bisogno di domande. Hanamichi lo aveva lasciato.
Era tutto finito.
Finito. Per sempre.
Quell'ultima notte trascorsa insieme era stato il loro addio...
Cinque settimane dopo.
La campana suonò allo Shohoku. Yoehi si accingeva ad uscire da scuola con Hanamichi.
“Anche oggi Ryota mi ha chiamato per chiedermi di tornare in squadra...”
“Ci andrai?” lo fissò il moretto mentre si cambiava le scarpe, “Rukawa è partito due giorni fa, ho incontrato Sendoh in sala giochi ieri sera...”
L'espressione di Hanamichi era quella di chi sapeva già tutto.
“Sì, credo di sì...” chiuse l'armadio, “non vedo Rukawa da settimane, non voglio saperne nulla...te l'avevo già detto...”
Il moretto lo seguì per il cortile senza insistere. Si separarono all'uscita.
Hanamichi si diresse in palestra.
Aveva saputo della partenza di Kaede. Sendoh stesso era venuto a pregarlo di andare in aeroporto a fermarlo...o almeno a chiarirsi entrambi. Ma non era servito a nulla. Per settimane si erano visti in palestra. Ma non si erano mai rivolti la parola, né avevano provato a parlare.
Dopo qualche giorno era diventata una situazione insostenibile. E poi improvvisamente era stata resa nota la data di partenza dei ragazzi selezionati dai talent scout e a quel punto Hanamichi aveva deciso di non andare più agli allenamenti. Non avrebbe più resistito al sol pensiero di vederlo e sapere che era stata una sua decisione quella di lasciarlo andare. Lasciarlo senza porgli una scelta per la troppa paura di una delusione inevitabile nel caso l'avesse fatto.
Arrivato iniziò a cambiarsi negli spogliatoi, in perfetto silenzio.
“Hanamichi!” la voce di Ryota squillò per la stanza, il rossino si voltò
“We, Ryo-chan!”
L'altro gli diede una pacca sulla spalla.
“Sono contento di vederti!” disse andando al suo armadietto e aprendolo.
Sakuragi si voltò verso l'armadietto aperto appena più in là. Vuoto. Era di Kaede. O meglio lo era prima della sua partenza.
“Sono contento anche io...” sussurrò tornando a vestirsi.
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Da quella sera in cui era andato via, Hanamichi era tornato a casa della madre. Non le aveva dato molte spiegazioni sulla fine della sua storia con Kaede. Forse nemmeno lui voleva e poteva accettare la fine di quell'amore.
I primi giorni erano stati i più duri. E nonostante si fosse ripromesso di rispettare la sua scelta, furono tante le sere in cui tornava a casa piangendo.
Tante le notti insonni.
Col tempo però tutto faceva più male e invece di star meglio si era ridotto ad un fantasma di se stesso.
E più la stanchezza si accumulava più la notte dormiva sfinito.
Ma quel giorno...
Il giorno in cui Anzai era arrivato chiamando a sé Rukawa era stato il peggiore. Lo aveva capito subito. Sarebbe partito per l'America.
Non c'erano più dubbi.
Ed era diventato nuovamente impossibile dormire di notte. Era diventato impossibile pensare al suo ex ragazzo, e sapere che non si era nemmeno posto il dubbio di desiderare di stare insieme, più di quello di andare negli Stati Uniti.
Non se lo era posto nemmeno una volta.
Non si era opposto nemmeno un attimo alla decisione di Hanamichi di lasciarlo. Non lo aveva mai cercato, né aveva mai tentato di chiarirsi con lui.
Aveva solo accettato le decisioni del rossino, perché era più facile così pensare che lui non avesse colpe...
Hanamichi rientrò a casa; era appena passato il tramonto. Le luci erano spente e capì che la madre non era ancora tornata dal lavoro.
Lanciò la sua borsa vicino alla porta e si diresse al bagno. Si lavò il viso. Aveva appena fatto la doccia in palestra ma si sentiva sudare in continuazione.
Il campanello suonò improvvisamente. Il rossino uscì dal bagno e si diresse all'uscio con passo lento ed esasperato. Aprì la porta.
Ciò che gli apparve davanti agli occhi lo lasciò senza fiato.
“Ciao...” la voce di Kaede era bassa, come sempre.
Hanamichi sbatté le palpebre incredulo. Rimase in silenzio.
Rukawa era di fronte a lui, il solito giubbotto nero, il berrettino... e i guanti che tempo fa lui gli aveva dato...
Il suo sguardo era indecifrabile. Sembrava anche lui provato e stanco.
“Posso entrare?” chiese il moretto, dopo qualche attimo. Hanamichi tentò di farsi forza.
“Non credo sia il caso...” disse, “non dovevi essere negli Stati Uniti?” chiese poi.
Kaede abbozzò un sorriso, abbassò il capo.
“Non sono partito...” si strinse nel suo giubbotto, “non ci sono riuscito...dovevo darti questi” disse sfilandosi i guanti e porgendoglieli. Hanamichi li prese senza capire. Li guardò poi fissò di nuovo lui. Il moro fece un passo ritrovandosi faccia a faccio con il rossino,
“ora posso entrare...?”
Hanamichi fissò i suoi occhi azzurri. Vi lesse tanta tristezza. Almeno quanta ve ne era dentro ai suoi. Scostandosi dalla soglia lo lasciò entrare, poi chiudendo la porta vi si appoggiò sopra.
“Cosa vuoi da me Kaede? Tra di noi è finita...”
“Lo so... e so di averlo voluto io...” confessò a tono basso il moro. Con la mano si tolse il berretto, i suoi capelli di nera seta ricaddero sulla fronte, “..ma non voglio che tu creda che lo abbia fatto perché non ti amavo... al contrario...io ti amo Hanamichi...” e mai quelle parole furono più facili da pronunciare, “ ed è proprio per questo che ho scelto di lasciarti...”
Sakuragi spalancò gli occhi in un attimo di sorpresa.
“Cosa dici?”
“So benissimo che sapevi che avevo saltato le visite di controllo... in ospedale... io l'ho fatto perché...” le parole si bloccarono improvvisamente, Hanamichi non capiva, Kaede si portò una mano sull'addome, “...da qualche mese... avverto qualcosa dentro di me che non va...”
“E perché non sei andato in ospedale?”
“io ... non ne ho avuto la forza...”
“ potevi parlarne con me?”
“Era proprio per te... non sapevo come dirti... questa cosa...”
Hanamichi rimase in silenzio.
“Come potevo dirti che forse non era servito a niente... tutto quello che abbiamo fatto...?”
Il rossino avanzò a passi lunghi, fermandosi di fronte a lui.
“Non è vero che non è servito a niente, e tu non hai pensato a me, la verità è che avevi una paura fottuta Kaede!” a quelle parole il moro rimase in silenzio, quasi riflettendoci, “ mi hai allontanato di proposito!”
“Sì...”
Seguì un breve silenzio a quella risposta inaspettata.
“io... io... non sapevo...”
“Non sapevi cosa?!”
Kaede non sopportò più il peso che si teneva dentro
“Non sapevo come dirtelo...!!”
Hanamichi si mosse, incorniciandogli il volto, e costringendolo a fissarlo negli occhi,
“Dovevi dirmelo come stai facendo adesso!”
Gli occhi di Kaede divennero improvvisamente lucidi, e Hanamichi seppe leggervi terrore, paura. Non aveva mai visto paura negli occhi di Rukawa, nemmeno quando gli aveva confidato mesi prima di essere malato. Nemmeno di fronte alla morte lo aveva visto così terrorizzato. E ad un tratto tutto gli sembrò chiaro, e lo colpì con una secchiata di acqua gelida.
“Credi che il tumore sia tornato, vero?” chiese tutto ad un tratto, Kaede abbassò gli occhi. E nessun a altra risposta fu sincera come quella.
“Da quanto lo sai? Da quanto lo sospetti?!”
“..si...”
“Cosa?” non capì, o forse non volle capire...
“...mesi...” il rossino lo lasciò andare, allontanandosi, si girò verso la porta.
“Mio Dio...” disse appoggiandosi al legno freddo e colpendolo un istante dopo con un pugno...
“Maledizione Kaede!! Come hai potuto ...! Come hai potuto sapere e non fare niente! Non dirmi niente!!?” i suoi occhi sembrarono incendiarsi di rabbia.
“Non volevo... che tu soffrissi ancora per me...”
Hanamichi sembrò impazzire,
“E come pensi avrei potuto sentirmi quando ti avrei visto morire sotto i miei occhi!! O forse volevi andare negli Stati Uniti per morire là e non farti nemmeno vedere da me!?!” a quelle parole si ammutolirono entrambi improvvisamente. Kaede si appoggiò al muro, gli occhi fissi al suolo.
Si sentiva distrutto. Non era riuscito nemmeno a proteggere chi amava, ed adesso gli occhi furenti e feriti di Hanamichi sembravano ucciderlo più di ogni altra cosa.
Si mosse avvicinandosi al rossino,
“Hanamichi...”
“Basta! Vattene! Va via!!” lo scansò per fuggire, ma Kaede lo fermò, stringendolo da dietro. Forte. Si rese conto che era la sua ultima occasione per salvare la sua storia con Sakuragi, e che se gli fosse sfuggita se ne sarebbe pentito tutta la vita.
“Ti prego Hanamichi... perdonami... perdonami...” continuò a ripeterlo finché non avvertì il corpo del rossino rilassarsi, “...perdonami se ti ho ferito... perdonami ... se sono scappato da te... io non posso vivere senza di te...” affondò il viso tra i suoi capelli di fuoco.
Hanamichi si sentì impazzire dal dolore. Per quanto tempo aveva sperato... sognato... di sentire quelle parole dalla bocca di Kaede... e invece non erano mai arrivate... ed ora... quelle parole che tanto aveva desiderato gli spezzavano il cuore in mille pezzi.
Nonostante il suo compagno fosse lì, di fronte a lui, nudo da ogni orgoglio a supplicare il suo perdono.
Il rossino si voltò in quella stretta, e con forza strinse a sé Kaede. Con tutta la forza che il suo cuore poteva dargli.
“Kaede...”
Il moretto nascose il viso nell'incavo del suo collo.
“Perdonami Hana... avevo paura...”
Gli sembrò di averle sognate quelle parole, ma la stretta febbrile di quelle mani bianche lo convinse di non essersi sbagliato.
“Kaede... non sei sicuro che ci sia una recidiva... non puoi essere sicuro... dobbiamo andare in ospedale...”
“Non voglio...”
“Perché?!”
“Perché non potrei sopportare... tutto di nuovo... non ce la farei...” la loro stretta si fece convulsa.
Caddero in ginocchio senza lasciarsi andare. Hanamichi lo strinse ancora più saldamente a sé
“Io sono con te Kaede...” lo costrinse ad alzare gli occhi, “Kaede, tu credi in me?” il compagno annuì con decisione, “allora ti prego... vai dal dottore... andremo insieme... starò con te se vuoi... ma tu non puoi rinunciare...”
“Io non voglio rovinarti la vita!”
“La mia vita senza di te non ha più senso Kaede... ti prego permettimi di aiutarti...”
Le labbra umide di Hanamichi bagnarono le bianche guance di Rukawa, mentre il giovane annuì. Le loro labbra si unirono, dolcemente.
“Io ti amo, Kaede Rukawa... sarò al tuo fianco fino alla fine, non ti abbandonerò...”
Quelle ultime parole si persero nella dolcezza dei loro baci. Nel calore del loro abbraccio... Nella passione del loro amore ritrovato...
E mai fino a quel momento Kaede si era sentito così vivo... e così grato di esserlo. E mentre Hanamichi lo guardava con gli occhi colmi di amore... ringraziò la vita per il dono che gli era stato concesso...
Just belive in me - The end
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Epilogo.
Erano passati appena cinque giorni da quando erano tornati insieme.
Sakuragi aspettava fuori dall'ospedale. Perso nei suoi pensieri osservava dei bambini giocare nei giardinetti. Felici e spensierati.
Kaede era andato a ritirare le sue analisi di controllo. Aveva insistito per andare da solo, ed adesso lui lo aspettava seduto su una panchina. Si sentiva un po' in ansia, ma in cuor suo sperava che tutto andasse bene.
Ad un tratto intravide Kaede scendere le scale e si alzò andandogli in contro. Mentre camminava avvertiva i raggi del primo sole di primavera riscaldargli la folta chioma rossa.
Kaede si fermò di fronte a lui senza dire nulla.
Hanamichi lo fissò poi allungò la sua mano verso di lui. Questi la prese nella sua e la strinse forte.
Insieme si avviarono a casa. Non vi fu bisogno di parole. Ma Hanamichi intuì ciò che Kaede voleva dirgli. Sapeva che il loro cammino insieme sarebbe stato duro, ma non avrebbe mai abbandonato la speranza, non avrebbe mai abbandonato la persona che amava.
Le strade della vita non sono fatte per sostare, ma per essere percorse insieme a chi ci ama.
E loro due avrebbero percorso la loro strada insieme... il loro amore li avrebbe aiutati ad affrontare le difficoltà.
A vivere felice nonostante tutto. Perché non basta la volontà di vivere per andare avanti, ma bisogna avere anche il coraggio di farlo.
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“Believe in me”
Le strade della vita non sono fatte per sostare, ma per essere percorse... e vissute fino in fondo.
Nella vita o nella morte, nel dolore e nella sorte.
Tu solo sei il mio sole, unica guida del mio cuore.
Tu che mi prendi per mano, e cacci la mia solitudine lontano.
Tu che mi guardi con amore, tu l'unico che comprendi il mio cuore.
Perché i miei sogni han i tuoi occhi, han le tue labbra, han le tue mani...
Perché insieme affronteremo il domani...
Per sempre...
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******************************************************************************* Con queste brevi note concludo questa mia prima RuHana, sicuramente impegnativa per me che sono una HanaRu convinta. Sicuramente mi ha dato molte soddisfazioni, ma più di tutto ha riconfermato la mia fede Hanaru >_<! Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fin qui e che hanno commentato con messaggi, email e varie... E vista l'occasione, auguro a tutti un Felice Natale, sperando che sia pieno di tanto yaoi!!! (di Slam Dunk ovviamente...) Un bacione immenso alle ragazze del forum di Slam Dunk Yaoi Temple Vi ricordo che le luci della Sesta casa sono sempre accese, pronte ad accogliere ogni vostra protesta, messaggio, complimento .... L'indirizzo è sempre quello :)
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