Disclaimer: I personaggi di Slam Dunk Appartengono al Maestro T. Inoue e a chi di diritto. In occasione di un avvenimento specialissimo, come il compleanno della nostra MelKaine, anche io non posso resistere alla tentazione e per l'occasione ho confezionato una mini fic Ruhana !!. No, non sono diventata matta...è proprio una Ruhana!!! (Che vi assicuro rimarrà figlia unica >_< ) Ed è tutta per te Mel, come promesso! Nell'augurio di un felice compleanno!! Tanti Auguriiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!! `ShaKa` PS.Un particolare ringraziamento a Hinao, la mia preparatissima e velocissima beta!!!
Believe in Me parte I di Shaka
Sbadigliando e dondolando il capo, il moretto lasciò che la lunga frangetta si spostasse lasciandogli la visuale sulla stanza bianca e sterile che aveva davanti.
Si voltò osservando dei bambini correre, e pensò che aveva sempre odiato gli ospedali. Fin da piccolo suo padre era entrato ed uscito dalle sale di terapia intensiva... dai pronto soccorso... dai medici specialisti che lo avevano curato per tanto tempo.... inutilmente, purtroppo. Era morto da qualche anno ormai. Così sua madre... appena sei mesi dopo, per disperazione.
La luce attraversava debolmente il vetro pallido di quella sala, e sembrava infrangersi sull'azzurro delle sue iridi, fredde ed inespressive.
Quella porta in chiaro smalto sembrava non aprirsi mai abbastanza velocemente. Ed erano ore che aspettava.
“Rukawa!!”
Sussultò sentendosi chiamare, un’infermiera di fronte a lui lo fissava.
“Signor Rukawa?”
Il ragazzo senza rispondere si alzò. Mani in tasca, strinse i pugni e seguì la donna oltre quella porta....
Hanamichi insaccò l'ennesimo tiro dalla lunetta. Soddisfatto del suo lavoro si asciugò con una salvietta, poi fissò l'orologio.
“C***, è tardi!!!” esclamò raccogliendo le sue cose e fiondandosi in bagno.
Appena quindici minuti dopo, il rossino fece il suo ingresso alla sala giochi. In fondo alla stanza Yoehi si sbracciò lasciandosi individuare.
Hanamichi si fece spazio tra i giovani che occupavano il corridoio.
“Pensavo non saresti venuto!” esclamò il moro accendendosi l'ennesima sigaretta.
“Eh! Mi son messo a fare i supplementari e non ho badato all'ora!!” ridacchiò imbarazzato, “ma gli altri dove sono??” si guardò in giro spaesato.
“Takamiya è andato a prendersi da mangiare, mancano da almeno mezzora... si staranno strafogando alla rosticceria di fronte!” rise il ragazzo.
“Sempre la solita fogna!” sospirò Hanamichi, ridendo poco dopo con il suo migliore amico.
Dopo, estrasse alcune riviste e giornali e li stramazzò sul tavolo.
“Yo! Forza devi aiutarmi a trovare qualche lavoretto per il periodo di Natale...ho preso queste riviste di annunci, magari trovo qualcosa... volevo fare un bel regalo a mia madre!!”
“Ma il lavoro in quel chiosco dell'anno scorso non ti va vero?”
“Quell'idiota del proprietario è uno schiavista!! Volevo qualcosa di meno massacrante... sai il genio non deve esaurirsi, o alle partite Akagi mi ucciderà!!”
Yoehi rise sfogliando una rivista. Hanamichi iniziò a visionarne un’altra,
“Commesso...no... cameriere....forse..... consegne dei giornali.... perché no!”
Yoehi drizzò il capo, alzandolo dalla rivista su cui era concentrato...
“Le consegne dei giornali è una buona idea... e potresti fare le consegne correndo, così ti alleni la mattina...”
“Oh!! Meravigliosa idea...” annuì il rossino, “andrò domani stesso a parlare con il tipo delle assunzioni...”
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Hanamichi uscì dall'ufficio del capo della ditta consegne. Felice e soddisfatto pensò che doveva andare a riparare le ruote della sua bicicletta, visto che l'indomani doveva alzarsi presto per la consegna dei giornali.
Appena messo piede sulla banchina fu quasi travolto da una bici in corsa. Nello scansarsi cadde all'indietro.
“Ma perché non guardi dove vai testa di c****” gridò sbracciandosi arrabbiatissimo.
La bici si fermò di scatto e Hanamichi riconobbe Rukawa, nel conducente sconsiderato contro cui aveva inveito.
“?” la faccia di Rukawa non si scompose minimamente.
“TU???” saltò in piedi, “ mi stavi per ammazzare specie di mentecatto!! Perché non la smetti di dormire mentre guidi!!!”
“Nh! Do'aho...” rispose con voce atona, muovendosi e lasciando il compagno di squadra a sbraitare improperi e fumare di rabbia.
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Il pomeriggio trascorse in palestra, lentamente ad allenarsi.
Alla fine Sakuragi si apprestò ad iniziare i suoi tiri supplementari. Ormai da abitudine lasciò la salvietta sulla panchina e si aspettò di vedere Rukawa seguirlo in campo. Ma il moretto, contrariamente alle previsioni, si allontanò negli spogliatoi insieme con gli altri. E così il rossino rimase solo. Lui e il canestro.
Lui e quella palla arancione che aveva ormai imparato ad amare e conoscere in ogni piega e sfumatura.
Era ormai divenuta il prolungamento del suo braccio... della sua mente, della sua anima....
E quando aveva un canestro davanti, Hanamichi non resisteva... e trascorreva ore ed ore a gettare quella sfera nella retina.... senza cedere alla fatica, senza tirarsi indietro ad ogni nuova sfida.
Dopo un tempo infinito, Hanamichi si rese conto di essere rimasto solo in palestra. I suoi amici erano ormai andati via da un pezzo.
Fissò la bottiglia dell'acqua e notò che era finita, quindi recuperandola si diresse nello spogliatoio, per andare a dissetarsi. Svagatamente entrò in corridoio, e poco dopo nello spogliatoio.
Aperta la porta si diresse agli armadietti... e fu lì che udì dei rumori... soffusi...
Si rese conto di non essere solo...
Aggirò la panca a passo leggero, e fu così che intravide una figura... seduta su una delle panche. In tuta, Rukawa sedeva sul freddo legno... il capo basso, una tovaglia penzoloni sulla testa. I capelli umidi per la doccia.
Hanamichi non fu sorpreso di vederlo. Sapeva da sempre che era molto lento a cambiarsi, e spesso e volentieri anche l'ultimo ad uscire dopo gli allenamenti. Akagi a causa di questo gli aveva dato anche le chiavi della palestra!
La sua espressione si dipinse di sorpresa però, quando notò gli irregolari sussulti delle spalle del moretto. Immobile.
Singhiozzante.
Le iridi di scuro miele di Hanamichi si spalancarono.
Il rossino rimase fermo, incapace di muoversi, o formulare alcun pensiero compiuto...
Ascoltando i singulti, lenti e regolari del compagno di squadra, lo guardava .... stranamente colpito. E in un lampo un pensiero quasi banale gli attraversò la mente....
Aveva visto Rukawa arrabbiato.... Aveva visto Rukawa muoversi come un tornado... Aveva visto Rukawa combattere....
Aveva visto il coraggio di Rukawa.... in ogni partita... in ogni rissa.... in ogni situazione difficile....
Era stato lui il suo punto fermo.... quell'icona d’irremovibile sicurezza su cui la squadra aveva fatto sempre leva per vincere....
Ma adesso, mentre lo guardava, con il viso coperto da quella tovaglia blu cielo... Hanamichi sembrava capire che infondo Kaede Rukawa era un essere umano come tutti gli altri. Con delle paure e delle debolezze.
E anche se in quel momento non capiva quali fossero i fattori scatenanti di tutto ciò, provò un moto di compassione per lui ... come un nodo che lo stringeva al basso ventre.
Involontariamente avanzò, palesando la propria presenza. Rukawa scattò, portandosi le maniche della tuta al volto, ad asciugarsi. A nascondere il suo attimo di abbandono dagli occhi dell'ultima persona a cui avrebbe voluto farlo vedere.
Hanamichi si sentì imbarazzato, ma poco dopo disse:
“Pensavo di essere solo....” con voce bassa.
Rukawa si alzò, di fretta, e afferrando la propria borsa si diresse fuori dallo spogliatoio. Velocissimo. Senza guardarsi alle spalle. Senza dire nulla.
Hanamichi fissò la porta.
E fu come se un velocissimo remake di quello che era appena successo rivivesse davanti ai suoi occhi........ l'immagine di Rukawa che fuggiva... la porta che sbatteva.... lo spogliatoio vuoto...
Il suo animo inquieto...
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Nei giorni seguenti tutto sembrò come se non fosse mai successo. Rukawa si allenava come sempre fino a tardi, dormiva a scuola..... veniva continuamente rimproverato dai professori....
Hanamichi aveva passato gli ultimi giorni a fissarlo... osservarlo....
Ad un occhio comune poteva sembrare il Rukawa di sempre. Ed infondo nulla faceva pensare diversamente. Ma Sakuragi sapeva che non era così. Non per lui almeno.
Dopo quel pomeriggio negli spogliatoi non gli aveva parlato.... non avevano parlato....
Era come se per un implicito accordo avessero preferito dimenticare ciò che era successo. Ma nulla era uguale a prima... e Sakuragi lo aveva capito in quell'ultima settimana, dove per un motivo o per un altro.... lui e Rukawa non avevano mai litigato... né avuto battibecchi. Come se s’ignorassero a vicenda.
Hanamichi si ripromise più volte di parlargli. Di chiedergli spiegazioni. Di stuzzicarlo per avere una sua reazione....
Ma non trovava il coraggio di parlare... E ogni tentativo di rissa era prontamente ignorato....
Poi ad un tratto, un pomeriggio di fine settimana di novembre, Rukawa saltò per la prima volta l'allenamento di basket....
Senza spiegazioni.
Senza nemmeno una chiamata all'allenatore.
Il suo armadietto rimase chiuso, con il lucchetto, nero, lucido.... immobile. E così rimase per parecchi giorni...
Il giorno dopo il professor Anzai disse loro che Rukawa si era ammalato d’influenza. E nessuno aveva fatto più domande. Nessuno si era più stupito di quelle assenze. Nessuno tranne lui....
Non sapeva perché... ma era come se tutto suonasse strano...suonasse diverso... sbagliato.
Dieci giorni dopo Hanamichi lo vide... a piedi, sul ciglio della strada.
Un lunedì mattina. Il cielo cupo. L'aria fredda dell'autunno inoltrato. Il cappellino della Nike in testa, il giubbotto bombato nero.
Si fermò ad osservarlo. Sembrava assorto nei propri pensieri, come sempre. Impassibile. Come sempre.
Dimagrito e pallido, più di sempre.
Il moretto proseguì senza accorgersi di lui.
Hanamichi non se ne rese nemmeno conto, ma camminando lungo i marciapiedi affollati guidato da uno strano impulso aveva preso a seguire il suo compagno di squadra.
Lo vide camminare per dei vicoli piccoli. Certamente delle scorciatoie.
E fermarsi di fronte alla porta in legno di un piccolo condominio.
Lo osservò estrarre le chiavi ed entrare..... corse, fermando la porta, prima che si chiudesse, e osservando l'ombra del moretto salire le scale attese alcuni minuti. Nei quali si chiese ripetutamente cosa ci stesse a fare in quel posto...
Salì anche lui quelle scale. Tutto intorno delle mura fatiscenti, e tante porte chiuse.
Poi incontrò la vista di una piccola targhetta:
“K. Rukawa”.
Rimase un attimo indeciso se bussare o meno.
Infondo non aveva nemmeno idea di cosa dirgli... quando se lo sarebbe trovato di fronte.
Alzò la mano, toccando la porta... e improvvisamente questa si aprì... rivelandosi solo socchiusa...
Sakuragi la fissò, entrando e guardandosi intorno.
“R- Ruk.awa?” chiese titubante. Ma nessuno rispose.
Si fermò quindi un attimo, guardandosi intorno. Un ambiente unico. In un angolo una piccola cucina, nell'altro un letto, coperto da uno spesso plaid azzurro.
Un piccolo tavolo, delle sedie... una tv su un mobiletto.... Il tutto era disordinato, e i piatti nel lavabo sembravano lì da giorni.
Ad un tratto poi, la notò.
La piccola porta bianca, in fondo a tutto.
Socchiusa.
Si avvicinò, e nel farlo iniziò ad avvertire dei rumori... conati di vomito...
Spingendola con la mano lasciò che la porta scorresse, e l'immagine di Rukawa, in ginocchio di fronte al water, si presentasse ai suoi occhi...
Lì, il viso piegato sulla tazza, mentre rimetteva senza potersi trattenere.
“Kitsune...” si avvicinò, abbassandosi. Notò gli abiti pieni di residui di vomito... sporchi e bagnati...
Il viso pallido. Le occhiaie profonde, causate dallo sforzo.
Svariati colpi di tosse.
Gli toccò la spalla, ma appena lo allontanò dalla ceramica bianca di fronte a sé, Kaede si lasciò andare, perdendo momentaneamente i sensi. Hanamichi lo strinse, impreparato a ciò che stava vedendo. Impaurito.
Per un attimo l'immagine del padre esanime si parò ai suoi occhi, facendolo tremare.
Non capiva. Non capiva perché Rukawa stava vomitando. Non capiva perché lui fosse lì...
Non capiva perché Rukawa sembrava così magro e deperito...
Sembrava non mangiasse da giorni...
Lo guardò, e nel farlo notò che il berretto che indossava si era spostato... e alcuni ciuffi di capelli erano scivolati sul suo braccio, cadendo come piume di un uccello...
“Ma cos...” lo sussurrò appena, poi ad un tratto le pozze d'intenso azzurro del moro si aprirono,
“Rukawa?” lo chiamò lui dagli occhi scuri. Il giovane alzò lo sguardo incrociando quello del compagno di squadra. Poi dopo qualche attimo tentò di alzarsi ed allontanarsi dalle sue braccia.
“Cosa ci fai qui...”
Chiese con tono a stento calmo. Hanamichi lo fissò, aveva la pelle del viso macchiata per lo sforzo del vomito. Gli occhi scavati e lucidi.
“Io ... ecco... ti ho visto.... volevo... chiederti....son venuto qui...” farfugliò il rossino, non sapendo come spiegare la sua presenza in casa. Il moretto si alzò in piedi,
“Do'aho, sloggia” disse brevemente, avvicinandosi al lavabo e spogliandosi della felpa bagnata.
I suoi movimenti erano lenti ed imprecisi. Sakuragi lo fissò ancora. Poi guardò il berretto che il ragazzo portava in testa. Scompostamente copriva il suo capo.
Notò banalmente che i capelli sembravano più corti... si avvicinò e inaspettatamente lo tirò via... spinto da un impulso dettato dal suo sesto senso.
Ciò che vide lo lasciò a bocca aperta.
Rukawa reagì velocemente strappandoglielo dalle mani.
“Cosa... significa?!” chiese improvvisamente Sakuragi. Kaede si voltò, ignorando volutamente la domanda, “è quello che penso?” chiese poi. Il moro fece spallucce.
“Vattene da casa mia... Sakuragi...” disse poi in tono basso, e rassegnato.
“Ma...”
“Basta!” la voce di Kaede si alzò pericolosamente, “ho detto vattene! Non ho bisogno della tua compassione...!!” sibilò lanciandogli contro il primo oggetto a portata di mano.
Il rossino alzò le braccia per ripararsi dall'urto, poi, reso irascibile da quell’incomprensibile reazione gridò
“Fa come ti pare... ma tu guarda se devo preoccuparmi di un mentecatto come te... infondo sei inutile!!” e detto questo lasciò la piccola stanzetta da bagno.
Pochi attimi e la porta sbatté, lasciando un eco secco e profondo.
Kaede fissò la sua felpa tra le mani. Poi si spogliò. Aveva davvero bisogno di una lavata!
Dopo avrebbe chiamato il dottore. Aveva bisogno di medicine più forti per combattere la nausea.
*****
Sakuragi si diresse a casa. Arrabbiato. Sorpreso... sconvolto.
Aveva gridato quelle parole a Rukawa...
“Tanto sei inutile!”
Ma mai come in quel momento sapeva che erano una bugia. E nonostante si ripromettesse di non lasciarsi coinvolgere da quello che aveva visto... la sua notte trascorse insonne. Su un materasso di domande e supposizioni....
.... un cuscino d’incomprensioni.....
.... un manto di tristezza... pesante, come il freddo pungente che gli solleticava il naso..... mentre silenzioso rientrava a scuola, il giorno dopo...
Aprendo il suo armadietto intravide quello di Rukawa, traboccante di lettere. Come sempre. Il moretto non veniva a scuola da settimane, e così nessuno aveva provveduto a svuotarlo da quella cartaccia inutile. Hanamichi si chinò a raccogliere una busta rosa scivolata a terra. La fissò, girandola tra le mani, e notando un nome femminile proprio nell'angolino in basso. Sorrise, maledicendo tra sé l'idiozia delle donne. Poi con un gesto veloce la appallottolò e la lanciò nel cestino. E velocemente si diresse in classe... ormai la campana era suonata da alcuni minuti...
Gli allenamenti seguirono le lezioni, come in una monotona maratona d’impegni. Senza senso, senza motivazione.
Hanamichi chiuse l'armadietto dello spogliatoio. Intorno a lui i suoi compagni si cambiavano, ma Sakuragi sembrava non accorgersene. Ogni giorno che passava le cose sembravano uguali. Ripetitive e uguali.
Era come se da quando Rukawa aveva abbandonato il Club di Basket quella palestra sembrasse vuota.
Era come se la vera motivazione che lo spingeva a migliorarsi fosse svanita... con Kaede.... E tutto adesso sembrava... piatto, senza stimoli.
Indossò la sua sciarpa, fissando fuori dalla piccola finestra della stanza. Nevicava. I primi, leggeri, fiocchi di neve dell'inverno... che coloravano i marciapiedi, le siepi... le strade...
S’infilò i guanti e il berrettino, e si diresse fuori dalla struttura. Come da consuetudine chiuse con le chiavi la palestra e si diresse a casa.
Per strada la neve cadeva, leggera, candida... spazzando via il prolungato manto d'autunno che aveva colorato Kanagawa fino ad allora...
Una piccola pioggerellina bianca gli bagnava il viso, mentre si stringeva nel suo giaccone e s’incamminava lungo il sentiero. Passando lungo il recinto laterale del parco il rossino desiderò fuggire subito a casa , e nascondersi sotto le coperte al caldo. Ad un tratto però si fermò, attirato da un rumore familiare alle sue orecchie. Si voltò verso il parco, poi con gli occhi ne ricercò l'entrata.
Sotto il canestro, appena bagnato dalla neve, Kaede Rukawa lanciava la palla arancione nell'anello senza rete del campo del parco deserto.
“Sapevo che eri uno stacanovista... ma ti credevo meno idiota!” il moretto fermò il palleggio, voltandosi. I suoi occhi sembrarono fulminare il rossino fermo davanti a lui, per poi tornare a dedicarsi alla sua palla senza indulgere su di lui. Sakuragi sbuffò e si avvicinò in fretta, tentando di sottrargli la palla, ma Rukawa reagì scansandolo, e palleggiando. Il rossino s’infuriò,
“Idiota, vattene” disse il numero undici dello Shohoku voltandosi e dirigendosi a canestro. Sakuragi lo seguì, contrastandogli il gioco... e saltando a canestro respinse il suo attacco. Gli occhi azzurro cielo del compagno sembrarono fulminarlo.
Kaede corse, ma la palla finì nelle mani di Sakuragi.
“Ok! Kitsune adesso ti do una lezione di gioco!”
“Tsk!” lo snobbò l'ala piccola, andandogli in contro....
E così, senza volerlo, si ritrovarono a giocare.... giocare... giocare.... per un tempo che sembrò infinito.... sotto la neve, fredda e leggera.................... finché.........
Entrambi scivolarono sfiniti sotto il canestro. La palla rotolò fino alla recinzione.
Rukawa tossì, in preda al gelo. La sua giacca sembrava insufficiente a riscaldarlo dal freddo che avevano intorno.
“Dovresti startene a casa con questo tempo!” disse Sakuragi con il fiato corto, alternando alle parole lunghi e profondi respiri, “ti potresti prendere una polmonite!”
Il moro si alzò di scatto,
“Smettila!” il rossino si issò anche lui, parandosi di fronte al ragazzo, “non trattarmi come un malato!!” sibilò. Ma invece di una risposta pungente ottenne un sonoro pugno in faccia.
“Ma che cazzo ti prende adesso!!?!” alzò la voce, scostandosi
“Visto che non vuoi essere trattato da malato ti tratto come vuoi... come un idiota!!” esclamò il rossino scaldandosi. Come sempre l'aria sembrò fare scintille, e il secondo pugno, quello scagliato da Rukawa, non tardò a colpire e lasciare Sakuragi tramortito ed incazzato.
“Ok, l'hai voluta tu, stupida di una volpe idiota!!” rispose quindi il teppista scagliandosi sul moro,e lanciandosi in una rissa senza esclusione di colpi. Si afferrarono per la giacca, prendendosi a pugni e spintoni. Cadendo a terra continuarono a picchiarsi e rotolarsi sul cemento umido. Sakuragi stufo della resistenza dell'altro gli diede un pugno stendendolo a terra.
Rukawa si toccava il naso, dolorante.
“Adesso basta!” gridò rimettendosi in piedi. Il moro si tirò a sedere, sospirando,
“Ok... basta...” ansimò, poi fissando il rossino allungare la mano per tirarlo su gli tese la mano. Ma quando l'ebbe afferrata invece di far leva per alzarsi, tirò... scaraventandolo a terra. Si scambiarono altri colpi. Rukawa, cavalcioni sul rossino lo colpi con dei pugni, poi esausto si lasciò andare in avanti, ricadendo su di lui, che sorpreso rimase immobile. Hanamichi allargò le braccia, e lasciò che il calore del corpo su di sé lo riscaldasse, a dispetto del gelo che li circondava.
“Non ce la faccio più....” lo sussurrò Kaede, con voce leggera ed appena udibile. Sakuragi appoggiò le mani sui fianchi del moretto e rise, piano.
“Neanche io...” sorrise, “ci conviene alzarci... o finiremo tutti e due a letto stasera con una bella polmonite...”
Nel sollevarsi Hanamichi notò che la bandana che Rukawa aveva utilizzato durante il loro one on one per fasciarsi il capo si era slegata, cadendo e bagnandosi. Si chinò a raccoglierla, fissando poi Kaede.. che abbassò gli occhi, a disagio per lo sguardo indagatore che il rossino gli riservava.
Questi gli porse il fazzoletto, e lo osservò calcarsi in testa un consunto berretto di lana.
“Siamo fradici... “ osservò scrollandosi di dosso i residui di neve, Kaede annuì poi disse
“Vieni da me... tanto... è qui vicino...” , lui dagli occhi scuri annuì, ed entrambi si incamminarono....
********************
Rukawa accese la piccola stufa al centro della stanza, poi si tolse il giaccone, e lo stese su una sedia, Sakuragi lo imitò.
“E' iniziata proprio una bufera...” commentò poi il rossino,
“Non credo tu possa tornare a casa...” annuì il moretto, “... se vuoi resta...” disse ancora iniziando a spogliarsi.
“Chiamerò mia madre...”
I due rimasero in boxer. Rukawa si avvicinò all'armadio tirando fuori un pigiama in più, e porgendolo a Sakuragi, che nel frattempo si asciugava la folta chioma rossa. Indossò poi il proprio.
“Se vuoi darti una lavata con acqua calda il bagno è lì” gli indicò con la mano, il rossino annuì e si chiuse in bagno, uscendone solo molti minuti dopo...
“Kitsune... dove....” si bloccò improvvisamente.
Chiudendo la porta dietro di sé, si avvicinò alla stufa accesa e osservò la figura di Rukawa, mollemente abbandonato sul letto. Addormentato e sfinito. Si guardò intorno, osservando come il divano fosse troppo piccolo per ospitarlo, e che quindi l'unico posto dove dormire era il letto.
Sfilò il telefonino dalla tasca del giubbotto umido, e lo allargò nuovamente sulla sedia, anche se sapeva che la speranza che entro l'indomani mattina si asciugasse erano nulle... e compose il numero di casa.
Dopo, si avvicinò al letto, piano tirò le coperte e coprì Kaede che dormiva con il corpo premuto al muro, si stese vicino a lui. Coprendosi tremò dal freddo.
Nel buio, spezzato solo dalla luce flebile della stufa, si trovò senza sonno, a fissare il viso rilassato e pallido del compagno vicino a lui. Fu colto da un senso di compassione, e tristezza. Con la mano scostò il cappellino dal capo del moretto, scoprendo i nerissimi capelli del giovane... ormai radi... e deboli... s’intravedeva la pelle della cute... e mentre la osservava una forte sensazione d’incomprensibile malinconia sembrava riempirgli l'animo e stringergli le viscere.
Si sentì sperduto, di fronte alla sofferenza di un ragazzo della sua stessa età.... ma non perché fosse solo un ragazzo... ma perché lui era Rukawa, Kaede Rukawa.... un ragazzo così simile a lui... testardo, caparbio.... orgoglioso......
......... Rukawa era sempre stato il suo punto di partenza... e il suo punto di arrivo....... di quel suo mondo.... di tutto il suo mondo in quell'ultimo anno, da quando aveva iniziato a giocare a basket.... forse con la sua testardaggine, la sua arroganza, i suoi contrasti... era stato l'unico ad avergli insegnato più di tutti... qualcosa: il coraggio. La passione per il basket. L'amore per quello sport.... in modo così profondo ed esclusivo.
Perché Kaede Rukawa amava il basket, amava quel mondo costruito su una palla arancione... vasto e pieno di difficoltà.... ma troppo piccolo per dare spazio ad altro.... per dare spazio a se stesso... ai sentimenti.... e a tutto ciò che lo circondava diverso da un campo da gioco. Sembrava che tutto ciò che desiderava fosse solo andare in America, diventare un professionista. Realizzare il suo sogno di violare quella retina bianca su un campo dell’NBA..... in mezzo ai tanti campioni del mondo... forse gli unici a comprendere in fondo la sua passione sfrenata per quest’universo così diverso dal suo...... che invece il basket lo aveva conosciuto da poco.... molto poco.... e che solo per caso aveva capito quanto fosse importante.
Ed erano stati quegli occhi di puro ghiaccio a segnargli la via, a tracciare il sentiero.... a dargli il coraggio di non abbattersi e la forza di non arrendersi........si, la forza...... perché altro non era che la sua forza. Il suo sprono, nelle difficoltà più insormontabili. Negli ostacoli più alti e ardui.....
Ma adesso che quella forza sembrava spezzarsi di fronte ai suoi occhi, incavati in quel viso pallido e sciupato... Hanamichi capiva quanto era importante per sé quel giovane uomo con cui divideva il calore di quelle coperte.
Capiva quanto gli era mancato in quei giorni la sua figura silenziosa... vagare per le mura di quella scuola... di quella palestra.......
Quella presenza discreta a cui non aveva mai badato... proprio perché taciturna ed invisibile...
Eppure aveva sempre saputo che lui era lì...
Lì sul terrazzo...
Lì per i corridoi...
Lì in palestra....
Lontano eppure così vicino....
Assente eppure così presente.......
Quando gli mancava l'immagine di quelle mani... il rimbalzare della palla, così particolare e ritmico che ormai avrebbe riconosciuto ovunque.... su quel parquet lucido e sacro.
Rukawa si mosse nel sonno, attirando la sua attenzione. Si girò, dandogli le spalle. E fu allora che Hanamichi sentì l'irresistibile necessità di accostarsi a lui.... e così fece.
Inizialmente incerto.... si mosse cercando il suo calore... appoggiò la guancia alla spalla calda del giovane, avvertendone il respiro lento e ritmico..... la stoffa ruvida del pigiama... la pelle muscolosa e calda appena sotto il tessuto.... chiuse gli occhi... lasciandosi alla tiepida sensazione di sicurezza che quelle spalle grandi sembravano infondergli... che quel profumo così familiare e dolce gli regalava... in quel dolce bozzolo di calore che cullò entrambi, mentre fuori.... la bufera di neve copriva Kanagawa, abbracciandola del suo manto bianco.........
Kaede si svegliò il mattino dopo. Si mosse nel letto assonnato, e senza aprire gli occhi. Sentiva ancora il battere della pioggia sui vetri della finestra, e sicuramente fuori faceva proprio un gran freddo. Ad un tratto gli tornò in mente la notte scorsa... Sakuragi! Aprì gli occhi, ma notò quasi subito di essere solo in casa. La piccola stufa stava vicino al letto, spenta.
Si strinse nelle coperte... rendendosi conto che il rossino era andato via... La sera prima si era addormentato stanco, ed aveva avuto la sensazione che quella notte Hanamichi avesse dormito lì con lui.... era come se il suo profumo fosse ancora nelle sue narici... un profumo leggero, che sembrava una dolce essenza d’arancio... lì, sulle federe bianche del cuscino...
Sospirò sedendosi sulle coperte. Incapace di dormire ancora.
Decise di alzarsi, avrebbe dovuto riprendere il lavoro.
Muovendosi verso il tavolo notò qualcosa poggiato su di esso.
Rimase a bocca aperta.
Vicino ad un bicchiere di spremuta d'arancia, in bella mostra, un biglietto con su scritto
“Questo è il mio grazie per l'ospitalità di questa notte. Stasera sarò alla palestra dello Shohoku, ti sfido per un one on one. H.”
Appoggiò di nuovo il biglietto e fissò nuovamente la colazione. Gli venne quasi da sorridere... non ricordava più da quanto non riceveva una gentilezza da parte di qualcuno...
Vicino alla tovaglietta notò un paio di guanti neri.
Li prese tra le mani, e li riconobbe come quelli di Sakuragi. Quell'idiota li aveva dimenticati da lui!!
Fissò fuori dalla finestra... e poi l'orologio, era ora di andare ....
****************
Hanamichi si diresse agli armadietti. Era in compagnia di Yoehi Mito.
“Hanamichi, ieri sera son passato da te, tua madre mi ha detto che dormivi da un amico...”
Il rossino si cambiava le scarpe, fissando Yoehi impegnato nel suo stesso fare.
“Son stato bloccato nella tempesta di neve... son rimasto da un compagno di classe.... adesso scusami Yo, ma devo correre in palestra o Ryota inizierà a rompere le scatole!!” esclamò velocemente mettendosi la sacca sulle spalle e correndo via.
I tre dell'armata si avvicinarono a Yoehi,
“Che fretta...” commentò Noma, guardando Hanamichi scappare,
“Era in ritardo” rispose il moro chiudendo l'armadietto.
*************
Rukawa, appena finito di lavorare, si diresse per strada. Spontaneamente le sue gambe lo condussero di fronte all'istituto Shohoku.
Entrò dal cancello laterale, la scuola era vuota... i giardini coperti di neve. Il breve sentiero per la palestra era ghiacciato. Quando arrivò all'entrata vide la porta socchiusa, e si avvicinò, immaginando che a quell'ora solo una persona poteva essere ancora in palestra.
E quando entrò non tardò ad individuare la figura di Sakuragi, lì, sotto al canestro. Fermo sulla lunetta a palleggiare.
Ad un tratto questi si voltò, e incontrò con lo sguardo la sua figura.
Stringendosi la palla al fianco il rossino si avvicinò.
“Sapevo che non potevi resistere ad un one on one con il genio!”
“hn”
“Vedo che il freddo giova alle tue corde vocali kitsune!” disse lanciandogli la palla ed allontanandosi verso il campo. Kaede fissò la palla, poi sfilandosi la giacca la lasciò cadere sulla panchina e si diresse verso la lunetta.
“Chi arriva prima a 20?”
“nh” grugnì, “comincio io...” disse lanciando poi verso il canestro ed insaccando la palla.
“Meno diciotto...” sussurrò, divertito dallo sbuffo irritato di Hanamichi...
“Il solito pallone gonfiato... forza fatti sotto!!!!”
E fu sfida...
Come sempre...
L'interminabile sfida di due rivali eterni... tali erano Hanamichi Sakuragi e Kaede Rukawa...
Sfida che terminò, come sempre a favore del moretto.
“Sei a venti... che pena!” si commiserò Hanamichi depresso ed arrabbiato.
“Sono proprio fuori forma...” sentì poco più in là Rukawa lamentarsi, e questo lo fece infuriare.
“Dillo che lo fai per infierire!!”
“Nh?” si voltò l'altro non capendo ciò che blaterava, “Do'aho smettila di parlare a vanvera...” riuscì a schivare appena un pugno. Poi il rossino si allontanò,
“Vado a vestirmi, aspettami...”
In pochi minuti fu di nuovo in palestra.
Kaede aveva già indossato il suo giaccone.
“Ti andrebbe di farmi compagnia a cena?” chiese lui dagli occhi di miele con tono basso,
“Devo tornare a casa” rifiutò l'altro, ma il rossino non si arrese,
“Devi tenere compagnia alla stanza vuota?”lo sfotté, “forza, vieni con me, offro io!” e lo tirò fuori dalla palestra trascinandolo per la manica della giacca.
Si diressero ad un fast food lì vicino. Hanamichi ordinò di tutto e di più.
“Prendi qualcosa... forza... non ti fare pregare Kitsune, o ti prendo a testate...”
“Non ho fame...” ma non appena ebbe detto ciò il suo stomaco iniziò a brontolare.
Il moretto imbarazzato abbassò gli occhi. La pelle pallida del suo viso arrossì appena. Il rossino rise.
“Ecco, lo vedi...”
“Non ho voglia di mangiare... tanto vomito quasi tutto quello che mangio....” ammise l'altro, parlando piano. Hanamichi lo scrutò con cipiglio,
“E' per questo ti fai morire di fame?”arcuò un sopracciglio, poi alzando una mano richiamò la cameriera, “signorina mi porti due porzioni di tutto quello che le ho ordinato”. Lo sguardo del moretto si tinse di panico,
“No!! Che fai?!”
“Senti sta zitto e mangia... mi rompe mangiare solo...”
La cameriera giunse poco dopo, con i vassoi colmi di piatti fumanti.
Sakuragi iniziò a strafogarsi nelle sue pietanze, poi con occhi severi si fermò a vedere che Rukawa fissava il suo piatto,
“Oi Kitsune, o mangi o te li infilo su per il naso, lo giuro...!” lo minacciò, e per tutta risposta gli arrivò lo sguardo fulminante del moretto, che subito dopo prese il proprio cucchiaio e iniziò a mangiare la minestra calda nel piatto.
Tra un battibecco e l'altro riuscirono a finire la loro cena senza uccidersi o picchiarsi.
Hanamichi sorseggiò la sua cioccolata calda e osservò Kaede fare altrettanto...
Sorrise, poi disse:
“Ma allora ogni tanto ubbidisci...”
“Non ubbidisco a nessuno io, mi è venuta fame...tutto qui!” eccolo di nuovo, il testardo che conosceva.
“Meglio così...” sorrise ancora.
“Sei diverso...” quelle parole lo colsero improvvisamente,
“Cos.a?” chiese stupito Sakuragi.
“Sei diverso... non sei mai stato così con me... ti faccio pena?”
“No, per niente” negò subito l'altro, “mi andava solo di offrirti la cena, infondo tu sei stato gentile con me ieri....”
Kaede poggiò la tazza sul sotto bicchiere.
“Mi hai preparato la colazione oggi....” aggiunse,
“Beh, non sapevo se ti piaceva il succo d'arancia... ma l'ho trovato tipicamente americano... e con un fissato del tuo calibro ho tirato ad indovinare...” sorrise ridendo come un idiota, e subito infatti il moretto non esitò
“Do'aho!”
E mentre pronunciava quella parola ripensò alla sensazione di calore che aveva provato ritrovando sul tavolo quella mattina la colazione pronta... e le coperte calde su di lui.... e il profumo di dolce arancio tutto intorno a sé....
Lo stesso profumo che avvertiva lievemente anche in quel momento. Gli occhi di scuro miele Sakuragi lo fissavano, e anche se non voleva accettarlo... dentro non vi leggeva né pietà.... né compassione.... erano luminosi e dolci.... così come non ne aveva mai visti....
Nessuno gli aveva mai rivolto uno sguardo simile...
E fu quello sguardo che sciolse la sua mente e i suoi pensieri....
Fu quello sguardo che gli strappò una confessione....
“Sono malato...”
Hanamichi fissò lo sguardo nel suo, e lui sospirò, cercando il coraggio di continuare...
“Un linfoma... me lo hanno diagnosticato sei settimane fa...” Sakuragi notò palesemente il suo disagio,
“Kistune non sei obbligato a darmi spiegazioni...”
“ No.... voglio parlarne...” sussurrò, “....sto facendo radio terapia... tra dieci giorni mi opereranno... per toglierlo....”
“Ma...” il rossino bloccò una domanda sulle labbra, incerto se porla o meno,
“Dicono che non morirò...” il moro lo anticipò, “... ho un’alta probabilità di sopravvivere....almeno così dicono le statistiche...”
“Per questo non ti sei più allenato?” il moro annuì,
“L'allenatore Anzai ne è al corrente... ed ha accettato il mio ritiro dal club... non volevo si sapesse...non avrei sopportato... la compassione... e la pietà....ne..” si bloccò, ma Sakuragi non ebbe bisogno di altre parole, capì perfettamente ciò che il giovane voleva dire. Lo comprese senza alcuna spiegazione, perché anche lui era così.
Non avrebbe mai accettato gli sguardi di compassione e di pietà della gente. Non avrebbe sopportato di perdere la propria dignità e ferire il proprio orgoglio.
“Non posso allenarmi... devo pagarmi le cure mediche... purtroppo non tutto viene coperto dall'ospedale... e devo contribuire alle medicine....e quindi lavorare....”
A quelle parole seguirono lunghi minuti di silenzio. Kaede finì la propria cioccolata, poi azzardò
“E' difficile per te non provare compassione per me?”
L'altro lo fissò senza rispondere.
E' quel muto dialogo disse tutto ciò che entrambi volevano sentire....
*********
Poco dopo si alzarono, e stringendosi nei propri giacconi di piume si diressero lungo le strade. All'incrocio qualche isolato più in là si fermarono, per separare le loro strade...
“Io vado di qui... ci si vede Kitsune”
“Aspetta” lo richiamò l'altro, estraendo dalla tasca qualcosa glielo porse: erano i suoi guanti.
“Li hai lasciati da me ieri...” Hanamichi li fissò,
“Tienili tu” glieli porse, il moro scosse il capo,
“Non voglio i tuoi regali...”
“Sei una volpe idiota!!” esclamò il rossino afferrandolo per un braccio e tirandolo verso di sé. Prese una delle sue mani e la strinse tra i palmi, “hai le mani gelate...” sussurrò massaggiandogli le dita...
Rukawa sentì un fremito attraversarlo,
“Non è un regalo, te li presto...! Quando finisce l'inverno me li torni!”
“E tu?”
“Il genio ha sempre le sue risorse... Ne ho un altro paio!” rise, e poi infilò uno dei due guanti alle dita che teneva strette alle sue.
“Ci si vede Kitsune!!” disse poi allontanandosi.
Kaede rimase un attimo a fissarsi le mani, poi alzò lo sguardo a fissare il rossino che si allontanava.
Dannato do'aho!! Sapeva come fargli fare tutto quel che voleva!! Eppure non aveva mai pensato che lo conoscesse tanto...
********
Hanamichi camminò fino alla sala giochi, entrò, individuando in poco tempo i suoi amici al banco del pachinko.
“Ehi perdenti... è arrivato il tensai!”
“Hanamichi” lo chiamò Takamiya, “pensavamo non venissi!!”
“Il super Tensai è stato troppo occupato per venire prima??”lo sfotté Noma.
Il rossino rise,
“Scusate ... mi son messo a fare i fondamentali dopo l'allenamento e quella strega di Ayako mi ha trattenuto fino a tardi....”
Yoehi sedette poco più in là accendendosi una sigaretta.
“Noma e Takamiya stanno avendo vita facile senza di te... forza che devo riprendermi un bel po' di giocate!!”
“Tranquillo, il tuo salvatore è qui!!” disse sedendosi alla postazione e iniziando a giocare.
***************
Dopo parecchie ore a bighellonare Yoehi e Sakuragi uscirono per tornare a casa.
“Domani mi rifarò!” si lamentò il moretto. Il rossino rise.
“Hana, sei sicuro di essere rimasto in palestra a fare supplementari con Ayako?” l'amico sussultò
“S.si...perché?”
“No, nulla...” disse aspirando una boccata dalla sua sigaretta, “Eri un po' sconvolto quando sei arrivato...”
“Naaa... è una tua impressione Yo, tutto ok!”
“Rukawa non è più tornato in palestra vero?” chiese poi ad un tratto,
“Nh? Che c'entra Rukawa adesso?”
“Oh niente, mi sembrava di capire che eri preoccupato dalla sua assenza...”
“Il volpino ha capito che faceva bene ad abbandonare lo Shohoku, e lasciare il posto ad un campione come me!!” esclamò Hanamichi falsamente pieno di sé.
Yoehi rise,
“Si, certo... però è strano il modo in cui è sparito...”
Il ragazzo improvvisamente tacque...
“Già, ma sono affari suoi.... a me non frega niente di lui! E non dovrebbe fregare nemmeno a te..”
“Beh, non sembrava proprio... qualche giorno fa sembravi... preoccupato...”
“Non dire stupidaggini!” lo rimproverò Sakuragi con fare minaccioso.
“Ok! Ok!” si fermarono di fronte casa del rossino, “ci vediamo domani a scuola. Buona notte, e salutami tua madre... qualche sera passo a trovarla!!”
Hanamichi alzò il palmo della mano poi attraversò il cancelletto ed entrò in casa.
“Mamma sono tornato!!”
gridò chiudendosi la porta alle spalle, e lasciando tutto il suo mondo fuori.... mentre ricominciava a piovere....
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Qualche giorno dopo.
Kaede si fermò davanti alla porta del suo appartamento, posò l'ombrello a terra, vicino alla porta. Frugando in tasca prese le chiavi, ma quando alzò il capo per vedere la serratura scorse un’ombra alle sue spalle. Si girò, incontrando lo sguardo di Hanamichi. Seduto sulle scale.
“We Kitsune ti fai attendere!” il moretto lo guardò un po' ostile.
“Cosa ci fai qui?”
Il rossino lo guardò, notando i suoi guanti alle mani del volpino, sorrise.
“Oggi non sei venuto a lavoro... e io...ero da queste parti... e... pioveva... insomma.... non potevo mica bagnarmi....”
Un altro sguardo lo fulminò,
“Vattene!” si voltò aprendo la porta ed entrando. Sakuragi lo raggiunse sulla soglia e fermò la porta.
“Lasceresti un poveretto come me... fradicio e solo fuori di casa?” il rossino impegnò tutte le proprie capacità da drammaturgo per riuscire, ma l'unica cosa che riuscì ad ottenere fu una porta sbattuta in faccia.
“Levati dalle scatole!” le ultime parole che udì, oltre ad un forte dolore al naso.
“Eddaiiii Kitsune!!!”
Kaede lanciò la giacca su una sedia, e mise sul fuoco la teiera. Dopo si sdraiò sul letto. Chiuse gli occhi, e quasi gli venne da sorridere a pensare a Sakuragi.
Che folle quel ragazzo...
Era proprio un matto... e soprattutto un gran testardo.... quando si metteva qualcosa in testa!...
Ad un tratto aprì gli occhi sussultando.... si alzò sui gomiti... fissando poi la porta... Ma cosa gli passava per la testa... quel do'aho a quell'ora doveva già essere andato via...
Si lasciò andare nuovamente sul cuscino, ma appena appoggiatosi udì qualcosa che lo fece saltare su... uno sternuto! Oltre la porta.
“Accidentaccio!” la porta di casa Rukawa si aprì con furia, e Kaede arrabbiatissimo si trovò di fronte Sakuragi, seduto sullo stesso scalino dove lo aveva lasciato mezzora prima.
“Sei un mentecatto!”
“Ce ne hai messo di tempo per aprire, volpe!” brontolò l'altro starnutendo. Rukawa lo afferrò per la giacca e lo spinse dentro,
“Entra idiota, prima che mi muori qui sulla porta!” lo seguì terribilmente arrabbiato.
Hanamichi si sedette su una delle sedie.
“Lo sapevo che non eri così crudele da lasciarmi al freddo...”
“Avrei dovuto lasciarti assiderare!!” commentò l'altro prendendo due tazze dalla credenza.
“Kitsune ma quanto siamo acidi stasera... e pensare che ero preoccupato... oggi non ti ho visto a lavoro...”
“Sono dovuto andare in ospedale...” disse sedendosi e sospirando, stanco. Hanamichi sorseggiò dalla sua tazza, poi alzò gli occhi verso il moretto.
“Terapia?”
Kaede annuì, poi per smorzare la conversazione si alzò,
“Finisci il tuo the e poi vattene...non ti voglio tra i piedi...” scostò le coperte del letto, “non stasera almeno...” aggiunse con voce stanca.
“Sicuro di non volere nessuno... questa notte?”
Il moro volse il capo, fissandolo e riflettendo. Poi chiese:
“Dì la verità Do'aho... cosa ci fai qui...?”
“Te l'ho già detto...”
“Non dire stronzate” si avvicinò, “cosa vuoi da me?”
Il rossino fermò il suo cianciare, capì che adesso toccava a lui parlare...ormai le sue scuse non reggevano...
“Mia madre è infermiera.... e io so come significa fare radio terapia... tre anni fa ho perso il mio fratellino minore... per un tumore... gli sono stato al fianco per tutta la malattia....” un attimo di silenzio colmò gli attimi che seguirono, come necessari a metabolizzare le parole dette, “ecco... io non volevo lasciarti solo.....non è facile affrontare tutto questo da soli....”, gli occhi d'azzurro cristallo divennero profondi e limpidi mentre si perdevano nel suo sguardo,
“Non è pietà la mia Kaede.....”
“Io non ho bisogno di nessuno...” Rukawa poggiò la tazza sul piattino, il suo sguardo era deciso, ma allo stesso tempo tormentato dalle parole che aveva sentito...
“Sai che anche io sono un tipo orgoglioso, e so quanto ti costerebbe... ma non puoi farcela da solo... e non vuoi ammetterlo per testardaggine....”
“Ce l'ho sempre fatta da solo... e non devo dire grazie a nessuno....”
“Lo so... e io non voglio un tuo grazie...”
“E allora cosa vuoi da me?!”esclamò il moro, non riuscendo a comprendere perché quel dannato do'aho era così testardo .
Hanamichi arrossì, imbarazzato, poi prendendo fiato disse
“Voglio te...”
“Cosa??” Kaede sembrò incredulo.
“Vorrei... per una volta... non essere invisibile per te...”
Il moro rimase senza parole, riflettendo su ciò che aveva sentito... Hanamichi fraintese.
“Beh... mi dispiace averti disturbato Rukawa.... me ne torno a casa.... se mai cambiassi idea...” prese un foglio da un quaderno abbandonato sulla mensola, e scrisse quattro brevi righe, “puoi cercarmi qui...” raccolse il suo giubbotto, poi si avvicinò al moro, e prima che protestasse regalò alla sua guancia un bacio, leggero ed incerto.
Sorrise arrossendo innocentemente.
“Ciao...” sussurrò uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
E Kaede rimase solo. Con le sue domande, con se stesso.
La teiera iniziò a fischiare, ma quando spense il fuoco si rese conto che la forte nausea gli aveva fatto passare la voglia di una tazza calda di the. Si diresse in bagno spogliandosi...
Si appoggiò al lavabo tossendo. Era ogni volta così la sera successiva ad ogni terapia... nausea...vomito... a volte anche febbre...
Era sempre più difficile superare le crisi... sempre più difficile credere ogni volta di avere la forza di rialzarsi... di farcela ancora... a sopportare tutto ciò...
Hanamichi non aveva tutti i torti... per quanto ancora avrebbe avuto la forza per andare avanti da solo? Per quanto...?
La sua tosse divenne convulsa, fino a che non vomitò... con le mani velocemente aprì l'acqua, detergendosi il viso, nella speranza di sentirsi meglio...
Poco dopo si trascinò nella stanza e si stese tra le coperte. Respirando faticosamente cercò di riposare... ma il suo corpo era scosso da violenti brividi di freddo... si agitò qualche attimo sotto le coperte cercando calore, poi si rilassò, sperando che il sonno lo cullasse assopendo i suoi malori......
*********
E i giorni trascorsero... tutti uguali... tutti tremendamente infiniti. Hanamichi non andò più da Rukawa, e questi continuò la propria esistenza senza badare più di tanto agli avvenimenti di quel giorno.
La mattina si alzava presto a fare le consegne dei giornali... poi si occupava di altri lavoretti part time.... ogni due giorni tornava in ospedale per la terapia.... e ogni due giorni si rinnovava il suo calvario...
Si sentiva morire, nelle notti in cui solo affrontava gli effetti del veleno che lo consumava dentro....
Sempre più violente, sempre più insopportabili... le crisi sembravano infinite... e Kaede, da solo su quel letto... da solo, in quel bagno.... tentava di farsi coraggio... ma infondo a sé stesso sapeva che ogni giorno sarebbe stato uguale... che ogni ora sarebbe stata sempre peggio della precedente... finché sfinito avrebbe perso i sensi e avrebbe smesso di soffrire.
A volte era anche arrivato a pregare che succedesse il più presto possibile.... pur di smettere di vomitare in ogni parte della casa.... pur di smettere di tossire....
Ed ogni mattina, passata su quel pavimento a ripulire ... sembrava ricordargli che quella sera sarebbe stata uguale a tutte le altre.... e che come tutte le altre sarebbe stato solo. In quella stanza vuota.
Solo, ancora una volta di fronte a tutto......... Come sempre... Per sempre...
E fu in quel momento che l'idea della morte si affacciò alla sua mente.... quell'idea che aveva rifiutato anche solo un istante .... incapace di accettare il proprio male....
Quell'idea arrivò a ciel sereno... arrivò e lo colpì....
Perché in verità in quel momento non sembrava così lontana quella scura signora... e sapeva che forse sarebbe giunta presto, a strapparlo via dalle sue sofferenze.... ed allora lui... cosa avrebbe fatto?
Cosa gli restava adesso? Non aveva mai avuto nulla a cuore, se non un pallone da basket e la sua carriera... ma adesso, solo ora, si rendeva conto che gli mancava qualcosa di più... qualcosa di più importante del successo... dello sport.... dei soldi.... gli mancava qualcosa... o meglio qualcuno...
Un qualcuno che gli tenesse la mano....
Un qualcuno che gli tendesse la mano...
Che lo conducesse lungo quell'ultimo sentiero della sua vita.... qualcuno che rendesse il suo fardello meno pesante da portare...
Ma lui non aveva nessuno. Non aveva mai voluto nessuno vicino a sé... e al suo cuore....
Stringendosi alle coperte del suo letto per la prima volta in quei mesi... pianse...
Pianse.
Lasciando che i propri singhiozzi riempissero il vuoto silenzioso di quel piccolo appartamento....
Lasciando che la sua anima trovasse il conforto che tanto bramava, in una disperazione senza fondo...e senza freno.
********
Hanamichi si stese sul suo letto, sorseggiando una cioccolata calda.
“Hanamichi io esco, vado a lavoro... ci vediamo domani...” disse la madre avvicinandosi al letto,
“Ci vediamo domani mamma” disse il rossino dandole un bacio sulla guancia. La donna sorrise, poi uscì per recarsi all'ospedale per il turno di notte.
Hanamichi rimase appoggiato al muro, pensieroso. Non vedeva né sentiva Rukawa da giorni.
Chissà come stava....
Il campanello suonò, e il rossino si agitò
“Accidenti mamma!!” si mosse verso la porta, “hai dimenticato di nuovo le chiavi! Domani giuro te le lego la collo!” sbraitò. Ma aprendo la porta Hanamichi non trovò ciò che si aspettava.
Gli occhi azzurri e profondi di Kaede si incrociarono ai suoi.
“Ciao...”
“Ciao Kitsune”
Il moretto sembrava ancora più sciupato di quanto ricordava, e il suo viso era più esplicito di qualsiasi parola.
“Entra... non stare al freddo...”
Rukawa si mosse, dopo aver chiuso la porta rimasero all'entrata.
“Scusa se piombo qui a quest'ora...”
“Non fa niente... stai bene? Dai, vieni con me.. ti offro qualcosa di caldo... fa freddo stasera...” disse Hanamichi facendo strada in cucina, dove mise a bollire dell'acqua.
“Sei solo?” chiese lui dagli occhi blu, l'altro annuì,
“Mia madre è appena andata a lavoro... fa il turno di notte...” lo guardò togliersi gli indumenti bagnati e poggiarli vicino al termosifone,
“Sai non credevo avresti cambiato idea...”
Kaede lo guardò, accennando un lieve sorriso, e rendendosi conto che infondo Hanamichi lo conosceva proprio bene,
“Troppo testardo...giusto?”
l'altro sorrise
“Ne so qualcosa, non credi?” disse, poi si avvicinò sedendosi sulla sedia al suo fianco, “però sono felice che tu sia qui...”, i loro sguardi incrociati si sciolsero in mille sensazioni...
Non furono necessarie parole.
Kaede alzò una mano, raggiungendo il viso ambrato e sorridente del ragazzo di fronte a sé regalandogli una carezza, dolce...
Sakuragi arrossì innocentemente,
“Ultimamente non ho avuto tanti motivi per sorridere....” ammise il compagno, il rossino annuì, “...sai... avevi ragione tu Hanamichi...” questi scosse il capo,
“Non dire niente...Rukawa...”appoggiò la sua mano su quella poggiata al suo viso e la strinse tra le sua, “importante è che tu sia qui....”
Kaede si avvicinò aprendo le braccia, e cingendo il rossino che si strinse a lui.
“L'importante è che tu sia qui.... ” sussurrarono quelle labbra di sole. Kaede affondò il volto tra i folti capelli rossi, e fiammeggianti come il tramonto,
“Non m’importa di altro...”
Rimasero stretti alcuni minuti, poi Hanamichi si staccò agitato
“Kaede... ma tu..hai la febbre...”
“Lo so...” ammise l'altro, rimanendo appoggiato a lui,
“Non saresti dovuto uscire... potevi chiamarmi....” lo aiutò ad alzarsi, “vieni dai... stanotte resti da me...”
Dopo averlo aiutato a spogliarsi e fatto sdraiare nel suo letto, Hanamichi preparò il the, e rientrò in camera.
“Se hai fame ti ho preparato qualcosa di leggero da mangiare...” si sedette sulla sponda del letto, sistemando il vassoio davanti ad entrambi,
“Grazie...” sussurrò il moro, senza aggiungere altro. Sakuragi rimase vicino a lui, e in silenzio condivisero quella atmosfera leggera e impalpabile.
Rukawa si guardò intorno, fissando ogni parte di quella stanza... mai vista... ma così vissuta... così calda d’emozioni.... sulla scrivania di fronte al letto faceva bella vista la foto scattata a tutta la squadra dopo la vittoria sul Sannoh. E pensare che anche lui aveva conservato quella foto... tra i suoi ricordi più cari...
I ricordi da tanto tormentavano la sua vita.... eppure quel giorno, quella dura partita... aveva segnato uno dei più piacevoli... dei più combattuti..... dei più meritati onori....della sua vita... e non l'aveva vissuto da solo... ma insieme ai suoi compagni, insieme a quella squadra che mai aveva voluto vedere fino ad ora come amici....
Eppure in quel momento avrebbe voluto dannatamente ricredersi. Avrebbe voluto avere degli amici...
Amici con cui parlare... Amici con cui giocare... Amici con cui litigare....
Amici con cui dividere tutto... i momenti belli, e quelli più brutti....
Fissando Hanamichi prendersi cura di lui.... Kaede capì il vero significato di 'amico'.... capì il vero significato di “prendersi cura di qualcuno”... capì quanto gli era mancato, in tutto quel tempo, l'affetto di una persona che pensasse a lui...e che si curasse di lui.........solo di lui....
E così, spenta la piccola luce del comò, si addormentarono entrambi in quel letto... Vicini, come forse non erano stati mai. Nel calore di un sentimento nuovo e dolcemente sentito...
E Kaede nel buio di quella stanza ripensò a quella notte in cui insieme avevano diviso il suo letto... ricordò il profumo d’arancio.... ricordò il calore di quel corpo vicino a sé... ricordò il calore delle braccia di Hanamichi, che delicatamente si erano strette a lui tutta quella notte... e che il mattino dopo aveva finto di dimenticare....
Ricordò tutto ciò... e capì quanto in realtà avesse bisogno di qualcuno vicino a sé.... Che riempisse il vuoto della sua vita...
Avvertì il rossino muoversi agitato sotto le coperte, e voltandosi immerse i suoi occhi nel buio... con l'unica consistente certezza che quel corpo ambrato e caldo fosse lì di fronte a sé....
Chiuse gli occhi stanco, certo di non essere nuovamente solo quella notte....
.................certo per la prima volta, che ci fosse qualcuno a prendersi cura di lui......... e condividere la sua solitudine...
In quella notte, scura come la pece, l'antico cavaliere del gelo sparse lungo il suo cammino neve e vento..... e la sua voce fece eco nella notte....
Gli spifferi esterni provocavano piccoli rumori che destavano dal sonno Hanamichi. Il rossino aprì gli occhi infastidito dal continuo sibilo che avvertiva vicino a sé. Non impiegò molto a capire da dove provenisse: Rukawa. Respirava affannosamente.
“Ru.kawa... stai male?” chiese con voce bassa, il moretto aprì gli occhi, che riconobbe lucidi,
“Ho...ho. freddo.... ho.f.re..ddo...” subito Hanamichi accarezzò la sua fronte notando che la febbre era salita ancora. Si alzò subito, aprendo l'armadio e prendendone delle coperte in più,
“Non ti preoccupare ora passa...” tentò di rassicurarlo, aggiungendo altre coltri al letto.
Con un panno umido tentò di dargli ristoro, e di fargli scendere la temperatura. Ma Kaede tremava vistosamente, in preda ai brividi di freddo. Tentò di aiutarlo come poteva, lo strinse a sé e si coricò nuovamente tra le coperte. Tentando di infondergli calore con il proprio corpo.
“Sei bollente...” sussurrò strofinando la sua guancia a quella del compagno, febbricitante e debole.
Kaede iniziò a vaneggiare...
“Ho..fred..d.o.....ah....” la sua bocca secca e rossa respirava affannosamente, “ti..prego...ho freddo....”
Hanamichi si strinse maggiormente a lui, avvolgendogli le spalle con le sue braccia e lasciando che il suo volto trovasse rifugio sul suo petto, Rukawa non smetteva di tremare e lamentarsi....
“Kaede...ora passerà...te lo prometto...fidati......”
“... fidati....”
Mai come in quel momento nel cuore di Hanamichi si aprì uno squarcio. Una ferita profonda, come la disperazione che leggeva negli occhi del giovane ragazzo che teneva tra le braccia....
Mai come allora lo vedeva fragile ed indifeso....
“Tu sei forte Kaede.... ce la farai... resisti... ora passerà............” ripeté a lungo quelle parole.... stringendosi al cuore quel corpo bruciante, e dondolandolo come fosse un bambino.............
Tra il delirio e il dolore di quel malsano gelo che sembrava lacerarlo dentro, Kaede si sopì...
********
Il mattino dopo Rukawa riaprì gli occhi, lentamente. Pochi attimi e ricordò dove era.
Ricordò a chi appartenevano le braccia strette intorno alle sue spalle. Ricordò la notte scorsa. La febbre... i suoi malori...
Si mosse, avvertendo la consueta dolorante sensazione che ogni mattino lo accompagnava. Il calore di quella montagna di coperte sembrava opprimerlo, ma la morbidezza e il ritmico battere del petto su cui poggiava il capo sembravano allontanare ogni fastidioso sentire.
La luce faceva capolino dalle persiane... la prima luce dell'alba...
Socchiuse nuovamente gli occhi, restio a muoversi dalla comoda posizione in cui riposava.... Sentiva la sua mente leggera come una nuvoletta di zucchero...
Leggera e libera da ogni pensiero... da ogni irrequietezza...
“Stai bene?” la voce impastata di sonno di Hanamichi gli giunse alle orecchie.
Staccandosi quindi da lui, annuì dicendo...
“Devo andare a lavoro...” si mosse per alzarsi, ma il rossino lo bloccò,
“Faccio io il tuo giro consegne stamattina, ok? Resta a letto, avvertirò mia madre che ti troverà qui quando torna....” detto questo si sollevò e scese dal letto, sbadigliando vistosamente. Rukawa si puntò sui gomiti,guardandolo....
“Sei sicuro di farcela...?”
“Si infondo facciamo due strade parallele, sarà un attimo distribuire i giornali...anche per te, dopo andrò a scuola... tanto ormai ci sono abituati ai miei ritardi” rise tirandosi su la divisa blu scuro dello Shohoku.
“Mi raccomando tu rimani a riposare, mia madre torna verso le nove, se hai bisogno chiedi tutto quello che vuoi...”
“Nh” grugnì il moro affondando nuovamente tra coperte. Hanamichi sorrise poi uscì, ad affrontare il freddo di quel mattino innevato.
*******
Quando quel pomeriggio il rossino rientrò sua madre era già in casa.
“Ciao mamma”disse appendendo il suo cappotto all'entrata.
“Tutto bene tesoro?” disse la donna, seduta vicino al fuoco mentre pelava le verdure per la cena.
“Si, tutto bene...” detto questo si mosse velocemente verso camera sua,ma quando vi entrò il letto era vuoto, uscì velocemente, “mamma, ma quel mio amico di cui ti avevo parlato?”
“Tesoro quando sono tornata non c'era nessuno in casa... magari sarà andato via...”
“Maledetta volpe idiota!” mormorò tra sé e sé arrabbiato,
“Cosa dici tesoro?”
“Niente mamma, senti io esco, torno tardi credo...non stare ad aspettarmi!”
Detto questo si fiondò fuori casa a velocità.
“Maledetto idiota.... è uscito dopo aver avuto quella febbre da cavallo ieri notte.... giuro che appena lo prendo lo riempio di testate!!” sbraitava mentre a passo sostenuto si dirigeva a casa del volpino.
Arrivato al suo appartamento intravide la luce accesa dalla strada. Salì velocemente le scale, e quando fu di fronte alla sua porta bussò in modo sostenuto.
“Rukawa, mentecatto apri!!”gridò, senza avere alcuna risposta. Appoggiando la mano sulla maniglia questa si mosse aprendo la porta.
Senza indugiare entrò,
“Rukawa!” lo cercò per tutta la stanza, ed infine temette il peggio, ma ad un tratto il moretto uscì dal bagno.
“Do'aho che gridi a fare...” aveva dei panni umidi in mano e l'accappatoio addosso.
“Non rispondevi”
“Ero sotto la doccia... che credevi... che fossi morto?”
Sedette continuando ad asciugarsi.
“Perché non sei rimasto da me oggi?”
“Avevo dato già abbastanza fastidi... preferivo tornare a casa mia...”
“E la febbre?”
“Passata...”fece spallucce, “fino a domani sera starò decentemente bene...”
“Non saresti dovuto uscire...”
“Senti non venirmi a dire quello che devo fare o non devo fare... gestisco io la mia vita...”
“Bene se la pensi così non chiedere il mio aiuto...” il suo volto s’infiammò di rabbia,
“Ti ho chiesto di starmi vicino non di dirmi come devo vivere gli ultimi mesi della mia vita!”
Rukawa lo bloccò sotto di sé, iniziando a riempirgli il volto di pugni.
C'erano cascati di nuovo.
Il primo pugno era partito da Hanamichi, furioso per le parole che il moretto gli aveva rivolto.
.. E in men che non si dica era stata rissa.
Dagli spintoni rotolarono sul pavimento...
Ad un tratto il rossino fece leva con le gambe, afferrò Rukawa per l'accappatoio umido e lo scaraventò contro il muro.
Dopo l'urto questi gemé, poi iniziò a tossire convulsamente, e poco dopo a vomitare sul pavimento....
Nel tentativo di rialzarsi scivolò, atterrando sui palmi.
“Rukawa!” Hanamichi accortosi dell'accaduto si alzò, correndo verso di lui.
Il moro a terra si teneva la mano davanti alla bocca, i visceri del vomito avevano macchiato la spugna del suo accappatoio... e sembrava ancora intontito per la botta. Il rossino lo afferrò per le braccia, e lo aiutò a rimettersi in piedi. Ma appena lo lasciò Kaede si mosse, sfuggendogli dalle mani e si chiudendosi in bagno. Conati di vomito giunsero alle sue orecchie attraverso il sottile legno della porta. Lo raggiunse poco dopo, e lo trovò seduto vicino al water, sfinito.
“Maledetta nausea...” mormorò poi asciugandosi la bocca con la manica,
“Potevi dirmi che avevi ancora volta stomaco... non ti avrei colpito...” sussurrò il rossino inginocchiandosi vicino al compagno. Questi alzò lo sguardo,
“Non la volevo la tua pietà...sei entrato da quella porta... convinto di picchiarmi.... e lo sapevo...”
Il rossino abbassò il capo. Rukawa aveva centrato ogni parola.
“Vieni dai...” Sakuragi gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi, “datti una lavata... io vado a prendere qualcosa per la cena...”
“Nh” fu la sola risposta,
***
Qualche tempo dopo entrambi si sedettero a tavola. Hanamichi finiva di cuocere delle porzioni di pesce,
“Prova a mangiare qualcosa... magari non ti va tanto con quella nausea... ma dovresti provarci...”
L'altro annuì, poi iniziò a consumare il suo pasto in silenzio. Il rossino lo raggiunse poco dopo,
“Non sei male come cuoco... lo sai?” disse il moro finendo di mangiare le proprie verdure.
“Il tensai è un tensai in tutto!! Volpastro...” esclamò il rossino sedendosi sulla sedia vicina a quella del moretto, che alzando il capo lo fissò, e poi... sorrise divertito.
Hanamichi rimase senza parole, forse in tutta la sua vita, era la prima volta che vedeva Kaede Rukawa sorridere.... e per la prima volta avvertì come un tuffo al cuore....
Abbassò le braccia, quasi incantato dalla luce brillante di quegli occhi blu cielo ...
“Non ti ho detto ancora grazie... per ieri notte....” sussurrò lui dalle labbra pallide e piccole, Sakuragi annuì fissandole come ipnotizzato...
“...nulla...” rispose balbettando...e abbassando gli occhi, quel poco per notare la mano di Kaede muoversi... verso di lui.....
Le dita lunghe ed affusolate gli sfiorarono una guancia ambrata e calda.... scivolando in tutta la loro lunghezza sulla pelle del suo viso... fino a carezzare con il palmo.....ciò che gli occhi baciavano...
Hanamichi rimase immobile, incapace di formulare un pensiero compiuto...
Kaede scivolò appena verso di lui, fissando i suoi opali di cristallo, in quelli caldi e profondi del rossino.... e senza sciogliere le catene di quello sguardo si chinò sulla sua bocca, sfiorandola appena....
Hanamichi socchiuse gli occhi, lasciando che lentamente le loro labbra si unissero... dolcemente.... senza fretta.
E fu la carezza di un petalo di rosa, quella delle labbra di Kaede... come una rosa profumata di velluto e rugiada..... il sapore della sua bocca....
Quando si separarono Hanamichi si sentì sprofondare di imbarazzo. Ma il suo cuore in petto batteva come un tamburo.
La mano del moro ferma sulla sua e il sorriso dipinto sulle sue labbra di seta sembrarono diventare tutto il suo mondo... il suo unico, desiderato universo...........
E fu così, che i due nemici inseparabili divennero qualcosa di più....
In quei giorni di neve, insieme... sempre...
Sakuragi lavorava ogni giorno, coprendo anche i turni di Kaede, andava a scuola... e poi trascorreva i pomeriggi con lui...
Dormiva spesso a casa sua... e lo assisteva durante la terapia.
Lo accompagnava ogni mattina ....
E Kaede ogni giorno sedeva su quella sedia... in quella sala d’ospedale...
Con nelle cuffie la sua musica, si lasciava andare....lasciando trascorrere le ore attaccato a quella macchina...
E ogni giorno, come mai, sulle note di quelle canzoni che ascoltava riviveva la propria vita...
Nel pessimismo di un età difficile, avvertiva il peso di un' esistenza che sapeva appartenergli, ma che non era mai riuscito davvero ad afferrare....
Sentiva le sensazioni ... le emozioni, con rinnovata intensità.... e quando improvvisamente la mano di Hanamichi si intrecciava alla sua, poggiata sulle coperte.... sentiva il vigore di un nuovo sentimento scorrergli nelle vene.... blandirlo.... e perdersi nel fuoco di quelle iridi di scura cioccolata... che guardavano solo lui... solo, unicamente lui.....
E nello specchiarsi in quel sorriso caldo e colmo di amore, Kaede capiva finalmente quanto desiderasse continuare a vivere...e guarire....
Perché al sol pensiero di bagnare quelle sorgenti di vita ed amore di tristi lacrime si sentiva morire.... si sentiva consumare di dolore.... ed allora stringeva la sua mano...e cercava le sue labbra... per un dolce, casto bacio.... pieno di forza e speranza....
Hanamichi gli aveva sempre detto di essere stato per lui la sua forza.... ma non era così.... era in verità quel giovane Dio dalla pelle dorata per lui l'unica vera fonte della sua speranza... del suo essere.... era lui a donargli il coraggio giorno dopo giorno di rialzarsi...
Il coraggio di desiderare di guarire, e lottare contro il male che si portava dentro...
Quel coraggio che gli serviva giorno dopo giorno... quando al fine di ogni terapia insieme tornavano in quella piccola casa a combattere contro il veleno, che nelle vene, sembrava consumarlo ....
E ogni sera era sempre la stessa.... chiusi in quel bagno a vomitare, vomitare... vomitare... fino a credere di morire.... fino a sfinirsi....
Hanamichi lo sosteneva da dietro, lo stringeva a sé... forte...
“Sono qui... sono qui...” lo rassicurava avvertendolo tremare contro di sé.
Kaede sfinito si lasciava tra le sue braccia, su quel freddo pavimento... gli occhi chiusi e sfiniti... il corpo quasi esanime...
Ed anche quel giorno ...
“Corri!!” Kaede lanciò le chiavi sul tavolo e corse in bagno, Hanamichi lo seguì chiudendo velocemente la porta alle sue spalle e lanciando la sua giacca sul divano.
Trovò il moro piegato a vomitare, subito inumidì un panno, bagnandogli le spalle, la nuca gli sostenne il collo,
Kaede sudava continuamente, il volto pallido, le occhiaie profonde e scavate.
“nhg..nh..” si lamentava, tra un gemito e l'altro, e sembrava impazzire ad ogni crisi. Hanamichi lo stringeva, facendosi forza lui stesso.
E quando tutto fu finito, rimasero entrambi lì, in quel freddo e fradicio bagno. Sakuragi seduto e appoggiato al muro, e Kaede sfinito tra le sue braccia. Ansimante. Incapace di muoversi...
Il rossino gli accarezzava la testa, lasciando che le sue dita scorressero tra i capelli, ormai radi...
Tentando di infondergli un po' di conforto Hanamichi cercava di ricomporre se stesso... tentava di calmare il proprio terrore, la propria disperata paura.... per non alimentare quella della povera anima che giaceva tra le sue braccia... perché a lui doveva dare solo la sua forza, il suo sostegno... non poteva permettersi di mollare, non poteva...
“Ti va di alzarti?” chiese ad un tratto accarezzandogli la guancia, ma Kaede non aveva forza di rispondergli, “ti metti a letto... c'è freddo...qui... ” sussurrò aiutandolo ad alzarsi. Insieme si diressero al letto, dove Kaede si lasciò andare senza emettere un suono.
Hanamichi rientrò in bagno, e uscendone con una bacinella di acqua calda, aiutò il moretto a lavarsi, e indossare un pigiama pulito.
Gli occhi stanchi delle bruna volpe erano lucidi e scavati di sofferenza. E quando Hanamichi si allontanò in bagno a ripulire quel che poteva, sentì uno squarcio consumarlo dentro...
Ogni giorno gli richiamava alla mente il passato... i giorni passati con suo fratello.... il suo piccolo fratello.... strappatogli da un male incurabile in pochi brevi mesi...
Aveva rivissuto la sua tribolazione. La sua sofferenza... e si era immolato lui stesso al fianco di Kaede, nel desiderio di non vederlo arrendere. Nel desiderio di sconfiggere almeno una volta quel dannato destino che sembrava non dare scampo.
Voleva, desiderava... ardentemente, che Kaede guarisse... che un giorno non lontano potesse tornare con lui su un campo da basket... potesse realizzare i suoi sogni.... quei sogni che avevano tanto animato la sua vita...
Voleva vincere quella guerra... voleva che Kaede vivesse.......
E lo pensò ancora una volta, mentre con un panno ripuliva il lavabo e con gli occhi fissi nel vuoto si perdeva nei suoi pensieri.
“Hana.michi!!” un urlo provenì dalla stanza vicino, ma fu solo al secondo che si precipitò fuori. Kaede urlava, seduto sul letto,
“C'è freddo... ho freddo!” il rossino si mosse velocemente verso di lui,
“Kaede calmati...” salì sul letto vicino a lui, ma il moretto continuava ad agitarsi, preda di allucinazioni
“Ho freddo!! Fa freddo!!!”
Hanamichi lo avvolse con una coperta, e da dietro lo strinse al suo petto,
“Calmati... forza... calmati...” Kaede delirava con gli occhi lucidi e fissi nel vuoto,
“Ho freddo...”
“Non fa freddo Kae, non fa freddo... ci sono io qui.... ti riscaldo io.... dai... da bravo... stenditi....”
Rukawa nascose il capo nell'incavo del suo collo e si lasciò cullare, qualche attimo, poi chiuse gli occhi sdraiandosi. Hanamichi si stese con lui,
“Kaede abbracciami.... sono qui con te, lo senti?” disse appoggiandosi al suo petto e lasciando che le braccia del moro gli circondassero le spalle e lo stringessero forte a sé. Il battito veloce e irrequieto del giovane giunse alle sue tempie... il tremolio leggero delle sue mani sembrò alleviarsi man mano che il tempo scorreva.
“Mi senti... Kaede?”
Il suo respiro divenne regolare e leggero... e la voce di Sakuragi si perse nell'oblio dei sensi... ove Kaede cadde, scivolando nel silenzio di un sonno leggero e privo di sogni.
E le labbra dal sapore di dolce di rosa sfiorarono quelle carnose e rosee di quel viso ambrato e dolcemente disteso nel sonno...
Hanamichi mugolò infastidito, mentre le braccia bianche del suo compagno lo stringevano a sé, lasciando che la schiena dorata del suo corpo trovasse rifugio contro il proprio torace.
Quei petali delicati scivolarono lungo la giugulare, lenti... e caldi...
“MmmmmMmmmmmmm”
I cristalli di lucente acqua marina si socchiusero, mentre il viso del giovane Kaede si accoccolava nell'incavo appena sotto la mandibola di Hanamichi, dolcemente. A cercar rifugio.
E questi finalmente aprì gli occhi, rimanendo immobile tra le coltri tiepide.
Intorpidito da un sonno privo di abbandono, il rossino si lasciò andare a quell'abbraccio.. saldo e forte.
“Sei sve.gl.io da tan.to?” quella domanda sembrò il pigolio di un piccolo passero... il cui canto soffice come le morbide piume, sfioravano ed accarezzavano tutto intorno a sé.
Kaede baciò la pelle delicata sotto l'orecchio,
“Mi hai riempito di calci...come potevo dormire...” sussurrò divertito. Hanamichi rise, dolcemente, intrecciando le proprie dita a quelle bianche e morbide intorno ai suoi fianchi.
“Mi pare di aver dormito un eternità....” disse poi chiudendo gli occhi e lasciando che il capo ricadesse all'indietro.
“Sei stanco...”
Hanamichi si volse tra le sue braccia, fissandolo, poi sorrise,
“Tu come ti senti?” lui dagli occhi azzurro cielo si chinò a baciare la sua bocca, e poi sussurrando,
“Sto bene...” con al mano scese ad accarezzare la guancia rosea sotto di sé, poi scese a baciarla nuovamente. Il loro bacio fu lento, simile ad una carezza... il loro abbraccio si fece saldo, e sempre più caldo...
“K.ae.de...” il suo nome pronunciato da quella labbra sembrava una dolce melodia, unita al timore di quella pelle imbarazzata stretta a sé,
“Non preoccuparti... sono innocuo...” scherzò il moro, scendendo con la mano ad accarezzargli il petto, “almeno in quel senso...” e sorrise, Hanamichi rise,
“Non ho paura di te Kitsune...” il viso lievemente divertito e espressione da bullo,
“Fai male!” esclamò il giovane tornando a baciargli l'incavo del collo, e solleticandolo...
Il rossino sorrise... e insieme risero giocando... e scherzando per lungo tempo, tra le coltri bianche di quel letto... spensierati, senza paure.... con l'unica preoccupazione di colmare il tempo di tenerezze ... e parole cariche di affetto................
***************************************************** La fic si articolerà in due capitoli, pubblicati spero a breve distanza l'uno dall'altro. Abbiate pazienza, e per tutte le proteste, l'indirizzo è sempre quello :)
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