RuHana,
Ru POW.
Dopo
Foglie nella pioggia, una RuHana meno cupa…
I
personaggi di Slam Dunk sono di Takehiko Inoue, che me li ha prestati per un
po’… non sono degna, Maestro!
…
Begin the
Begin
di
Stella 01:
Not so bad
È
pazzesco, gli ho passato la palla. All’ultimo secondo, gli ho passato la
palla della vittoria. Io, Rukawa Kaede, ho passato la palla a Sakuragi
Hanamichi.
E
quello stronzo, quel demente casinista, quell’insopportabile genio del
cazzo ha fatto canestro.
Con
la schiena a pezzi, ha tirato
con un’eleganza e una scioltezza degne di un veterano.
E
ha fatto canestro.
E
abbiamo vinto.
Contro
i numeri uno del campionato nazionale.
Fuori
di testa.
Uno
shock puro e semplice.
Continuavo
a fissarlo, il corpo attraversato da brividi incontrollati, il respiro che
mi usciva lacerando i polmoni. Era come se lo vedessi per la prima volta.
Lui si è mosso verso di me con quella camminata da bullo di periferia,
sempre fissandomi negli occhi. Sembrava che ci fossimo solo noi due in
campo. Silenzio ovattato in un palazzetto gremito, solo noi due e i nostri
occhi.
Adesso gli salto addosso, ho pensato. Adesso gli salto addosso e lo
bacio qui, in mezzo al campo. E non me ne frega un accidente di quello che
succede dopo, perché se non lo faccio non esiste un dopo che valga la pena vivere.
Quando
mi è arrivato a mezzo metro si è fermato e non ha detto una parola. I
nostri sguardi increduli, sospettosi, incerti. Il respiro sempre più
affannato, i corpi coperti di sudore e nessuna traccia di fatica,
annullata dai fiumi di adrenalina. Le nostre mani si sono colpite a
mezz’aria in uno schiaffo fortissimo e rabbioso, quasi quanto l’urlo
che è uscito dalle nostre gole. L’unica forma accettabile per esprimere
i nostri sentimenti.
In
quel preciso istante è sparita, così come era nata quell’estrema
tensione si è dissolta nel nulla. Come se l’intensità del momento ci
avesse frastornati, le nostre emozioni si sono ritratte ai margini della
coscienza e siamo entrambi rientrati nei ranghi. Gli altri ci hanno
travolti e hanno aperto i festeggiamenti. Lui ha cominciato a delirare sul
suo immenso talento con quei decerebrati dell’Armata che lo segue
ovunque, io ho ripreso il mio abituale contegno e praticamente ho snobbato
tutti. Nella foto ricordo ci siamo piazzati lontani, ci sono Akagi e
Miyagi tra noi. Lui ha un ghigno da sbruffone, io ho quell’espressione
insopportabilmente sostenuta. Come da copione.
Dopo,
resto sotto la doccia una vita, non riesco a calmarmi. Ho ancora
quell’urlo in gola che vorrebbe continuare a uscire e ho paura che
decida di farlo all’improvviso, senza avvisarmi. Rovescio la testa
all’indietro e faccio scorrere l’acqua bollente sul mio corpo. Merda,
sto tremando, e non sono i muscoli affaticati. Il replay degli ultimi
minuti si agita nella mia testa come una turbina impazzita. Il modo in cui
si è quasi ammazzato per recuperare la palla del nostro vantaggio, 77 a
76. Che ho segnato io, ma dopo essere stato stoppato.
Io,
stoppato.
In
pratica, e per quanto mi secchi ammetterlo, lui ha rimediato a un mio
errore. Mi sono trovato la palla tra le mani e i suoi occhi nei miei…
come una sfida. Segna, Kitsune. Segna e facciamola finita con questi pezzenti. Sono
immensamente più avanti di lui, anni luce più avanti, ma lui… lui
gioca d’istinto ed è imprevedibile. In tutto.
Gli altri sono già
usciti, mi stanno aspettando per tornare in albergo. Nello spogliatoio ci
sono solo io. Li sento chiamarmi tra le risate e il casino, e un pensiero
improvviso mi attraversa il cervello: adesso esco e mi unisco a loro. Mi
sono rotto di fare la parte della mummia. Cazzo, abbiamo vinto. Siamo i
migliori, e c’è un evento da festeggiare. Perfino Anzai ha liberato il
freno, in panchina…
La
sua testa fa capolino nello specchio della porta. Ha ancora i capelli
umidi e gli occhi arrossati dallo shampoo. Ogni volta la stessa scena, lo
sentiamo gridare inferocito contro quella povera e incolpevole
bottiglia… Ma soprattutto ha quello sguardo da bambino entusiasta della
vita, che la partita appena conclusa e la gioia sfrenata che ci ha
avviluppati hanno reso ancora più splendenti. Non so perché ma mi viene
in mente la sconfitta col Kainan. Quella volta fui io a piazzarmi sulla
porta dello spogliatoio. Non sopportavo di vederlo così abbattuto. Mi
faceva incazzare a morte, e non solo perché sopravvalutava il suo ruolo
in squadra. Ci ho messo un po’ a capirlo, ma alla fine me ne sono reso
conto. Credo di averlo menato anche per quello, perché non accettavo il
fatto che la sua semplice presenza mi rimescolasse il sangue nelle vene.
“Gli
altri sono già sul pullman, Kitsune. Stiamo aspettando te.”
Non
dice altro, si limita a fissarmi. Sembra… imbarazzato? Si gratta la
testa e continua a tenere gli occhi su di me. Io… non sono abituato a
tanta confidenza, e quindi distolgo lo sguardo.
“Sì,
arrivo.” Mi butto il borsone in spalla e mi muovo. Passandogli a fianco
sento il profumo del bagnoschiuma, è buono. Si scosta per farmi uscire e
tocca a me abbozzare un sorriso. Apro la bocca e parlo. A bassa voce, ma
parlo.
“Bel canestro, Sakuragi.” L’ho detto, basta fare la mummia… ma
da qui a farla finita davvero credevo sarebbe passato più tempo. Certi
vizi sono duri da perdere, come quando mio padre ha detto che smetteva di
fumare e poi si ritrovava col pacchetto in mano senza neanche
accorgersene.
Lui
la bocca la spalanca, attonito.
“Naturalmente,
negherò fino alla morte di aver detto una cosa del genere” puntualizzo
superandolo.
Mi
afferra per una spalla e mi obbliga a voltarmi. Ha gli occhi più belli
che io abbia mai visto e le guance in fiamme. Strano, che io mi soffermi
su particolari del genere.
“Mi
prendi in giro, vero?” dice a voce altissima.
“Assolutamente.”
Lo scandisco bene, voglio che sia chiaro che quello che sto dicendo è la
verità. Ha giocato da dio, e merita tutto il mio rispetto.
“Assolutamente
sì o assolutamente no?” insiste.
Ma
allora è proprio ostinato! Gli afferro il polso, la sua mano sta ancora
artigliando la mia spalla. Respiro a fondo, chiudo gli occhi per un
attimo… ma quando li riapro è ancora lì, l’incantesimo che facevo da
piccolo per far sparire le cose che non mi piacevano non ha funzionato.
Non ha mai funzionato, se
proprio devo essere sincero.
Ha
gli occhi enormi, ci tiene davvero tanto a conoscere la mia opinione sul
suo basket?
“Apri
bene le orecchie, perché non lo ripeterò ancora: è stato un grande
canestro. Idiota.” Spingo via la mano e mi avvio verso l’uscita. Lui
resta indietro ma poi sento i suoi passi pesanti di corsa e la sua mano
colpirmi in testa, mentre mi supera ridendo come un pazzo.
“E
comunque, anche il tuo passaggio non era male, kitsune!” grida. “Come
tutto il resto!”
Sulla
prima parte della frase concordo in pieno… ma la seconda? Di quale resto
parla?
Scrollo
la testa.
Idiota.
E
sorrido.
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