Bacio nero

di Lara



Guardava spaesato il mondo che lo circondava. Tutto aveva perso senso.

Non c’era più nulla che potesse tenerlo li. Nulla. 

 

Il volto di lui che si perdeva, bianco e immoto, dentro le sete della bara nera .

L’ultimo bacio a fior di labbra. Fredde gelide come marmo rosa. Pelle di raso tesa sul cristallo più puro. Lacrime che bagnano quel volta tanto amato.

La terra che copre tutto e nasconde quello che il mio cuore chiama a gran voce. Ma dalle mie labbra non esce alcun suono.

L’ultimo abbraccio è un ricordo spietato, che mi toglie l’aria dai polmoni, l’anima dal cuore. Mi dici addio mentre lentamente scivoli lontano da me. Dovevi tornare da me. L’ingratitudine del mondo mi giudica mentre piango inginocchiato su questa terra nera che si scioglie sotto questa pioggia sottile e penetrante.

Il mio viso brucia, il ricordo di quell’ultimo bacio che mi diedi, puro come il cristallo.

Poi sei scivolato lontano da me, su quel maledetto treno.

Tu non volevi partire. È colpa mia solo mia.

Non volevi, dicevi che nessuno della tua famiglia sarebbe stato felice di vederti. Doveva essere il funerale di tuo nonno. Alla fine è stato il tuo. Mi hanno detto di stare lontano, di non venire, di non infangare il tuo ricordo.

La terra mi scivola tra le dita, la quiete eterna di queste lapidi mi circonda.

Riprendo fiato mentre mi accorgo di essere rimasto io solo accanto a quello che questo mondo trattiene di te.

Il mio cuore urla selvaggio la mia colpa.

Se tu non fossi andato su quel maledetto treno saresti ancora accanto a me. Rideresti davanti alle barzellette della settimana enigmistica e io ti prenderei in giro perché bruci sempre il sugo della pasta.

I miei occhi sono pesanti come non mai.

-Scusami.- Solo quella parola sussurrata nel vuoto e nel silenzio sembra rimbombare tra le lapidi nere.

Guardo la foto che i tuoi hanno messo sulla lapide, te la ho scattata io, ma loro non lo sanno. Penso che diversamente non l’avrebbero usata. I tuoi occhi d’ambra brillano alla luce lieve di una mattina d’estate, mentre i tuoi capelli neri  e lisci ti solleticano il collo e sorridi. Sorridevi a me che ti facevo le boccacce mentre scattavo la fotografia. Allungo una mano a sfiorare l’ovale perfetto del tuo volto, e scendo fino a posarle sulle lettere il rilievo che brillano di pioggia.

- Mathias, 1981 – 2002 Mancato all’affetto dei suoi cari per un tragico incidente -

Tragico incidente…

Un treno che deraglia e tu che muori solo tra rottami in fiamme. Tragico. Vorrei essere morto io al posto tuo. Vorrei poterti dire almeno addio e quanto ti amo almeno un’ultima volta.

Mi torna in mente la prima volta che ti dissi quelle due parole, ti amo.

Avevamo 18 anni e tornavamo a casa da scuola, amici fin dalle elementari, gli inseparabili. Mathias e Luca.

I tuoi non c’erano e stavi entrando dalla porta quando ho improvvisamente trovato il coraggio. Ti ho preso una mano e tu mi hai guardato, curioso e con il tuo stupendo sorriso. Sempre tanto fiducioso e splendido. Bello e dolce ma completamente inconsapevole di esserlo. Mi sono avvicinato a te e ti ho baciato piano, poggiando le mie labbra alle tue e le parole ti amo sono scaturite da me poco più che sussurrate. E tu.. mi hai baciato in risposta. Il mio cuore allora esplose di felicità.

Le mie dita tornano a posarsi sulla tua foto e accarezzo piano l’immagine di te.

-Ricordi?- La voce esce rauca e bassa, come se tu potessi essere li a seguire il filo dei miei discorsi, a ridere e a sorridermi come solo tu sai fare.

Sento freddo. Ormai è buio. Da quanto tempo sono qui? Non lo so.. La pioggia non ha smesso di cadere, velo di lucido argento che mi isola dal mondo. Ora sono inzuppato. La camicia nera è fradicia e anche da molto, tremo ma non me ne importa. Le mie mani sono nere della terra che ti copre e gelide.

Non voglio andarmene, non voglio lasciarti solo.

Sei la mia vita Mat, e ora te ne sei andato. Se solo io non avessi insistito per farti andare a quel funerale. I singhiozzi escono disperati e improvvisi. Mi sembra quasi di vederti mentre mi guardi storto e mi dici che dovrei tornare a casa a cambiarmi, che rischio di ammalarmi così. Ma senza di te non c’è più casa, sei sempre stato tu “casa”.

Sento una mano posarsi sulla mia spalla e mi volto. Ti vedo li in piedi accanto a me e il mio cuore manca un battito, poi lo riconosco. Tuo fratello, il tuo gemello, Stefano. La tua stessa luce negli occhi, tanto uguale ma così diverso.

-Vieni via Luca, non credi che ammalandoti non faresti del bene a nessuno? Lui non vorrebbe…-

Quelle parole sospese. Lui non vorrebbe. Tu non mi volevi mai vedere triste. Cercavi sempre di farmi ridere. Piano mi alzo, i singhiozzi improvvisamente quietati.

-Hai ragione.- Vedo sul suo viso lo specchio del mio dolore. Solo lui ha accettato l'idea di me e Mat di tutta la sua famiglia. Mi poggia di nuovo la mano sulla spalla e mi guida, silenzioso e distrutto quanto me, fino al suo appartamento dove senza una parola mi mette in mano degli abiti asciutti e mi indica la doccia.

Mi lavo e l’acqua bollente mi arrossa la pelle e lava via i segni delle lacrime e della terra. Il dolore è li e cerca di uscire come un uragano. Ma al momento non ho più lacrime.

Mi guardo allo specchio del bagno mentre con l’asciugamano mi asciugo i capelli. I miei occhi che tanto Mat invidiava ora sono rossi e gonfi, l’azzurro ora sembra livido e slavato, le labbra sono segnate dai morsi e le guance sono pallide. L’unica nota di colore vivo sono i miei capelli castani. Mi metto la comoda tutta che mi ha prestato Stefano ed esco. Il vederlo mi fa sempre fare un balzo al cuore, mi sembra di averlo ancora accanto a me. Ma non è lui…

-Grazie Stefano.- Non so dire altro. Si è cambiato anche lui e indossa una tuta al posto del completo scuro e severo del funerale. Così, appoggiato al divano mollemente e con i capelli spettinati, è uguale a Lui. E senza neanche volerlo mi ritrovo a fissarlo, mentre una lacrima mi scivola lenta e bruciante sul volto. Lui la vede e sembra colpito.

-Scusami, non ho pensato al fatto che io sono uguale a … a … a lui. Non volevo sconvolgerti ancora di più.- Non era per quello che mi ero rattristato in realtà, anche se erano uguali io li ho sempre distinti subito, per me sono sempre stati diversissimi. Cerco di farglielo capire. Gli sorrido anche se mi rendo conto che più che altro è una smorfia amara.

-No, tranquillo. Sai che per me siete diversissimi, solo un ricordo. Nulla di cui scusarti.-

Mi ritrovo seduto accanto a te sul divano mentre lentamente la stanchezza prende il sopravvento e mi ritrovo addormentato, scivolando tra le tue braccia e sentendo nel suo odore un’eco del tuo.




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