NOTE: Non è la cosa migliore che io abbia
mai scritto, speriamo che non sia neanche la peggiore^^, ma se così fosse
prometto di non terminarla!
Un avvenimento importante
di Bunnycat
Parte 3/?
"Ehi,
Andrea! Finalmente! Sono due settimane che ti telefono e mi sento rispondere
dalla segreteria"
"Ciao, Sara. Tutto bene? Com'è andato l'ultimo controllo? Mi spiace
non averti potuto accompagnare questa volta"
"Non importa. Ci sono andata con mia madre. Di Mauro neanche l'ombra,
come al solito. Però non cambiare discorso.
Si può sapere dove sei sparito per tutto questo tempo? Ho chiamato anche al
tuo studio e ho saputo che ti eri preso dei giorni di ferie"
"Scusa se non te l'ho detto. Non volevo farti preoccupare"
"No. Scusami tu, lo so che hai la tua vita e io non dovrei ficcarci il
naso in questo modo. Solo che sei scomparso senza dir nulla, anche i tuoi
colleghi erano molto sorpresi. Volevo essere sicura che stessi bene"
"Avevo bisogno di un po' di tempo, per riflettere e per prendere
qualche decisione. Tutto qui, stai tranquilla"
"Ma di cosa parli? Se non ti spieghi subito comincerò a preoccuparmi
sul serio, capito?"
"Questa volta preferirei che tu non mi facessi domande. Ti prometto che
ti dirò tutto, ma non adesso. Ti prego.
Dammi ancora qualche giorno. E non stare in pensiero per me. Cercherò di
cavarmela anche da solo"
"Lo sai che mi fido di te. D'accordo, non ti chiederò nulla. Aspetterò
che tu mi chiami. Ma vedi di sbrigarti, non si fanno stare in ansia le donne
incinta"
"Ciao Sara. A presto"
Mise giù il telefono e andò a distendersi sul divano, si sentiva molto
stanco e anche molto inquieto.
Ormai era così da due settimane, da quella sera che aveva rivisto Vincenzo
dopo tanto tempo.
Guardò l'orologio sulla mensola, erano ancora le sette, troppo presto, si
passò una mano sulla fronte e chiuse gli occhi.
Aveva tutto il tempo per ripensare a quanto era successo, a come la sua vita
fosse irrimediabilmente sconvolta.
Quella sera, quando era uscito con Vincenzo dall'associazione si era sentito
abbastanza forte, si era quasi illuso di poterlo affrontare, di riuscire a
rimediare a tutti i suoi errori, di riconquistare il suo affetto e la sua
fiducia.
Che false speranze!
Il confronto tra di loro era finalmente avvenuto, ma era stato molto più
doloroso e sconvolgente di quanto avesse mai potuto immaginare.
E soprattutto lo aveva costretto ad accettare la realtà, che niente sarebbe
più tornato come prima.
Avevano deciso di andare a piedi fino al loro vecchio locale.
Non era molto lontano, la serata era bella e l'aria piuttosto tiepida.
Camminarono fianco a fianco, parlando del più e del meno, anzi più che
altro parlava Andrea, praticamente sosteneva da solo tutto il peso della
conversazione perché Vincenzo non riusciva ad andare oltre a qualche
monosillabo di risposta.
Le cose si stavano di nuovo mettendo male per Andrea e tutto il suo
entusiasmo andava velocemente scemando.
Vincenzo sembrava terribilmente a disagio, adesso non lo guardava neanche più
in faccia forse non ascoltava nemmeno quello che diceva, probabilmente non
gli importava nulla di lui e della sua vita.
Andrea parlava, parlava e parlava per vincere quel suo maledetto silenzio e
per non sentire il dolore che la sua indifferenza gli procurava.
Finalmente entrarono in Via Ghibellina e subito dopo comparve la scritta del
ristorante.
Andrea tirò un sospiro di sollievo, ancora poco e non sarebbe più riuscito
ad evitare che il vuoto piombasse fra di loro.
Adesso non gli restava che pensare ad un modo per superare la cena e cercare
di tornare a casa senza il cuore a pezzi.
Andarono a sedersi ad un tavolino accanto alla parete affrescata.
Tutto era esattamente uguale a come era stato due anni prima, l'arredamento
semplice, gli stessi tavoli e le stesse sedie di legno rustico, la tovaglia
di carta fiorentina, l'ambiente caldo e familiare.
"Che prendiamo? Il solito? Chissà, forse il menu sarà cambiato"
"No, non credo. E poi ho poca fame. Mi va bene qualunque cosa. Mi basta
una bottiglia di vino rosso"
Anche questo era sorprendente.
Vincenzo aveva sempre avuto uno straordinario appetito, inoltre si intendeva
di vini e di cucina tradizionale proveniva da una famiglia di contadini
senesi e aveva lavorato per un certo tempo in un'azienda agricola.
"Anche per me va bene tutto. Se permetti però lo scelgo io il
vino"
"D'accordo"
Presero il piatto del giorno e Andrea si fece portare una bottiglia del vino
preferito di Vincenzo, per vedere se almeno con quello riusciva a
scioglierlo un po'.
"Come mai proprio questa bottiglia? Ti ricordi ancora i miei
gusti?"
Forse aveva fatto centro.
"Certo che mi ricordo le cose che ti piacciono! E mi ricordo anche che
per comprare un vino come questo una volta ci siamo persi per le campagne
intorno a Siena, alla ricerca di un consorzio agricolo che poi risultò non
esistere più"
"Già. Me lo ricordo anch'io. Non facevi che lamentarti del caldo e
della strada. E se non sbaglio ci eravamo persi per causa tua perché io
guidavo, ma eri tu che avevi la cartina in mano. E non sapevi leggerla"
"Speravo che questo particolare non te lo ricordassi più.
Vuoi dire che in fondo è sempre stata tutta colpa mia?"
E non alludeva solo a quell'episodio, voleva vedere se adesso Vincenzo era
disposto ad affrontare con lui un altro discorso ben più difficile.
"Certo, tu hai commesso i tuoi errori. Ma anch'io ho alle spalle la mia
buona dose di colpe"
"Tu? No, mai. Hai fatto le scelte più giuste. Non hai nulla di cui
pentirti. Sono io quello che ha sempre sbagliato tutto ed è finito a
condurre un'esistenza a metà"
"Sai Andrea, è vero che non sei cambiato affatto. Ho sempre ammirato
la tua capacità di riconoscere le proprie debolezze
come anche quella di saper accettare la realtà.
Io non ci sono mai riuscito.
Ho pensato spesso di poter cambiare il mondo e le persone, di poter vincere
i pregiudizi, di poter essere utile agli altri.
E invece, ho fallito. Non ho fatto altro che illudermi"
"Non è assolutamente vero!"
Andrea era sempre più sconvolto dalle parole di Vincenzo, ma che cosa gli
saltava in mente di pensare?
"Devi essere fiero di tutto quello che hai fatto.
Non pensi alle persone che hai aiutato?
A quanti amici si sono appoggiati a te?
Quanti ne hai salvati? E il lavoro all'associazione?
Non dirmi che non credi neanche più a quello?"
"In realtà sono solo uno sciocco che pensava di essere migliore degli
altri"
"E lo sei. Sei uno sciocco e sei migliore degli altri. Di tutti
noi!"
Vincenzo scosse la testa "Non è vero. Anche con te sono stato superbo
e arrogante, non avevo nessun diritto di criticare la tua vita e le tue
scelte.
So di averti offeso e capisco che tu non mi abbia più voluto vedere"
"No, no, no" Andrea si accorse che stava alzando la voce, ma ormai
non riusciva a controllarsi, le parole di Vincenzo gli sembravano sempre più
incomprensibili.
"Non è questo il motivo per cui sono sparito.
Non puoi pensarlo veramente!
Io, io mi vergognavo a chiederti perdono per le mie parole, ero stato io a
ferire i tuoi sentimenti e non tu.
Avrei voluto chiederti scusa subito, ma non ne avevo proprio il
coraggio"
"Perché Andrea? Se le cose stavano veramente così, perché, perché
due anni?
Avevi davvero paura di me?" lo stava fissando, nei suoi occhi c'era una
luce familiare, calda e intensa la stessa dei loro primi anni di amicizia.
"Dopo qualche mese dal nostro litigio l'avevo presa la decisione di
venirti a cercare, ma" era difficile, molto più difficile di quanto
avesse pensato, distolse lo sguardo dai suoi occhi, altrimenti non sarebbe
mai riuscito a dirglielo "Venni a sapere che stavi con un
ragazzo"
"Ah, capisco"
Che cosa poteva aver capito, che era disperato, che era geloso?
Tornò a guardarlo in faccia per leggervi quale fosse ora la sua espressione
che cosa mai avesse capito delle sue parole e di nuovo vi ritrovò i segni
della sua attuale infelicità.
Doveva essere tutta colpa di quella storia.
Ecco il motivo del suo dolore.
Aveva sofferto per un altro ragazzo.
Andrea sentì che già lo stava odiando.
Adesso però doveva chiedergli la cosa più importante e doveva
assolutamente trovare il coraggio di farlo.
Prese fiato e buttò le parole fuori tutte in una volta
"State ancora insieme?"
"No. Mi ha lasciato". Un sussurro. Tristissimo.
Ora era tutto finalmente chiaro.
Andrea sentiva la rabbia crescere dentro di lui, ma non c'era solo questa,
un insieme di altri inspiegabili sentimenti si agitava tumultuosamente
dentro di lui.
Odio per quel bastardo che lo aveva lasciato, che lo aveva fatto soffrire,
che lo aveva cambiato.
Che lo aveva amato.
"Mi dispiace molto" lo disse, ma non lo pensava affatto.
Vincenzo non rispose nulla.
"Però non puoi permettere che una delusione come questa distrugga la
tua vita e le tue convinzioni"
"Davvero? Tu non sai di cosa stai parlando"
Adesso Andrea stava veramente perdendo la pazienza "Non puoi essere
cambiato così tanto! Non ci credo. Non ci credo.
E soprattutto non puoi averlo fatto per un qualsiasi ragazzetto che poi non
ha esitato ad abbandonarti in questo stato!"
"Ti sbagli. Lui non mi ha piantato. Lui è morto!"
"Che cosa?"
Era morto. Il ragazzo di Vincenzo era morto. Sei mesi prima.
Fuori dal locale l'aria si stava facendo più fresca.
Vincenzo se ne stava a qualche metro da Andrea, le mani in tasca, lo sguardo
vuoto e distante.
Ormai Andrea non sapeva più che dire.
Anzi aveva già parlato fin troppo. E stupidamente.
L'unica cosa di cui ora fosse sicuro era che avrebbe voluto essere lontano
da lì, lontano da Vincenzo e da quel suo dolore che non poteva né
condividere, né curare.
Sarebbe stato molto meglio per lui andarsene via subito.
Ma a vederlo così indifeso, solo, chiuso in se stesso
sentiva che avrebbe commesso un grande errore.
Non voleva più essere un vigliacco.
Non voleva più fuggire di fronte alle difficoltà.
Anche se Vincenzo non gli serbava rancore per il passato ugualmente lui si
sentiva responsabile di una parte delle sue sofferenze perché non gli era
stato vicino e non gli aveva offerto la sua amicizia nel momento più
difficile della sua vita.
No, ora non sarebbe scappato. Non lo avrebbe abbandonato così.
"Che ne diresti di andare a vedere gli aerei?"
Vincenzo sembrò non capire "Come?"
"Ti ricordi? Ci siamo stati diverse volte con Massimiliano.
Ai margini di quel campo sulla pista di Peretola"
"Ma è un po' tardi. Fra poco chiude l'aeroporto"
"No, se ci sbrighiamo. Potremmo prendere la tua macchina. L' hai
lasciata al posteggio della Stazione?"
"Sì. Ma davvero, non credo che sia una buona idea"
"Io credo di sì. Dai andiamo"
Allungò la mano verso di lui, ma Vincenzo non la prese.
Però lo seguì. In silenzio.
Lasciarono la macchina a lato della strada.
In giro per fortuna non c'era anima viva.
Come avevano già fatto in passato si distesero sull'erba, le mani dietro la
nuca, il volto a guardare le stelle e aspettare il passaggio di un aereo.
Tutt'intorno c'era così tanta pace e silenzio che non sembrava neanche di
essere vicini alla città.
"Stasera il cielo è molto limpido. Riesco a vedere il Carro. Da casa
mia non si vede mai"
"E' vero. Abbiamo fatto bene a venirci. Grazie Andrea"
"Si vede che ogni tanto anch'io ho qualche buona idea"
"Forse. Ma di rado" c'era un timbro diverso ora nella sua voce più
acceso, più vivo, più caldo.
Andrea non poteva vedere il suo volto perché si era fatto piuttosto buio
però si girò lo stesso su un fianco per intuire almeno il suo profilo.
"Quella volta all'università, durante l'occupazione ebbi veramente
paura per te. Quando mi dissero che eri finito all'ospedale persi del tutto
la ragione.
E quando entrai nella stanza dove ti avevano ricoverato ero così sconvolto
che quasi non ti lasciai il tempo di dirmi come stavi ti investii subito con
una marea di insulti"
"Già me lo ricordo. Ma avevi ragione tu. Era stata una cazzata. Avevo
risposto alle provocazioni di quelli del fan e mi ero lasciato coinvolgere
in una rissa. Però lo avevo fatto perché qualcuno mi aveva riconosciuto e
mi aveva dato del frocio e io non ci avevo visto più dalla rabbia. Non
potevo sopportarlo. Le motivazioni dell'occupazione non c'entravano un bel
niente con le mie preferenze sessuali. E comunque loro ne uscirono peggio di
me"
"Questo me lo posso immaginare. Ed infatti non ho mai cercato di fare a
botte con te.
Mi conceresti per le feste se solo lo volessi"
"Che dici? Non ti picchierei mai! Sono troppo buono"
"E' vero" con una mano Andrea sfiorò la sua guancia. Una
leggerissima carezza dopo tanto tempo.
Inaspettatamente Vincenzo gli impedì di ritrarre la mano e gliela strinse.
Rimasero così per qualche istante. Uniti dalle loro mani.
Tutt'intorno c'era un'atmosfera irreale e dolcissima.
Andrea non poté farne a meno.
Da anni aveva in mente quella domanda: "Sei mai stato innamorato di
me?"
"E tu sei mai stato innamorato di me?"
Vincenzo teneva ancora la sua mano, anche lui si era voltato dalla sua parte
e nel buio sapeva che lo stava fissando: "Io sì" un attimo e il
suo corpo era già a coprire quello di Vincenzo.
I loro volti erano vicinissimi.
Andrea annullò quel poco spazio e lo baciò.
Come aveva sempre sognato.
Un bacio lungo, lento, appassionato.
Un contatto fatto solo di labbra, morbide, dolci, arrendevoli.
Che si lasciavano toccare e carezzare e che ricambiavano con timidezza tutta
quella passione.
Labbra da sfiorare appena, per poi imprigionarle in un bacio senza fine,
labbra che parlavano di lui, del suo profumo, della sua dolcezza, del suo
sapore.
Ma non bastava ancora.
Andrea voleva di più.
Voleva conquistare e invadere la sua bocca.
Cominciò a toccarlo, infilandogli le mani sotto la camicia.
Assaporò il calore di quel corpo tramite il contatto con la sua pelle nuda.
Voleva farlo fremere, voleva che cedesse alle sue carezze.
Gli sfiorò i capezzoli, per poi scendere giù fino al ventre, all'ombelico,
all'inguine.
Ma come provò ad aprire la cintura dei pantaloni Vincenzo lo afferrò per i
polsi e lo spinse via da sé e dalle sue labbra.
"Perché?" cercò di liberare i suoi polsi, ma Vincenzo li teneva
saldamente imprigionati.
"Perché, Vincenzo? Perché?"
"Sarebbe un errore. Non possiamo Andrea. E' troppo tardi"
"No che non lo è! Io ti amo e voglio stare con te. Voglio rimanerti
vicino. Aiutarti. Amarti"
"Non sai quello che dici! Come puoi dire di amarmi? Dopo tutto questo
tempo? Pensi che io possa crederti?"
"Lo so che è difficile. Ma è così. Te lo giuro. Io ti amo
davvero"
"Sei un bugiardo. Finiscila! Non ti crederò mai! Che cosa pretendi da
me, Andrea? Non ti voglio. Non ho niente da offrirti"
"Sono io che mi offro a te. Anche se tu non mi ami. Anche se per poco.
Lascia che io ti dia il mio affetto e che ti aiuti.
Quando starai meglio potrai mandarmi via. Io non mi aspetterò nulla in
cambio"
"Non hai capito. Ho detto che non ti voglio. Non ti voglio più vedere
dopo questa sera!"
Andrea si sentì mancare la terra sotto i piedi.
Non era mai stato rifiutato così duramente.
E dalla persona che amava di più.
Si ritrovò in ginocchio, la testa china per non guardare in faccia il suo
aguzzino.
"Allora è vero che mi odi"
Vincenzo non rispose.
"D'accordo. Me ne vado. Hai ragione.
Non ho nessun diritto di venirti ad offrire il mio amore dopo tutto questo
tempo. Sono uno stupido. Ho rovinato la mia vita.
Ero innamorato di te e mi sono messo con un altro. E poi ti ho allontanato
da me. E ti ho perso per sempre.
Vengo qui stasera e mi metto in testa l'idea di riconquistarti.
Mi dico che sei talmente disperato che forse ti accontenterai anche di me. E
invece quello disperato sono io.
Sai, penso che adesso andrò a casa. E forse finirò col fare una
sciocchezza"
"Che cazzo dici?" Vincenzo lo afferrò bruscamente per le spalle.
"Sei impazzito? Non pensarlo neanche"
"Adesso sono io che ti dico che non sono fatti tuoi!"
"Stupido. Stupido. Stupido. Non devi rovinarti la vita per me. Non ne
vale la pena"
"Sono libero di rovinarmi la vita come mi pare"
"Non in questo modo. Non per me"
Andrea scuoteva la testa, si dibatteva nella stretta delle braccia di
Vincenzo.
"Non per me. Non voglio che tu soffra, non voglio farti del male"
"Me lo stai già facendo ora" alzò la testa di scatto e cercò di
abbracciarlo.
"Dimmelo. Dimmi perché"
Vincenzo si lasciò stringere da lui. Aveva già esaurito tutta le sue
forze.
Era il momento della resa: "Perché potrei essere sieropositivo"
"Cosa, cosa, cos'hai detto?!?"
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