NOTE: Cesare, Lucrezia, Lars sono MIEI, (pure Baruch a dire il vero . . che razza di nome, eh?! E' semplicemente 'Benedetto' in olandese!!!) mentre ahimè, Magneto, Pietro e Paris/Exodus appartengono alla Marvel!



Avalon

parte III

di Dhely


La lama arroventata che lentamente ti fa a brandelli. Anzi, meglio: la tua stessa anima che si tende e si tende fino a che la senti squarciarsi ma non ci si ferma comunque perché là . . è là che si vuole arrivare, è là la meta per la quale si rischia tutto.
Ballare come un pazzo al suono d'una musica ossessiva solo per svuotarsi di ogni sensazione e in quei movimenti mettere tutto, come se da quei gesti dipendesse il mondo, l'universo intero.
Camminare sul filo del rasoio e ridere e godere di tutta quella tensione perché è per quello che siamo lì, e tutti gli altri motivi che ci siamo inventati non valgono niente. Non sono niente. Una canzone . . mi si è impiantata nel cervello e ora è lì col suo urlo che racchiude la mia vita: "Sono in piedi sull'Abisso
e mi piace guardar giù!"
E l'adrenalina sale di fronte alla paura e il cuore batte e io sfido Dio e sono lì e sorrido. E il cuore batte sempre più rapido e le vene contengono fiamme e l'universo si squarcia come la mia anima e io sono lì a fissare il mio inferno e sorrido. Sorrido al Nulla, a me stesso, a Dio. 
E ballo fino a morire e sputo anche l'anima e brucio la mia vita in un'unica fiammata più alta di una esplosione nucleare.
E guardo e ballo e sorrido . . e vivo un secondo come se fosse eterno, perché *quel* secondo è eterno. Perché quel secondo è l'infinito. 
E il sudore che mi sento addosso è sangue, denso, appiccicoso, tiepido, mi cola sulla pelle, sugli occhi e ci affogo dentro ma guardo e sorrido. Il sangue è il mio sangue, il dolore è il mio dolore ma non c'è tempo, non c'è spazio per urlare o piangere . . perché piangere? Per cosa? Il sangue è come la pioggia, mi nutre, mi fa vivo . . benedico il suo nome, alzo le mani al cielo per abbracciarlo e l'Abisso sotto i miei piedi non si merita neppure uno sguardo perché morire non mi fa paura, soffrire non mi fa paura, nulla mi scalfisce, nulla mi tocca, quest'attimo è tutto . . e io sono ogni cosa,
perso nel tutto che mi circonda.
Sento improvvisamente una lieve presenza al mio fianco, riprendo coscienza di me, del mio corpo, avvolto in un sudario di lenzuola e sudore, la pelle che sfiora la mia sa d'incenso e di un uomo e di lei . . Lucrezia mi si stringe al fianco tremando. L'abbraccio e lei sussurra appena il mio nome, poi un singhiozzo. 
"Non ce la faccio . . non ce la faccio più . . "
Le sfioro i capelli con dolcezza "Sht. . Va tutto bene . . "
Bene? Mento solo a lei ma non a me stesso. L'aria è troppo elettrica, troppo pregna di energia per riuscire a fingere indifferenza. E' una tortura, è come vivere sotto un cielo perennemente coperto, pieno di fulmini e lampi ma senza che cada mai una sola goccia di pioggia. Io muoio di sete . . tutti stiamo morendo di sete, su Avalon da quando *lui* è tornato, con quel suo potere che ci incatena e ci influenza e ci fa dannare e tremare.
Riesco a percepire quasi fisicamente ogni radiazione elettromagnetica che attraversa il mio corpo in questo istante, per non parlare poi di ciò che mi fa percepire il mio potere .. e non conosco parole adatte per esprimere ciò che mi si dipana di fronte agli occhi per cui taccio e mi limito semplicemente a farmi rapire, a farmi portare via, a perdermi in questa immensa ragnatela che connette in sé ogni minima molecola dell' infinitamente grande. Meraviglioso, ineguagliabile arabesco di cui io non sono altro che un misero frammento.
La coscienza mi si stempera e cade nel nulla, impallidendo, svanendo piano... e altrettanto lentamente riprende consistenza, ritorna se stessa e mi permette di essere di nuovo consapevole di ciò che mi circonda.
Lucrezia dorme, raggomitolata su un fianco e finalmente tranquilla, il suono ritmato del suo respiro sembra in grado di riempire ogni cosa e di dare ritmo ai miei pensieri. La sveglia segna le 4 di una mattina artificiale e mi viene da chiedermi su chissà che fuso orario terrestre siamo calibrati.
Ovviamente non ha alcuna importanza, tutto è stato calcolato in base all'alternarsi di luce e ombra che  riceviamo. Nel nostro cielo notturno non c'è alcuna luna, solo l'infinità delle stelle, la terra sempre dall'altraparte di questa luna che troppo spesso si stende di fronte alle finestre della mia stanza.
La terra.
Non pensavo mi sarebbe mai mancata così tanto . . scivolo fuori dal letto, mi vesto in fretta ed esco. Per i corridoi non incontro quasi nessuno, tutti quelli che sono di turno stanno lavorando e gli altri . . immagino che dormire sia una buona alternativa al vagare da soli in corridoi troppo ampi e troppo dannatamente asettici per . . sospiro. 
Sto diventando patetico e questa è proprio l'ultima cosa che voglio fare. So come scrollarmi di dosso tutto questo.
Lars.
Lars dorme. Il bell'addormentato di Avalon. .
Lo guardo . . ti guardo, Lars, e il passato mi travolge ancora ed è uno schiaffo in pieno viso, una doccia gelida che se non riesco a controllare le sensazioni che mi trafiggono la pelle e l'anima in questo periodo, almeno le allontana un poco. Il mio passato è ciò che riesce a rendermi altamente consapevole del mio essere persona e non una briciola in una infinità di fulcri bioelettrici. Sono qui e faccio l'unica cosa che posso: ti guardo, e tu lì impassibile e tranquillo, probabilmente l'unico non sconvolto dal potere che Erik si è trascinato dietro. In questo momento quasi t'invidio... solo quasi, ovviamente, un ghigno contorto mi arriccia le labbra, lo so, lo sento ma non mi avvicino al tubo trasparente  che contiene il tuo corpo, come se fossi in una bara di ghiaccio. No, non vorrei proprio essere al tuo posto, sai? Sono certo che anche tu approveresti questa mia affermazione se i nostri ruoli fossero invertiti. Ho solo bisogno di abituarmi a questo immane flusso di energia poi tornerò di nuovo padrone di me stesso.
Mi passo una mano fra i capelli respirando a fondo l'aria pura, asetticamente pura di Avalon e mi scopro .. teso. Improvvisamente è come se fossi al centro di un'immane colata lavica di pura energia, un qualcosa che mi incatena, che mi blocca lì lasciandomi appena la possibilità di respirare ma null'altro.
So cos'è, lo so fin troppo bene . . . non mi serve voltarmi, non mi serve guardarlo, lo sento, percepisco la sua imponente presenza in maniera chiarissima alle mie spalle. E quando me lo trovo davanti non trovo in me neppure la forza di pensare. E' impassibile, meravigliosamente superiore, talmente sicuro da non essere neppure arrogante, talmente potente da non aver neppure bisogno di farne sfoggio.
Erik.
Scatto sull'attenti, lui mi fissa .
"Vedo  che non sono andati sprecati gli anni utilizzati per addestrarti.
Finalmente sei al lama di puro acciaio che ho desiderato che fossi."
Mi sento improvvisamente  in preda alle vertigini, come se fossi davvero in bilico su un baratro e stessi guardando giù, ma non è la mia voce che fa da contrappunto alla sua, bassa, un po' roca, dalla consistenza pastosa e abituata a dare ordini.
"Ha ragione, signore."
Paris è al suo fianco e io non l'ho neppure percepito, tanto impegnato com'ero nella contemplazione. Sbatto un paio di volte le palpebre, incredulo e un po' confuso. Che fare? Che dire? Nulla. Erik riprende la parola chinando  quello sguardo chiaro come un lampo in piena notte su Lars, immobile, bellissimo nel suo perpetuo silenzio.
"Lars non è stato sicuramente uno scoglio semplice da superare, ma ero certo del risultato"
Muove appena il capo per guardare me, poi, sempre impassibile, sempre più perfetto e irraggiungibile, fissa il suo sguardo su Paris, che china il capo.
"Ho sempre saputo che non . . " incredibilmente sento la sua voce incrinarsi appena.
Mi accorgo solo ora che lui non ha sfiorato quel corpo in animazione sospesa neppure con la coda dell'occhio . . e sento la sua amarezza, la sua vergogna . . perché? Erik solleva la mano destra e la appoggia su quella bara di cristallo.
"Exodus, non ritenerti colpevole degli errori e delle debolezze di tuo figlio. - *figlio*?!? ho un sussurro visibilissimo, Erik l'ha captato appena con la coda dell'occhio ma la sua indifferenza granitica non ne viene assolutamente scalfita - Dopo tutto anch'io ho addestrato chi non è sangue del mio sangue, e ho dato a uno di loro più potere di quanto non ne abbia Pietro."
Erik lo sento come ritrarsi, il suo potere, la sua presa sul mondo si fa più leggera e io e Paris rimaniamo lì entrambi a fissarci come se non ci fossimo mai visti. Stava . . stava parlando di lui . . di lui e di me. Faccio fatica a controllarmi, a non tremare, le pupille dilatate di Paris mi parlano di un identico sforzo: lui ci ha addestrati, me e lui, perché fossimo qui, ora. 
Forse anche perché io e Lars ci . . confrontassimo, lottassimo per arrivare a questo . .  e io fossi qui, in piedi di fronte al padre di un mutante che giace senza coscienza per colpa mia. Deglutisco cercando di ritrovare un po' di controllo.
"Signore - questa volta è la mia voce che mi stupisce - sapete  bene che ne sono uscito vivo solo per fortuna, la mia abilità è stata solo di poco superiore a quella di Lars."
Per la prima volta dopo tanti anni vedo l'ombra di un sorriso su quel volto che esprime forza e rigore in ogni suo tratto.
"Non ho mai pensato che tu fossi ancora arrivato ad essere quella creatura perfetta che voglio che tu sia. Hai ancora un po' di strada da fare, ma . . "
Silenzio, un silenzio crepitante di energia, scintillante di mille scariche d'elettricità, odore d'ozono e il mio cuore che mi si ferma in petto. 
Solitudine segue il silenzio, non dolore ma . . vuoto . . non trovo parole per descrivere quello che il mio potere mi esprime, è come essere tutto e insieme nulla, è come essere . . Erik mi volta la schiena, gli vedo in un palmo una sfera sfrigolante e azzurrina, elettricità pura che si diffonde per tutta la stanza, i macchinari  sono circondati da un lieve alone azzurrino, odore di . . di pulito . . la mano guantata di rosso si abbassa, posandosi sopra quel sarcofago tecnologico, trattengo il fiato di fronte a quell'esplosione silenziosa, il globo luminoso scompare come inghiottito da quel corpo immobile. Paris al mio fianco sussulta, quasi ferito fisicamente, poi si fa avanti.
Improvvisamente le macchine che tengono in sospensione Lars iniziano ad emettere lampi luminosi e suoni ritmici e ossessivi. Uno sguardo seccato di Erik e tutto si quieta, la stanza si riempie di un lieve ronfare come se i macchinari fossero diventati  gattoni che fanno le fusa. Deglutisco al lieve fruscio della lastra trasparente che si apre, lasciando che l'aria prenda il posto del liquido in cui Lars galleggiava, i fili che lo tenevano in vita si ritirano come dotati di vita propria, le dita guantate di Magneto si appoggiano sulla sua fronte umida, un rapido sforzo per concentrarsi poi un sussurro.
"Lars."
Dolce, quasi gentile.
Sbatto le palpebre.
L'energia che mi circonda è calma e perfettamente a suo agio accarezza tutto l'universo. Una parte di me ha come uno strattone, è come se un pezzo della mia coscienza si ribellasse per duplicarsi, per ottenere un'altra identità; riesco a tenermi insieme quasi per miracolo e improvvisamente mi accorgo di quanto sono stato fortunato a non cedere . .
. .sento il buio squarciarsi . .
. . sento il freddo allontanarsi . .
. . sento i polmoni riempirsi di aria . .
. . sento la pelle bagnata . .
. . sento i profumi, i rumori . . sento il mio sangue scorrere, il mio cuore battere. Sento la coscienza ritornare, riempirmi  come se fino ad ora fossi stato solo un guscio vuoto.
Ma il guscio vuoto non sono io . . io sono . .  sono . . le mie mani si aggrappano ai bordi di quella che sembra essere una bara, le mie braccia mi mettono a sedere, il mio cervello annaspa nel cercare delle coordinate comprensibili . . io sono . . e spalanco gli occhi e mi vedo in piedi, a pochi passi da quel giaciglio, vestito con la mia divisa nera, lo sguardo un lampo d'assenzio liquido, verdissimo e pericoloso e stupito e le mie labbra che formano una parola, un nome.
"Lars . . "
E vedo Lars seduto, nudo, che mi guarda schioccato, occhi di cielo resi appannati da troppe domande, da troppe cose, dalla consapevolezza di essere me, tanto quanto lo sono io .. il fiato mi si incastra in gola, il terrore vissuto fino ad ora si scioglie di colpo e mi lascia libero: una sciabolata di luce, il mio potere che mi titilla i nervi, la mia identità che riprende
con forza possesso di sé il dolore che è solo un lampo di luce ghiacciata.
Lars urla, e quel suono mi trapassa il cervello, si prende il capo fra le mani crollando supino, io arretro di un passo e poi un altro. 
Fingo di non udire Paris chiamare il nome di suo figlio, sento il muro freddo contro le mie spalle e mi lascio scivolare a terra, il capo abbassato, sudato per la tensione, per lo sforzo per . . per essere tornato ad essere solo me e non più noi . . Riprendo a respirare piano, un paio di stivali rossi mi si avvicinano, lo sento torreggiare sopra di me, un lieve sorriso che gli increspa appena la voce.
"Sapevo che saresti stato pronto quando avresti dovuto esserlo davvero. - silenzio. Mi sforzo di sollevare il capo ma intuisco solo il brillio quasi ultraterreno delle sue iridi tra le macchie nere che mi oscurano il campo visivo - Complimenti, , Cesare. Hai superato al prova che avevo architettato per te. Sarai il secondo di mio figlio."
Ed esce dalla stanza senza più un suono, senza più neppure il rumore degli stivali sul pavimento.



 
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