Arome de vie

parte IV

di Yu


 

Saveur, saveur du sang.

Arôme de vie.

L’odeur du sex.

Ils se mêlent, s’enlacent.

En créant un monde paralysé.

Il n’y a pas du temps.

Pas des respires.

 

Luce e tenebra.

Non possono che unirsi e dividersi, parte dello stesso tutto.

Amore e odio.

Non possono che combattersi e vincersi, parte dello stesso animo.

Vita e morte.

Non possono che venire e andare, parte della stessa storia.

 

 

CAPITOLO QUARTO

 

- Che cosa è successo? - mormoro.

Forse sperando che non mi senta.

Ti prego, lasciami qui.

Fingi di non vedermi.

Fingi che io non ci sia.

Di non avermi mai incontrato.

Voglio e non voglio sapere.

Potrebbe non piacermi.

Potresti mentirmi.

Potrei capire che stai mentendo.

Questo è il peggio.

- Non ricordi nulla? - mi domanda attento.

Devi decidere se mentirmi?

Devi decidere quale menzogna inventare?

Puoi fare finta di non avermi mai incontrato, se vuoi.

Ti crederò, promesso.

Scuoto il capo, rassegnato.

- Capisco… – mormora a sua volta.

Scorgo un velo di colpevolezza nei suoi occhi.

Ecco, me ne sto accorgendo

No, no, no, ti prego non farlo, prima che sia troppo tardi.

Poggia sul tavolino basso il vassoio con il caffé e i biscotti.

Cerco di sviare il discordo.

- Sei pallido… -

Scuote il capo con noncuranza.

- Non è niente. -

Si siede sul divano accanto a me e si rilassa contro lo schienale, sospirando pesantemente.

- Non credo ti piacerà – sospira – la verità, intendo. -

Già, come al solito.

Menzogne, menzogne e menzogne.

Ci sono abituato, sai.

Ma non sarai davvero così stupido da venirmi a dire che vuoi mentirmi?!

Questo è assurdo, davvero.

- Non mentirmi – mormora la mia voce indipendente – ti prego. -

Addirittura!

Kaede, no, questo no, non è da te.

Non vorrei che fosse sembrata una supplica.

È sembrata una supplica?

Certo, che lo è sembrata.

Dio, come sono caduto in basso.

- Hmm… - si gratta la testa – intanto fai colazione…si è più ben disposti a stomaco pieno, no? -

Hanamichi Sakuragi mi stai facendo preoccupare.

Cosa mai potrò aver fatto?!

Era solo una stupida sbronza.

Peggio di quello che già avevo confessato, non posso aver tirato fuori.

Vero?

Comincio a credere che una bugia sarebbe la cosa migliore da sapere.

Mangiucchio qualche biscotto e bevo la spremuta.

Abbozzo un sorriso.

Che carino, Hanamichi mi ha portato sia quella che il caffé.

Che carino?!

Questo deve essere il post sbornia.

Ho solo bisogno di dormire.

- In pratica…diciamo che – sollevo lo sguardo su di lui e lo vedo arrossire vistosamente.

Prende una boccata d’aria e spara il seguito tutto d’un fiato.

- Temo di essermi approfittato di te. -

Le ultime briciole del biscotto sono sufficienti a farmi rischiare il soffocamento.

Approfittato?!

La mia mente razionale mi soccorre subito.

Sei già stato trattato come un oggetto sessuale.

Tutto merito di papà.

Tranquillo, Kaede.

Insomma, niente di nuovo sotto il sole.

Ehi, un momento.

Questo qui non è mio padre.

Questo qui è Hanamichi Sakuragi.

Devo aver frainteso.

Approfittato…Approfittato?

Cerco e ricerco, ma non riesco a dargli nessun altro senso.

Non è che magari un po’ ci spero?

Tossisco violentemente.

Eppure mi disgusto.

Mi sono sempre sentito sporco.

DEVO aver frainteso.

- Cosa…cosa intendi? - bofonchio.

- Beh…eri sul mio divano e…- si guarda in giro imbarazzato e tronca con – sai come vanno certe cose, no? –

Certo, che lo so idiota!

E lo so anche meglio di te!

Il punto è: ma hai visto chi sei tu? Hai visto chi sono io?!

Certe cose non vanno e basta, in casi come questo.

- No – replico imperturbabile.

Su dai, spiegamele.

Voglio vedere come fai.

- Come no?! – si volta a guardarmi scandalizzato e colpevole.

Cos’è? Stai pensando di aver traviato un bimbo?

Beh, allora sappilo: se l’hai fatto, l’hai fatto.

Cioè, insomma lo so come vanno certe cose.

Non sono candido e puro, ma…dopo la mia felice infanzia...

Cioè insomma io e certe cose avevamo abbastanza chiuso.

Akira c’ha provato, ma mica vuol dire che c’è riuscito.

Mica si può concedere la fiducia così, come nulla fosse!

Io rifuggivo e detestavo quel tipo di contatto.

Akira ha avuto vita difficile, proprio perché lo tenevo a distanza.

Ho sempre tenuto a distanza tutti, dopo mio padre.

Davo a lui la colpa del mio interesse per i ragazzi e lo consideravo una disgustosa conseguenza delle molestie.

Di solito certe cose con me non vanno proprio.

Ecco, sì.

Insomma, non lo so come vanno con te.

Forse dovresti quantificare il termine approfittato.

Mi frigge la testa.

- Spiegami - ordino.

Ora la sua faccia e i suoi capelli sono dello stesso colore.

Se fosse una teiera potrei vedere il vapore che esce da sopra.

Nella mente mi passa un flash del suo viso nel buio.

E l’impressione di un bacio.

Comincio a ricordare.

Cavolo, è assurdo…

Non mi sento sporco.

È una scoperta incredibile.

Cioè, se non se ne approfittava…mica ci sarei riuscito da solo.

Fosse per me, da lucido, l’avrei pestato a sangue.

- E cosa vuoi che ti spieghi?! – sbotta stralunato e prende a camminare su e giù per la stanza come se una tarantola lo inseguisse per morderlo.

Continuo a fissarlo in silenzio.

- Insomma ne saprai qualcosa di come si fanno i bambini! – esclama allucinato.

Inarco un sopracciglio e lo guardo scettico.

- Dici che sono incinto allora? – chiedo ironico.

È di nuovo una teiera.

- Certo che no, cretino! – replica spazientito, ma un mezzo sorriso si affaccia sulle sue labbra. Si stringe nelle spalle e lascia andare un sospiro. Rilassa i muscoli e prende fiato a fondo. – Però, forse ci saresti rimasto, se avessi potuto – spara tutto in una volta.

- Ah. –

Resto immobile a fissare il vuoto.

Ma guarda te!

Scopato a tradimento dall’uomo delle mie fantasie.

Fesso io che credevo non ci sarebbe mai stato.

Credevo mi avrebbe odiato.

Schifato.

Etc.

Sì, insomma avrebbe provato tutte quelle belle sensazioni che scatena in una persona comune un atto immorale e indesiderato.

E invece.

È capitato a me.

Ah ah.

Quasi mi scappa da ridere.

Io non sono proprio una persona comune.

Anche se non nego che vorrei esserlo.

Ripensandoci un vago ricordo di stanotte ce l’avevo, ma credevo fosse un sogno, con tutti quelli che ho fatto.

Essere sedotto da ubriaco, dalla persona che amo (e notoriamente mi detesta), dopo che mi ha portato a casa sua per aiutarmi.

È il sogno più banale e ovvio che ci sia, insomma non poteva essere la realtà.

In effetti lui era così dolce.

Troppo per essere un mio sogno.

Certo che scoprire che la realtà supera i sogni è incredibile.

- Rukawa – mi chiama la sua voce ansiosa – Rukawa per favore di’ qualcosa. – mi implora.

È pallido e preoccupato.

Prendo un respiro profondo.

– Wow. – dico soltanto, ancora disorientato.

- Wow? – mi fa eco Hanamichi sconvolto. – Cioè: wow?! Soltanto: wow? Davvero wow? – insiste allibito.

- Sì – dico, portando gli occhi nei suoi e sorrido – wow. -

- Devo sedermi – mormora, sbiancando ancora di più e si butta sul divano accanto a me.

- Sicuro di stare bene? – chiedo accigliato.

- No, che non sto bene – risponde di getto, per poi passarsi una mano sulla faccia, nel tentativo di calmare il nervosismo. – Ho trentotto di febbre per il freddo, ho approfittato di te mentre eri ubriaco e tu hai appena detto wow! Come potrei stare bene?! Forse dovrei farmi ricoverare. -

- Di che ti lamenti? – replicò indisposto. – Volevi un pugno? -

Volge lo sguardo confuso nei miei occhi e sospira.

– Converrai che sarebbe stato più normale – considera piano - ma no, credo … no. -

Poggio il palmo sulla sua fronte.

Ha davvero la febbre.

Mi alzo e vado in giro per l’appartamento. Lui non fa una piega e non muove un muscolo. Frugo negli armadietti senza ritegno, finché non trovo quello dei medicinali. Gli preparo un misurino di tachipirina e un bicchiere d’acqua, lo faccio distendere e lo copro con una coperta.

E pensare che l’idiota mi ha preparato persino la colazione.

Doveva essere davvero preoccupato di come avrei reagito.

Io al suo posto sarei fuggito.

Avrei mentito.

Mi sarei fatto strappare la lingua.

Pur di non affrontare quel terrore.

Ha tutto il mio rispetto e la mia stima.

Eh eh.

Di fronte alla sua faccia da pulcino imbronciato, la risata che avevo trattenuto mi scappa.

Mi guarda sconvolto.

- Che fai? Ridi anche?! -  brontola.

Manda giù la medicina.

Altezzoso come un bambino preso in giro dalla mamma.

- Sei proprio un idiota – replico allegro – Ti amo. –

Non riesco a smettere di ridere.

Erano almeno dieci anni che non mi succedeva.

Il peso.

Il peso che mi portavo dentro si è dissolto

È volato via.

Al suo posto è rimasto soltanto lo stimolo alla risata.

Come se fossi pieno di elio.

Nel petto, c’è un palloncino gonfiato con l’elio.

E io sono leggero.

Leggero.

Leggero.

Nel cielo sereno.

Quasi mi vengono le lacrime agli occhi, dal ridere.

Sakuragi mi fissa esterrefatto.

- Santo Dio… - mormora confuso – Chi diavolo sei tu? –

- Non mi capitava da anni – dico tranquillo.

- Cosa? – chiede scettico – Di essere stuprato? Di amarmi? O di ridere? -.

- Direi tutt’e tre – rispondo, seminando l’ultimo strascico d’ilarità.

Mi sono ricomposto.

Il mio tono è tornato quello di sempre.

Ma non riesco a piegare in giù gli angoli della bocca.

Continua a sorridere autonomamente, la maledetta.

- Senti, mi stai prendendo per il culo per caso? – chiede grave.

Nonostante l’instabilità dovuta alla febbre, si alza in piedi.

Davanti a me, si ferma, occhi negli occhi.

I suoi sono seri e profondi.

Accetto la sfida.

- No – replico con fermezza.

Per più di un minuto mi fissa, immobile.

Sembra una prova del F.B.I. per vedere se l’interrogato mente.

Infine si scioglie in un sorriso.

È dolce e luminoso.

Non l’avevo mai visto fare un sorriso così.

È stupendo.

Ho superato l’esame.

Si gratta la testa, riflettendo.

- Ti dirò, mi sa proprio che l’idiota sei tu – considera rilassato.

Poi mi passa un braccio intorno alle spalle per farsi riaccompagnare al divano.

- Un grandissimo idiota. –

Gli mordo la mano per vendicarmi della sua presunzione.

- Già… - conferma ridacchiando – Incredibile, se lo andassi a raccontare in giro, sono sicuro che nessuno mi crederebbe. –

Lo lascio scivolare sul divano e lui accende la tv, mette in play il videoregistratore.

Solo lui poteva avere un trabiccolo di due generazioni fa.

Parte una partita registrata.

La mia ultima partita.

Spalanco gli occhi sorpreso.

- Trovare partite decenti di questi tempi è più difficile di quello che si crede – borbotta convinto. .- Renditi utile, va’ a prendere le patatine, va’. –

Inarco un sopracciglio.

- Non avevi la febbre? – chiedo ironico.

- Esatto, perciò non farmi fare sforzi inutili! Va’, vaaai – insiste divertito.

Mi alzo impassibile.

Non gli concederò la soddisfazione.

È proprio un idiota.

Che si guarda anche le mie partite.

Pensare che poteva venirci di persona.

Che idiota.

Preferiva restarsene chiuso in questo buco da solo.

Proprio come me.

Dopo aver frugato un po’, torno dalla cucina con patatine e acqua.

Mi siedo sul divano accanto a lui e la pausa delle schermo si spezza.

Le immagini ripartono veloci.

Eccomi.

Un po’ mi do fastidio.

Sembro sempre così distante.

Avverto un peso sulla spalla.

Sakuragi si è appoggiato a me.

Gli occhi chiusi.

Respira piano.

I medicinali seri fanno effetto come si deve.

Afferro il plaid e lo copro.

Lo abbraccio e ritorno a guardare la partita.

In fondo restare da soli ha i suoi pregi.

Se ne vadano pure tutti in Francia.

La vita non fa così schifo.

Quest’attimo è quasi perfetto.

Ecco, se solo sullo schermo ci fosse il buon vecchio Jordan, al mio posto…

Però ha fatto il suo tempo.

Va bene così.

Gli errori si correggono, anche imparando da se stessi.

Quest’attimo è una meraviglia anche così.

 

***               FIN              ***

 

Eccola, è finita. Dopo molteplici anni e stili, sono arrivata alla solita conclusione: la gioia. Una gioia semplice questa volta, perché in fondo è la migliore.