b ARABIAN NIGHTS a

 by Voce del silenzio

Chapter one

 

c Scimitar Moon d

 

Ti sto cercando… sì… ti sto cercando…

Solo… promettimi… Ti prego! Promettimi che non dimenticherai mai il tempo che ci ha visto insieme… ti prego… promettimelo… giuramelo! L’importante… è che io possa crederci.

Dammi questa illusione, fammi credere che non ti dimenticherai mai dei secondi eterni passati assieme, e delle loro voci, che ci accompagnavano sempre… sempre…

Sai, nei miei sogni ti vedo ancora. Sì! Ancora… non puoi impedirmi di farlo, è l’unico modo che ho per vederti ancora… e ti vedo con me. E piango, nel vederti con me.

Quanto mi manchi… tanto…

Questa sabbia! Questa sabbia mi soffoca! Sì, mi soffoca e mi fa sentire piccolo… ma io conservo ancora il ricordo di noi due… di te, che mi facevi sentire grande…

Ora mi sento piccolo. Piccolo, nella sabbia, che qui mi accompagna ovunque.

Ti sto cercando… oh sì, ti sto cercando…

E come vento, soffierò su queste dune per scovarti, trovarti e baciarti, e abbracciarti, e amarti ancora… se non lo vorrai, farò di tutto per convincerti. Di tutto! Di tutto e di più! Non posso perderti, lo capisci questo? Lo capisci?!

 

Il caldo è pesante. Uccide la vita che tenta di mettere radici… e radici, qui non ce ne sono proprio.

Il caldo… il caldo… hhh… il caldo è davvero caldo qui. Posso immaginare cosa si prova all’inferno…

Il caldo… ti prende con le sue mani forti, e ti stringe a sé, senza pietà di te o dei tuoi sentimenti per un altro amante… Per il caldo, tu sei il suo amante. Il SUO! E basta. Lui vuole fare l’amore con te, e non ti lascia mai, neanche un secondo. Lui è sempre eccitato, e vuole vederti sudare. Ti lascia crogiolare in un bagno di luce eccessiva, per poi catapultarti nel freddo intenso della notte, senza preavviso, appena il sole si nasconde.

Il caldo… è un amante crudele… egoista, e crudele. Ti accarezza in posti che non ricordavi di avere, ti bacia e ti solletica… vuole vederti morire tra le sue dita. Poi, quando è sazio, sparisce, lasciandoti solo, in un deserto che sta invocando il gelo. Freddo notturno.

 

Qui non si vedono piogge. Qui, la neve non esiste. Solo cieli azzurri fino allo spasimo, quegli azzurri sconfinati che ti lasciano vedere solo un sole dilatato fino all’estremo e sabbia… sabbia che rimane ferma, sabbia che si sposta, tempeste di sabbia… tutto è sabbia, qui.

Anche l’acqua si è trasformata in sabbia. Anche la vita, pian piano, diventa sabbia. Anch’io diverrò sabbia, se non riuscirò a trovarti…

 

La notte sta per arrivare, comincio a sentirne l’alito, freddo e pungente, sul mio collo. Ma fortunatamente sono vicino ad un’oasi…e con l’oasi, qualche carovana.

Eccola! La vedo! Le luci tremanti delle fiaccole! C’è gente in quella piccola conca scavata dall’acqua!

Mi sorprende sempre incontrare un’oasi. Sabbia, sabbia, sabbia, sabbia e ancora sabbia. Non c’è mai fine alla sabbia mentre sei nel deserto… e poi incontri un’oasi, nel bel mezzo della sabbia, come una conchiglia rotta, in mezzo alla spiaggia. Come me, in mezzo alla vita.

E mi stupisco sempre nel vedere un po’ di verde tra questo oro. Un po’ d’acqua, in questo mare di granelli di arida morte.

 

Corro. Corrocorro.

Correre nel deserto è una sensazione fortissima, sì, perché sai che, sprecando così le tue forze, morirai prima… e a me piace giocare con questa sensazione, come di morte più vicina, per poi mandarle un biglietto, proprio mentre mi sto tuffando in acqua, in cui le dico che la mia vita è ancora lunga. Lunga, perché devo cercare lui. Te.

Corro verso la pozza. Questa è acqua limpida. Limpida come fosse la fontana di Dio, e in un certo senso lo è. Dio stesso viene qui a bere, per fuggire al rumore del mondo. Si rifugia nel deserto e, cercando l’oasi, trova la pace del caldo opprimente.

Immergo le mani, dentro questo specchio. Sento una sensazione bagnata camminare sulla mia pelle ed arrivare sino al cuore. Nel deserto, l’acqua è l’unico paradiso che realmente si desidera.

Bevo avidamente, portandomi piccole manate continue alle labbra. La maggior parte mi finisce sui vestiti. Ma continuo continuocontinuo…

“Benvenuto, Selaj!”

Mi giro. Le mani che reggono acqua, che la sprecano facendola cadere.

“Alì! Vecchio mascalzone!” ci abbracciamo. “Dovevo immaginarlo che era la tua carovana!” lo abbraccio ancora. Gli do pacche sulla schiena. “Da quanto tempo!”

“Già, da molto…ma vieni, vieni…andiamo nella mia tenda a parlare…”

 

La sua tenda è sempre sfarzosa. Magnificamente eccessiva. Dentro questa tenda color del cielo più limpido, e bordata con finissimi fili d’oro e d’argento, c’è una miniera dove l’oro esce dalla roccia come fosse acqua. Stoffe e cuscini si divertono ad innalzare un labirinto leggero dove il profumo dell’incenso funge da sentiero. Ci sono piedistalli un po’ ovunque. Piedistalli in legno, che sorreggono vasi cinesi, maschere indiane, armi italiche dove il ferro viene nascosto da rubini e smeraldi…

Lui ama le cose belle, preziose, e che tutti gli altri non hanno.

“Allora? Cosa ti porta così all’interno?” chiedo io.

“Oh, beh…sai com’è… un commercio qua, una statua egizia in puro oro là…ecco… la mia vita insomma…”

“Ahahah! Sempre il solito!”

“E tu, invece? Cosa ci fai tu, qui?”

“Cerco Loji”

“Ah!”

“Sì, lo sto cercano…”

“Maa… non sarebbe ora di dimenticarlo?”

“NO!”

“Ma…”

“NO! No! E’ fuori discussione… io… io… lo troverò e… e…”

“E va bene… era solo per il tuo bene…” mi guarda compassionevole “..e dove vorresti cercarlo?”

“Ovunque!”

“Ma tu sei completamente matto! Potrebbe aver lasciato il deserto, potrebbe aver lasciato persino il mondo in questi cinque anni, te ne rendi conto?”

“Sì… sì! Ma io… ecco, io…”

“Devi tentare, non è così?”

“Sì! Devo!”

“E va bene, se è questo che vuoi”

“…”

“Hai il mio appoggio”

“Grazie”

“Ma, nel frattempo, finché ti faccio preparare qualcosa da mangiare… ti devi rilassare…”

“Devo?”

“Devi, devi”

“Se lo dici tu…”

“Sì, sì, lo dico io…” batte le mani due volte “…ti lascio la mia tenda… fidati, fa dei massaggi meravigliosi…”

Se ne va lasciando dietro di se solamente l’ondeggiare delle sete, e un leggero profumo d’argento.

 

Dalla luce delle candele esce però qualcun altro.

Non è molto robusto, anzi, è piuttosto magro, ma il suo viso è stupefacente…cosa potevo aspettarmi da Alì, se non cose belle?

La sua carnagione porta la firma di un sole del deserto più caldo, e i suoi capelli sono fili d’ebano, ma i suoi occhi… i suoi occhi sono in realtà zaffiri. Sono di un azzurro intenso, che brilla più delle candele. Sembra un miraggio… ma le sue mani mi dicono che è reale. Ha delle mani superbe. Sulla mia schiena, sono forti e delicate, come un petalo di rosa. Scivolano lungo tutta la schiena, come una goccia di rugiada. Scivolano. Scivola.

Scivola

S

c

i

v

o

l

a

E scivola fino a ritrovarsi sotto di me, senza renderci più conto del profumo di sandalo che ci circonda, rimanendo sospesi tra le sete e le maschere indiane, nudi. Come due oggetti rari, in una collezione ancor più strana. C’immergiamo nella nostra reciproca rarità, e passiamo il tempo baciando e affondando. È una pelle liscia la sua, liscia… come latte versato su di un tavolo. Una pelle abbronzata ma che ricorda il latte bianco. E non possono essere altro che gocce di latte, quelle che imperlano il suo viso, e il mio.

È una guerra tra corpi, questa, combattuta a colpi di pelle e carezze. Come una melodia dell’est, con quei gorgheggi, e quei pizzichii di corde… annuncio del piacere in arrivo.

 

“Perché me l’hai permesso?”

“Permesso cosa?”

“Lo sai… quel ragazzo…”

“Ahh…sì, te l’ho permesso… e tu? Hai rifiutato?”

“…comunque… non riuscirai a farmelo dimenticare…”

“Oh… questo lo so… volevo solo farti pensare a qualcos’altro, almeno per un po’…”

“Beh, devo deluderti…”

“Vuoi forse dirmi che non ci sono riuscito?”

“No… anzi… mi hai fatto ricordare che nessuno riesce a toccarmi come faceva lui…”

“….e se non lo troverai? Non capisci che devi prendere in considerazione anche questa possibilità?”

“No, non  posso pensarlo… il mio cuore me lo impedisce… l’amore…”

“L’amore… ahh… che gran rovina l’amore…”

“Già… ma che salvezza, anche…”

“Rispondimi, se non lo troverai?”

“Mi ucciderò!”

“Tu sei folle! Folle di lui!”

 

Sì, sono folle di lui, ma non so bene cosa significa essere folle. Forse è solo un gioco. Giochiamo ad essere folli perché così c’inventiamo un mondo che ci piace di più. Ma è solo un gioco. In fondo, lo sappiamo fin troppo bene che le cose sono diverse da come le vorremmo.

Essere folli d’amore poi, è un gioco più surreale. In questo caso, si gioca ad essere piume, piume in un vento che ci fa da partner cullandoci come un amante dovrebbe. Ma ci si fa male in questo gioco… molto male. Quando il vento prende le movenze di un bambino che si è stancato delle costruzione di sabbia, che ora vuole qualcosa di vero. Il vento scompare. Tu cadi. Lentamente… ma cadi…

Non so se crederò mai all’amore eterno. Forse non ci ho mai creduto, ci ho sempre sperato ma non ci ho mai creduto. Loji me l'ha fatto capire bene, che un cristallo perfetto si può rompere in qualsiasi momento. E ora sono qui, a tentare di ritrovare tutti i frammenti, per poter rimetterli insieme.

E se fossero destinati a rimanere divisi?

 

“Fa buon viaggio, allora!”

“Speriamo...”

“Ricordati che la speranza deve essere l'ultima a morire. Se perdi la speranza... puoi pure perdere anche la vita...”

“Allora tenterò di tenerla accesa il più a lungo possibile, per tutto il viaggio.”

“Oh, ma non era al viaggio che mi riferivo, ma a quando il viaggio finirà!”

“Cosa vuoi dire?”

“Niente... ma se ci credi, puoi creare una nuova vita.”

“Io… confido in quella vecchia”

“È per questo che te l'ho detto”

“E va bene, Alì... è ora di salutarci... grazie del cammello...”

“Per te farei anche di più...” ci abbracciamo.

Salgo su "Tocco di Allah". Saluto l'oasi. Saluto Alì, in piedi, ai confini di una macchia nell'oro, nella sua imponenza, che sventola una mano verso di me. Che piange, dentro al suo cuore, per la speranza che potrei perdere.

 

Farei di tutto per Loji. Lo farei... Sto sfidando ciò che non dovrebbe essere sfidato, e nel farlo, mi sento più vicino a te... a te che sei sempre più lontano.

Io voglio solo te. Nulla di più. Voglio averti, perché, avendoti, sarò completo.

Allora è vero che l'uomo è egoista? In fondo, io ti voglio solo per completarmi. Sono egoista, so di esserlo, ma non posso farci niente. Non voglio farci niente. Voglio continuare a desiderarti.

 

Sto seguendo una luna a scimitarra. Forse, mi guiderà sulla giusta strada che conduce a ciò che bramo.

Com'è malefico l'amore. Riduce le persone a cose, a cose che qualcun’altro vuol possedere.

 

C'è una leggenda, una leggenda che parla di un fiore.

Questo fiore stava morendo. Era imprigionato tra gli infiniti granelli di sabbia, così luccicanti, così caldi. L'acqua era evaporata in cielo ormai da parecchi giorni. Così, un giorno decise che, se voleva continuare a vivere, doveva darsi da fare. Doveva ritrovare quell'unica amante che non avrebbe mai potuto essere sua.... quell'amante che da lei era fuggita, verso il cielo.

S'incamminò per il deserto. Fece passare le sue radici tra quegli infiniti granelli di sabbia che lo volevano trattenere. Passò tra le pietre taglienti, che formavano il sentiero da percorrere.

Ma il fiore cominciò ad appassirsi, i petali, un tempo purpurei, avevano già iniziato a tingersi di giallognolo. Le foglie pendevano mortificate accarezzando il terreno bollente. Stava morendo.

Poi, una notte, sospesa nelle tenebre, vide una scimitarra d'argento. “Seguimi” disse quel falcetto leggiadro che improvvisamente aveva preso vita.

Il fiore seguì la scimitarra, e si trovò sulle sponde di un grande fiume. Bevve, bevve, e bevve e bevve ancora. Immerse le radici nella sabbia che baciava il fiume e ben  presto ritornò a fiorire, e fiorendo, fece nascere quel mondo che sarebbe stato chiamato Afarra, la terra verde. Frutto della voglia di vita di un fiore, e di una scimitarra d'argento sospesa nel cielo.

 

Io sono come il fiore che sta appassendo. Chiedo alla luna il suo aiuto, l'aiuto di una scimitarra d'argento, affinché mi conduca alla mia acqua... tu.

Vorrai farmi morire?

 

… continua…

 

 

Disclaimer: e questa volta è tutto mio, i personaggi, i luoghi, la storia… la trama è mia, anche se ad ispirarmela è stata una canzone intitolata appunto “Arabian nights” cantata da Sarah Brightman e che è contenuta nell’album “Harem”. Ah… grande voce!

 

Note: so che come storia può sembrare pesante, pressante, stressante, ansiolitica… beh, aspettate il resto!J

È stata una storia che ha dovuto attendere a lungo prima di vedere la luce, anche a causa delle difficoltà emotive, e ora che è riuscita a prendere forma mi sono levato un bel peso… e l’ho scaricato su di voi! 

 

Credo che l’amore sia un sentimento bellissimo, stupefacente, una sorta di droga… e proprio perché è una droga è difficile smettere. Questa storia parla di come l’amore ti può uccidere… e quando è l’amore a ucciderti, tu muori lentamente, e con una sofferenza inumana.

L’amore non è un gioco, e proprio perché non lo è bisognerebbe imparare a prenderlo alla leggera… ma chi ci riesce?

Questa è la storia di un amore profondo, così profondo da essere esagerato… mai annullarsi per un’altra persona, alla fine ci si ritrova con niente!

 

Come al solito sarei felice di ricevere commenti (positivi o negativi), non fatemi aspettare invano come al solito…