Nc-17 P.S. * indica i pensieri di Max
Another World
di Ele4ever
Cap I
“There’s sadness… there’s sadness in my soul”
Max odiava le divise, le divise di qualsiasi genere, non poteva sopportarle, vederle indossate dagli uomini, come una costrizione, mentre lui era sempre stato un uomo libero, sena frontiere che si vestiva come cazzo voleva. Nella stanza in cui si trovava il quel momento c’erano moltissime divise, divise da poliziotto e divise da onorevole, di quel giudice che vestiva di nero, che sembrava si stesse vantando di se, del suo lavoro, del suo potere, del fatto che il destino di Max stesse tra le sue dita e tra la decisioni che avrebbe preso. Alle volte bastava uno sbaglio per capovolgere la vita di qualcuno, uno sbaglio forse un po’ grosso nel suo caso, ma pur sempre uno sbaglio, qualcosa di umano, di normale, qualcosa che evidenziava solo l’enorme debolezza degli essere viventi. Non aveva resistito quel giorno, aveva bevuto, aveva perso il lavoro, i suoi figlio lo trattavano alla stregua di un verme, lo odiavano soltanto perché era un “povero”. Così aveva buttato l’occhio su quel dirupo, alto non c’è che dire, forse abbastanza perché il suo collo potesse rompersi con un sonoro crak!!. Abbastanza… Era giunto in un momento della sua vita in cui avrebbe felicemente fatto a meno di respirare… che cosa poteva esserci di peggio? Di peggio del rapporto precario con sua moglie, della convivenza forzata con i suoi figli… che cosa poteva esserci di peggio aldilà di quella linea? *nulla* E si era buttato… però il dirupo in fin dei conti non era poi così profondo. Erano passati quattro mesi, in cui lui era stato in ospedale a leccarsi le ferite, con tutte quelle divise da medico che sembravano volersi prendersi gioco di lui, nel loro etereo biancore. Poi era uscito ed ecco che veniva convocato in tribunale! Per cosa poi? Perché la sua salute mentale era stata ritenuta precaria? Oppure perché la sua ex moglie aveva trovato un modo per fregarlo? Entrambe le cose… Max lo sapeva bene. Quella donna malefica gli voleva togliere i suoi due figli, voleva portarli via da lui, senza premettergli di vederli mai più e loro che lo fissavano con quello sguardo di sufficienza, come per dire che… okay! Non ci sono problemi, avrebbero fatto volentieri a meno di un padre scostante, con una situazione finanziaria alquanto decadente e tendenze suicide. Suo moglie avrebbe vinto, anche questo sapeva Max, non lo diceva perché era una persona pessimista, lui vedeva le cose come stavano, la realtà, i fatti… le illusioni servivano solo ad accecare gli occhi della mente e del cuore, era meglio prendere di petto quella battaglia persa in partenza. -Lei è al corrente che la sua condotta come padre fino ad ora non è stata delle migliori.- -Me ne rendo perfettamente conto.- -Sa anche che noi non possiamo permettere che o suoi figli siano messi in pericolo dai suoi comportamenti ambigui…. Insomma parliamoci chiaro.- -Non ho un lavoro, abito in una bicocca, ho tentato di ammazzarmi perché sinceramente in quel momento ho pensato che nulla di peggiore poteva capitarmi… è vero… è vero, sono un fallito probabilmente e non merito i figli di un altolocata giornalista però…- Ed il silenzio era piombato nella sala di tribunale, come una soffocante cappa. -Però sa che le dico anche? Che la notte in cui sono stati concepiti quei due bambini non era lei a trombare con quella donna, non era lei che le ha chiesto di sposarla, non era lei che si è fatto il culo per garantire loro un futuro roseo e dunque, per quanto la sua laurea superi di gran lunga la mia istruzione che va fino alla terza media, suppongo che una cazzo di possibilità di scelta c’è l’abbia anche io.- Era forse una risatina quella che sentì dal fondo dell’aula? -Quale sarebbe questa sua scelta?- la voce dell’onorevole, un po’ spezzata. -La felicità dei miei figli è più importante dell’orgoglio, quindi mi ritiro e lascio che sia la mia ex moglie a decidere del loro futuro e visto che non ho nemmeno un avvocato con cui discutere credo di essere a posto, ora mi scusi ma credo che una sedia ed una birra mi aspettino al solito bar.-
Luis lo guardava, le lacrime agli occhi, la schiuma della birra che tremolava sul bordo di vetro del boccale. -Lo hai detto davvero!?!- -Ovvio che si, non ho peli sulla lingua.- Max buttò giù una lunga sorsata e a suo malgrado, sorrise anche se un po’ malinconicamente. -Credi che mi faccia problemi? Quei ragazzi sono delle serpi e per quanto abbia tentato di dare loro il mio amore me lo hanno rifiutato, sputandolo indietro sotto forma di derisione, lei è il loro genitore e da oggi anche l’unico.- Eppure quella voce aveva una nota amara, che piegò un poco anche lo sguardo, rendendolo più scuro, quasi nero, Lui capì che il suo amico stava male. -Sei giovane… sei umh… un tipo niente male… farai in tempo a farti un’altra famiglia.- -Farò in tempo anche a perderla nuovamente.- -Ma non eri tu ha dire che non sei un tipo pessimista?- -Con la bocca se ne dicono tante.- Ed una risata carezzò le sue labbra facendole dischiudere, i suoi occhi erano tornati chiari. Era tornato a casa dal bar verso l’una della mattina e si era diretto verso quella casa, con la vernice scrostata. Non era poi così terribile dopotutto, c’era di peggio, c’erano le roulotte, c’erano i quartieri strapieni di criminali e poi c’era quella casa, che era vagamente meglio delle prime due opzioni… vagamente. Era entrato, si era svestito in fretta, senza nemmeno il coraggio di guardarsi alla specchio, per il timore di ciò che vi avrebbe visto all’interno, o forse perché sapeva che lui avrebbe scorto delle cose del suo essere che una semplice superficie di vetro non può specchiare… la verità della sua vita, l’oblio dei suoi errori, il dolore… tanto dolore. Forse dormire sarebbe servito, forse no… chi poteva dirlo? Dentro i sogni si nascondono delle sensazioni, eteree, illusorie, dolci e terribili allo stesso tempo, dipende dal sogno… dipende dalla notte. Se quel piccolo pezzo di tempo che era brevissimo rispetto a tutti gli anni del mondo sarebbe stato clemente con lui, se solo per una volta nella sua vita poteva vedere nel sonno cose piacevoli, bearsi dell’illusione, se tutto ciò sarebbe accaduto… beh allora forse la sua irrequietezza si sarebbe un po’ quietata. Però la sua notte fu nera, più nera di un cielo senza sole e senza stelle, oleosa come il petrolio e calda, quasi afosa… soffocante, non sognò nulla, però pensò… pensò a lungo, anche dopo essersi addormentato. Max pensò alla sua vita fino ad ora, ai difetti ed ai pregi e si chiese più volte, con ostinazione, che cosa sarebbe accaduto dopo, la mattina dopo, quando si fosse svegliato ed avesse visto soltanto vuoto attorno a se. Ed il dubbio lo attanagliava, gli impediva quasi di rischiarare quel buio con un lume, lo assorbiva, poi lo spegneva, lo strozzava… lo uccideva. *devo andare via da qui* Fu l’ultimo pensiero, poi la notte prese il sopravvento.
Cap II
“I’m going away… In another reality… You can’t hold me here”
-Quindi hai davvero deciso.- -Si ho deciso.- -Ne sei sicuro?.- -Certo.- -Non ti rivedrò mai più?- -Si che mi rivedrai idiota… faccio un viaggio mica mi ributto da un dirupo.- Un sospiro di sollievo dall’altra parte della cornetta. -Chiama Beverly.- -Lo farò.- -E saluta i tuoi figli, quando ad halloween butteranno uova marce sul vetro della tua casa dovranno sapere che è uno scherzo fatto invano.- -Abitano in un’altra città!- -Infatti era un eufemismo… non fare cazzate.- quella voce assunse un tono di tenerezza, ed in qualche modo Max gliene fu grato, un po’ perché al mondo in fin dei conti gli era rimasto solo Luis, che era sua amico, che non l’avrebbe (forse) mai abbandonato. -Quindi questo è un altro capitolo della tua storia vero Maximilian?.- -Un altro capitolo si…- -E come credi che finirà questa volta.- -Probabilmente come sono finiti tutti quelli prima… nel mio stomaco assieme a qualche patatina ed una buona birra.-
La macchina di Max divorava la strada come un gregge di pecore avrebbe divorato un prato verde, senza fermarsi, correva veloce, una meta non esisteva, si sarebbe fermato dove voleva, nel primo posto decente. Aveva chiamato Beverly (la sua ex moglie) eccome se lo aveva fatto, fin li non era andato tutto poi così male, era stato quando timidamente gli aveva chiesto di parlare con i ragazzi che il telefono gli era stato sbattuto in faccia, con violenza e senza remore, da quel giorno sapeva, non li avrebbe mai più rivisti. Poi le valigie, molte valigie, forse troppe, la benzina alla macchina, il motore che rombava, la strada che si scaldava sotto i raggi cocenti del sole e la sua voglia di libertà che ruggiva dentro il cuore come un leone, troppo forte per non essere ascoltata. Così era partito, finalmente, aveva almeno avverato uno dei suoi sogni e questa volta in maniera completa, infischiandosi di tutto e tutti, lasciando la sua bicocca a marcire in quel quartiere spoglio ed assaporando finalmente il vero sapore della vita. Prima di andare si era guardato allo specchio ed aveva visto un ragazzo sotto le spoglie di un uomo, aveva trent’anni… non era poi così vecchio e sotto la scorza della sua pelle abbastanza pallida con lievi rughe, proprio poche… quasi adorabili, sentiva rinato quel desiderio di avventura che hanno gli adolescenti. *una crisi di mezza età in anticipo* Aveva pensato con un sorriso sulle labbra, accortosi poi che si stava soffermando sulla sua immagine riflessa troppo a lungo. Ricorda di aver pensato che non fosse poi così brutto, un uomo come tanti, con nulla di speciale, colorito pallido, occhi grigi e chiari, screziati di mille sfumature, capelli biondi e mossi. Un uomo come tanti… eppure lui era unico, era uno solo… si sentiva felice nella sua banalità. Ed ora la macchina continuava a correre, veloce, sulla tangenziale, vedendosi passare davanti tante altre macchine, alberi, prati, altre strade, gallerie, montagne, un cielo che da turchese limpido si faceva violaceo, poi l’imbrunire e poi la notte, un'altra notte… un’altra notte ancora. Man mano che andava avanti il percorso diventava più impervio il panorama attorno a lui armonioso, incredibilmente verde, il sole aveva brillato come se si fosse arrabbiato con il buio ed avesse deciso di spazzarlo via dai ricordi delle persone. Tutto brillava, quel lago dalle acque limpide che sembrava ora riempito di diamanti, Era una località così quieta a Max si rallegrò solo il cuore nel vederla, così decise di proseguire lungo quel sentiero sterrato, a malapena grande per far passare una macchina, con il cuore che aveva per pochi attimi smesso di battere, per l’attesa e l’impazienza. Poi quel gruppo di case, un borgo, immerso nel bosco, che costeggiava il lago e che era maestoso quasi nella sua tenera piccolezza. Le baite di legno erano ordinate lungo strade strette, a volte lastricate a volte no, erano ghermite di gente, anziani, bambini, uomini e donne, tutti che parlavano, che si conoscevano, per un attimo pensò di aver raggiunto un’altra realtà, un mondo assestante, un piccolo universo felice. Si inoltrò con la macchina, timidamente, aveva paura di rompere l’intimità di quel borgo, di turbarlo con la sua estraneità, però oramai aveva scelto che quello sarebbe stato il paese in cui avrebbe vissuto quell’estate forse un po’ troppo afosa ed il suo sangue ribolliva come non mai. Era una piccola locanda, quella in cui si fermò, parcheggiò l’auto e scese. Si sentiva un estraneo… un dannato estraneo ed in un certo senso provava anche un po’ di paura, eppure sentiva che soffiava un aria bonaria, allo stesso tempo frizzante. Quello era uno di quei villaggi in cui tutti conoscono tutto di tutti e non ci avrebbero messo molto a vedere un forestiero, soprattutto se questo vestiva in maniera così differente da loro ed aveva intenzione di fermarsi lì a lungo. Entrò nella locanda, timoroso come non lo era mai stato e fece un sorriso al donnone dietro al banco. Una signora con il volto che ispirava bontà, pieno ed arrossato, con due occhi limpidamente azzurri che brillavano come il lago del borgo. La salutò. -Un forestiero.- *come pensavo* -Si! Vengo dalla Grande Mela signora, sono venuto qui per dimenticare la vita frenetica di quella metropoli.- Ed ella rise di gusto, sentendo la voce forte, un po’ roca dell’altro, una voce aitante, di un bel giovane… un giovane! Al Borgo del Lago! Un’altra pettegolezzo con cui riempire le serate bollenti dell’estate. -Prendo una camera singola… il prezzo è buono vero signora?- -Buonissimo! E chiamami Lorelay!- Lorelay gli disse che quel giorno c’era un mercato che sarebbe durato fino a mezzanotte, in piazza, non poteva sbagliarsi, gli sarebbe bastato andare dritto fino al grande piazzale in terra battuta, o seguire i canti e le luci. Lui gli rispose che sarebbe andato volentieri e sapeva anche il motivo, un ottimo modo per introdursi a quelle persone, un ottimo modo per sfuggire al senso di oppressione che lo aveva colto nel silenzio della sua stanza nell’adorabile locanda. Così aveva spettato la sera e si era vestito di tutto punto, si era fatto la barba, lasciando il volto liscio senza un pelo, una camicia marrone a maniche corte, un poco aperta sul petto a lasciare intravedere una catenella d’orata, pantaloni bianchi e dei sandali di cuoio. Era lavato, profumato, preparato… perfetto, si era perfino pettinato per l’occasione, adesso si che quei trent’anni erano trenta e non di più! Adesso poteva sembrare anche più giovane, non come a New York dove i suoi problemi lo avevano reso vecchio sia dentro che fuori. L’oste lo stava aspettando, accanto allo stipite della porta, con un sorriso stampato in faccia, un sorriso malizioso, che poi divenne soddisfatto quando lo vide arrivare. Lei era bassa… ma Max era molto alto, aveva le spalle larghe, il petto muscoloso, lo stomaco un po’ gonfio per le birre ma quasi non si notava. Era bello… per la prima volta… era bello. -Dovrai parlarmi di te! Già mi hanno telefonato per chiedermi i particolari su chi sei… mi hanno chiesto gli scandali più scandalosi.- disse prendendolo a braccetto, con una risatina malamente camuffata. -Dunque sono famoso.- -Qui non è che capitino cose molto nuove e quando arriva qualcuno da un’altra città! Soprattutto da New York! Si fa notizia, qua tutti ti credono un altolocato uomo di società venuto qui per scappare dalle sue fatiche!- *in realtà sono qui per scappare dai miei peccati* Lo pensò ma non lo disse, si limitò a sorridere ed ad accelerare il passo, i rumori del mercato notturno già si sentivano da li, inoltre la luce… nessun lampione le strade erano illuminate dalla luna incredibilmente grande e vicina… quasi tiepida… ed dai lumi della fiera, guizzanti un po’ soffusi, donavano quella luce gialla, calda accogliente, per un attimo la paura della novità in Max, sfumò, ma fu solo un’illusione. Appena arrivato gli occhi si piantarono su di lui, trattenne a stento un fremito, mandò giù un po’ di saliva e si preparò a sopportare le presentazioni…
Cloe Gilmor, era una ragazza molto carina, minuta, con un seno forse anche troppo grande rispetto alla vita stretta, una pelle ambrata, occhi castani. Aveva 25 anni, figlia di un falegname, nota in tutto il borgo… in cerca di un marito che soddisfacesse le sue aspettative. *no grazie, per ora di mogli ne ho abbastanza* Robert Field, un proprietario terriero, dall’aspetto rude, barba lunga e corvina, così come gli occhi è i capelli, la pelle un po’ cotta dal sole, ed una stazza che superava di gran lunga quella di Max, era un gran chiacchierone! *uno con cui bere la sera* Gilda e Susannah… assieme a Lorelay formavano il trio delle più pettegole, erano donne sull’età avanzata, piena di vita, gentili e materne, ma allo stesso tempo terribili con il loro sguardo indagatore. *ecco loro me ne daranno di filo da torcere!* Poi mooooolte!! Molte altre persone, che non sarebbe valsa la pena citare… o più semplicemente Max non se le ricordava nemmeno tutte, era lieto di poter riposare la sua memoria per qualche minuto. -Che sbadata! Ho scordato di presentarti la persona più importante!- Lorelay lo strattonò fino a portarlo di fronte ad un uomo sulla cinquantina di anni, giovanile, vestiva bene, capelli neri e lucidi, lineamenti molto forti. -Lui è il primo cittadino… Adam Ross- il biondo lo guardò a lungo, senza dire nulla, poi gli porse la mano in un cenno di saluto e l’altro parlò cordiale. -Non capita spesso che arrivi qualcuno qui, oltre alla quiete non abbiamo molto da offrire.- -Infatti è la quiete che cerco e che mi basta, sono una persona semplice, questo è un posto semplice, perfetto, New York non mi si addiceva più ormai…- la voce si piegò un attimo e poi tornò normale. Adam lo guardava con intensità, quasi volesse bucargli l’anima scoprire i suoi segreti. *un pensiero va anche a lei signor primo cittadino… la persona sicuramente più interessante qui* Però poco dopo dovette ricredersi. Adam lo accompagnò più all’interno del mercato, schivando le persone che non erano poi molte, ma facevano comunque una gran ressa ora che erano riunite in quel piazzale rustico e suggestivo. –Ti voglio anche introdurre mio figlio… avrete tutti e due più o meno la stessa età… no mi sa che Chris sia di poco più giovane qualche annetto… ne ha venti tre… lei quanti ne ha?- -Marcio verso i trenta e mi dia del tu.- -Oh! Ne dimostra… umh dimostri di meno… ah eccolo lì!- Era un ragazzo alto, smunto, con un fisico alquanto atletico, quello che parlava cordialmente con una giovane e carina ragazza. Assomigliava al padre, ma in lui c’era qualcosa di diverso, i lineamenti del volto erano meno pesanti, addolciti, morbidi, un naso a patata campeggiava coperto da una lieve coltre di lentiggini. Capelli corvini, occhi castano scuro. Egli si girò appena vide suo padre arrivare e rivolse loro un caldo sorriso. -Quindi alla fine posso vederlo anch’io l’uomo che ha suscitato tanto scalpore a Moon’s Lake.- gli tese una mano, Max l’afferrò ricambiando il saluto. -Chris Ross… piacere di conoscerla.- -Maximilian Rosman… se vuoi solo Max.- -Certo Max… non ti è bastato un giorno per stare lontano dall’accoglienza di Moon’s Lake… sei già il ragazzo notizia.- -E pensare che non mi conoscono ancora.- solo allora si accorse di non aver ancora mollato la mano dell’altro, tolse la presa in fretta quasi bruscamente e si sentì un poco avvampare. Il resto della serata trascorse in fretta, molto meglio di quanto Max si aspettasse, quando tornò a casa non ebbe nemmeno la voglia, ne le forze, di chiamare Luis, la testa troppo piena di pensieri di parole e di musica. Pensò solo un attimo ad Adam prima di addormentarsi.. ed a suo figlio Chris, era un ragazzo strano, sembrava quasi che dietro l’allegria ed il calore di quella voce nascondesse qualche scheletro nell’armadio, suo padre non era da meno. *un ragazzo simpatico non c’è che dire* Il sonno lo accolse nel suo abbraccio.
Cap. III
“I must to find something special… I want to find something special in my life”
Da quanto tempo era che non entrava in una chiesa? Forse troppo perché quel sentimento religioso, il quale talvolta lo pizzicava fastidiosamente, potesse essere ritenuto fede. Oltretutto lui odiava le divise, tutte le divise, anche le tuniche del prete per lui era come un divisa e la cosa lo disturbava non poco. Però quella domenica il borgo era completamente vuoto, tutti dentro l’edifico sacro a pregare e lui che si aggirava per il piazzale che conosceva abbastanza bene. Solo. O no? Vide Chris, era di certo lui, se ne stava in piedi all’imbocco di una laterale, con le cuffiette ben premute nelle orecchie e gli occhi chiusi, era pensieroso, come se si volesse isolare dal mondo e Max aveva troppo timore di avvicinarsi a lui per turbare quell’atmosfera fantasma. Poi il ragazzo lo vide, alzò gli occhi lucenti su di lui e gli fece un cenno di saluto, ed allora il biondo si recò presso di lui, quasi fosse in trans ed una forza sconosciuta lo guidasse. -Ciao.- Si tolse le cuffiette. –Ciao.- -Come mai non sei a messa come tutti?- -Perché in un villaggio ci deve pur essere in ragazzo miscredente… se no non ci sarebbe gusto di viverci… e tu?- -Temo che la vicinanza con i crocefissi mi possa bruciare la pelle.- Il motivo vero era un altro e non riguardava propriamente la fede ma l’onestà, con il suo tentato suicidio era andato contro l’insegnamenti di Dio, avrebbe dovuto confessarsi, ad un parroco che non conosceva e di cui (più perché non sapeva i suoi metodi che per altro) non si fidava molto. Sapeva che poi l’oscurità sarebbe calata ancora nel suo cuore, come una tempesta ed avrebbe patito ancora, il peso di tutti i suoi peccati. -Due atei che camminano sulla terra di Dio.- -Non i primi, non gli ultimi, non gli unici.- -Ma Moon’s Lake è un mondo a parte ed in questo mondo siamo davvero gli unici.- Le campane suonarono il mezzogiorno.
Come primo giorno non era andato molte male… non male davvero… e poi aveva chiamato Luis e l’uomo ne era stato felice. -Un paesello sperduto?- -Si… un posto perfetto.- -Non noioso?- -Tutt’altro.- -Vedremo quanto resisterai.- -Ti sorprenderò.- -Max un’ultima cosa…- -Dimmi.- -Per continuare a vivere… per continuare a vivere devi trovare qualcosa di speciale.-
Lorelay gli aveva preparato una colazione abbondantissima, un pranzo da leoni ed ora che si avvicinava l’imbrunire e con esso la sera, aveva il terribile sospetto che il suo stomaco si sarebbe riempito di nuovo, fino a scoppiare. La cucina era deliziosa, lui era un buon gustaio ma soprattutto un gentiluomo e non aveva avanzato nulla nel piatto, doveva dire all’oste che stava seguendo una dieta per riprendere il fisico di una volta e i boccali di birra che le portava allegramente non erano proprio il massimo per raggiungere il suo obbiettivo. -Parlami di te uomo notizia.- -Non è che ci sia molto da dire.- -Avanti qualcosa di scandaloso! Per favore!!- -Sono divorziato con due figli, uno da sette ed uno da nove anni.- -O caspita! Eravate giovani quando li avete avuti!- Max le rispose con un tono distante, che tentava di mascherare i sentimenti non ancora cicatrizzati. –Giovani ed innamorati, però troppo diversi… davvero troppo, non è continuata.- Lorelay non continuò il discorso. Forse quei ricordi avevano di nuovo fatto afflosciare lo spirito di Max, era quasi sperduto ed aveva bisogno di una boccata di aria. Per questo si era congedato, dicendo che sarebbe andato alla ricerca di una taverna dove poter bere qualcosa assieme ai ragazzi del paesello, mentre invece sarebbe rimasto solo a rimuginare, perché forse quella tristezza non gli bastava, doveva cadere fino in fondo per poi riuscire a tirarsi fuori e respirare un po’ di aria. Vide il lago, le acque che si muovevano placidamente, quasi volessero seguire il corso della notte, languide dolci, appena accennate… ipnotiche. Ne fu rapito. Si diresse verso di esse silenziosamente, i suoi passi a malapena si sentivano, ed era sempre più convinto di poter sprofondare nell’abisso di quei dubbi che lo attanagliavano. Le domande che ancora lo lambivano, le sue colpe che gravavano. Vide l’ombra stagliarsi, togliendo un piccolo raggio di luna dalla superficie terrestre, catturandolo con il suo corpo. L’ombra si girò, lo guardò a lungo, senza dire una parola, poi una voce familiare lo raggiunse. -Deve essere il destino che ci chiama Max.- -Chris!- -Allora nemmeno tu sei immune dal fascino dell’lago! È da quando sono piccolo che amo immergermi qui, o fissarlo semplicemente, abbandonarmi.- Lo raggiunse ed appena lo fece il ragazzo si sedette su una roccia, Max fece lo stesso con una poco più in là. Lo sciabordio dell’acqua era quasi una musica, riusciva a portarti del profondo di te, poteva mostrarti delle cose che da solo non riuscivi a notare, come la colonna sonora del tuo più mero essere, il biondo ne era quasi estasiato. -è davvero incredibile…- -Cosa?- -Tutto questo… il lago… la notte… è così semplice eppure è…- -è differente da tutto ciò che tu hai visto prima, differente dai grattacieli, differente dal porto, differente dalle voci frettolose della gente, è un pianeta dentro un altro pianeta.- Max sorrise. –Si me lo avevi accennato.- Vide Chris muoversi appena e sospirare, una folata di vento tiepido li accarezzò nel medesimo istante. -Perché sei qui? Non riuscivi a dormire- domandò il più giovane con noncuranza. –Lo hai detto prima, il destino.- sentì di avergli strappato una risatina e la cosa stranamente lo soddisfaceva. –Strano… al mercato ieri, non sembravi così… è come se avessi avuto una maschera.- -Mi conosci da due giorni, sei davvero certo di poterlo affermare, con chi uso la maschera con te o con loro?- E per un attimo nell’uomo crebbe un dubbio, che venne subito spazzato via, si riscosse muovendo la testa ed il rumore delle onde continuò a riempirgli deliziosamente le orecchie. -Sono così perché ho litigato con mio padre.- -Capita.- -Spesso.- -Non si può andare sempre d’accordo.- La sua voce era lievemente incrinata, per via della sorpresa che gli aveva fatto quel cambio repentino di argomento e quella confessione, quasi il ragazzo si fidasse ciecamente di lui. -Non lo pretendo… solo credo di dovermi trovare un’altra casa, oramai sono troppo adulto per poter vivere con lui senza confrontarmi per qualcosa ogni giorno, o forse sempre per le stesse cose.- -Domani andrà meglio.- -Va già meglio.- Nel buio Chris si girò e gli rivolse un sorriso, ricambiato quasi troppo velocemente, poi i loro volti si voltarono in direzioni differenti. -Perché avete litigato?- -Per colpa delle mie scelte.- -Scelte?- -Non sempre il volere dei padri va d’accordo con le aspettative dei figlio e succede che qualcosa si rompa, le mie scelte ad esempio… sono troppo opposte alle sue credenze perché le accetti, a prescindere dal fatto che mi ami o meno, perché ci sono delle situazioni che vanno oltre anche a questo.- Poi cadde nel silenzio. -Una volta dissi alla mia ex moglie di lasciare che i nostri figli decidano da soli, poi abbiamo divorziato e lei gli ha plagiati, non la perdonerò mai per questo, è l’unico errore per cui ho rimorso.- -Quindi dici… è meglio soffrire un poco piuttosto che cambiare?- -Nessuna scelta, nessuna situazione, niente di niente può andare oltre l’amore, e soprattutto oltre l’amore che un padre o una madre prova nei confronti di un figlio, quello che manca ad Adam è accettazione… solo questo.- -Non sai nemmeno riguardo cosa!- -Non serve saperlo… la morale non cambia.- -Parla un padre.- -Parla un padre.- E così semplicemente gli aveva rivelato un piccolo tassello della sua vita a New York, fuori da quell’universo, con una disinvoltura spaventosa, che stentava a credere, per la prima volta aveva sentito l’impulso di dirlo, di buttare fuori tutto… no non tutto. *no… il tentato suicidio no… che cazzo è ancora un poppante con i denti da latte… però…* -Domani, verrai?- gli chiese il “poppante” quando Max era in procinto di andarsene. -Mi piace parlare con te… verrò.- -Così i nodi verranno al pettine.- Il lago respirava ancora.
Cap IV
“I like your words, are so deep”
Max aveva incontrato Adam lungo la strada, mentre si dava all’esplorazione di Moon’s Lake, l’uomo lo aveva avvicinato con disinvoltura, però nei suoi occhi campeggiava una scintilla quasi maliziosa, il biondo non avrebbe saputo se fosse una persona di cui potersi fidare o meno. -Ho saputo che ieri hai incontrato mio figlio al lago.- -Le notizie volano n fretta.- -Questo è un paese piccolo.- Adam lo sapeva. Max lo sapeva, a Moon’s Lake erano le uniche due persone tanto articolate da potersi fronteggiare e due così… due capi branco… difficilmente potevano andare d’accordo. -Io non te l’ho detto quando ti ho presentato Chris… è un ragazzo un po’ problematico.- -Non l’ho notato, mi è sembrato normalissimo.- il sindaco emise una risatina, un po’ di scherno, vagamente velenosa. *per fortuna che non porti la divisa Ross… altrimenti con quel muso da culo avrei già preso a picchiarti* E con quel pensiero arrivarono le domande… possibile che provasse quella subdola antipatia solo per il fatto che avesse turbato il figlio, la sera prima? Davvero prendeva tanto a cuore la situazione sentimentale di quel ragazzo? Avrebbe voluto reprimere i pensieri e vi tentò, ma invano, la cosa gli stava sfuggendo di mano, forse troppo velocemente perché potesse accorgersene. *se davvero trovassi un affiatamento così grande con quel poppante?* -In realtà non è che sono venuto qui di proposito per dirtelo, non sono una che getta calunnie e soprattutto sui membri della sua stessa famiglia, voglio solo metterti in guardia.- -Da cosa?- -Dalle sue ambiguità.- -Fammi un esempio.- -Lo scoprirai presto.- E fece per andare via. –Sarà che sono nuovo di questo villaggio… sarà che non conosco ancora a pieno suo figlio… saranno un sacco di cose che davanti ai miei occhi hanno tutte le stesso valore e lo stesso significato, eppure per il poco tempo che sono stato qui Chris è stato l’unico con cui sono riuscito a parlare senza avere il peso della vergogna riguardo il mio passato… credi che questo possa valere qualcosa?- Adam si voltò di nuovo per fronteggiarlo. -Credo che valga la pena vivere un amicizia, Maximilian, se ci tieni davvero, ma credo anche che debba seguire i consigli di chi conosce meglio di te una persona, di chi l’ha concepita, parlo con un padre no? Chi meglio può conoscere i propri figli?- -Io conosco poco i miei figli.- -Vuoi sempre avere l’ultima parola vero? Un padre cattivo è un padre che conosce male i suoi figli.- Max avrebbe voluto ribattere, sapeva cosa ribattere, però non volve fare discussione, prendere la sua antipatia ancora prima di conoscerlo affondo, così come non voleva idealizzare Chris. *poi perché lo difendo? Che cavolo!! E tu sindaco dei miei stivali! Io non voglio avere sempre l’ultima parola… io devo avere sempre l’ultima parola…* Adam si accinse ad andare la seconda volta, Max non lo fermò, forse più per stanchezza che perché ritenesse la discussione davvero conclusa. *Tu non lo puoi sapere, ma io sono davvero un cattivo padre*
Il giorno che aveva incontrato la moglie era in un bar di periferia, abbastanza lussuoso, in quel posto suonavano le band che dovevano debuttare nel mondo della musica, ed erano tutti timidi giovani che tentavano di mostrare il loro talento. Luis suonava il basso allora, ed aveva una sua band punk, era stato lui a spingerlo li dentro, quasi a forza… stranamente a Max la musica non aveva mai interessato più di tanto, per molti era quasi indispensabile, lui lo faceva solo per non deludere il migliore amico. Poi aveva visto una ragazza, molto bella con i capelli biondi tagliati corti, composti, un cerchiello a righe bianche e rosse, una pelle di alabastro e ipnotici occhi blu… credeva di essersi innamorato all’istante ed anche lei lo credeva, tredici anni dopo, quell’amore era perso, così come persa era la causa in tribunale per Max. Quel giorno aveva dormito anche di pomeriggio, si sentiva spossato, ed aveva sognato il suo passato, fugacemente e confusamente, flash della sua vita e gli sembrò alquanto strano, tentò di dimenticarli, ringraziò di non aver sognato il momento in cui si era buttato dal dirupo, il momento in cui aveva sentito le sue ossa spezzarsi o il momento in cui aveva capito che la sua vita sarebbe continuata ancora. Aveva aspettato con ansia l’ora in cui il lago avrebbe cominciato a vivere, quando avrebbe raggiunto Chris sulle sue sponde e non conosceva bene il motivo. Così come non conosceva il motivo che lo spingeva a difenderlo di fronte a quell’uomo che solo all’apparenza era cordiale, sinceramente non gli interessava più di tanto, ora che poteva parlare di se senza sentirsi irrimediabilmente triste, voleva sfruttare l’occasione al massimo e l’avrebbe fatto. La luna era piena, si rifletteva nel lago, specchiandosi perfettamente, era tonda, pallida, lucente… magica. A Max la luna piaceva più del sole… era più umana… anche lei dipendeva da qualcuno, non come l’enorme stella che brillava di luce propria. Trovò Chris ad attenderlo, sulla solita roccia, aveva gli occhi chiusi e sembrava quasi addormentato. Max gli si avvicinò lentamente e fece per toccarlo quando l’altro li aprì e il biondo si ritrasse con uno scatto fugace. -Allora non mentivi.- -Non ne avrei avuto motivo.- -Quando è tornato a casa mio padre era incazzato, diceva cose come… quello crede di essere a casa sua, o roba simile, parlava di te.- Non era una domanda. -Si.- una risposta, anche se le affermazioni non richiedono risposta. -Bel colpo.- -Grazie.- -Non fidarti di lui, so che non dovrei dirlo ma… non fidarti di lui Max, faresti male.- -Seguirò il tuo consiglio. -Non è propriamente un consiglio.- Max fece una risatina che non tentò nemmeno di camuffare e rimase in piedi, probabilmente perché la sua solita roccia era troppo distante da Chris e lui voleva stargli vicino, per sentire bene la sua voce, oppure semplicemente preferiva guardare il lago da quell’altezza, ma nel suo cuore sapeva che la prima ragione era il più veritiera. -Un giorno mi dirai il motivo di tante tensioni fra te e tuo padre.- -Il giorno in cui tu mi dirai il motivo vero per cui sei venuto qui.- Max lo guardò fugacemente, quasi avesse paura di scottarlo con i suoi occhi. -Tutti hanno dei segreti.- -è vero… però secondo te è meglio che vengano svelati o che rimangano nascosti?- -Dipende dalla persona a cui si svelano.- -E nel tuo caso?- -Non mi hanno mai detto segreti così grandi da potermi ritenere uno che li sa mantenere o meno, quindi non saprei.- -Viva l’onestà.. comunque forse il fatto che nessuno si sia mai confidato con te è la prova che molto probabilmente pensavano tu non fossi all’altezza, per svariate ragioni, di conseguenza non ti potrò mostrare i miei scheletri nell’armadio fino a che non riuscirò a fidarmi ciecamente ed allora anche tu lo farai però…- -Sembra una sfida.- -Lo è.- Avrebbe potuto rivelargli, in fin dei conti, la ragione della sua malinconia, non pensava che in lui avrebbe fatto enorme scalpore, anzi ne era certo, come se in quel luogo le proprie colpe avessero la stessa consistenza leggera dell’acqua e se ne andassero via assieme alla corrente, eppure era ancora difficile, troppo difficile, confessarsi completamente. -Penso che dovrei fare qualcosa nel frattempo…- -Come?- -Intendo, farò qualcosa nel frattempo… prima che tu cominci a fidarti di me, qualcosa di costruttivo, come tutti i vacanzieri, sai consigliarmi?- -Umh… non che ci sia molto da fare in una città minuscola come questa.- -Niente di niente?- -Sai incidere sul legno?- -No… io no.- Chris emise un esclamazione soddisfatta. –Potresti venire con me alla falegnameria, è un corso che faccio per diventare incisore… è gratuito, se vuoi distogliere la tua attenzione dai conflitti interiori che sicuramente hai è una buona cosa.- -Incisione sul legno dici… ma dovrei saper disegnare prima.- -Potresti farmi da aiutante, un specie di supporto che ne dici?- -Certo posso provarci…- Max era felice della piega disinvolta che aveva preso la conversazione, era la prima volta che faceva dei discorsi leggeri e spensierati, che riguardavano il presente, cose futili, divertenti, cose semplici. Avrebbe voluto parlare con lui ancora a lungo, tutta la notte ed anche la mattina successiva, avrebbe voluto continuare a sentire quella voce accesa da chissà quale allegria, non più piegata dalle angosce. Però il sonno chiamava, Max si era già assopito mentalmente e si era congedato con un sorriso e con la promessa che si sarebbero rivisti domani.
Cap. V
“This is the best I ever done”
La colazione di Lorelay era come al solito incredibilmente abbondante, addirittura troppo abbondante, a Max venne il ma di stomaco solo nel vederla, tentò di consolarsi del fatto che sarebbe stata ottima anche se assolutamente controproducente per i chili che voleva perdere. -Questa mattina dove vai?- -Alla falegnameria.- -Ma davvero? Ed ha fare cosa? Quello non è come un museo, li si lavora, il padrone è il padre di Cloe, la ricordi? Una ragazza tanto cara… lui è un ottimo incisore.- -Lo so, è stato Chris a dirmelo, lui mi ha chiesto di andare ad aiutarlo ieri sera ed io ho accettato.- -Chris?- -Si.- -Siete diventati amici.- -è un ragazzo simpatico.- Per la prima volta da quando era arrivato in quella locanda la donna fece silenzio, fu un silenzio gelido quello che sentì, un silenzio soffocante. -Non sembra ti stia simpatico.- -Tutt’altro.- Lorelay scosse la testa quasi volesse cacciare dalla testa dei brutti pensieri, Max uscì dalla locanda alquanto stranito dal suo comportamento, che centrasse tutto? Che fosse collegato ai litigi tra i due uomini Ross? Max pensò che in quel paesello c’erano davvero degli scheletri nell’armadio, forse anche più terribili di quanto lui potesse immaginare e che la freddezza mascherata da gentilezza di Adam fosse una copertura, come se lui credesse che in qualche modo il biondo potesse andare a monte di quei segreti. Lo aveva capito subito che era una persona intelligente ed intelligente voleva dire pericolosa.
Fece anche in tempo a chiamare Luis. -Ciao.- -Ciao.- -Come va lì?- -Come sempre e tu?- -Sono un po’ a corto di spiccioli…- Un sospiro dall’altra parte della cornetta. -Certo!!! Tu mi chiami solo per questo!!- -Non è vero! E dai! Per favore… ho prenotato la stanza per tutta l’estate… poi te li rendo!- -Ed a parte l’elemosina che fai di bello?- -Ho conosciuto un ragazzo.- -Un ragazzo?- -Uno tosto.- -Bene, hai fatto in fretta a dimenticarmi!- -Che dici!! Dai non fare la vittima e spedisci un po’ di soldi, io ti ho fatto un sacco di favori quando eri un teppistello che suonava il basso.- -Ecco che tira fuori la storia dei favori, divertiti li dove sei e non fare casini come sempre.- -No… questo posto è la cosa migliore che potesse capitarmi! Non ho mai fatto ne provato nulla di così bello… ci vediamo Luis.-
Per arrivare alla falegnameria aveva bisogno di prendere la macchina, perché era un po’ fuori della città, ancora più immersa nel verde. Ci mise circa dieci minuti per raggiungerla, Chris era già li, in piedi di fronte all’edificio ed appena lo vide arrivare le labbra gli si dischiusero in un dolce sorriso. Parcheggiò dove il ragazzo gli aveva indicato e smontò dall’auto dirigendosi verso di lui, con timidezza, quasi avesse timore di incontralo all’infuori della notte. -Sei venuto alla fine.- -Te lo avevo promesso.- -Già… vieni ti faccio conoscere Edward.- E lo seguì. Quella in cui stava non era una vera e propria falegnameria, non c’era nessuno strumento da lavoro oppure ve ne erano pochi e piccoli, ciò che vide furono solo una marea di sculture, grandi e piccole, semplici e complesse, accumulate in chissà quanti anni di lavoro. -Cavolo.- Riuscì a dire. -Bravo vero? È eccezionale, un vero artista, vieni che ti mostro le tavole incise.- Lo afferrò per un polso con decisione e lo guidò attraverso il labirinto di statuette in legno. Aprì una porta e vi si insinuò facendo ben attenzione a dove metteva i piedi, accese la luce, sempre tenendolo saldamente, quasi avesse paura di perderlo se avesse terminato quel contatto. -Ed siamo qui… Ed ci sei?- Una voce lo raggiunse dal fondo della stanza. -Sono qui.- Altre luci si accesero, illuminarono un lunghissimo tavolo pieno di superfici di legno incise e certe vuote. Max le guardò a lungo senza dire una parola, poi sentì Chris strattonarlo verso la voce ed egli lo seguì con timore, senza fare troppe storie, si sentiva ancora una volta a disagio, come la prima volta che era giunto li, però questa volta almeno aveva un volto amico su cui affidarsi. L’uomo chino su una tavola, con uno strumento affilato in mano, doveva avere una quarantina di anni, capelli biondi e ritti, tenuti in una coda morbida lunga oltre le spalle, una pelle scura e due occhi profondissimi e lucenti. Alzò lo sguardo verso di loro e fece un cenno di saluto ad entrambi. -Max.- si presentò senza tanti complimenti. -Ed.- disse l’altro con noncuranza e si ripiegò su ciò che stava facendo. -Prendi il bozzetto del lavoro Chris e comincia ad inciderlo.- Il ragazzo annuì silenziosamente e sparì dietro uno scaffale piano di foglia bianchi. -Mi pare strano che quel ragazzo porti con se in uomo che conosce da così poco.- borbottò sommessamente, come se non volesse farsi sentire ed in effetti era proprio così. -Che vuole dire?- -Dammi del tu… voglio dire che Chris è umh… particolare, ho fatto da padre a lui quando il suo era troppo dannatamente bastardo per esserlo e gli voglio molto bene, forse perché lui ha scelto che vuole fare il mio mestiere al contrario di mia figlia la quale ha deciso per un’altra strada.- -Dite tutti che è particolare! Ma io non è che ci vedo nulla di tanto strano!!- -Questo dimostra quanto poco lo consoci.- alzò di nuovo gli occhi che brillavano, una scintilla rossa li attraversò in quello stesso istante. -Scoprirò mai i segreti di questo posto?- -Dipende da te.- -Non ti preoccupare, sto già iniziando ad imparare.- Chris arrivò in quel momento.
Era un disegno bellissimo, che agli occhi di Max già di per sé era un’opera d’arte, però non era quello il risultato finale ed alla fine quel bozzetto fatto a carbone non sarebbe servito. -Me lo regali dopo?- -Te ne farò uno migliore se vuoi.- -Mi piace questo.- -Ah okay…- e fece una risata solare. Avevano finito di lavorare da qualche minuto, Chris continuava a dire che come prima volta non era andata affatto male, eppure Max si era sentito tanto inutile, ci aveva messo troppo a capire che differenza c’era da sgorbie* e bulini* ed alla fine non aveva fatto praticamente nulla. Poi lui non era mai stato troppo portato per il disegno, al contrario di Chris che aveva una mano leggera e delicata e riusciva a incidere molto in pochissimo tempo e senza particolari errori. Quel bozzetto poi… gli piaceva così tanto, ritraeva una baita immersa nei boschi e di fronte a questa casa uno stagno e delle selci, tutt’attorno c’erano degli abeti, le linee erano confuse in certi punti e le ombre appena accennate, il che dava al disegno un’atmosfera quasi surreale. Max lo aveva guardato a lungo e se ne era innamorato, si era incantato a fissarlo così a lungo che ad Edward erano saltati i nervi e lo aveva obbligato a riordinare il legname per penitenza… aveva detto “così almeno anche tu fai qualcosa!!”, Max aveva disobbedito per non sentirsi troppo inutile. Da quando era che non si sentiva veramente sfinito? E non sfinito dalle incertezze, dalla malinconia… sfinito dalla fatica, dalle risate e dalla soddisfazione. Non lo ricordava… era una sensazione così dannatamente bella e perfetta! Non c’era nulla che potesse turbarlo allora, ed il fatto che avesse finalmente potuto trovarla… trovarla lontano da New York, dai suoi problemi lo rendeva oltre modo felice. Doveva anche ringraziare anche Chris… lo aveva conosciuto così bene in così poco tempo…. Bene ma non ancora a fondo, voleva scoprire i suoi segreti, voleva togliere l’espressione triste che ogni tanto traspariva dalla sua faccia, voleva lasciargli solo il sorriso… il sorriso gli stava così bene addosso, quasi fosse una cosa creata appositamente per lui. *che razza di pensieri del cazzo… perdi colpi Max…* Però prima lo aveva salutato, non sarebbe andato al lago, troppo spossato, la sua razione di tempo con lui l’aveva già avuta, certo un po’ crepata da Ed che continuava a tenerli d’occhio nemmeno fossero due fidanzati al primo appuntamento! Quando lo aveva salutato semplicemente con un ciao si era sentito quasi vuoto e di nuovo un po’ irrequieto. Anche quella notte fece sogni turbolenti e tra il suo passato che rimbalzava nelle pareti della sua mente, svegliando le memorie dolorose, era apparso anche il volto di Adam, quello di Edward e quello di Chris… non avrebbe saputo dire chiaramente che ci facevano quei tre nel mondo dei suoi incubi ma forse una spiegazione l’aveva. Probabilmente stava significando che lui continuava troppo a rimuginare su ciò che era stato e si soffermava forse troppo poco sulle cose che gli stavano accadendo nel presente, lasciandosele sfuggire dalle dita. L’ultimo pensiero che fece era che voleva prendere una cornice per il disegno di Chris, una bella, di legno… Magari fatta anche dal burbero Edward, se di cornici ne faceva. E quando sarebbe ritornato a casa l’avrebbe appesa sul muro, tanto per non dimenticare l’estate che avrebbe trascorso li con lui.
Cap. VI
“I love all this”
Era passato un mese da quando Max era arrivato a Moon’s Lake e la sua vita non poteva andare meglio di così. Era talmente stanco alla sera che si buttava a letto diretto, senza guardare nemmeno in faccia Lorelay ed ora che un bel gruzzoletto era giunto dalle mani sante di Luis avrebbe potuto permettersi di stare bene ancora un po’. Edward aveva insistito tanto perché potesse pagare il lavoro che Max faceva alla falegnameria che alla fine aveva accettato, gli dava una cinquantina di dollari quasi… a settimana, dipendeva dal lavoro che faceva e per quello che gli servivano li in quel borgo erano più che sufficienti. Poi adorava passare il tempo con Chris, avrebbe anche cominciato a fare la massaia per potergli stare accanto mentre lavorava così amorevolmente alle sue incisioni, stava collezionando bozzetti su bozzetti, erano così belli che al biondo dispiaceva buttarli via e così li custodiva segretamente. Era passato un mese si… un mese stupendo, era anche riuscito ad evitare Adam il più possibile, tuttavia non sapeva ancora nulla, ne di Chris, ne dei segreti di Moon’s Lake… ma era un parcondicio, perché nemmeno loro conoscevano troppo di lui, solo la scorza, l’apparenza e per ora andava benissimo così. Aveva anche avuto il coraggio di chiamare Beverly e la forza di accettare un appuntamento con Cloe, entrambe le cose erano andata a puttane: Beverly gli aveva sbattuto il telefono in faccia e aveva versato il vino addosso al pomposo vestitino di Cloe, aveva perso due donne nel giro di poche ore… però pensandoci bene Beverly l’aveva persa molto prima.
-E bravo Max… non hai perso il tocco, riesci ancora a fartele scappare con abilità.- -Luis non è momento.- -Ma davvero non ti sei ancora stancato delle donne?- -è da tempo che me ne sono stancato amico! Però devo pur fare qualcosa… qui la gente comincia a guardarmi male… lavoro alla falegnameria dalla mattina alla sera, non faccio altro, è disintossicante, mi fa sentire bene.- -Beh… c’è sempre l’alternativa…- -Che sei scemo! Idiota! Ti devo fare una domanda seria.- -Spara.- -Tu ehm… gli hai più visti i ragazzi?- -I tuoi figli?- -Si… si loro.- -No.- -Capisco.- Emise un sospiro spezzato e tremante. –Non importa sai? Ora hanno la loro vita e sento che la mia è appena cominciata, ho tempo per riconquistarli… non mi abbatto.- -Continua a lottare.- -Come sempre.-
Chris sedeva sulla solita roccia, lo sguardo, fisso, perso in chissà quali pensieri e Max lo saluto con un cenno che non venne ricambiato. -Che c’è?- -Proprio niente.- Finalmente volse gli occhi nella sua direzione. –Però ti devo parlare.- -Riguardo cosa?- -Riguardo molte cose… prima tra queste… tra qualche settimana io ed Edward partiremo per un raduno di incisori ed una gara annuale… non so quando tornerò e non so nemmeno se nelle settimane avvenire avrò molto tempo, devo lavorare sodo.- -Capisco, non importa.- Ma nonostante le sue stesse parole, Max si sentì un poco malinconico. -Forse tornerò alla fine dell’estate, in autunno.- -Forse non mi troverai.- Chris si alzò di scatto, fronteggiandolo, nonostante la sua mole fosse meno, in quel momento sembrava un poco più adulto, malgrado il suo volto tradisse ancora timidezza. -Aspetta che torni! Voglio tornare da vincitore… voglio fari un disegno come si deve e poi… poi volevo anche mostrarti una cosa che non ho mai fatto vedere a nessuno! Ti prego aspettami.- Gli aveva chiesto di restare? Lo aveva fatto così? Con tutta quella semplicità nella voce…. Un aspettami carico di speranza ed una luce sfavillante negli occhi che sembrava più grande della luna, più profonda della notte, più viva del lago. -Il lago non è molto profondo ed essendo in alta quota qui fa freddo… c’è come una rientranza nel lago, coperta dagli abeti e da degli scogli, nessuno la conosce, è piccolissima come uno stagno. Si ghiaccia già in autunno ed io ci vado sempre a pattinare… volevo che venissi con me, quest’anno… volevo mostrartela.- -Non posso… tre mesi vanno bene… ma non posso sfuggire per sempre.- -Sfuggire da cosa?- -Dalle mie colpe!- -Non possono essere così enormi! Non possono!- -Non mi conosci!- -Nemmeno tu!- E piombarono in un silenzio pesante e soffocante che li fece vergognare, sentire male, era la prima volta che discutevano così animatamente e Max in cuor suo sperava fosse anche l’ultima. -Allora dimmi… dimmi tutto.- E Chris cominciò a bassa voce, quasi non volesse farsi sentire dalla natura circostante, a raccontare perché lui e suo padre erano così tanto in conflitto, per quale motivo il suo nome veniva sempre associato allo scandalo in quel paesello e perché aveva scelto lui, tra tutti, per riversare la sua fiducia. Gli disse che una volta, molto tempo fa, quando era ancora un ragazzino aveva un amico, si conoscevano da anni ed anni ed un giorno, non ricordava bene come, si trovavano vicini, molto vicini, in mezzo al bosco gelato dall’inverno, sullo stesso stagno in cui avrebbe voluto portarlo. Il suo amico si era sporto, lo aveva abbracciato e si erano baciati a lungo, ma poi un rumore li aveva colti di sorpresa, si erano girati e suo padre era lì… li guardava con gli occhi carichi di odio e di orrore… sgomento… Il suo amico si era alzato di scatto ma nel farlo era caduto nel lago ed il ghiaccio si era rotto… l’acqua non era profonda, poteva benissimo toccarci, ma la lastra si era chiusa sopra di lui senza darli modo di respirare. Chris aveva fatto di tutto per salvarlo, davvero di tutto aveva tentato più volte di rompere la lastra ma era così dannatamente spessa! Poi Adam lo aveva afferrato, lo aveva portato via, lontano da li, erano scappati in mezzo al bosco ed avevano avvertito le autorità. Il giorno dopo si seppe della morte del ragazzo in tutto il villaggio e la sua vita non fu più la stessa e soprattutto ora che suo padre lo aveva visto baciarsi con un altro ragazzo… -Poi ti ho visto, ho pensato che tu fossi così dannatamente diverso da tutti e non ho avuto più così tanta paura di socializzare con qualcuno… però avevo anche il timore che ti avessi detto che ero gay e che per questo un mio amico, il primo ragazzo che mi fosse mai piaciuto fosse morto così, ti avrei disgustato.- Tentò invano di trattenere lacrime che invece li colarono lungo il viso, inesorabili e bollenti, Max sentì quell’impulso, senza poter fare nulla per fermarlo, si sporse il più possibile cinse le spalle del giovane e lo tenne contro il suo petto, sentendo i capelli corvini solleticargli il viso. -A New York… ho tentato di suicidarmi.- Chris alzò il volto e lo fissò sconvolto. -Perché la mia vita faceva schifo ma sai… adesso ho capito una cosa molto importante, che la mia vita, per quanto piena di delusioni, non è nemmeno paragonabile a tutto il dolore che hai passato tu.- Lo strinse nuovamente. -Ti aspetterò… per tutto il tempo in cui tu starai via.-
Cap. VII
“My memories sliding on the surface of the lake”
Era come se Max la sentisse l’estate che finiva, che se ne andava via inesorabilmente quasi non fosse mai esistita. Faceva un poco più freddo del solito, ed aveva cominciato a mettersi una giacca sopra le maglie a maniche corte, non aveva progettato di stare li anche nel periodo autunnale, quando avrebbe dovuto comprarsi dei vestiti o farsi spedire i suoi da Luis. Se ne era andato un altro mese, era quasi settembre, Max lavorava come sempre alla falegnameria e stava anche cercando una casa in zona per potersi fermare li senza dover più abusare della pazienza di Lorelay. Ovviamente lavorava da solo, teneva il posto in ordine, lo puliva dalla polvere e si assicurava che i ladri non lo saccheggiassero. Edward gli aveva lasciato un po’ di soldi prima di partire e forse erano anche troppi, mentre Chris lo aveva soltanto guardato da lontano, non si erano più toccati da quella sera. Poi Max gli aveva sorriso ed allora il ragazzo aveva ricambiato, il biondino si era sentito un poco più tranquillo. Adam? Lo fulminava con lo sguardo ogni volta che lo vedeva e la cosa lo divertiva non poco, sapeva che l’uomo non avrebbe mai potuto cacciarlo dalla città, ne impedire al vecchio Bob di vendergli quella graziosa baita che costeggiava il lago. Inoltre aveva una voglia pazza di rivedere Chris e pattinare con lui, sentirselo nuovamente vicino e perché no abbracciarlo pure! Si sentiva di nuovo perso. *che cavolo mi prende? Cosa sto pensando!!!* Che fosse suggestione? Solo suggestione? L’omosessualità di quel ragazzo, che ora anche lui conosceva, i discorsi senza senso di Luis che gli chiedeva se non si fosse ancora stancato delle donne poi il calore di quel corpo, le sue lacrime, le sue risa, la sua voce i suoi disegni… che fosse suggestione? Che fosse frustato? O che gli piacesse, molto semplicemente…. Se si fosse davvero innamorato di Chris? Inoltre gli mancava… oh se gli mancava! Così tanto da guardare fuori dalla finestra per minuti, ogni giorno, nella speranza di rivedere il fuori strada scassato di Edward che, da quando non era più al parcheggio della falegnameria, aveva lasciato un enorme vuoto in lui… Poi un giorno lo aveva visto, una macchina sgangherata, scrostata dal tempo, solo che lui stava appunto lavorando e mettendo a posto le tavole incise, quando il fuori strada entrò nel viale e si fermò. Rimase a fissarlo, il respiro mozzato, non sarebbe riuscito a muoversi da li, mai ed in un nano secondo tutti i ragionamenti fatti durante quel mese e mezzo gli tornarono alla memoria taglienti come lame, facendolo avvampare. Chris era sceso… lo stava guardando… era un poco cambiato, la pelle più scura, i lineamenti un po’ meno fanciulleschi, un taglio di capelli diverso, ora erano lunghi e ribelli, sembravano così dannatamente morbidi… Il ragazzo e l’incisore entrarono nell’edifico, molte valige in mano, e quando Chris vide Max li, in piedi, in mezzo alla stanza impallidì e si immobilizzò. Edward dal canto suo brontolò qualcosa, che molto probabilmente doveva essere un saluto e sparì chissà dove, quasi avesse intuito qualcosa. Chris lo guardò a lungo, senza dire una parola, poi le mani cedettero lasciando che le due valige stramazzassero a terra con un tonfo il quale sembrava averli destati entrambi. Max fece appena in tempo a sentire i suoi muscoli scattare nella direzione del moro, prima di incontrare la sua mole e stringerla quasi con disperazione contro il proprio petto, saggiandone la consistenza. Il ragazzo gli aveva fatto passare le braccia sotto l’attaccatura delle sue e lo afferrava con foga, stringendo la camicia che lo vestiva, nascondendo il volto probabilmente arrossato dal pianto. -Mi sei mancato.- disse Max con un sospiro tremulo. -Anche tu… anche tu.-
Era come una droga, voleva vederlo… doveva vederlo… non gli bastavano le settimane in cui gli aveva raccontato ogni minimo particolare del viaggio, come erano arrivati, il fatto che purtroppo non avessero vinto nemmeno un premio di consolazione, le avventure, i divertimenti conditi dalla delusione della sconfitta. Non gli bastavano i sorrisi che gli rivolgeva e quella blande carezze, gli sfuggevoli abbracci, avrebbe voluto sentirlo di più… più vicino, voleva annegare nel suo odore, morire in esso, immergersi fino a sparire completamente… non gli interessava se questo voleva dire che era passato all’altra sponda, non gliene fregava proprio un cazzo, perché ormai aveva realizzato che aveva un tremendo bisogno di quel ragazzo. Così aspettò con ansia il giorno in cui Chris gli disse che lo stagno era pronto, che avrebbe potuto mantenere la sua promessa di portarlo li a pattinare, il cuore di Max si riempì di gioia. Chris era seduto sul solito scoglia, questa volta però vestiva con un capotto spesso, un capello di lana premuto sulle orecchie, il naso arrossato ed un’espressione a dir poco giuliva stampata in faccia. Max lo salutò con un abbraccio che non voleva finisse, tuttavia dovette accontentarsi e si staccò quasi con una smorfia di protesta. Il moro alzò un sacchetto con la mano destra, conteneva i pattini ed il volto prima beato divenne un poco maligno, poi malinconico. -Sarà come combattere contro il mio passato.- disse in fine. -Ci sarò io li con te.- -Lo so.- Quando lo raggiunsero, Max spalancò gli occhi, completamente privato della parola, se pensava che il lago scosso dalla brezza estiva ed illuminato dalla luna fosse uno spettacolo stupendo, allora quello che si parava di fronte ai suoi occhi era a dir poco paradisiaco. Gli abeti erano come statue enormi, fatte di argento scintillante, il verde degli aghi si intravedeva appena ed il tronco sembrava praticamente nero al confronto con il candore della brina. Non aveva nevicato, eppure tutto era bianco, coperto dal ghiaccio, immobilizzato, come se madre natura lo avesse rinchiuso per paura di perdere tanta bellezza. Lo stagno… era ghiacciato anche quello, circondato da rocce e scogli, dietro di esso si vedevano le case di Moon’s Lake, placidamente addormentate nel gelo dell’autunno. -Chris è stupendo!- -E pensare che sotto quel ghiaccio è morto…- Gli tappò la bocca con un dito. -Io non so come hai trovato la forza di venire ancora qui ma è una cosa ammirevole! Quindi ora non rovinare nulla… non pensarci a quelle cose.- lo prese per le spalle, lo guardò dritto, con durezza e tenerezza allo stesso tempo. –pensa solo a noi.- Non che Max fosse eccezionale con i pattini, al contrario di Chris che sembrava esserci nato… pattinava velocemente, facendo delle piroette ogni tanto, allargando le braccia talvolta, sempre guardandolo e sorridendogli. Aveva un cappotto ed un berretto bianco, il che lo faceva sembrare un enorme fiocco di neve che danzava sul ghiaccio sospinto dal vento, mentre la pelle scura risaltava moltissimo con il candore circostante, le iridi erano accese e ridenti. -Aspe… aspetta… non sono capace.- Il Moro andò vero il biondo scivolando leggiadramente sul lago, gli afferrò un mano saldamente e lo sospinse più all’intermo dello stagno, una risatina divertita era affiorata sulle sue labbra. -No davvero… non sono capace.- -Ma dai… ti tengo io.- Chris fece passare un braccio attorno alla vita di Max ed accorciò la loro distanza, sostenendolo con una forza alquanto sorprendente, che un ragazzo della sua età, rispetto ad un uomo, non avrebbe dovuto avere. Lo tenne mettendo a contatto le loro spalle, i capotti si strusciarono l’uno contro l’altro, emettendo un rumore pacato e distante… quasi ipnotico. Max si sorprese a sospirare, ma si riscosse quasi subito, colto alla sprovvista dai fremiti che gli aveva procurato quel gesto, nonostante avesse abbracciato quel corpo più volte. *perché è così dannatamente diverso?* Stava quasi per inciampare, il ragazzo lo tenne a se stringendolo in un ennesimo dolce abbraccio, Max lasciò che quella testa arrossata dal freddo affondasse contro il suo petto, come a nascondersi dai terribili ricordi che gli rievocava quel luogo. Qualche pelo della lana del berretto gli finì in bocca, lo sputacchiò di lato, tentando di essere il più discreto possibile, Chris alzò il volto fissandolo con aria interrogativa e poi si mi se a ridere di cuore, senza però sciogliere la sua stretta che sembrava quasi disperata. Allungò le dita e tolse un filo che era rimasto attaccato alla bocca di Max e nel farlo sfiorò le sue labbra suscitandogli un altro brivido. Chris agì distinto, quasi senta pensarci, si alzò più che poteva allungando il corpo e tocco con la propria bocca la stessa zona che avevano, prima, carezzato le sue dita. Si ritrasse da solo, con un gemito di sorpresa, cadendo con il sedere sul ghiaccio e gemendo per il dolore. -Perdonami… perdonami…- disse piagnucolando. -Chris.- -Tu n…non avresti dovuto, dico stare con me… con me perché sono gay e… e… oddio…- -Ti piaccio Chris?- -S… si… quando ero via, al raduno intendo… cristo avrei voluto così tanto che ci fossi anche tu… lo volevo da morire! Perdonami ti prego.- -Avresti dovuto dirmelo.- -Ti avrei disgustato.- -Non è vero.- -Come no? E quella faccia?- -Quale faccia? Io sto sorridendo.- alzò lo sguardo a fissarlo. -Ti faccio pena!- -No… no Chris ascoltami.- E fece un passo per avvicinarsi a lui, il ragazzo si ritrasse sulla superficie gelida, gli occhi lucidi ed una lacrima traditrice che solcava le guance paonazze dalla rabbia e dalla vergogna. Allora Max fece un altro passo, questa volta il moro rimase immobile, paralizzato. Il biondino camminò fino ad averlo a pochi centimetri e si inginocchiò davanti a lui, un sorriso sornione gli apriva la bocca e mostrava tutti i denti, dello stesso colore della brina. -Io… non voglio che tu te ne vada un’altra volta.- Alzò una mano e gliela fece passare dietro la nuca, attirandolo vero il proprio viso, in modo che potesse pregustarsi ogni secondo di quel momento. Lo avvicinò fino a sentire l’alito rovente bruciarli il naso e le labbra, poi gli sussurrò dolcemente. -Ti amo.- Ed unì le loro bocce, più a fondo, più intensamente di prima, lo abbracciò con foga, fino a farlo cadere ripiegato nel ghiaccio e lui che lo sovrastava con il suo peso, che gli teneva il volto fermo e che faceva affondare la lingua in quell’antro caldo e dolce. Chris si aggrappò alle sue spalle, trattenendolo, senza interrompere quel bacio tanto atteso che rischiava di farlo impazzire, offrendogli il suo anfratto e la sua lingua che Max succhiava voracemente. Poi si staccarono ansanti, si guardarono negli occhi a lungo senza dire una parola. Max non aveva bisogno di sentire una risposta a quello che gli aveva detto, gli bastava sentire il respiro reso pesante dall’eccitazione di quella vicinanza a farlo stare bene. Per la prima volta nella sua vita, riuscì a capirlo, a comprenderlo fino in fondo, che cosa fosse, quale sarebbe stato il suo futuro e lo vedeva tutto riversato in quegl’occhi liquidi, luminescenti, cioccolato bollente che andava a bagnare il gelo della neve. In silenzio lo baciò ancora.
Cap. VIII
“Do you stay with me… forever?”
Quelle ore di attesa erano a dir poco snervanti, avrebbe voluto alzarsi da quel letto, prendere il cappotto e buttarsi anche in mezzo a quella terribile bufera che soffiava terribile attorno a Moon’s Lake, per vederlo, per amarlo, per dargli tutto. Si rigirò sul materasso sbuffando, più e più volte. Chris gli aveva detto che non avrebbe potuto andare a casa sua, c’era suo padre, era meglio non mostrarsi assieme così vicini, così Max aveva tentato di accelerare i tempi di vendita della casa, incitando il vecchio Bob fino a farlo uscire di senno. Non era troppo bello incontrarlo alla falegnameria, con Edward che vigilava ogni loro mossa e fissava di sbieco la loro nuova intimità ed intesa. Va benne qualche pacca sulla spalla, ma forse i baci che Max rubava alle labbra di Chris ogni qual volta credeva di non essere visto, destavano non pochi sospetti. Fuori invece faceva troppo freddo e finivano col stare uniti non più di mezz’ora, poi erano troppo intorpiditi e non riuscivano nemmeno più a muoversi. Da Lorelay invece… beh meglio lasciare perdere. *io con il ragazzo gay di Moon’s Lake in una stanza a fare chissà cosa… lo scandalo degli scandali… quanti ci metterebbe a dirlo a tutta la città?* Ma così era troppo poco! Voleva stringerlo ogni ora, bearsi del suo profumo, del suo calore di tutto il suo essere e così non gli bastava più. Forse in lui stava nascendo anche desiderio carnale, però la cosa lo intimoriva moltissimo e tentava sempre con più foga di reprimere l’istinto e di dare una calmata ai bollenti spiriti. Non aveva mai fatto sesso con un uomo, non voleva andare là, fare lo stronzo e magari rovinare qualcosa che era fino a poco fa perfetto.
-Luis! Luis ci sei?- -Mio Dio sono le quattro di mattina! Sei pazzo o cosa!?!- -Mi senti? È una cosa importante! Devi essere sveglio e preparato perché potrebbe scioccarti.- -Ma di che parli… che cazzo vuoi a quest’ora per Dio!- -Sei in ascolto? Mi senti bene?- -Ti sento!!!- -Mi sono innamorato!- -Ma c…?- -Di un uomo!- -No aspetta… aspetta, aspetta… fammi capire bene… hai cominciato a drogarti!!- -Si è come una droga… come una droga Luis… non mi sono mia sentito così! Sembro un adolescente del cazzo.- Dall’altra parte nessun suono. -Umh… è collassato.-
Aveva visto Chris come al solito alla falegnameria, lo aveva abbracciato fortissimo, fino a farlo soffocare, il ragazzo si era un attimo agitato di fronte a tutta quella possesività ma poi aveva lasciato che facesse, con un sospiro tremulo. -Oggi… mio padre deve andare ad una cena assieme al parroco ed ad altre persone… la casa è libera.- disse tutto d’un fiato, strappandogli poi un bacio a fior di labbra, quasi fosse un astuto stratagemma per convincerlo a venire. -Vengo… vengo di certo.- Fece rimbalzare ancora le loro bocche, premendo appena qual bacio casto che rischiava di far impazzire Max perché era un contatto così intimo… eppure dannatamente puro, leggero, quasi non si sentiva. Si guardò attorno per pochi secondi poi premette Chris contro il suo corpo, alzandolo dal pavimento, facendo si che le spalle del ragazzo aderissero al muro e cominciò a baciarlo più a fondo, prendendo le sue labbra e succhiandole golosamente, quasi sapessero di miele. -Aspetta… eheh…. Dai.- -Mmmh… non voglio staccarmi da te.- Chris fece un’altra risatina colpevole che non tentò nemmeno di mascherare, lasciò che gli affiorasse e che riempisse la stanza con il suo argenteo suono, si strinse a Max in un abbraccio dolce ed appassionato allo stesso tempo, pregustando già il sapore del loro appuntamento.
Era di certo la casa più grande di Moon’s Lake, le pareti erano completamente foderate in legno, aveva un colore caldo e accogliente. L’aria profumava di resina e le poltrone rosse del salotto conferivano al posto un aria ancora più tiepida, come se il calore si irradiasse da ogni oggetto la dentro. Max si tolse il capotto guardandosi intorno alla ricerca di un qualche difetto nell’arredamento, non ne trovò nemmeno mezzo, si limitava a fissare l’ambiente sentendo l’emozione premergli conto il petto, facendogli rimbalzare il cuore in lunghi e profondi battiti. Chris lo prese per mano ed il biondo accolse quel contatto con un brivido, perfino quella pelle liscia scottava, come tutto la dentro… o era lui? Il ragazzo lo fece sedere sul divano e sparì dietro la porta, quando tornò in mano aveva due bicchieri, probabilmente di liquore, probabilmente di quello tradizionale che si faceva in quel villaggio e probabilmente Max sarebbe avvampato ancora di più dopo averlo bevuto. Il moro glielo offrì quasi con vergogna e ritrasse la mano quasi subito, sorseggiando il suo lentamente, senza smettere di fissare l’altro, seduto accanto a lui, ma mano ribelle che era poggiata placidamente sopra quella del compagno. Il biondo cominciò a bere lentamente, assaporando il gusto forte e fruttato, che gli colava in gola, lasciando una scia bruciante al suo interno e prese a guardare Chris che aveva distolto lo sguardo e lo aveva appoggiato chissà dove, ebbe il timore di rompere l’atmosfera quando, indugiante, si sporse per fargli una carezza sul viso, velocemente ma sensualmente, il moro rabbrividì ed incatenò il suo sguardo con uno lucente e scuro… penetrante. Allora Max si spinse un poco più in la, fino a toccare le sue labbra, premerle, mordicchiarle con le proprie, sentendo quel sapore di liquore, misto a quello proprio di Chris invaderlo come prima aveva fatto la bevanda, solo che quel sapore era molto più intossicante. Strano, da quando erano arrivati non si erano scambiati una parola e la cosa, stranamente, non infastidiva nessuno dei due, allora era vero che alcuni silenzio valgono più di mille parole e soprattutto adesso che Max sentiva una forza pulsante invadergli pericolosamente le zone basse, in quello stesso istante si ritrasse. Che fosse stato l’alcol? o che si stesse veramente eccitando? Per un ragazzo… quel ragazzo ma soprattutto per così poco. Si accorse con stupore che il moro lo cercava ancora ed allora accolse la sua richiesta abbracciandolo forte, abbandonando il bicchiere ancora mezzo piano su un piccolo mobile. Affondò le mani tra i suoi capelli e lasciò che facesse ciò che voleva, si era abbassato sulla sua bocca ed aveva preso ad esplorarla con la lingua, prima timidamente, poi sempre con più passione fino a che lo sentì strusciarsi contro di lui, facendo frizionare i loro due petti e poi più in basso. -Ah.- Lo sentì gemere a bassa voce contro il suo orecchio, ed allora ripeté il movimento, Chris mugolò estasiato e nascose il volto contro la sua spalla, stringendosi a lui e circondando la sua vita con le gambe lunghe. Adesso la sua erezione, che beffardamente premeva contro la patta, sfregava lentamente contro l’interno coscia di Max, quando il moro si fermò, qual contatto divenne più concreto, immobile, lo sentiva meglio di prima e la cosa gli provocava brividi di soddisfazione assieme a insicurezza. Cercò i suoi occhi, li trovò quasi subito, erano liquidi, rilucenti e così… dio così sensuali! Per Max fu così facile cedere in tentazione, gli fu così facile lasciare che il suo pene si ergesse del tutto fino affinché la sua eccitazione divenisse concreta, reale, senza possibilità di tirarsi indietro. Gli afferrò le natiche con foga e dopo avergli regalato delle appassionate carezze lo spinse contro di se, facendo si che il suo fondoschiena poggiasse sulle sue gambe e poi gli circondò la schiena con entrambe le braccia baciandolo senza sosta, infilando la lingua con prepotenza in quell’anfratto. Intanto Chris si dedicava a fare delle lente frizioni con il bacino ed il pene del biondo andava proprio a sfregare contro quello dell’altro facendoli gemere all’unisono. Max cercò i lembi della maglietta e gliela sfilò con veemenza lasciando la sua pelle già lievemente imperlata di sudore davanti ai suoi occhi famelici, affamati del gusto che aveva e prese a mordicchiarla. *attratto da un corpo maschile… bah può accadere tutto a sto mondo! Mmh… che buon sapore* Si soffermò su un capezzolo già inturgidito, ripiegando la schiena per arrivarci meglio, catturandolo prima con le labbra e poi lappando con veloci movimenti della lingua. Chris ansimò languidamente e lo spogliò a sua volta premendo con le dita contro la cerniera dei pantaloni di Max per sentire la consistenza della sua eccitazione. Afferrò il bottone e aprì la patta dei jeans lasciando che l’unica cosa che trattenesse il pene di Max fossero un paio di boxer neri… troppo dannatamente attillati perché potessero coprirla. Il biondo si ripiegò sul moro facendolo cadere disteso sul divano e si abbassò sui suoi pantaloni prendendo tra i denti il bordo e tirandolo senza abbassarlo. Chris gemeva ad ogni inavvertito contatto con la parte più sensibile del suo corpo, così finalmente Max gli abbassò fino oltre le ginocchia, poi più giù, spogliandolo completamente. Il ragazzo lo afferrò con veemenza, lo strinse a petto ed la sua erezione toccò lo stomaco di Max che emise un grido roco e con un brivido si disfò degli ultimi indumenti che lo ricoprivano, gettandoli chissà dove, dedicandosi ora solo al piacere del suo amato. Fece toccare le loro carni bollenti e dure ed entrambi gridarono di quel contatto, inarcandosi per sentirsi più a fondo, per non lasciarsi ora che stavano raggiungendo il paradiso. Max si alzò di nuovo, sullo stomaco… percorse gli addominali con la lingua, lentamente, poi sul capezzolo che prima aveva dimenticato, torturandolo a fondo, fino a lasciarlo rosso, con i segni dei suoi morsi che gli facevano da corona. -Aahn… mmh… Max…- Gli era ritornato in mente tutto, sentendo il suo nome così pronunciato con voce resa roca dal desiderio. Il giorno in cui lo aveva visto la prima volta, il motivo del suo viaggio, il fatto che avesse promesso a se stesso di non amare più così tanto, così a fondo, di non lasciarsi coinvolgere dai suoi sentimenti fino a tal punto. Le era tornata alla mente Beverly… così bella… così dannatamente stronza, quante volte erano andate a letto assieme? Così tante da concepire due figli e da averne rischiati molti altri… però il suo volto non compariva, era confuso, non se lo ricordava. Affondava negli occhi di Chris e di nuovo il suo passato sfumava, così come la profondità di quel burrone e le sue ossa distrutte dall’impatto, non esisteva più il dolore, non esisteva più nulla, ne quella casa, ne le malinconie del suo amante e nemmeno le sue, sentiva che tutto ciò si era sciolto come la neve si scioglieva al sole. Il giovane spalancò le gambe in un palese invito ad entrare in lui, così aperto… così disponibile, Max mandò giù un po’ di saliva, lui non lo aveva mai fatto, si vergognava… era come se lo stesse umiliando e per secondi che parvero interminabili esitò. -Cosa c’è? Non mi vuoi?- -Si… io… però… non così.- -E come?- -Non… non lo so.- Ed intanto si era già chinato su quell’orifizio pulsante e desideroso già dilatato, così dilatato che gli fu facile inserire la sua lingua per accarezzare l’interno con foga e dolcezza allo stesso tempo. Sentì Chris gridare e scuotersi violentemente contro di lui, così facendo la lingua di Max lo penetrò ancora più a fondo, il moro gli afferrò la nuca, spingendola contro le sue natiche, dandogli il chiaro segno che quel trattamento gli piaceva parecchio. Se aveva fatto questo, se si era buttato, se aveva sputato in faccia ad un giudice… se aveva fatto tutte quelle cose così pericolose, così stupide, così inutili, se le aveva fatte davvero poteva anche fare l’amore con Chris e qualcosa di completo, senza lasciare nulla a metà, poteva farlo davvero, in fin dei conti lo amava e mai in vita sua aveva pensato che una cosa fosse più giusta mai… Si alzò e posizionò la punta fra le sue gambe, premendola un poco contro l’ano dell’altro che spalancò gli occhi e mugolò strusciandosi contro di essa, cercandolo disperatamente fino a far esplodere il desiderio di Max che entrò con una spinta decisa. Subito un caldo tremendo, eccitante, terribile e perfetto, lo accolse all’interno del corpo del suo amante, facendolo gemere rocamente. Si ripiegò su Chris, le braccia tremanti tenevano il suo bacino premuto contro l’altro, facendo si che potesse affondare tutto, completamente. -Chris… ah Chris!- Gridava ad ogni spinta, senza importargliene che qualcuno potesse sentirli, adesso non aveva più importanza ciò che sarebbe accaduto dopo, contava il presente, ed il suo presente era quello. Spinse ancora, velocemente, sempre più velocemente chiamando il nome del ragazzo sotto di lui quasi avesse paura di poterlo perdere nell’impeto della passione. -Mi piace… ah si…. Mi piace Max! Aaah..- Gli rispondeva, la voce spezzata dalle grida e dai gemiti, questo in qualche modo rassicurava l’altro che continuava i suoi movimenti con impeto, Chris gli veniva incontro velocemente, facendo agitare il divano sotto di loro che si lamentava e cigolava di fronte all’intensità di quell’amplesso. Max assestò un ultima spinta, un po’ più forte della altre e venne, marchiando per sempre il corpo del ragazzo, donandogli il suo seme, rendendolo suo. Il biondo uscì lentamente, un filo di sperma li legava ancora, non si era nemmeno accorto del momento in cui l’altro era venuto, sapeva solo di avere il ventre sporco di liquido vischioso che, in quel momento, gli sembrò il regalo migliore che Chris potesse fargli. Si accasciò vicino a lui, ansante e stremato, l’altro stava piangendo. -Ma che! Chris! Ti ho fatto male! Vero? Ti ho fatto male!!!- Ma il giovane non disse una parola, continuò a piangere in silenzio e poi lo abbracciò con forza, sempre senza dire nulla, le sue lacrime calde e salate macchiarono il petto del suo compagno. -Ti amo… ti amo tantissimo Max… non sai quanto.- Disse in fine. -Ti amo anche io.- Il bicchiere di liquore di Chris era rovesciato a terra e catturava i riflessi delle lampade soffuse, riflettendo due uomini innamorati che si baciavano ancora.
Cap IX
“I do my choice… This is my new life… with you!”
Chris afferrò la sua tavoletta ultimata fissandola con sguardo critico. -Sei troppo pignolo.- -Per una volta sono d’accordo con Max, questa tavola è praticamente perfetta.- -Ed allora perché non è bella come le tue Edward!?!- -Cosa dici! È decisamente migliore!!- -Sta zitto tu! Il tuo giudizio è imparziale!- -Tacete tutti e due!!!- L’incisore si avvicinò ai due ed afferrò la tavola di legno con il viso imbronciato, era palesemente stanco di quel baccano. Fissò la figura con celata sorpresa, poi il suo autore e poi di nuovo la tavoletta. -L’anno prossimo… porteremo questa al concorso.- disse secco e laconico, nessun’altra emozione traspariva dalla sua voce. -Dici davvero?- -Sicuro.- -Sentito? Che ti avevo detto che era super bella?- Chris abbracciò Max tra timide risate e si abbandonò a quel calore senza curarsi dello sbuffo spazientito di Edward che si allontanò da loro in fretta, quasi avesse preso la scossa. Il moro si alzò sulle punte dei piedi ed andò a premere la bocca contro la punta del naso del suo compagno che gli rivolse un sorriso caldo e lo abbracciò ancora più forte, i dubbi dei giorni intermedi alla nascita del loro amore, completamente spariti. *come se un peso mi fosse stato tolto dal cuore, grazie a lui… grazie a questo poppante* Quando la giornata di lavoro finì tornarono a casa assieme, Max lo accompagnò fino alla porta restandoci davanti, gli occhi un po’ rattristati e buio, un po’ perché la paura nel moro non era ancora sparita nel nulla, la paura di suo padre… il fatto che non avesse ancora avuto la forza di rivelargli la loro relazione ne era una prova. Però Max poteva davvero biasimarlo? Lui aveva una moglie e due figli, loro non sapeva nulla di tutto ciò e lui non glielo teneva nascosto tanto perché pensasse che fosse sbagliato ma semplicemente perché, forse, non era abbastanza uomo da rivelarlo perché aveva timore delle loro accuse e di essere ancora oppresso dal dubbio. Ed allora cosa avrebbero dovuto fare? Rimanere nascosti nell’ombra? Avere una relazione così? Occasionale, fatta si di tanta dolcezza ma anche da malinconia e tristezza nel non poter stare assieme ogni qual volta lo desiderassero. Eppure li in America non erano ne la prima ne l’unica coppia di omosessuali e per quanto il razzismo non cedesse ancora del tutto c’erano molte persone che avevano cominciato ad accettare queste relazioni che, si un po’ diverse, ma pur sempre di amore si trattava no? Quindi forse era tutto nelle loro mani, fra le loro dita, dentro il loro cuore, forse stava a loro buttarsi completamente, sputare in faccia la realtà della loro storia, come tempo prima al lago avevano imparato a rivelare i loro segreti nonostante questi potessero sembrare terribili ed inimmaginabili. Max afferrò il polso di Chris prima che esso potesse entrare. -Non ci vorrà ancora molto… entro Natale te lo prometto…- -Max?- -Entro Natale sapranno tutto.-
Forse due mesi erano troppi per prendere coraggio… ma in fin dei conti gli aveva detto entro Natale, il che voleva dire che avrebbe potuto farlo anche la settimana seguente o l’ora seguente, in fin dei conti per certe cose non si può certo avere un orario prestabilito! Senza contare che doveva aspettare anche lui… doveva aspettare anche Chris, quando lui fosse stato pronto avrebbe potuto continuare nel suo intento. Il primo passo lo avevano già fatto, si erano amati, si erano confessati, si erano dati tutti e, guardando bene, non era affatto un piccolo passo… considerando che Max fino a poco prima era etero. -Ho chiesto a mio padre se potevi venire a mangiare da noi la vigilia… purtroppo a Natale no, aspettiamo parenti e sai… io ehm..- A quelle parole Max aveva sorriso al suo compagno e gli aveva fatto una carezza gentile sulla testa. -Sei cambiato dalle prime volte che ti vedevo.- -è Cambiato ciò che provo nei tuoi confronti.- -Prima eri più acuto.- -Potrei esserlo ancora, ho solo assopito quella parte… assopito, non dimenticato, farai bene a non dimenticarlo.- -Altrimenti?- E lo aveva afferrato per la vita cominciando a leccargli l’orecchio e a mordere con gentilezza il lobo, Chris gli aveva rivolto piccoli ansimi di gradimento e si era attaccato a lui come una piovra senza lasciarli possibilità di scappare, così si dovette arrendere. Era davvero una droga quel corpo, ogni qual volta che lo vedeva sdraiato sotto di se, con la punta dell’erezione che pulsava colma di desiderio e di voglia di essere appagata, sentiva un fremito scuoterlo da cima a fondo ad allora anche lui aveva una tremenda voglia di dare voce ai suoi istinti più repressi. Poi ora che aveva una casa tutta sua ed il vecchio Bob riposava beatamente nella casa di riposo assieme a molti altri anziani, non aveva alcun problema, nessuna preoccupazione. Faceva si che Chris si aggrappasse saldamente a lui (cosa che mai era risultata particolarmente gravosa), lo portava nel letto, al centro di una stanza ancora vuota e lo faceva distendere sotto di lui, beandosi quasi malignamente della sua impazienza. Gli sbottonò i pantaloni ed abbassò i boxer in un unico movimento emettendo una risatina prima di prenderlo in bocca e cominciare a succhiare come se al posto di quella carne dura e bollente ci fosse un cono gelato, però alle papille gustative di Max, il sapore che ora percepiva era assai migliore. Poi Chris insistette per salirgli sopra, si mise a cavalcioni su di lui e cominciò ad ondeggiare, era un fantino che cavalcava il suo cavallo allegramente, ad ogni frizione il biondo sentiva il suo corpo e quello dell’amante fremere di desiderio. Chris continuò ad ondeggiare in quella maniera per dei minuti che parvero interminabili, doveva piacergli parecchio quel giochetto, aveva anche cominciato a stringere le cosce con veemenza attorno al bacino del biondo in modo tale sentire le carezze sensuali sempre più profondamente e lentamente, strusciandosi per tutta l’altezza della sua asta e gemendo per il godimento e lo sforzo. Finalmente slacciò i pantaloni di Max, il quale non aveva fatto altro che gemere e protestare per la lunghezza dei preliminari, assecondando però quei movimenti, accogliendo le spinte, ammortizzandole contro il materasso e rispondendo prontamente. Quando il suo pene fu libero, tanto pulsante da essere doloroso il moro vi passò le dita in una carezza leggera per tutta la lunghezza, prima di impalarsi su di esso con un'unica violenta spinta, la quale spazzò via quel minimo di razionalità che era rimasta ai due. Così senza essere preparato, con un impeto che nella loro prima volta era stato inesistente, adesso c’era più confidenza, la paura se ne era andata… adesso sapeva quanto gli piaceva prenderselo dentro ed il fatto di sentirlo così, senza un lubrificante era ancora meglio. -Aaah… Max più forte ti prego… ti… ah prego…- Ed egli lo assecondò, perso com’era nel calore di quel corpo, sentendo i muscoli del moro chiudersi attorno alla sua pelle, sfregando violentemente fin quasi a bruciarla, Max gli afferrò le natiche stringendole tra le dita, facendola sbattere a ritmo conto i suoi lombi ed ad ogni spinta toccava con la punta del suo piacete la zona magica di Chris e lo faceva urlare tantissimo. -Mmmh… D… Dio.- disse il biondo prima di venire, poi anche il moro sporcò entrambi il loro ventri e si accasciò al suo fianco. -Max?- -Dimmi.- -Mi ami?- -Ti amo.- -Resterai con me per sempre?- -Resterò con te per sempre.- -Mi sposerai?- -… ti sposerò.-
Cap X (finale)
“Now is the beginning of our life… another world? I fount it there!”
-Quindi hai davvero intenzione di sposartelo?- -Si! E sei anche il primo a saperlo… insomma io… cazzo Luis mi sono proprio innamorato!- -Ah! Ah! Sono felice.- -Perché?- -Perché è da tanto che non sento quella voce in te è così… così…- -Allegra.- -Viva Max… è di nuovo una voce viva, finalmente ci sei riuscito, hai riempito quel burrone con mattoni nuovi, mattoni e ti sei creato la tua vita, assieme a qualcuno che potrà renderle speciale ogni giorno.- -Umh! Non mi sarei aspettato tanta comprensione da lei Luis White!- -Con tutti quei favori che mi hai fatto!- Risero all’unisono.
Era giunta l’ora dunque… perché Max si sentiva come uno prossimo a raggiungere il patibolo? *Beh… forse perchè è proprio così* Strinse la mano di Chris convulsamente, tanto che lo sentì lamentarsi dal dolore ed allora allentò un po’ la presa. Si sentiva rigido come un pezzo di legno, una di quelle tavole che al suo fidanzato piaceva tanto incidere. -Andrà bene.- gli diceva l’altro. Adam gli accolse con un sorriso sulle labbra, i due nel frattempo si erano già divisi e si guardarono, poi guardarono il divano del loro primo amplesso, in quel istante ci stava seduta la madre di Chris, una donna che Max non aveva mai visto, lavorava lontano e non stava molto a Moon’s Lake, questa fu la spiegazione di Chris. Si sedettero vicini, in una poltrona abbastanza grande da contenerli comodamente ed il silenzio calò su tutti e quattro in una cappa gelida e pesante come piombo. Adam fu il primo a parlare. -E così… è stato Chris a chiederci di invitarti, ha detto che sei un uomo molto solo.- -Ero.- si limitò a dire con beffardaggine, non sapeva perché ma c’erano alcune persone… come quel giudice si… quello che aveva incontrato all’inizio della sua avventura, che gli ispiravano coraggio. -Eri?- Stranamente la madre di Chris teneva lo sguardo basso, quasi avesse già intuito dove sarebbe andato a parare il discorso e ne avesse una terribile paura. -Già ero… infatti sono venuto qui a dirle una cosa importante.- Era tornato a dargli del lei, non sapeva perché, semplicemente la frase era uscita così. -Io so di che cosa è accaduto a Moon’s Lake… intendo la morte del giovane Richard Barton, che poi da quanto so era anche molto amico di suo figlio.- Vide piccole goccioline di sudore imperlargli la fronte. -Ma non è questo il punto.- Una mano di Chris lo sforò appena, l’altro si girò. -Tocca a me dirlo.- -Dire cosa?- Adam era falsamente accondiscendente. -Io gli ho rivelato quelle cose per un motivo ben preciso papà, perché… perché… perché mi sono innamorato di lui capito? Sono gay!!! Non era solo un vezzo adolescenziale sono davvero gay!!!- Alla madre andò di traverso il drink, e lo sputacchiò un po’ su tutto il tappeto ed il bicchiere le cadde di mano andando a frantumarsi per terra. Il padre invece ebbe una reazione ben peggiore, il man rovescio arrivò veloce, nessuno dei due ragazzi fece in tempo ad accorgersene e colpì Chris in pieno volto facendolo rilegare addosso a Max che lo sostenne prontamente. -Amore… amore stai bene?- Il moro alzò lo sguardo che luccicava ma non di pianto, un rivolo di sangue gli era uscito dal lato delle labbra, il biondo vi passò il pollice facendolo scomparire, non voleva che quel bel volto venisse deturpato. -Mi hai dato un buon motivo per odiarti sai?- Disse Chris velenoso. -Ah si?- fece per lanciare un’altra sberla, ma la mano di Max bloccò il suo polso, stringendolo con tutte le forse e facendo fare un’escalmazione di sorpresa ad Adam che si ritrasse sconvolto. -A me non me ne frega un cazzo se sei suo padre, se lo tocchi ti ammazzo.- -Max ti prego…- Lo fermò l’altro avanzando in direzione del genitore. -Adesso non ho più nulla a cui aggrapparmi, non ho più cose belle da trovare in te perché so che provi solo odio verso di me ed allora ti ripagherò con la stessa moneta.- poi il suo tono si alleggerì un poco. -Sei mio padre, ti vorrò bene, per sempre… ed è una cosa tremendamente ingiusta perché per quanti tenti ti non provare sentimenti non sarà mai così, ho tante cose per cui ringraziarti ed una vita non basterebbe, però non posso lasciare il mio futuro solo perché tu sei colui che mi ha fatto e concepito, io la mia strada l’ho già scelta.- Si avvicinò e gli rivolse un sorriso che fece anche a sua madre. -Ciò che faccio non ha l’intento di ferirvi io vi amo e non dovete dimenticarlo mai, nemmeno quando sarò troppo lontano per potervelo dire a voce… ed allora perché voi che ricevete tanto amore non lasciate che ne possa ricevere anche io da voi… da Max…?- Adam guardò il figlio, i suoi occhi si erano fatti vagamente lucidi di pianto, qualcosa che l’uomo tentava di mascherare ma con poco successo, anche gli occhi di Max pungevano. -Mamma, tu non sei stata molto presente nella mia vita ma mi hai insegnato una cosa importante, che nella vita non si possono avere due cose importanti ma solo una, oppure si può spartire equamente l’importanza, in modo tale da essere tutti felici. Ti accontenterai di dividere il mio amore con questo ragazzo che poi è colui che ha risvegliato la mia anima dall’ombra?- Non vi fu risposta, non c’è ne era bisogno. Dopo aver detto ciò i due se ne erano andati in silenzio ed il giorno dopo Chris aveva cominciato a sbaraccare le sue cose, nei momenti in cui sapeva che la casa fosse vuota. La sera della dichiarazione Max gli aveva detto che le sue parole erano state dannatamente profonde e che lo avevano commosso, poi gli aveva detto ti amo e si erano amati ancora. Aveva lasciato un post-it sul frigorifero della sua ex casa diceva poche parole, semplici:
Vorrei che veniste al mio matrimonio.
Chris
Per finire un piccolissimo epilogo:
Il matrimonio era per ora la preoccupazione più grande che entrambi avessero, però avevano anche una nuova vita da costruirsi, all’infuori di Moon’s Lake, accompagnati soltanto dalle persone che li amavano davvero. Dopo il bel discorso di Chris a suo padre se ne erano andati quasi subito, lasciando al villaggio del lago soltanto il ricordo dei loro volti e del loro amore sbocciato proprio nello stagno testimone di una terribile tragedia. Così adesso Moon’s Lake aveva due misteri, due scheletri nell’armadio, due scandali che Lorelay avrebbe volentieri spartito con gli altri abitanti, magari durante una partita di tombola. Max è Chris avevano cercato a lungo il posto ideale dove trasferirsi e lo avevano trovato in un paesello così simile a quello natale del moro, dove però nessuno conosceva le loro peripezie, tutti li guardavano con occhi normali… forse un po’ curiosi, ma senza odio e senza malizia. Chris aveva aperto una bottega di incisione e ne fece di fortuna! A quanto pare le sue opere venivano molto apprezzate e Max puliva la vetrina che era una meraviglia… il giorno dell’apertura poi lo avevano anche inaugurato come si deve… chi l’avrebbe mai detto che farlo sul bancone fosse così divertente! Tornando al matrimonio si sarebbe fatto eccome, avevano già fissato la data e per il resto della burocrazia… beh perchè pensarci adesso che erano così sereni? Ma la cosa migliore della faccenda sarebbe stata la faccia di Beverly, appena avesse aperto la sua busta ed avesse visto i due nomi scritti sopra, sarebbe rimasta di stucco, poi avrebbe buttato l’invito pensando ad uno scherzo ed alla fine non sarebbe venuta. Il giorno della cerimonia era tutto perfetto, perfetto davvero! Forse anche troppo, sembrava quasi un sogno… i loro amici più fidati (tra cui anche Edward che aveva brontolato non poco ma alla fine aveva ceduto) che li guardavano anche commossi nel vedere quanto affetto due persone potessero provare l’una verso l’altra. Adam non era venuto, il moro ci era rimasto male, molto male, ma il suo compagno era sempre li consolarlo e sorreggerlo ed in qualche modo anche questa soluzione venne superata. Per Max anche l’abito nuziale era inteso come divisa (lui odiava le divise) però per quella volta fece un’eccezione… poi Chris diceva che era sexy e che non vedeva l’ora di toglierlo, quindi aveva fatto l’accondiscendente. Poi c’è ne sarebbero di cose da dire! La loro vita era appena cominciata e la fine non si vedeva ancora, c’è n’era di tempo da trascorrere, di angoli angusti dove poter fare l’amore tra risa e gemiti, casini da combinare! Certo i fantasmi del passato a volte tornano e le paure per il futuro bussano alla porta impertinenti… ma finché sarebbero stati assieme l’unica cosa che contava era il presente.
FINE
Chissà quanti errori di battitura… T_T comunque la fic è finita e l’indirizzo per i commenti lo trovate nella pagina degli indirizzi autori MIGLIORERÒ!! Almeno spero… =3 attendo tantissimi consigli dei più esperti che hanno avuto la grazia di leggere
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