Attenzione: questa fiction è realizzata per puro divertimento e non a scopo di lucro. E’ amichevolmente yaoi e i personaggi non sono originali ma tratti dalla serie televisiva a cartoni animati Weiss Kreuz.

 


 

Another Destiny

 

di KenKen

 

 

I parte

 

Gli edifici dai contorni non definiti si alternavano l’uno all’altro a grande velocità. Qua e là  qualche sprazzo di verde animava di colore una visuale altrimenti costantemente grigia. Le strade erano vuote a quell’ora, col sole cocente del mezzogiorno solo un pazzo si sarebbe avventurato fuori di casa…io, appunto.

Il vento caldo sulla pelle…

Era una sensazione  che aveva la capacità  di calmarmi, proprio quello di cui avevo bisogno.

Rallentai e svoltai  dentro una strada laterale che conduceva  ad un campetto da calcio ora deserto. Dopo aver parcheggiato la moto nelle vicinanze,  mi sdraiai, sfinito, sotto uno degli alberi che stava a bordo campo per godermi quella solitudine.

L’unico modo per pensare come risolvere il problema era scappare: se fossi rimasto lì l’avrei picchiato. Era riuscito a farmi perdere il controllo e per reazione gli avevo rovesciato addosso un secchio d’acqua bagnandolo completamente. Aya si era limitato a guardarmi in cagnesco con i suoi occhi gelidi, senza aprir bocca. Irritante, così irritante che non contento gli piombai di fronte urlandogli:

- Cos’hai al posto del cuore?! Un pezzo di marmo? Persino un muro ha più sensibilità di te! –

Mi sembrò davvero di parlare ad un muro. Aya si voltò  come se nulla fosse  e proseguì la pulizia del negozio.

Se fossi rimasto lì l’avrei certamente picchiato, così decisi per la fuga…

L’argomento del litigio era la relazione di Omi: il piccolo flirtava da qualche tempo con una ragazza, Ruby, poco più grande di lui e le cose sembravano prendere una buona piega, ma c’era il problema del nostro lavoro come Weiss. Lui non poteva metterla al corrente delle nostre attività segrete, pena la morte della ragazza e la sua e questo complicava decisamente le cose. Mentre io sostenevo che Omi non doveva rinunciare alla speranza di costruirsi una vita normale, Aya sosteneva il contrario. Il suo cinismo e il suo distacco mi fecero salire il sangue alla testa, era impossibile poter ragionare con lui. - Sei un romantico sognatore…- disse -…però non si può vivere di soli sogni e Omi, per quanto doloroso possa essere, deve capire che per noi, per i Weiss, una relazione duratura è impossibile.-

“…impossibile” questa parola echeggiava ancora nella mia testa frastornandomi.

A pensarci bene  era da un po’ di tempo che i rapporti con Aya si erano incrinati, mi risultava difficile lavorarci assieme, fianco a fianco, non sopportavo più il suo atteggiamento dispotico e distaccato.

Sospirai…

C’era anche qualcos’altro, qualcosa che non volevo confessare a me stesso: infondo nutrivo per Aya una certa ammirazione. Un tipo di ammirazione che non avrei mai pensato di provare per un uomo.  Mi ero scoperto a studiarlo in ogni singolo atteggiamento tanto che alla volte riuscivo persino a prevedere certe sue reazioni, ma non era solo quello. I miei occhi scivolavano su certe trasparenze che la sua camicia lasciava intravedere oppure, mentre eravamo ai bagni pubblici, su certe sinuosità del suo corpo, sulla sua pelle liscia e chiara, sui lineamenti dolci del volto. Alle volte temevo che qualcuno mi potesse scoprire. Questo mio interessamento quasi morboso mi sconvolgeva, ne avevo paura…

Rabbrividì…

Infondo conoscevo la risposta a quella miriade di sensazioni che la sua sola vista mi suscitava, ma era dura ammetterla. Avevo avuto una relazione con una ragazza prima di entrare nei Weiss, quando giocavo nella Japan League, allora non avevo dubbi sulla mia normalità, i miei sogni erano popolati di donne, ma ora il terreno cedeva sotto i miei piedi e questa certezza sfumava più stavo vicino ad Aya.

Sentii delle gocce gelide bagnarmi la faccia. Aprii di scatto gli occhi e, sorpreso, vidi Aya, la ragione della mia sofferenza, porgermi una lattina di birra ghiacciata.

- Cosa ci fai qui?- domandai.

E lui sedendosi:

- So che ogni tanto passi i pomeriggi a vedere la squadra dei pulcini che si allena in questo campo.-

- Come?- lo guardai sempre più sconvolto.

- Alcune mamme vengono a prendere i fiori al negozio e tu di certo non passi inosservato- mi strizzò l’occhio sempre porgendomi la lattina di birra.

La presi e senza fare complimenti la aprii:

- Come sei arrivato fin qui?- mi sentivo un po’ scosso da quella improvvisata.

- In autobus!- esclamò sfoggiando un sorriso.

Aya sorridere? Non me lo sarei mai immaginato.

 Lui aprì la sua lattina di tè alla pesca e iniziò a sorseggiare, mentre io non riuscivo a capire nulla di quello che stava succedendo.

- Perché sei qui?-

- Ehm, per chiederti scusa, oggi ho esagerato.

- Davvero…- continuò – pensi che abbia il cuore di pietra?-

- No, dai, vuoi ancora litigare?!

- Anch’io ho esagerato, infondo credo di invidiare Omi per la fortuna che gli è toccata. Mi ricorda quando stavo con la mia ex e mi dispiacerebbe se la  sua storia con Ruby dovesse finire…-

- Non ho un cuore di pietra, anche se può sembrare. - osservò la sua lattina per un istante – Anch’io invidio Omi, perché la persona che ama è accanto a lui e sta bene…- mi fissò – Ken, a volte le persone non sono ciò che sembrano…–

Rimasi in silenzio, non riuscivo a capire dove Aya voleva arrivare col suo discorso e ancor più, perché questa sua insolita loquacità mi aveva colto alla sprovvista.

- Noi ne siamo un esempio lampante.

- Risulta doloroso  scoprire che la persona amata è  diversa dall’immagine che ci si è fatti… -

- In parole povere pensi che se Omi confessasse la verità otterrebbe un secco rifiuto. - lo interruppi di colpo. - Lui annuì. - Sinceramente credo che tutto dipenda da quanto è profondo il sentimento che li unisce. –

- Probabilmente è come dici tu.

- Tutto dipende da loro. - 

Non riuscivo ancora a comprendere l’atteggiamento di Aya: la mattina avevamo litigato a causa della sua ottusità e ora, perché si dimostrava così disponibile a parlare?  

Una domanda a cui non riuscivo a trovare risposta.

Forse un po’ era anche colpa mia, perché avevo preso a cuore la situazione di Omi e lo difendevo a spada tratta.

- Ti va di fare un giro in moto?- chiesi alzandomi – Di solito se sono di cattivo umore un giro con la mia fedele due ruote mi fa vedere le cose sotto una luce diversa.-

Aya sorrise e si alzò pure lui.

- L’unica cosa che ci rimane da fare…- continuai - è sperare che vada tutto per il meglio. –

- Già, lo credo anch’io, ma certe volte…- il suo volto si fece cupo, lo sguardo freddo e distaccato che aveva di solito lasciò il posto alla tristezza e alla fragilità di un sofferente essere umano- …certe volte le cose non vanno come si vuole. -

- Sei lento come la fame!- esclamai cambiando discorso e infilandogli il mio casco - Muoviti!-

Allora lo tirai per un braccio fino alla moto e imboccammo la strada del lungo mare.

Aya si teneva stretto alla mia vita, questo mi procurava una gioia immensa, ma allo stesso tempo dolore. Un dolore che mi feriva l’animo e si esprimeva attraverso una fitta al cuore. Allora decisi che, se gli ero amico, una cosa era certa: dovevo assolutamente farmi passare quella sbandata per lui.

 

 

II parte

 

Aya aveva preso da qualche tempo a frequentare abitualmente il mio appartamento. Addirittura non era difficile che cenassimo assieme. Quella sera avevo noleggiato in videoteca  Al di là dei sogni” con Robin Williams, ce lo aveva consigliato una cliente del negozio, già sospettavo fosse un film da pianti e lacrime, non proprio il mio genere, ma lui aveva insistito tanto…

Faceva davvero caldo, tanto che, non curante dell’etichetta, avevo ricevuto a casa Aya indossando la camicia hawaiana  quasi totalmente sbottonata.

Piazzati sul divano e muniti di sacchetti di pop-corn cominciammo la visione di quello che si prospettava una lagna infinita.

Iniziai a mangiucchiarmi le unghie, anziché i pop-corn, e a stento riuscivo a trattenere le lacrime di fronte alle peripezie di quelle due anime legate dall’amore eterno. La scena che mi coinvolse di più fu quando Williams, nella parte del marito, salva la moglie suicida dall’oblio delle sue fissazioni, permettendole, in questo modo, di entrare in paradiso.

Ai titoli di coda ci voltammo l’uno verso l’altro quasi simultaneamente: stavamo piangendo tutti e due. Fu in quell’istante che scoppiammo a ridere.

- Non è possibile!- esclamai – Stai piangendo per un film. -

- E tu? Non sei quello che preferisce i film di Bruce Lee e Stallone?!-

Chi se lo sarebbe immaginato di vedere Aya in lacrime per un film. Man mano che lo frequentavo scoprivo cose che rivoluzionavano la mia opinione su di lui.

Riavvolsi la cassetta e ne tirai fuori un’altra, stavolta della mia collezione, era “Il Dottor Doolittle” con Eddie Murphy:

- Ebbene dopo i pianti ci vogliono le risate non credi?- e così detto pigiai il tasto play e ci vedemmo pure quello.

 

Mi svegliai quasi di soprassalto. Lo schermo del televisore era a bande grigie e nere: probabilmente dovevo essermi addormentato sul divano durante il film.

E Aya?

Sentivo un peso sopra il torace, guardai in basso e vidi i suoi capelli rossi, potevo sentire la sua guancia sulla mia pelle : si era addormentato su di me. Decisi di non svegliarlo, così chiusi gli occhi sperando di riaddormentarmi. Dopo poco la sua testa si sollevò, trafficò con alcuni bottoni della mia camicia aprendola del tutto e si adagiò sul mio torace,  ma feci finta di dormire mentre i miei pensieri correvano sui mille significati di un simile gesto. Ero ancora immerso nelle varie ipotesi che  sentii nuovamente Aya sollevarsi, questa volta avevo l’impressione di essere osservato, mi dava una certa inquietudine, finché la sua mano non mi sfiorò il viso, i capelli e sentii le sue labbra calde e  umide sulle mie.

Spalancai gli occhi incredulo.

Aya, colto di sorpresa, si allontanò da me velocemente balbettando un inarticolato:

- Scusa… -  e come se nulla fosse prese la via dell’ingresso.

Lo rincorsi per il corridoio e, incespicando sul tappeto, gli afferrai un lembo della maglietta ed un braccio per non cadere, ma  scivolammo entrambi in modo che col mio peso lo costrinsi  al pavimento.  Lo voltai verso di me e infilai le mie mani tra i suoi capelli rossi.

- Lasciami andare via! – disse assumendo quell’odiosa espressione autoritaria che aveva durante le missioni. Detto questo mi afferrò i polsi -  Quello che è successo qui non è mai accaduto…-

Per un istante osservai i suoi occhi, freddi e distaccati. Mi sentii ribollire il sangue: dov’era finito l’Aya che conoscevo? Quello capace di commuoversi di fronte ad un film?

Quante notti insonni avevo passato arrovellandomi per lui, tra il desiderio e i sensi di colpa…

Presi il suo capo fra le mani sfidando la morsa che tentava di bloccarmi i polsi e lo baciai. Fu un bacio più profondo e sensuale del primo e non ci fu resistenza, le sue mani lentamente scivolarono sul pavimento lasciandomi libero di agire.

- Così è molto meglio, non credi?- sussurrai appoggiando la mia fronte alla sua.

- Ken…- disse e fu lui questa volta a baciarmi appassionatamente.

 

 

III Parte

 

- Devo parlarti! – disse Omi piombandomi in casa.

Richiusi la porta contrariato da quella improvvisata.

- Ken-kun ho un problema… –

- Questo l’avevo capito.- lo interruppi grattandomi la testa- Lo sai che ore sono? Alle cinque del mattino ti sembra l’ora di andare in giro a svegliare le persone?-

- Sul serio Ken-kun ho un problema…- si sedette sulla poltrona e mi guardò implorante con i suoi grandi occhi verdi.

Come potevo dirgli di no?

- Allora?- nel dire questa parola tentai di raccogliere le mie poche forze per cercare di far funzionare il cervello che, a quell’ora, era solitamente adagiato sul cuscino.

- Ecco io…io e Ruby, insomma sai quando due persone stanno assieme, ecco…-

Ridussi gli occhi a due fessure:

- Omi, non ho capito niente di quello che vuoi dirmi. -

Il piccolo sospirò:

- Com’è che si fa a portarsi a letto la propria ragazza?-

Mi avvicinai a lui incredulo:

- Tu e Ruby? –

Omi annuì.

- Sono un gran sfigato con le donne, forse dovresti chiedere a Youji.-

- Veramente…- guardò un punto imprecisato in mezzo alla stanza- gliel’ho già chiesto, ma quello che mi ha detto non mi convince…tutte quelle storie sulle rose, sull’invito a cena e i regali, insomma non devo sedurre qualcuno… Ruby mi vuole già bene! - esclamò con decisione le ultime parole.

- Diciamo che ti serve un manuale pratico di sesso.-

- Oh, Ken-kun! -

- Omi, apri bene le orecchie: lascia fare alla natura.  Non dovete programmare un giorno od un’ora precisa per farlo…le cose quando vengono, vengono. La passione non la si comanda a bacchetta e se lei non vuole, non insistere. E quando accadrà cercate di farlo con la testa: cerca di non metterla nei guai, ci siamo intesi?- strizzai l’occhio.

Omi arrossito, si alzò dalla poltrona e congedandosi con un grosso abbraccio uscì dall’appartamento.

Sbadigliai.

Non ero la persona adatta a dargli consigli. Chissà…se Omi avesse saputo della mia relazione con Aya, non si sarebbe azzardato a varcare quella soglia.

Delle volte avevo il desiderio di confessare al mondo il mio amore, ma Aya metteva un freno ad ogni mia pazzia, figuriamoci fare sesso.

Era una relazione insolita.

<OK! Andiamo a dormire.> mi dissi.

Non feci in tempo a coricarmi che bussarono di nuovo alla porta.

La aprii violentemente: ero molto arrabbiato oltre che assonnato.

Comparve Aya, in maglietta e pantaloni della tuta. Entrò senza dire una parola e questo mi irritò, tanto che non potei risparmiargli il mio sarcastico saluto:

- Prego, si accomodi!

- Non c’è di che, faccia come fosse a casa sua. -

Lui intanto mi guardava o sembrava guardarmi.

- Perché Omi era qui?- domandò con un tono che non mi piacque.

- Okkay! Ho capito: vi siete messi d’accordo per non farmi dormire. -

- Allora?- continuò seccato.

Mi appoggiai alla porta chiudendola:

- Una scenata di gelosia per Omi?! Questa è bella…-

Ormai sapevo come prenderlo senza litigarci.

- Non sono geloso…- disse questo assumendo la tipica espressione battagliera di uno che non vuole avere torto a tutti i costi.

Feci qualche passo in avanti, fermandomi  ad una spanna da lui:

- Sei venuto solo per questo?- e dicendolo lo presi per i fianchi facendo un sorriso malizioso.

Già sapevo che, di lì a poco, si sarebbe congedato lasciandomi a mani vuote, come al solito, e, come al solito, conoscendo la sua proverbiale caparbietà non avrei insistito.

Continuò a fissarmi in attesa di risposta.

- Mi chiedeva consiglio su come portarsi  a letto Ruby, dato che quello di Youji non lo convinceva. -

Mi mise le braccia attorno al collo e prese ad accarezzarmi la nuca:

- Cosa gli hai detto?-

- Beh…- ero piuttosto imbarazzato visto che  Aya mi fissava, ancora, con quegli occhi indagatori – Gli ho detto di non insistere se lei non vuole e di lasciar fare alla natura e alla passione…-deglutii- Non è bello programmare di fare certe cose. –

Aya mi baciò facendo uno strano gioco con la lingua, allora mi sentii autorizzato ad infilargli le mani sotto la maglietta e ad accarezzargli la schiena con l’unghia dell’indice, su e giù, lungo la colonna vertebrale: lo faceva impazzire.

Mi staccai lentamente dalle sue labbra e passai a baciarli le guance, nello stesso momento le mie mani scivolarono sotto i suoi pantaloni accarezzandogli le natiche.

<Adesso mi dirà di smettere.> pensai, solitamente si comportava così: gettava il sasso e poi nascondeva la mano, ma stavolta prese a scompigliarmi violentemente i capelli e a baciarmi il collo, sotto l’orecchio.

Spaventato, tolsi le mani da dov’erano e mi congedai da lui:

- Bene! Vado a dormire. - e mi avviai in camera da letto, con tutta l’intenzione di riposare.

- Vai a dormire sul serio?- mi chiese, seguendomi, mentre mi infilavo tra le lenzuola.

- Manca ancora un’ora e mezza alla sveglia e non ho nessuna intenzione di sprecarla. -

Con mia sorpresa pure lui si infilò nel letto.

- Beh…staremo un po’ stretti. - conclusi e chiudendo gli occhi mi girai dalla parte opposta.

Qualcosa di umido e caldo mi sfiorò l’orecchio. Tremai sorpreso.

Ci volle qualche istante ancora perché comprendessi cosa fosse. Era lingua di Aya che si insinuava nelle depressioni del mio padiglione auricolare: un brivido d’eccitazione mi percorse la schiena.

- Ahi!- esclamai dopo un suo morso al lobo.

- Ken…- sussurrò - non riesco a dormire. -

Voltandomi verso di lui per rispondergli mi accorsi, nella penombra, del modo in cui mi guardava e dello strano sorriso che gli illuminava il volto.

<Mio caro Aya, sei sempre il solito, tanto so che poi mi mandi in bianco. Ti diverti tanto a torturarmi, eh?>

Ci fu un attimo di esitazione…

<Stavolta tocca a me!>

Gli baciai la fronte come se baciassi quella di un bambino, mentre lui protendeva le sue labbra verso le mie; deluso, fece una smorfia di disapprovazione e mi bloccò il capo, così il secondo tentativo andò a buon fine.

Durò il tempo necessario per un assaggio, solo pochi istanti, finché non chiusi le labbra e le allontanai dalle sue.

Sgranò gli occhi.

Allora fui io a coglierlo di sorpresa: inaspettatamente gli infilai la lingua nella bocca dischiusa dandogli quel bacio tanto atteso.  Ci cominciai a giocare e constatai divertito  che il mio amante mi assecondava con grande coinvolgimento.

Contemporaneamente le mie dita frementi si insinuarono sotto la maglietta accarezzandogli il torace e non  rinunciarono a solleticargli il capezzolo. Quando divenne turgido, eccitato, lo pizzicarono.

Aya gemette.

Fu una soddisfazione ed una sorpresa accorgermi dell’elevata sensibilità raggiunta dal suo corpo, ma ero deciso a vendicarmi.

Mi ritirai di nuovo, mentre le sue labbra cercavano le mie.

- Che diamine ti prende?!- esasperato si sistemò meglio sul letto in maniera tale da bloccare ogni mia possibile via di fuga.

I suoi occhi si accesero di un denso colore violaceo, lo stesso colore di quando si apprestava ad uccidere. Prima che potesse reagire lo raggiunsi con un altro bacio, seguito da una maliziosa smorfia.

Buttò le lenzuola all’aria e si sedette a cavalcioni su di me.

Respirò a fondo:

- Stai giocando Ken?-

Rimasi a guardarlo divertito.

Si passò la mano fra i capelli e chiese ancora, con più convinzione:

- Stai giocando?!-

Mi limitai a fissarlo negli occhi, lo irritava, forse troppo.

Lui  abbassò lo sguardo, appoggiò le mani ai lati del mio torace e strofinò i suoi lombi sopra i miei.

- Io non sto giocando. -

Aprii la bocca in un’espressione di sorpresa: capii all’istante il vero motivo di quella visita inaspettata.

Gli afferrai violentemente le braccia e lo costrinsi a sdraiarsi invertendo le posizioni, ero molto eccitato.

Aya era venuto nella mia camera con un proposito ben preciso, evidente fin dall’inizio.

Infilai la testa sotto la sua maglietta, appoggiai le labbra sul suo ventre e ci soffiai emettendo uno strano rumore che provocò la sua risata. Sapevo che avrebbe alleggerito la tensione.

<E adesso Ken, cosa gli fai?>

Le mie labbra piombarono improvvisamente sul capezzolo prescelto e iniziai a succhiarlo avidamente come un bambino. Dall’altra parte sentivo la mano di Aya sfiorarmi il capo. Con la punta della lingua passai all’altro capezzolo e poi giù fino all’ombelico facendoci più giri, mentre per reazione il suo torace assunse un ritmo più veloce, infine risalii fino ad arrivargli alla gola.

- Cucù! Cucù! C’è qualcuno in casa?-

Aya rise ancora, mi spiò dal colletto e disse, sempre ridendo:

- Aiutami a togliere la maglietta. -

Non me lo feci ripetere due volte e gliela sfilai.  Fui travolto da un altro bacio e dalle sue mani fra i miei capelli, non riuscivo a resistere, il sangue mi bolliva nelle vene, quindi infilai nuovamente le mani nei suoi pantaloni facendoglieli scivolare lentamente lungo le cosce. Accarezzai i suoi genitali dolcemente, soprattutto, mi soffermai lungo il pene, quel tanto che bastava per provocarne l’erezione.

Smise di muovere la lingua e rimase con la bocca semiaperta, mosso da grandi respiri.

Allora lasciai le sue labbra per ritornare all’ombelico.

Aya si sollevò sedendosi sul letto, cosicché i miei baci furono costretti a scendere lungo l’inguine, mi feci spazio abbassandogli i boxer e così  notai l’effetto della mia premura.

Le sue dita mi sfiorarono la schiena nell’intento di togliermi la canottiera. Frastornato dall’eccitazione del mio corpo e dall’insolito atteggiamento del mio compagno sollevai di scatto il capo.

Guardai i profondi occhi viola di Aya  in attesa di conferma.

- Non ho l’abitudine di tenere preservativi in casa…-

- Non importa…- rispose sfiorandomi i capelli- non mi drogo e non…io non sono stato con nessuno prima d’ora.- lo disse con sforzo, quasi si vergognasse.

Sorrisi:

- Allora siamo in due. -

I sui pantaloni e boxer finirono sopra la sedia della camera.

Ora era completamente nudo e senza pudore si lasciava guardare: rimasi incantato dalla sua pelle liscia e chiara.

- Hai intenzione di rimanere vestito?- mi ammonì e afferrandomi un lembo della canottiera iniziò a spogliarmi.

Era un piacere sentire le sue mani affusolate sfiorarmi la pelle.

Appena rimasi nudo fui sopra di lui.

Aya cominciò a baciarmi la spalla  ed io il suo collo, mentre le mie mani scendevano sempre più in basso e le sue unghie mi graffiavano la schiena.

Sentivo il suo sesso eretto sfiorare il mio ventre, era molto eccitante.

- Ken non ce la faccio più.- sussurrò.

Ci guardammo negli occhi.

- Aspettami un attimo…- mi congedai da lui, corsi in cucina e tirai fuori dal frigo un pezzo di burro.

<Speriamo vada bene>

- Scusami se ti farò male. - gli dissi preoccupato una volta tornato in camera.

Unsi col burro ormai sciolto l’orifizio di Aya e cercai di penetrarlo il meno dolorosamente possibile. Lui reagì con un lamento smorzato a denti stretti e aggrappandosi alle mie spalle.

Fu difficile riuscire a controllare l’impeto che ne seguì.

Provai un piacere immenso in quel lento movimento che ci univa. I nostri corpi scivolavano sudati, l’uno sull’altro; con gli occhi semiaperti potevo scorgere il volto del mio amante assumere varie espressioni di piacere.

I suoi movimenti si fecero più veloci.

Ero quasi giunto al limite della resistenza.

Presi con decisione il lato esterno  delle sue cosce e aumentai il ritmo della danza.

Il cuore mi batteva a mille.

Sentii le sue unghie piantarsi nella mia carne, il suo corpo fremere ed infine l’urlo soffocato che ne seguì.

Poco dopo lo raggiunsi anch’io, con tutto il mio essere, quindi caddi, sfinito e ansimante, sopra il suo torace.

Le sue labbra si posarono allora sulla mia fronte grondante di sudore:

- Ti amo Ken…-

Bussarono alla porta.

Ancora ansimante alzai istintivamente il capo e feci per alzarmi quando Aya mi bloccò col braccio:

- Sssss…- fece – Dove credi di andare?

Lascia che bussino. – e mi baciò sulla bocca.

 

The end

 


 

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