Gli edifici dai contorni non definiti si alternavano
l’uno all’altro a grande velocità. Qua e là
qualche sprazzo di verde animava di colore una visuale altrimenti
costantemente grigia. Le strade erano vuote a quell’ora, col sole cocente del
mezzogiorno solo un pazzo si sarebbe avventurato fuori di casa…io, appunto.
Il vento caldo sulla pelle…
Era una sensazione
che aveva la capacità di
calmarmi, proprio quello di cui avevo bisogno.
Rallentai e svoltai
dentro una strada laterale che conduceva ad un campetto da calcio ora deserto. Dopo aver parcheggiato la
moto nelle vicinanze, mi sdraiai,
sfinito, sotto uno degli alberi che stava a bordo campo per godermi quella
solitudine.
L’unico modo per pensare come risolvere il problema
era scappare: se fossi rimasto lì l’avrei picchiato. Era riuscito a farmi
perdere il controllo e per reazione gli avevo rovesciato addosso un secchio
d’acqua bagnandolo completamente. Aya si era limitato a guardarmi in cagnesco
con i suoi occhi gelidi, senza aprir bocca. Irritante, così irritante che non
contento gli piombai di fronte urlandogli:
-
Cos’hai al posto del cuore?! Un pezzo di marmo? Persino un muro ha più
sensibilità di te! –
Mi
sembrò davvero di parlare ad un muro. Aya si voltò come se nulla fosse e
proseguì la pulizia del negozio.
Se fossi rimasto lì
l’avrei certamente picchiato, così decisi per la fuga…
L’argomento del litigio era la relazione di Omi: il
piccolo flirtava da qualche tempo con una ragazza, Ruby, poco più grande di lui
e le cose sembravano prendere una buona piega, ma c’era il problema del nostro
lavoro come Weiss. Lui non poteva metterla al corrente delle nostre attività
segrete, pena la morte della ragazza e la sua e questo complicava decisamente
le cose. Mentre io sostenevo che Omi non doveva rinunciare alla speranza di
costruirsi una vita normale, Aya sosteneva il contrario. Il suo cinismo e il
suo distacco mi fecero salire il sangue alla testa, era impossibile poter
ragionare con lui. - Sei un romantico sognatore…- disse -…però non si può
vivere di soli sogni e Omi, per quanto doloroso possa essere, deve capire che
per noi, per i Weiss, una relazione duratura è impossibile.-
“…impossibile” questa parola echeggiava ancora nella
mia testa frastornandomi.
A pensarci bene
era da un po’ di tempo che i rapporti con Aya si erano incrinati, mi
risultava difficile lavorarci assieme, fianco a fianco, non sopportavo più il
suo atteggiamento dispotico e distaccato.
Sospirai…
C’era anche qualcos’altro, qualcosa che non volevo
confessare a me stesso: infondo nutrivo per Aya una certa ammirazione. Un tipo
di ammirazione che non avrei mai pensato di provare per un uomo. Mi ero scoperto a studiarlo in ogni singolo
atteggiamento tanto che alla volte riuscivo persino a prevedere certe sue
reazioni, ma non era solo quello. I miei occhi scivolavano su certe trasparenze
che la sua camicia lasciava intravedere oppure, mentre eravamo ai bagni
pubblici, su certe sinuosità del suo corpo, sulla sua pelle liscia e chiara,
sui lineamenti dolci del volto. Alle volte temevo che qualcuno mi potesse
scoprire. Questo mio interessamento quasi morboso mi sconvolgeva, ne avevo
paura…
Rabbrividì…
Infondo conoscevo la risposta a quella miriade di
sensazioni che la sua sola vista mi suscitava, ma era dura ammetterla. Avevo
avuto una relazione con una ragazza prima di entrare nei Weiss, quando giocavo
nella Japan League, allora non avevo dubbi sulla mia normalità, i miei sogni
erano popolati di donne, ma ora il terreno cedeva sotto i miei piedi e questa
certezza sfumava più stavo vicino ad Aya.
Sentii delle gocce gelide bagnarmi la faccia. Aprii
di scatto gli occhi e, sorpreso, vidi Aya, la ragione della mia sofferenza,
porgermi una lattina di birra ghiacciata.
- Cosa ci fai qui?- domandai.
E lui sedendosi:
- So che ogni tanto passi i pomeriggi a vedere la
squadra dei pulcini che si allena in questo campo.-
- Come?- lo guardai sempre più sconvolto.
- Alcune mamme vengono a prendere i fiori al negozio
e tu di certo non passi inosservato- mi strizzò l’occhio sempre porgendomi la
lattina di birra.
La presi e senza fare complimenti la aprii:
- Come sei arrivato fin qui?- mi sentivo un po’
scosso da quella improvvisata.
- In autobus!- esclamò sfoggiando un sorriso.
Aya sorridere? Non me lo sarei mai immaginato.
Lui aprì la
sua lattina di tè alla pesca e iniziò a sorseggiare, mentre io non riuscivo a
capire nulla di quello che stava succedendo.
- Perché sei qui?-
- Ehm, per chiederti scusa, oggi ho esagerato.
- Davvero…- continuò –
pensi che abbia il cuore di pietra?-
- No, dai, vuoi ancora litigare?!
- Anch’io ho esagerato, infondo credo di invidiare
Omi per la fortuna che gli è toccata. Mi ricorda quando stavo con la mia ex e
mi dispiacerebbe se la sua storia con
Ruby dovesse finire…-
- Non ho un cuore di pietra, anche se può sembrare. -
osservò la sua lattina per un istante – Anch’io invidio Omi, perché la persona
che ama è accanto a lui e sta bene…- mi fissò – Ken, a volte le persone non
sono ciò che sembrano…–
Rimasi in silenzio, non riuscivo a capire dove Aya voleva
arrivare col suo discorso e ancor più, perché questa sua insolita loquacità mi
aveva colto alla sprovvista.
- Noi ne siamo un esempio lampante.
- Risulta doloroso
scoprire che la persona amata è
diversa dall’immagine che ci si è fatti… -
- In parole povere pensi che se Omi confessasse la
verità otterrebbe un secco rifiuto. - lo interruppi di colpo. - Lui annuì. -
Sinceramente credo che tutto dipenda da quanto è profondo il sentimento che li
unisce. –
- Probabilmente è come dici tu.
- Tutto dipende da loro. -
Non riuscivo ancora a comprendere l’atteggiamento di
Aya: la mattina avevamo litigato a causa della sua ottusità e ora, perché si
dimostrava così disponibile a parlare?
Una domanda a cui non riuscivo a trovare risposta.
Forse un po’ era anche colpa mia, perché avevo preso
a cuore la situazione di Omi e lo difendevo a spada tratta.
- Ti va di fare un giro in moto?- chiesi alzandomi –
Di solito se sono di cattivo umore un giro con la mia fedele due ruote mi fa
vedere le cose sotto una luce diversa.-
Aya sorrise e si alzò pure lui.
- L’unica cosa che ci rimane da fare…- continuai - è
sperare che vada tutto per il meglio. –
- Già, lo credo anch’io, ma certe volte…- il suo
volto si fece cupo, lo sguardo freddo e distaccato che aveva di solito lasciò
il posto alla tristezza e alla fragilità di un sofferente essere umano- …certe
volte le cose non vanno come si vuole. -
- Sei lento come la fame!- esclamai cambiando
discorso e infilandogli il mio casco - Muoviti!-
Allora lo tirai per un braccio fino alla moto e
imboccammo la strada del lungo mare.
Aya si teneva stretto alla mia vita, questo mi
procurava una gioia immensa, ma allo stesso tempo dolore. Un dolore che mi
feriva l’animo e si esprimeva attraverso una fitta al cuore. Allora decisi che,
se gli ero amico, una cosa era certa: dovevo assolutamente farmi passare quella
sbandata per lui.
Aya aveva
preso da qualche tempo a frequentare abitualmente il mio appartamento.
Addirittura non era difficile che cenassimo assieme. Quella sera avevo
noleggiato in videoteca “Al di là dei sogni” con Robin Williams,
ce lo aveva consigliato una cliente del negozio, già sospettavo fosse un film
da pianti e lacrime, non proprio il mio genere, ma lui aveva insistito tanto…
Faceva
davvero caldo, tanto che, non curante dell’etichetta, avevo ricevuto a casa Aya
indossando la camicia hawaiana quasi
totalmente sbottonata.
Piazzati
sul divano e muniti di sacchetti di pop-corn cominciammo la visione di quello
che si prospettava una lagna infinita.
Iniziai a
mangiucchiarmi le unghie, anziché i pop-corn, e a stento riuscivo a trattenere
le lacrime di fronte alle peripezie di quelle due anime legate dall’amore
eterno. La scena che mi coinvolse di più fu quando Williams, nella parte del
marito, salva la moglie suicida dall’oblio delle sue fissazioni, permettendole,
in questo modo, di entrare in paradiso.
Ai titoli
di coda ci voltammo l’uno verso l’altro quasi simultaneamente: stavamo
piangendo tutti e due. Fu in quell’istante che scoppiammo a ridere.
- Non è
possibile!- esclamai – Stai piangendo per un film. -
- E tu?
Non sei quello che preferisce i film di Bruce Lee e Stallone?!-
Chi se lo
sarebbe immaginato di vedere Aya in lacrime per un film. Man mano che lo
frequentavo scoprivo cose che rivoluzionavano la mia opinione su di lui.
Riavvolsi
la cassetta e ne tirai fuori un’altra, stavolta della mia collezione, era “Il Dottor Doolittle” con Eddie Murphy:
- Ebbene
dopo i pianti ci vogliono le risate non credi?- e così detto pigiai il tasto
play e ci vedemmo pure quello.
Mi
svegliai quasi di soprassalto. Lo schermo del televisore era a bande grigie e
nere: probabilmente dovevo essermi addormentato sul divano durante il film.
E Aya?
Sentivo un
peso sopra il torace, guardai in basso e vidi i suoi capelli rossi, potevo
sentire la sua guancia sulla mia pelle : si era addormentato su di me. Decisi
di non svegliarlo, così chiusi gli occhi sperando di riaddormentarmi. Dopo poco
la sua testa si sollevò, trafficò con alcuni bottoni della mia camicia
aprendola del tutto e si adagiò sul mio torace, ma feci finta di dormire mentre i miei pensieri correvano sui
mille significati di un simile gesto. Ero ancora immerso nelle varie ipotesi
che sentii nuovamente Aya sollevarsi,
questa volta avevo l’impressione di essere osservato, mi dava una certa
inquietudine, finché la sua mano non mi sfiorò il viso, i capelli e sentii le
sue labbra calde e umide sulle mie.
Spalancai
gli occhi incredulo.
Aya, colto
di sorpresa, si allontanò da me velocemente balbettando un inarticolato:
- Scusa…
- e come se nulla fosse prese la via
dell’ingresso.
Lo
rincorsi per il corridoio e, incespicando sul tappeto, gli afferrai un lembo
della maglietta ed un braccio per non cadere, ma scivolammo entrambi in modo che col mio peso lo costrinsi al pavimento. Lo voltai verso di me e infilai le mie mani tra i suoi capelli
rossi.
- Lasciami
andare via! – disse assumendo quell’odiosa espressione autoritaria che aveva
durante le missioni. Detto questo mi afferrò i polsi - Quello che è successo qui non è mai
accaduto…-
Per un
istante osservai i suoi occhi, freddi e distaccati. Mi sentii ribollire il
sangue: dov’era finito l’Aya che conoscevo? Quello capace di commuoversi di
fronte ad un film?
Quante
notti insonni avevo passato arrovellandomi per lui, tra il desiderio e i sensi
di colpa…
Presi il
suo capo fra le mani sfidando la morsa che tentava di bloccarmi i polsi e lo
baciai. Fu un bacio più profondo e sensuale del primo e non ci fu resistenza,
le sue mani lentamente scivolarono sul pavimento lasciandomi libero di agire.
- Così è
molto meglio, non credi?- sussurrai appoggiando la mia fronte alla sua.
- Ken…-
disse e fu lui questa volta a baciarmi appassionatamente.
III Parte
- Devo
parlarti! – disse Omi piombandomi in casa.
Richiusi
la porta contrariato da quella improvvisata.
- Ken-kun
ho un problema… –
- Questo
l’avevo capito.- lo interruppi grattandomi la testa- Lo sai che ore sono? Alle
cinque del mattino ti sembra l’ora di andare in giro a svegliare le persone?-
- Sul serio
Ken-kun ho un problema…- si sedette sulla poltrona e mi guardò implorante con i
suoi grandi occhi verdi.
Come
potevo dirgli di no?
- Allora?-
nel dire questa parola tentai di raccogliere le mie poche forze per cercare di
far funzionare il cervello che, a quell’ora, era solitamente adagiato sul
cuscino.
- Ecco
io…io e Ruby, insomma sai quando due persone stanno assieme, ecco…-
Ridussi
gli occhi a due fessure:
- Omi, non
ho capito niente di quello che vuoi dirmi. -
Il piccolo
sospirò:
- Com’è
che si fa a portarsi a letto la propria ragazza?-
Mi
avvicinai a lui incredulo:
- Tu e
Ruby? –
Omi annuì.
- Sono un
gran sfigato con le donne, forse dovresti chiedere a Youji.-
-
Veramente…- guardò un punto imprecisato in mezzo alla stanza- gliel’ho già
chiesto, ma quello che mi ha detto non mi convince…tutte quelle storie sulle
rose, sull’invito a cena e i regali, insomma non devo sedurre qualcuno… Ruby mi
vuole già bene! - esclamò con decisione le ultime parole.
- Diciamo
che ti serve un manuale pratico di sesso.-
- Oh, Ken-kun! -
- Omi,
apri bene le orecchie: lascia fare alla natura. Non dovete programmare un giorno od un’ora precisa per farlo…le
cose quando vengono, vengono. La passione non la si comanda a bacchetta e se lei
non vuole, non insistere. E quando accadrà cercate di farlo con la testa: cerca
di non metterla nei guai, ci siamo intesi?- strizzai l’occhio.
Omi
arrossito, si alzò dalla poltrona e congedandosi con un grosso abbraccio uscì
dall’appartamento.
Sbadigliai.
Non ero la
persona adatta a dargli consigli. Chissà…se Omi avesse saputo della mia
relazione con Aya, non si sarebbe azzardato a varcare quella soglia.
Delle
volte avevo il desiderio di confessare al mondo il mio amore, ma Aya metteva un
freno ad ogni mia pazzia, figuriamoci fare sesso.
Era una
relazione insolita.
<OK!
Andiamo a dormire.> mi dissi.
Non feci
in tempo a coricarmi che bussarono di nuovo alla porta.
La aprii
violentemente: ero molto arrabbiato oltre che assonnato.
Comparve
Aya, in maglietta e pantaloni della tuta. Entrò senza dire una parola e questo
mi irritò, tanto che non potei risparmiargli il mio sarcastico saluto:
- Prego,
si accomodi!
- Non c’è
di che, faccia come fosse a casa sua. -
Lui
intanto mi guardava o sembrava guardarmi.
- Perché
Omi era qui?- domandò con un tono che non mi piacque.
- Okkay!
Ho capito: vi siete messi d’accordo per non farmi dormire. -
- Allora?-
continuò seccato.
Mi
appoggiai alla porta chiudendola:
- Una
scenata di gelosia per Omi?! Questa è bella…-
Ormai
sapevo come prenderlo senza litigarci.
- Non sono
geloso…- disse questo assumendo la tipica espressione battagliera di uno che
non vuole avere torto a tutti i costi.
Feci
qualche passo in avanti, fermandomi ad
una spanna da lui:
- Sei
venuto solo per questo?- e dicendolo lo presi per i fianchi facendo un sorriso
malizioso.
Già sapevo
che, di lì a poco, si sarebbe congedato lasciandomi a mani vuote, come al
solito, e, come al solito, conoscendo la sua proverbiale caparbietà non avrei
insistito.
Continuò a
fissarmi in attesa di risposta.
- Mi
chiedeva consiglio su come portarsi a
letto Ruby, dato che quello di Youji non lo convinceva. -
Mi mise le
braccia attorno al collo e prese ad accarezzarmi la nuca:
- Cosa gli
hai detto?-
- Beh…-
ero piuttosto imbarazzato visto che Aya
mi fissava, ancora, con quegli occhi indagatori – Gli ho detto di non insistere
se lei non vuole e di lasciar fare alla natura e alla passione…-deglutii- Non è
bello programmare di fare certe cose. –
Aya mi
baciò facendo uno strano gioco con la lingua, allora mi sentii autorizzato ad
infilargli le mani sotto la maglietta e ad accarezzargli la schiena con
l’unghia dell’indice, su e giù, lungo la colonna vertebrale: lo faceva
impazzire.
Mi staccai
lentamente dalle sue labbra e passai a baciarli le guance, nello stesso momento
le mie mani scivolarono sotto i suoi pantaloni accarezzandogli le natiche.
<Adesso
mi dirà di smettere.> pensai, solitamente si comportava così: gettava il
sasso e poi nascondeva la mano, ma stavolta prese a scompigliarmi violentemente
i capelli e a baciarmi il collo, sotto l’orecchio.
Spaventato,
tolsi le mani da dov’erano e mi congedai da lui:
- Bene!
Vado a dormire. - e mi avviai in camera da letto, con tutta l’intenzione di
riposare.
- Vai a
dormire sul serio?- mi chiese, seguendomi, mentre mi infilavo tra le lenzuola.
- Manca
ancora un’ora e mezza alla sveglia e non ho nessuna intenzione di sprecarla. -
Con mia
sorpresa pure lui si infilò nel letto.
-
Beh…staremo un po’ stretti. - conclusi e chiudendo gli occhi mi girai dalla
parte opposta.
Qualcosa
di umido e caldo mi sfiorò l’orecchio. Tremai sorpreso.
Ci volle
qualche istante ancora perché comprendessi cosa fosse. Era lingua di Aya che si
insinuava nelle depressioni del mio padiglione auricolare: un brivido d’eccitazione
mi percorse la schiena.
- Ahi!-
esclamai dopo un suo morso al lobo.
- Ken…-
sussurrò - non riesco a dormire. -
Voltandomi
verso di lui per rispondergli mi accorsi, nella penombra, del modo in cui mi guardava
e dello strano sorriso che gli illuminava il volto.
<Mio
caro Aya, sei sempre il solito, tanto so che poi mi mandi in bianco. Ti diverti
tanto a torturarmi, eh?>
Ci fu un
attimo di esitazione…
<Stavolta
tocca a me!>
Gli baciai
la fronte come se baciassi quella di un bambino, mentre lui protendeva le sue
labbra verso le mie; deluso, fece una smorfia di disapprovazione e mi bloccò il
capo, così il secondo tentativo andò a buon fine.
Durò il
tempo necessario per un assaggio, solo pochi istanti, finché non chiusi le
labbra e le allontanai dalle sue.
Sgranò gli
occhi.
Allora fui
io a coglierlo di sorpresa: inaspettatamente gli infilai la lingua nella bocca
dischiusa dandogli quel bacio tanto atteso.
Ci cominciai a giocare e constatai divertito che il mio amante mi assecondava con grande coinvolgimento.
Contemporaneamente
le mie dita frementi si insinuarono sotto la maglietta accarezzandogli il
torace e non rinunciarono a
solleticargli il capezzolo. Quando divenne turgido, eccitato, lo pizzicarono.
Aya gemette.
Fu una
soddisfazione ed una sorpresa accorgermi dell’elevata sensibilità raggiunta dal
suo corpo, ma ero deciso a vendicarmi.
Mi ritirai
di nuovo, mentre le sue labbra cercavano le mie.
- Che
diamine ti prende?!- esasperato si sistemò meglio sul letto in maniera tale da
bloccare ogni mia possibile via di fuga.
I suoi
occhi si accesero di un denso colore violaceo, lo stesso colore di quando si
apprestava ad uccidere. Prima che potesse reagire lo raggiunsi con un altro
bacio, seguito da una maliziosa smorfia.
Buttò le
lenzuola all’aria e si sedette a cavalcioni su di me.
Respirò a
fondo:
- Stai
giocando Ken?-
Rimasi a
guardarlo divertito.
Si passò
la mano fra i capelli e chiese ancora, con più convinzione:
- Stai
giocando?!-
Mi limitai
a fissarlo negli occhi, lo irritava, forse troppo.
Lui abbassò lo sguardo, appoggiò le mani ai lati
del mio torace e strofinò i suoi lombi sopra i miei.
- Io non
sto giocando. -
Aprii la
bocca in un’espressione di sorpresa: capii all’istante il vero motivo di quella
visita inaspettata.
Gli
afferrai violentemente le braccia e lo costrinsi a sdraiarsi invertendo le
posizioni, ero molto eccitato.
Aya era
venuto nella mia camera con un proposito ben preciso, evidente fin dall’inizio.
Infilai la
testa sotto la sua maglietta, appoggiai le labbra sul suo ventre e ci soffiai
emettendo uno strano rumore che provocò la sua risata. Sapevo che avrebbe
alleggerito la tensione.
<E
adesso Ken, cosa gli fai?>
Le mie labbra
piombarono improvvisamente sul capezzolo prescelto e iniziai a succhiarlo
avidamente come un bambino. Dall’altra parte sentivo la mano di Aya sfiorarmi
il capo. Con la punta della lingua passai all’altro capezzolo e poi giù fino
all’ombelico facendoci più giri, mentre per reazione il suo torace assunse un
ritmo più veloce, infine risalii fino ad arrivargli alla gola.
- Cucù!
Cucù! C’è qualcuno in casa?-
Aya rise
ancora, mi spiò dal colletto e disse, sempre ridendo:
- Aiutami
a togliere la maglietta. -
Non me lo
feci ripetere due volte e gliela sfilai.
Fui travolto da un altro bacio e dalle sue mani fra i miei capelli, non
riuscivo a resistere, il sangue mi bolliva nelle vene, quindi infilai
nuovamente le mani nei suoi pantaloni facendoglieli scivolare lentamente lungo
le cosce. Accarezzai i suoi genitali dolcemente, soprattutto, mi soffermai
lungo il pene, quel tanto che bastava per provocarne l’erezione.
Smise di
muovere la lingua e rimase con la bocca semiaperta, mosso da grandi respiri.
Allora lasciai
le sue labbra per ritornare all’ombelico.
Aya si
sollevò sedendosi sul letto, cosicché i miei baci furono costretti a scendere
lungo l’inguine, mi feci spazio abbassandogli i boxer e così notai l’effetto della mia premura.
Le sue
dita mi sfiorarono la schiena nell’intento di togliermi la canottiera.
Frastornato dall’eccitazione del mio corpo e dall’insolito atteggiamento del
mio compagno sollevai di scatto il capo.
Guardai i
profondi occhi viola di Aya in attesa
di conferma.
- Non ho
l’abitudine di tenere preservativi in casa…-
- Non
importa…- rispose sfiorandomi i capelli- non mi drogo e non…io non sono stato
con nessuno prima d’ora.- lo disse con sforzo, quasi si vergognasse.
Sorrisi:
- Allora
siamo in due. -
I sui
pantaloni e boxer finirono sopra la sedia della camera.
Ora era
completamente nudo e senza pudore si lasciava guardare: rimasi incantato dalla
sua pelle liscia e chiara.
- Hai
intenzione di rimanere vestito?- mi ammonì e afferrandomi un lembo della
canottiera iniziò a spogliarmi.
Era un
piacere sentire le sue mani affusolate sfiorarmi la pelle.
Appena
rimasi nudo fui sopra di lui.
Aya
cominciò a baciarmi la spalla ed io il
suo collo, mentre le mie mani scendevano sempre più in basso e le sue unghie mi
graffiavano la schiena.
Sentivo il
suo sesso eretto sfiorare il mio ventre, era molto eccitante.
- Ken non
ce la faccio più.- sussurrò.
Ci
guardammo negli occhi.
-
Aspettami un attimo…- mi congedai da lui, corsi in cucina e tirai fuori dal
frigo un pezzo di burro.
<Speriamo
vada bene>
- Scusami
se ti farò male. - gli dissi preoccupato una volta tornato in camera.
Unsi col
burro ormai sciolto l’orifizio di Aya e cercai di penetrarlo il meno
dolorosamente possibile. Lui reagì con un lamento smorzato a denti stretti e
aggrappandosi alle mie spalle.
Fu
difficile riuscire a controllare l’impeto che ne seguì.
Provai un
piacere immenso in quel lento movimento che ci univa. I nostri corpi
scivolavano sudati, l’uno sull’altro; con gli occhi semiaperti potevo scorgere il
volto del mio amante assumere varie espressioni di piacere.
I suoi
movimenti si fecero più veloci.
Ero quasi
giunto al limite della resistenza.
Presi con
decisione il lato esterno delle sue
cosce e aumentai il ritmo della danza.
Il cuore
mi batteva a mille.
Sentii le
sue unghie piantarsi nella mia carne, il suo corpo fremere ed infine l’urlo
soffocato che ne seguì.
Poco dopo
lo raggiunsi anch’io, con tutto il mio essere, quindi caddi, sfinito e
ansimante, sopra il suo torace.
Le sue
labbra si posarono allora sulla mia fronte grondante di sudore:
- Ti amo
Ken…-
Bussarono
alla porta.
Ancora
ansimante alzai istintivamente il capo e feci per alzarmi quando Aya mi bloccò
col braccio:
- Sssss…-
fece – Dove credi di andare?
Lascia che
bussino. – e mi baciò sulla bocca.
The end