DISCLAIMER: I personaggi sono di K.Minekura



Anime gemelle

2nd edition

di Nefertari


“Sono tre giorni che non mangio come si deve. Potrei eliminarlo e poi farlo arrosto!” suggerì Goku.

Il sole del deserto illuminava le perle di sudore sul suo viso arrossato.

Non un filo di vento quel giorno, una insopportabile calura… e un demone deforme di fronte ai quattro viaggiatori, un essere fastidioso tutto intento a intonare ridicole grida di guerra.

“Lascialo a me, moccioso!” disse Gojyo saltando giù dalla jeep. “Ho bisogno di sgranchirmi le gambe.”

“Non se ne parla, dannato! Voglio divertirmi un po’!”

“Sono giorni che non fai che darmi il tormento, se c’è qualcuno che si deve divertire quello sono io!”

“Non te lo lascerò!”

Entrambi, spintonandosi l’un l’altro, si gettarono verso il demone, che continuava imperterrito ad urlare come un ossesso.

“Fatti da parte, scimmia, mi basta un colpo per mandarlo all’altro mondo!”

“A me basta mezzo colpo!”

“Non darti troppe arie, piccoletto!”

“Lo sai che sono più forte di te!”

“Ma davvero? Io invece pens--”

 

Si udì uno sparo.

Un unico, potente e *venerabile* sparo.

 

Un gigantesco boato lo seguì un istante dopo: il corpo del nemico esplose in una miriade di pezzetti mollicci, che ricaddero al suolo come tante piccole meteore di gelatina.

“Che schifo!” esclamò Goku , mentre una porzione di muco verdastro gli schizzava sul dorso della mano sinistra. Fu lesto a scuoterlo via, nauseato.

“Diamine, che creatura disgustosa” osservò Gojyo indietreggiando. “Dannato bonzo, ci ha tolto tutto il divertimento! Scimmia, che ne dici di fare arrosto questa poltiglia?”

“Mangia tu la spazzatura, kappa!”

“Ehi, eri tu che volevi mangiartelo.”

“Chiudi il becco! Se continui a parlare di mangiare mi verrà ancora più fame!”

Sanzo, pericolosamente spazientito, bofonchiò qualcosa di poco amichevole all’indirizzo dei due compagni e ripose la pistola fumante, sotto lo sguardo divertito di Hakkai.

“Tappatevi quelle boccacce e salite a bordo, si riparte!” comandò poi.

(Un comando che non ammetteva repliche.)

 

***

 

Dopo una mezza giornata di marcia tra dune ora rossastre ora rosate, i quattro raggiunsero un ridente villaggio ai margini del deserto.

Presero alloggio in una locanda piccola, accogliente… e, elemento fondamentale, provvista di un efficientissimo servizio di ristorazione.

Quella sera, la padrona del locale servì ai viaggiatori la specialità della casa: pollo piccante e germogli di soia saltati.

Tuttavia Goku, che fino a dieci minuti prima si lamentava per lo stomaco vuoto, non si avventò sulle vivande: con le posate raccoglieva distrattamente il cibo in un angolo del piatto, senza mai portarlo alla bocca.

Tale eccezionale evento attirò immediatamente l’attenzione dei compagni.

“Goku, quello è cibo. CI – BO ” disse Gojyo.

“Non ho molta fame, a dire il vero” fece Goku lamentoso. “Ho la nausea.”

“Abbiamo passato tre giorni in una zona desertica, probabilmente ti avrà fatto male il troppo caldo” ipotizzò Hakkai, alzandosi da tavola alla ricerca della borsa con i medicinali.

Sanzo, senza scomporsi inutilmente, aggiunse:“Bevi dell’acqua fresca e vai a dormire. Domani starai meglio e potremo ripartire.”

Goku annuì.

Dopo una lunga sorsata d’acqua, augurò la buonanotte e fece per alzarsi.

 

Ma le sue gambe si rifiutarono di sorreggerlo.

Ricadde sulla sedia, pallido in volto.

“Vuoi essere portato in braccio?” lo schernì il mezzo demone.

“Va al diavolo, kappa! Ho solo avuto un capogiro.”

Prima che il giovane potesse ritentare di alzarsi, Hakkai gli si avvicinò, tastandogli la fronte con la mano tiepida.

“Scotti. E la nausea e le vertigini sono chiaramente i sintomi di una bella insolazione. Non preoccuparti, è sufficiente far scendere la temperatura,  procurarci una borsa del ghiaccio e praticare qualche spugnatura.”

Ma nel momento in cui Hakkai sollevò la manica della camicetta di Goku per tastare il polso del ragazzo, notò qualcosa di anomalo: sul braccio erano comparse delle strane bolle giallastre, come se la pelle, in quel punto, fosse stata ustionata da una colata di olio bollente.

“Cosa sono?” domandò Goku, mentre il colore del suo viso perdeva un’altra tonalità. “Non mi sono reso conto di averle!”

“Non mi pare una semplice bruciatura!” puntualizzò Gojyo impressionato.

“Sarà meglio chiamare un medico, non ti pare?” propose Sanzo, mantenendo la calma.

Hakkai non rispose subito.

I suoi lineamenti si erano irrigiditi per un interminabile attimo, non lasciando presagire nulla di buono.

Poi però tornò sereno e disse:“Deve trattarsi di una semplice reazione allergica, niente di grave. Vieni Goku, ti accompagno in camera tua.”

 

***

 

Dopo aver messo a letto Goku, Hakkai rientrò nella sala-ristorante, dove Sanzo e Gojyo erano rimasti.

La sua espressione era tornata a farsi scura.

“Hakkai, cosa significa quella faccia?” domandò Gojyo.

“Quel tipo di infezione non è dovuta ad un’allergia, purtroppo” spiegò Hakkai. “Il demone che abbiamo eliminato oggi doveva essere un demone-ombra del deserto. Ho letto di loro su antichi testi di demonologia. Purtroppo è difficile riconoscerli: assumono ogni volta sembianze diverse a causa della loro composizione biologica. Quando si tocca un essere come quello, il suo veleno viene assorbito dalla pelle. Ma a risentirne non è il corpo, bensì lo spirito. I pensieri si fanno fragili e disordinati. La vittima…  – tirò un lungo sospiro-  …la vittima inizia col delirare, per poi impazzire completamente. Goku potrebbe perdere la ragione, cadere forse in uno stato vegetativo. E’ a causa di questi demoni che molte persone che ritornano dal deserto perdono il senno.”

 

“Che storia è questa?” sibilò Sanzo serrando i denti.

“E’ praticamente impossibile resistere”continuò Hakkai. “Uno spirito non ha abbastanza forza, è  inerme di fronte all’effetto devastante di questo genere di veleno. Sanzo… non so davvero cosa fare.”

 

***

 

Sanzo uscì dalla locanda, solo.

Si accomodò su di una panchina di legno e accese una sigaretta.

Tuttavia non fumò. La tenne semplicemente tra le labbra, fissando il cielo nero sopra la sua testa.

Chiuse gli occhi.

Le disgrazie, pensava, sono proprio come la pioggia.

A volte il cielo si fa scuro ed è possibile prevedere un temporale: ci si ripara in fretta, prima di inzupparsi, e si attende il sereno.

Ma spesso gli acquazzoni sorprendono, scoppiano quando nessuno se li aspetta, e non si può far nulla per sfuggire alla loro forza dirompente.

Pioggia maledetta.

 

Sanzo non avvertiva nulla dentro di sé.

Troppe emozioni possono travolgere e disorientare oppure spegnere.

Vuoto.

Vuoto come quel cielo nero che lo sovrastava.

Riusciva solo a pensare che era stato proprio lui, sparando, a trasformare quel demone in una miriade di frammenti velenosi.

 

Goku era in una stanza spoglia e rischiava di perdersi per sempre.

A detta di Hakkai, ogni tentativo di guarirlo era vano: solo Goku stesso avrebbe potuto reagire, ma una sola mente non ha, in genere, abbastanza forza da respingere un simile attacco.

Una sola mente non è abbastanza forte, ripeté tra sé e sé.…

Ma se le menti fossero state due?

 

In un attimo la sua mente corse all’infanzia, al giorno in cui il suo amato maestro gli aveva parlato di una speciale tecnica tramandata tra coloro che portavano il titolo di Sanzo.

Questa tecnica, utile a coloro che non erano in grado di distinguere l’aura, consisteva nel mettersi in contatto con lo spirito di un altro individuo, in modo da comprenderne le intenzioni, i sentimenti, l’essenza.

 

Komyo Sanzo gli aveva mostrato quella pratica, era entrato in contatto con lui.

E la sensazione provata era stata strabiliante.

 

Koryu aveva potuto sfiorare gli stati d’animo del suo maestro, fino quasi a leggerne i pensieri.

Uniti.

Uniti in un abbraccio più intimo di un abbraccio fisico.

E quanta pace, quanta serenità aveva provato!

Il suo maestro, la sua guida, suo padre… la persona che più aveva stimato e amato, nella sua vita, prima di imbattersi in Goku.

 

In seguito Sanzo non aveva più attuato quella tecnica.

L’aveva sperimentata una volta soltanto, su di un monaco qualunque, per esercitare tale abilità.

Ma le sensazioni che provò in tale occasione furono a dir poco sgradevoli: si trovò a contatto con uno spirito debole, pavido, egoista, carico di rancori…

Disagio. Disgusto.

Freddo.

Senza contare che non sopportava l’idea che quell’individuo disgustoso avesse potuto intravedere la sua anima.

Sanzo si era quindi ripromesso di non utilizzare mai più quella tecnica.

 

Ma ora gli sarebbe tornata utile.

Probabilmente si trattava dell’unica speranza per Goku.

Gli avrebbe offerto la sua forza… quel po’ di forza che si sentiva nell’animo.

 

Improvvisamente Hakkai uscì dalla locanda, strappando il bonzo ai pensieri.

“Sanzo, la febbre si sta già alzando molto. Ho chiamato un medico ma anche lui ha detto che non si può fare altro che attendere e sperare.”

Sanzo sì rizzò in piedi, deciso. Il suo sguardo pareva ardere.

“Voglio restare solo con lui” comunicò prima di rientrare.

 

***

 

Sanzo si avvicinò piano al letto del ragazzino.

Questi socchiuse gli occhi e parve vedere il bonzo, anche se forse non era così.

“Voglio uscire da qui, ti prego” mormorò respirando a fatica.

Forse si riferiva a quella piccola stanza, oppure al letto stretto e scomodo…. o forse stava ricordando la lunga prigionia nella fredda caverna sul monte Gogyo, l’odiata solitudine.

 

E le immagini del loro primo incontro travolsero Sanzo, come da tempo non accadeva.

Quell’esserino semplice, dall’espressione ingenua e pulita…

Il bambino che lui aveva trovato, che lui aveva tenuto con sé… il *suo* bambino.

Goku era un giovane uomo, ormai, ma i suoi occhi erano rimasti limpidi e splendenti come quelli di un fanciullo… e faceva male vederli oscurati da un mondo d’incubo, da ombre spettrali, da paure sopite.

Goku non meritava di soffrire a quel modo.

 

Sanzo non perse altro tempo.

Posizionò un fuda sul braccio sinistro del ragazzo, dove erano comparse le bolle; forse, pensava, la pergamena sacra avrebbe attenuato l’influenza nefasta del veleno.

Pose una mano sulla nuca sudata di Goku e con l’altro braccio ne circondò il corpo tremante.

 

Chiuse gli occhi , trasse un profondo respiro.

Si concentrò sul battito del cuore di Goku, stringendolo a sé come mai lo aveva stretto.

 

***

 

Lo spirito di Goku lo stordì come un rumore assordante, all’inizio.

Stava soffrendo.

Goku stava soffrendo terribilmente, lo sentiva.

Il monaco si concentrò di più, facendosi strada in quella mente indebolita dal veleno.

E finalmente lo vide.

Goku era lì, inginocchiato in una landa spettrale, circondato da uno stuolo di cadaveri straziati… le mani madide di sangue.

Un atroce incubo.

O forse un terribile ricordo.

 

“Non dovresti essere qui” sibilò Goku, una luce cupa negli occhi. “Non voglio che tu stia qui!”

Sanzo si fermò a pochi passi da lui, in parte ferito da quelle parole: per la prima volta Goku pareva non volerlo accanto.

“Perché sei venuto? Perché?” domandò Goku con fare rabbioso.

“Sono venuto per te” rispose Sanzo muovendo un passo.

Ma il ragazzo, di riflesso, scattò in piedi e indietreggiò.

“No… no no no, non mi perseguitare! Guarda cosa ho fatto! Non lo trovi mostruoso? Verrà il giorno in cui tutto si ripeterà. Non avresti nemmeno dovuto liberarmi, sai? Ora l’ho capito. Ho capito perché devo stare solo.”

Sanzo scosse la testa, cercò di assumere un’espressione rassicurante… e, come aveva fatto anni prima, tese la mano verso il compagno.

Tuttavia Goku si ritrasse.

“Lasciami in pace, vai via! Non guardarmi! Non cercarmi più!”

Il ragazzino si voltò e si mise a correre.

Lo stava perdendo.

E se lo avesse perso anche lui avrebbe smarrito il senno, lo sapeva.

Si mise a corrergli dietro… disperatamente… chiamandolo con tutto se stesso pur non emettendo alcun suono.

 

Per fortuna ad un certo punto delle catene interruppero la fuga di Goku, stringendogli i polsi e le caviglie.

Cadde a terra, nel fango e nel sangue, guaendo come un cucciolo caduto in trappola.

“No! No, non lo posso più sopportare ormai… -singhiozzava- Ti scongiuro, levamele! Ti prego…ti prego! Uccidimi, piuttosto! Uccidimi! Ti prego!”

 

Sanzo si avvicinò a lui; una gran pena gli lacerava il cuore nel vedere Goku in quello stato, così impaurito e disperato.

Si piegò su di lui, istintivamente, e lo abbracciò forte.

“Non ti lascio andare.”

E strinse, strinse, strinse.

Strinse con quanta forza aveva.

Non gli avrebbe permesso di abbandonarlo.

 

Lentamente Goku, dopo un attimo di resistenza, si lasciò sciogliere tra quelle forti braccia.

Sanzo lo stava stringendo nonostante il sangue imbrattasse il suo corpo.

Sanzo non provava ribrezzo nei suoi confronti.

Sanzo non lo avrebbe abbandonato.

E il ragazzino si allacciò a quel corpo caldo, provando un sollievo infinito.

Restarono così finché lo scenario intorno a loro cambiò: timidi raggi di sole illuminarono la terra.

Al posto del sangue germogliarono dei fiori scarlatti, luminosi e profumati.

L’aria si fece limpida, i suoni dolci.

Non c’era più nulla da temere, ormai.

 

Sanzo gioì profondamente e si sentì invaso da un tiepido benessere, una totale armonia, nella quale anche le vecchie colpe si perdevano.

Lo spirito di Goku lo accoglieva con fiducia, affetto… un affetto così bello e grande da commuoverlo.

Si sentiva bene.

Si sentiva a casa.

Ma, purtroppo, si sentì anche mancare.

 

Capì che non sarebbe riuscito a sostenere lo sforzo ancora per molto.

“Sarò accanto a te quando ti sveglierai.” Sussurrò prima di rompere il contatto.

“Lo so” rispose Goku.

 

***

 

Sanzo socchiuse gli occhi.

Anche Goku stava riprendendo conoscenza.

Entrambi erano pallidi ed ansimanti, come dopo una lunga ed affannosa corsa.

Il ragazzino accennò un sorriso dolce e colmo di gratitudine.

Poi si addormentò, sano, salvo e felice.

 

***

 

La giornata seguente Goku la passò a letto, servito e riverito da Hakkai, che si preoccupò di procurargli sostanziosi e prelibati manicaretti. 

Anche Gojyo passò spesso a trovarlo per bisticciare un po’, come erano soliti divertirsi tra loro.

 

Solo Sanzo non si fece vivo per tutto il giorno.

 

E Goku avrebbe invece voluto vederlo, parlargli… chiedergli cosa mai fosse accaduto quella notte.

Ricordava solo la sensazione di averlo avuto vicino… così vicino da sentire il respiro dei suoi pensieri. 

Probabilmente, credeva, era stata un’impressione dovuta alla febbre.

E allora perché sparire a quel modo?

La cosa lo intristì non poco.

 

Quando venne la sera, Goku si rimise in piedi e sentì il bisogno di fare due passi all’aria aperta.

Uscì dalla locanda e, come inconsciamente sperava, vide Sanzo, seduto su una panchina di pietra, sotto un grande albero.

Gli si avvicinò con un certo timore… ma, quando gli fu vicino, Sanzo non sembrò né arrabbiato né in qualche modo turbato o alterato.

Era lo stesso Sanzo di sempre.

 

“Stai meglio?” chiese il bonzo senza guardarlo negli occhi.

“Sto meglio” rispose Goku avvicinandosi ancora e sedendosi accanto a lui. “Non ti ho visto per tutto il giorno, pensavo… Non lo so cosa pensavo.”

Poi ancora silenzio.

Un lungo, assordante silenzio.

 

“Che è successo stanotte, Sanzo? Hakkai mi ha raccontato del demone, ma--”

“Non ricordi nulla?” lo interruppe il bonzo.

Il ragazzino rifletté un poco, mal celando il crescente imbarazzo.

“Non ne sono sicuro, avevo la febbre. Ma tu… eri con me, vero Sanzo? Ti ho sentito… *vicino*.”

Sanzo sospirò rumorosamente.

“Ho praticato una tecnica per entrare in contatto con la tua mente.”

Goku tacque.

I suoi occhi però chiedevano una spiegazione.

“E’ inutile che ti spieghi” cercò di tagliar corto Sanzo. "L’importante è che abbia funzionato. Preferirei che non ne parlassimo più.”

“Non capisco…”  replicò sommessamente Goku, obbligando il monaco a fornire maggiori particolari.

“Non ho mai amato quella tecnica. Non mi piace entrare in contatto con altre persone e vedere quello che sono. Così come non mi piace che qualcuno possa vedere il me stesso più profondo. Ci sono lati di me di cui vado poco fiero.”

 

Dopo un breve momento di silenzio, Goku sorrise.

“A dire il vero non ho visto nulla che non sapessi già…” confessò apertamente. “Ho visto solo luce, Sanzo. Una luce dorata. Ma non mi serve un contatto di quel tipo per vederla.”

 

Sanzo non lo diede a vedere –nessuno era tanto bravo a celare gli stati d’animo quanto lui- ma quelle parole lo colpirono con la stessa forza di un dardo.

Aveva temuto che Goku avesse scoperto l’oscurità in lui.

Aveva creduto che dopo quel contatto non lo avrebbe più seguito con lo stesso affetto, la stessa dedizione.

Aveva immaginato che la sua anima annerita dalle colpe lo avesse spaventato.  

E invece Goku era ancora lì con lui, e lo guardava con i soliti occhi pieni di fiducia.

 

Tutto a un tratto, però, il ragazzino si fece serio.

“O forse è la mia anima ad averti disgustato? Lo capisco, anche a me fa paura… In fondo sono anche un mostro, non sono solo il Goku di tutti i giorni.”

“No” lo interruppe Sanzo prima che potesse continuare con ragionamenti spiacevoli. “No,non mi hai disgustato, smetti di dire sciocchezze. E probabilmente le sensazioni che hai provato erano casuali, dovute al sollievo dopo l’effetto del veleno.”

“Allora riproviamo!”propose subito Goku.

“Mi pare di averti detto che non mi piace questa tecnica.”

“Ma io voglio capire. Per favore.”

“Scimmia, non insistere.”

“Poi non ne parlerò più, lo prometto.”

 

Esasperato, Sanzo si voltò verso di lui: gli occhi luminosi e sfrontati, un’espressione implorante…

Massì, in fondo lo aveva già fatto una volta.

Posò di nuovo la mano sulla nuca del ragazzo e lo attirò a sé.

 

Ma questa volta non riuscì a concentrarsi.

Questa volta non riuscì a stabilire il contatto.

 

Non era necessario.

Il viso di Goku, vicinissimo al suo, accese in lui sensazioni diverse, ma altrettanto forti.

Le loro guance si sfioravano, i loro volti si muovevano come incantati alla ricerca di tenerezza, di piacere…

E l’incontro tra le loro bocche fu inaspettato quanto naturale.

Un bacio lento, assaporante… fortemente voluto da entrambi.

 

Semplicemente un modo diverso di mettere in contatto due anime.

 

-Fine-