Disclaimer: questi personaggi non sono miei ma di papà Inoue che è stato tanto gentile da prestarmeli
Ringraziamenti: sono grata a Najka a Neko e a Sheera che sono così gentili da leggere i parti della mia mente malata (sorry ragazze ma vi tocca sorbirmi un altro po' ^^')
Note: dunque questa fic è dedicata a Seimei che mi ha gentilmente chiesto di scrivere su 'sta coppia (secondo me non hai mica fatto un buon affare ^_^!).
Tra le "..." il parlato
Tra le <...> i pensieri



Angelo rosso

parte I

di Natsume


Correva per i corridoi dell'ospedale come se avesse le ali ai piedi 
<non mi puoi abbandonare anche tu>
Quando giunse in fondo al corridoio si bloccò davanti alla sua  porta  respirando affannosamente, dopo aver preso fiato, entrò.
La stanza era calda e luminosa, le finestre davano su un giardino ben curato, dove i pazienti si potevano rilassare all'aperto, sullo sfondo si poteva vedere il mare, che a quell'ora del pomeriggio, subito dopo mangiato, era ricoperto di scintille.
La camera era bianca, l'unica nota di colore erano quei vasi di fiori con cui l'aveva riempita e quel dipinto appeso alla parete, proprio davanti al letto.
Un paesaggio silvestre a darle il risveglio, a salutare quelle noiose giornate passate a letto.
Le si avvicinò piano, aveva gli occhi chiusi come se stesse dormendo ma sembrò sentire la sua presenza perchè si girò verso di lui e gli sorrise, un sorriso pieno di calore e affetto.
Era coperta da una trapunta dai toni delicati che, però, non nascondeva gli aghi e i tubi attaccati al suo corpo, diventato ancor più sottile di quello che era.
Si era consumata in così poco tempo da non dargli modo di abituarsi, quella malattia se la stava portando via e lui non poteva farci niente
<mi sento così impotente>
Le si avvicinò, le sorrise, ma le lacrime già facevano capolino sulle guance, si chinò a sfiorare con un bacio quella guancia candida, poi l'abbracciò cercando di non stringere troppo per non farle male
"Non piangere, - gli disse accarezzandogli i capelli - mi piaci di più quando sorridi, quel sorriso che mostri solo a me è così dolce che mi fa sentire serena e protetta, vorrei morire accompagnata da quel sorriso" lui annuì.
Si asciugò gli occhi con la manica del maglione poi le sorrise, il suo ultimo regalo per lei...
"Ti starò sempre vicino, qualunque cosa farai... io sarò con te"
Alzò un braccio e con le dita gli sfiorò le labbra poi, come al rallentatore lo vide ricadere sul letto senza vita.
Una mano candida era scivolata fuori dalle coperte, lui la prese, era fredda... la strinse, guardò quel viso amato un'ultima volta.
Le lacrime ripresero a scorrere libere sul suo viso.
Cadde in ginocchio al suo fianco mentre i singhiozzi gli squassavano il petto, la testa appoggiata vicino alla sua, un ultimo abbraccio a salutare quella persona gentile a cui aveva voluto tanto bene e che si era presa cura di lui con amore
<sono solo, ora sono veramente solo>
La porta si aprì, ma il ragazzo non se ne accorse, sull'uscio il dottore che aveva in cura quella persona così speciale, che si era conquistata le simpatie di tutto il reparto con la sua dolcezza e la sua allegria.
Osservò quella scena con sguardo triste, scuotendo la testa; una giovane vita spezzata e lui non aveva potuto fere niente...

<Mi sento così  vuoto, come se mi avessero strappato l'anima, prima mio padre, che muore così... per la mia stupidaggine.
Poi... poi la volpe, finalmente pensavo di aver trovato qualcuno che sarebbe rimasto sempre con me e invece... anche lì fregato, visto e considerato che mi ha mollato su due piedi, senza pensarci troppo e senza darmi il tempo di fargli cambiare idea, che stronzo... non ha avuto neanche il coraggio di dirmelo in faccio, per telefono... che imbecille e io che ci sto ancora male, sono proprio un caso disperato.
In fine mia madre, la persona più buona e gentile che fosse esistita su questa terra, l'adoravo e la odiavo allo stesso modo, lei e i suoi continui viaggi di lavoro, avrei voluto sentirla più vicina, più presente... soprattutto dopo la morte di papà... rimpiango di non aver avuto più tempo da passare insieme... non mi ha neanche mai visto giocare... ed ora non c'è più ed io mi sento solo.
Questa volta non credo che riuscirò ad uscirne...
Non riesco neanche a piangere, le ultime lacrime le ho versate in ospedale... sono così stanco, vorrei lasciarmi andare... non so neanche cosa mi trattenga, sarebbe così facile...>
Stava seduto a terra, la schiena appoggiata alla credenza, una gamba distesa mentre con le braccia cingeva l'altra piegata.
La testa era appoggiata alla finestra e i suoi occhi scrutavano, senza vederli realmente, i fiori che sua madre curava con tanto amore.
Il campanello lo riscosse all'improvviso dai suoi pensieri, ma lui non si mosse, la persona dietro la porta continuò a suonare con insistenza, poi iniziò a picchiare contro la porta e a chiamarlo
"Hana... aprimi, lo so che ci sei... ti prego - <Yohei> - sono tutti preoccupati per te... e poi sono due settimane che non vieni a scuola... non rispondi al telefono... se c'è qualcosa che non va, se stai male dimmelo... vorrei aiutarti, sono il tuo migliore amico e se qualcosa ti fa star male, fa male anche  a me, non mi piace vederti soffrire - <anche tu mi hai tradito> - ...ti prego..."
Insistette ancora un po' poi andò via, la casa era piombata di nuovo nel silenzio
<il mio migliore amico>
Una smorfia si delineò sulle sue labbra
<gli amici non ti pugnalano alle spalle>
Una tetra risata si diffuse per la stanza
<basta fidarsi... basta soffrire, non mi farò distruggere...>
Si alzò da terra, andò in camera sua a darsi una sistemata poi si diresse all'ingresso, prese la giacca le chiavi ed uscì
<da oggi un nuovo inizio...>

Era soddisfatto, durante quel pomeriggio si era trovato un lavoro par-time, i soldi che i suoi nonni gli mandavano bastavano, anzi erano in eccesso, ma lui aveva bisogno di fare qualcosa, per rendersi indipendente, irreperibile...
In più vi erano il denaro lasciatogli da sua madre e il fondo che suo padre gli aveva costituito, insomma non se la passava poi tanto male.
Il problema era il tempo, tra la scuola, il basket e lo studio avanzava del tempo e lui non aveva nessuna intenzione di spassarsela con i suoi cosidetti amici, quindi il lavoro andava più che bene.
Il suo stomaco brontolò, distogliendolo dai suoi pensieri per ricordargli che in quei giorni non aveva mangiato poi molto così prese il telefono e ordinò una pizza, non aveva voglia di cucinare quella sera.

"Ehi Yohei..."
Una voce femminile lo chiamò facendolo ritornare alla realtà
"Ciao Haruko, volevi dirmi qualcosa"
Lei assunse un'aria preoccupata
"Sei riuscito a parlare con Sakuragi... è un po' che non viene a scuola e che non si fa vedere agli allenamenti, sai che gli è successo?"
Lo sguardo di lui si oscurò
"Ieri sono di nuovo passato a casa sua, ma lui niente, credo che fosse in casa ma non mi ha voluto aprire, non risponde al telefono, non... non riesco a capire cosa gli sia preso... non so proprio cosa pensare e poi sono così preoccupato..."
Si interruppe di colpo, con la coda dell'occhio aveva visto passare una chioma rossa.
Si girò verso di lui, sembrava non averli notati, infatti si dirigeva con passo spedito verso le porte d'ingresso
"Hanamichi"
Quel nome era risuonato per tutto il giardino del liceo.
Il ragazzo dalla fiammante capigliatura si girò verso di loro, poi senza dire niente continuò a camminare imperterrito.
Yohei e Haruko si guardarono sorpresi da quel comportamento così insolito, poi si diressero verso di lui correndo.
Mito gli afferrò un braccio e lo fece voltare
"Sakuragi - lei gli sorrise - ben tornato"
"Grazie" rispose con voce atona
"Si può sapere che t'è preso - gridò Yohei scuotendogli il braccio - che diavolo hai fatto in questi giorni, ci devi delle spiegazioni e vedi che siano convincenti"
"Non c'è bisogno che urli, ci sento perfettamente" gli rispose con calma.
Haruko intervenne nella conversazione per non farli arrivare alle mani, infatti il ragazzo più basso sembrava sempre più arrabbiato
"Hana, ero molto preoccupata per te, anzi eravamo tutti preoccupati, pensa che il signor Anzai non fa che chiedere tue notizie"
Al pensiero di quel vecchietto sul volto del rossino apparve un sorriso sincero, il primo di quella giornata
"Mi dispiace che vi siate preoccupati ma non ero in città"
"Perchè non ci hai avvertito - ringhiò Yohei - e poi come sarebbe che non eri in città, dove sei andato"
"Ero con mia madre ed ora se non vi spiace vorrei andare in classe visto che è suonata la campanella"
detto ciò si girò e se ne andò.
Finite le lezioni il rosso si diresse in palestra
<ora mi toccherà subirmi di nuovo un terzo grado, lo scimmione non lascerà correre... così come Yohei.
Non ho nessuna voglia di andarci, tanto lo so che sono in arrivo solo insulti, sguardi omicida e botte in testa, oltre al fatto che dovrò sorbirmi le occhiate di quella volpe maledetta... Ma perchè non mi lascia in pace, che diavolo vuole ancora da me! Qualsiasi sentimento avessi è morto e sepolto e non credo che lei sia in grado di ricostruire il mio cuore, sempre che ci sia qualcosa da ricostruire...>
Quando entrò in palestra i giocatori erano intorno al coach e stavano discutendo su di una partita con il Kainan che era stata organizzata durante la sua assenza, non disse niente, per ritardare il più possibile le loro domande, ma la volpe sentì la sua presenza e si girò, attirando con il suo movimento, tutti gli occhi verso di lui.
"Hanamichi - tuonò Akagi - dove diavolo sei stato, sai perfettamente che hai bisogno di allenarti"
"Già, non è che tu sia proprio una cima in questo sport" rincarò Miyagi
"Mi sa che per la partita di dopo domani te ne starai in panchina" affermò Mitsui
"Do'hau"
<ed ecco l'immancabile battuta, ora siamo al completo>
Senza dire niente si diresse verso l'allenatore, nelle loro facce potè scorgere dello sbigottimento per la  mancata reazione .
<non sono il vostro pagliaccio>
"Bentornato Sakuragi, spero che tu non abbia avuto dei problemi di salute" gli chiese il vecchietto
"No signore, sto benissimo. Mi dispiace aver saltato gli allenamenti ma questi giorni ero irreperibile, ho trascorso un po' di tempo con mia madre... abbiamo fatto un viaggio"
<mi dispiace mentire, ma non so che farmene della loro compassione> 
"Ti sei divertito" continuò l'uomo guardandolo attentamente.
Si era accorto di quell'esitazione nella sua voce.
Vide il suo viso percorso per un istante da una smorfia e i suoi occhi riempirsi di tristezza, poi tutto tornò normale
"Si"
Non aveva smesso di guardarlo
"Oh, oh, oh, bene sono contento, ora vatti a cambiare ed iniziamo gli allenamenti"
lo vide sorridere
"Si signore"
Lo seguì con lo sguardo finchè non scomparve negli spogliatoi.
Intanto il gorilla si era messo a sbraitare
"Signor Anzai, non può cavarsela così, è un incosciente e..." 
"Oh, oh, oh - lo interruppe, a volte quel ragazzo era troppo zelante -  Sakuragi è un bravo ragazzo, sono sicuro che recupererà il tempo perduto e che durante la partita darà il meglio di se"
"Ci può giurare - disse il rossino che era rientrato appena in tempo per sentire quel discorso - non la deluderò".
Iniziarono gli allenamenti sotto l'occhio vigile del capitano, i ragazzi si divisero in due squadre Akagi, Rukawa e Kogure più due riserve in una, mentre nell'altra stazionavano Miyagi, Mitsui e Sakuragi più  due nuovi iscritti che si erano comportati abbastanza bene in campo.
La partita iniziò.
Verso la fine la squadra di Mitsui si era ritrovata in svantaggio di cinque punti quando successe qualcosa che cambiò le sorti del gioco facendoli vincere
"Passa la palla Michy"
"E' tua"
Il rossino dopo aver ricevuto palla si diresse verso il canestro, ma all'improvviso si trovò di fronte la volpe che durante il gioco aveva sempre cercato delle scuse per strusciarglisi contro.
Hanamichi cercò di scartarlo e c'era quasi riuscito, ma il volpino era troppo bravo per farsi giocare così, poi avvenne una cosa strana il rosso riuscì a fare una finta e a liberarsi per poi scattare subito a canestro, stava per tirare quando Rukawa gli fu di nuovo di fronte e nel bloccarlo lo buttò a terra finendogli sopra.
Rukawa si accorse dell'immobilità del corpo sotto di lui, alzò gli occhi che prima teneva fissi sulle labbra del rosso, quello che vide non gli piacque molto.
Lo sguardo del suo do'hau era vuoto, come se la fiamma che lo animava fosse spenta.
Preoccupato si alzò, anche perchè gli altri li stavano circondando.
Sakuragi non disse niente, ignorando la mano tesa di Kogure che voleva aiutarlo, si alzò con un unico ed elegante movimento, per poi riprendere posizione sul campo come se non fosse successo niente.
Quella strana reazione non sfuggì al resto della squadra che, per tutta la durata della partita continuò ad osservarlo per capire cosa gli fosse preso.
Appena la partita fu finita, cosa sorprendente aveva vinto la squadra del rossino per due punti, Hanamichi senza proferir parola si diresse agli spogliatoi per farsi una doccia veloce, prese la sua roba e se ne andò.
Akagi lo guardò uscire poi esplose
"Ma che diavolo gli è preso... - poi fissò il suo sguardo su Mito che stava uscendo per raggiungere l'amico - qualcuno di voi ne sa qualcosa?"
Ma non ricevette risposta
<do'hau>
Rukawa lo vide andar via , non provò neanche a seguirlo <sono io l'idiota> poi con la solita aria indifferente stampata sul viso si diresse alle docce.
Yohei lo rincorse, lo aveva visto uscire come se avesse fretta di andarsene, cercò di raggiungerlo, ma arrivato ai cancelli che delineavano i confini scolastici si fermò, guardò a destra e a sinistra... sparito come se si fosse volatilizzato
<che ti succede Hanamichi!!>
Si diresse verso la casa del rosso per vedere se fosse rincasato ma non ne era tanto sicuro...
Si diresse verso il centro

<devo sbrigarmi o farò tardi>
I vestiti puliti, pronti nel borsone per essere utilizzati, si fermò un'istante davanti all'entrata del locale in cui avrebbe lavorato, gli tornarono in mente gli avvenimenti di qualche giorno prima.
«camminava tranquillo per il centro in cerca di un lavoretto par-time quando...
"Ahi..."
Si ritrovò a terra all'improvviso, una mano tesa davanti a lui per aiutarlo ad alzarsi
"Scusa non ti avevo visto, ero un po' sovrappensiero" disse una voce maschile che gli sembrava di conoscere
"No, sono io a doverle chiedere scusa, ero distratto... altrimenti non le sarei venuto addosso"
Lo guardò in viso, stringendo la mano dello sconosciuto per rialzarsi quando questi gli rivolse uno sguardo sconcertato
"Tu sei il figlio di Riuji... se non sbaglio il tuo nome è Hanamichi"
Lo guardò sorpreso, osservandolo più attentamente
"Non ti ricordi di me... ero un amico di tuo padre" gli disse sorridendo
"Ma certo... lei è Seiji, Seiji Nakimura"
Finalmente era riuscito a ricollegare quella voce ad uno dei molti amici di suo padre
"Mi è molto dispiaciuto apprendere la notizia della morte di tuo padre, sarei voluto intervenire ai funerali, ma ero all'estero e ho saputo dell'accaduto solo qualche tempo dopo che era avvenuto, quando sono rientrato ho portato le mie condoglianze a tua madre... a proposito come sta? E' da un bel po' che non ci vediamo"
"...E' morta..."
"Oh... mi dispiace io... sono mortificato... non so cosa dire a parte farti le mie condoglianze, era una persona veramente gentile..."
"La ringrazio" rispose con gli occhi lucidi.
L'uomo lo osservò con comprensione, poi diede uno sguardo all'orologio.
Hanamichi se ne accorse
"Mi spiace averle fatto fare tardi. Sarà meglio che vada, non vorrei trattenerla ancora"
Disse incamminandosi, ma fu raggiunto dall'altro che lo fermò.
"Aspetta. Non ti preoccupare, non mi hai fatto fare tardi, anche perchè sono arrivato. Io lavoro qui" Così dicendo gli indicò il locale alle sue spalle 
"Ti va di entrare, ti offrò un tè. Credo che tu ne abbia proprio bisogno" Sorridendo lo condusse all'interno del pub e dopo aver ascoltato la sua storia gli offrì un lavoro nel suo locale che avrebbe aperto il giorno dopo»
Scuotendosi dai ricordi entrò ed iniziò a darsi da fare

Due settimane dopo....
Un sospiro uscì dalle labbra serrate.
Lo sguardo perso in quella pioggia di petali rosa trasportati dal vento primaverile.
Così assorto nei suoi pensieri, in un primo momento non si accorse della massa informe distesa sulla panchina, posta sotto i ciliegi in fiore del viale alberato del grande parco della città.
Un gemito di dolore e pianto riuscì a distoglierlo dalle sue riflessioni, riportandolo alla realtà.
Si guardò intorno con circospezione, finchè i suoi occhi incontrarono un corpo tremante racchiuso su se stesso, scosso dai singhiozzi.
Piano, per non spaventarlo, gli si avvicinò e con delicatezza gli mise una mano sulla spalla per attirarne l'attenzione.
Scosso da quel tocco, il ragazzino si scostò impaurito, alzando gli occhi su quella presenza minacciosa, finchè come risvegliatosi da un incubo non si accorse di conoscerlo e un'espressione prima sorpresa e poi confusa si diffuse sul suo viso.
Guardò quegli occhi nocciola sempre irrisori, fissi su di lui, osservarlo con infinita dolcezza.
Non lo credeva neanche capace di un simile sguardo, soprattutto rivolto a lui, visto e considerato che si scannavano come cane e gatto ogni volta che i loro passi si incrociavano.
Vide le sue iridi scure passare dalla tenerezza, alla sorpresa e poi alla rabbia quando si accorse dei lividi sul viso e sulle braccia, ma non disse niente, come se fosse in attesa delle sue spontanee spiegazioni.
Più che vederle, sentì le sue braccia avvolgerlo e sollevarlo, infine si sentì trasportare.
Shockato da quell'azione così fulminea, all'inizio non disse niente, ma la ripresa fu rapida.
"Mettimi subito giù!!!"
Si mosse per liberarsi, ma la stretta sul suo corpo si fece più decisa. La consapevolezza di non potersi liberare finchè quell'idiota non si fosse fermato, si fece strada in lui e questo lo portò a chiudersi in un ostinato silenzio.
Fu la sua voce a riscuoterlo o per meglio dire la sua intonazione, bassa e roca, mentre ascoltava il suo cuore battere calmo e immoto.
"Mi dispiace per questo trattamento, ma non credo che saresti riuscito a camminare"
"Non sono cose che ti riguardano" ringhiò
"Lo so, ma tu hai bisogno d'aiuto e non mi sembra di aver scorto qualcun'altro nei paraggi"
Uno sbuffo sdegnoso fu l'unica risposta alle sue parole.
Il silenzio scese ancora tra loro e questa volta fu il ragazzo moro a spezzarlo.
"Dove stiamo andando?"
"A casa mia. Dobbiamo disinfenttarti quei tagli e quelle escoriazioni, se non vuoi che si infettino. E poi hai bisogno di mangiare e di dormire. Non credo che quella panchina fosse molto comoda. Sembri un ghiacciolo" finì sorridendo
"Hn..."
La risata lo colpì dritto al cuore.
Al suo orecchio, appoggiato al petto dell'altro, dava l'impressione di essere un tuono di un temporale primaverile scoppiato all'improvviso.
La sentiva rimbombare e circondare tutto il suo essere con la sua gioiosità e allegria.
Si accorse di non averla mai sentita tra quelle labbra.
Già.... era strano, quell'insopportabile ragazzo, spaccone e egocentrico, sempre pronto alle risa, ma non così, non come questa, genuina e innocente.....
Si scoprì a non conoscerlo affatto.
E ne ebbe paura.
Non era sicuro di voler scoprire i suoi segreti, la sua vera essenza.
Aveva talmente tanti problemi da non potersi permettere di analizzare quelle sensazioni.
"Idiota, cosa c'è da ridere!!"
"Uhuu, stai assumendo proprio il suo linguaggio. Dovresti stare attento, se non vuoi ridurti come lui"
"Ma di chi stai parlando?"
"Della kitsune, stai assumendo il suo stesso modo di esprimersi"
Disse scoppiando di nuovo a ridere anche se un'ombra gli oscurò gli occhi. <ancora quella risata>
Con l'incertezza nel cuore alzò il viso a guardarlo, riabbassandolo subito dopo.
Per un attimo, per un infinitesimale momento i loro occhi si erano incontrati.
I suoi d'onice si erano specchiati in uno sguardo di cioccolato fondente, misterioso e seducente.
Si sentiva perso, il cuore a mille, come un branco di cavalli selvaggi che galoppavano liberi nelle praterie sconfinate.
<cosa mi succede.... perchè sento questo fuoco liquido diffondesi nelle mia membra.... perchè il mio sangue ribolle nelle vene.... ma soprattutto perchè il suo sguardo ha questo effetto su di me>
Assorto nei suoi pensieri, non si era accorto che il rossino si era fermato.
"Siamo arrivati"
Alzò gli occhi smarriti e confusi su di lui.
Un sorriso ed uno sguardo dolcissimo lo accolse per rasserenarlo.
<sono perso......>
"Ora potrai riposarti"
Delicatamente gli fece recuperare l'equilibrio.
Lo lasciò un attimo per cercare le chiavi di casa, ma lo circondò di nuovo con un braccio non appena lo vide sbandare.
Lo accostò al suo corpo, come un cigno che racchiude i suoi cuccioli sotto le ali per proteggerli.
E lui si sentiva proprio così, protetto e al sicuro, come se tra quelle braccia i mali del mondo non potessero toccarlo, sfiorarlo.
Si sentiva così piccolo e indifeso al suo fianco.
Non aveva mai dato peso all'altezza, in campo si era sempre sentito un gigante, chiunque fosse il suo avversario.
Ma qui... in questa intimità, era cosciente dei suoi limiti.
Strano ma vero, non si sentiva minacciato da ciò, per dirla tutta non si sentiva minacciato da lui.
Anzi gli piaceva sentirsi piccolo e indifeso, se erano quelle braccia a circondarlo.
Sempre sorreggendolo aprì la porta, per poi riprenderlo in braccio e trasportarlo in sala, dove lo depose delicatamente sul divano.
"Non ti muovere"
Il comando era stato impartito con gentilezza. 
Mentre il padrone di casa lasciava la stanza, si diede un'occhiata in giro.
Si trovava in una grande sala, un piano era posto accanto alle grandi finestre dove delle tende di organza bianca erano mosse dal venticello che entrava dai battenti aperti.
Un profumo di fiori, proveniente dal giardino che si intravedeva dal movimento della stoffa.
Un tavolo contornato da sedie, era posto nell'angolo a destra della porta di entrata, affianco del divano su cui lui era seduto, un tavolino di fronte e alla sua destra un altro divano, fra i due una pianta alta e rigogliosa.
Accanto alle finestre, che ricoprivano quasi tutta la parete dinanzi a lui, vi era da una parte una libreria ad angolo che si distanziava dal divano da uno stereo ultimo modello; mentre dall'altra, proprio sull'angolo, vi era un'altra pianta.
La stanza, anche se piena, dava un che di spazioso ed accogliente. 
Il suo sguardo fu attratto dalle fotografie poste sopra il pianoforte. 
<la sua famiglia>
Si sarebbe voluto alzare per osservarle, ma fu fermato dalla sua voce. 
"Ora disinfettiamo tutti quei tagli. Poi sarà meglio che riposi un po' io sistemo casa e preparo il pranzo"
Appoggiò un cuscino ed una coperta sul divano, accanto a lui, mentre la cassetta del pronto soccorso trovò spazio sul tavolinetto.
Con pazienza e delicatezza, ignorando i suoi insulti e urli, completò il lavoro che aveva iniziato.
"Brucia!!!"
Gridò al suo indirizzo quando gli vide soffocare una risata.
"Non credevo fossi così delicato" gli rispose "Neanche fossi una femminuccia" rincarò
"Piantala!!!" urlò.
La mano istintivamente corse a coprire la bocca, come a voler soffocare l'urlo, ma era già troppo tardi.
"Scusa" disse contrito
"Perchè?"
I suoi occhi pieni di domande si posarono su di lui.
"Non vorrei creare disturbo"
Uno sguardo pieno di stupore lo fissò, poi come se una nuvola fosse apparsa ad oscurare il sole, così la sua espressione si rabuiò.
"Non ti preoccupare, non disturbi affatto e poi a casa non c'è nessuno "
La tristezza insita in quella voce lo bloccò dal fargli altre domande.
"Ora riposati, vado a vedere cosa posso fare per pranzo"
Si alzò, lo aiutò a distendersi e come una mamma premurosa lo coprì.
Raccolse la cassetta del pronto soccorso e uscì, lasciandolo solo.
Lo sentì muovesi per la casa e cullato da quel suono si addormentò

Owari 1

Allora ragassuoli, se siete arrivati sino a qui significa che il vostro stomaco ha retto bene, quindi se non vi sentite tanto giù


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