Angelo
di
Assurda
“Angelo dei miei peccati, angelo dai baci
infuocati.
Angelo, dai mille passati.
Angelo e diavolo, sei per me vita.
Angelo, amarti, che agonia infinita.
Vedere nei tuoi occhi la paura,
nulla più mi usura..
Angelo di questa nostra resa,
angelo, parte tua non fu più offesa
che quella sfiorata da questo mio amore corrotto,
da questo peccatore contorto.”
E altro peccato non fu, che un misero bacio, o tutt’al più la gioia di un
letto condiviso.
Ma questo, solo loro lo sapevano. Solo loro avrebbero potuto raccontarlo con
esattezza, perchè io, sono solo uno spettatore esterno, uno dei tanti,
innamorati di Angelo.
Uno in mezzo a tante. E tanti.
Uomini e donne amavano quel ragazzo, che solo uno vedeva, solo uno amava.
Il suo principe. Il principe che ha scritto quelle parole.
Piccolo servitore di un palazzotto modesto, innamorato del suo maturo
podestà.
Piccolo, e tanto amato. Piccolo e tanto, tanto desiderato.
Da donne e ragazze, da uomini e vecchi.
Fui io che li scoprii, fui io che li vidi amarsi.
La verità, come ho già detto, solo loro l’hanno saputa, poiché l’hanno
vissuta.
Io li vedevo da lontano, scambiarsi occhiate infuocate, sfiorarsi le mani,
quando Angelo gli porgeva un piatto, o una coppa.
Piccolo Angelo.
Di nome e di fatto.
Avevi i capelli neri, come le piume di un corvo, gli occhi come due tizzoni
scuri, che celavano lo stesso fuoco.
Labbra rosse come fragole e con lo stesso dolce sapore.
Avevi per tutti un sorriso, per tutti una buona parola.
Nonostante dentro, amassi senza posa e senza possibilità di confessarti.
Non trovavi pace in Dio, non trovavi pace nel lavoro.
Non avevi la forza per confessarti a lui.
O almeno così credevi.
Ma quando lui cadde, e batté la testa, tu, come un angelo, lo assistetti con
le tue ali e le tue cure.
La prima cosa che vide, nella sala vuota, fu il tuo viso.
Così vicino, eppure irraggiungibile.
E lui, non seppe desiderare altro che colmare quella distanza, quel vuoto
fra voi.
Avvicinò le sue labbra alle tue.
Ti baciò con passione e poi, con foga, rabbia e paura, ti allontanò da se.
Vidi tutto questo, nascosto da una tenda, lo vidi amarti, più di se stesso.
- Oh, perché quelle labbra mi attirano così? Perché i tuoi occhi mi guardano
in quel modo? Sono impotente di fronte a te, come lo sono di fronte a Dio.
Non avrò mai la forza di discolparmi, perché non ho forza di lasciarti.
Negare questa mia colpa sarebbe rinnegarti, ed io non voglio.-
E di nuovo, lui sfiorò le tue labbra, e tu lo ricambiasti.
Piccolo angelo, Angelo, ti abbandonasti alle sue braccia.
Tu, tanto piccolo e leggero, ti aggrappasti alla sua schiena mentre lui ti
sollevava, e mentre ti portava nelle sue stanze.
Angelo, quando uscisti mi passasti accanto. Andasti sul balcone, dove un
raggio di luna ti illuminò, come se quel piccolo cerchio di luce fosse stato
creato apposta per te.
- Forse dovrei rimanere con lui, a letto, godermi ancora il suo calore,
ascoltare il suo respiro e il battito regolare del suo cuore… chissà se Dio
ci perdonerà mai, chissà se avremmo mai la forza di non rivederci mai più?
No, io no… solo a dirlo, solo a pensarlo, la vita mi abbandona, e mi si
appanna la vista. No, mai. Ma l’amore, perchè è cieco? Non vede che entrambi
siamo eguali? Non vede che entrambi siamo uomini? Perché amarti è proibito
quanto fu proibita la mela ad Adamo ed Eva?-
- Perché angelo, amarti è come mangiare il frutto della conoscenza. È il
sapere che si può amare sopra ogni cosa, sopra dio stesso, sopra il nostro
essere umani.-
- Ma dio… dio ci manda l’amore, ed il diavolo le tentazioni. Chi ha deciso
che questo è amore, che non è un inganno di lucifero? Chi ha scelto per
noi?-
- Noi stessi… perchè abbiamo resistito a lungo; con tempo le tentazioni
svaniscono. Ti ordinavo di venire da me tutti i giorni, perché credevo che
nel vederti, mi sarei accorto di quanto tu fossi normale e non così
straordinariamente bello. Credevo, nel modo sbagliato. Perché tu… -
E di nuovo ti baciò.
Di nuovo assaggiò quelle tue dolci labbra.
Tutto questo io vedevo, nascosto da una tenda. Ti osservavo cedere a quel
malefico tuo amante, ti vedevo cadere nella trappola delle sue sinuose
parole.
Angelo, eri piccolo, piccino.
Eri un bambino.
Avevi sedici anni appena, lui invece venticinque. Grandi erano le
differenze, di classe sociale, d’età.
Ma eravate uguali. Entrambi uomini.
E questo vi ha fatto più peccatori di un assassino, vi ha reso simili a
bestie.
Io non ho parlato.
Vedevo il tuo amore per lui, e mi sono arreso.
Credimi Angelo, non ti avrei mai tradito. Eravamo amici, ridevamo nelle
cucine e nei cortili. Mi raccontavi i tuoi segreti ed io facevo lo stesso
con te.
Ero ammaliato, stregato dalla tua bellezza, dalla tua intelligenza e da
tutto ciò che si aggirava intorno alla tua figura.
Io non ho parlato.
Io, non fui.
Chi l’ha fatto non lo so. Ma non ha avuto cuore, non ha avuto pietà.
Per voi.
Vi hanno uccisi, in una giornata di novembre, calda come poche.
Il sole era brillante, alto nel cielo limpido, senza nubi.
Lui, l’hanno preso nel cortile, mentre tu già dormivi per sempre, nel tuo
giaciglio di sangue, in quel suo letto, macchiato dalla tua stessa vita che
fluiva dal tuo collo reciso.
Il capo bianco, come una rosa candida appena colta.
Così pura. Così innocente.
Così come lo eri tu.
Ma loro vedevano in te una grande macchia, un peccato senza ragione
d’esserlo.
Angelo… ho trovato queste parole nella sua scrivania, accanto al tuo
cadavere tiepido.
Nessuno, per quel giorno, s’è preso la briga di spostarti.
Nessuno, per quel giorno, ha seppellito i vostri cadaveri, ho allestito i
vostri funerali.
Lui è stato sepolto lontano, da te e dalla tomba di famiglia. Un piccolo
lotto, con una lapide vuota. E nera.
Angelo, tu sei stato cremato, le tue ceneri buttate in una fogna. L’odio che
avevano per te, non l’ho mai visto contro nessun altro.
Angelo… anch’io ti ho amato… Angelo, anche io.
Che la vostra memoria viva per sempre, perché non siete peccatori, ma solo
uomini.
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