ciao! ecco l'ultimo capito di "Angeli" . non uccidetemi una volta che avrete finito di leggerlo. commentate in tanti vi prego. un bacio caloroso dalla vostra Viky ^^

 


 


 

 

Angeli da un'ala soltanto

 

parte VII

 

di Vickysweetgirl

 


 

(…la coppia che si è amata di più al mondo…)

 

 

 

 

 

 

 

se voli le tue ali si spezzano
se cammini le tue forze ti abbandonano
se parli la voce ti si spezza in gola
sei tutto per me
sarò le tue ali
sarò le tue gambe
sarò la tua voce
per tutta la vita
per sempre
fino alla morte
fino a un nuovo ordine
fino all'apocalisse
quando un divino sceglierà
la fine di tutti e tutto

 

 

PARTE 7: Apocalisse

_...e sono stato a vedere quella mostra che ti dicevo. Lavoro in continuazione, avevo bisogno di un po’ di svago.
Mark stava parlando al telefono con Kevin, raccontando entusiasta i suoi piccoli successi e scoperte.

_Che bello…
_Ehi…c’è qualcosa che non va?
_No…no.

_Sicuro? Oh, no ora mi preoccupo…cos’è quella vocina triste triste che sento uscire dalle labbra del mio ragazzo?

_Non è nulla…davvero.

_Avanti…problemi con tua madre?

_No…

_Hai litigato con tua sorella? Oppure…no, non  dirmi che non ti hanno accettato alla facoltà di lettere!

_No, no mi hanno preso…mi hanno fatto anche i complimenti per i risultati al liceo…

_Wow ma è grandioso!...ma allora perché non ti sento allegro? Perché oggi non sei il mio solito Kevin?
_Scusa…

_Non sei contento di sentirmi?

_Si! Oh si, Mark, te lo giuro, sei l’unica cosa che vada bene nella mia vita!

_Cosa intendi?
_Niente…che…dopotutto siamo lontani e mi manchi da impazzire…poi…mm…badare a tre donne è faticoso.
_Ah ah ah ah tutto qui? Incominci ad aver bisogno di compagnia maschile?_ Mark rise_ non ti azzardare a portarti i maschietti a casa, eh?

Kevin ridacchiò.

_Tranquillo.
_Mh. Ok. Ti ricordi, quando ci siamo incontrati per la prima volta mi dicesti che non volevi continuare gli studi…e invece guarda un po’, entri nella migliore università della città e ti fanno pure i complimenti.
_I casi della vita.

_Stupidone.

_...ti amo lo sai?

_Amore mio…ti amo da impazzire anch’io non sai quanto mi manchi… mi mancano le tue labbra, mi mancano i tuoi occhi... …il modo in cui mi guardi…

Il biondino sorrise dolcemente. Stava rannicchiato sul letto, appoggiato al cuscino e socchiuse gli occhi nel suo modo tutto dolce. Strinse forte nella mano il cellulare.

_Torna presto ti prego…ho bisogno di te.

Disse a bassa voce il ragazzo, aggrappandosi forte a quel telefono come se fosse l’unica luce della sua vita. Stinse forte le palpebre per impedirsi di piangere. Lui non doveva sentire in che stato era ridotto.

_Si, certo. Il mese prossimo dovrei essere di nuovo da te…ma stai bene? Davvero, ti sento strano Kevin…sai che puoi dirmi qualunque cosa, vero?

 

Silenzio.

 

_Vero?

_...si….si Mark._ sorrise_ sta tranquillo…ti amo.

_Ti amo anch’io. Ti chiamo stasera.

Fine della conversazione.

 

Una lacrima cadde sul dorso della mano di Kevin. Seguita subito da altre. Il biondino tentava di asciugarsi gli occhi, rassegnato, ferito, addolorato. Singhiozzava.


Perché, perché proprio a lui?

 

Perché questa maledizione!?

 

Erano due settimane che sottostava ai capricci di quella bestia, indegna di essere chiamata “uomo”.

 

Ogni giorno, dopo l’università, andava nell’ufficio di Maltore che lo possedeva furiosamente e, a volte, questo l’aveva portato persino a casa sua, esattamente come doveva fare quella sera. Guardò l’orologio e scese le scale che portavano al piano di sotto. Sua madre era seduta sul divano a leggere una rivista; dalla cucina arrivava un buon profumino di sugo.
_Dove vai tesoro?_ gli chiese la donna.

_Vado da Mike…rientrerò tardi.

_Fa attenzione amore.

 Il biondino la guardò sorridendo tristemente ed uscì.

La notte era calda e silenziosa; si potevano sentire solo le piccole cicale suonare la loro allegra sinfonia. Durante il tragitto tenne la testa bassa. Pensava, pensava, pensava…non ne poteva più! Sapeva che sarebbe impazzito. Al solo pensiero di dover passare ancora quel terribile istante…l’istante in cui quell’uomo orribile glielo avrebbe messo detto, l’istante in cui se lo sarebbe sbattuto a suo piacimento, l’istante in cui lo avrebbe riempito di sé. Si sentiva uno sporco traditore. Ma cosa poteva fare? Senza il lavoro di sua madre non avrebbero più tirato avanti. Mark non lo avrebbe mai saputo, mai. Arrivò davanti casa del preside. Suonò il campanello e solo dopo un bel po’ di tempo l’altro si degnò di aprire la porta.

 

Kevin avrebbe voluto che non l’aprisse mai.

 

_Ciao piccolo._ gli disse l’uomo poggiandosi alla porta e guardandolo; la sigaretta nella bocca.

_Non chiamarmi piccolo._ tono freddo.

_Ma guarda…scontrosetto oggi?

_Mi fai entrare o non mi vuoi oggi?


Oh, ti prego, dì che non mi vuoi, dì che non mi vuoi…

 

Ma l’uomo dopo averlo guardato per un altro, lungo istante, si fece da parte. Kevin entrò senza cerimonie. Maltore spense la sigaretta nel grosso portacenere che si trovava nel tavolo rotondo dell’immenso soggiorno.
_Vuoi farti una doccia?
_Lascia stare. Non meriti di certo che sia anche profumato.
L’uomo rise e gli si avvicinò per abbracciarlo da dietro.

_Ma tu sei sempre profumato…ora…_ Maltore tornò serio e gli tirò giù i pantaloni della tuta con forza e lo spinse nel letto, gettandosi poi sopra di lui, di peso_ sta zitto e fatti sfondare.


Umiliato di nuovo…

 

…e non era finita lì…

 

Il bruno gli alzò le gambe nonchalance  e lo penetrò immediatamente. Kevin seppe trattenere il gemito che stava per emettere e chiuse gli occhi come al solito, cercando di non ascoltare lo scricchiolio del letto sotto le spinte dell’uomo e i suoi ansimi orrendi. E quel dolore….quel dolore che non aveva mai provato, se non la prima volta, fra le braccia di Mark…ma quello era stato un dolce dolore…

 

…Mark…

 

Kevin iniziò a piangere. Non tanto per il dolore. Ma per il senso di colpa.

 

Mark non meritava affatto tutto questo.

 

Si aggrappò alle candide lenzuola, alzò la testa e soffocò i gemiti fra le labbra.

_Oh si…oh si, si! Tesoro sei incantevole…sei così morbido mmmm…_ gemette il preside senza ritegno, facendo vergognare tantissimo il giovane ragazzo sotto di lui.

 

Era pesante…

 

Faceva male…

…tanto male…

 

Perché, perché!?

 

Il bruno iniziò a spingere ancora più forte e a muoversi più velocemente.

Era arrivato il momento.

L’uomo si tese e con un gemito roco venne in lui copiosamente.

 

Ogni volta che succedeva Kevin moriva.

 

Vaniva annientato come uomo e come essere umano.

 

Smise improvvisamente di piangere. Sbarrò gli occhi.

 

Era una bambola vuota ora.

 

Era al limite.

 

_mmm bene…mi fai sempre venire un casino…tu piuttosto…non vieni mai?_ Kevin non rispose_ non ti diventa nemmeno duro…cosa c’è, sei frigido?

 

Non che non lo era.

 

No che non lo era…

 

 

Ennesima umiliazione.

 

Quel mostro, quella…bestia non poteva capire il piacere che era in grado di provare fra le braccia del suo principe gentile, del suo amore, del suo cavaliere appassionato.

 

_Alzati da me._ disse finalmente il biondino con voce fredda e roca; bassissima.

_Tranquillo, per oggi il mio interesse per te è spento. Datti una sistemata e va via. Tra poco ho gente a cena.

 

Non gli chiedeva mica ora di farsi la doccia...

Poco male, non avrebbe accettato comunque.

Non avrebbe accettato niente da lui.

Mai!

 

Si alzò dal letto. Era dolorante. Ma uscì di corsa, senza voltarsi, senza salutare.

Cosa c’era da dire in fondo?

 

Cosa si deve dire all’uomo che ti violenta?

Perché consenziente o meno quella era pur sempre una violenza.

Era stato costretto dal fato…

 

Il suo destino era stato crudele…

 

Camminò a passò incerto verso casa, con gli occhi stanchi, la braccia penzolanti…non si sentiva più un ragazzo…non si sentiva più degno del mondo e di niente.

 

La notte passò come al solito fra incubi e tormenti. Si svegliava di soprassalto ogni notte, piangendo e tremando. Ogni parola dolce di Mark, arrochita dal telefono, non faceva che farlo sentire peggio.

 

E arrivò il giorno in cui Mark tornò.

Con un lavoro vicino casa e soprattutto col suo ragazzo a portata di mano.

Kevin lo stava cercando fra la gente che scendeva dal treno. Scrutava velocemente ogni volto, per riconoscere in fretta quello dell’amato. Il cuore gli batteva forte.

 

Ed eccolo.

 

I capelli neri tenuti indietro dai suoi occhiali da sole.

Gli occhi attenti e meravigliosi che si guardavano in giro...alla ricerca di lui.

I tratti delicati ma molto maschili, la barba fatta, le forti mani che reggevano due valige.

 

In quelle valige entrava tutta la sua vita.

 

Gli occhi di Kevin lo analizzarono velocemente da capo a piedi, rapiti.

Il moro indossava un paio di jeans a vita bassa, molto stretti, che fasciavano il suo bel sederino sodo. Sopra una camicia bianca a maniche lunghe, arrotolate per benino sulle spalle…

 

Bellissimo, bellissimo, bellissimo…

 

Divino!

 

Dovette schiarirsi la voce più volte prima di chiamarlo.

_Mark…MARK!

Il moro si voltò verso di lui e lì il mondo si fermò.

 

Non esisteva più alcun treno, alcun suono, più niente.

 

Solo i battiti dei loro cuori infuriati, ribelli, innamorati…

 

In un attimo furono abbracciati, in un tocco struggente di anime.

 

Mark afferrò la testa dell’altro e se la strinse al petto, anche troppo forte; il biondino credeva di soffocare ma era troppo felice per pensarci. Tenne stretta fra le dita la camicia dell’altro e iniziò a piangere sul suo petto. Mark lo tenne abbracciato, stringendolo sempre di più, come se volesse farlo entrare in sé. Poi gli alzò la testa e sempre tenendolo stretto iniziò a baciarlo furiosamente sul viso, con baci urgenti e catturò le sue labbra come un lupo cattura la sua preda. Lo strinse ancora.

_Kevin…Kevin, Kevin, Kevin…_ ripeté il suo nome mille volte.

_Mark…sei qui…sei qui…

_Quanto ho sognato questo momento, quante, quante volte…

_Ti amo…ti amo…

_Ti amo…amore mio non piangere…voglio vedere i tuoi occhi…oh, sono ancora più belli di come li ricordavo…amore lascia che li baci.

E di nuovo in preda alla dolce foga dell’amore, alla dolce urgenza, prese a baciare gli occhi del biondino, bagnandosi la bocca con le lacrime dell’altro. Com’erano scure le ciglia di Kevin nel pianto…com’erano rosse le sue labbra dopo il bacio…com’erano dolci i suoi occhi che lo amavano…con una tale intensità da farlo apparire come un angelo da un’ala soltanto…e lui era orgogliosissimo di essere la sua ala mancante.

Kevin abbassò gli occhi.

 

Si sentiva timido, colpevole, orribile. Come poteva ancora osare guardare negli occhi quel suo amore?

_Quanto mi sei mancato…_ disse infine il biondino in un sussurro.

_Lo so…anche tu mi sei mancato, da morire…io…stavo impazzendo senza poterti toccare, guardare, avere fra le braccia.

Kevin sorrise. Erano due mesi che non si sentiva così bene. Mark assunse un’espressione perplessa. Tastò il busto dell’altro e indietreggiò per poterlo guardare meglio in faccia. Kevin sussultò.

 

Oddio e se si fosse accorto che qualcosa…non era come doveva essere?!

 

Kevin abbassò lo sguardo, colpevole.

_Co-cosa c’è…?_ disse sforzandosi enormemente di sembrare calmo, quando in realtà il suo piccolo cuore palpitava all’inverosimile.

_Sei dimagrito?

_Eh?

_Si, sei dimagrito vero? E come mai hai quelle brutte occhiaie?

_Cos’è…non ti piaccio così?_ ci scherzò su Kevin.

_Assolutamente. Sei bellissimo…_ si avvicinò ulteriormente al ragazzo_ ti prego andiamo da qualche parte, ti voglio ora, subito…voglio fare l’amore con te.

 

Quanto amava quel suo essere impaziente, quella sua foga, quella sua forte mascolinità, quella sua urgenza…quel suo essere dolce e selvaggio allo stesso tempo…

 

Arrivarono a casa di Mark. Impolverata, ma per il resto uguale a prima. Nemmeno il tempo di chiudere la porta che Mark prese in braccio Kevin, le sue gambe intorno alla propria vita e si gettò con lui sul letto, schiacciandolo dolcemente col proprio peso, sovrastandolo, iniziando a baciarlo ripetutamente sul viso, sul collo, sul petto…sembrava posseduto da una brama feroce.

 

Iniziarono a generarsi sospiri e gemiti di piacere…

 

…e Mark e Kevin iniziarono a volare…in alto.

 

Mark entrò in lui con decisione. A Kevin uscì dalle labbra un gemito di dolore. Mark se ne accorse e rallentò il ritmo, pensando che probabilmente il suo cucciolo doveva “riprenderci la mano”…eppure la carne si apriva subito ad ogni sua lieve spinta.

 

_Amore…_Disse il moro_ hai giocato da solo? la tua carne qui è così piacevolmente cedevole…mmmm…

 

Ma la verità era un’altra…Kevin non aveva affatto perso la mano…e non aveva mai giocato con cose strane…anzi era sempre violentato crudelmente che oramai era tutto indolenzito e aperto.

 

_Kevin…aaaaah

_Mark…aaah…Mark…piano

_Si amore si…mmmmmh ti amo

 

Gemiti e grida di piacere.

 

Ansimi e voci roche…

 

Sesso…amore…sesso…amore…

 

Raggiunsero l’apice quasi subito.

 

 

Troppo desiderosi e troppo repressi per poter attendere.

 

Caddero uno nelle braccia dell’altro e si tennero stretti, tutti sudati, respirando i respiri provenienti dall’altro, sentendosi appagati dopo mesi di lunga astinenza e di lunga agonia.

 

Sorridenti e felici si tennero stretti e si baciarono delicatamente; solo uno sfioramento di labbra…Kevin non pensò a niente, volle solo perdersi in quel momento di beatitudine simile al paradiso. Baciò una ad una le dita di Mark che lo guardava estasiato, accarezzava i suoi capelli dorati…mentre il suo piccolo succhiava quelle dita con la tenerezza di un cucciolo…

 

Si poteva provare più amore di così?

 

Si poteva essere più felici?

 

Erano in uno stato, anzi erano in un luogo sconosciuto a tutti, là dove sono gli innamorati posso arrivare, di cui solo gli angeli conoscono l’abdicazione. A cuore aperto, in quell’afosa giornata d’estate, ad occhi chiusi, guardarono dentro lo stessi, ascoltando il timido sussurro dell’amore, che ora cantava a squarciagola.

 

Mark aveva ripreso a lavorare e Kevin era impegnato con l’università. Studiava, ma passava molto tempo con Mark. Ma c’era qualcos’altro da cui non poteva astenersi…gli incontri segreti con il preside dovevano continuare. Quasi ogni giorno una scusa diversa per sottrarsi alle dolci e protettive braccia di Mark ed andare da quelle di un mostro, peggiore di qualunque film dell’orrore. Le giornate quindi trascorrevano così, tra gioia e dolore, tra dolcezza e vergogna, tra amore e odio e la speranza che presto quell’uomo si sarebbe stancato di lui, e senza conseguenze, l’avrebbe astenuto da ogni prestazione. Oltre che farsi possedere doveva anche farlo arrivare all’orgasmo con la bocca, leccando il suo membro di uomo già fatto, sentendo il liquido caldo espandersi improvvisamente nella sua bocca, per poi vomitare dal disgusto appena poteva. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di umiliarsi così in sua presenza.

Non poteva continuare così.

Ma l’importante era che Mark non sapesse nulla, non doveva!

Era agosto ormai, i due innamorati dal cuore puro si divertivano facendo di tutto e di più. Ci fu una settimana in cui ogni giorno andavano al mare, facendo l’amore in acqua, giocando con la sabbia come bambini e Mark insegnò a nuotare a Kevin. Il moro non avrebbe mai dimenticato l’espressione da ragazzino che conquista il mondo di Kevin, quando diede le prime bracciate da solo. Amava tutto di lui, il suo corpo piccolo ma ben fatto, la lucentezza dei suoi occhi  puri e quel suo costume bianco che lo faceva impazzire!

 

Una mattina, Kevin era nel proprio giardino, strappava le erbacce da alcuni vasi di fiori. Mark lo andò a trovare e senza dire nulla gli posò una palla di pelo sulle ginocchia. Era un gattino grigio, piccolo, piccolissimo, tanto da entrare nei palmi di due mani. Kevin guardò l’animaletto estasiato.
_Mark! Ma cosa…

_E’ per te. Ti piacciono i gatti vero?

_Oh, si! Amore…ooh com’è carino._ esclamò Kevin addolcendosi tutto, accarezzando la pallina di pelo che miagolava e strusciarselo contro la guancia_ com’è morbido…
_ti piace? È per te.

_Mi piace tantissimo! Grazie Mark, grazie!

Kevin strinse forte Mark tra le braccia.

 

Dopo un po’ di tempo, quel micino, che insieme avevano chiamato col nome di Virgola, nonostante fosse un maschio, Mark notò che Kevin passava molto tempo ad accudire il suo nuovo animale. Una mattina, stufo perché Kevin si era alzato molto presto dal letto per andare a nutrire il gatto, Mark esplose. Uscì in giardino, strappò il gatto dalle mani del biondino.
_Basta! Mi ha stufato! Ora lo butto di sotto._ proruppe esagerando.

_no! Mark aspetta!_ lo implorò Kevin alzandosi di scatto e andandogli contro_ no, no, no ti prego!

_Mi ha stancato, ti fa perdere un sacco di tempo!

_No, no, no. _  Kevin iniziò a singhiozzare, anche se voleva trattenersi_ non fare del male al mio micio… ti prego... _ disse quasi pigolando; le mani strette sulla maglia dell’altro.

Mark si intenerì e diede con gentilezza il gatto a Kevin.
_Non gli avrei mai fatto del male.

Kevin sorrise. Si era reso conto di aver sbottato per nulla.
_Sei geloso anche di un gatto_ ridacchiò il biondo_…ehi!

Il gattino gli si era infilato sotto la canottiera.

_Ehi! Faccio bene ad essere geloso allora.
_Basta, ehi! Mi fai il solletico!_ Kevin iniziò  a contorcersi e ad arrossire_ non leccarmi i capezzoli ehi!

_Eh no, ora basta.

_Ahi!

Alla fine riuscirono a rimettere il gatto con le zampe a terra e Kevin si tolse la canotta larga.

_Cosa c’è?_ gli chiese Mark.
_Mi ha graffiato…

_Gatto bastardo…prendo dell’acqua ossigenata aspetta.

Mark entrò in casa, uscendo subito dopo con il medicinale. Iniziò a medicare il biondino con del cotone imbevuto.
_Ahia!

_Sttt…ora non lamentarti.

_Uff…

Poi si guardarono e iniziarono a ridere, mentre Virgola miagolava per la fame.

 

Amare è perdersi totalmente, amare è giocare un gioco divertente e dolce…un gioco molto serio, è dimenticare per un attimo eterno se stessi e pensare solo all’altro, è voler continuare a vivere solo con l’oggetto d’amore, è non tradirlo, non darlo per scontato, si è questo l’amore. Mai scontato e mai banale, dove ci si accontenta di poco purché si abbia lui o lei al proprio fianco.

 

Amare è diventare stupidi, non capire niente e allo stesso tempo capire tutto…

 

10 agosto.

Kevin era a casa del suo aguzzino, sotto il corpo di Maltore che lo aveva sbattuto forte al muro polveroso della sua cantina e ora lo possedeva senza delicatezza, come un animale eccitato.

Spingeva forte, forte e faceva un male cane…

Oddio perché oggi faceva così male?

_AHIA!! Piano!!!_ gridò Kevin.

_Zitto..zitto…

_AAAAH!!

Lo stava violentando con furia e forza, mai era stato violento a tal punto. Kevin si accorse che bruciava…stava sanguinando. Quando l’uomo venne in lui, uscì dall’antro caldo delle sue natiche e si tirò su i pantaloni appagato. Kevin cadde in ginocchio; andò ad accarezzarsi in quel punto vergognoso e poi si guardò la mano.


Sangue.

 

Si sistemò alla bell’è meglio e fece per andarsene ma venne bloccato dalle parole di quel mostro.

_Sei una troietta favolosa.

 

Lì Kevin morì.

 

Strinse forte i pugni ed uscì velocemente dalla cantina e poi dalla casa, sentendo un male tremendo alla testa e non solo…Inoltre gli tremavano le gambe e il cuore sembrava stesse per scoppiargli nel petto.

 

Molte ore dopo, nel tardo pomeriggio, Mark entrò in casa di Kevin come fosse la propria e appena lo vide sdraiato sul divano, con la testa poggiata sulla spalla sorrise e gli si avvicinò, chiamandolo a bassa voce.

_Ehi… dormi?
Il biondino aprì gli occhi.

_No. Riposavo…ho avuto mal di testa tutto il giorno.
_Povero cucciolo mio…_ disse con tono tenero il moro, sedendosi accanto all’altro, abbracciandolo e facendo poggiare la sua testa sul proprio petto, baciandolo, sentendo quel solito profumo dei suoi capelli dorati.

 

Impazziva per quel profumo.

 

Impazziva per lui.

 

Lo fece sdraiare dolcemente sul divano, come prima e gli si fece sopra, guardandolo con occhi dolci e desiderosi.

_C’è qualcuno in casa?_ gli chiese.

_No…sono tutti dalla nonna.

_Bene…ti va?
_...si.

Il moro sfiorò tutto il suo corpo con la mano, e bacio le sua labbra dolcemente. Iniziò a spogliarlo piano, sbottonando lentamente i bottoni della camicia bianca, poi si dedicò ai jeans…

Oggi gli avrebbe dato una dolcezza che nemmeno sognava.

Se lo meritava il suo cucciolo.

Non appena scoprì il petto chiaro del biondino, si perse ad ammirarlo e iniziò a posarvi piccoli e teneri baci, dolci ed umidi. Kevin sospirò di piacere e sorrise dolcemente compiaciuto. Poi Mark continuò a scendere con la bocca, fino ad arrivare sul membro caldo, già semi teso e lo baciò, facendo subito bagnare la punta del piacere del biondino. Stava già per venire. Si fermò. Voleva che il suo piacere fosse lento, voleva che impazzisse. Si strusciò su Kevin, piano, facendolo inarcare e gemere. Il moro sorrise. Iniziò a baciargli il collo con dolce passione e il biondino aprì le gambe per lui, chiaro invito a possederlo. Allora Mark si sistemò fra le sue gambe e si preparò a penetrarlo dolcemente. Fece entrare in lui prima la punta, strappandogli un gemito di puro piacere, poi lentamente, con tutta la dolcezza di cui era capace entrò tutto in lui, poggiando il petto contro il suo, abbracciandolo. Kevin respirava forte, come ogni volta che facevano l’amore. Mark lo baciò sulle guance, sulle tempie e gli sussurrò alle orecchie che lo amava e che impazziva per lui. Kevin sorrise ad occhi chiusi e posò le mani sulle spalle dell’altro, rilassandosi, concedendosi teneramente come ogni volta.

 

Lo amava oltre se stesso.

 

Il moro iniziò a spingere in lui. Una spinta…due…tre…quattro…

_AHI!

Kevin gemette di dolore; Mark sbarrò gli occhi e uscì immediatamente da lui. Guardò in basso e impallidì nel vedere un rivoletto di sangue scorrere fra le natiche dell’altro. Non sapeva cosa dire.

_Kevin io…_ il biondino arrossì vistosamente e si alzò di scatto; Mark rimase inginocchiato sul divano, con i pantaloni all’altezza delle cosce. Guardava l’altro impietrito_ scusami…io…stai sanguinando…

_Non preoccuparti…

Disse Kevin con voce fredda e spezzata dallo shock.

_Ma…

_No davvero…non è colpa tua…sei stato dolcissimo.

_Ma allora perché…ti ho fatto male…

Il moro era mortificato. Kevin si sforzò di sorridere.

_Tranquillo…capita…

Mark non era molto convinto ma si alzò e risistemandosi entrò in cucina. Kevin si affacciò al balcone, guardando in lontananza e sospirò tristemente. Sentiva male al fondoschiena era innegabile. Si poggiò alla ringhiera di ferro e posò la testa sulle braccia e singhiozzò. Gli arrivò alle orecchie la voce di Mark.

_Tesoro…vado dalla tua vicina, ha bisogno di aiuto con il rubinetto della cucina…vado io, tranquillo. Torno subito.

Kevin si voltò verso di lui.

 

Lo guardò negli occhi.

 

Guardò la sua figura, in piedi davanti alla porta di casa.

Guardò i suoi pantaloni ancora slacciati, la maglia stropicciata, i capelli leggermente scompigliati, gli occhi intelligenti ed intensi, le labbra socchiuse, le sopracciglia leggermente inarcate…

 

Bellissimo!

 

Più bello di qualsiasi sogno avesse mai fatto…

 

Lo guardò per un breve istante che sembrò eterno…

 

_si…va bene…_ rispose il biondino con un filo di voce. Sorrise.

Mark era ancora preoccupato per prima e uscì con un’espressione triste sul volto.

 

La porta si chiuse dietro le sue spalle.

 

Kevin sospirò profondamente.

 

Sentì il dolore.

 

Interno ed esterno.

 

Laceranti entrambi.

 

La faccia di Mark quando aveva capito di avergli fatto male.

 

Le parole e gli insulti di Maltore.

 

Quella sensazione, quel dolore, quella vergogna, quel senso di colpa indescrivibile.

 

Stava male.


Fisicamente ed emotivamente.

 

Non era più padrone del proprio corpo e delle proprie azioni,

 

Non poteva più nemmeno decidere cosa fare del proprio corpo.

 

Doveva sottostare e subire!

 

Scoppiò a piangere.

 

Non ne poteva più.

 

Non ce la faceva più  a tenersi tutto dentro e non poteva parlare…

 

Ormai si trovava in un abisso di terrore e disperazione, in un incubo peggiore della morte…

 

…della morte.

 

Si scoprì il viso dalle mani…guardò il balcone.

 

Il cuore sembrò fermarsi nel suo petto, il mondo spegnersi intorno a lui.

 

Si avvicinò di più, ancora di più…

 

Poggiò le mani alla ringhiera del balcone…

 

Guardò di sotto.

 

Soffriva di vertigini…chiuse gli occhi.

 

Li riaprì guardando al cielo, le sue gemme verdi ancora bagnate di lacrime.

 

Entrò in casa, trovò un foglio di carta ed una penna che sperava scrivesse.

 

Scrisse piangendo alcune righe veloci e lasciò il foglio dove solo “lui” poteva trovarlo…

 

Tornò in balcone e chiudendo gli occhi  apparvero tante immagini nella sua mente…

 

…sua madre…la donna della sua vita…che amava immensamente…ricordò i suoi capelli morbidi e i suoi occhi dolci…la sua voce dolce…

 

…Chiara…stavano sempre a litigare…eppure amava anche lei…e adorava il suo modo di fare la superiore…avrebbe voluto vederla innamorata seriamente un giorno…

 

…Linelle…il suo piccolo angelo, dolce e protettivo, tenero ed ingenuo…aveva una vita davanti…tutta, tutta quanta da vivere. Sperava che un giorno lei avesse amato qualcuno con la stessa intensità che lui ben conosceva…

 

E poi…due occhi nella sua mente.

 

Occhi castani, immensi e profondi, così taglianti e così dolci…

 

…avrebbe voluto vederli un’ultima volta ancora…

 

…purtroppo non era possibile.

 

Ricordò in un istante mille momenti vissuti con lui.

 

E i suoi occhi, i suoi lineamenti…

 

Quel profumo inebriante, quel corpo caldo, la sua espressione mentre facevano l’amore.

 

Stava già morendo all’idea di lasciarlo e non poter più vivere nulla di lui…

 

…non poter più vivere nulla…

 

Ma non poteva continuare ad andare avanti così e non c’erano soluzioni. Se metteva fine a quel supplizio la sua famiglia sarebbe stata finita, se continuava, non avrebbe mai più potuto guardare negli occhi il suo unico amore…

 

Pianse disperatamente, colmo di paura e angoscia e nostalgia…

 

…tremava violentemente…

 

Il suo sguardo simile a quello di un pazzo schizofrenico.

 

Pronunciò piano il nome di Mark…

 

_...Mark…

 

Si arrampicò sulla ringhiera.

 

Il suo piccolo cuore batteva come un tamburo impazzito nel petto, così forte da fargli male.

 

Ultimo sguardo al cielo. Era così terso…

 

Aprì le braccia al mondo che era stato così generoso e così crudele con lui.

 

Per un breve attimo pensò a suo padre, poi solo al suo moro…

 

_...Mark…

 

Il vento.

 

Il silenzio.

 

Il martellare del suo cuore.

 

Si lasciò cadere nel vuoto.

 

Paura.

 

Terrore.

 

Ma durò poco.

 

Molto poco…

 

……………………………………………. . .. . . . .    ..     ..  .  . . .        .                .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

 

 

 

Mark era andato a comprare pezzi per il rubinetto della vicina di Kevin. Una chiamata al cellulare. Numero sconosciuto. Rispose.

_Pronto?

 

Voce dall’altra parte del telefono.

 

La pelle di lui divenuta ormai bianca come un lenzuolo.

 

La bocca aperta, senza fiato.

 

Il cellulare cadde.

 

Non lo raccolse.

 

Salì in macchina e rischiando molte volte di fare qualche incidente mise in moto, corse verso casa di Kevin.

 

Kevin.

 

Era tutto un errore, un fottuto errore!!

 

Oddio oddio oddio.

 

Si fermò in mezzo alla strada quando si trovò nei pressi della villetta, scese e lasciò la portiera aperta. C’era la polizia intorno alla casa e molta gente.

 

Si avvicinò. Riconobbe la voce di Laura urlare e piangere disperata.

 

Mark tremava.

 

Un poliziotto gli si avvicinò. Ne approfittò per chiedere, ormai senza più ragionare.

 

_ cosa è successo?_ chiese con foga.

_Un ragazzo…si è gettato dal balcone di questa casa. Non si avvicini, potrebbe sconvolgersi. Non è un bello spettacolo ragazzo.

_K…Kevin? un ragazzo…b-biondo?

_Si…lo conosceva?


Il mondo si spense.

 

In tutti i sensi.

 

Cosa stava succedendo?!

 

Perché non si svegliava da questo incubo?

 

Kevin…Kevin…


Le gambe cedettero.


Svenne.

 

……………………………………………………..

 

Mark riaprì gli occhi.

 

Non sapeva dov’era. Oh, si…era a casa sua…e accanto a lui…sua madre.

 

Sua madre?!?! Non era possibile tutto ciò.

 

Mark guardò attentamente i lunghi capelli neri di sua madre, lucidi e ben pettinati come al solito, come se niente potesse mai sconvolgerla. Gli occhi però, quegli occhi di ghiaccio, tradivano tristezza in quel momento e forse anche amore…

 

_Mark._ lo chiamò piano sua madre,evidentemente sollevata_ ti sei svegliato finalmente.

_...mamma?_ rispose il ragazzo con la voce impastata.

Si sentiva debole, non riusciva ad alzarsi. A fatica si mise a sedere; sentiva male alle ossa.

_Stai bene ora vero?

_ma…cosa…cosa è successo?_ ricordò improvvisamente. Come un crudele, cinico lampo_ Kevin…Kevin! KEVIN!

_Mark.

_KEVIN!!!

_Ora basta_ la donna gli aveva messo le mani sulle spalle scosse da forti tremori. Il ragazzo stava sudando a freddo, in maniera spaventosa.

 

Panico.

 

_Dov’è Kevin? voglio Kevin, dimmi dov’è, dov’è?!

_Tesoro...quel ragazzo…è…è morto.

 

Fitta lancinante al cuore.


_Cosa…? Che…hai …detto?_ disse con un filo di voce rotta.

_Mi dispiace…perdonami…non ti sono stata vicina come una madre dovrebbe sempre fare, in ogni caso…quel ragazzo…lo amavi vero?

 

Amava? AMAVA?!

 

 Lui lo ama! Cosa stanno dicendo tutti?!

 

Incidente, gravità, sangue, morte…

 

Non parlate al passato, no!

 

Non era vero, non era vero niente!

 

_Che cazzo dici razza di puttana?! Tu mi odi. Mi hai sempre odiato! E ora vieni qui a dirmi queste cazzate?!?!?!

_ è così. Si è gettato dal balcone di casa sua. Stanno indagando sui motivi e tutto il resto. Un ragazzo così bello e giovane…

 

Mark non l’ascoltava più.

 

Kevin…

 

…era morto.

 

Morto.

 

Morto…

 

Non esisteva più.

 

Lo travolse un dolore lancinante ma non capiva da dove provenisse precisamente.

 

Non pensava più.

 

Kevin.

 

Kevin…

 

Gli tornò in mente il suo viso l’ultima volta che l’aveva visto, stagliato contro la luce proveniente dal balcone, leggermente controluce.

 

_Ci sono stati i funerali_ continuò sua madre in tono formale_ due giorni fa. Tu sei svenuto, hai riaperto gli occhi solo ora.

 

Mark non ragionava più ormai.

 

Scese dal letto barcollando.

 

_Cosa stai facendo?! Dove stai andando?! Il dottore ha detto che devi restare a letto!

La donna cercò di fermarlo fisicamente ma lui la spinse a terra. Il moro uscì di casa. cadde dalle scale ma si rialzò subito. Senza macchina, corse a piedi fino al cimitero della città. Sudava e correva. Aveva la febbre ma lui non lo sapeva e non gli importava di saperlo. Sapeva solo che era in calzoncini e canottiera, scalzo e stava correndo verso la fine o verso l’inizio?

 

Lui non doveva essere lì.

 

Credeva forse che si trattava tutto di uno scherzo, tutta una falsità e che niente fosse vero.

 

Qualcuno aveva voluto separarli con la forza, inventando simili menzogne?!

 

No, lui non era lì! Non doveva esserci!

 

Entrò furiosamente nel cimitero, si guardò intorno. Tombe e gente che pregava qua e là. Si aggirò per tutto il cimitero finché non vide davanti ad una lapide su un prato, molti fiori freschi e corone. Si avvicinò lentamente, col cuore che non sapeva battesse o meno e lo sguardo fisso.

 

Davanti la tomba appena creata…

 

…su quella lapide.

 

Un nome.

 

In memoria di

Kevin ******

Nato il 2/09/1990

Morto il 10/08/2008

 

 

Mark s pietrificò in maniera paurosa. Guardò quella piccola foto, una delle tante di Kevin , una che non aveva mai visto. Li il suo angelo, aveva un’espressione vuota e un sorriso tirato, falso…

 

…ma ugualmente bello e impeccabile. Timido.

 

Mark cadde sulle ginocchia, messo in ginocchio dalla vita e dalla morte…dal destino più crudele che si possa immaginare.

 

Lì, sotto quella fredda terra, sotto quella grande zolla di prato appena piantato…sotto quella gelida lapide…giaceva il suo Kevin.

 

Il suo Kevin che arrossiva sempre e che era sempre gioioso di ogni piccola cosa.

 

Rabbrividì di paura, di consapevolezza della perdita…di orrore…di angoscia.

 

Iniziò a piangere in maniera di sperata, digrignando i denti, spingendo le dita nel terreno, facendosi male.

 

Urlò.

 

Urlò contro Dio e contro tutti.

 

Tremava in maniera spaventosa. Accarezzò la fredda lapide. Lacrime calde caddero su di essa.

 

Aveva gli occhi rossi il giovane Mark, morto quello stesso giorno, ai piedi della tomba del suo unico, grande amore.

 

Morte dell’amore.

 

NO NO NO!!!!!!!!!!!!!!

 

Singhiozzava…fremeva…piangeva, urlava, imprecava.

 

E ripensò ad ogni istante.

 

Vagando in rete aveva trovato quel semplice e banale annuncio. Proviamoci si disse. E scrisse: “sono DarkSide…19 anni” scrisse mentendo sull’età per rendere il tutto più possibile “ vediamoci sotto l’arco principale. Conosciamoci. Bacio.”

 

Il loro incontro…la giornata in cui sperava di scoparselo subito, di poter finalmente provare il sesso con un uomo. Sesso e basta. Godere.

 

E poi vide il suo angelo per la prima volta.

 

Occhi verdi, puliti e limpidi come un sogno, ciglia lunghe, labbra rosee e voluttuose, il corpo adorabile sotto la sua solita camicia bianca, che avrebbe scoperto in futuro quanto piaceva al biondino, il sorriso da ragazzino e il suo saluto:


 “Ciao.”

 

Quella voce…tenera…maschile ma infantile…può essere ingenua una voce? Aveva un suono vellutato e dolce.

 

Aveva…no, no non parlare al passato oddio!

 

Se l’era voluto scopare sin dal primo momento. O detto in maniera più romantica e veritiera…l’aveva desiderato da subito…totalmente e senza riserve.

 

Quella cioccolata fatta insieme.

 

Il suo nasino sporco di cacao…

 

Il suo nasino perfetto…

 

Il primo bacio…che aveva il sapore d’amore. Si era accorto in quel momento, di amarlo oltre se stesso…

 

Com’era impacciato e timido.

 

“mi mancherai…torna presto”

 

“ ma cosa fai? Pervertito!”

 

“ ti fa male fumare, smetti!”

 

Da quel momento non aveva più toccato una sigaretta.

 

I suoi dolci sorrisi,

la malizia nei suoi occhi mentre facevano l’amore…

 

…la loro prima volta...la primissima volta per Kevin.

 

Cucciolo indifeso nelle sue mani…gli si era affidato tutto.

 

Quelle lacrime, quegli sguardi complici, quelle guance rosse d’imbarazzo, quel corpo snello e tornito, quel neo nell’incavo del ginocchio sinistro…

 

Conosceva ogni singolo millimetro della sua pelle profumata.

 

Amore, amore, amore, lui gli aveva fatto scoprire l’amore!

 

Gli aveva fatto il dono più grande che si possa fare ad un essere umano.

 

Forse l’aveva amato da subito, da quando l’aveva visto lì, seduto in lontananza.

 

No, lo amava ancor prima di conoscerlo…

 

Il tocco delle sue dita tra i capelli.

 

Sentì due braccia cingergli il collo da dietro. Si voltò.

 

Non c’era nessuno.

 

“non mi suiciderei mai”

 

_PERCHE’ PERCHE’ PERCHE’!?!?!!? AVEVI PROMESSO! DOVEVAMO VIVERE INSIEME! PERCHE’ TI SEI AMAMZZATO!?!!

 

Non riusciva a capacitarsi dell’accaduto.

 

Perché il suo Kevin dolce, così giovane e dai mille sogni, aveva distrutto la propria vita?

 

Non c’erano giustificazioni valide, tutto sembrava perfetto!

 

Non riusciva a capire e questo lo frustrava, lo atterriva, lo mandava in bestia, tutto nello stesso momento.

 

Mark era totalmente in balia del dolore.

 

Una volta…si era fatto possedere da Kevin.

 

Si lui, l’attivo per eccellenza aveva cambiato ruolo, anche se solo per una volta. Voleva dimostrargli che non era una questione di ruoli il piacere che provava, ma tutto dipendeva da Kevin. Così il biondo impacciatamene l’aveva preso, con dolcezza, tanto che lui aveva sentito più piacere che male. Si, gli era piaciuto e tanto.

 

Sentirsi suo, così profondamente…

 

Non  più quell’alito caldo addosso, non più lui, non più quella felicità.

 

Non più.

 

Mai più.

 

Mai più Kevin nella sua vita…

 

La testa bassa. Aprì gli occhi. Davanti la tomba erano stati messi vasi, un peluche che lui stesso gli aveva regalato e una targhetta con dediche varie incise. Il moro prese in mano il pupazzo che non aveva una forma precisa, era giallo e ricucito alla meglio. Laura sapeva quanto Kevin era affezionato a quell’oggetto. Lo voltò. Dietro aveva una piccola chiusura lampo, nascosta e solo chi l’aveva comprato poteva sapere che ci fosse. Lui l’aveva fatta vedere a Kevin quel giorno e li mettevano foglietti con su scritte frasi d’amore. l’aprì. Ne estrasse con mani tremanti foglietti azzurro pastello…e c’era un foglio bianco, più grande degli altri, appallottolato…lo rese leggibile.

 

La calligrafia arrotondata e precisa del biondino.

 

Deglutì. Lesse.

 

Mark

 

So che solo tu leggerai questa lettera anche se non so quando ti accorgerai della sua esistenza. Starai soffrendo ora. Lo so. Perdonami, anche se so che mi odierai in eterno per averti lasciato solo in questo mondo disgustoso, dove io e te eravamo gli angeli da un’ala soltanto…ricordi? Quelli che possono volare soltanto abbracciati. Che romantico…l’hai tirata fuori tu questa cosa e sono felice di averti incontrato e di averti amato e di avere avuto il privilegio di averti. Ti starai chiedendo il motivo del mio gesto. Non sono più puro Mark. Sono sporco e indegno di te, mi sento male, sto soffrendo. Non riesco a spiegarti tutto…Non devi sapere cosa sono diventato. Non sono più il tuo dolce e candido Kevin, sono un ragazzaccio e sono sporco nell’anima. Dentro e fuori. Non pensare minimamente che tu c’entri qualcosa…non devi minimamente pensarlo! E devi prometterlo! Ti amo. Ti amo più di quanto riuscissi solamente a immaginare mesi fa. Ti amo come solo un angelo come te forse può capire.Ti amo e so che anche tu mi ami con la stessa intensità…prenditi cura della mia famiglia. Mia madre, stalle vicino…ti prego…e pensami ogni tanto…sappi che sei stato il mio primo e unico amore…perdonami se ti ucciderò col mio gesto…ma non posso farne a meno, non posso continuare a vivere senza redenzione. E questo è l’unico modo che ho per stare in pace. È un dolore lasciarti Mark e forse non capirai mai quanto mi costi farlo…Vivi la tua vita, angelo mio, amore…continua a vivere e ricorda solo le cose belle e felici di me…ricorda i momenti d’amore e le risate e le carezze…vivi e ricorda…ma allo stesso tempo dimentica e ama qualcuno che non ti lascerà…

Ti amo,

Tuo eternamente.

 

Kevin

 

Mark allentò leggermente la presa sulla lettera.

 

Si sentiva vuoto, senza risposte, senza un perché…

 

Aveva un groppo in gola e non aveva smesso un solo istante di piangere.

 

La scrittura di Kevin, le sue parole…quel dolore e quell’angoscia che trasparivano da ogni lettera…

 

_Kevin…perché mi hai lasciato solo…?_ disse a voce bassa il moretto distrutto_ perché hai messo fine alla tua vita, alla nostra…alla mia…tu lo sai…che io non ce la faccio a continuare da solo…sapevo che c’eri…che eri mio…che io ero tuo e non desideravo altro al mondo…cosa ti ha potuto spingere a tanto…amore mio…non mi sono accorto del tuo dolore…cosa ti è successo…?

 Mark sembrava più calmo…o sarebbe meglio dire rassegnato. Alzò la testa al cielo. Aveva smesso di piangere; aveva gli occhi rossi e le lacrime ancora rigavano il suo viso. Si alzò in silenzio. Guardò un’ultima volta quella tomba e infilandosi la lettera in tasca si diresse verso l’uscita del cimitero, come uno zombie, con una calma apparente, molto più terrificante dell’espressa follia.  Rientrò a casa. sua madre non c’era. Si sentiva sconfitto. Gli veniva ancora da piangere ma si trattenne. Squillò il telefono. Rispose dopo parecchi squilli; era come intorpidito.

_Buongiorno, chiamo dall’ospedale ******** abbiamo i risultati dell’autopsia fatta sul corpo senza vita del ragazzo.
Che l’avesse richiesta sua madre?

_Si…mi dica…

_Lei è il figlio della signora—

_Si! Mi dica._ ripeté Mark.

_Abbiamo scoperto che il ragazzo ha avuto rapporti sessuali frequenti negli ultimi mesi…senza interruzione. Rapporti omosessuali…Soprattutto concentrati nel periodo di luglio.

Cosa? Ma era il periodo in cui lui era partito. Che…Kevin lo tradisse? Tirò fuori dalla tasca la lettera stropicciata.

Non sono più puro Mark. Sono sporco e indegno di te”

no… la lettera poi diceva…”mi sento male…” Il medico continuò a parlare al telefono.
_Secondo le nostre ricerche ed analisi il ragazzo, più che semplici rapporti anali, aveva frequenti rapporti non consenzienti.

 

Violentato?!

 

_COSA?! Chi…come?!

 

Kevin…il suo Kevin era stato ripetutamente violentato? Il periodo in cui lui non c’era...per telefono…era così strano a volte…era dimagrito…Spesso gli parlava e quando rispondeva sembrava cadere dalle nuvole…Mark sentiva di avere in mano molti pezzi, ma cos’era che gli sfuggiva? Se non arrivava al fondo di quella storia impazziva sul serio.

 

_Sono brutte notizie da dare, specie a chi gli era affezionato…come immagino lei era…era un parente?

 

No caro dottore…ero molto, molto di più…

 

Dov’è che Kevin passava molto tempo in quel periodo…? sua madre licenziata…mmmm…

 

Ecco!

 

Il pezzo mancante.

 

La scuola.

 

Il preside!

 

Mark allora spiegò tutto, assicurandosi che il tutto rimanesse segreto. Indicò il nome di Maltore, affinché si accertassero di tutto. Sentiva di aver azzeccato tutto.

 

Passò qualche giorno, di apparente morte per Mark. Portava al collo l’anello che era stato di Kevin, i genitori glielo avevano tolto prima di farlo seppellire, e non toglieva mai il suo dal dito.

Due giorni dopo arrivò la risposta. Era stato lui. Il preside a violentarlo…ricattandolo…


Mark si spezzò dentro.

 

Lui…avrebbe dovuto intuire che qualcosa non andava…avrebbe dovuto cogliere i segnali che Kevin senza volere gli lanciava. Quegli sguardi persi, quelle occhiaie scure, i sorrisi spenti…ma con lui era felice…con lui rideva a scherzava e facevano l’amore ogni giorno…

 

…quando gli aveva fatto male…ecco perché…

 

Si era vergognato di sé stesso quel giorno…chissà come si era sentito Kevin…

 

In Mark esplose una rabbia disumana.

 

Uscì di casa di corsa. Entrò nel primo negozio d’armi che trovò e rubò, davanti gli occhi attoniti di tutti, una pistola e dei proiettili, e corse via, con gente che lo inseguiva e che gridava “fermatelo, fermatelo, ha una pistola carica!”

Aveva creato il caos.

Mentre correva e preparava la pistola, gli tornò in mente la figura lontana di Kevin, che indossava la sua solita camicia bianca e si voltava verso di lui, mostrandogli il suo dolce sorriso. Arrivò davanti la casa di Maltore. Ovviamente quel verme ancora doveva essere arrestato. Certo, avrebbe partecipato a processi su processi e con una cospicua somma di denaro magari avrebbero tutti chiuso entrambi gli occhi.

 

No, lui avrebbe fatto giustizia!

 

L’uomo era appena uscito di casa. Non aveva più importanza niente. Si fermò barcollando davanti quell’uomo. Occhi freddi, bellezza malvagia.

 

_BASTARDOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

L’uomo si voltò, con espressione interrogativa.

Mark gli puntò contro con entrambe le mani l’arma rubata e sparò un colpo contro Maltore.

 

E un altro.

 

E un altro.

 

Tutti i colpi che aveva la pistola.

 

Poi sparò a vuoto.

 

Il corpo del preside si afflosciò a terra. Senza vita.

 

Mark tremava.

 

Lasciò cadere l’arma; indietreggiò.

 

Era sconvolto e piangeva ancora.

 

Corse via.

 

Corse sentendo solo il rumore del suo respiro. Cadde più volte; si rialzò malamente, corse, corse e corse, finché non tornò a casa sua. Si chiuse a chiave nella propria stanza e pianse ancora. Ruppe lo specchio con un pugno e si lasciò cadere a terra, con la schiena contro il muro, si abbracciò e si ferì, conficcandosi le unghie nella carne. Aveva gli occhi sbarrati, l’espressione di un pazzo, tremori terribili, il battito cardiaco a 1000. Ripensò a tutto di lui…

 

…lui.

 

Kevin...chiedeva silenziosamente aiuto e lui non aveva capito…

 

Non aveva saputo proteggerlo come gli aveva promesso tante volte.

 

Si sentiva un verme…si sentiva inutile…era arrabbiato, confuso, carico di dolore...

 

Guardò a terra.

 

“ti amerò per sempre  Mark…”

 

La sua voce, Dio…fammi risentire ancora quella voce, ti prego…non ti ho mai pregato ma ti prego ora…pensava questo Mark, mentre si dondolava, avanti e indietro. Guardò i pezzi di vetro a terra.

 

Un lampo.

 

_Verrò da te amor mio.

 

Dimentico di ogni promessa, dimentico della famiglia del biondino, di sua madre, di tutto, prese un frammento di specchio molto grande, appuntito.

 

Si taglio le vene di un polso, non sentendo nemmeno dolore.

 

Maledetti tutti quelli che vi facevano vivere nascosti il vostro amore puro.

 

…l’altro polso…

 

Maledetti tutti quelli che non capiscono niente dell’amore…che vi deridevano e vi disprezzavano, vi facevano vergognare.

 

Sangue caldo sgorgava feroce dalle ferite che lui stesso si era inferto.

 

Lasciò cadere il pezzo di specchio e lasciò cadere le braccia a terra. Il sangue scorreva ovunque, a terra, sulle sue braccia, macchiava i suoi vestiti...

 

Si sentiva sempre più debole…la vista si appannava…

 

Il cuore batteva sempre più lentamente.

 

Strano…non pensava a niente e a nessuno all’infuori di Kevin, il suo angelo perduto e alla vita che non avrebbero vissuto mai…alla casa che avrebbe voluto chiedergli di affittare insieme, al gattino che era rimasto solo con Laura, Chiara e Linelle, alla sua voglia di lui, alla giovinezza stroncata di entrambi…stava morendo anche lui, lo sentiva…lo sentiva nel sangue che fuoriusciva dalle sue giovani vene...

 

Pianse perché stava morendo…

 

E cazzo aveva mantenuto un briciolo di lucidità per aver paura.

 

Dove sarebbe andato?

 

Non lo sapeva.

 

Sapeva solo che sarebbe andato dal suo angelo e tanto gli bastava.

 

Tremava.

 

Dio, come tremava.

 

Dio…non aveva mai creduto in Dio…e ora si ritrovava a pregarlo di farlo andare da lui, dal suo amore.

 

_Kevin…Ke..


Le forze stavano esaurendosi.

 

Alzò gli occhi al soffitto improvvisamente, sbarrando gli occhi spiritati, che da marroni erano diventati di un azzurro opaco. Vide come un chiarore, una luce.

 

Era vera o frutto della sua immaginazione?

 

Era una mano quella? Una mano bianca e dalle dita affusolate? Oh, si…

 

Lui?

 

Sorrise.

 

_Angel…


Allungo la mano destra verso l’altra…

 

…e come per incanto le due mani si strinsero e il mondo si fermò.

 

Il moro sorrise e pianse di gioia, senza nemmeno rendersene conto.

 

Aveva trasceso il dolore…

 

Stringeva quella mano e non desiderava altro…

 

 

………………………………………………..

 

 

 

 

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

 

 

Trovarono il corpo senza vita di Mark un’ora dopo, in un lago si sangue.

Ebbe un funerale classico, dove gente sconosciuta andò solo per farsi gli affari altrui.

Sua madre pianse, pentita più che mai di non aver goduto di quel figlio come poteva e di non averlo accettato e capito.

Suo padre assistette per un attimo e se ne andò subito dopo sulla sua auto costosa, insieme alla sua nuova moglie mozzafiato.

La tomba accanto a quella del giovane Kevin.

Tutti sapevano che erano stati due ragazzi gay, che facevano tutto di nascosto.

Tutti spettegolavano su di loro.

E che importava?

Loro non erano più di questo mondo.

Avevano oltrepassato le sofferenze e le paure terrene per qualcosa di più.

Avevano avuto dal mondo solo crudeltà, tranne la breve e grande fortuna di incontrarsi ed amarsi, come nessuno al mondo aveva mai fatto e come nessuno avrebbe più fatto…

Ora il vento accarezzava quelle lapidi chiare, piene di fuori profumati.

Su quella di Kevin era magicamente comparso il suo anello, che doveva essere ancora attaccato alla catenina di Mark, nella tomba…

Gli avevano tolto l’oggetto che gli era più caro prima di mandarlo nella tomba, forse così il biondino sarebbe stato in pace…qualunque fosse stata la magia che avesse fatto il miracolo…

Forse questi angeli da qualche parte erano insieme felici.

Perché gli angeli da un’ala soltanto possono volare solo abbracciati…da soli precipiterebbero all’infinito…[frase presa da”angeli da un’la soltanto” di Sciltian Gastaldi].

 

Ora erano liberi di amarsi…

 

…per sempre.

 

 

 

Fine