Salve! questa volta vi beccate due capitoli insieme di "Angeli da un'ala soltanto". Contenti? :D
vi lascio alla lettura, preparatevi questo è un capitolo particolare. Non aggiungo altro. inutile dire che come sempre mi fa piacere ricevere commenti sia negativi che positivi (commenti che non ho ancora ricevuto se non da Puma che saluto affettuosamente) un bacione alla prossima


 


 

 

Angeli da un'ala soltanto

 

parte VI

 

di Vickysweetgirl

 


 

"so solo che non potrà mai finire... mai...ovunque tu sarai, ovunque io sarò... non smetteremo mai... se questo è amore, è amore infinito..."

-Raf-

 

 

 

 

 

 

 

PARTE 6: Lacrime d’angelo

 

_Avanti non tremare.

_Oh mio Dio…non sopravvivo…

_Si che sopravvivi, dai...ci sono io.

Kevin era in tensione! Era davanti casa sua, con Mark al suo fianco che gli teneva la mano serrata in modo decido e rassicurante sul braccio. Entrarono entrambi dirigendosi in cucina, trovandovi Laura che lavava i piatti. Kevin si fermò a guardare la schiena di sua madre; quelle spalle avevano portato tanti pesi in quegli anni e quei capelli che vantavano già i primi filamenti d’argento, profumavano d’amore, quell’amore che dà vita alla forza che solo una madre può avere…Il ragazzo deglutì, più e più volte e si schiarì la voce. La donna si voltò e sorrise.
_Ah siete voi ragazzi. Ti fermi a pranzo Mark?

_mamma.

_Si?

A Kevin batteva forte il cuore, anzi gli scoppiava letteralmente nel petto. Strinse i pugni, alzando la testa e iniziando a parlare.

_Mamma…devo dirti una cosa.

_Che cosa tesoro?

Il biondino sospirava in maniera pesante e stava sudando freddo. Abbassò gli occhi improvvisamente.

_Io..io…

_Qualcosa non va caro?
_Kevin deve dirti qualcosa Laura…ma ha paura che tu la prenda male, che possa vergognarti di lui._ intervenne Mark in aiuto del giovane compagno.

_è successo qualcosa di grave?_ chiese la donna iniziandosi a preoccupare.

_Mamma…io…_Kevin abbassa la testa.

 

Aveva paura.

 

Da morire.

 

Era imbarazzato.

 

Ma doveva parlare!

 

_Io sono...io sono…

Mark sentiva la tensione del ragazzo. Sentiva quanto fosse impaurito, sentiva il suo respiro carico di paura…decise per lui.

Già probabilmente dopo Kevin lo avrebbe odiato e sarebbe stato imbarazzato a morte.

Ma in quel momento il moro non rifletté, voleva solo mettere fine a quella spiacevole situazione.

 

Tirò Kevin per un braccio e lo baciò.

 

Sulle labbra.

 

Kevin sbarrò gli occhi.

 

Non poteva credere a ciò che stava succedendo.

 

Sembrava un incubo!

 

Forse senza accorgersene si era addormentato ed ora, preda di brutti pensieri stava sognando cose da far accapponare la pelle.


Si staccò da Mark guardandolo spaurito. Guardò sua madre. La donna aveva la bocca semiaperta, la faccia imbambolata. Cercò a tentoni la sedia e vi si lasciò cadere con un sospiro. Non sapeva cosa dire.

 

Capì.

 

Non c’era bisogno di parole.

 

_mamma…_ la chiamò il biondino con un filo di voce.

La donna sbatté le palpebre più volte prima di guardalo.

 

Tensione allo stato puro.

 

Kevin guardò Mark con uno sguardo contrariato, accigliato; lo avrebbe strozzato!

_Kevin…

Il ragazzo tornò a guardare la madre, cambiando espressione. Arrossì; era mortificato, si vergognava.

_Mi dispiace…non volevo lo sapessi così…

_Dispiace anche a me._ si intromise il moro.

_Sono omosessuale mamma…
La donna si passò una mano sulla fronte, tirandosi dietro i capelli, sospirando per l’ennesima volta.
_Cosa avrò sbagliato con te, Kevin?
_Mamma…no, non hai sbagliato niente, tu sei una madre fantastica...io…sono così e basta.

_Ho dovuto crescervi da sola. Te e le tue sorelle…è stata la mancanza di tuo padre? Troppe donne in famiglia? Cosa è successo…? Cosa è andato storto…?

 

A Kevin si spezzò il cuore.

 

Cosa era andato storto…?

 

Storto…

 

…storto.

 

Lui era sbagliato…sbagliato, storto!

 

Un errore, qualcosa che non doveva andare così, era sbagliato!


Calde lacrime iniziarono a scorrere sul suo viso, bagnando i suoi occhi, conferendo ancora più  tristezza e dolore al suo viso.

L’aveva delusa.

 

Aveva deluso sua madre!

 

Lei aveva fatto tanto per lui, non avrebbe dovuto farle questo.

 

_scusami…scusami…_ disse il ragazzo prima di scappare via, fuori dalla stanza, dalla casa, correndo come non aveva mai fatto.

 

Fuggendo.

 

Mark si voltò deciso verso la donna.

_Tuo figlio è lo stesso di dieci minuti fa. È sempre tuo figlio e ora ha bisogno di te._ e corse via anche lui, dietro il proprio ragazzo che doveva essere disperato ora.

Laura abbassò la testa. Si mise a piangere.

 

………………………

 

Il rumore dell’acqua…

 

Non il tipico rumore del mare, ma il rumore dell’acqua di fiume.

 

Un suono morbido e flessuoso, elegante…

 

Kevin non sapeva spiegare bene che effetto gli facesse quel tipo di rumore.   Stava lì, appoggiato al ponte a guardare l’acqua scura ondeggiare. Il sole quel giorno era nascosto dalle nubi e tutto era grigio e triste, triste come lui. Piangeva ancora, silenziosamente…poggiò la testa sulle braccia che teneva poggiate; chiuse gli occhi, si lascio accarezzare dal lieve vento di maggio; i suoi capelli lo carezzavano.

_Kevin.

Era Mark.

Il biondino si voltò a guardarlo con espressione arrabbiata. Iniziò ad urlare.

_NON DOVEVI FARLO DANNAZIONE!

_Mi dispiace.
_COME HAI POTUTO FARGLI VEDERE QUELLA SCENA, MA NON HAI UN PO’ DI DELICATEZZA?!?!

_Perdonami…ma eri terrorizzato. Non saresti riuscito a dirgli niente.
_E ti pare il modo di dire una cosa simile?!?!?!

_Adesso calmati.
_NO CHE NON MI CALMO! Sei il solito irresponsabile e impulsivo! Sai come mi sono sentito?!
_Ora lo sa Kevin…ho sbagliato forse…ma l’ho fatto per te…io spero…_ il moro abbassò la testa_ …che tu mi perdoni…
Kevin pianse ancora più intensamente. Si diresse verso Mark e si poggiò al suo petto, stringendo la sua giacca con forza, digrignando i denti.

_adesso gli faccio schifo…non mi guarderà più come prima…Mark…
Il moro lo strinse a sé e respirò la sua essenza, il suo cuore.

_Torna da lei ora…vedrai andrà tutto bene.
_Come fai ad esserne sicuro…?

_Vedrai. Hai una mamma in gamba. Ora guardami. Smetti di piangere_ disse il moro asciugandogli gli occhi con la propria manica.

 

Si fermò per un istante ad ammirare quegli occhi sbarrati, grandi intensi smeraldi…

 

_ok cucciolino?

Kevin sorrise tristemente. Si sentiva meglio. Annuì. Doveva affrontare sua madre.

 

Laura era nella stessa posizione di prima. La testa china, l’espressione seria. Sentì a malapena la porta di casa che veniva aperta. Vide avvicinarsi nella penombra suo figlio.

 

Suo figlio.

 

Il ragazzo era nervoso, evidentemente in imbarazzo; si contorceva le mani. No, non voleva che suo figlio stesse così per colpa sua.

No!

_Kevin._ il biondino sussultò e abbassò la testa. Si avvicinò_ Kevin…_ la donna si alzò e corse ad abbracciarlo, poggiando la testa nell’incavo del suo collo, soffocandolo d’amore, infondendogli tranquillità_ tesoro…non fa niente, non fa niente…ti voglio sempre bene…come prima e più di prima…non devi assolutamente preoccuparti, va bene…?_ gli disse sua madre con la voce rotta; tratteneva il pianto.

_Mamma…_anche Kevin si mise a piangere di nuovo e ricambiò l’abbraccio della madre, stringendola, sentendo di volerle un bene dell’anima.

L’amava.

Mark da lontano osservava la scena sorridendo. Era felice che tutto si fosse risolto. Ora non dovevano più temere di essere scoperti da Laura. La donna alzò la testa guardando il moro.

_allora…stai con lui?
Kevin avvampò.

_Emh…si…

_Vedi tu di non farlo soffrire o te la vedrai con me.

Mark spalancò gli occhi e ridacchiò.

La situazione sembrava essersi allietata e i due fidanzati speravano che non ci sarebbero più stati momenti del genere.

 

Si cresce in questi momenti, si diventa più grandi e ci si crea la corazza che ci fa sopravvivere alla tempesta della vita…

 

_Ti fa ancora male?

_No…sembra passato.

_Bene._ Kevin stava seduto sul letto e Mark gli stava tastando la caviglia e la gamba, per capire se fosse davvero tutto apposto. Mark lo guardò dal basso_ hai ancora paura a stare da solo?

Kevin si rabbuiò.

_no…no tranquillo.

_Non mentire…non ti lascio solo, tranquillo.

_...scusami._ disse il biondino abbassando la testa.

_Non devi assolutamente scusarti. È normale._ Mark si alzò e si fece sopra al ragazzo, facendolo sdraiare su letto. Lo baciò sulle labbra e lo guardò sorridendo dolcemente_ sono la tua bodyguard.

_ma piantala scemo…_ rispose il biondino ridacchiando.

_Non fare quella faccia!

Mark prese a baciarlo e non lo faceva muovere.
_daiii smettila!! Mi fai il solletico, Mark!

Ma il moro non smetteva e Kevin rideva di gioia…poi strinse a se il più grande e si baciarono appassionatamente sulla bocca, creando il silenzio, dando vita a qualcos’altro…

 

Le mani calde, i baci bollenti, i corpi eccitati, carichi di passione…

 

Non c’era niente che potesse essere paragonato a quel languido momento…

 

Il sole di mezzogiorno iniziava ad essere piuttosto caldo. Mark e Kevin erano appena usciti dalla biblioteca. Il biondino preferiva fare ricerche sui libri piuttosto che su internet, dove spesso le informazioni sono false e infondate. Mark guardava il suo profilo angelico stagliarsi sullo sfondo della città caotica. Provo una sensazione di calore nel petto, come un fuoco dentro. Gli sfiorò la mano con la sua. Kevin ritrasse la sua immediatamente. Il moro ci rimase male; molto male. Abbassò la testa con sguardo corrucciato e continuò a camminare. I due entrarono in casa di Mark. Il biondino guardò l’altro mortificato.
_Mark…Scusami…per prima…

Il moro gli dava le spalle, stringeva le mani a pugno.

_Non fa niente…tanto vado bene solo per scopare, vero?!

Kevin si pietrificò.

Come aveva potuto dire una cosa simile?!

_Mark…_ gemette il ragazzo correndo e abbracciando il moro da dietro, poggiando la fronte sulla schiena dell’altro, strizzando gli occhi per non piangere_ non è vero…non è vero…io ti amo…ti amo! Perdonami…non mi sono vergognato di te…mi sono vergognato di me…_ Mark voltò la testa di lato_ è che ho paura della gente…è così…perdonami…so che ti ho ferito…_ lo strinse di più…ti prego voltati e abbracciami…
Mark rimase fermo parecchio, ma poi si girò lentamente e accolse l’altro fra le braccia, abbracciandolo, stringendolo dolcemente a sé.
_Amore…_ disse il moro a bassa voce.

_Perdonami, perdonami..._ Kevin stava già singhiozzando_ perdonami…ti ho ferito…ti ho fatto del male…io…
Il moro prese la testa dell’altro fra le mani e fece in modo che potessero guardarsi negli occhi. Il biondino aveva gli occhi lucidi.

_E’ che non sopporto di non  poterti toccare quando voglio…e se mi scansi io impazzisco!
_Scusami…non succederà più. Vedrai.

_No…non forzarti per me.

_Si invece. Andrà tutto bene arriverò a darti certi baci da farti girare la testa persino in centro.

_Mmmm

_Non ti fidi?

_Si…se me lo chiedi così…

Si chinò a baciare il suo ragazzo, con dolcezza.

 

Quelle labbra gli ricordavano le fragole mature, gli ricordavano i petali delle rose che crescevano nel giardino della sua vecchia casa.

 

Lui profumava come quelle rose, lui aveva il sapore di quelle fragole, lui…lui con quei capelli dorati e quegli occhi di prato…lui era il suo sogno, il suo orgoglio, la sua pazzia, la sua follia, il suo onore, il suo amore…

 

Tutto, tutto era lui.

 

La sua vita.

 

Si…

 

_...fa l’amore con me…

La voce di Mark colpì dolcemente le orecchie di Kevin che alzò la testa dal suo petto per guardarlo con occhi lucidi e mortificati.

 

…Fa l’amore con me…

 

_oh si…mille, centomila volte ancora!

 

E lo fecero senza attendere oltre. Quel letto ancora sfatto accolse ancora una volta i loro caldi e giovani semi, quella loro passione, le lacrime di profonda emozione, quell’emozione che deve trovare una via di sbocco, che deve uscire e sfogarsi, quell’emozione che ti tocca l’anima e la accarezza, la sfiora e la fa vibrare senza pensarci due volte, solo per farti impazzire e crollare ogni difesa…

 

Esami superati per Kevin.

L’inizio di un nuovo futuro, l’inizio di qualcosa di ancora sconosciuto per lui…

Sapeva solo che quel 90 se lo era sudato e che avrebbe potuto fare tutto quello che voleva nella vita se ci si impegnava.

Mark quando lesse quel quadro fuori la porta della scuola, abbracciò appassionatamente il suo ragazzo e gli sussurrò all’orecchio che era tanto, tanto fiero di lui. Kevin si sentiva così felice.

La felicità a volte è solo un istante che per un attimo eterno s’innalza verso il cielo limpido e diventa tutt’uno con esso.

_Kevin.

_Dimmi.

I due si parlavano mentre erano ancora abbracciati. La gente li vedeva.

 

Non importava.

 

Li indicavano, creavano disgusto e sguardi maliziosi.

 

Se ne infischiavano altamente!

 

Esistevano solo loro in quei momenti di tenero e magico amore che li invadeva e li isolava da ogni altra cosa. Il biondino aveva meno paura. Si sforzava di non arrossire quando Mark lo accarezzava al cinema o se si stringevano al parco.

 

Scandalo!

 

Zitti!

 

Nessuno di voi ha mai amato davvero!

 

Nessuno di voi sa!

 

_Io…non ho più un lavoro qui.

_Cosa?!?!

_Dopo il prossimo week end non  ci sarà più posto per me allo studio grafico…arriverà il figlio del capo. E per fargli posto mandano via me.

_Cosa?!?!

_Smettila di dire “cosa”…non si trova lavoro. Non si trova cazzo!

_Cosa vorresti dire?
_Devo trasferirmi al nord. Per un po’ almeno. Lavorerò ad uno studio dove c’è un amico che conosco e che può farmi entrare facilmente…ma torno, cosa credi! Il tempo di trovare lavoro, un lavoro buono qui e torno da te.

_No!! Tu mi lasci qui!
_No.

_Si! Oddio…

_Ehi calmati..

_NO!! Mi lasci qui, mi lasci qui solo…io vengo con te…

_Ma non puoi…devi stare con tua madre e le tue sorelle, cosa fai le lasci sole?
_Non posso passare l’eternità con loro…devo farmi una mia vita.

_Si ma hai appena terminato il liceo. Devi pensare all’università e al resto. Non puoi seguirmi. Tornerò Kevin.

_Mi vuoi lasciare? No, ti prego portami con te…_ il biondino si aggrappò alla camicia di Mark, lo guardò con occhi supplichevoli.

_Kevin…dolce amore mio non guardarmi così…ti prego, sennò non resisto a non portarti con me.

_Si ti prego! Portami con te ovunque vuoi, ti seguirò dove vorrai.

_Ora non puoi permetterti di muoverti da qui. Devi pensare alla tua vita. Quando torno altrimenti sarai te quello che dovrà faticare sette camice a cercare lavoro…invece quando torno già sarai sistemato e staremo insieme sempre. Avanti, non fare i capricci.

_Non mi lasci per sempre?

_Secondo te posso vivere senza il tuo faccino?

_...oddio.

_Lo so. Ma…guardami…abbiamo una vita da vivere…sarà solo per qualche mese.

_...come faccio_ disse Kevin con un filo di voce_ come faccio a stare senza di te…?

_Amore…_Mark lo abbracciò di nuovo e sentì il respiro caldo del biondino sul suo collo. Tremò_ ti amo…starò sempre in contatto con te, sempre.

 

Giugno.

Caldo asfissiante.

Alla stazione gente che si muoveva freneticamente, voci di sconosciuti nelle orecchie, rumori, suoni…Kevin sentiva solo il martellare del suo cuore e la mano calda di Mark nella sua. Il suo treno stava per arrivare. Erano in ritardo. I due si fermarono al binario giusto, si guardarono negli occhi. Mark era terribilmente triste; era evidente che il biondo stesse per piangere. Aveva gli occhi lucidi, le labbra serrate, l’espressione da cucciolo impotente.

 

Lo abbracciò.

 

Lo tenne stretto a sé per un minuto che sembrò interminabile.

 

Baciò le sue guance rosee, accarezzò i suoi capelli morbidi e profumati, strinse a sé il suo corpo perfetto.

 

Sentiva di amarlo più che mai e sapere che non avrebbe potuto vederlo e baciarlo per mesi gli bloccava la respirazione.

 

Il rumore  del treno.

 

_...pochi mesi Kevin, te lo prometto._ disse il moro frettolosamente.

_Si…pochi mesi..._ il biondino aveva la voce rotta dal pianto che non si era ancora manifestato.

_Ti prego, non piangere.

Ma in quello stesso momento le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi smeraldini dell’altro andando a rigare il suo bel viso.

_troppo tardi…

_Oh Kevin…_ si strinsero ancora una volta, scambiandosi il bacio più struggente e appassionato della loro vita.

Il treno arrivò.

Mark prese le valige e toccò per l’ultima volta la mano di Kevin e si affrettò a salire sul vagone.

Mentre le porte si chiudevano lanciò con la mano un bacio al suo ragazzo.

Kevin fece lo stesso e sorrise fra le lacrime.

 

Il treno partì…

 

…………………

 

Giornate uggiose si susseguivano.

Sempre in casa, ascoltando musica, guardando dalla finestra il cielo chiaro d’estate.

Kevin non aveva mai sperimentato una separazione così lunga da Mark da quando lo conosceva.

 

E si, lo desiderava!


Desiderava le sue calde e forti mani addosso, desiderava i suoi baci urgenti e appassionati, il suo corpo contro il proprio…

 

Desiderava fare l’amore con lui…

 

Desiderava abbracciarlo e vederlo sorridere, e potergli dire quanto lo amava guardandolo negli occhi.

 

Al nord.

Era passato un mese.

Il letto di Mark era sempre troppo grande.

Gli mancava il suo gattino dall’aria innocente.

 

Lo voleva, lo voleva, lo voleva…

 

Se lo avesse avuto li in quel momento gli avrebbe fatto di tutto!

 

Il lavoro ce l’aveva e non faceva che avere contatti con il suo vecchio studio, dove sperava avrebbe trovato aiuto per trovare un posto fisso più vicino ai suoi desideri.

 Così era troppo lontano da casa, troppo lontano da Kevin…

 

Il cellulare squillò. Sapeva chi era, infatti sorrise con gli occhi che si illuminarono subito non appena vide il nome del suo amato sul display.

_Amore!

_Ciao…come va?

_La situazione non è molto diversa da mezz’ora fa.

_scusami…sono assillante…non mi vorrai più…

_Scemo a me fa solo piacere sentirti. La tua voce attraverso il telefono sembra quella di un ragazzino molto caldo…

_Dai!! Ma non pensi ad altro?

_Lo so che ci pensi anche tu.

_Piuttosto dimmi, mi tradisci?

_Cosa??

_mi tradisci?

_domanda sciocca e infantile, anche se ti tradissi non te lo direi no?

Kevin ci pensò un po’ su…ed effettivamente Mark non aveva tutti i torti.
_Oddio come faccio a sapere se mi tradisci?!?!?
_Non ti tradisco.
_Ma tu hai detto…

_Non ti tradisco! Sei matto? Cavolo ti desidero più di ogni altra cosa al mondo!

_Mark…

_Non sai quanto ti voglio…dimmi, dimmi a cosa pensi…

_Cosa?

_ …nel tuo letto...dimmelo...dimmi cosa pensi quando sei nel tuo letto…e guardi il soffitto…e mi pensi...cosa fai?

_...Mark…

_dimmelo…come ti tocchi…?

_Mark…!

_adoro quando ti imbarazzi…ti prego toccati adesso…tocchiamoci insieme…non ti tradirò mai, mai…dammi solo questo piccolo piacere…fidati di me…amore…toccati…_Kevin non rispose, limitandosi a sospirare imbarazzato_ adesso lascia scendere la mano sulla tua pancia…e falla andare giù…giù…

_aaa…

_Sei già eccitato tesoro?

_Mmmm…..

_Piccolo mio…tiralo fuori…

_...Mark!

_Dai…lo faccio anch’io…sei bagnato?

_si…

_Adesso accarezzati con la mano…su e giù…su e giù…pensa che sia io a farlo…

_gnmm…

_Adesso accarezzati il petto…

Kevin alzò la propria maglia, facendosela scorrere sul petto.

_aaa…Mark…

_Stuzzica i capezzoli…

Kevin eseguiva tutto ciò che il moro gli diceva dall’altra parte del telefono.

_...ti…ti stai toccando anche tu…?
_...si…mmmh…

_Mi manchi…

_Anche tu…anche tu…

 

Una lenta, languida operazione.

 

Imbarazzante e tremendamente eccitante!

 

I cuori battevano all’unisono, i corpi che si cercavano,

 

le bocche che si volevano…

 

_aaaaah

_Segati amore, segati….dai…

_mmmmmh…aaaaah…

_aaaah…

_aaaaaaaaaaah devo venire…

_anche io…insieme dai…ti amo…ti voglio…

_Mark…aaaaaaaaaaaaaaaah

_aaaaaaaaaaaaaaaaaaaah……

I due ragazzi vennero nello stesso istante, come se si fossero già programmati, come se fossero stati la stessa persona…

 

Ma loro erano una sola persona…una sola persona divisa in due corpi distinti.

 

Amore, oh quanto amore…

 

I respiri affannosi…

… presero a parlare dopo molti minuti di intenso respiro…

 

…appagati…

 

Appagati ma non sazi. Mai, non erano mai saturi l’uno dell’altro.

_...Kevin?

_...si…? 

Rispose il biondino con la voce spezzata dal respiro irregolare, il tono basso per l’appagamento, per il piacere appena avuto…

 

Mmmmh il piacere…

 

Mark sorrise dall’altra parte del telefono.
_Ti amo…

Kevin, con ancor gli occhi lucidi tentò di biascicare qualcosa, la bocca ancora impastata di emozione…

_...anch’io ti amo amore mio…

Un  trillo.

_Amore scusami devo riattaccare…squilla il telefono di casa.

Disse Mark asciugandosi il leggero velo di sudore che gli si era creato sulla fronte, sulle tempie.

_Ok ok…ciao amore mio, ciao…ti amo…mi faccio sentire dopo.

_Mi faccio vivo io…un bacio amore, scappo.

Baci rumorosi dati al cellulare poi il nulla.

Kevin si lasciò cadere con un grosso sospiro, supino sul letto; si guardò le mani. Erano bianche della sua passione. Arrossì inevitabilmente…Dio, aveva fatto sesso al cellulare! Dopo questo pensiero sorrise.

Felice.

Si sentiva uno sporcaccione, ma si sentiva puro e felice come non mai! Si alzò velocemente, canticchiando fra se e se le note di una vecchia, allegra canzone d’amore e si diresse verso il bagno, assicurandosi di non essere visto da nessuno della famiglia in quelle condizioni.

 

Mark riattaccò il telefono.

Un altro posto di lavoro nella sua città natia gli era stato negato. Sospirò. Non si sarebbe di certo rassegnato così. Doveva provarci ancora. E ancora, ancora…non poteva certo vivere troppo tempo lontano dagli smeraldi verdi del suo cucciolo…

Si buttò sotto la doccia e subito dopo si tuffò nel letto. Faceva caldo, cazzo, caldissimo. Da impazzire! Avrebbe voluto addormentarsi subito mentre pensava al suo ragazzo e magari sognarlo…sognarlo coperto di seta e SOLO di seta, su un letto colmo di petali di rosa…mmmmh…da quando Mark faceva sogno erotici così eleganti?

 

Il giorno successivo Kevin già si stava preparando per andare a fare jogging. Calzoncini attillatissimi, scarpe da ginnastica, maglia a maniche corte larga. L’mp3 già acceso e le cuffie nelle orecchie. Si stava allacciando le scarpe quando sentì vibrare il cellulare sul letto. Sorrise radioso quando lesse il messaggio di Mark.

Buongiorno mio piccolo principe…

Rispose velocemente…

Buongiorno a te angelo mio.

Scese le scale velocemente e si diresse in cucina per bere un bicchiere di latte freddo. La piccola Linelle dormiva a ancora e lui cercò di fare il meno rumore possibile per non svegliarla. Chiara era a dormire da un’amica. Mentre bevevo il suo latte, l’occhio gli cadde sul foglio di carta sul tavolo del soggiorno. Si avvicinò e lesse. Era un messaggio lasciatogli da sua madre.

Kevin, quando ti svegli potresti portarmi la colazione a scuola? Non ho fatto in tempo a farla e sai che dopo ho il calo degli zuccheri…

Grazie, ti voglio bene tesoro,

un bacio

Il biondino sospirò. Prima di andare a correre avrebbe preso al bar la colazione per sua madre e gliela avrebbe portata a scuola.

 

Erano le 10:10 e il giovane biondino entrò senza problemi nella scuola elementare dove lavorava sua madre e la cercò con lo sguardo. Sentiva le voci ovattate degli studenti nelle aule, il profumo tipico della scuola primaria e lì, davanti il bagno dei maschietti, un minuscolo bambino col suo grembiulino blu, ancora troppo grande per lui che era così piccino. Guardò nella sua direzione per poi sparire timido nel bagno. Kevin sorrise intenerito. Vide sua madre arrivare velocemente da lontano.

_Ah, sei già qui amore?

_Si, ti ho preso del caffé macchiato e un cornetto con la crema come piace a te.
_Grazie._ Gli disse dolcemente sua madre baciandolo sulla guancia_ stavi andando a   correre?_ la madre notò l’abbigliamento del figlio.

_Si.

_Aspetta un momento, resta qui seduto. Voglio farti vedere che bel lavoro hanno fatto i bambini di quinta…aspettami vado a vedere se posso “sequestrarglielo” un attimo.

_Ok…ma velocemente ti prego.

_Si, si…_ disse sua madre rassicurandolo, prima di correre via sorridente.

Il giovane si sedette sulla grossa sedia dietro la cattedra del salone della scuola. Si guardò in giro poggiandoci stancamente sullo schienale…si voltò a guardare fuori il cielo terso…inutile dire a chi pensava: a due occhi profondi e penetranti che ogni volta che si specchiavano nei suoi erano capaci di farlo vibrare…

_Ma guarda…

Kevin venne riscosso dai propri pensieri da una voce.

 

Una voce che per il resto della sua vita non avrebbe più dimenticato...

 

Il biondino guardò dal basso verso l’alto l’uomo dagli occhi di ghiaccio che gli si era appena avvicinato senza che se ne accorgesse. Il preside della scuola. Kevin si alzò frettolosamente.

_Ah…buongiorno._ disse col suo solito mezzo inchino.

Tenero e amabile.

L’uomo sorrise compiaciuto. Gli accarezzò la spalla con fare amichevole.

_Buongiorno. Rammentami il tuo nome…
_Kevin signore.

_Già. Sei il figlio della signora Laura._ sorrise affabile. Prese a camminare a passi lenti avanti e indietro, davanti al biondo, con le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti, dal taglio squisito_ donna splendida. Una bellissima signora, molto capace e anche molto divertente. Sempre allegra e disponibile.

_Si, mia madre è così, anche a casa con noi.

_Si, donna come poche._ il signor Maltore si fermò improvvisamente. Iniziò a dirigersi molto, molto vicino a Kevin, fino a che poté guardarlo dall’alto, con un sorriso molto malizioso dipinto sulle belle labbra adulte_ sarebbe un vero… _ si azzardò ad accarezzare il biondino sulla guancia col dorso della mano. Kevin s’irrigidì_ vero peccato…se con tre figli…dovesse…_ lasciò scivolare la mano sul collo del ragazzo sempre più sconcertato_ …perdere il lavoro…
Kevin si staccò come se fosse stato scottato improvvisamente da qualcosa. E in un certo senso fu così.

_cosa sta facendo? Che dice?_ chiese seriamente spaventato il ragazzo.

_Nulla…solo che…magari…non dovresti scansarmi così…giovanotto…

Il sangue si gelò nelle vene di Kevin.

Cosa voleva dire quella frase?! Cosa stava succedendo che non riusciva a controllare?!

_Cosa…cosa dice…si-signor Maltore…?

_chiamami Giacomo piccolo…_ l’uomo accarezzò i capelli di Kevin, poi sfiorò il suo fianco destro_ oggi della tua ginnastica me ne occupo io.

Kevin gemette. Avrebbe voluto gridare. Aveva paura.

_No!

Lo sguardo dell’uomo si fece duro.
_Ricordati quello che ti ho detto. Devo essere più esplicito?

_No io…no! Non voglio. Non mi tocchi!_ iniziò Kevin sempre più agitato, non più padrone della sua calma.

_Va bene…io ti avevo avvertito.

_Tesoro guarda…Kevin?!

Sua madre gli stava parlando scendendo le scale ma il ragazzo era già corso via, fuori dalla scuola, correndo a perdifiato. Si fermò solo quando arrivò al boschetto dove di solito correva. Si lasciò cadere contro un albero.

Non poteva crederci!

Quella proposta, quella proposta così indecente…così perversa…non se l’era sognata, no!

Oddio…doveva dirlo a Mark? No. Si sarebbe preoccupato e basta. Non avrebbe messo più piede in quella scuola, non avrebbe più rivisto il signor Maltore. Accese l’mp3 e iniziò a correre, sperando con la musica di soffocare i pensieri.

Tornato a casa, tutto sudato e stanco, Kevin trovo sua madre che piangeva sul divano.
_mamma…_ la chiamò sorpreso_ cosa fai?_ le si avvicinò_ perché piangi?_ si sedette accanto a lei, posando le mai sulle spalle della donna scossa dai singhiozzi.

_Kevin…io…sigh….mi…mi hanno licenziata…o-oggi…sigh…senza un motivo...come faccio ora?! Eppure Maltore sa quanto ho bisogno di lavorare.

Kevin si gelò; iniziò a sudare a freddo.

L’aveva fatto davvero!? Quell’uomo orribile aveva licenziato sua madre!

Iniziò a tremare.

_mamma…io…

_Come faremo ora…abbiamo un sacco di debiti…come li pago ora…?
_Mamma andrò a lavorare.
_Ma devi andare all’università.

_E con quali soldi mamma? No, andrò a lavorare.

_Tesoro ti voglio bene.
La mamma e suo figlio si abbracciarono stretti. La donna piangeva furiosamente e, silenziosamente, Kevin pianse con lei.

 

Dal giorno dopo Kevin iniziò subito  a cercare lavoro, un lavoro qualunque. Provò ad ogni bar che conosceva, ai ristoranti dei dintorni ed oltre, anche dal meccanico, ovunque ma nessuno aveva bisogno di un ragazzo inesperto. A Mark non aveva spiegato i motivi del licenziamento di sua madre e al moro la cosa puzzava di losco. Mandò persino dei soldi a casa del suo ragazzo che li accettò malvolentieri ma comunque sia erano pochi e non servirono a molto. Anche Laura si stava dando da fare ma non trovava nessun lavoro e iniziarono ad arrivare le prime bollette da pagare. La prima cosa che andò via fu il gas. Chiara, nonostante la sua bella presenza non riuscì a trovare nemmeno un posto come barista ma non si perse d’animo. La piccola Linelle non capiva il perché dell’agitazione di tutti i membri della famiglia. Alla fine della terza settimana di ricerca, Kevin iniziò a lavorare come manovale. Inutile dire che era un lavoro faticosissimo, e lui non lo reggeva. Faceva del suo meglio, s’impegnava, sudava e soffriva in silenzio ma il muratore da cui dipendeva si accorse del suo disagio e gentilmente lo rimandò a casa.

_Figliolo non sei fatto per questo lavoro. Se continui a farlo ti cadono le braccia.
Furono inutili le preghiere del biondino di tenerlo con sé, l’uomo, sempre gentilmente, lo rimandò a casa. Kevin disperato non riusciva a rimettere piede in casa. Con quale faccia avrebbe guardato sua madre? La causa di quel disagio era sua! Era tutta colpa sua! Rimase così, davanti la porta, sporco di calce e con le mani screpolate e ferite da quel lavoro duro e tremendamente stancante. Pianse interiormente. Alzò la testa sfoggiando al mondo uno sguardo di determinazione impressionante. Fece dietro front e corse, corse e corse, corse veloce, fino ad arrivare alla scuola elementare dove prima lavorava sua madre, con l’intenzione di ridarle il posto. Bussò forsennatamente all’ufficio del preside, ignorando gli sguardi interrogativi delle bidelle. La porta si aprì e Kevin si ritrovò davanti il viso bello e malvagio del signor Maltore, che dapprima rimase sorpreso, poi sorrise ostentando il suo sorriso maligno e compiaciuto. Si fece da parte silenziosamente per farlo entrare. Kevin, la cui espressione decisa ed orgogliosa non cadde nemmeno per un attimo ad incontrare gli occhi grigi e freddi dell’altro, entrò lentamente, sentendo la chiave girare nella serratura una volta che fu entrato. Successivamente sentì i passi dell’uomo che gli si avvicinava e sentì sul collo il suo respiro mentre gli parlava.

_Dunque. Hai cambiato idea, bambino?
_...riprenda mia madre a lavorare.
_Dimmelo in ginocchio. E pregami.

 

Rabbia.

 

Kevin strinse i pugni; si morse le labbra. Stava per gettare al vento anche il suo ultimo briciolo d’orgoglio. Si voltò e s’inginocchio ai piedi di Maltore. Strinse fra le mani la stoffa dei suo pantaloni scuri.
_La prego…la prego faccia tornare mia madre_ si trattenne dal piangere, ma la sua voce era rotta_ la prego…ti prego…farò tutto…quello che vorrà…
_mmm bene. Alzati.

Kevin dopo un breve istante in cui chiuse strettamente gli occhi, si alzò lentamente, ancora con gli occhi chiusi. Li riaprì e vibrarono nel vedere quelli compiaciuti, perversamente felici di Giacomo Maltore, che pulì con un dito il suo sopracciglio sporco.
_bene piccola torta di fango…smettila di cercare lavoro…ora avrai il lavoro migliore…ti voglio ora. Subito. E tua madre tornerà tra un’ora al lavoro.

Kevin tremò tutto e l’altro se ne accorse.

_mmmm ma quanto mi arrapi.

L’uomo si allentò la cravatta e fece voltare Kevin facendolo piegare sulla scrivania. Al forte impatto con la superficie di legno, il biondino gemette di dolore. Iniziò a tremare.

 

Aveva paura.

 

Sapeva cosa stava per accadere e tremare sembrava l’unica via di sfogo dalla paura e dall’agitazione. Il giovane s’irrigidì e si trattenne dall’urlare quando l’uomo gli slacciò senza delicatezza i jeans, quasi strappandoli, li fece calare lungo le sue cosce e liberò dalla cinta i propri.

 

Secondi di paura e di attesa,

 

secondi ti terrore.

 

L’uomo ridacchiò e senza alcun tipo di preparazione penetrò il giovane e fragile corpo sotto di lui, la cui tenera carne cedette immediatamente alla violenza di quel corpo adulto, forte e aggressivo. Sentì la prima spinta come se in lui si fosse conficcata una lama.

 

Sgranò gli occhi e digrignò i denti.

 

_Aaaah…!!

_Sssst….ti sentiranno…

 

Seconda spinta.

 

_Aahh…_gemette il ragazzo tappandosi la bocca con la mano tremante.

_Ma guarda…vedo che il tuo corpo ha già conosciuto il tocco di un uomo…mmmm nonostante il tuo visetto angelico ti dai da fare...


Il suo corpo tremava.

 

Era scosso dai fremiti e non riusciva più a controllare la paura.

 

Si morse le dita.

 

Il sapore metallico del suo sangue innocente lo pervase.

 

Non stava accadendo davvero, non stava accadendo davvero!

 

Non poteva essere! No, non lui! Non lui sotto quel corpo freddo e sconosciuto.

 

Ancora un’altra spinta.

 

E ancora e ancora.

 

Dolore.

 

Dolore atroce!

 

Perché spingeva così forte?

 

Perché non era delicato?

 

Perché, perché cazzo!

 

Solo parole di dolore vorticavano nella mente del ragazzo.

 

Male, dolore, sangue, lacerazione…

 

Vergogna.

 

Lo stava rompendo, lo stava sfondando!

 

Non sarebbe sopravvissuto, no, non a questo.


_Aah…gnh…


Mark…nella testa Mark…

 

_Perdonami…Mark…

 

Il biondino pianse…lacrime amare scesero dalle palpebre strette.

 

Sentiva il viso bagnato del suo dolore.

 

Le orride mani di quell’animale selvaggio sui fianchi.

 

I suoi bassi gemiti rochi…

 

…si sentiva bagnato in una parte molto vergognosa…

 

Fra le natiche, fra le cosce, ad ogni spinta colava giù un nuovo spillo della voglia dell’uomo…

 

…colava sangue a macchiare la purezza del suo animo…

 

…e della sua coscienza.

 

_mmmh…aaaa…siii…come sei caldo e stretto…mmmm…


Kevin sentì l’altro che lo teneva fermo con forza e lo sentì tendersi un’ultima volta.

 

Voleva alzarsi, andarsene ma era braccato!

 

Era l’ora…

 

Sbarrò gli occhi.

 

Sentì il seme bollente di Maltore inondare il suo corpo.

 

Fiotti di sperma caldo e orribile.

 

Gli veniva da vomitare.

 

Schifo!

 

Giacomo uscì subito dal suo corpo caldo e violentato, con un solo colpo frenetico strappando un gemito di dolore a Kevin che sentì colare quel misto di sangue e sperma sulle sue cosce, sulle sue gambe…

 

Provò un disgusto che non aveva precedenti.

 

Voleva, doveva vomitare!

 

Gli tremavano le gambe. Si lasciò cadere in ginocchio sul pavimento, poggiando la testa alla scrivania fredda.

 

Finalmente libero da quelle braccia,

ma non libero dal suo dolore.

 

Non sentiva nulla.

 

Più nulla.

 

Gli occhi sgranati.

 

Il labbro sanguinante,

 

ma mai più del suo orgoglio.

 

Un disastro nei suoi pantaloni…

 

Maltore si leccò le labbra, si pettinò con le mani i capelli leggermente spettinati e si ricompose, riallacciandosi i pantaloni e sistemandosi giacca e cravatta.

 

Appagato.

 

Appagato di lui.

 

Stuprato nel corpo, stuprato nell’anima.

 

_E’ stato uno sballo…adesso alzati e vattene. Chiamerò subito tua madre. Non temere non le dirò nulla di tutto ciò…a meno che tu ti rifiuterai in seguito di ripetere l’”esperienza”…mi piaci…torna a trovarmi domani.

Kevin sbattè più volte le palpebre. Si alzò a fatica tirandosi su i calzoni e tentando più volte di riallacciarli. Le mani gli tremavano e fallì molti tentativi. Al quinto i suoi pantaloni furono allacciati. Sentiva ancora addosso l’odore e l’appiccicaticcio dello sperma di quel bastardo ,di quel pezzo di merda che l’aveva incastrato.

 

Che l’aveva violentato senza pietà, senza la dolcezza che per mesi aveva conosciuto, senza quella gentile delicatezza delle carezze e dei baci e delle piccole attenzioni che il suo amore gli dava…

 

Solo sesso.

 

Solo sesso passivo.

 

Era stato solo un oggetto sessuale.

 

La sua piccola macchina del sesso.

 

Sesso, sesso, sesso…

 

Si tappò la bocca con la mano…oddio doveva vomitare.

 

Si voltò ed uscì dalla stanza, sentendo che Maltore gli aveva dato una forte pacca sul sedere.

 

Non lo sopportava.

 

Dio le mani di quel sudicio uomo schifoso…

 

Corse, corse via, corse come mai aveva fatto in vita sua, corse piangendo rumorosamente, corse non guardando dove andava, corse oltrepassando la sua casa, oltrepassando tutto, ma non i suoi ricordi, non le sue ferite. Gli faceva male il fondoschiena come non gli era mai successo. Correva così velocemente che vedeva il mondo attorno a sé come strisce colorate e sentiva il vento addosso, nei capelli, sulla ferita sul labbro e sentiva bagnato nei pantaloni.

 

La consapevolezza lo attanagliò.

 

Voleva morire!

 

Inciampò e cadde. Non resistette. Vomitò lì, davanti a tutti, tutta l’amarezza e il disgusto accumulato in quel quarto d’ora, il quarto d’ora più orribile della sua vita. La gente lo guardò. Alcuni risero, una donna si avvicinò a lui porgendogli la mano…o era un ragazzo? Non lo capiva, non lo sapeva, non gli interessava.

 

Non gli interessava più niente.

 

Si rialzò, si rese conto solo di dov’era e tornò indietro ,correndo ora un po’ più piano verso casa. entro e sentì solo sua madre, con voce allegra e squillante dire:

_Mi hanno ripresa al lavoro, mi hanno ripresa al lavoro!

Poi più nulla. Si chiuse la porta della propria stanza alle spalle e si gettò sul letto.

 

Arrossì…sì, arrossì…come non aveva fatto in tempo a fare prima.

 

Ripensò ad ogni scena, ad ogni tocco, ad ogni sensazione, ad ogni suono e si vergognò così tanto che dovette affondare la testa nel cuscino blu che Sara gli aveva regalato un anno prima.

 

Pianse, pianse come un bambino, pianse come un disperato.

 

Era disperato.

 

Sentiva di non riuscire a sopportare questo peso che gli si era formato dentro, questo senso di colpa orribile, questo sentirsi sporco e macchiato…

…si ricordo che era ancora sporco di lui, di quella bestia assassina, che l’aveva preso senza pietà. Uscì dalla camera ed entrò in bagno. Si tolse solo i jeans e i boxer, dimenticandosi della canottiera sporca. Aprì la doccia. L’acqua era fredda, gelata…

 

Non importava.

 

Ora un pensiero lo riempì totalmente.

 

Un pensiero orribile, angosciante, che gli stava lentamente togliendo ogni capacità di ragionare.


Aveva tradito Mark.

 

Il suo Mark.

 

Il suo uomo!

 

Ora non era più il suo bimbo innocente.

 

Era sporco, era macchiato, era un perverso!

 

No, non doveva fargli questo, no, non se lo meritava.

 

Nessuno se lo merita e tanto meno lui…

 

Pianse per Mark, pianse per il ragazzo che amava, l’unico che amava, l’unico che volesse ora fra le braccia e piangere sulla sua spalla e chiedergli perdono, un perdono che Dio non gli avrebbe concesso, che nemmeno lui avrebbe concesso a sé stesso.

 

Si lasciò cadere a sedere e con la testa bassa pianse ancora, e le sue lacrime si mischiarono all’acqua, il bianco della doccia si tinse di rosso, quel rosso che lui vedeva scivolare lentamente nello scarico, ricordo di un dolore che mai, né fisicamente né mentalmente avrebbe più dimenticato…

 

 

 

Fine capitolo 6

 

 

 

 

Continua…