Ecco tutto per voi il secondo capitolo di “Angeli da un’ala soltanto”. Allora il pezzo iniziale(che sarebbe il pezzo che dice ti desidero ecc…) non è mio. Poi che altro dire…ah si…vi prego commentate, non ho ricevuto nemmeno un commentino…sigh… Allora a presto, buona lettura^^
Angeli da un'ala soltanto
parte II
di Vikysweetgirl
(…la coppia che si è amata di più al mondo…)
Ti desidero… Ti desidero più di ogni altra cosa… Desidero le tue mani su di me… Desidero le tue braccia che mi stringono forte… I tuoi baci caldi e le tue labbra morbide che sfiorano il mio corpo… Desidero vederti dormire accanto a me… Mentre chissà che sogni fai… Desidero sentire il tuo respiro su di me… Desidero passare una notte di follia con te… Una notte di passione… Passione che solo tu con un tuo bacio, con una tua carezza, con il tuo sguardo sai darmi… Passione passione… Passione di te… Del tuo io… Di tutto ciò che sei e che mi dai… Sei l'amore che arde nel mio cuore pieno di passione per te!!
PARTE 2: Genesi
Com’era morbido quel cuscino…non si sarebbe mai alzato. Sarebbe rimasto per sempre nel tepore di quelle coperte, a contatto con le lenzuola, morbidamente poggiato su quel guanciale dolce e rassicurante, i capelli biondo cenere sparsi disordinatamente su di esso, morbidi e dolci. Ma sua madre lo chiamò e più di una volta. Allora si alzò guardando il suo bello e dolce letto. Gia non vedeva l’ora di ributtarvisi dentro. Era passata una settima da quella sera a casa di Mark, quando il moro si era mostrato così inaspettatamente fragile…al cuore di Kevin questo episodio aveva causato un cambiamento, qualcosa che non sapeva descrivere. Vedeva Mark sotto una luce diversa ora o forse erano proprio i suoi occhi a vederlo in modo differente. Sentiva di non doverlo lasciare così, di doverlo aiutare o ascoltare, ma no, non voleva far finire tutto così…qualcosa doveva pur aver significato quell’episodio. Forse Mark poteva essere felice. Forse col suo aiuto…ma perché si preoccupava così per lui? Perché non faceva che pensarlo e provare…compassione per lui? Il moro gli aveva fatto capire quanto fosse fortunato. Probabilmente sua madre non lo avrebbe mai cacciato via di casa perchè diverso dalla consuetudine. Però solo a pensarci Kevin un po’ si rattristò e nel dubbio si sentì fragile, impotente di fronte agli eventi e a un mondo che non poteva cambiare…
_Ehi tu porta qui degli altri risma e di corsa! Era tutta la mattina che Mark correva da una parte all’altra dell’azienda portando risma. E si era stufato alla grande! Era mezzogiorno. Ancora un’oretta e sarebbe potuto andar via da quel posto che odiava. Camminava per strada, dando calci ad una lattina vuota. Era di pessimo umore. Quell’oretta era passata più lentamente di quanto si aspettasse. Era stanco. Si faceva in quattro sul lavoro. Portare roba per 15 piani, in lungo e in largo per 7 ore e a volte anche di più non era il massimo. Si sentiva una schifezza. Si fermò e si voltò a guardare una mamma che sgridava suo figlio e il piccolo piangeva offeso. Mark aveva un’espressione di morte e tristezza sul volto, che poco si addiceva ad un ragazzo della sua età. Si accarezzò la faccia con la mano e riprese a camminare svogliatamente. Faceva freddo e l’unico pensiero che ebbe fu quello di lui e Kevin a mangiare cioccolata calda nel suo soggiorno, sul divano, alla luce della sola televisione. Un ricordo sereno, di come non ne aveva da tempo. Perché pensava a lui? Da quella notte non era più uscito dai suoi pensieri. Non poteva dimenticare quella pelle calda e morbida sotto la camicia, la delicatezza del suo petto, la sincerità del suo abbraccio…era troppo, troppo bello e vero per dimenticarsene. Era passata una settimana. Una settimana senza guardare quegli smeraldi verdi sul suo viso, a cui si era innegabilmente affezionato. Doveva rivederlo. Anche solo per incrociare di nuovo quegli occhi…
La campanella liberò gli studenti dell’istituto. Kevin non era per niente allegro e camminava solo. i suoi amici erano gia andati via. Uscì dal cancello della scuola, svoltò l’angolo e si fermo. Più distante da lui c’era Mark, appoggiato al muro, una gamba piegata all’indietro, gli occhiali da sole scuri sul viso, la sigaretta fra le mani. Il moro si voltò nella sua direzione e anche se non poteva vedere i suoi occhi Kevin vibrò perchè li ricordava. Ricordava com’erano tristi e maledettamente soli quella sera, quando li aveva visti piangere. Mark si spostò dalla sua postazione e s’incamminò verso il biondino che rimase fermo a guardarlo finché gli fu di fronte. Il moro lo guardava dall’alto. _Ciao. _Ciao._ rispose Kevin incerto. Mark prese un’altra boccata di fumo ed espirò con fare sensuale.
_Allora che mi dici?
_Bene. Sto bene. Il
lavoro mi uccide ma che vuoi farci?
_Mh? _Non fumare! Non devo dirti io che ti fa male, sei grande abbastanza…
_Uff che seccatore! Dio quant’era bello quando faceva il timido! Mark non sapeva com’erano fatti gli angeli in paradiso ma da quando conosceva lui sapeva com’erano fatti in terra. Troppa grazia, troppa bellezza, troppa innocenza, troppa ragione. Troppo. Lui era troppo. Lo confondeva in modo assurdo. Quel bene che emanava quell’energia, quell’essere indifeso…lo attraeva. Poi ci fu silenzio fra loro. Non parlarono per lunghissimi e interminabili secondi, creando una sorta di strano imbarazzo. Stavano evitando qualcosa che premeva a tutti e due. _mark io…vorrei davvero esserti amico._ tese la mano attendendo che l’altra la stringesse. _amico?!? Con te? _si. _non voglio far pena a nessuno è chiaro??!! _Non mi fai pena. _Si che ti faccio pena! _ma perché alzi la voce…
_non ho bisogno della
tua amicizia. Sto benissimo da solo. Mark non sapeva che rispondere. Forse non c’era alcun motivo o forse ce n’erano troppi. In ogni caso rispose con la cosa meno indicata…forse. _Perchè ora tu sai tutto di me. E non credere che ti lasci stare così.
_E allora che cosa
vuoi? Kevin lo guardò con occhi sbarrati, completamente immobilizzato dall’altro, con quel pollice sulle sue labbra. Scattò e si scostò da lui. _ma che cosa dici, smettila! _Ricorda che io ti ho pur sempre salvato. E che quindi mi appartieni. Ricordatelo. Mark si voltò e se ne andò. Kevin era confuso, non capiva perché l’altro avesse detto quelle cose, perché l’avesse rattristato così.
Mark si dette mentalmente del deficiente. Diede un calcio a una fontana. Perché si era comportato così con lui? Non voleva una lite, non voleva trattarlo così. In realtà avrebbe voluto dirgli tante cose. voleva ringraziarlo, ringraziarlo per averlo ascoltato quella sera addietro, ringraziarlo per averlo tenuto stretto al suo petto quella sera, per avergli regalato il suo calore e il suo conforto; per averlo fatto stare meglio. Perché ogni volta lo metteva di buon umore, perché ogni volta desiderava solo di potergli parlare e di poter ascoltare la sua voce angelica, di poter sentire il suo profumo di acqua di colonia. voleva un legame, ma non voleva la sua amicizia. Quella parola pronunciata da quelle succulente labbra per loro l’aveva disgustato. La verità era che l’altro l’attraeva in maniera irresistibile e non è normale desiderare di toccare e guardare così morbosamente un amico. Era solo una fissazione. La fissazione di lui, di Kevin, di quel ragazzo così dolce e un po’ infantile. Ma perché quando si trattava di lui provava rabbia e gioia e sentimenti sempre così contrastanti? Non aveva mai parlato con nessuno come parlava con lui. Con nessuno ci metteva così tanta passione, così tanto impegno. Regali, cene, sorrisi…lacrime. Oh, solo a lui aveva mostrato quelle lacrime, che spesso nelle notti fredde, quando la solitudine arrivava inevitabilmente, sgorgavano silenziose e lui che si sforzava di dimenticare…da quanto tempo qualcuno non si interessava a lui? Da quanto tempo nessuno lo aveva abbracciato? Le donne occasionali, il ragazzo con cui aveva pomiciato, no, nessuno avrebbe potuto paragonarsi a Kevin. No. Lui era troppo generoso e gentile, troppo semplice e pieno di tutto. E ormai Mark era pieno dei suoi sorrisi e di lui. Ma allora perché lo aveva trattato così male?
Kevin era arrabbiato. Ma la rabbia si trasformò presto in tristezza. Perché l’aveva trattato così? Non era forse sufficiente soffrire per conto proprio a causa della sua diversità, doveva anche vedersela coi cambiamenti di umore di quel tipo? E poi credeva che quella sera si fossero avvicinati. Quel momento era stato intimo e intenso, di come non ne aveva mai avuti. Era innegabile che gli volesse bene. Che volesse bene a quel ragazzo testardo e particolare così…così tenero. Il biondino sorrise tra sé e sé. Probabilmente se Mark avesse sentito quell’aggettivo si sarebbe infuriato. Però lo pensava. E poi come poteva dimenticare quella notte? Quella notte in cui i loro cuori battevano uno attaccato all’altro. Era una sensazione bellissima…oddio provava davvero quello che credeva? La mattina seguente, a scuola, Kevin scriveva sul quaderno le espressioni segnate sulla lavagna. D’un tratto vide appannarsi tutto e tirò indietro la testa spaventato.
_Ehi che hai?_ gli
chiese Mike che gli era vicino. _Allora va a casa. A che ti serve avere 18 anni se non puoi andartene da scuola all’occorrenza? Giusto. Infatti il biondo, dopo aver spiegato tutto alla prof. Uscì dalla classe e infine dalla scuola, senza sapere però se sarebbe riuscito o meno a camminare da solo. parve riuscirci e lentamente si incamminò verso casa.
Gli inizi di novembre
scorrevano e il freddo aumentava sempre più. Coi riscaldamenti accesi e la
penna in mano Mark scriveva le nuove entrate dei soldi. D’improvviso si bloccò
e sorrise ironico. Stava diventando come suo padre! Lui non faceva altro che
preoccuparsi dei soldi. No, non voleva nemmeno somigliare a quel bastardo
impenitente. Quasi lanciò la penna sul tavolo e infilandosi il giubbotto uscì
di casa. L’aria fredda forse l’avrebbe fatto sentire meglio di come stava al
caldo. Però accidenti che cazzo di freddo! Si mise le mani in tasca e
rimpianse di non essersi portato dietro né guanti né cappello. Ad un certo
punto una bambina gli andò addosso e lui si fermò. Eh, lui non poteva vedere quadretti di famiglia senza pensare, ricordare… _mark! Il moro alzò i tristi occhi castani e sentì accelerare il cuore quando vide davanti a sé Kevin. Indossava un cappotto lungo, una sciarpa e il cappello che lui stesso gli aveva regalato. Mark sorrise. Ne era contento. _Ciao._ lo accolse il moro con un sorriso non troppo solare. _Ciao. _Ti sta proprio bene questo cappello. Kevin vide il vapore uscire dalla bocca screpolata di mark e notava il suo lievissimo tremore e irrigidimento. Quel ragazzo aveva evidentemente freddo. _Ehi ma se pazzo? Con questo freddo uscire così poco coperto…
_L’altra volta mi
pare che anche tu fossi abbastanza scoperto o sbaglio? Mark era senza parole. Non capiva? Kevin non capiva che quella posizione lo eccitava e lo inteneriva al tempo stesso? Come faceva a fare tutto con estrema ingenuità alla sua età? Come poteva sorridergli a quel modo e compiere un gesto così tenero? _Ehi ma tu non dovresti essere a scuola?_ D’un tratto però Kevin cambiò espressione e cadde in avanti, contro il moro._ Ehi che ti prende?!_ mark sentì il respiro del biondino. Era troppo bollente. E mosse la testa per stare più a contatto col suo viso_ ma tu stai male! _n-non è niente, scusami…_ esalò Kevin in basso sospiro. _Non dire sciocchezze adesso ti porto a casa tua. _Ma non c’è nessuno a casa…non posso rimanere solo con— _piantala e andiamo. Il moro sorresse il biondino passandogli un braccio intorno alla vita e sorreggendo quasi tutto il suo peso. Arrivarono sotto casa di Mark, dove c’era la sua auto e il moro lo portò a casa, aiutandolo ad entrare e tutto. Kevin respirava affannosamente e aggrottava le sopracciglia. Mark era spaventato, non sapeva come comportarsi.
_Ehi come ti
senti?... mi senti?
_Dai ti metto a
letto. Dov’è la tua stanza? Mark senza dire una parola lo sollevò da terra procurandogli un improvviso capogiro. Il giovane biondino gemette e guardò Mark con occhi lucidi di febbre e rapiti. Rapiti da quella forza e virilità, da quella gentilezza, dalla velata delicatezza del suo silenzio. Il moro si mise a salire le scale.
_Qual’è la porta? Mark allora, tenendolo sorprendentemente in braccio con un braccio solo, aprì la porta ed entrò. L’odore pulito della stanza lo invase. La finestra lasciava entrare la luce che illuminava tutto, anche in quella giornata nuvolosa. Kevin venne posato delicatamente sul letto. Mark lo guardò, si guardò intorno. Niente da fare, gli piaceva troppo quella stanza piena di personalità e pulita e semplice come non ne aveva mai viste. tornò a guardare Kevin che aveva la testa rovesciata sul cuscino, in un stato di semi incoscienza.
_Dove tieni il
pigiama? Sotto il cuscino? _Eh? Non capisco. _...nel cassetto…cassetto… Visto che non gli aveva specificato quale e non aveva cuore di chiederglielo, Mark si mise ad aprire tutti i cassetti dell’armadio semplice che Kevin aveva vicino al letto. Trovò mutande, canottiere varie, meno che il pigiama. Dove diavolo era? Quando il moro lo vide poggiato sulla sedia della scrivania. Sorrise scuotendo la testa e andò a prenderlo. Era verde, tenero, semplice e morbido come quelli che lui usava da bambino. Splendidamente semplice. Si avvicinò di nuovo al letto. Kevin respirava profondamente. _Kevin…devi mettere il pigiama. _...mmmh…che..? _Il pigiama. Indossalo. _...no…non ce la faccio…
_Ti aiuto io. Avanti.
_Aiutami però…devo
toglierti i vestiti. Senza attendere oltre Mark gli sbottonò la camicia bianca mettendo all’aria il petto liscio e gracile dell’altro e rimanendone stranamente turbato. I capezzoli rosei poi…poi un corno! Sfilò la camicia e poi andò a slacciare i pantaloni neri fuori moda che il biondo indossava.
No, visione non poteva scuoterlo di più.
Kevin era ora
completamente nudo, fatta eccezione per i calzini bianchi e i boxer
altrettanto bianchi che coprivano la sua intimità. Era molto magro, ma ben
fatto, gracile ma statuario, dolcissimo, eccitante…stacco lo sguardo a fatica
da quel corpo nudo e caldo tra le sue braccia e si decise a fargli indossare
il pigiama, piano per non fargli male. Poi lo mise sotto le coperte, faticando
un po’ e lo copri, rimboccandogli le coperte per bene. Cercò per tutta la casa
un termometro. Fù un’impresa ardua dato che Kevin non gli dava il minimo
aiuto. Alla fine lo trovò per caso in un cassetto nella credenza di sotto.
Tornò di sopra e alzando di poco le coperte, gli alzò il braccio e infilò
nella maglietta del pigiama una mano, cercando l’ascella, per infilarci sotto
il termometro. Kevin sobbalzò al contatto della sua mano fredda e spalancò un
attimo gli occhi. Poi Mark ritirò quella mano invadente, che sinceramente non
avrebbe voluto togliere di lì. Attese e poi riprese l’oggetto. 39°. Cavolo!
Non voleva svegliarlo ancora allora andò di sotto da solo e prese una
bacinella con dell’acqua e una pezza. Tornò di sopra e gli mise sulla fronte
la pezza imbevuta d’acqua. Kevin mugolava ogni tanto ma prese una posizione e
non si mosse più. Dormiva profondamente. Ma Mark si rese conto che doveva
dargli qualcosa prima.
Ma kevin mugolò
qualcosa ma nient’altro. Mark doveva vedersela da solo. cercò il bagno
trovandolo per ultimo, poi frugò in tutti gli sportelli e cassetti finché non
ne trovò uno con medicinali vari. Prese un’aspirina e riempì un bicchiere
d’acqua dalla cucina. Tornò dal suo giovane paziente e s’inginocchiò di fronte
al letto, scuotendo paino il biondino che alla fine si svegliò. _tieni, prendi questa.
_ mmm…cos’è?.._
chiese kevin con una voce stranamente roca e sexy. Kevin obbedì e poi si fece ricadere sul letto, tirandosi addosso le coperte e sprofondando nel sonno più profondo. Mark allora sospirò e si sedette stanco sulla grande poltrona che si trovava nella stanza. Guardava Kevin. Stava sotto un mucchio di coperte che gli arrivavano sin sotto il naso e tutto il mucchio si muoveva piano e regolarmente al suo respiro. Oh si, quel dolce respiro… I capelli erano spostati dalla fronte per far spazio alla pezza umida che serviva ad abbassare la temperatura di quel suo corpo caldo, oh si caldo, arrossato dalla febbre… Bellissimo! Avrebbe voluto allungare una mano per toccare ancora quella pelle bollente e morbida, quel viso dolce e vellutato, quel bimbo innocente e gentile. Dio ma stava impazzendo? Si mise a guardare intorno. La stanza gli piaceva proprio. Era semplice ma decorata. Non sembrava affatto la stanza di un 18enne. Però era molto affine alla personalità del proprietario. Mark sorrise e tornò a guardare Kevin. Si alzò per andargli a posare sui capelli una carezza leggera e poi andò di sotto. Doveva mettere alla prova le sue capacità culinarie…
Kevin aprì gli occhi svegliato dal rumore di pentole cadute. Si mise a sedere facendo cadere sul letto la pezza ormai appena umida. Si guardò intorno. La stanza era buia. Era sera. poi guardò verso la porta da cui trapelava la luce delle scale. Ora ricordava. Mark l’aveva portato lì. Probabilmente gli aveva preso le chiavi dalla tasca e si era occupato di lui. La febbre probabilmente era scesa e ora sentiva un forte appetito. Arrivò mark distraendolo dai suoi pensieri. Il moro non appena lo vide sveglio gli sorrise. In mano aveva un vassoio. Si espandeva nella stanza un odorino di minestra. _Come ti senti?
_meglio…molto
meglio…e ho tanta fame_ disse piano Kevin , sorridendo, col suo sorriso
particolare ed unico, quel sorriso che riempiva il moro di pura gioia. Si
avvicinò al malato sedendo si accanto a lui e mettendogli sulle gambe coperte
il vassoio. _...ho voglia di aranciata. _No. Solo roba sana. _Uffa… _Dai e dimmi com’è. _O.K. _kevin prese il cucchiaio ed iniziò a mangiare la minestra. L’assaporò bene, quel brodo caldo lo riscaldò tutto. _Allora com’è? _Mmmmm delizioso!
_Dici davvero? _Già, è vero. Mark guardava Kevin mangiare, guardava le sue labbra umide, la lingua che ci passava sopra. Distolse lo sguardo spaventato dalla portata di sensualità che pervadeva il ragazzo nonostante lui nemmeno sapesse di averne. E Dio solo sa se ne aveva. D’un tratto mentre l’altro mangia, Marh si avvicinò e spostandogli gentilmente i capelli dalla fronte, posò le proprie labbra sulla fronte dell’altro, immobilizzandolo, sorprendendolo dolcemente.
_Mmmmm non mi pare tu
abbia ancora la febbre. Sei fresco. Intanto Kevin era arrossito lievemente. Mark lo guardò e sorrise. Meglio che non avesse detto nulla…il suo piccolo era malato dopotutto. Allora si alzò e si portò le mani sui fianchi. Kevin lo guardava dal basso. _Allora fatti più in là.
_Eh?_ il biondino lo
guardava senza capire. _Sono dai nonni…fuori città. _Ah…dai fammi posto, su._ e posò un ginocchio sul letto. Kevin schizzò all’indietro come se si fosse scottato_ ehi ma che fai? Kevin aveva un’espressione preoccupata e un po’ impaurita. _ma…non possiamo…non puoi dormire qui con me._ disse il biondo tutto agitato. _E perché? Kevin non rispose ma lo guardava sbattendo le palpebre. Mark si tolse la maglia e stava anche per togliersi i pantaloni. Anche se era dicembre inoltrato a letto dormiva solo in boxer. Ma notando l’espressione spaventata e sconcertata di Kevin capì che forse non era il caso. Allora lasciò perdere i pantaloni, alzò le coperte e vi si infilò sotto, prese il telecomando dal comodino e si sistemò bene coi cuscini. Kevin stava ancora tirato su a guardarlo con due occhi così e poi guarda la tv, poi di nuovo lui e non dice nulla. Mark gira sui vari canali, poi vede che l’altro continua a fissarlo, si volta verso di lui. _Cosa c’è? _ma-ma… _Tranquillo non ti aggredisco mica…anche perché sei ammalato. _AH! E se non lo ero??_ sghignazzò Kevin che avevo preso molto seriamente la faccenda.
_per l’amor del cielo
calmati! Sta tranquillo. Guardiamoci la tv…o sei stanco? _si sono stanco. Mark spense la tv. _Oh, allora vieni qui.
_Che? _Adesso dormi…ci sono io con te. _No…smettila!_ Kevin era arrossito. Tentava di liberarsi da quella stretta ma era troppo debole. Alla fine fu Mark che lo lasciò andare. Il biondino si girò di spalle, tirò su le coperte e si sistemò sul letto. Mark lo guardò con un piccolo sorriso e chiuse gli occhi.
Il tempo trascorreva. Ma kevin nonostante i residui di febbre era ancora sveglio. Era nervoso, non riusciva a stare con lui così, nello stesso letto. Sentì qualcosa muoversi al suo fianco. Mark lo sovrastava nel buio e con dita calde gli era andato ad accarezzare il viso: le guance, le labbra…poi si avvicinò col viso al suo e sussurrò piano. _Guarda che lo so che sei sveglio…il tuo respiro è troppo veloce. Kevin sospirò colto nel segno e si giro con la testa per incontrare i suoi cocchi nel buio.
_che…che cosa c’è? Kevin si ritrovò con le mani dell’altro che gli sfioravano la vita, alzando di poco la maglia del pigiama, sentendo pian piano le sue braccia allacciarglisi sulla vita e stringerlo a se. kevin era rigido. Sentiva il respiro caldo di Mark accarezzargli dolcemente il collo e strinse gli occhi teso. Ma pian piano si rilassò, vedendo che il moro non faceva proprio nulla di male. Allora rapito da quel tepore e da quelle braccia forti che lo proteggevano dolcemente, si lasciò andare contro il suo petto e si arrese al sonno.
Riaprì gli occhi alla mattina e quel risveglio fu accompagnato dal cinguettare allegro degli uccelli e dai filtranti raggi di sole che lo colpivano a tratti sul viso. Si accorse di essere ancora fra le braccia di Mark, nella posizione in cui lui l’aveva tenuto all’inizio. Stretto al suo petto e sapeva che erano entrambi caldi e dolci sotto le coperte morbide. Imbarazzato alzò di poco il viso. L’altro ancora dormiva. Teneva la bocca chiusa, gli occhi una tenera e virile espressione di forza rilassata e respirava piano e deciso, col petto che si alzava ed abbassava sotto il suo viso. Era dolcissimo. Quel sentirsi sicuro, quel sentirsi così bene, quel senso di appartenenza… Kevin si sentiva in paradiso e si riaccoccolò dolcemente a lui. Bussarono alla porta con forza. Kevin sobbalzò da quell’abbraccio facendo svegliare anche Mark. _Ma che succede --_ ma Kevin gli tappò la bocca con una mano. Da dietro la porta arrivò una voce.
_Kevin sei sveglio?
Posso entrare?_ era sua sorella Chiara. _Cosa? _Sbrigati entra qui dentro. _Nell’armadio?!?!?!? Kevin prese a spingere Mark dentro il suo armadio e lo richiuse solo un decimo di secondo prima che Chiara aprisse la porta. Kevin stava appoggiato con le spalle al miro, le mani dietro la schiena. _Sei ancora in pigiama? Chiese la sorella con un sopracciglio alzato. Indossava un delizioso maglioncino ed un paio di jeans che lasciava scoperto l’ombelico e buona parte dei fianchi. _Si…ieri…ieri avevo la febbre… _ah si? Mi sembri stare bene ora.
_Si…effettivamente mi
sento bene… _Si… _La mamma torna tra poco, si è fermata al supermarket. _Va bene…_ Kevin era teso, tesissimo. Pregava solo che dall’armadio Mark non parlasse. Chiara stava per andarsene quando si fermò a guardare i piatti sporchi sul comodino.
_...da quando cucini? _mh…va bene devo cominciare a credere nei miracoli…_ detto questo la ragazza se ne andò sbattendo la porta. Kevin lasciò andare il respirò e venne schizzato in avanti dall’anta dell’armadio aperta velocemente. _AHI!! Ma che fai?
_Cosa faccio io?!?!?_
chiese il moro saltato fuori dall’armadio e richiudendo con un colpo lo
sportello dietro di sé_ sei tu che prendi e mi sbatti in un armadio! C’è un
disordine la dentro, dovresti sistemarlo… Mark sbuffò sonoramente. _Non puoi continuare a scappare così. Kevin alzò la testa guardando l’altro con occhi grandi e lucidi. _Ma… _Ti piaccio non è vero? Lo sentivo come ti sei abbandonato alle mie braccia, come ti sei accoccolato a me. Vuoi negarlo? Non puoi fuggire da ciò che sei ed è ora che tu te lo metta in testa!
Il moro non aveva
parlato con voce alta o con cattiveria ma solo con estrema sincerità e
decisione. Kevin lo guardava smarrito, con sguardo triste. Sembrava che
dovesse piangere da un momento all’altro. il biondino abbassò la testa imbarazzato e mortificato, con gli occhi chiusi e corrucciati. Mark si rese conto di essere stato un po’ troppo brusco e addolcì lo sguardo ed il tono.
_Perdonami. Non
dovevo parlarti così._ Kevin stava ancora in silenzio con la testa bassa
rivolta altrove. Il moro gli si avvicinò e gli sollevò il viso con le mani,
guardandolo. Gli sorrise._ è stato stupendo starti così vicino questa
notte…sentivo il tuo piccolo cuore battere così forte._ mark stava parlando a
bassa voce in un modo dolce e sensuale. Kevin era rapito dall’intensità del
suo guardo_ adesso mi metto qualcosa addosso ed esco dalla finestra_
ridacchiò_ mi sembro l’amante di una giovane vergine.
Mark ridacchiò, si
mise la sua maglia e giubbotto e si preparò a calarsi giù dalla finestra. Si
voltò a guardare di nuovo Kevin. Kevin andò a vedere se qual ragazzo non si ammazzasse cadendo. Così non fu fortunatamente. Poi si voltò e si appoggiò alla finestra guardando in basso. Poi in alto e sospirando. Lui…stava davvero provando…quello?
Arrivò il Natale. Quel 25 dicembre era freddo, gelido e Kevin lo passò come al solito con la sua famiglia e Sara e Mike erano andati a trovarlo portandogli in regalo rispettivamente un maglione e un orologio e fermando si a cena. Mentre tutti e ridevano e scherzavano, Kevin si estraniava ogni tanto alla scena, per guarda fuori dalla finestra che rifletteva le luci dell’albero addobbato e del grande presepe. Fuori la neve era già iniziata a cadere da un po’ e si era formato un favoloso, sottile manto bianco che alla mattina sarebbe diventato molto più spesso. Ma kevin non pensava alla neve. La guardava si, ma non la vedeva veramente. Si, lui stava pensando a Mark. Stava pensando che quel giorno quel moretto ribelle si era preso cura di lui, lo aveva trattato bene. E soprattutto ripensava a quella notte trascorsi l’uno nelle braccia dell’altro, quando sentiva battere il suo cuore, quando sentiva quelle braccia forte ed atletiche stringerlo, quando aveva sentito quel suo calore e quel suo odore inconfondibile di muschio bianco mischiato al suo naturale odore.
Buonissimo.
Mascolino.
Perfetto.
Virile.
E sospirò. Pensò al loro primo strano incontro, sotto l’arcone, a quel giorno mentre facevano la cioccolata, mentre la bevevano rannicchiati sul divano di lui, mentre sentiva l’odore di quella casa sconosciuta e familiare. Ripensò a quella notte quando l’aveva visto piangere come un bambino ed era amareggiato, triste, arrabbiato, disperato, imbarazzato. E lui l’aveva stretto. C’era un qualcosa che lo attraeva inevitabilmente a lui, oltre ovviamente al suo aspetto indubbiamente straordinario e aitante. Qualcosa che lo faceva sorridere, che rapiva il suo sguardo ogni volta…qualcosa che lo faceva sentire felice solo se considerava un legame fra loro. Il cellulare emise un bip. Un messaggio. Un suo messaggio.
Buon natale mio piccolo micio.
E Kevin sorrise e sentì scendere una lacrima sul viso. L’altro non si era fatto vivo da giorni e lui non avrebbe saputo cosa scrivergli in un messaggio o cosa dirgli in una chiamata. Rispose all’augurio e guardò di nuovo le stelle oltre la neve e oltre le luci natalizie del mondo…
Ora si sapeva di amarlo.
Erano passati giorni, troppi giorni e Mark non si era ancora fatto sentire. Kevin era terribilmente angosciato. Proprio ora, proprio ora che si era innamorato doveva essere abbandonato? Probabilmente il moro si era già stancato di lui. Dopotutto quale attrattiva poteva avere per uno come lui? Si butta sul banco gemendo quasi, con gli occhi chiusi ascoltando la professoressa di italiano spiegare. Poi interrompersi. _Kevin! Ma che fai dormi?_ chiese la professoressa con cipiglio. _Ah…mi scusi professoressa… _Eppure di solito sei attento durante le mie lezioni…cerca di restare sveglio ti prego. E la classe giù a ridere. Kevin pensava che probabilmente erano mesi che non stava attento in classe. Troppi problemi, troppi pensieri…aveva 18 anni ed era già un tormentato. Perché non poteva fare come Mike? Sesso regolare almeno una volta la settimana, magari con ragazze appena conosciute…perché solo lui aveva di questi problemi, perché gli altri erano così spensierati e superficiali?... solo lui desiderava amare…? E poi finire innamorato di un ragazzo completamente fuori dalla sua portata, che lo metteva a disagio, che era così attraente ed esperto…così…così…così maledettamente bello e dolce da morire…
La macchina puzzava di fumo. La lieve barba sul viso, gli occhi stanchi. Mark guidava stancamente la sua orrenda auto che assomigliava a un reperto archeologico. Il lavoro sempre come al solito poco allettante e con bassa paga, la casa vuota ad attenderlo…e non lo aveva più chiamato. Chissà cosa pensava di lui adesso. E i pensieri riguardanti Kevin si mischiarono a quelli riguardanti sua madre, a quelli riguardanti la sua vita. Sua madre. Già, un dolce nome per chiamare la donna che ti ha partorito. Una donna avida, lussuriosa, vanitosa, che nascondeva le sue azioni dietro un manto di rispettabilità e ricchezza, una donna che parlava di suo figlio come di una persona totalmente diversa da quella che era in realtà, capace di voltare le spalle a un figlio per il futile motivo che questo figlio è attratto dagli uomini. Ma dopotutto lui non è sempre Mark? Cioè, se a lui piacessero le donne sarebbe sempre il solito libidinoso, il solito fumatore che fuma quando è nervoso o pensieroso, quello che no ha mai sopportato la scuola nemmeno alle elementari, che non si è mai innamorato veramente…il suo orientamento sessuale non cambiava assolutamente niente di lui! Qualcuno l’avrebbe mai capito…?
Kevin aveva una mano sulla faccia ed era imbarazzato. Mike stava facendo il cascamorto con una ragazza dall’abbigliamento piuttosto vistoso. E stava facendo delle cose vergognose. Del tipo le guardava nella scollatura senza nascondere la cosa. E lei ridacchiava civettuola. Lui le sfiorava le gambe foderate di sottile calza. E lei gli sorrideva sensuale. E qui il massimo…lui le palpava il sedere…e lei faceva la finta offesa…e lo baciò! Roba da matti. Sara era sconvolta. _Ma quel maniaco non ha pudore? Ma soprattutto…QUELLA non ha pudore????!!!! Kevin scosse la testa ma si copriva ancora il viso con la mano. D’un tratto quella mano venne spostata da qualcuno. Il biondino si voltò e i suoi occhi brillarono non appena vide Mark. Mark…con quei capelli che riflettevano sfumature d’argento al sole, Mark dal sorriso accattivante e spendente...Mark l’unico ragazzo, l’unica persona che avesse mai amato in vita sua. Si sentì inondare il cuore di un’emozione sorprendente e il suo petto venne quasi sfondato dal martellare incessante di quell’organo così sensibile ai sentimenti. _Ciao…_ potè solamente dire il biondino. Mark aveva il suo solito sorriso acchiappa femmine (e non solo) e si spostò i capelli dal viso, in quel modo che Kevin amava.
Amava.
_Tutto bene?
Kevin era a bocca aperta. Guardava davanti a sé ripensando alle parole di Mark che gli avevo sfiorato delicatamente l’orecchio destro…
“L’arcone…sotto l’arcone il vento soffia più dell’altra volta…”
Kevin non perse
tempo. Aveva capito quel messaggio e quindi stava per raggiungere Mark nel
luogo del loro primo incontro. Il cuore gli batteva forte per quell’invito
velato. Significava che voleva vederlo vero? Si sentiva bene, euforico, felice
addirittura. Infine arrivò sotto il famoso arcone. Si guardò intorno col fiato
leggermente affannato. No lo vedeva. Poi si sentì afferrare da dietro.
Trasalì. _Sono qui bimbo. Il moro lo teneva da dietro e lo dondolava, giocherellando con lui e ridacchiando. _E dai lasciami!_ diceva il biondino tra le risate. Mark cominciò a guardarlo con interesse mentre giocava ancora con l’altro. Vedeva che Kevin gli diceva di lasciarlo andare ma ridacchiava divertito, col suo rossore di vita sulle guance, poggiate morbidamente al suo polso, come se volesse sentire il contatto della sua pelle. Lo vide chiudere lentamente gli occhi e assaporarsi quel momento…o si stava immaginando tutto? Non l’aveva mai visto con quell’abbandono…allora abbassò la testa per stare più vicino a lui e sentì un calore strano, rassicurante e tenero. Entrambi sentirono delle voci ridenti di ragazzi, probabilmente i soliti ragazzi che non hanno obiettivi nella vita se non avere abbastanza sigarette in tasca. Allora Mark prese Kevin per mano e lo trascinò. _Mark!
I due corsero, il
biondino tirato dal moro ce correva ridendo. Anche Kevin rideva. Si sentivano
stranamente felici, così, all’improvviso. Mark si fermò solo quando arrivarono
dietro una rovina dei dintorni. Gli schiamazzi dei ragazzi non si sentivano
più e là intorno non c’era nessuno. Chi andava mai a vedere le rovine? Chi
aveva quel romanticismo da interessarsi al passato, all’amore? I due stavano
riprendendo fiato; ancora ridevano. Kevin si passò una mano sui capelli, per
sistemarseli. Il vento glieli aveva scompigliati. Mark lo guardò e pian piano
smise di ridere, per lasciare posto ad un sorriso composto, vero e gioioso.
Kevin sospirò ancora, poi il suo respiro si stabilizzò. Guardò il moro con
occhi ridenti e splendenti del suo amore. Oh come voleva che l’altro lo
amasse, come voleva sapere che era suo. Alzò la testa e lo guardò. Mark stava
ancora sorridendo; si abbassò su di lui e lo bacio sulle labbra, morbidamente
e Kevin rimase confuso e imbarazzato. Arrossì e si staccò un po’ dal moro,
solo un po’ però, perché Mark gli stava praticamente addosso. Ormai erano
entrambi seduti, l’uno accanto all’altro su una delle rovine, riparati da
altre. Il biondino, rosso in viso gli parlò a bassa voce. _Ssst…_Mark lo zittì dolcemente con un dito sulle labbra. Non voleva mettere ancora più in agitazione all’altro e non disse nulla. Però non immaginava che non avesse mai dato un bacio, non aveva mai neppure immaginato che quelle labbra che sembravano petali delicati e invitanti, non fossero mai state sfiorate…e la cosa lo inorgogliva dentro, perché lui solo lui sarebbe stato il primo e…Dio come lo inteneriva questa cosa…allora gli sorrise gentilmente, non c’erano malizia o derisione nei suoi occhi_ non preoccuparti…ti insegno io..._ allora si riavventò dolcemente sulle labbra di Kevin per chiuderle con un dolce bacio. Poi vi posò sopra altri piccoli teneri baci e sentiva la morbidezza di quei petali di rosa, la loro dolcezza e vedeva Kevin che ricambiava quei piccoli baci con gli occhi chiusi, l’espressione smarrita; gli stava regalando tanti piccoli baci. Mark si scostò e Kevin sentendo di baciare il vento riaprì gli occhi; il viso imbarazzato, terribilmente imbarazzato. Sapeva di sbagliare tutto e aveva paura. Ma Mark non era arrabbiato e anzi sorrideva divertito. Il moro gli si avvicinò ancora e gli disse a voce bassa, sussurrando su quelle labbra…_ apri la bocca… Kevin obbedì in silenzio e chiudendo di nuovo gli occhi, senti la bocca dell’altro sulla sua, senti la sua lingua che si faceva strada in lui, carezzandolo dolcemente. Mark andava piano, ma era deciso. Il bacio era lento e morbido, dolce e non vi era malizia o erotismo dentro. Kevin muoveva la sua lingua timidamente, temendo di sbagliare, non capendoci letteralmente niente! La lenta danza dell’altro lo stava mandando in trance! Si staccò improvvisamente respirando profondamente. Mark lo guardò sorpreso. Kevin lo guardò a sua volta, totalmente in tilt e fece uscire dalla sua bocca un suono che sembrava più che altro un pigolio. _Scusa…mi mancava l’aria… Mark lo guardò sbigottito poi non poté più trattenersi dal ridere. Kevin lo guardò troppo imbarazzato per dire qualunque cosa. Il moro gli prese il viso fra le mani e gli diede un lieve bacio. _respira con il naso bimbo mio._ e riprese a ridere, ma gentilmente. E alla fine anche Kevin ridacchio imbarazzato e Mark lo abbracciò e lo tenne stretto a sè e gli sussurrò parole d’amore_ desideravo un tuo bacio da prima che mi accorgessi di desiderarlo. Desidero i tuoi abbracci, desidero i tuoi occhi nei miei e le tue dolci labbra che mi sfiorano. Ti voglio vicino a me sempre e ora non ti lascerò più andare. _Oh Mark…ti amo.
Ti amo
Mark si staccò un po’ da lui per guardarlo bene. Dio gli aveva appena detto che l’amava! Kevin ora avrebbe dovuto mettere la testa in un secchio d’acqua per alleviare il soffocante imbarazzo che sentiva. Il moro gli accarezzò i capelli e la guancia. _...io sono molto geloso e possessivo. Sei pronto a stare con me nonostante le conseguenze di ciò?_ disse serio Mark. Kevin lo guardò con sbalordito e felice. Sorrise. _Si. Si che sono pronto signore._ e ridacchiò.
E prima che la sera iniziasse a scendere si scambiarono un altro lungo bacio…
Fine capitolo 2
Continua…
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