Ciao
a tutti, spero che apprezzerete questa storia. è la prima parte di una storia
che avevo in mente da tanto. il titolo l'ho preso da un libro famoso di
Sciltian Gastaldi, spero non me ne voglia^^tanto non c'è nessuno scopo di
lucro dietro. mi sembrava solo il titolo appropriato. allora che altro dire?
spero vi piaccia e che commenterete. accetto sia commenti positivi che
negativi ma vi prego non distruggetemi^^' allora per ora questa storia è una
R/S ma sottolineo: PER ORA. eheh. vi lasco alla lettura, un grosso bacio a chi
ha iniziato a seguirmi!! grazie^^
Angeli da un'ala soltanto
parte I
di Vikysweetgirl
(…la coppia che si è amata di più al mondo…)
Un amore così non lo troverete mai più… In nessun mondo. Nemmeno fra mille anni…
Quale angelo mi sveglia dal mio letto di fiori?
William Shakespeare
PARTE 1: L’incontro degli angeli
Si stava chiedendo il perché. Perché era aveva organizzato un appuntamento con un perfetto sconosciuto? Dopotutto in internet non si sa mai che si può incontrare. E poi cosa gli aveva detto di lui? Si chiamava Mark e aveva 19 anni. Ma poi era vero? E se ne avesse avuti 80? Tanto ormai era inutile. Ora stava seduto su quei gradini, in attesa. Era emozionato e nervoso, si torturava le mani. Ormai sapeva da un bel pò di essere omosessuale o almeno era da un bel po’ che lo aveva accettato e capito, ma la cosa non era ancora di dominio pubblico. Quando lo aveva capito aveva avuto paura e aveva cercato di reprimere questa “anormalità”. Ma non ce l’aveva fatta. Non poteva far finta di niente e così aveva messo l’annuncio su quella chat gay. _Sono Angel88, ho 18 anni e mi piacerebbe fare nuove conoscenze._ Nulla di più nulla di meno. Passarono 2 giorni e poi DarkSide lo contattò. Si erano detti i loro nomi, le loro età e null’altro. un appuntamento sotto l’arcone della città, ma era impazzito? Non ha avuto il tempo di formulare altri pensieri che sentì dei passi sulla terra. Alzò la testa e lo vide. Davanti a lui, ad una certa distanza vi era un ragazzo dai lisci capelli neri che sovrastavano profondi occhi marroni, con una decisione da perdervisi dentro. i lineamenti più mascolini dei suoi, le spalle più larghe, il petto più ampio. Si guardarono ed è in quell’istante che il mondo si perse e la ruota del destino iniziò a girare. Kevin arrossì, si affrettò ad alzarsi e ad avvicinarsi di qualche passo. L’altro era più alto di lui di almeno 10cm. Si guardarono curiosi. _Ciao…_iniziò il biondo incerto. _Ciao. Sei Kevin giusto? _Si. Angel88_sorrise. I suoi denti erano bianchi, il sorriso quello di un ragazzino giovanissimo. L’altro tese la mano. _Darkside…Mark. Si strinsero la mano, Kevin aveva un delizioso rossore sul viso che lo rendeva tenero. Mark pensò che fosse davvero bello e sorrise malizioso, compiaciuto. L’altro aveva labbra sensuali e voluttuose, con il labbro inferiore leggermente più carnoso dell’altro. sulla testa aveva una massa di capelli biondo cenere con una frangia che gli cadeva sugli occhi che erano di un verde acceso, intenso, puro. Gli occhi di un ragazzino. La pelle diafana lo rendeva ancora più etereo. Aveva notato subito l’avvenenza dell’altro dal fascino femmineo, il corpo piccolo e magro, le braccia sottili se paragonate alle sue, le spalle e il petto sotto la camicia bianca. Gli piaceva, si. Era bello come un angelo. _Allora?_ chiese ingenuamente Kevin. _allora. Andiamo da qualche parte? _si…certo. _hai qualche preferenza? _N-no! Non lo so…fai tu. _ok._ rispose il moro sorridendo_ andiamo a bere qualcosa. _ok. Scelsero un bar con dei bei tavolini al coperto. Si avvicinò una ragazza a chiedere le ordinazioni. _Salve. Cosa prendete? _Per me una birra. Tu cosa vuoi Kevin? _una limonata grazie. I due vennero serviti e iniziarono a bere. _Tu non bevi alcolici?_ chiese Mark. _No, no. Mark lo guardava. _Allora, studi? _faccio l’ultimo anno al liceo.
_Avrai gli esami allora, vero? _Continuerai con l’università? _No, non ho proprio voglia di passare altri anni sui libri. E tu? Hai terminato la scuola? _si dato che ho 22 anni. _ma…mi avevi detto di averne 19! Mark gli strizzo l’occhio. _Piccola bugia! L’altro avvampò e abbassò lo sguardo. Mark sorrideva ancora e gli fece passare un dito sotto il mento per poi ritrarlo. Kevin, con di nuovo gli occhi in quelli dell’altro, sorrise timidamente. Dopo che Mark ebbe insistito per pagare da bere anche per Kevin, i due passeggiarono parlando del più e del meno, poi si zittirono. _non sono come ti aspettavi?_ chiese Mark. _come?_ rispose Kevin come caduto dalle nuvole. _Non sono come ti aspettavi? Sei deluso?_ sorrise. Kevin arrossì di nuovo a quella domanda. _No assolutamente! Perché? _no, perché per me non sei stato affatto una delusione... Kevin arrossì violentemente e abbassò lo sguardo. _ora…devo andare. Mi ha fatto piacere conoscerti. Kevin fece per andarsene, colto da un improvviso imbarazzo ma Mark lo afferrò saldamente ma delicatamente per un polso e se lo porta vicino, facendogli alzare il mento, guardandolo per un attimo in quegli smeraldi verdi lucenti e lo baciò. Posa le labbra sensuali su quei petali di rosa, morbidamente. Azzardò a leccargli piano le labbra con la lingua. Lo vide sorpreso e spaesato. Cosa credevi bambino, che volesse solo parlare? Ma Kevin si staccò chiudendo gli occhi. Completamente rosso e mortificato. Per fortuna al moretto pareva essere bastato. Infatti gli sorrise e gli chiese il numero di telefono. Se lo scambiarono poi Kevin si allontanò e anche abbastanza frettolosamente.
Mark rimase un po’ a guardarlo allontanarsi, poi anche lui se ne andò, ma non a casa, voleva andare al biliardo. Comunque ripensò a quel ragazzino, almeno un paio di altre volte nella serata. Aveva baciato solo un altro ragazzo nella sua vita, a parte le innumerevoli ragazze. E sinceramente avrebbe voluto approfondire di più. Almeno quel bacio.
Kevin pensò solo dopo che fu “scappato” al fatto che qualcuno avrebbe potuto vedere il loro bacio. Ma capì con sollievo che nessuno li aveva visti. Prese l’autobus per tornare a casa. Sprofondò di peso sul sedile e sospirò rumorosamente. Quella era stata l’esperienza più sconvolgente della sua vita. Era stato il suo primo bacio. Si, proprio così. Era sempre stata la sua vergogna ma non aveva mai baciato nessuno, nemmeno una donna. E si era bloccato. Sentire il tocco morbido e dolce di un paio di labbra sulle proprie. Era stato bellissimo. Ma quando quel contatto di quelle labbra stava diventando qualcosa di più spinto si era spaventato ed era fuggito. Che sciocco! Guardò fuori dal finestrino dell’autobus in movimento. Estrasse dalla tasca dei jeans il cellulare. Ma chissà, probabilmente non lo avrebbe nemmeno più rivisto…
Non sapeva quanto si sbagliasse.
Mark aveva appena smesso di giocare a biliardo. Uscì dal locale e sentì l’aria fresca di inizio autunno. Si strinse nella giacca. Si accese una sigaretta. Guardò un ragazzo appoggiato ad un muro più distante. Avrà avuto la sua età. Aveva dei pantaloni bassi e una camicia avvitata che gli stringeva sensualmente il petto. Eccitante. Ma molto probabilmente era etero anche lui. Apparentemente sembravano tutti etero dannazione! Lui odiava le donne. Seccatrici, vanitose, civettuole. Il moro buttò fuori il fumo inspirato e guardò il cielo. Il crepuscolo era passato da poco e il buio iniziava a stagliarsi, accompagnato da qualche stella. Le giornate si erano accorciate. Spense la sigaretta calpestandola con la pianta della scarpa. Si avviò verso casa. Là non lo aspettava nessuno. Entrò nell’appartamento vuoto. Freddo. Preso in affitto con tanti sacrifici. Accese la luce, si tolse la giacca e si gettò sul divano con una birra in mano. Gia la terza. Ma non importava. Accese la tv. Ma non l’ascoltava. Girando i canali ne trovò uno in cui c’erano due donne che si saltavano addosso in maniera inequivocabile. E gemevano. Istintivamente andò a toccarsi in mezzo alle gambe. Era gia eccitato. Si sbottonò i jeans e intrufolò una mano nei boxer. Iniziò a toccarsi velocemente, senza sosta, preso dalla voglia e dal desiderio di raggiungere in fretta l’orgasmo. Iniziò a sospirare velocemente. Si liberò quasi subito. Rimase alcuni momenti a godersi i residui di piacere. Ma dopo quell’effimero orgasmo, si sentì solo, tremendamente solo. Poi reclinò la testa all’indietro con gli occhi chiusi. Senza pensieri.
Quando Kevin entrò in casa fu accolto da sua madre, una donna un po’ robusta con dei lunghi capelli castani che teneva sempre legati e gli occhi dello stesso colore.
_Ah sei tornato. Dove sei stato? _Sei giusto in tempo per la cena. _Non ho fame mamma. _Kevin ultimanti non mangi niente. Non stai bene? _No sto bene mamma non preoccuparti. Sono solo un po’ stanco. _mmh…riposati allora. Studi troppo. _va bene, tranquilla Sua madre gli fece una carezza sulla schiena poi il ragazzo salì le scale. A metà strada incontrò sua sorella, la piccolina della casa. Appariva deliziosa nel suo vestitino lilla un po’ retrò e i lunghi codini castani, gli occhi brillanti e neri. Era di corsa e lo intruppò. _Fa più piano Linelle!_ la rimproverò dolcemente. _scusami Kevin!_ disse mentre scendeva ancora. Davanti la porta della sua camera invece vide sua sorella maggiore. 19 anni e sembrava Kevin al femminile. Lei però aveva una bellezza austera e glaciale. I suoi capelli erano corti e sfoggiavano meches rosse. Gli occhi erano esattamente la copia di quelli del fratello solo più duri. Vestiva con una maglietta attillata e scollata che scopriva le prorompenti forme e la minigonna molto mini che stringeva il bel sedere e scopriva le gambe belle e in carne.
_Cosa c’è Chiara?_ le chiese. _Grazie. Detto questo sua sorella si allontanò con passo felino e Kevin si chiuse nella sua stanza. La stanza doveva dire molto di lui. Era piccola, vi era un letto a una piazza, un armadio di legno, una piccola scrivania con un computer, un comodino con su uno stereo, molti scaffali con libri, fumetti, quaderni e foto sul muro. Piena ma in ordine con le pareti color zucchero. Inserì il cd nello stereo e si gettò sul letto. Si sentiva estremamente solo. Nessuno sapeva di lui, nessuno sapeva veramente chi era e questo segreto lo straziava dentro molto più di quanto si possa immaginare. Lo opprimeva, lo uccideva quasi. La voce del cantante iniziò a riempire la stanza. La canzone diceva di guardarsi bene in giro, perché in realtà non siamo mai soli …che grandissima cazzata! L’essere umano è solo per natura. La vera essenza del nostro cuore, della nostra anima, delle nostre passioni e dei nostri piaceri, non verrà mai compresa appieno da nessuno. L’importante è capirlo in fretta.
Mark si svegliò. Quel giorno non sarebbe andato al lavoro nemmeno se lo avessero pagato. Ma borbottando sparì in bagno, preparandosi per una nuova giornata. Lavorava come aiutante in un’azienda grafica. E come appunto dice la parola “aiutava” i pezzi grossi. Portava nuovi fogli per la stampante quando finivano, portava caffè a richiesta, riferiva messaggi e così fino alle 14:00. era la mattina il momento in cui c’era più lavoro da fare. Veniva pagato in maniera modesta e spesso doveva stare a sentire le lamentele di segretarie isteriche e liti fra colleghi. Aveva gia i suoi problemi di certo non gli servivano quelli degli altri. La sua non era quel che si suol dire “una vita agiata e felice”. Era felice se riusciva ad arrivare alla fine del mese senza troppi problemi e poteva bere la sera, una birra nella vasca da bagno. Questo era più che sufficiente per strappargli un sospiro di piacere. Dopotutto di che lamentarsi? Un lavoro ce l’aveva. Un tetto pure. Sicuramente c’era chi stava messo peggio di lui. Anche se tenere a bada il lunario, fare i conti con la sua monotona vita e vedersela con la sua diversa identità sessuale non rendeva la vita facile. Entrò nell’ufficio per portare dei fogli e il vecchio alla scrivania non lo degnò nemmeno di uno sguardo. Benissimo. Un’altra giornata terribilmente faticosa e noiosa…
_Kevin! Kevin! Svegliati o farai tardi!_ chiamò
la donna con energia. Il ragazzo si mise a sedere ancora assonnato. Si stropicciò gli occhi e poi iniziò a prepararsi. Quando scese le scale inciampò pure e sbatté il ginocchio contro lo scorrimano. Lanciò un’imprecazione. Arrivò in cucina e bevve velocemente un caffè per svegliarsi anche se non gli piaceva quella bevanda amara. Salutò la madre e Chiara e uscì salendo sulla sua bicicletta, amica di tante passeggiate tranquille. Con questa si diresse verso la scuola. La classe era mezza vuota, lui si sedette al proprio banco e tirò fuori il libro di italiano. Oggi forse sarebbe stato interrogato. Dannazione ieri non aveva studiato niente, era stato tutto il giorno con DarkSide. Cioè con Mark. Più ci pensava più non poteva accettare il fatto che gli piacessero i maschi. Non stravedeva per gonnelle e seni prorompenti. Ma il suo sguardo era sempre attratto da quei accattivanti sorrisi maschili, quei petti forti, quelle gambe muscolose…e non poteva farci niente! Se gli altri avessero saputo chissà come l’avrebbero presa. Comunque il problema non si creava. Tanto non lo avrebbe mai detto. Accanto a lui si sedette la sua compagna e amica Sara. Una ragazza molto dolce, gentile e vivace, l’unica ragazza con cui avesse un rapporto a parte sua sorella. Gli mettevano allegria quei capelli castano chiaro legati in una coda bassa e quegli occhialini rosa sul naso. Le sorrise gentilmente. La giornata scolastica passò velocemente con un 6 e mezzo nell’interrogazione e un sorrisino soddisfatto. Al portone d’entrata, Kevin vide una ragazza che lo guardava intensamente che poi abbassò lo sguardo imbarazzata. Forse le piaceva. Peccato che lui non poteva dire altrettanto. Anche se avrebbe desiderato più d’ogni altra cosa al mondo poterlo fare! Chissà i suoi compagni di classe come avrebbero voluto le attenzioni di quella ragazza così bella su di loro. Tornato a casa sua madre gli corse incontro affannata.
_Kevin! _Tieni_ gli disse mettendogli in mano dei fogli_ portali all’agenzia grafica, sai qual è, no? Quella verso nord. La preside delle elementari dove lavoro, mi aveva chiesto di portarli lì, dove lavora suo figlio. _E questi sono compiti che spettano a te? Solo perché sei la bidella? _Certo! Le bidelle se non lo sai fanno anche questo.
_E chi è suo figlio? _ok. ci vado…
L’agenzia non era grande, Kevin lasciò i fogli ad una donna che lo accolse gentilmente ma per uscire passò di fianco ad una porta semichiusa. La curiosità lo spinse a sbirciarvi dentro. la stanza era illuminata solo dalla tenue luce che proveniva dalle serrande chiuse. Sentì dei tasti battere sulla tastiera di un computer ma con la porta aperta così poco non riusciva a vedere nessuno. Si sporse un po’ di più. Lanciò un gridolino rotto quando qualcuno lo afferrò deciso per un braccio e lo trascinò dentro. alzò gli occhi sbarrati e rimase stupito di vedere DarkSide alias Mark. _Cosa-cosa ci fai qui?!_ chiese sorpreso. Il moro sorrideva. _Ci lavoro! _Wow sei un grafico?! Nella mente di Kevin passarono immagini di un grafico professionale e affascinante, seduto con le gambe accavallate alla propria scrivania a lavorare. _Magari! Sono solo un…aiutante. Stavo segnando un promemoria per la tipa a cui appartiene l’ufficio.
_Ah, ho capito._ Kevin sorrise dolce. _Allora, tu ce ci fai qui? _Ecco…ho dovuto solo portare qui dei fogli, un favore per mia madre. _aaaaah… Intanto il moro si era pericolosamente avvicinato e Kevin si sentì improvvisamente a disagio, appoggiato con le mani alla scrivania di legno, la testa bassa, gli occhi alzati timorosi. Mark vedendolo indietreggiare, braccato così, lo pensò esattamente come una vittima. E lui si sentì predatore. Un’improvvisa eccitazione lo prese. gli occhi brillanti di emozione scaturita da una certa voglia… Portò il bacino quasi a contatto con quello dell’altro, una mano poggiata sulla sua spalla, leggera ma decisa. Kevin si lasciò sfuggire un sospiro. Provò paura quando l’altro fece scendere la mano sulla sua vita e infilò una gamba fra le sue. Si divincolò come se si fosse scottato, schizzò verso la porta con un forte batticuore. _Ma dove vai..?_ chiese l’altro divertito. E Kevin uscì in fretta e furia senza rispondere, col corpo accaldato, il sudore freddo. Oddio l’altro gli si era avvicinato paurosamente. Che volesse proprio quello…? Mark rimase li a grattarsi la testa, ridacchiando. L’altro era letteralmente scappato via! Che credeva, che volesse stuprarlo?
Kevin ritornò a casa, maledì sua madre per averlo mandato lì. Aveva fatto la figura del verginello tremante e chissà quello con quanti ragazzi era gia stato…con che faccia lo avrebbe rivisto? Non doveva più vederlo…Certo, era gay ma aveva paura di ammetterlo, paura di tentare almeno di vivere una storia. Lui avrebbe tanto voluto essere “normale”. Avrebbe voluto provare attrazione per le ragazze. Voleva amare, essere riamato, voleva vivere un’intensa storia d’amore…
Mark si stava facendo una doccia caldissima. Era stanco, sfruttato dai pezzi grossi e frustrato sessualmente. La sua vita era insignificante, priva di senso. In preda a questi pensieri uscì dalla doccia con un accappatoio addosso. Si gettò di pesò sul letto, guardando distratto il soffitto bianco. Ma non puoi sapere che c’è di meglio, quando non conosci il meglio.
_Kevin prestami gli appunti dai!_ esclamò Mike, un amico del biondino, che aveva una chioma color arancio da far diventare viola d’invia un mandarino. _Uffa! Che noioso che sei! _ma dai! _Ok te lo presto. Ma pagami!_ gli rispose il biondino chiudendo gli occhi in un sorriso che mostrava tutta i suoi denti bianchi e perfetti. _Cosa?! Razza di ingrato e tutte le volte che te li ho prestati io?? _Bhe se lo avessi davvero fatto non avrei la sufficienza ora… _ah-ah spiritoso! Senti un po’, cambiando discorso, visto che quella tipa ti fissa sempre? _Chi?_ l’amico dai capelli rossicci sorrideva lascivo e indicò spudoratamente con un dito la ragazzina impaurita che stava di fronte la loro aula, nel corridoio. La giovane indossava una gonna ampia dallo stile ormai sorpassato e non appena si accorse dell’attenzione che aveva suscitato voltò la testa di scatto arrossendo e si sbrigò ad andarsene_ ah si l’ho gia vista…
_Visto? Dev’essere proprio giovane. è una
timida però è anche carina. Visto il tuo carattere modesto ci andresti
d’accordo. Perché non provi a parlarle? _Bhe adesso non montarti la testa! Però dai Kevin se ti ci metti sono sicuro che non sei tanto male... va là e chiedile il numero di telefono. _Ma non hai niente di meglio da fare che pensare a una possibile ragazza per me Mike? _Bhe…_ Mike fece passare un braccio intorno le spalle dell’amico_ sei il mio protetto, devo badare a te, sennò chi lo fa scusa?
_Non credi che a 18 anni possa badare da solo a
me stesso? Rimase chiuso nel bagno tutto il tempo, attendendo il suono della campanella che gli avrebbe permesso di andarsene e rinchiudersi in un mondo più sicuro. Mandò via persino Mike e Sara che avevano tentato di capire cosa gli fosse preso all’improvviso. E il suono della campanella arrivò finalmente. Kevin corse fuori dal bagno e poi fuori dal portone, non prendendo niente, dimenticandosi di tutto e correndo a perdifiato verso casa. Quando arrivò non salutò nessuno e andò a rinchiudersi nella sua camera, chiudendosi a chiave e gettandosi a piangere sul letto. Pianse di rabbia, pianse le lacrime che aveva iniziato a versare nel bagno della scuola, pianse le lacrime che aveva trattenuto nel tragitto verso casa, pianse quelle lacrime che indugiavano nei suoi occhi rendendoli rossi e lucidi. Con una sola domanda in testa. Perché? Preso dalla rabbia gettò per terra tutte le foto dei suoi amici sul comodino, distruggendone i vetri, stringendo forte il cuscino, affondandovi la testa. Smise di piangere solo molto tempo dopo, quando non aveva più lacrime da versare. Rimase sdraiato sul letto a pensare a tutto e a niente, con lo sguardo apparentemente perso, senza sapere a cosa aggrapparsi mentre si accorgeva pian piano di cadere nell’abisso più nero della disperazione. Bussarono alla porta. Quel rumore lo riportò lì, nella sua stanza ma egli non rispose subito. Solo dopo che ci furono altri colpi alla porta Kevin si alzo, toccandosi la faccia e gli occhi, sperando di non avere ancora addosso i segni del pianto. _Avanti. La porta si aprì ed entrò cautamente Sara. Sorrise e si richiuse la porta dietro le spalle. Posò a terrà uno zaino. _..ciao._ pigolò la giovane. _Ciao…_ rispose Kevin con voce roca. _ti ho riportato lo zaino e la bici. _Ah…grazie…
_Cosa ti è successo? Perché oggi ti sei chiuso
in bagno? Perché sei scappato via così?...perchè hai pianto Kevin? _Mi dispiace se ti sei preoccupata. _Non deviare. Non era questa la risposta che ti ho chiesto… _Senti, per favore Sara…non ho niente, credimi…capita a tutti di essere nervosi e voler stare soli no? _Si ma non è da te questo comportamento…è da un po’ che sei strano. Senza peli sulla lingua. Dolce e pungente al tempo stesso. Schietta e con alte dimostrazioni d’affetto, spesso persino irritanti…una sorella praticamente... Kevin sospirò guardando in basso. Sara andò a sedersi accanto a lui; gli accarezzò le spalle. _Non vuoi parlare con me?_ chiese con la sua vocina infantile, col suo modo diretto ma tranquillo. Non sembrava arrabbiata.
_...scusami… _Scu- - _E non scusarti ancora! Kevin si zittò subito. La ragazza si alzò stiracchiandosi e si avviò verso la porta _ Sara!_ lei si voltò_ …grazie…_ la giovane gli sorrise e uscì in silenzio dalla sua stanza. Kevin sbuffò sonoramente e si tolse le scarpe. Incrociò le gambe sul letto e con la testa poggiata sulle mani si dondolò, cercando una tenerezza e una sicurezza che non aveva. Doveva fare qualcosa. Darsi più sicurezza, trovare qualcosa che alleviasse le sue paure…prese la decisione più assurda che poteva. Saltò giù alla svelta dal letto. Fuori era quasi buio, doveva aver passato tutta la giornata a piangere. Aprì il sui armadio e tirò fuori tutto…
La casa puzzava di fumo. Al tavolo Mark faceva i conti delle spese e dei risparmi. Mica male! Aveva messo da parte un bel po’ e poteva davvero essere soddisfatto di sé. Non era più il morto di fame di qualche tempo prima. Ora era un uomo con delle possibilità anche se limitate. Sorrise contento e lasciò cadere la penna sul tavolo, dondolandosi sulla sedia. Questa sera voleva divertirsi! E lui si che sapeva dove divertirsi e soprattutto come…ora ci voleva solo una bella doccia bollente e qualche soldo in tasca…
Non faceva molto freddo in quella sera di ottobre. Kevin si guardava in giro furtivo. Era riuscito a trovare solo un paio di jeans molto stretti e una maglioncino grigio aderente. Nulla di che, lui non era tipo da ghingheri. Si trovava davanti al locale R&B, piuttosto imbarazzato. Quello era un locale particolare...dove l’identità sessuale della gente che vi entrava non era accertata. Si strinse nelle spalle coperte dal giubbino leggero, guardò un’ultima volta l’insegna ed entrò velocemente dentro prima di ripensarci e prima che qualcuno che lo conosceva l’avesse visto. Nell’atrio la musica era ovattata, ma se ne riusciva a sentire il ritmo movimentato e continuo. La gente entrava da una porta non troppo grande come invece Kevin si era aspettato. In piedi, di fronte alla porta c’era un uomo vestito di jeans, canottiera e tatuaggi e gli occhiali da sole scuri che lo squadrò prendendo i suoi soldi, per poi farlo passare. Il buttafuori probabilmente non lo aveva ritenuto pericoloso. Spalancata la porta Kevin fu investito dalla musica. All’inizio dovette coprirsi le orecchie per resistere lì dentro. Si guardò intorno. La sala era enorme, illuminata da luci che passavano dalla tonalità del rosso e quelle del blu, lampeggiando in maniera ipnotica. Mosse i primi passi lentamente, camminando il più possibile lontano dalla gente, osservando tutto con timore. Si sentiva davvero spaesato! Quella assomigliava ad una discoteca ma era molto più liberale…cioè si potevano vedere senza fatica coppie omosessuali, sia formate da uomini, sia formate da donne. Probabilmente gli etero erano solo lì per curiosità o perché amici di qualcuno, ma comunque erano pochissimi…Decise di sedersi su uno sgabello al bancone del bar dove un uomo sulla trentina lo salutò con un sorriso. Aveva piercing ovunque. _Ciao…_ iniziò alzando la voce_ vuoi qualcosa? _Ecco…io… _Dagli una delle tue bombe amico._ chi aveva parlato era un ragazzo evidentemente più grande di lui, con una giacca nera sulla camicia bianca quasi del tutto aperta, i capelli castani ingelatinati e gli occhi azzurri molto maliziosi. Aveva un’aria altolocata ma il suo sorriso dava una dubbia fiducia_ non ti ho mai visto qui… _I-infatti…è la prima volta che vengo…_ rispose il biondino con agitazione, senza sapere bene cosa dire. Quello voleva rimorchiarselo? Intanto il tizio lasciava scivolare il suo sguardo su tutto il corpo di Kevin che iniziò a sentirsi arrossire per quelle eccessive attenzioni. Venne servito da bere. _Bevilo è da sballo. _Ma…che cos’è? _Un intruglio che prepara solo il nostro amico qui._ disse indicando con la testa il barista che asciugava i bicchieri con aria innocente_ ti darà la carica per ballare tutta la sera! _Ma…non dovrei bere alcolici… _Su, solo un bicchiere…sentirai, è dolcissimo. Kevin guardò la bevanda rosea e si decise a berne un sorso. Rimase sorpreso di scoprire che era davvero buono! _wow! _Ti piace?_ Kevin svuotò in fretta il suo bicchiere_ ehi si vede che è di tuo gusto! Un altro bicchiere… _no, non posso accettare! E poi è meglio di no, non credo di reggere bene l’alcol… _ma su, solo un altro bicchiere. Tieni dai._ Kevin riluttante bevve anche il secondo bicchiere. Per poi sospirare dissetato, con un bruciore indicibile nello stomaco, fastidioso e piacevole al tempo stesso. All’improvviso sentì la testa girare vorticosamente. _mmh oddio… _Che c’è? Ti senti male?_ chiese l’altro con un sorrisetto sulle labbra. _...non…non mi sento bene…sento caldo e mi gira tutto… _Oh povero…vieni con me, andiamo dove potrai riposare. Lo sconosciuto lo aiutò ad alzarsi e lo sorresse mentre si dirigevano maldestramente in una specie di camerino dietro la sala. La musica quasi non si sentiva lì. il tipo fece sedere Kevin su un divanetto ricoperto da stoffa rossa e si sbrigò a chiudere porta e tende, ciccando un tasto che fuori indicava “occupato”. Poi tornò con tutta calma dal giovane ragazzo che aveva lasciato ad agonizzare sul divano. _...dove siamo…? la-la luce è troppo forte qui…_ esalò il biondino sudato. _Rilassati, ora ti farò stare meglio. _Che? Non ho capito… Non riuscì quasi a terminare la frase che quell’uomo lo spinse giù e gli si mise a cavalcioni sopra, strusciando la propria intimità sulla sua. _Vedrai, tra un po’ ti piacerà talmente tanto quello che ti farò che mi supplicherai di toccarti ancora e ancora… _ma che…_ Kevin non capiva niente, era troppo ubriaco. Capiva solo la luce, la musica che per le sue orecchie era assordante e quell’uomo su di lui che diceva parole incomprensibili…
_Resta così…_ il bruno gli tolse il giubbino e
gli tiro giù la corta lampo del maglione. Intrufolò una mano al proprio
interno, accarezzando con le dita i suoi capezzoli. Kevin se ne accorse a
malapena ma fu sufficiente per farlo gemere di fastidio e piacere._ mmmh ti
piace? _Sta buono dai…starai benissimo tra un po’…_ Kevin iniziò ad agitarsi. Si sentiva violato, toccato e non gli piaceva. L’uomo si dedicò alla cinta del biondino, alla lampo… Finché d’un tratto qualcuno irruppe nello stanzino, prendendo il tipo per una spalla e tirandolo indietro, facendolo cadere. _Non ti vergogni razza di animale?! Adesso prendi le tue schifose intenzioni ed esci subito di qui! _Ma chi cazzo sei??!! Non hai letto che era occupato??!! _si dia il caso che questo è il MIO stanzino privato! E che ho anche la chiave guarda un po’…non so come tu sia riuscito a entrare ma vatti a scopare qualcuno consenziente, stronzo._ l’uomo non disse nulla, visto che era nel torto più marcio. Se ne andò di fretta sbattendo la porta. L’eroe moro, che non era altri che Mark, si avvicinò al ragazzo biondo steso sul divano, in preda ai gemiti di nausea e dolore causati dalla sbornia._ ma sei tu! _Oddio…sto male…_ riuscì a dire con voce bassa e roca. _E ci credo! Chissà quanto t’ha fatto bere quello per ridurti così. Lo sai che te la sei vista brutta…Kevin? Il biondo tentò goffamente di mettersi a sedere. _ma io…non so…dov’è quello?...
_Perfetto…dove abiti? Mark sbuffò e aiutò Kevin ad alzarsi. Prese anche il suo giubbino buttato a terra e lo condusse fuori dal locale, fino alla sua macchina, un’auto vecchia di almeno 10 anni, di colore grigio-scuro, con i vetri scuri. Gli allacciò la cintura sul posto accanto al suo e poi prese posto al volante, partendo verso casa. Durante il tragitto Kevin si lamentava e muoveva distrattamente la testa da una parte all’altra, mugugnando parole senza senso. Mark parcheggiò sotto la propria casa, prese in braccio il biondino e si apprestò a salire faticosamente le scale che lo conducevano al proprio appartamentino. Nonostante Kevin non fosse troppo pesante, in quel momento era un peso morto, abbandonato completamente fra le sue braccia, mezzo addormentato e con la bocca piena di gemiti soffocati. Per aprire il portone di casa, Mark fece posare un momento i piedi a terra a Kevin, tenendolo comunque stretto a sé, altrimenti sarebbe caduto. Accese la luce, dopodichè lo riprese in braccio e lo portò in casa, posandolo sul suo letto. Il corpo di Kevin creò un tonfo soffocato. Il dorso della mano sulla fronte, l’altra stesa di fianco, gli occhi chiusi, le guance arrossate dal troppo bere, le labbra socchiuse in cerca di respiro…la camicia quasi del tutto sbottonata, la cinta e la lampo aperta…Mark deglutì guardandolo. Che sciocco irresponsabile! Lasciarsi abbindolare così da un tipo come quello! Se lo sarebbe sicuramente scopato approfittando del suo stato di semi incoscienza se non fosse intervenuto. Proprio come pensava, quel moccioso era davvero un ingenuo! Strano da un po’ non faceva che incontrarlo…le coincidenze assurde della vita…Uscì dalla stanza. Tornò poco dopo, indossando un paio di pantaloni neri stretti ed una maglia a mezze maniche ampia, abbigliamento che fungeva da pigiama. Tirò giù le lenzuola, infilandoci alla bell’è meglio il ragazzo addormentato che respirava affannosamente e poi infilandovisi a propria volta, guardandolo un’ultima volta e poi dandogli le spalle. Era davvero bello…possedeva una bellezza eterea e innocente…come quella di un angelo…
Gli uccellini iniziarono a cinguettare molto presto, il sole stava appena uscendo da dietro le case. Kevin aprì lentamente gli occhi sbattendo le palpebre più volte. Si mise a sedere e gemette. La testa gli doleva e si mise una mano sulla fronte chiudendo di nuovo gli occhi per poi riaprirli e guardarsi attorno. Dove cavolo si trovava?? Quella non era di certo la sua stanza…l’odore anche era diverso… _Ah sei gia sveglio? Kevin sussultò violentemente, spaventato e si voltò di scatto verso la sua sinistra. Non sapeva cosa pensare quando vide Mark. _Tu?!?! Cosa..?...ma dove sono? _A casa mia. Ieri sera avevi bevuto parecchio… Kevin lo guardò stralunato. Si guardò addosso. La sua camicia era aperta completamente e i suoi pantaloni tutti slacciati. Vide le lenzuola, vide Mark in quel letto, nel suo stesso letto. torna a guardarlo sgranando gli occhi. Non poteva crederci. Sentì un blocco allo stomaco. _...Ma-ma…io… _No, no, non abbiamo fatto niente credimi. Se ti avessi fatto qualcosa adesso sentiresti parecchio male…
Il biondo arrossì, spaesato.
_Ieri hai bevuto. Uno si stava per approfittare
di te, non ricordi? Sono arrivato io e l’ho mandato a quel paese. Però non
riuscivi nemmeno a dirmi dove abiti e allora ti ho portato a casa mia. Non
potevo lasciarti lì in quelle condizioni. Là dentro c’è parecchia gente che
farebbe carte false per portarsi a letto uno come te. _Ti senti male? _Ho la testa pesante…le parole rimbombano dentro… _Ma che ti sei bevuto ieri sera per ridurti così? Come minimo 5 birre… _No…solo 2…2 bicchieroni di quella roba rosa…dolce... _La specialità del barman? _..si… _Cribbio e ti credo che stavi in coma! Quella roba non sai quanto è alcolica. In più se non sei abituato a bere… _Mhhhh… _Vado a farti un caffé. Ti farà stare meglio. _Ah…grazie…Mark…hai fatto tanto per me…scusa per il disturbo. _nessun disturbo. È un piacere…_ sorrise malizioso. Non appena il moro uscì dalla stanza, Kevin si sdraiò lentamente sul letto, ripetendosi mentalmente quanto fosse idiota…aveva rischiato davvero di venir violentato?? Dio!! E cosa avrebbe fatto poi? Non poteva pensarci…per fortuna aveva incontrato Mark che anche se era un po’ strano l’aveva pur sempre salvato..
_Ah...grazie._ Kevin bevve lentamente il suo caffè non troppo bollente poi d’un tratto ebbe un lampo_ mia madre!!
_Eh? Kevin frugò nella tasca del giubbino e ne estrasse il cellulare. Compose il numero in fretta, sbagliando spesso alcuni tasti. _Mamma! Sono io, io… _Kevin!! Maledizione ma dove diavolo sei??!! Non sei rientrato stanotte, stavo per chiamare la polizia!! _Scusami, sono stato a ballare, ero così stanco che sono rimasto…rimasto a casa di un amico…
_...tutto a posto, sicuro? _Certo che d’improvviso ti impazzisci e vai a ballare, cosa che non hai mai fatto…vabbè, ti aspettiamo a casa. Anche le tue sorelle sono preoccupatissime. _Mi dispiace…ci vediamo dopo. _O.K. Kevin terminò la chiamata, poggiando la schiena sui cuscini del letto, rimanendo quasi seduto e sospirò rumorosamente. _Hai risolto?_ gli chiese Mark. _Si…cavolo ma che mi è saltato in mente…da non crederci… _Sai ,devi sapere che l’ R&B è un locale molto…ambiguo…ma suppongo tu lo sapessi gia. _...si.
_Ci sei andato di proposito?
_Mh…non ti vedo granché in forma. Ti accompagno
a casa vuoi?
_Nessun disturbo, davvero…non ti posso lasciar
andare così. Dopotutto ti ho salvato…ora secondo la consuetudine saresti mio
no?_ sorrise soddisfatto nel dirlo. Kevin si guardò addosso ed arrossì violentemente. Poi iniziò ad allacciarsi i pantaloni…
Nell’auto i due rimasero parecchio in silenzio, parlando solo per scambiarsi informazioni sull’abitazione di Kevin. Kevin guardava di sottecchi il ragazzo che guidava accanto a lui. Lo osservava, osservava i suoi lineamenti mascolini ma non marcati, la mano forte che si muoveva sul cambio, l’espressione concentrata nella guida, i capelli che ondeggiavano ad ogni suo movimento. Attraente davvero!
L’auto si fermò. _Si. _wow gran bella casetta! _Grazie. Kevin fece per scendere ma Mark lo fermò per un braccio, trattenendolo. Il biondino si voltò a guardarlo. _...ti ho salvato lo sai?_ disse sorridendo sadicamente. Kevin arrossì. _si…lo so. Che imbarazzo maledizione! Ma perché rimugina ancora su quel punto? Non l’aveva gia ringraziato abbastanza?!
_A quest’ora eri diventato un uomo lo sai?
_Ma come, adesso la tua vita mi appartiene no?_
ridacchio nel dirlo. _Allora vienimi a trovare ogni tanto. _Eh?! _Si usciamo insieme qualche volta. Da quel giorno non mi pare che tu mi abbia più chiamato nonostante avessi il mio numero. _Nemmeno tu l’hai fatto però. _è vero. _E poi dopo quello che stavi facendo all’agenzia l’altro giorno…
_aaaaaah è per questo che esiti? Ma dai stavo
scherzando! Sono una brava persona io! Mi piaci ma farò il bravo, promesso.
Allora uscirai con me, ok? _Ciao ciao._ e Mark ripartì con la sua macchina lasciando un Kevin immobile e muto, con la bocca semi aperta. Comunque ora stava molto meglio. Risparmiamoci di raccontare il suo rientro a casa, tra rimproveri di sua madre, che continuava a dirgli che anche se era maggiorenne finché stava in casa sua doveva stare alle regole. Chiara che scuoteva la testa come a dire “ma che fratello”. Solo Linelle lo abbracciò riempiendolo di baci. Per un bel po’ si era dimenticato dei suoi problemi e dei suoi pensieri, accantonando la malinconia e la paura della diversità. Com’è complesso l’animo umano. Passa dal terrore all’allegria, dalla sensibilità alla freddezza, in un turbinio di pensieri da spaventare persino Dio.
Mark si stava dirigendo al lavoro. Sbadigliò. Aveva ancora sonno. Stava dormendo così bene sapendo che accanto aveva un ragazzo così bello…ma non poteva toccarlo. Eh già c’è sempre la nota dolente. Ma esiste un codice d’onore. Mai approfittarsi di qualcuno nel sonno. Si sarebbe messo alla stregua di quella specie di stupratore della sera prima sennò.
Passarono 2 giorni lenti e monotoni. Kevin era ancora preso dalle sue paure, lo si vedeva triste e malinconico, di tanto in tanto sospirava frustrato dalla vita. Guardava fuori dalla finestra e non capiva niente delle lezioni. E poi a casa non riusciva a capire niente di ciò che studiava. Per mantenere i suoi bei voti doveva faticare un bel po’, ma non riusciva davvero a vivere sereno ormai da un bel po’ di tempo. E tra i suoi pensieri ogni tanto faceva capolino Mark. Lui sembrava così tranquillo e spensierato, sicuro di sé. Non aveva mai paura? Non aveva dubbi e incertezze? La gente era a conoscenza della sua diversità e lui non aveva problemi? Domande e un po’ di bonaria invidia per lui che non era un’anima inquieta come lui. Che non si faceva pippe mentali e che forse aveva più amanti di quello che poteva credere. Ma era davvero così? Uscito da scuola, quel giorno nel tardo pomeriggio, Kevin salutò Mike e Sara dicendo che voleva stare da solo. I suoi amici un po’ preoccupati, lo lasciarono stare comunque. Passò per le strade, non vedendo niente intorno a sé, pensando e pensando e pensando…come un fantasma evanescente tra le persone. Finchè non si fermò davanti ad una pasticceria. Faceva freddo, dalla sua bocca usciva del tiepido vapore e la sua sciarpa non bastava a riscaldarlo. Vide in vetrina dei biscotti. Lo attrassero e gli venne un’idea. Forse stupida. Ma la seguì ugualmente…
Si trovava davanti la sua porta. Le mani dietro la schiena reggevano un pacchetto dal nastro rosso, il cappotto lungo lo rendeva buffo e piccolo. Suonò il campanello attendendo di trovarselo davanti. Ma perché c’era andato? la porta si aprì e si ritrovò davanti i capelli neri di Mark, insieme a quegli occhi scuri che lo rapivano nel proprio vortice ogni volta che lo guardava. Indossava un dolce vita blu e un paio di pantaloni neri. Che gli donavano da matti! Sembrò sorpreso dapprima, poi gli sorrise. _Kevin! _c-ciao. _Su entra. _No. Ti-ti ho portato questi._ e tese di fronte a se il pacchetto che aveva con se; la testa bassa. _Per me? Cos’è? _Bi-biscotti._ Kevin era tutto rosso in viso. Imbarazzato da morire.
_Biscotti? _Grazie, ma non dovevi… _Ho voluto io. Mi hai aiutato l’altra sera. Volevo ringraziarti. _Dammi un bacio.
_Come??!! _Ma piantala! Io volevo essere gentile e tu… _Va bene, va bene. Però dai entra. Ti offro una cioccolata calda. Sembra pieno inverno oggi. Kevin esitò ma poi accettò l’invito, entrando di nuovo in quella casa che poche sere prima lo avevano ospitato, proteggendolo. _è bello caldo qua dentro._ disse infine il biondino.
_Vero? Senti facciamo la cioccolata! Non ci
vorrà molto. Ne sei capace? Mark sorrideva. Insieme si diressero in cucina. Maniche rimboccate, pentolino, mestolo, latte e cacao in polvere. Kevin versò il latte.. Poi misero il pentolino sul fuoco e Mark mescolava senza sosta per evitare che il cacao si raggrumasse. Iniziava a sentirsi un invitante profumino di cioccolato… _mmmh che voglia…_ iniziò Mark. _è venuta voglia anche a me!_ disse sorridendo ingenuamente il biondino. _davvero?_ Kevin annuì_ vieni andiamo di là allora._ disse Mark posandogli una mano sulla schiena.
_Eh? _Ma intendevo del cioccolato. IDIOTA!!! _AHAHA lo so, anche a me. _Ma che stupido… _Attento che ti scotti!! Ah…per un pelo. Sei maldestro. _è colpa tua. _Ah sarebbe colpa mia?_ disse Mark continuando a sorridere divertito. _Si! E piantala di ridermi in faccia! _ma dai, scherzo…_ Si ritrovarono d’un tratto a guardarsi negli occhi, vicini come non mai, con le braccia che si toccavano. Smisero di parlare_ Kevin… _...si?_ chiese in un sussurro. _..hai…del cacao sul naso. _Ah…_ ma prima che potesse toccarsi la punta del naso, lo fece Mark, pulendo quella piccola parte del suo corpo con un dito, delicatamente. Kevin aveva smesso di respirare. Sentiva il cuore battergli forte contro il petto e non ne capiva il motivo. Era paura? No, non era paura…ma non riusciva a capire. Mai aveva provato una simile sensazione di appartenenza con un gesto così goffo e semplice. Il moro ritrasse la mano sorridendogli. _...grazie._ disse Kevin toccandosi il naso a sua volta. _MA NO!!! IL CIOCCOLATO!!! _EH??!! _si è bruciato!! _Cosa?? Nooooo Così dovettero buttare il contenuto del pentolino e rifare tutto da capo. Scherzando e ridendo come bambini che si conoscono da sempre, uniti in quel gesto così familiare e intimo. Fare il cioccolato insieme. Semplice e dolce. Intimo e splendido. Alla fine si misero seduti sul divano, con la luce spenta a sorseggiare piano la cioccolata e a mangiare i biscotto che Kevin aveva portato, guardando una commedia divertente alla tv. Una di quelle piene di nudi e parolacce. Però stavano bene. Mark non era mai stato così bene con qualcuno. Si divertiva in modo semplice e profondo con quel ragazzo, in un modo che ancora non riusciva a capire. Lo vedeva leccarsi le labbra ad ogni sorso di cioccolata, ridere teneramente delle battute del film, allargare il proprio sorriso mostrando i candidi denti bianchi, guizzare i suoi occhi alla luce della tv. Ne rimase incantato. La televisione illuminava i suoi capelli, la sua pelle rendendola color opalino, le dita sottili che tenevano in mano il cucchiaino d’acciaio. Socchiuse le labbra e lo guardò come non aveva mai guardato nient’altro. Né le donne nude che avevano giaciuto una volta nel suo letto, né i soldi che riceveva ogni mese, né i fusti sui giornalini gay-porno, né l’automobile sportiva che desiderava tanto...guardò quel giovane con l’aria di un ragazzino ingenuo interessato alla tv in una maniera nuova. Che non era desiderio sessuale. Ma qualcosa di diverso. _Ah!_ Kevin interruppe quel magico momento_ devo rientrare. Si sta facendo tardi. _Ti accompagno a casa. _no, non ce n’è bisogno. _Insisto. È buio, può essere pericoloso. Kevin gli sorrise mostrando il pugno destro. _Tranquillo guerriero, sono un uomo ho più forza di quanto pensi. _...ok._ rispose Mark non del tutto convinto ma assecondandolo. Osservò bene la sua corporatura magra. _Ci vediamo. È stata una bella serata. _Si, anche per me. Mi ha fatto piacere che sei passato. Il biondino sorrise ed uscì di casa, stringendosi bene il cappotto e incamminandosi a passo veloce verso casa. Mark rimase seduto su quel divano. Voltò la testa verso il televisore. Era stato così bene che già sentiva la sua mancanza.
Quella notte Kevin si sentiva bene. I suoi dubbi e le sue paure non erano passate ovviamente ma lui si sentiva più in pace. Decise che questa sera si sarebbe goduto quel momento di serenità, serenità che non provava più da tanto tempo. Da quant’è che non sorrideva così? Da quant’è che non sentiva di poter star bene, veramente bene con qualcuno. Quel ragazzo era così divertente, così alla mano, così…così. Era stato bello mangiare insieme i dolci e parlare di tutto e di niente. Giocare con la cioccolata, conoscersi in modo semplice. E soprattutto senza fingere niente. Perché lui sapeva. Sapeva chi era. E non gli importava. Poteva guardarlo in faccia liberamente.
_Allora, nell’espressione devi… _Sara non ci sto capendo niente!!_ esclamò esasperato Kevin. _Ma come! Se ti sto spiegando tutto fin nei minimi dettagli! _non ci riesco! La matematica per me resterà sempre un buco nero… _No se ti impegni. _ma io mi impegno! _Uff… _Scusa…
Sara sorrise rassegnata. Kevin si lasciò andare con la testa sul banco, annoiato. Guardò fuori la finestra e si domandava cosa gli riserbasse il futuro. D’improvviso si ricordò di due bambini che giocavano tra le rovine di una vecchia casa abbandonata, immaginando che fosse il loro magico castello dove vivevano cavalieri cattivi, una principessa da salvare e fate potenti. Due bambini con gli occhi grandi e pieni solo della voglia di giocare, di vivere. Lui e Sara. Non ricordava di come si fossero incontrati. Si conoscevano da sempre. Ricordò però quando conobbero Mike. Erano al secondo anno delle scuole medie e Mike prendeva in giro Kevin perché stava sempre buono e faceva poco chiasso. Litigavano sempre. Fino al giorno in cui Mike lo aiutò da alcuni teppisti che volevano picchiarlo. Da allora tra loro è nata una solida amicizia. Però la persona alla quale Kevin era più legato era Sara. La sua piccola Sara, coi suoi occhiali sul naso, gli occhi color bosco, la sua espressione dolce e severa, l’amica di una vita a cui poteva raccontare tutto…tutto tranne… _Ehi ma mi ascolti?? _Scusami…forse è meglio se smettiamo. Grazie Sara, continuiamo un’altra volta ok? _mmmh ok…senti Kevin. _Mh?
_...puoi parlarmi lo sai? Di tutto…capito? _si. Lo so. Presto. Sara lo guardava intensamente negli occhi, tentando di capire cosa gli passasse per la testa, cosa doveva fare per tirarlo su di morale, per aiutarlo. Cosa aveva il suo amico che non riusciva a dire? Non voleva forzarlo però. Ognuno ha i propri segreti e proprie cose che non vuole rivelare. Rispettava la sua decisione. La giornata scolastica terminò e Kevin uscì quasi per ultimo, insieme a Sara e a Mike. La ragazza però ad un certo punto si staccò dal gruppo sorridendo. _Io vado ragazzi. Ho un appuntamento con alcune mie amiche. _Cosa?!?_ esclamò Mike_ e perché non me le presenti scusa?!? _perchè loro non vogliono avere a che fare con rozzi maniaci dai capelli color carota. _COSA?!?! RIPETILO!! Sara gli fece la linguaccia e corse via facendo svolazzare la sua gonnellina stile liceale, ma andò addosso a qualcuno. _oh, scusa!_ al ragazza, imbarazzata, alzò il viso per trovarsi a guardare con occhi trasognati due occhi intensi e profondi, uno sguardo che trapassa l’anima. Lo sguardo in questione apparteneva a Mark che sorrise. _Non preoccuparti. Sara sentì il suo cuore iniziare ad aumentare il ritmo dei battiti. Poi corse via, troppo imbarazzata per poter dire altro.
Poco più in là, Kevin affiancato da Mike
camminava verso il cancello e quando il biondino si accorse di chi c’era a
pochi metri da lui si bloccò e s’irrigidì. Mike si voltò a guardarlo. Intanto Mark si avvicinava sorridendo, guardandolo. Poi guardò Mike facendo crollare il suo sorriso e poi posò di nuovo lo sguardo alla persona che lo interessava. _Ciao Kevin. _Che-che…che ci fai qui??!!??!! _Sono venuto a prenderti._ Kevin avvampò e iniziò a sentire caldo. Temeva. Lo guardò con occhi supplicanti e sbarrati e le mani strette a pugni, gli tremavano come non mai. Poi il moro si rivolse a Mike, interrogativo_ ah scusa, io sono…un conoscente della mamma di Kevin._ poi rivolgendosi proprio a lui_ mi ha chiesto di venirti a prendere, lei oggi non è in casa e mi ha chiesto di venire a dirtelo. Ti do un passaggio fino a casa. _Ah…io…va-va bene._ rispose Kevin sollevato_ c-ciao Mike. Ci vediamo domani. _ok. a domani. Così Mike andò avanti e i due si diressero verso la macchina di Mark. Salirono poi Kevin sospirò e riuscì a parlare.
_Ma che t è saltato in mente??!! Venire a
scuola! E come sapevi dov’era?? Io… _Ma allora perché sei venuto? _ te l’ho detto, tua madre mi ha detto di avvertirti che rincasava tardi. _Vuoi farmi credere che conosci mia madre?? _Io no ma mia madre si. _Eh?! _Mia madre è la preside della scuola elementare dove tua madre lavora. Kevin rimase a bocca aperta, senza parole. Gli tornò tutto in mente. La preside delle elementari aveva detto a sua madre di portare quei fogli all’agenzia dove lavorava suo figlio. E suo figlio era lui! Ora tutto tornava. _Ora capisco. _Ecco siamo arrivati a casa tua. _Ah. Grazie del passaggio. _Figurati…piuttosto, non mi fai entrare? _Scordatelo. _E perché?! _Non ti posso far entrare a casa mia quando siamo soli. _Cosa?! Ma non sei mica un quindicenne con la fidanzatina!_ esclamò Mark sconvolto. _Ma…_ Kevin lo guardò aggrottando le sopracciglia e arrossendo_ non è il caso! Non sei mica il mio fidanzato che entri ed esci da casa mia, così… _aaaah!_ sospirò il moro_ ho capito, ho capito, sei uno di quelli “o stiamo insieme o niente”. _si…perché è sbagliato…?_ chiese il biondino ingenuamente. Mark rimase allibito. Quel ragazzo era davvero così ingenuo e tenero. Così dannatamente giusto. _no._ sorrise_ direi di no._ Anche Kevin sorrise_ quando troverai la persona giusta mi farebbe piacere conoscerla…o chissà, potrei essere io. _Ma smettila… _Perchè no? Guarda_ si mise in posa epica_ non ti do l’impressione di un bravo ragazzo? Kevin rise.
_Si, si, certo. _Bene. Potremmo trastullarci un po’ al telefono che ne dici? La mia voce potrebbe farti qualche reazione interessante. _Dai smettila!!_ esclamò Kevin al massimo dell’imbarazzo_ non è facile per me parlare di queste cose. Devo ancora accettarmi capisci? Mi sento così…così…è strano…mi sembra di essere…l’unico…così solo…senza nessuno con cui parlarne e mi sento soffocare, impazzire, come se gridassi e nessuno mi sentisse!
_Lo so. Capisco perfettamente. Anche io ci sono
passato. Anche adesso a volte non è facile. Sei stato tu a lasciare quel
messaggio su internet no? Quindi sei sicuro. Cioè sai verso quale dei due
sessi sei orientato no? _Da quant’è che l’hai capito?
_Eh? _ah...io…da…da quando…poco prima di aver messo quell’annuncio… _No. Intendo quando hai capito veramente! _...due o tre anni fa… _Davvero? Eri gia bello grandicello! Io lo so da sempre…la mia prima erezione l’ho avuta mentre guardavo mio cugino in costume da bagno. Kevin alzò gli occhi per guardare il moro. Lo imbarazzava terribilmente parlare di queste cose ma voleva ascoltarlo. Capire forse…
_Che età avevi? _Cavolo! _Ehi guarda che non sono io ad essere precoce. Sei tu ad essere a cottura lenta! _Cosa?! Mark rise, poi gli mise una mano sui capelli, in una sorta di rassicurante carezza. _Non preoccuparti. Non è un male essere un po’ ritardatari nelle cose. Ognuno ha i suoi tempi no?
_ma tu…sei mai stato con…con… _Eh?! _Che c’è? Eri sicuro del contrario? Se frequento un locale gay, non significa che vado con gli uomini per forza. Ci sono molte donne disposte a donarti piacere sai? Anche se le donne non saranno mai attraenti come gli uomini. Kevin distolse lo sguardo imbarazzato. _Veramente… _Però sono stato con parecchie donne! _Oh… _E tu? _Non mi va di parlare di queste cose! _Cosa?! Non dirmi che non hai mai fatto del sesso con nessuno! Kevin avvampò. _No…che c’è di male? E NON RIDERE!! _Oddio scusa…_ rideva ancora_ è che mi fai tenerezza. _Piantala!!…uffa!!…_ si coprì la faccia, accarezzandosela_ adesso sono tutto rosso in faccia e per colpa tua. _ma dai…_ Mark smise di ridere ma lo guardava ancora sorridendo_ non volevo prenderti in giro…mi perdoni?_ Kevin sbuffò, sentiva caldissimo per via dell’imbarazzo_ dai ti lascio andare. O va a finire che mi vai a fuoco. Kevin scese dalla macchina sbattendo la portiera. Dal finestrino aperto guardò Mark e lo salutò con un ciao sussurrato quasi. Poi ci mancava poco che corresse verso casa. Era al colmo della vergogna. Mark ridacchiò ancora, dolcemente divertito e si rimise in marcia.
Kevin stava studiando da ore. Il cellulare vibrò. Era Mike. _Pronto?
_Kevin che stai facendo? _Non c’è tempo di studiare. Adesso vieni a casa mia subito. Ti faccio vedere cos’ho.
_Mh? E cos’hai? Kevin pensieroso decise che poteva andare. Era gia a buon punto con la lezione. Poteva permettersi un po’ di svago. Si mise il cappotto e la sciarpa ed uscì in strada. L’aria fredda lo colse impreparato, credeva facesse meno freddo. si incamminò verso casa dell’amico.
Aveva fatto compere: un paio di guanti, un cappello di lana, un accendino, un paio di ingredienti per la cena…Mark camminava per strada, la bocca coperta dalla lunga sciarpa, i guanti neri appena comprati, infastidito dalle voci stridule dei bambini e le grida delle loro madri che gli intimavano di stare buoni. I figli dovrebbero nascere senza genitori pensava. Senza legami di alcun genere. Un genitore fa soffrire, fa soffrire tremendamente…Se ne accorse per caso. Ma quella chioma bionda non l’avrebbe mai dimenticata. Kevin, in carne ed ossa…e che bella carne tra l’altro! Camminava intirizzito e si avvicinò toccandogli la spalla.
Il moro lo guardava bene. Aveva le guance arrossate, non sapeva se perché imbarazzato o per il freddo pungente. Nuvole calde di vapore uscivano dalla sua bocca ad ogni respiro. Era contento di vederlo. Gli metteva serenità, tutte le volte. e una voglia matta di metterlo a disagio! _Ciao!_ fece il biondino_ non ti avevo visto. _Io si invece._ disse gentilmente_ passeggi? _no vado a trovare un amico.
_Potrei finire con l’essere geloso sai?_ e in
realtà lo pensava più di quanto seriamente lo dicesse. _Si…lo fai sempre. _ma no… _Tu piuttosto dove vai?
Mark alzò la busta della spesa. _Gia…_ tirò una folata di vento e Kevin chiuse gli occhi e si coprì meglio con la sciarpa, infreddolito.
_Hai freddo? Mark abbassò lo sguardo sulla busta che portava con sé e vi cercò dentro qualcosa. Ne estrasse il cappello di lana che aveva appena comprato. Glielo mise. Kevin aprì gli occhi, toccò la stoffa del cappello e guardò l’altro con occhi grandi, limpidi, lucidi dal freddo. _Copriti meglio la prossima volta. _Ma non posso… _prendilo e basta. È un regalo. Kevin si zittì, si mangiò le parole che stava per dire e sorrise dolcemente. _Grazie…sei gentile. A Mark mancò il fiato. Quello sguardo dolce, quel sorriso tenero e innocente, quell’espressione dolcemente sorpresa…si può amare un’espressione su un volto? La voleva, l’avrebbe voluta vedere sempre. Lo capì e nel momento in cui lo capì, capì anche che non desiderava poi metterlo così a disagio. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di rivedere ancora e ancora nelle notti della sua vita quegli occhi sinceri e lì per lì non capì appieno la portata di questi suoi pensieri.
_Bene io devo andare. Devo preparare la cena._
il moro stava per andarsene. _davvero? Kevin annuì deciso, tutto sorridente. _Vieni. Mi farebbe molto piacere. Alle 7 puoi? _si. Si certo. E chi lo rifiuta un invito del genere da parte tua!
_Ora vado sennò Mike si arrabbia giustamente. A
domani sera. Kevin fu il primo a muoversi per andarsene da lì. Mark rimase a guardare la figura del biondino allontanarsi e sorrise. Il freddo gli ricordò che era in mezzo alla strada e quasi saltellando si rimise sui suoi passi.
Din dlon Mark suonò il campanello; in mano una bottiglia di vino buono, elettrizzato come un ragazzino. Non doveva mica essere presentato alla suocera, che gli prendeva?? Si sentiva emozionato come un bimbo la sera prima di una recita.
Kevin stava davanti lo specchio, stranamente, a specchiarsi come prima di un appuntamento. Non appena ebbe sentito il campanello corse immediatamente di sotto. Aprì la porta. Aveva un ciuffo di capelli ribelle e sorrise al moro davanti a lui. _ciao!_ salutò Mark alzando una mano. _ciao…vieni, entra. _Permesso… _Vieni mia madre è in cucina insieme alle mie sorelle. I due si diressero in cucina dove sua madre accolse il giovane ospite con un sorrise dolce, molto simile a quello di suo figlio. _Ah tu devi essere Mark! _Buonasera signora. Le sorelle di Kevin erano sedute al tavolo della cucina. Linelle con indosso un delizioso vestitino verde, i capelli raccolti in due codini, i piedi che dondolavano coperti solo da morbidi calzini. disegnava qualcosa su di un quaderno, si voltò a guardare verso la porta e sorrise cordiale. Chiara, che fino a quel momento aveva tenuto la testa girata dall’altra parte, appoggiata su una mano, si voltò scontrosa ma cambiò espressione non appena vide chi era il famoso ospite. Aprì la bocca, poi sorrise impreparata con una smorfia e cercando di passare inosservata uscì dalla stanza. Quando la cena fu pronta, tutti si misero a tavola per gustare i manicaretti della madre di Kevin. Li raggiunse Chiara, che prima indossava una salopette smunta, ed ora invece una gonna nera e un maglioncino stretto che le metteva in risalto le forme prosperose, tutta ben pettinata, sorridente, sembrava un’altra. Kevin trattenne a stento una risata. Quella sera parlarono un po’ di tutto, tralasciando ovviamente come i due si erano conosciuti e perché.
_Mark_ parlò sua madre_ ti piace la mia cucina? _Su, non chiamarmi signora o mi fai sentire vecchia! Chiamami Laura. E dammi del tu.
_Ah scusami allora. È tutto buonissimo!
_Oh bhe…noi… Mark sentiva la serenità in quella famiglia. I capricci che faceva Linelle per non mangiare la carne, i silenzi adolescenziali di Chiara con gli occhi che lo divoravano adoranti, la voce da mamma di Laura. Mamma. Da quanto tempo è che non chiamava quel nome? _Peccato che stasera non ci sia il padre di Kevin.
_...come?_ chiese Mark cadendo dalle nuvole. _Ma che dici Linelle!_ sospirò suo fratello. Poi si rivolse a Mark_ vedi papà è un camionista. Lo vediamo poco in effetti. _Mamma, mamma! Posso cantare la canzoncina che ci hanno insegnato a scuola? Per favoreeee! _Se Mark non si annoia… _Oh, no assolutamente. Su coraggio Linelle. La piccola salì sulla sedia e chiuse gli occhi con fare importante. Poi dalla sua bocca iniziarono ad uscire note scomposte ma delicate e dolci. Quella canzone, quella dolce ed infantile melodia…così simile alle canzoni che Mark cantava da bambino a scuola…così simile alle canzoncine che la babysitter gli cantava prima di addormentarsi, la madre che rientrava e andava a dargli il bacio della buonanotte...Quel bimbo che era e che non sarebbe più tornato ad essere. Le mani di sua madre che lo accarezzavano. Era davvero tutta un’illusione? Quella dolcezza come poteva essere stata solo ordinaria amministrazione?? No. NO!!! Mark rivide immagini, visi e persono. Situazioni e parole, parole gentili contrapposte a parole cattive, di umiliazione, di dolore…
Si alzò all’improvviso dalla sedia. Linelle aveva smesso di cantare. _...scu…scusatemi…non mi sento molto bene…grazie della cena…_ e detto questo Mark scappò via, camminando a passo veloce, non guardando niente intorno a sé. Dentro si sentiva lacerare. Ancora. Dopo il tempo trascorso ancora soffriva. Ma perché?! Doveva dimenticare, non lasciar riaffiorare i ricordi. Sentiva un blocco amaro allo stomaco e i piedi che si muovevano da soli verso casa, quella casa che mandava avanti con sacrifici e…
_MARK!! Kevin? Perché? Perché lo stava chiamando? Voleva solo essere lasciato in pace, in pace! Crogiolarsi da solo nel suo dolore, tentare da solo di dimenticare! Gli altri erano solo un fastidio, una sofferenza, niente! _MARK! FERMATI!_ Il biondino raggiunse l’altro correndo. Quando gli fu vicino rallentò camminando all’andatura del moro_ ehi ma che ti è preso?_ Mark non rispondeva_ non capisco che è successo! _Vattene. _Mark…_ Kevin lo prese per una spalla per farlo voltare. _LASCIAMI!!_ Mark lo schizzò via col braccio, facendolo quasi cadere. Il biondo barcollò sull’asfalto. Rimase stupito. _...Mark... Il moro lo guardò con un’espressione orribile, di rabbia, di dolore, di dispiacere. Poi si voltò e corse via. Kevin attese un po’. Non riusciva a capire niente. Perché stava succedendo tutto questo? Tornando lucido si mise a correre anche lui…
La casa buia. Completamente buia. Il letto disfatto. I tuoni. Lui per terra, appoggiato al muro, la testa bassa appoggiata sul ginocchio, messo a dura prova dai ricordi e dai pensieri. La stanza era illuminata solamente da alcuni frequenti tuoni. E fu in uno di questi sprazzi di luce che apparve una figura. La figura di Kevin. _Mark. Il moro alzò impercettibilmente la testa e rimase a lungo in silenzio. _Vattene. Non voglio vederti. _Ma perché?_ Kevin si avvicinò lentamente fino a trovarsi a un passo dai lui. Si accovacciò davanti a lui_ …ho fatto forse qualcosa che ti ha fatto arrabbiare? Mark alzò lo sguardo corrucciato e guardò il ragazzo davanti a lui. La luce dei lampi lo illuminava a tratti, donandogli ombre nere che gi davano l’aria di un ragazzo più serio e maturo di quello che fosse in realtà. Kevin invece guardava gli occhi dell’altro. Scure perle che lo fissavano da sotto le ombre della notte, regalandogli uno sguardo malvagio, da angelo dannato. Il moro abbassò di nuovo la testa, i cappelli che coprivano i suoi occhi arrabbiati e tristi. _No. No è colpa tua._ rispose con voce inclinata. _Ma allora cosa… _E’ TROPPO DURA DA ACCETTARE! NON E’ POSSIBILE, NON E’ POSSIBILE! PERCHE’, PERCHE’?!?! Perché sento ancora questo dolore…
_mark…cosa…_ kevin era stupito e un po’
spaventato da questa reazione. Si avvicinò col viso all’altro che si poggio
con le braccia sul letto, nascondendo la testa_ ti prego…dimmi cosa…cosa vuoi
dire…quale dolore…? _No. Non ti lascio adesso._ e detto questo gli afferrò le spalle, con decisione, facendogli sentire che c’era. Che c’era non l’avrebbe abbandonato_ parlami. _...io sono solo. Sono sempre stato solo…non ho bisogno di te…_ disse il moro esasperato, arrabbiato, quasi singhiozzando. _...ma adesso non sei solo. Ci sono io con te, lo vedi? Siamo in due adesso. _Questo non vuol dire niente. _Non me ne andrò finché non parlerai!
Cocciuto ragazzino.
_...la tua famiglia. _la mia famiglia? _la tua famiglia è così…maledettamente normale. _Come? Che vuoi dire? _la tua famiglia è così normale…le attenzioni di tua madre, le tue sorelle…la tua casa, tutto, è tutto così…_ guardò Kevin con uno sguardo terribilmente segnato dalla tristezza. Il suo viso era tutto bagnato di lacrime_ …normale. _Mark… _lei…lei non mi ha mai amato veramente…mia madre…non è mai stata una donna presente nella mia vita. Usciva la mattina di casa, tornava la sera a darmi la buonanotte. Mio padre non viveva con noi. Lui vive per conto suo, in un luogo sconosciuto con una nuova famiglia. Non ha mai cercato me da quando ero un bambino…sono stato un suo “errore” di gioventù come diceva sempre lei…non mi ha mai cercato! È per questo che amavo così tanto mia madre…lei, lei restava con me, viveva con me e mi parlava. mi chiedeva se mi ero lavato i denti, se avevo fame, com’era andata la giornata…da quel suo lavoro a tempo pieno che non so bene quale fosse diventò insegnante e poi preside d’asilo. Ormai io avevo 17 anni ed ero a piena conoscenza delle mie…tendenze_ sputò quella parola come fosse stata velenosa_ venne il giorno in cui decisi di dirglielo…_ il suo tono di voce era basso ora. Kevin lo ascoltava, ascoltava ogni parola con attenzione e non lo interrompeva mai._ glielo dissi. Lei doveva abbracciami, farmi piangere sulla sua spalla, dirmi che andava tutto bene e che la mia sessualità non aveva importanza. Invece mi guardò inespressiva…e mi cacciò. Mi cacciò dopo avermi detto le cose peggiori che un omosessuale può sentirsi dire_ disse singhiozzando, il viso ormai una maschera di pianto_ per tutti quelli che la conoscono io sono andato a vivere da solo e sono un grafico rispettabile. Sono suo figlio solo di nome, un figlio inventato, il suo figlio ideale. Magari racconta pure in giro che ho una ragazza che voglio sposare…anche a tua madre ha detto che io lavoro all’agenzia grafica. Ogni tanto si degna di nominarmi…_ rise amaramente. E invece io non la vedo più da non so quanto. Ecco adesso sai…desso sai…_ esalò queste parole. Rassegnato, stanco, sfinito. Kevin non faceva altro che guardarlo, così intensamente, con occhi altrettanto tristi. Una lacrima segnò il suo viso reso ancor più d’avorio alla luce dei lampi che fuori continuavano il loro operato di render ancor più triste e nero l’animo di chi soffre. Non riusciva a parlare, no poteva. Sarebbero sbottati entrambi a piangere come bambini. Non fece altro che staccare la mano di Mark dalle lenzuola che stringeva spasmodicamente fra le dita e accarezzargli il viso con le mani.
I loro sguardi s’incrociarono.
Mark digrignò i denti trattenendo il pianto che alla fine, silenzioso sbottò. Le braccia forti del moro abbracciarono Kevin, come un naufrago fa con uno scoglio in cui s’imbatte in mezzo al mare. Lo strinse così saldamente che per un momento al biondo mancò il respiro. Poi a sua volta lo strinse, lasciando che l’altro appoggiasse la testa sul suo debole petto, debole ma in quel momento così forte, solo per lui. _...Mark… Le lacrime di Mark bagnarono la sua camicia, nel suo abbraccio il moro tremava lievemente di dolore e rabbia repressa in mille cazzotti sul muro e in mille orgasmi. Rimasero così, abbracciati come bambini che hanno paura del buio fino a che i tuoni non cessarono e la stanza fu illuminata dai tenui raggi del sole. La pioggia che prima scosciava forte ed impetuosa, ora era cessata. Mark si era addormentato sul petto caldo di Kevin. Lì, appoggiati al muro e lui sul quel corpo morbido e delicato che non poteva alzarsi col suo peso. Il biondino lo guardava ipnotizzato da lui e dalla sua espressione nel sonno. Dolce, come un bambino triste e rassegnato. Accarezzò lentamente i suoi capelli e vi posò un lievissimo bacio. Profumavano di vita e di dolore. Cercò di andar via dal suo tenero e piacevole abbraccio. Lo fece appoggiare al letto e lo coprì con una coperta. Mark aprì gli occhi di scatto ma senza spalancarli. Guardò dal basso Kevin e gli afferrò delicatamente ma saldamente la mano. L’altro gli sorrise dolcemente, rassicurante e scivolò via da lui, donandogli un’ultima carezza della sua mano tiepida. E se ne andò lasciandolo solo, solo coi pensieri e con la consapevolezza che ora un’altra persona conosceva il suo dolore e il suo punto debole.
Cosa credi ragazzino, che ti lasci andare dopo che mi hai scoperto così?
Fine capitolo 1
Continua….
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